IL CONTRATTO A TERMINE NEL LAVORO PUBBLICO … · pubblica amministrazione2, novellando l’art....

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IL CONTRATTO A TERMINE NEL LAVORO PUBBLICO CONTRATTUALE. di Angelina-Maria Perrino Indice-sommario: 1.- Dal d.leg. n. 29 del 1993 alla legge finanziaria per il 2007. 2.- le modalità della stabilizzazione. 2.1.- Alcune chiose sulla legittimità costituzionale della stabilizzazione. 2.2.- Le questioni di giurisdizione. 3.- Le innovazioni della legge finanziaria per il 2008.- 3.1.- In particolare: la nuova disciplina del contratto a termine. 4.- I nuovi presupposti per la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato. 5.- Le deroghe per esigenze sostitutive…5.1.- …e quelle relative all’oggetto del contratto. 6.- Brevi chiose. 7.- Le regole spexiali per il lavoro pubblico in ipotesi di violazione delle regole. 7.1.- Le valutazioni del giudice comunitario. 7.2.- L’in quadramento sistematico delle regole risarcitorie contemplate dall’art. 36 d.leg. n. 165 del 2001. 1.- Dal d.leg. n. 29 del 1993 alla legge finanziaria per il 2007. La versione originaria dell’art. 36, 4° co., del d.leg. n. 29 del 1993 (nel testo modificato dal d.leg. n. 546 del 1993) icasticamente sanciva il divieto per le pubbliche amministrazioni di ricorrere ad assunzioni a tempo determinato di durata superiore ai tre mesi 1 . La c.d. seconda privatizzazione, per mezzo dell’art. 22 del d.leg. n. 80 del 1998, ha enfaticamente introdotto la flessibilità, salutata come volano di modernizzazione della pubblica amministrazione 2 , novellando l’art. 36, la nuova versione del quale ha previsto che <<le pubbliche amministrazioni…si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste 1 Su questa versione dell’art. 36 vedi L.MENGHINI, Il contratto a tempo determinato, in F.CARINCI, L.ZOPPOLI (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, Torino, 2004, 567; vedi anche M.RANIERI, Vecchie e nuove peculiarità del contratto a termine nel pubblico impiego, in Lavoro nelle p.a. 2007, 655. 2 C.D’ORTA, Introduzione ad un ragionamento sulla flessibilità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, ne Il lavoro nelle p.a. 2000, 515.

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IL CONTRATTO A TERMINE NEL LAVORO PUBBLICO CONTRATTUALE. di Angelina-Maria Perrino Indice-sommario: 1.- Dal d.leg. n. 29 del 1993 alla legge finanziaria per il 2007. 2.- le modalità della stabilizzazione. 2.1.- Alcune chiose sulla legittimità costituzionale della stabilizzazione. 2.2.- Le questioni di giurisdizione. 3.- Le innovazioni della legge finanziaria per il 2008.- 3.1.- In particolare: la nuova disciplina del contratto a termine. 4.- I nuovi presupposti per la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato. 5.- Le deroghe per esigenze sostitutive…5.1.- …e quelle relative all’oggetto del contratto. 6.- Brevi chiose. 7.- Le regole spexiali per il lavoro pubblico in ipotesi di violazione delle regole. 7.1.- Le valutazioni del giudice comunitario. 7.2.- L’in quadramento sistematico delle regole risarcitorie contemplate dall’art. 36 d.leg. n. 165 del 2001. 1.- Dal d.leg. n. 29 del 1993 alla legge finanziaria per il 2007. La versione originaria dell’art. 36, 4° co., del d.leg. n. 29 del 1993 (nel testo modificato dal d.leg. n. 546 del 1993) icasticamente sanciva il divieto per le pubbliche amministrazioni di ricorrere ad assunzioni a tempo determinato di durata superiore ai tre mesi1. La c.d. seconda privatizzazione, per mezzo dell’art. 22 del d.leg. n. 80 del 1998, ha enfaticamente introdotto la flessibilità, salutata come volano di modernizzazione della pubblica amministrazione2, novellando l’art. 36, la nuova versione del quale ha previsto che <<le pubbliche amministrazioni…si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste

1 Su questa versione dell’art. 36 vedi L.MENGHINI, Il contratto a tempo determinato, in F.CARINCI, L.ZOPPOLI (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, Torino, 2004, 567; vedi anche M.RANIERI, Vecchie e nuove peculiarità del contratto a termine nel pubblico impiego, in Lavoro nelle p.a. 2007, 655. 2 C.D’ORTA, Introduzione ad un ragionamento sulla flessibilità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, ne Il lavoro nelle p.a. 2000, 515.

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dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa>>. In coerenza col nuovo assetto delle fonti del lavoro pubblico, peraltro, un incisivo ruolo, integrativo3 della disciplina legale, è stato attribuito alla contrattazione collettiva, capace di <<disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo>>. Le disfunzioni delle amministrazioni, che hanno dato la stura ad indiscriminate assunzioni a termine, propiziate anche dai reiterati blocchi delle assunzioni a tempo indeterminato disposti dalle ultime leggi finanziarie4, hanno indotto il legislatore a maggiore circospezione. Di talché con la legge n. 80 del 20065 si sono incominciati a porre lacci e lacciuoli alle assunzioni con contratti di lavoro flessibile: -anche per le procedure di reclutamento a tempo determinato per contingenti superiori a cinque unità, si è previsto che l’avvio delle procedure concorsuali avvenga con l’emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 4bis dell’art. 35 d.leg. n. 165 del 2001); -si è consentita la stipula di contratti di lavoro flessibile soltanto al cospetto di esigenze temporanee ed eccezionali e soltanto dopo che siano state esperite le procedure inerenti all’assegnazione di personale anche temporanea nonché a seguito di valutazione in ordine alla stipulazione di contratti di somministrazione, di esternalizzazione in genere ovvero di appalti di servizi (comma 1bis dell’art. 36 d.leg. n. 165 del 2001);

3 L. DE ANGELIS, Il contratto a termine con le pubbliche amministrazioni: aspetti peculiari, in Riv.critica dir.lav. 2002, 46; R.SALOMONE, Contratto a termine e lavoro pubblico, in M.BIAGI (a cura di), Il nuovo lavoro a termine, Milano, 2002, 271; R.SANTUCCI, Contrattazione collettiva e lavori flessibili nelle pubbliche amministrazioni, in Dir.lav.relazioni ind. 2003, 111. 4 il blocco delle assunzioni risale all’art. 1, comma 96, l. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005). 5 Sulla l. n. 80 del 2006, vedi S.MAINARDI, Piccolo requiem per la flessibilità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni. A proposito della l. 9 marzo 2006, n. 80, in Lavoro nelle p.a. 2006, 12.

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-si è stabilito che queste disposizioni siano norme di principio per l’utilizzo delle forme contrattuali flessibili negli enti locali (comma 1bis dell’art. 36). Da ultimo, peraltro, a Corte costituzionale, con sentenza 11 aprile 2008, n. 95, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 117 Cost, dell’art. 1, comma 560, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), a norma del quale i bandi della prove selettive destinate all’assunzione di personale a tempo determinato debbano riservare una quota non inferiore al 60 per cento del totale dei posti programmati ai soggetti che abbiano stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, esclusi gli incarichi di nomina politica, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006, nella parte in cui si applica anche alle Regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano. La legge finanziaria per il 2007 ha provato a mettere ordine nell’arcipelago dei precari, dispensando il crisma della stabilizzazione, con disposizioni sparse, disorganiche e sovente incoerenti: -ha istituito un fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori già assunti o utilizzati con tipologie contrattuali non a tempo indeterminato (art. 1, 417° co., l. 296/2006); -per consolidare il recupero virtuoso, ha posto il divieto alle amministrazioni destinatarie delle risorse di ricorrere a nuovi rapporti di lavoro precario nei cinque anni successivi alla loro attribuzione, sanzionando la violazione con la responsabilità patrimoniale del suo autore (art. 1, comma 419); -ha demandato la determinazione di modalità di selezione, requisiti dei soggetti interessati nonché criteri e procedure per l’assegnazione delle risorse disponibili ad un decreto del presidente del consiglio dei ministri, su proposta del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto col ministro dell’economia e delle finanze e con il ministro del lavoro e della previdenza sociale, previo confronto con le organizzazioni sindacali, da emanare entro il 30 aprile 2007 (art. 1, comma 418);

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-per l’anno 2007 ha destinato una quota del fondo stanziato con la legge n. 311 del 2004 alla stabilizzazione dei dipendenti non dirigenti in servizio a tempo determinato da almeno tre anni anche non continuativi o che conseguano tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che siano stati in servizio per almeno tre anni continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge (art. 1, comma 519, riferito alle amministrazioni individuate dall’art.1, comma 95, l. n. 311/04); -ha consentito l’attivazione delle procedure di stabilizzazione contemplate dal comma 519 anche alle regioni ed agli enti locali, nel rispetto delle regole del patto di stabilità interno (comma 558 dell’art. 1) nonché al corpo dei vigili del fuoco (comma 526 dell’art. 1). 2.- Le modalità della stabilizzazione. La stagione della stabilizzazione è variamente modulata, prevedendo: a.- l’assunzione a tempo indeterminato a seguito di istanza. Secondo quanto previsto dal comma 519 dell’art. 1 l. 296 del 2006, è sufficiente per l’assunzione la mera istanza del lavoratore che abbia già superato prove selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Non è, tuttavia, improbabile il caso che siano presentate istanze di assunzione a tempo indeterminato in numero superiore a quello consentito dalle risorse disponibili. E la legge non fornisce parametri ai quali ancorare la discrezionalità tecnica che in questi casi la pubblica amministrazione dovrà esercitare. Non risolutivo, sia di per sé, sia per la natura non vincolante della fonte dalla quale promana (peraltro atipica, non essendo specificamente contemplata da norme di legge) è il criterio indicato dal ministro per le riforme con la direttiva che ha emanato il 20 aprile 20076 (direttiva emanata in luogo del decreto del presidente del consiglio dei ministri preceduto dal confronto con le organizzazioni sindacali, prescritto dal comma 418 l. 296 del 20067), la quale,

6 pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 161 del 13 luglio 2007.

7 il termine per la cui adozione è stato prorogato al 30 giugno 2008 dall’art. 25bis della l. n. 31 del 2008, di conversione del c.d. decreto milleproroghe.

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precisando che la stabilizzazione postula l’accertamento della vacanza in organico risultante dalla dotazione organica e dalla programmazione dei fabbisogni, ha rammentato l’esigenza di rispettare il requisito del possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno, indicando, come primo criterio di scelta tra più aspiranti, l’anzianità di servizio. E’ verosimile che in questi casi le amministrazioni, almeno qualora gli interessati abbiano superato concorsi, possano procedere per la selezione allo scorrimento delle graduatorie, a partire da quella più risalente. Rimane invece il vuoto in relazione alle altre ipotesi. b.- L’assunzione a tempo indeterminato a seguito dello svolgimento di prove selettive o concorsuali. Sempre a norma del comma 519 dell’art. 1 l. 296 del 2006 è richiesto l’espletamento di prove selettive per il <<personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse>>. La prova selettiva non s’identifica tout court col concorso, in quanto non necessariamente richiede ed evoca meccanismi di selezione comparativa, consistendo di norma in meccanismi intesi soltanto a testare la professionalità. Questa scelta evoca dubbi di legittimità costituzionale e problemi operativi. I dubbi di legittimità costituzionale coinvolgono due fronti: b.1.- la previsione di un canale di accesso al lavoro pubblico diverso dal concorso; b.2.- le previsioni di riserva di posti in favore dei lavoratori a termine con ogni probabilità contemplate dai concorsi o dalle procedure selettive. b.1.- Sono reiteratamente cadute sotto la mannaia della Corte costituzionale norme di legge (statali e regionali) che consentivano l’accesso senza concorso a posti di lavoro pubblico. Si consideri, in particolare, Corte cost. 6 luglio 2004, n. 2058, che ha dichiarato costituzionalmente illegittime alcune norme di una legge regionale che prevedevano l’inquadramento nel ruolo unico regionale di personale, già

8 In Foro it. 2005, I, 37, con osservazioni di G.D’AURIA.

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assunto senza concorso con contratto di lavoro privato, mediante corsi-concorsi riservati a tale personale. La garanzia del concorso pubblico, meccanismo strumentale al canone di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, ha precisato la Consulta, non può che riguardare anche l’ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorché l’accesso a tale rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale. Anche con riguardo alle province autonome, ha aggiunto la Corte costituzionale, non assume rilievo ai fini del rispetto del principio del pubblico concorso la competenza legislativa primaria in materia di ordinamento degli uffici e del personale ad essi addetto; né il riferimento al particolare successo conseguito nello svolgimento di un precedente incarico può configurare un criterio in grado di garantire la selezione dei migliori, in deroga del suddetto principio9. Si può, peraltro, osservare che la regola concorsuale non è ineludibile, giacché il medesimo art. 97 cost. contempla al 3° comma la possibilità che essa sia derogata <<nei casi stabiliti dalla legge>>10. E la stessa Corte costituzionale ammette che specifiche esigenze possano rendere <<non irragionevoli>> le deroghe disposte al principio del concorso11. Il controllo va dunque a spostarsi sulla ragionevolezza delle esigenze poste a fondamento delle deroghe e, in definitiva, sul bilanciamento tra l’esigenza di contenimento della spesa pubblica e l’esigenza di lasciare emergere, conferendo loro

9 Corte cost. 9 novembre 2006, n. 363, in Foro. it. 2007, I, 15. 10 Nel corso dei lavori preparatori gli onorevoli Nobile, Einaudi e Fabbri affermarono che la materia oggi disciplinata dall’art. 97 (allora dal primo e dal secondo comma dell’art. 91 del progetto) non appariva costituzionale e che era inopportuno sancire l’obbligo generale del pubblico concorso (fu addotto l’esempio delle banche di Stato il cui personale era assunto con altro sistema, o delle ferrovie dello Stato, cui si accedeva anche mediante contratto diretto). L’aggiunta dell’inciso “salvo i casi stabiliti dalla legge” risolse la questione. Vedi V.FALZONE, F.PALERMO, F.COSENTINO, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatori, Milano, 1976, 307. 11 Corte cost., ord. 4 dicembre 2002, n. 517, in Foro it., Rep. 2002, voce Economia nazionale, n. 1329; 4 luglio 1997, n. 228, id., 1997, I, 3465.

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veste di legalità, situazioni sovente perpetuatesi in condizioni di abuso. b.2.- Quanto alla riserva di posti, di recente la giurisprudenza amministrativa12 ha reputato legittimo il bando di concorso, indetto per la copertura dei posti a tempo indeterminato, in attuazione delle disposizioni della legge finanziaria per il 2007, che preveda una significativa riserva in favore dei soggetti che abbiano svolto almeno dodici mesi di servizio a tempo determinato per la medesima amministrazione. Al riguardo, la Corte costituzionale13 ha ammonito che l’aver prestato attività lavorativa a tempo determinato alle dipendenze di una pubblica amministrazione non lavorativa a tempo determinato alle dipendenze di una pubblica amministrazione non lavorativa a tempo determinato alle dipendenze di una pubblica amministrazione non può essere considerato ex se ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni un valido presupposto per una riserva di posti. Nel caso esaminato dalla Corte costituzionale, peraltro, la normativa impugnata si riferiva a tutti coloro che avevano svolto una qualsiasi attività in favore dell’amministrazione nell’arco di un decennio. Non sembra invece incompatibile, proprio al fine di propiziare il buon andamento dell’amministrazione, secondo la giurisprudenza costituzionale, la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, risultando intollerabile con riferimento alla regola del pubblico concorso soltanto la riserva integrale dei posti disponibili in favore del personale interno14. Il ministro per le riforme e le innovazioni nelle pubbliche amministrazioni non sembra tuttavia in linea con le indicazioni della Consulta, giacché con la direttiva sopra richiamata ha ammesso che la stabilizzazione è volta <<…a

12 Tar Puglia, sez. II Lecce, 26 gennaio 2007, n. 177, cit. 13 Corte cost. 26 maggio 2006, n. 205, in Foro it. 2006, I, 2275. 14 Corte cost. 6 luglio 2004, n. 205, cit. Pare propendere senz’altro per l’illegittimità costituzionale delle norme sopra richiamate dalla legge finanziaria per il 2007 F.PANTANO, La c.d. <<stabilizzazione>> dei lavoratori non a termine nella finanziaria 2007 ed il <<buon andamento>> della pubblica amministrazione, cit., 641.

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sanare situazioni che si protraggono da lungo tempo che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di provvista del personale nelle pubbliche amministrazioni…>> ed ha giustificato l’inosservanza della regola che richiede prima del bando di concorsi per l’assunzione il previo esperimento delle procedure di mobilità e della procedura contemplata dall’art. 34bis del d.leg. n. 165 del 2001, <<…trattandosi di assunzione riservata e non aperta…>>. 2.1.- Alcune chiose sulla legittimità costituzionale della stabilizzazione. La severità della Corte costituzionale posta a strenua difesa della regola del concorso e che si è espressa, con specifico riguardo all’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001, con la sentenza n. 89 del 200315, che ha escluso la fondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma nella parte in cui dispone che la violazione di norme imperative sull’assunzione o impiego possa comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le pubbliche amministrazioni lascia adito a qualche perplessità. Sembra, infatti che il fondamento che sorregge la regola del concorso in riferimento al divieto di conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato previsto per i lavoratori pubblici, sia il principio del buon andamento, nella specifica espressione del controllo del costo del lavoro: il legislatore ha inteso subordinare l’inserimento in pianta stabile nell’organico alla specifica articolazione delle dotazioni organiche, che passano per la verifica degli effettivi fabbisogni (ex art. 6 del d.leg. n. 165 del 2001). Questa prospettiva è esplicita nella giurisprudenza di legittimità che, occupandosi del regime delle assunzioni temporanee alle dipendenze degli enti locali, ha apertamento ravvisato nel divieto di conversione in contratto a tempo indeterminato <<esigenze di risanamento della finanza locale>>16. La correttezza del bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti che la scelta del legislatore sottende non va

15Corte cost. 27 marzo 2003, n. 89, in Foro it. 2003, I, 2258. 16 Cass. 2 maggio 2003, n. 6699, in Foro it., Rep. 2003, voce Comune, n. 513; 16 settembre 2002, n. 13528, id., Rep. 2002, voce Impiegato degli enti locali, n. 40.

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dunque esente da dubbi, giacché: -da un lato, la regola del concorso sembra presidiare un interesse proprio dell’amministrazione (quello alla scelta dei migliori) e non di ordine pubblico; -dall’altro, è lecito dubitare che l’esigenza di tenere sotto controllo la spesa pubblica al fine di garantire l’efficienza della pubblica amministrazione sia necessariamente destinata a prevalere sui bisogni di tutela del lavoratore dipendente17, ancorati al preminente valore costituzionale della dignità della vita18. La regola del concorso (che, abbiamo visto, è derogabile) non è collocata nel novero dei primi articoli della costituzione, che dettano i principi fondamentali su cui si fonda la repubblica. <<Intorno alla “persona sociale” si impernia il complesso intreccio dei principi consacrati nella prima parte>>19; ed anche il diritto comunitario cede soltanto al cospetto dei principi fondamentali e dei diritti inalienabili della persona umana20.

17 La stessa giurisprudenza comunitaria esclude che considerazioni di bilancio possano comportare deroghe e violazioni della normativa comunitaria: Corte di giustizia 24 febbraio 1994, n. 343/92, Roks, in Foro it., Rep. 1994, voce Unione europea e Consiglio d’Europa, n. 1139. 18 Esprimono tali perplessità A. TAMPIERI, Il contratto a termine nelle pubbliche amministrazioni, in Lavoro giur. 1995, 907; C.A. COSTANTINO, Abuso di successione di contratti a termine nella P.A., cit., 892. Più in generale, sulla dignità della vita come base assiologica dei diritti sociali vedi D. BIFULCO, L’inviolabilità dei diritti sociali, Napoli, 2003, 128. In argomento, vedi anche A.ANDREONI, Lavoro, diritti sociali e sviluppo economico. I percorsi costituzionali, Torino, 2006, che dà conto delle tecniche del giudizio costituzionale di bilanciamento tra diritti sociali, diritti economici e vincoli di bilancio. 19C.MORTATI, voce Costituzione della Repubblica italiana dell’Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, XI, 222. 20Sulla prevalenza sul diritto comunitario dei soli principi fondamentali nonché dei diritti inalienabili della persona umana vedi, in motivazione, Corte cost. 11 aprile 1997, n. 93, in Foro it. 1998, I, 1382; 18 dicembre 1995, n. 509, id., 1996, I, 785, con nota di A.BARONE; 13 aprile 1989, n. 232, id., 1990, I, 1855, con nota di L. DANIELE. In argomento vedi anche Corte giustizia 14 ottobre 2004, n. 36/02, Omega Spielhalen-und Automatenaustellung GmbH, id., Rep. 2004, voce Unione europea e Consiglio d’Europa, n. 1229.

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2.2.-Le questioni di giurisdizione. Nei casi in cui gli aspiranti sono già stati ab origine selezionati o hanno addirittura superato prove concorsuali, non dovrebbe sussistere alcun dubbio sulla giurisdizione del giudice ordinario, essendo maturato il loro diritto all’assunzione21. Qualora sia espletato un concorso ai fini della stabilizzazione è indubbia la giurisdizione amministrativa, chiaro essendo il tenore della riserva di giurisdizione contemplata dal 4° comma dell’art. 63 del d.leg. n. 165 del 2001. Qualora, invece, si proceda a procedure selettive si registrano incertezze: all’indirizzo che riconosce la giurisdizione ordinaria, per la mancanza del potere autoritativo nell’espletamento delle selezioni22, si giustappone la tesi che equipara la selezione al concorso, ritenendo implicita nella prima la scelta, e dunque la comparazione tra più aspiranti23. La distinzione ontologica tra selezione e concorso e l’eccezionalità della riserva di giurisdizione del giudice amministrativo nel lavoro pubblico contrattuale (che rifugge per definizione da poteri autoritativi) indurrebbe a propendere per la tesi che radica al cospetto delle selezioni la giurisdizione del giudice ordinario. Ma non può non destare perplessità la circostanza che nel caso in esame le prove selettive siano destinate a svolgersi,

La giurisprudenza comunitaria d’altronde più volte ha affermato di voler garantire l’osservanza dei diritti fondamentali derivanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri: Corte giustizia 22 ottobre 2002, n. 94/00, Moquette Frères S A, id., Rep. 2003, voce cit., n. 753 (e in Giust.civ. 2003, I, 1423); 4 febbraio 2002, n. 17/98, in Foro it. 1997, IV, 13. 21 Come ritiene Tar Veneto, sez. II, 14 novembre 2007, n. 3646, d’imminente pubblicazione in Foro it. 2008. 22 in termini, vedi Tar Lazio, sez. IIIquater, 12 marzo 2008, n. 2304, d’imminente pubblicazione in Foro it. 2008. 23 Cass., sez.un., 10 gennaio 2007, n. 220, relativamente al passaggio a fascia o a funzioni superiori; sez.un., 8 maggio 2007, n. 10374, sez.un., 18 ottobre 2005, n. 20107, in Foro it., Rep. 2006, voce Impiegato dello Stato e pubblico, n. 507 (e in Giust.civ. 2006, I, 1619); Cons.giust.amm.sic., sez.giurisd., 29 giugno 2005, n. 412, in Foro it., Rep. 2005, voce cit., n. 479; Tar Sicilia, sez. III Palermo, 10 marzo 2008, n. 331, cit.

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in mancanza del decreto prescritto dal comma 418 dell’articolo unico della legge 2006, da qualsivoglia parametro e con ogni probabilità involgano la necessità di scelte fra più candidati. Permane in ogni caso la giurisdizione del giudice amministrativo sia in ipotesi della pretesa di assunzione a seguito dell’espletamento delle prove selettive, sia in quella in cui l’istanza di assunzione sia proposta da lavoratore già selezionato, qualora vi sia il diniego dell’autorizzazione a procedere alle assunzioni del Consiglio dei Ministri, prescritta dall’art. 39, 3° co., l. n. 449 del 1997, richiamato dal comma 519 dell’art. 1 l. 296 del 200624. 3.- Le innovazioni della legge finanziaria per il 2008. Con la finanziaria per il 2008 il legislatore mostra di essersi avveduto delle insidie e, pur confermando, anzi, estendendo l’ambito applicativo delle procedure di stabilizzazione (contemplandovi anche i lavoratori che conseguano i requisiti di anzianità di servizio in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007), si è mosso con maggiore circospezione, precisando che: -<<…l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione è comunque subordinato all’espletamento di procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge, fatte salve le procedure di stabilizzazione…>> (art. 3, comma 90 l. 24 dicembre 2007, n. 244); -le pubbliche amministrazioni devono predisporre, ai fini della progressiva stabilizzazione del personale non dirigenziale, appositi piani, sentite le organizzazioni sindacali, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010 (art. 3, comma 94).

24 L’autorizzazione contemplata dall’art. 39 postula l’espletamento di un’istruttoria che, a norma del comma 3ter dell’art. 39, richiede il riscontro dell’effettività delle esigenze di reperimento di nuovo personale e l’impossibilità di soluzioni alternative collegate a procedure di mobilità o all’adozione di misure di riorganizzazione interna. Va rilevato, tuttavia, che con decreto del 29 dicembre 2007, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 44 del 21 febbraio 2008, il Presidente della Repubblica ha autorizzato per l’anno 2007 ai sensi del comma 519 dell’art. 1 l. 296/2006 719 assunzioni <<secondo le priorità individuate dalla direttiva …n. 7 del 30 aprile 2007>>.

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Rimane in ogni caso fermo che la stabilizzazione non necessariamente è propiziata dal concorso, bastando lo svolgimento di una procedura selettiva non concorsuale. 3.1.- In particolare: la nuova disciplina del contratto a termine. Dopo la stagione del ricorso spensierato e sregolato al lavoro a termine e la successiva contrizione manifestatasi con le procedure di stabilizzazione, arriva la stagione della penitenza, inaugurata dal comma 79 dell’art. 3 della legge finanziaria per il 2008, che ha radicalmente stravolto l’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001. Di evidente valore simbolico è il nuovo incipit della norma, che afferma a chiare lettere che le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in linea, peraltro, con la modifica dell’art. 1 del d.leg. n. 368 del 200125, rilevante per il lavoro privato, secondo cui il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato. Deviando in maniera vistosa dal percorso della contrattualizzazione, il legislatore ha escluso che le pubbliche amministrazioni possano avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, se non nel rispetto dei vincoli espressamente previsti ed ha blindato la nuova disciplina, espressamente prevedendo che i commi 1 2 e 3 riformati dell’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001 non possono essere derogati dalla contrattazione collettiva (4° comma del nuovo art. 36). Il tenore della norma ha indotto il dipartimento della funzione pubblica26 a reputare esclusi dall’ambito applicativo della norma riformata: a.- il contratto a tempo parziale, contrassegnato dalla modulazione flessibile della prestazione lavorativa e non già dalla durata flessibile del rapporto di lavoro; b.- il telelavoro, in relazione al quale la flessibilità connota il luogo di adempimento della prestazione lavorativa;

25 operata dal comma 79 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247. 26 Con la circolare n. 3 del 2008, emanata in data 19 marzo 2008.

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c.- il lavoro autonomo, separatamente e compiutamente regolato dall’art. 7, 6° co., del d.leg. n. 165 del 2001, come successivamente riformato; d.- il contratto di formazione e lavoro, che non è più utilizzabile nell’impresa (in virtù dell’art.86, comma 9 del d.leg, n. 276 del 2003) e che richiede lo svolgimento dell’attività formativa in un arco temporale incompatibile con la limitazione oggi contemplata dall’art. 36; e.- per analoghe ragioni, il contratto di inserimento previsto per gli enti di ricerca; f.- il contratto di somministrazione a tempo determinato, che non comporta l’instaurazione di un rapporto alle dirette dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Vanno parimenti esclusi dall’ambito applicativo della norma ratione temporis i rapporti sorti anteriormente all’entrata in vigore della legge ed i rapporti di lavoro a tempo determinato che fungono da ponte sino alla stabilizzazione, giusta l’art. 1, comma 519 l. n. 296/2006 e l’art. 3, commi 92 e 95 l. 244/2007. 4.- I nuovi presupposti per la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato. La pubblica amministrazione può stipulare contratti di lavoro a tempo determinato soltanto: 4.1.- per esigenze stagionali; 4.2.- per una durata massima di tre mesi, al cospetto delle esigenze tecniche, organizzative e produttive contemplate dall’art. 1 del d.leg. n. 368 del 200127. 4.1.- La sussistenza di esigenze stagionali consente la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato anche per periodi superiori a tre mesi, in correlazione con la persistenza dell’esigenza stagionale. Rilevante appare in conseguenza la determinazione del novero delle esigenze stagionali. Inutilizzabile sembra l’elenco delle attività a carattere stagionale contemplate dal DPR 7 ottobre 1963, n. 1525, che integrava l’art. 1, 2° co., lett. a), della ormai abrogata l. n. 230 del 1962, anche perché le ipotesi ivi previste erano

27 Sulla necessaria oggettività e verificabilità delle esigenze di temporaneità del rapporto vedi Trib. Reggio Calabria 20 luglio 2007, in Foro it. 2008, I, 294.

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perlopiù calibrate sul settore dell’agricoltura, difficilmente adattabili alle esigenze delle pubbliche amministrazioni. Le regole di correttezza e buona fede da un lato e l’esigenza di consentire un’appropriata programmazione triennale dei concreti fabbisogni dall’altro inducono a ritenere che le pubbliche amministrazioni debbano preventivamente individuare l’elenco delle attività lavorative contrassegnate dalla stagionalità. Sul piano del rapporto di lavoro, tali scelte organizzative non sembrano assurgere al rango di atti di macrorganizzazione, sembrando espressione di discrezionalità tecnica e rimanendo relegate, sul piano del contratto, nell’ambito dei motivi degli atti negoziali. Ne dovrebbe conseguire che: -il giudice del rapporto può conoscere di queste decisioni organizzative, senza poterne ovviamente sindacare il merito, in quanto deve vagliare la conformità dei contratti alle norme che ne dettano regole di validità e di efficacia nonché alle regole del rapporto, determinate anche dalle suddette decisioni; -le decisioni in questione dovrebbero essere precedute da consultazioni sindacali, giusta l’art. 9 del d.leg. n. 165 del 2001, che contempla strumenti di partecipazione sindacale anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro nonché l’art. 40, che estende l’azione della contrattazione collettiva a tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali. 4.2.-Il limite di tre mesi è un limite massimo non derogabile. Ne deriva che: -un’eventuale proroga è consentita soltanto entro il suddetto limite e va esclusa qualora il contratto che s’intenda prorogare abbia già una durata pari al trimestre. La proroga postula l’identità della prestazione già fornita; sul punto, la circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 3 del 2008 ha cura di precisare che <<la prestazione si considera identica ogni qual volta l’assunzione avvenga sulla base della medesima graduatoria concorsuale>>; -le amministrazioni possono utilizzare il medesimo lavoratore con una sola tipologia di contratto, ossia o col

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contratto a tempo determinato, o con un contratto di lavoro autonomo (giusta il nuovo 2° comma dell’art. 36). Con la conseguenza che, scaduto il termine trimestrale del contratto di lavoro a tempo determinato, il lavoratore non può stipulare con l’amministrazione altro contratto di lavoro flessibile o un nuovo contratto di lavoro autonomo. 5.- Le deroghe per esigenze sostitutive... Le stringenti limitazioni temporali fissate dal 1° comma dell’art. 36 possono essere superate soltanto: -in ipotesi di sostituzione per maternità, purché sia indicato il nome della lavoratrice da sostituire. L’ipotesi concerne esclusivamente, tuttavia, le “autonomie territoriali”, che comprendono, oltre gli enti contemplati dall’art. 114 cost., altresì quelli dei quali il territorio è elemento costitutivo, ossia le comunità montane, le comunità isolane, le unioni di comuni ed i consorzi (giusta l’art. 2 del d.leg. n. 267 del 2000); -in ipotesi di sostituzione di lavoratori assenti che abbiano diritto alla conservazione del posto (per maternità, malattia, aspettativa, comando), purché sia indicato il nome del lavoratore da sostituire. La deroga è applicabile soltanto ai contratti stipulati dagli enti locali non sottoposti a patto di stabilità interno e che abbiano una dotazione organica non superiore alle 15 unità; -in ipotesi di sostituzione di lavoratori assenti, indipendentemente dalla causa dell’assenza, o anche cessati dal servizio. La deroga riguarda i soli enti del servizio sanitario nazionale e le sole figure infungibili del personale medico, il personale infermieristico e quelle di supporto delle attività infermieristiche. La circolare n. 3 del 2008 ammonisce che le esigenze di sostituzione debbano essere urgenti ed indifferibili e necessitino di una classificazione a monte e della determinazione di sistemi di controllo da parte dei collegi dei revisori. 5.1.-…e quelle relative all’oggetto del contratto. Alcune categorie di contratti a tempo determinato sono senz’altro escluse dalle restrizioni introdotte dalla nuova disciplina. Si tratta dei contratti concernenti: -gli uffici di diretta collaborazione del ministro di cui all’art. 14, 2° co., del d.leg. n. 165 del 2001;

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-gli uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta degli assessori (contemplati dall’art. 90 del d.leg. n. 267 del 2000); -gli incarichi dirigenziali; -la preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle amministrazioni pubbliche, ivi inclusi gli organismi operanti per le finalità di cui all’art. 1 l. 17 maggio 1999, n. 144. Le deroghe sono con ogni evidenza determinate dalla natura fiduciaria che connota il rapporto tra le pubbliche amministrazioni ed i lavoratori. Una particolare ipotesi di deroga concerne poi i contratti a tempo determinato stipulati per lo svolgimento di programmi o di attività cui oneri siano finanziati con fondi dell’Unione europea e del Fondo per le aree sottoutilizzate. Rientrano nel novero anche le ipotesi che contemplano il cofinanziamento delle amministrazioni nonché quella in cui il finanziamento esterno giunga tramite l’intermediazione di un altro soggetto pubblico, come la regione. Ferma è, infine, la disciplina speciale delle supplenze che, quanto alle scuole statali, è regolata dall’art. 4 l. 3 maggio 1999, n. 124 e dal successivo regolamento attuativo 13 giugno 2007, n. 131 del ministero della pubblica istruzione e, quanto alle scuole gestite dagli enti locali, è rimessa alle disposizioni regolamentari che gli enti locali sono chiamati ad adottare a norma dell’art. 89 del d.leg. n. 267 del 2000. 6.- Brevi chiose. Dall’abuso di flessibilità si è passati all’eccesso di rigore, al punto che neanche le ipotesi in cui fisiologicamente si fa ricorso al contratto a termine (per sostituzione di lavoratori aventi diritto alla conservazione del posto) sono state ritenute applicabili in linea generale al lavoro pubblico contrattuale: le amministrazioni fanno fronte alle esigenze temporanee ed eccezionali mediante l’assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a sei mesi, non rinnovabile (ex art. 36, 3° co.). Non pare, tuttavia, probabile che questa spinta al rigore si rispecchi, almeno da subito, in condotte virtuose dell’amministrazione, quantomeno in considerazione della vischiosità dei comportamenti pregressi.

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E il legislatore mostra di avvedersi di questo rischio, giacché, per scoraggiare comportamenti abusivi, ha accortamente aggiunto che <<le amministrazioni pubbliche che operano in violazione delle disposizioni di cui al presente articolo non possono effettuare assunzioni ad alcun titolo per il triennio successivo alla suddetta violazione>>. Ancora di più sembra inadeguato, in considerazione di tale consapevolezza, come testimoniano gli sforzi interpretativi dei giudici di merito volti a conferirgli effettività28, l’apparato sanzionatorio accennato dall’art. 36 del d.leg. 165 del 2001 e rimasto nella sostanza inalterato, pur nel contesto della rivoluzione copernicana dei precetti. 7.- Le regole speciali per il lavoro pubblico in ipotesi di violazione delle regole. La regola speciale per il lavoro pubblico contrattuale, la quale esclude che alla violazione di norme imperative sull’assunzione dei lavoratori possa far seguito la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, sembra oggi blindata, almeno con riferimento all’ipotesi dell’abuso dell’impiego da parte del datore pubblico di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dapprima la Corte costituzionale29 ha reputato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, 2° co., del d.leg. n. 165 del 2001 sub art. 3 e 97 Cost., richiamando la necessità del concorso come metodo di selezione del lavoratore pubblico ed escludendo il dubbio di discriminazione dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati30. Con le sentenze Marrosu e Sardino e Vassallo31 la Corte di giustizia ha suggellato la legittimità della diversa scelta sanzionatoria applicabile ai dipendenti pubblici contrattualizzati, reputando, sia pure prima facie, che la normativa italiana contenga un’altra misura effettiva, il

28 Sui quali vedi infra, sub 7.2. 29 Con sentenza 27 marzo 2003, n. 89, in Foro it. 2003, I, 2258. 30 Riconosce alla scelta del legislatore la logica di evitare conseguenze derivanti da favoritismi, disguidi, errori tecnici L. DE ANGELIS, Il contratto a termine con le pubbliche amministrazioni: aspetti peculiari, in Riv. critica dir.lav. 2002, 47. 31 in Foro it. 2007, IV, 72, con osservazioni di G.RICCI e nota di A.-M. PERRINO nonché ibid., IV, 343, con nota di L.DE ANGELIS.

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risarcimento del danno, idonea ad evitare o, comunque, a sanzionare l’impiego abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. 7.1.- Le valutazioni del giudice comunitario. Nonostante il cerchio sembri chiuso, residuano perplessità: a.- la definizione del lavoratore a tempo determinato contenuta nella clausola 3 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE si attaglia a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro (sentenza Adeneler 4 luglio 2006, causa C-212/0432, punto 56)33; b.- con dichiarazione programmatica, ma di chiara valenza simbolica, il preambolo dell’accordo quadro, primo capoverso, ammonisce che <<i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro>>34. La sentenza Mangold35 ha ribadito che la <<stabilità dell’occupazione …costituisce …un elemento portante della tutela dei lavoratori>> (punto 64); c.- al dichiarato fine di prevenire gli abusi <<derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato>>, la clausola 5 dell’accordo quadro stabilisce che gli Stati membri debbano prevedere misure relative a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti a termine ed alla durata massima dei contratti successivi, ovvero il numero massimo dei rinnovi consentiti. Le disposizioni del diritto interno volte ad attuare i principi generali, i requisiti minimi e le norme contenuti

32 in Foro it. 2007, IV, 72, con osservazioni di G.RICCI e nota di A.-M. PERRINO nonché ibid., IV, 343, con nota di L.DE ANGELIS. 33 Del resto, più in generale, la Corte di giustizia, con la sentenza 14 settembre 2000, causa C-343/98, Collino ed altra, in Foro it. 2001, IV, 169, ha avvertito che indipendentemente dalla veste nella quale agisca, come datore di lavoro o come autorità, <<è opportuno evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla sua inosservanza del diritto comunitario>> (punto 22). 34 Anche il sesto considerando dell’accordo quadro proclama che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento. 35 Corte di giustizia 22 novembre 2005, causa C-144/04, in Foro it. 2006, IV, 138.

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nell’accordo quadro devono tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle <<circostanze relative a particolari settori e occupazioni>> (decimo considerando). In base a questi parametri che il legislatore nazionale previa consultazione delle parti sociali determina (o le parti sociali stesse determinano) <<a quali condizioni>> i rapporti di lavoro a tempo determinato debbano essere considerati a tempo indeterminato (clausola 5, 2° co., lett. b dell’accordo quadro). Parrebbe dunque che (soltanto) le circostanze relative a particolari settori o occupazioni facultino il legislatore nazionale ad introdurre una normativa speciale che escluda, anche in caso di abuso nell’impiego di contratti a tempo determinato in successione, la conversione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato. Cosa s’intenda per circostanze relative a particolari settori o occupazioni non è chiaro. Il riferimento che il decimo considerando dell’accordo quadro fa, delineando i parametri ai quali il legislatore nazionale deve attenersi, <<alle attività di tipo stagionale>> unitamente al coinvolgimento delle parti sociali nell’individuazione delle condizioni per l’introduzione della deroga, inducono a ritenere che le circostanze in questione debbano concernere le caratteristiche oggettive dell’attività e non già quelle soggettive del datore di lavoro36: non avrebbe senso il coinvolgimento delle parti sociali se, di per sè, la natura pubblica del datore di lavoro integrasse il presupposto della deroga; d.- la Corte di giustizia, con la sentenza Adeneler, avverte, sia pure con riguardo all’impiego in successione di contratti di lavoro a tempo determinato, che le ragioni obiettive richiamate dalla clausola 5, n. 1, lett. a) dell’accordo quadro

36 In termini C.A. COSTANTINO, Abuso di successione di contratti a termine nella P.A. (nota all’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia del Tribunale di Genova 21 gennaio 2004), in Lavoro giur. 2004, I, 894, che tra l’altro richiama, per suffragare la propria tesi, la direttiva 89/391/CEE del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro che limita il proprio ambito di applicazione soltanto quando <<particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego …vi si oppongono in modo imperativo>>.

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al fine di sventare abusi debbano consistere in circostanze precise e caratterizzanti una determinata attività37. 7.2.- L’inquadramento sistematico delle regole risarcitorie contemplate dall’art. 36 d.leg. n. 165 del 2001. Nella prospettiva del giudice comunitario, dunque, il risarcimento previsto dalla normativa italiana è prima facie comunitariamente compatibile, pur restando il giudizio sospeso in attesa dell’interpretazione del giudice nazionale. Occorre dunque, per affermare con sicurezza la compatibilità comunitaria della misura risarcitoria contemplata dall’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001, che il risarcimento riconosciuto dall’ordinamento copra interamente il danno subito e che tale tale risarcimento sia idoneo a svolgere le funzioni deterrente e sanzionatoria ad esso assegnate dalla normativa comunitaria. Lacunosi e scarni sono i parametri offerti dalla norma, la quale si limita a stabilire che: -restano ferme <<ogni responsabilità e sanzione>>; -il diritto risarcircitorio scaturisce dalla prestazione di lavoro eseguita in violazione di norme imperative. Entro questo contesto si rende opportuna una distinzione tra: a.- l’ipotesi in cui il contratto di lavoro a termine sia stato stipulato in violazione di una norma imperativa posta a tutela di interessi generali, com’è ad esempio nel caso in cui siano state violate le norme sul blocco dei concorsi e b.- l’ipotesi in cui siano state violate norme cogenti, ma non imperative, com’è il caso in cui non siano rispettate le procedure selettive ovvero non siano stati rispettati i requisiti sostanziali e formali del contratto a termine ovvero quelli prescritti dall’ultimo comma dell’art. 5 del d.leg. n. 368 del 200138; ipotesi alla quale va oggi aggiunta quella in

37 La giurisprudenza interna, in sede di applicazione del d.leg. n. 368/2001, reputa che i presupposti di stipula dei contratti a tempo determinato debbano corrispondere ad oggettive e verificabili esigenze di temporaneità del rapporto, in mancanza delle quali si presume che il contratto sia a tempo indeterminato: App. Bari 20 luglio 2005, in Foro it. 2006, I, 1540, con osservazioni di A.-M. PERRINO. 38 Per questa distinzione, vedi L. DE ANGELIS, Il contratto di lavoro a termine nelle pubbliche amministrazioni alla luce della giurisprudenza comunitaria: spunti di riflessione, in Foro it. 2007, IV, 344.

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cui il contratto sia stipulato nonostante il divieto contemplato dalla nuova versione dell’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001. Va chiarito al riguardo che è inapplicabile al lavoro pubblico contrattuale è la novella dell’art. 5 del d.leg. n. 368 del 2001 introdotta dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, recante norme di attuazione del protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività, in considerazione della nuova e stringente disciplina disegnata ad hoc dalla legge finanziaria per il 2008. Non a caso, il legislatore ha avuto cura di precisare che la nuova disposizione introdotta dall’art. 4bis non è applicabile in relazione alle attività stagionali (comma art. 4ter dell’art. 5 d.leg. n. 368 del 2001, introdotto dalla l. n. 247/2007), che integrano una delle due ipotesi di deroga del divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti a termine39. a.- Nel primo caso, l’assunzione o l’impiego saranno inesorabilmente nulli a norma dell’art. 1418 c.c., con la conseguente applicazione della responsabilità precontrattuale. E, nel caso in esame, sembra ricorrere un’ipotesi tipica di responsabilità precontrattuale, quella contemplata dall’art. 1338 c.c., la quale, tuttavia, pretende, ai fini del risarcimento del danno determinato dall’ignoranza di cause d’invalidità

Sulla distinzione tra norma imperativa in senso proprio, ossia norma proibitiva la quale, sulla base dell’esigenza di protezione di valori morali o sociali nonché dei valori fondamentali della comunità, proibisce radicalmente l’azione programmata, sanzionandone con la nullità l’attuazione e norma cogente non imperativa,ossia norma ordinativa posta a tutela di un bene relativo la quale, al cospetto di una programmazione negoziale tipologicamente lecita, ma contrastante nei contenuti con le prescrizioni della norma, non sancisce inesorabilmente la nullità del contratto, ma soltanto la sua parziale inefficacia, predisponendo un meccanismo di sostituzione della regola programmata, vedi E.RUSSO, Norma imperativa, norma cogente, norma inderogabile, norma indisponibile, norma suppletiva, in Riv.dir.civ. 2001, 573, che riprende la classica distinzione tra norme proibitive e norme ordinative sviluppata da F. FERRARA, Teoria del negozio illecito, Milano, 1914, 3. E’ equivalente la distinzione tra l’illiceità ex art. 1343 c.c. e la più generica illegalità, che pure si configura in ipotesi di contrarietà a norme imperative secondo il disposto dell’art. 1418, 1° co. 39 Per l’altra ipotesi, quella sorretta da esigenze temporanee ed eccezionali, il problema non si pone in radice, giacché, come si è sopra precisato, il tetto massimo è fissato dal legislatore in tre mesi.

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del contratto, che il contraente che chieda il risarcimento abbia confidato senza sua colpa nella validità del contratto. Sorgono dunque seri problemi per il riconoscimento del diritto al risarcimento alla stregua di tale norma, giacché la giurisprudenza reputa che: -in generale, va esclusa la mala fede dell’amministrazione ai fini della sussistenza della responsabilità precontrattuale qualora la causa d’invalidità del negozio derivi da una norma imperativa o proibitiva o da altre norme aventi efficacia di diritto obiettivo, tali da dover essere note per presunzione assoluta alla generalità dei cittadini e comunque tali che la la loro ignoranza bene avrebbe potuto o dovuto essere superata mediante un comportamento di normale diligenza40; -in particolare, va esclusa l’ignoranza incolpevole in capo al soggetto che abbia omesso di conseguire con l’impiego dell’ordinaria diligenza la conoscenza della nullità del contratto derivante dalla violazione di una norma di legge41 (nel caso in esame l’invalidità derivava dalla mancata iscrizione della società d’intermediazione mobiliare, con cui era stato stipulato un contratto di swap d’ingente valore finanziario, nell’albo previsto dalla legge). A tanto va aggiunto che in caso di culpa in contrahendo i danni risarcibili sono riconosciuti nei limiti dell’interesse negativo, restando escluso il risarcimento dei danni che si sarebbero evitati e dei vantaggi che si sarebbero conseguiti con la stipulazione ed esecuzione del contratto42. Estremamente improbabile sembra allora in concreto la probabilità di conseguire per questa via il risarcimento effettivo e con forza deterrente di danni.

40 Cass. 2 marzo 2006, n. 4635, id., Rep. 2006, voce Contratti della p.a., n. 120 41 Cass. 6 aprile 2001, n. 5114, id., 2001, I, 2185 (nonché il punto sub IV della nota di E.FILOGRANA, <<Swaps>> abusivi: profili d’invalidità e responsabilità precontrattuale che la correda). In termini, Cass. 7 marzo 2001, n. 3272, in Giust.civ. 2001, I, 2109. 42 Cass. 30 luglio 2004, n. 14539, Foro it. 2004, I, 3009, con nota di P.PARDOLESI, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale: di paradossi e diacronie. In termini, con riferimento alla mancata stipulazione di un contratto di lavoro subordinato, vedi Cass. 25 febbraio 1994, n. 1897, in Mass.giur.lav. 1994, 338, con nota di L.MASINI.

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Sembra rimanere in questi casi aperta (oltre alla tutela contemplata dall’art. 2126 c.c.) soltanto la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni ulteriori derivanti dalla prestazione e non già soltanto dalla stipulazione del contratto in violazione di norma imperativa: si pensi al danno all’immagine o al danno biologico che possono scaturire, ma non scaturiscono automaticamente, dalla caducazione di un rapporto nascente da un contratto nullo che abbia avuto esecuzione per anni. Senz’altro un danno di tal tipo è estraneo all’interesse contrattuale negativo e, mancando il vincolo a causa della nullità del contratto, non sarebbe ristorabile secondo le regole ordinarie. Ammetterne la risarcibilità significa attribuire particolare pregnanza all’inciso dell’art. 36, che lascia <<ferma ogni responsabilità e sanzione>>, conferendo ad esso forza derogatoria delle regole generali che presidiano la responsabilità precontrattuale. Del resto, in materia contigua, l’art. 86, 9° co., del d.leg. n. 276 del 2003, che per la somministrazione irregolare stabilisce che il rapporto di lavoro col somministrante non si possa trasformare in rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica somministrata, non disponga alcuna speciale tutela risarcitoria. Finisce col riconoscere al meccanismo risarcitorio ellitticamente contemplato dall’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001 carattere di specialità e forza derogatoria delle regole generali la prima giurisprudenza di merito edita: si pensi a Trib. Rossano 13 giugno 200743, che, in relazione appunto ad un caso in cui l’amministrazione aveva fatto ricorso all’apposizione del termine per l’impossibilità di procedere ad assunzioni ordinarie in conseguenza del blocco delle assunzioni previsto dalle leggi finanziarie succedutesi nel tempo, ha ritenuto che: la norma speciale contenuta nell’art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001 comporti la risoluzione legale del contratto a tempo indeterminato; non si possa applicare l’art. 1338 c.c., giacché l’art. 36 sembra riconoscere sempre il risarcimento;

43 in Foro it. 2007, I, 2589.

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al risarcimento del danno contemplato dall’ultimo comma dell’art. 36 vada riconosciuta natura contrattuale e, in conseguenza, ne ha ragguagliato la quantificazione alle retribuzioni maturate nel periodo di tempo mediamente necessario per ricercare una nuova occupazione stabile tenuto conto di zona geografica, età, sesso e titolo di studio degli interessati. b.- Nel secondo caso, quello in cui il contratto di lavoro a termine sia valido, benchè non suscettibile di stabilizzazione, il danno risarcibile è senz’altro quello contrattuale che, sempre in base al tenore dell’art. 36 del d.leg. 165 del 2001, deve pur sempre scaturire dalla prestazione di lavoro resa in violazione delle norme. Non sembra, quindi, che il danno possa essere automaticamente correlato alla mancata stabilizzazione del rapporto; che, dunque, esso possa essere configurato come il corrispettivo della precarizzazione. La precarizzazione può al più essere la scaturigine in fatto dei pregiudizi in concreto sofferti: si pensi al caso di chi abbia prestato la propria opera per lungo periodo costruendosi una professionalità che rischia di andare sprecata e che magari per le sue peculiarità non gli consenta di trovare una nuova occupazione. In ogni caso i pregiudizi concretamente sofferti dovranno essere rigorosamente provati, anche mediante il ricorso alle presunzioni ed al fatto notorio44. Non sembra dunque che si possa condividere, proprio perché automatica, la soluzione della giurisprudenza di merito45 secondo cui unica misura adeguata ed effettiva nonché munita della forza dissuasiva richiesta dalla Corte di giustizia in caso di abusiva successione di contratti a termine è il risarcimento commisurato al valore minimo del danno provocato dall’intimazione di licenziamento invalido ed all’importo delle quindici mensilità sostitutive della reintegra (suscettibile di riduzione in caso di prova dell’aliunde perceptum), che va riconosciuto al lavoratore che abbia messo in mora il datore di lavoro e offerto la

44 come stabilito dalle sezioni unite della Corte di cassazione a proposito del danno non patrimoniale: vedi Cass., sez.un., 24 marzo 2006, n. 6572, in Foro it. 2006, I, 1344. 45 Trib. Genova 14 maggio 2007, in Foro it. 2007, I, 2248.

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propria prestazione lavorativa, né quella secondo cui in caso di illegittime reiterate assunzioni a termine il risarcimento del danno ex art. 36 d.leg. n. 165 del 2001 deve comprendere anche il trattamento di fine rapporto che il lavoratore avrebbe percepito in causa di assunzione a tempo indeterminato46. Analogo percorso ha seguito il tribunale di Trapani47, che ha quantificato il risarcimento nella misura della retribuzione per il periodo compreso tra la messa in mora e la pronuncia , che costituisce <<un danno certo che soffre il lavoratore>>. Equilibrata sembra, invece, la soluzione di chi48 ragguaglia il risarcimento dei danni subiti ragguagliato al trattamento retributivo contrattuale non erogato nei periodi d’intervallo fra i contratti a termine intercorsi fra le parti e stipulati senza soluzione di continuità49.

46 Trib. Napoli 12 gennaio 2005, in Riv.critica dir.lav. 2005, 167. 47 Con sentenza 30 gennaio 2007, in Lavoro nelle p.a. 2007, 1154, con nota di M.MILITELLO, Le sanzioni in caso di utilizzo abusivo di contratti a termine. 48 Trib. Catania 19 gennaio 2007, in Foro it. 2008, I, 350. 49 In relazione al lavoro privato, la giurisprudenza ha sinora escluso (con riferimento alla l. n. 230 del 1962) che nel caso di trasformazione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di più contratti a termine succedutisi tra le parti per effetto dell’accertata illegittimità dell’apposizione del termine, consegua il diritto del lavoratore alla retribuzione per l’intero periodo, compresi gli intervalli non lavorati fra l’uno e l’altro rapporto: Cass., 3 marzo 2006, n. 4677, Foro it., Rep. 2006, voce Lavoro (rapporto), n. 877; 27 ottobre 2005, n. 20858, id., Rep. 2005, voce cit., n. 792; 22 gennaio 2004, n. 995, in Dir.e pratica lav. 2004, 2621, le quali, tuttavia, hanno precisato che il dipendente che cessi l’esecuzione delle prestazioni alla scadenza del termine previsto può ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’impossibilità della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla, a condizione che il datore di lavoro sia stato posto in condizione di mora accipiendi; 26 maggio 2003, n. 8366, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 883; 4 ottobre 1996, n. 8695, id., Rep. 1996, voce cit., n. 540; 7 febbraio 1996, n. 976, ibid., n. 544; 5 marzo 1991, n. 2334, in Giust.civ. 1991, I, 831 e, nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma 24 marzo 2004 in Lavoro giur. 2004, 669, con nota di P.DUI; Trib. Milano 16 aprile 2002, in Riv.critica dir.lav. 2002, 617. Vedi, però, Cass. 28 luglio 2005, n. 15900, id., Rep. 2005, voce cit., n. 796, secondo cui la sospensione dell’obbligo retributivo negli intervalli non lavorati viene meno allorché il lavoratore, deducendo l’invalidità del termine e l’unicità del rapporto, si offra di riprendere il

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Va, infine, manzionata l’opzione di chi, escludendo l’applicabilità alle pubbliche amministrazioni del d.leg. n. 368 del 2001, ha annoverato il danno risarcibile ex art. 36 del d.leg. n. 165 del 2001 tout court nella categoria dei danni da illecito aquiliano, fonte di pregiudizio risarcibile nei limiti del danno emergente e del lucro cessante50 La soluzione, peraltro, è idonea a risolvere soltanto i casi in cui si dibatta dell’abusiva successione di contratti a termine, lasciando senza soluzioni le ipotesi in cui sia stato il primo contratto a termine ad essere stipulato in violazione delle regole. Le difficoltà che sovente si presentano come insormontabili per riconoscere tutela risarcitoria al lavoratore assunto a termine dalla pubblica amministrazione sembrano destinate a rinfocolare i dubbi circa il grado di effettività della misura riconosciuta dall’art. 36 nonché circa la sua forza deterrente e sanzionatoria in base ai parametri comunitari.

lavoro mettendo a disposizione del datore la propria prestazione lavorativa; 7 febbraio 1996, n. 976, id., Rep. 1996, voce cit., n. 544, secondo cui qualora il lavoratore, deducendo l’invalidità del termine e l’unicità del rapporto, offra di riprendere il lavoro, in tal caso egli può far valere, con decorrenza dalla data in cui abbia manifestato tale volontà, i diritti risarcitori conseguenti all’illegittimo rifiuto del datore di lavoro di ricevere la prestazione lavorativa, integrante un licenziamento illegittimo. Vedi anche Trib. Milano 21 luglio 2001e in Riv.critica dir.lav. 2001, 952, secondo cui in caso di successione di più contratti a termine, ove essi siano dichiarati illegittimi, gli intervalli non lavorati, anche in assenza di offerta della prestazione da parte del lavoratore, sono utili ai fini della maturazione degli scatti di anzianità; Trib. Napoli 22 ottobre 1980, Foro it. 1982, I, 286, secondo cui in ipotesi di successione di una pluralità di contratti a termine nulli, ai fini della determinazione dell’indennità di anzianità il rapporto di lavoro si deve considerare pendente anche durante gli intervalli solo se la durata di questi non abbia dimensioni tali da renderli incompatibili con la volontà del prestatore di lavoro di tenere in vita il relativo rapporto. 50 Trib. Foggia 6 novembre 2006, in Lavoro nelle p.a. 2007, 1153.