Il congiuntivo oggi · Hanno ucciso l’uomo ragno, chi sia stato non si sa (883) Quando pensi che...

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Il congiuntivo oggi Lezione del 16 ottobre 2013 [Fonti: G. Antonelli, Comunque anche Leopardi diceva le parolacce; M.S. Rati, L’alternanza tra indicativo e congiuntivo nelle proposizioni completive; S. Pace, L’italiano per i bambini: il doppiaggio di Peppa Pig tra conservazione e tratti neostandard]

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Il congiuntivo oggi

Lezione del 16 ottobre 2013

[Fonti: G. Antonelli, Comunque anche Leopardi diceva le parolacce; M.S. Rati, L’alternanza tra indicativo e congiuntivo nelle proposizioni completive; S. Pace, L’italiano per i bambini: il doppiaggio di Peppa Pig tra conservazione e tratti neostandard]

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Si leggano queste frasi

Io credo che tu abbi in capo una mala intenzione

Benché tu vadi per una strada… e io per un’altra

In conclusione, io ti credo che mi sii sorella

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A scriverle non è stato Paolo Villaggio, né Lapo Elkann,

bensì Giacomo Leopardi nelle Operette morali.

Nell’Ottocento alcune grammatiche ritenevano addirittura preferibile che tu vadi a che tu vada.

Era stato Bembo, nel Cinquecento, a raccomandare l’impiego di forme di congiuntivo come questa, in quanto a usarle erano stati gli autori classici del Trecento. Per esempio Boccaccio:

ove che tu vadi

che su per lo tetto tu venghi stanotte di qua

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Ma la lingua, come si sa, cambia nel tempo: queste forme, prima considerate correttissime,

sono oggi ERRORI Dunque non è giustificato il senatore Lorenzo

Bodega, che, intervenendo in Parlamento, disse “Noi ci precludiamo la speranza che l’esito del vertice europeo segui l’atteso cambio di rotta”;

né l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno quando, parlando nell’aula magna di un illustre liceo della Capitale, si lasciò sfuggire uno “spero vi servi”.

È comunque bene sapere che queste forme di congiuntivo, che oggi sono gravi errori di sintassi, erano utilizzate da scrittori come Boccaccio e Leopardi.

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Dunque non si può dire che una forma è “brutta” o “bella” in sé, come spesso si

sente dire Chi usasse congiuntivi “alla Fantozzi” non userebbe

forme “brutte” o “terribili”.

È stato solo il cambiamento della norma nel tempo a far sì che oggi le avvertiamo come scorrette.

Molte volte, invece, si inorridisce di fronte a certe forme, come se in gioco ci fosse una sorta di estetica della lingua.

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Ma riguardo al congiuntivo, il problema oggi maggiormente avvertito dalla coscienza comune è la cosiddetta

MORTE

DEL CONGIUNTIVO

(sostituito dall’indicativo)

basta che vi decidete (spot radiofonico, 2007)

vorrei una scuola che boccia (Pierferdinando Casini)

Spesso si levano veri e propri allarmi a difesa del congiuntivo.

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Prima di tutto, va detto che anche verso questo fenomeno l’indignazione si può attenuare

ASSUMENDO UNA PROSPETTIVA STORICA.

Nel corso dei secoli, infatti, gli scrittori più illustri hanno spesso fatto a meno del congiuntivo:

- pensando che bello era trattare alquanto d’amore (Dante)

- per amore del quale io credo che io sono fatta morire (Boccaccio)

- mi pare che deve essere così (Nievo, Le confessioni d’un italiano)

- penso che è sciocco (D’Annunzio)

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Ma già da diversi decenni il tema della difesa del congiuntivo appassiona gli italiani

Negli anni ‘50 fu pubblicato un saggio dal titolo Credo che può bastare, in cui si denunciava la sostituzione sempre più frequente del congiuntivo con l’indicativo e la si attribuiva all’influenza dell’italiano parlato a Roma.

Ancora oggi si continuano ad accogliere – a volte anche in studi specialistici – luoghi comuni, come per esempio “i giovani usano poco il congiuntivo”.

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Così, si arriva ad affermare che la sostituzione con l’indicativo:

“è divenuta quasi la norma nell’italiano di tipo centromeridionale, mentre nell’italiano […] settentrionale e toscano […] è generalmente limitato ai parlanti della fascia diastratica bassa” (G. Cocchi-G. Ovarelli, Il blog, una forma di comunicazione giovanile).

Ma non vengono riportati dati a sostegno di questa tesi.

Invece alcuni sondaggi statistici (sul congiuntivo nei giornali, nei testi in rete, nei fumetti) hanno rilevato una complessiva SALUTE del congiuntivo, che dunque è tutt’altro che morto.

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Il congiuntivo tiene bene anche nel linguaggio televisivo.

Dalla fiction Elisa di Rivombrosa: basterà che vi parliate con calma

Da I Simpson: Non sappiamo neanche di chi sia la pistola.

Possiamo aggiungere alcuni dei numerosi esempi di congiuntivo rintracciati nel cartone animato Peppa Pig da Sonia Pace (tesi di laurea discussa nel 2014 all’Università “Dante Alighieri”):

Credo che sia alquanto pesante; Quale verso pensate che possa fare un cigno?

Potremmo dire, con Antonelli, “alla faccia degli stereotipi tanto diffusi sull’impoverimento linguistico causato dalla televisione”…

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Anche ammettendo che nei cartoni animati l’ampio uso del congiuntivo derivi da un’attenzione “pedagogica” alla questione,

nel 2009 i linguisti Giuseppe Patota e Valeria Della Valle hanno provato a digitare in Google la stringa penso che siano: i risultati erano 1.634.500, contro i 567.000 di penso che sono.

Ripetendo l’indagine nel 2014, il congiuntivo sembra perdere un po’ terreno nelle scritture del web.

Ma, nonostante ciò, non lo si può ancora considerare morto.

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Tra l’altro, il congiuntivo domina nei testi delle canzoni di successo

Hanno ucciso l’uomo ragno, chi sia stato non si sa (883)

Quando pensi che sian troppe le parole (Negramaro)

e tu vuoi fare qualcosa che serva / e farlo prima che il tuo amore si perda (Manuel Agnelli)

Addirittura, come osserva Antonelli, il congiuntivo si trova anche “in pacifica convivenza col turpiloquio [le parolacce]”, come in Tiziano Ferro:

So solo che se ti vedessi, sarei più stronzo di ciò che ti aspettassi

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Un primo punto del nostro discorso appare dunque chiaro: il congiuntivo non è morto

La sua sostituzione con l’indicativo sembrerebbe meno frequente rispetto ad altre tendenze dell’italiano contemporaneo (come la rinuncia al punto e virgola).

Dice Antonelli: “si tratta di una morte apparente, come quelle romanzesche di Sandokan o del Conte di Montecristo; come quelle favolose di Biancaneve o della Bella addormentata. O forse soltanto di una morte presunta, come quella del Fu Mattia Pascal di Pirandello. Nonostante gli innumerevoli necrologi, infatti, il congiuntivo continua a circolare tranquillamente in tutta Italia (anche se forse un po’ in crisi d’identità)”.

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Il discorso sembrerebbe concluso, o comunque sospeso

Invece c’è un altro punto di vista da cui vorrei affrontare qui il problema. È vero che la maggior parte di noi usa il congiuntivo. Ma siamo sicuri di sapere davvero QUANDO VA USATO IL CONGIUNTIVO? IN QUALI FRASI, IN QUALI CONTESTI, E SOPRATTUTTO CON QUALI VERBI?

Infatti ci sono contesti in cui va usato il congiuntivo e contesti in cui invece deve esserci l’indicativo.

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Per esempio

So che tu sei tornato ieri.

Dico che in questa aula nessuno sta a sentire.

Sarebbe un errore scrivere, col congiuntivo,

So che tu sia tornato ieri.

Dico che in questa aula nessuno stia a sentire.

È DUNQUE IMPORTANTE CONOSCERE I CASI

IN CUI VA USATO L’INDICATIVO E QUELLI IN

CUI INVECE VA USATO IL CONGIUNTIVO.

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Può sembrare incredibile ma queste regole NON SI

TROVANO NELLE GRAMMATICHE Mentre tutti lamentano la scomparsa del congiuntivo,

nessuna grammatica si preoccupa di chiarire dettagliatamente in quali contesti sia bene usarlo. La questione riguarda in particolare le frasi subordinate OGGETTIVE e SOGGETTIVE (credo che tu lo sappia; pare che arrivino). Le grammatiche dovrebbero insistere sul fatto che in questo tipo di subordinate l’uso del congiuntivo o dell’indicativo dipende DAL TIPO DI VERBO CHE SI TROVA NELLA FRASE PRINCIPALE: un conto sono frasi rette da verbi come comandare (comando che si faccia); un conto quelle rette da verbi come vedere (vedo che sta bene).

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Anche quando le grammatiche accennano a questo aspetto, non specificano con quali verbi si usa (o si usi?) l’indicativo e con quali il congiuntivo

E invece bisognerebbe dire che il congiuntivo

1) è obbligatorio coi verbi che indicano volontà e comando (volere, ordinare, ecc.):

Voglio che tu dica.

2) è obbligatorio (ma solo in testi formali) con verbi che indicano un’opinione (credere, pensare, ritenere ecc.):

Ritengo che si possa effettuare

Nel parlato il congiuntivo coi verbi d’opinione potrebbe risultare forzato, artificioso; rispetto all’indicativo: dai, penso che ormai ti puoi riposare.

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3) Si usa solo in certi casi coi verbi che indicano affermazione (dire, asserire ecc.):

- Affermavano che la situazione stesse cambiando

- dice che non si sente bene

4) Non può essere usato coi verbi che indicano una percezione sensoriale o intellettuale (vedere, sapere, ecc.):

- sanno che devono studiare

- mi rendo conto che la situazione non è cambiata

Ci sono poi altre categorie di verbi (come quelli che indicano un sentimento: sono contento che…) in cui l’uso dei due modi verbali oscilla.

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In conclusione, invece che temere la morte del congiuntivo

bisognerebbe discutere di più relativamente ai contesti in cui va usato / non va usato. Oltre alle fondamentali distinzioni in base al verbo della principale (o VERBO REGGENTE), possono infatti entrare in gioco anche altre variabili, come le differenze tra parlato e scritto e tra testi formali e informali.