Il conflitto austro-serbo e gli interessi italiani · L'annessione della Bosnia ... tassero verso...

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Antonio Piscel Il conflitto austro-serbo e gli interessi italiani www.liberliber.it Antonio Piscel Il conflitto austro-serbo e gli interessi italiani www.liberliber.it

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Antonio PiscelIl conflitto austro-serbo

e gli interessi italiani

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Il conflitto austro-serbo e gli interessiitalianiAUTORE: Piscel, AntonioTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Il conflitto austro-serbo e gli interessiitaliani / Antonio Piscel. - Milano : Ravà & C.,1915. - 32 p. ; 18 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 maggio 2018

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TITOLO: Il conflitto austro-serbo e gli interessiitalianiAUTORE: Piscel, AntonioTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

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COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Il conflitto austro-serbo e gli interessiitaliani / Antonio Piscel. - Milano : Ravà & C.,1915. - 32 p. ; 18 cm.

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 maggio 2018

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:HIS040000 STORIA / Europa / Austria e Ungheria

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Giulio Mazzolini, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Il mare di Venezia e gli interessi d'Italia.........................7Il risorgimento della nazione serba...............................10«Divide et impera!»......................................................14Risveglio nazionale degli Slavi meridionali.................19Trasformazione economica e sociale nella Jugoslavia. 24Pressione slava e resistenza italiana.............................29Organizzazione del nazionalismo serbo.......................32Il partito militare austriaco...........................................35L'esercito austriaco e i dissidi austro-ungarici..............38Il progetto trialista e l'Arciduca ereditario....................41Magiari e Tedeschi contro il trialismo..........................44Processi politici e falsificazioni della Polizia...............46L'annessione della Bosnia.............................................51La guerra balcanica.......................................................54Politica di avventure.....................................................57Conclusione..................................................................59

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Il mare di Venezia e gli interessi d'Italia.........................7Il risorgimento della nazione serba...............................10«Divide et impera!»......................................................14Risveglio nazionale degli Slavi meridionali.................19Trasformazione economica e sociale nella Jugoslavia. 24Pressione slava e resistenza italiana.............................29Organizzazione del nazionalismo serbo.......................32Il partito militare austriaco...........................................35L'esercito austriaco e i dissidi austro-ungarici..............38Il progetto trialista e l'Arciduca ereditario....................41Magiari e Tedeschi contro il trialismo..........................44Processi politici e falsificazioni della Polizia...............46L'annessione della Bosnia.............................................51La guerra balcanica.......................................................54Politica di avventure.....................................................57Conclusione..................................................................59

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ANTONIO PISCEL

ILCONFLITTOAUSTRO-SERBOEGLIINTERESSIITALIANI

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ANTONIO PISCEL

ILCONFLITTOAUSTRO-SERBOEGLIINTERESSIITALIANI

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Il mare di Venezia e gli inte-ressi d'Italia.

In mezzo all'ansiosa aspettazione dell'esito e delleconseguenze incalcolabili dell'attuale guerra mondiale,la posizione geografica della nostra penisola deve ri-chiamare l'attenzione degli Italiani sopra tutto sullosvolgimento e sull'epilogo che con la guerra stessa avràil conflitto austro-serbo.

Si tratta della sorte di tutta quella vasta regione checontorna per larga zona il nostro confine orientale, escende poi, con la profondità di centinaia di chilometri,sull'altra sponda dell'Adriatico a fronteggiare tutta la no-stra costa fino alle Puglie.

Ragioni molteplici, e d'importanza vitale, reclamanoil nostro interessamento, non soltanto platonico, suquanto là succede o sta per succedere: ragioni militariper la sicurezza del paese dalla parte naturalmente menodifesa; ragioni d'equilibrio su quel mare che Venezia ri-guardava tutto come un suo golfo; ragioni di solidarietànazionale con gl'Italiani d'oltre il confine orientale, il

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Il mare di Venezia e gli inte-ressi d'Italia.

In mezzo all'ansiosa aspettazione dell'esito e delleconseguenze incalcolabili dell'attuale guerra mondiale,la posizione geografica della nostra penisola deve ri-chiamare l'attenzione degli Italiani sopra tutto sullosvolgimento e sull'epilogo che con la guerra stessa avràil conflitto austro-serbo.

Si tratta della sorte di tutta quella vasta regione checontorna per larga zona il nostro confine orientale, escende poi, con la profondità di centinaia di chilometri,sull'altra sponda dell'Adriatico a fronteggiare tutta la no-stra costa fino alle Puglie.

Ragioni molteplici, e d'importanza vitale, reclamanoil nostro interessamento, non soltanto platonico, suquanto là succede o sta per succedere: ragioni militariper la sicurezza del paese dalla parte naturalmente menodifesa; ragioni d'equilibrio su quel mare che Venezia ri-guardava tutto come un suo golfo; ragioni di solidarietànazionale con gl'Italiani d'oltre il confine orientale, il

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destino dei quali viene giocato insieme con quello dellafinitima regione slava in questa terribile partita; ragionid'alto interesse economico che additano alle necessarieespansioni delle nostre industrie e dei nostri commerciprecisamente quella parte occidentale della penisola bal-canica come il più vicino e il più naturale mercato, nonappena essa possa aver la pace, ed una pace che nonchiuda le porte a questa nostra pacifica influenza.

E perciò con intensa ansietà ci si presenta in questigiorni la domanda: quale sarà dopo la fine della grandeguerra attuale la configurazione della carta geograficapolitica di questa regione

È troppo difficile, e sarebbe ad ogni modo troppo pre-sto per tirare l'oroscopo sulle sorti finali d'un conflittoarmato come quello che ora divampa su tutto il conti-nente antico. Non è improbabile che, come sulla Sava ful'origine del tremendo cozzo che indusse all'estrema ra-tio della guerra, malgrado l'evidente pericolo di metterein movimento tutta la frana che seppellì, chissà perquanto tempo, la pace e il benessere in tutto il mondo,non è improbabile, dico, che abbia ad essere il destino diquesta regione il punto più difficile e più contrastato,quando una buona volta si dovrà pure accingersi a costi-tuire il nuovo assetto europeo.

E un'altra previsione troppo probabile deve star pre-sente agli Italiani, cioè la impossibilità che siano mante-nute nemmeno all'ingrosso le condizioni politiche attualidi questa regione. Non può essere mantenuto questo sta-tu quo, perchè già prima della guerra esso era ridotto

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destino dei quali viene giocato insieme con quello dellafinitima regione slava in questa terribile partita; ragionid'alto interesse economico che additano alle necessarieespansioni delle nostre industrie e dei nostri commerciprecisamente quella parte occidentale della penisola bal-canica come il più vicino e il più naturale mercato, nonappena essa possa aver la pace, ed una pace che nonchiuda le porte a questa nostra pacifica influenza.

E perciò con intensa ansietà ci si presenta in questigiorni la domanda: quale sarà dopo la fine della grandeguerra attuale la configurazione della carta geograficapolitica di questa regione

È troppo difficile, e sarebbe ad ogni modo troppo pre-sto per tirare l'oroscopo sulle sorti finali d'un conflittoarmato come quello che ora divampa su tutto il conti-nente antico. Non è improbabile che, come sulla Sava ful'origine del tremendo cozzo che indusse all'estrema ra-tio della guerra, malgrado l'evidente pericolo di metterein movimento tutta la frana che seppellì, chissà perquanto tempo, la pace e il benessere in tutto il mondo,non è improbabile, dico, che abbia ad essere il destino diquesta regione il punto più difficile e più contrastato,quando una buona volta si dovrà pure accingersi a costi-tuire il nuovo assetto europeo.

E un'altra previsione troppo probabile deve star pre-sente agli Italiani, cioè la impossibilità che siano mante-nute nemmeno all'ingrosso le condizioni politiche attualidi questa regione. Non può essere mantenuto questo sta-tu quo, perchè già prima della guerra esso era ridotto

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alla consacrazione puramente artificiale e formale di unassetto del quale erano venute a mancare le fondamenta.

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alla consacrazione puramente artificiale e formale di unassetto del quale erano venute a mancare le fondamenta.

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Il risorgimento della nazio-ne serba.

Si tratta d'un popolo di circa dodici milioni d'animeche raggiunse la sua coscienza unitaria e di indipenden-za, mentre fino a poco fa tale vincolo comune nazionalenon era ancora nato; ed il sentimento d'indipendenza dirazza aveva soltanto carattere di lotta regionale o locale.Finchè sussistevano le condizioni corrispondenti a talepreistoria del risveglio nazionale unitario, era possibile,e facile e politicamente opportuno per i suoi dominatori,tenerlo diviso e suddiviso, ed in grande parte soggetto aldominio straniero di Vienna, di Budapest e di Costanti-nopoli.

Negli ultimi anni vennero invece maturandosi anchelà tali mutamenti nella struttura sociale ed economicadella popolazione da rendere inevitabile il sorgere ed ilgiganteggiare sempre maggiore degli spiriti patriottici eunitari della coscienza di quel popolo.

La monarchia absburghese, dopo che il dominio turcoal sud venne travolto da questa fiumana, si trova ora alle

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Il risorgimento della nazio-ne serba.

Si tratta d'un popolo di circa dodici milioni d'animeche raggiunse la sua coscienza unitaria e di indipenden-za, mentre fino a poco fa tale vincolo comune nazionalenon era ancora nato; ed il sentimento d'indipendenza dirazza aveva soltanto carattere di lotta regionale o locale.Finchè sussistevano le condizioni corrispondenti a talepreistoria del risveglio nazionale unitario, era possibile,e facile e politicamente opportuno per i suoi dominatori,tenerlo diviso e suddiviso, ed in grande parte soggetto aldominio straniero di Vienna, di Budapest e di Costanti-nopoli.

Negli ultimi anni vennero invece maturandosi anchelà tali mutamenti nella struttura sociale ed economicadella popolazione da rendere inevitabile il sorgere ed ilgiganteggiare sempre maggiore degli spiriti patriottici eunitari della coscienza di quel popolo.

La monarchia absburghese, dopo che il dominio turcoal sud venne travolto da questa fiumana, si trova ora alle

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prese con questo problema dell'inevitabile unità e indi-pendenza degli Jugoslavi, come nel secolo scorso venneposta in crisi dagli analoghi movimenti dell'unità e indi-pendenza dell'Italia e della Germania.

Se per la cultura e per il numero di popolazione ilmovimento jugoslavo non è paragonabile con quelli checondussero alla formazione dei grandi stati d'Italia e diGermania, il suo trionfo in senso antiaustriaco rappre-senterebbe per la duplice monarchia un crollo forse piùrovinoso di quelli avuti nel secolo passato: non si tratte-rebbe, cioè, soltanto della perdita di sei milioni di suddi-ti, ma di una grande breccia aperta in una complicata etravagliata compagine, sulla quale d'anno in anno au-mentano le difficoltà per tenerla insieme.

Perciò nemmeno a Vienna si pensa o si spera di sop-primere senz'altro tale corrente, divenuta troppo genera-le e addirittura irresistibile; si cerca invece di inalvearlaverso una soluzione, la quale, anzichè minacciare, au-menterebbe di fronte all'estero la potenza della monar-chia danubiana. Ormai la politica austriaca ha dovutoporsi, come problema di vita o di morte, la mèta di man-tenere e conquistare completamente le briglie occorrentia guidare a proprio piacimento l'indirizzo di questo mo-vimento nazionale; ed ha dovuto concludere che talemèta non è raggiungibile, e sopra tutto non è sostenibile,se non con l'adottare il trialismo. L'esempio della relati-va sottomissione alla politica absburghese del movimen-to nazionale magiaro, dopo che il bisogno d'indipenden-za e d'unità ebbe parziale appagamento nello Stato un-

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prese con questo problema dell'inevitabile unità e indi-pendenza degli Jugoslavi, come nel secolo scorso venneposta in crisi dagli analoghi movimenti dell'unità e indi-pendenza dell'Italia e della Germania.

Se per la cultura e per il numero di popolazione ilmovimento jugoslavo non è paragonabile con quelli checondussero alla formazione dei grandi stati d'Italia e diGermania, il suo trionfo in senso antiaustriaco rappre-senterebbe per la duplice monarchia un crollo forse piùrovinoso di quelli avuti nel secolo passato: non si tratte-rebbe, cioè, soltanto della perdita di sei milioni di suddi-ti, ma di una grande breccia aperta in una complicata etravagliata compagine, sulla quale d'anno in anno au-mentano le difficoltà per tenerla insieme.

Perciò nemmeno a Vienna si pensa o si spera di sop-primere senz'altro tale corrente, divenuta troppo genera-le e addirittura irresistibile; si cerca invece di inalvearlaverso una soluzione, la quale, anzichè minacciare, au-menterebbe di fronte all'estero la potenza della monar-chia danubiana. Ormai la politica austriaca ha dovutoporsi, come problema di vita o di morte, la mèta di man-tenere e conquistare completamente le briglie occorrentia guidare a proprio piacimento l'indirizzo di questo mo-vimento nazionale; ed ha dovuto concludere che talemèta non è raggiungibile, e sopra tutto non è sostenibile,se non con l'adottare il trialismo. L'esempio della relati-va sottomissione alla politica absburghese del movimen-to nazionale magiaro, dopo che il bisogno d'indipenden-za e d'unità ebbe parziale appagamento nello Stato un-

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gherese autonomo entro la cornice militare economica edinastica della monarchia comune, incoraggia a tentareanche per gli Slavi la stessa soluzione.

Ma la riuscita è subordinata alla necessità assoluta didistruggere l'indipendenza dei due nuclei nazionali – laSerbia ed il Montenegro – che inevitabilmente continue-rebbero altrimenti ad esercitare una influenza di attra-zione in senso separatista. Così l'istinto della conserva-zione rafforza le velleità d'espansionismo e d'imperiomilitarista nelle varie sfere dirigenti dell'Austria.All'occorrenza questa attuale necessità storica della poli-tica absburghese potrebbe tollerare il persistere nomina-le dei due piccoli regni, ma solo a patto che essi diven-tassero verso l'Austria-Ungheria quello che erano unavolta rispetto agli Absburgo il Ducato di Modena ed ilGranducato di Toscana.

Contro questa soluzione viennese del problema degliSlavi meridionali sta la concezione antiaustriaca, condi-visa ormai dalla maggioranza degli Slavi meridionali,che riconosce alla Serbia la stessa missione che ebbe ilPiemonte per la nostra unità ed indipendenza.

Impossibile ora e in seguito un compromesso fra que-ste due correnti nettamente contrapposte: l'una o l'altradeve essere totalmente schiacciata ed esclusa da ognipossibilità di continuare a sussistere. Tutt'al più la fortu-na delle armi o le artificiosità diplomatiche potrebberoarrestare per qualche anno il compiersi di questo fatostorico, con qualche Novara o con qualche Villafranca;ma, come avvenne nella nostra epopea, non sarebbe

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gherese autonomo entro la cornice militare economica edinastica della monarchia comune, incoraggia a tentareanche per gli Slavi la stessa soluzione.

Ma la riuscita è subordinata alla necessità assoluta didistruggere l'indipendenza dei due nuclei nazionali – laSerbia ed il Montenegro – che inevitabilmente continue-rebbero altrimenti ad esercitare una influenza di attra-zione in senso separatista. Così l'istinto della conserva-zione rafforza le velleità d'espansionismo e d'imperiomilitarista nelle varie sfere dirigenti dell'Austria.All'occorrenza questa attuale necessità storica della poli-tica absburghese potrebbe tollerare il persistere nomina-le dei due piccoli regni, ma solo a patto che essi diven-tassero verso l'Austria-Ungheria quello che erano unavolta rispetto agli Absburgo il Ducato di Modena ed ilGranducato di Toscana.

Contro questa soluzione viennese del problema degliSlavi meridionali sta la concezione antiaustriaca, condi-visa ormai dalla maggioranza degli Slavi meridionali,che riconosce alla Serbia la stessa missione che ebbe ilPiemonte per la nostra unità ed indipendenza.

Impossibile ora e in seguito un compromesso fra que-ste due correnti nettamente contrapposte: l'una o l'altradeve essere totalmente schiacciata ed esclusa da ognipossibilità di continuare a sussistere. Tutt'al più la fortu-na delle armi o le artificiosità diplomatiche potrebberoarrestare per qualche anno il compiersi di questo fatostorico, con qualche Novara o con qualche Villafranca;ma, come avvenne nella nostra epopea, non sarebbe

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questa che una momentanea tregua d'armi, peggiore pertutti di una definitiva soluzione.

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questa che una momentanea tregua d'armi, peggiore pertutti di una definitiva soluzione.

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«Divide et impera!»

Non esisteva, fino ai primi anni di questo secolo, unavera questione serba per l'Austria-Ungheria, sopra tuttoperchè, tanto dentro che fuori dei confini della monar-chia, gli Slavi meridionali non avevano ancora ben pre-cisato il concetto di una unità nazionale, costituita dacomunanza di condizioni politiche e culturali, e cemen-tata dalla coscienza di una forte affinità d'interessi. Man-cava perfino, per così dire, la prospettiva del come unatale unità avrebbe potuto essere raggiunta. Lo spirito dirazza, ancora rudimentale e, direi, istintivo in quel po-polo, composto quasi esclusivamente di contadini, si in-dirizzava a combattere il nemico nazionale immediato,che variava a seconda delle singole regioni.

In parte per il caso delle vicissitudini storiche, ma so-pra tutto per istinto ed arte di governo, la politica ab-sburghese riuscì a dividere e suddividere, fino al frazio-namento minuto, questo popolo slavo meridionale, ren-dendogli così impossibile, fino agli ultimi anni, di assur-

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«Divide et impera!»

Non esisteva, fino ai primi anni di questo secolo, unavera questione serba per l'Austria-Ungheria, sopra tuttoperchè, tanto dentro che fuori dei confini della monar-chia, gli Slavi meridionali non avevano ancora ben pre-cisato il concetto di una unità nazionale, costituita dacomunanza di condizioni politiche e culturali, e cemen-tata dalla coscienza di una forte affinità d'interessi. Man-cava perfino, per così dire, la prospettiva del come unatale unità avrebbe potuto essere raggiunta. Lo spirito dirazza, ancora rudimentale e, direi, istintivo in quel po-polo, composto quasi esclusivamente di contadini, si in-dirizzava a combattere il nemico nazionale immediato,che variava a seconda delle singole regioni.

In parte per il caso delle vicissitudini storiche, ma so-pra tutto per istinto ed arte di governo, la politica ab-sburghese riuscì a dividere e suddividere, fino al frazio-namento minuto, questo popolo slavo meridionale, ren-dendogli così impossibile, fino agli ultimi anni, di assur-

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gere ad un movimento compatto di lotta per la sua indi-pendenza e per la sua unità.

Dentro il territorio della Cisleitania (cioè delle pro-vincie rappresentate al Consiglio dell'Impero di Vienna),fino agli ultimi tempi, potè servire come fortissimo cu-neo di divisione la differenza delle due lingue, la slove-na e la serbo-croata, parlate da quelle genti. E là dovenon si poteva sfruttare una differenza linguistica, perchèl'idioma dei Croati è il medesimo di quello dei Serbi, sitrovò e si mantenne la divisione mediante la differenzadei caratteri dell'alfabeto, venendo designati come croatiquelle persone che usano i caratteri latini, e come serbiquelle che scrivono con gli antichi caratteri slavi, attri-buiti a S. Cirillo.

Ma uno strumento di divisione ancora più efficace,fino agli ultimi tempi, fu dato dalla differenza di religio-ne. Benchè in Croazia e Slavonia tutti parlino la stessalingua, la popolazione fu mantenuta fino di recente divi-sa politicamente e moralmente dal fatto che il 75 percento di essa è cattolico ed il 25 per cento greco-orto-dosso. In Bosnia ed Erzegovina, a paralizzare la forzacoesiva dell'idioma comune a tutta la popolazione, ebbepure, ed in qualche misura minore ha tuttora, grande in-fluenza la divisione religiosa, essendo il 43 per centodella popolazione di confessione greco-ortodossa, il 35per cento di religione maomettana e il 22 per cento direligione cattolica.

Come non bastassero queste suddivisioni di parlata,di scrittura, di religione, tutte quante abilmente rafforza-

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gere ad un movimento compatto di lotta per la sua indi-pendenza e per la sua unità.

Dentro il territorio della Cisleitania (cioè delle pro-vincie rappresentate al Consiglio dell'Impero di Vienna),fino agli ultimi tempi, potè servire come fortissimo cu-neo di divisione la differenza delle due lingue, la slove-na e la serbo-croata, parlate da quelle genti. E là dovenon si poteva sfruttare una differenza linguistica, perchèl'idioma dei Croati è il medesimo di quello dei Serbi, sitrovò e si mantenne la divisione mediante la differenzadei caratteri dell'alfabeto, venendo designati come croatiquelle persone che usano i caratteri latini, e come serbiquelle che scrivono con gli antichi caratteri slavi, attri-buiti a S. Cirillo.

Ma uno strumento di divisione ancora più efficace,fino agli ultimi tempi, fu dato dalla differenza di religio-ne. Benchè in Croazia e Slavonia tutti parlino la stessalingua, la popolazione fu mantenuta fino di recente divi-sa politicamente e moralmente dal fatto che il 75 percento di essa è cattolico ed il 25 per cento greco-orto-dosso. In Bosnia ed Erzegovina, a paralizzare la forzacoesiva dell'idioma comune a tutta la popolazione, ebbepure, ed in qualche misura minore ha tuttora, grande in-fluenza la divisione religiosa, essendo il 43 per centodella popolazione di confessione greco-ortodossa, il 35per cento di religione maomettana e il 22 per cento direligione cattolica.

Come non bastassero queste suddivisioni di parlata,di scrittura, di religione, tutte quante abilmente rafforza-

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te e sfruttate, la politica austro-ungherese dava ad essesuggello e rincalzo con un vero sbranamento politico edamministrativo della popolazione slava meridionalesuddita della monarchia.

Facendo le parti molto all'ingrosso, si può dire che unterzo di questo popolo fu legato con la Cisleitania a farcapo a Vienna sotto l'egemonia tedesca; un altro terzo,con le apparenze di un'autonomia, continuamente viola-ta, fu messo alla dipendenza della oligarchia magiara;ed il rimanente è assoggettato nell'amministrazione bo-sniaco-erzegovinese quasi despoticamente alla coalizio-ne delle due egemonie e delle due burocrazie dominantiin questo Stato, dentro le direttive imposte dalla Corona.

Né qui si arresta questo lavorío di divisione e suddivi-sione politica ed amministrativa d'un popolo per costrin-gere le sue singole frazioni a perseguire ideali politicidivergenti e talvolta in contrasto. Gli Slavi meridionaliappartenenti alla Cisleitania, benchè abitino compatta-mente, o quasi, un territorio che forma una regione fisi-camente e geograficamente unita ed omogenea, sono as-segnati a sette provincie diverse.

È noto che la provincia austriaca, con i suoi organispeciali, della Luogotenenza, della Giunta provinciale edella Dieta, anche legislativamente autonoma come unpiccolo Parlamento, ha una importanza ed una indipen-denza dal Parlamento e dal Ministero centrali senza con-fronto maggiori della provincia italiana o del diparti-mento francese.

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te e sfruttate, la politica austro-ungherese dava ad essesuggello e rincalzo con un vero sbranamento politico edamministrativo della popolazione slava meridionalesuddita della monarchia.

Facendo le parti molto all'ingrosso, si può dire che unterzo di questo popolo fu legato con la Cisleitania a farcapo a Vienna sotto l'egemonia tedesca; un altro terzo,con le apparenze di un'autonomia, continuamente viola-ta, fu messo alla dipendenza della oligarchia magiara;ed il rimanente è assoggettato nell'amministrazione bo-sniaco-erzegovinese quasi despoticamente alla coalizio-ne delle due egemonie e delle due burocrazie dominantiin questo Stato, dentro le direttive imposte dalla Corona.

Né qui si arresta questo lavorío di divisione e suddivi-sione politica ed amministrativa d'un popolo per costrin-gere le sue singole frazioni a perseguire ideali politicidivergenti e talvolta in contrasto. Gli Slavi meridionaliappartenenti alla Cisleitania, benchè abitino compatta-mente, o quasi, un territorio che forma una regione fisi-camente e geograficamente unita ed omogenea, sono as-segnati a sette provincie diverse.

È noto che la provincia austriaca, con i suoi organispeciali, della Luogotenenza, della Giunta provinciale edella Dieta, anche legislativamente autonoma come unpiccolo Parlamento, ha una importanza ed una indipen-denza dal Parlamento e dal Ministero centrali senza con-fronto maggiori della provincia italiana o del diparti-mento francese.

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Nel caso degli Slavi meridionali appartenenti alla Ci-sleitania, abbiamo 410 mila Sloveni che popolano labassa valle della Drava amalgamati con la provincia te-desca della Stiria, della quale costituiscono il 31 percento della popolazione: così pure i 90 mila Sloveni as-segnati alla provincia tedesca della Carinzia, della qualeformano la quarta parte della popolazione, sono costrettiartificialmente – perchè le demarcazione etnica anche làsarebbe quasi dovunque nettamente tracciata – ad unalotta permanente con gli altri tre quarti dei loro compro-vinciali.

La Venezia Giulia è regione quasi esclusivamente ita-liana, presa nella sua naturale configurazione geografi-ca, composta cioè dalla pianura del basso Isonzo, diTrieste, e dal versante occidentale della penisola istria-na. Ebbene, a maggior confusionismo, a danno recipro-co e contrasto perpetuo fra gl'Italiani e gli Slavi, questaregione venne suddivisa in tre piccole provincie, adognuna delle quali è appiccicata una regione completa-mente slava. Così si ha: la provincia di Gorizia e Gradi-sca con 135 mila Sloveni su 225 mila abitanti; il territo-rio di Trieste con 24 mila Sloveni su 230 mila abitanti(secondo la statistica del 1910); e la provincia dell'Istria,dove nel 1900 si avevano 386 mila abitanti, compresi 47mila sloveni e 141 mila serbo-croati.

Finalmente abbiamo nella Cisleitania due provinciecon quasi completa popolazione slava, e cioè: la Carnio-la con 504 mila abitanti, dei quali il 94 per cento sono

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Nel caso degli Slavi meridionali appartenenti alla Ci-sleitania, abbiamo 410 mila Sloveni che popolano labassa valle della Drava amalgamati con la provincia te-desca della Stiria, della quale costituiscono il 31 percento della popolazione: così pure i 90 mila Sloveni as-segnati alla provincia tedesca della Carinzia, della qualeformano la quarta parte della popolazione, sono costrettiartificialmente – perchè le demarcazione etnica anche làsarebbe quasi dovunque nettamente tracciata – ad unalotta permanente con gli altri tre quarti dei loro compro-vinciali.

La Venezia Giulia è regione quasi esclusivamente ita-liana, presa nella sua naturale configurazione geografi-ca, composta cioè dalla pianura del basso Isonzo, diTrieste, e dal versante occidentale della penisola istria-na. Ebbene, a maggior confusionismo, a danno recipro-co e contrasto perpetuo fra gl'Italiani e gli Slavi, questaregione venne suddivisa in tre piccole provincie, adognuna delle quali è appiccicata una regione completa-mente slava. Così si ha: la provincia di Gorizia e Gradi-sca con 135 mila Sloveni su 225 mila abitanti; il territo-rio di Trieste con 24 mila Sloveni su 230 mila abitanti(secondo la statistica del 1910); e la provincia dell'Istria,dove nel 1900 si avevano 386 mila abitanti, compresi 47mila sloveni e 141 mila serbo-croati.

Finalmente abbiamo nella Cisleitania due provinciecon quasi completa popolazione slava, e cioè: la Carnio-la con 504 mila abitanti, dei quali il 94 per cento sono

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sloveni; e la Dalmazia con 585 mila abitanti dei quali il90 per cento sono serbo croati.

Credo possa bastare la esposizione sommaria di que-sto artifizioso sistema di assoggettamento e di divisionepolitica ed amministrativa per lasciar comprendere qua-le forte ostacolo ne derivi allo sviluppo culturale ed eco-nomico di questo popolo. Di fronte a tale stato di cose faaddirittura meraviglia che l'attuale malcontento, assurtoormai alla importanza d'una tacita ribellione nazionale,non sia scoppiato prima d'ora.

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sloveni; e la Dalmazia con 585 mila abitanti dei quali il90 per cento sono serbo croati.

Credo possa bastare la esposizione sommaria di que-sto artifizioso sistema di assoggettamento e di divisionepolitica ed amministrativa per lasciar comprendere qua-le forte ostacolo ne derivi allo sviluppo culturale ed eco-nomico di questo popolo. Di fronte a tale stato di cose faaddirittura meraviglia che l'attuale malcontento, assurtoormai alla importanza d'una tacita ribellione nazionale,non sia scoppiato prima d'ora.

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Risveglio nazionale degli Slavi meridionali.

Il ritardo del risveglio d'una coscienza unitaria nazio-nale in questo popolo può essere spiegato, se si conside-ra quella che fu la sua struttura sociale fino a poco tem-po fa.

Distrutta dall'invasione turca nel secolo XVI ogniclasse dirigente, e ridotta quella popolazione ad un im-menso gregge di contadini, in parte piccoli proprietaried in parte tributari verso il proprietario del suolo me-diante patto colonico servile, non riebbe maggiore liber-tà e sviluppo col subentrare del dominio austriaco: comenon ebbe tali vantaggi quella parte di popolazione slavache cadde direttamente sotto tale dominio, senza avereconosciuto quello dei Turchi.

Invece dei feudatari mussulmani si ebbero il feudo oil latifondo della nobiltà tedesca o magiara e delle men-se vescovili. Ai gravi tributi da pagarsi ai pascià si equi-valsero quelli, forse più gravosi perchè da pagarsi in de-

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Risveglio nazionale degli Slavi meridionali.

Il ritardo del risveglio d'una coscienza unitaria nazio-nale in questo popolo può essere spiegato, se si conside-ra quella che fu la sua struttura sociale fino a poco tem-po fa.

Distrutta dall'invasione turca nel secolo XVI ogniclasse dirigente, e ridotta quella popolazione ad un im-menso gregge di contadini, in parte piccoli proprietaried in parte tributari verso il proprietario del suolo me-diante patto colonico servile, non riebbe maggiore liber-tà e sviluppo col subentrare del dominio austriaco: comenon ebbe tali vantaggi quella parte di popolazione slavache cadde direttamente sotto tale dominio, senza avereconosciuto quello dei Turchi.

Invece dei feudatari mussulmani si ebbero il feudo oil latifondo della nobiltà tedesca o magiara e delle men-se vescovili. Ai gravi tributi da pagarsi ai pascià si equi-valsero quelli, forse più gravosi perchè da pagarsi in de-

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naro, esatti dai funzionari, quasi sempre stranieri, delnuovo dominio straniero.

Nei due ultimi secoli vennero più o meno lentamentecrescendo le città, ma fin verso la fine del secolo scorso,anche nel centro delle regioni abitate esclusivamente da-gli Slavi, la popolazione urbana fu prevalentementecomposta da proprietari, impiegati, negozianti ed arti-giani tedeschi, magiari o italiani. Quando uno slavo ve-niva a stabilirsi in città, o quando dal suo ceto contadi-nesco riusciva, col conseguimento d'un impiego o d'undiploma o con l'impianto d'una bottega o d'una officina,a passare in una categoria professionale più stimata, ab-bandonava l'idioma materno con la stessa spontaneaprontezza con la quale sostituiva il vestito cittadino alcostume nazionale della campagna.

In tutti questi paesi della Slavia meridionale, ancoraverso la fine del secolo passato, gli unici elementi – for-niti d'una relativa coltura – che fossero fedeli alla linguaed al sentimento della razza, erano i preti ed i maestridisseminati in ogni piccolo paesello. Fino dal 1848, lapiù parte di questi preti e di questi maestri – allevatiquesti ultimi, e sorvegliati dai preti, e condividenti intutto la loro mentalità – predicarono e diffusero con fa-natismo, come arma di dominio politico, l'odio di razzadei contadini slavi, qua contro i signori ed i funzionaritedeschi, là contro i signori ed i funzionari magiari, al-trove contro quelli italiani, secondo che la popolazionerurale era soggetta amministrativamente e culturalmenteed economicamente a classi dominanti appartenenti ad

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naro, esatti dai funzionari, quasi sempre stranieri, delnuovo dominio straniero.

Nei due ultimi secoli vennero più o meno lentamentecrescendo le città, ma fin verso la fine del secolo scorso,anche nel centro delle regioni abitate esclusivamente da-gli Slavi, la popolazione urbana fu prevalentementecomposta da proprietari, impiegati, negozianti ed arti-giani tedeschi, magiari o italiani. Quando uno slavo ve-niva a stabilirsi in città, o quando dal suo ceto contadi-nesco riusciva, col conseguimento d'un impiego o d'undiploma o con l'impianto d'una bottega o d'una officina,a passare in una categoria professionale più stimata, ab-bandonava l'idioma materno con la stessa spontaneaprontezza con la quale sostituiva il vestito cittadino alcostume nazionale della campagna.

In tutti questi paesi della Slavia meridionale, ancoraverso la fine del secolo passato, gli unici elementi – for-niti d'una relativa coltura – che fossero fedeli alla linguaed al sentimento della razza, erano i preti ed i maestridisseminati in ogni piccolo paesello. Fino dal 1848, lapiù parte di questi preti e di questi maestri – allevatiquesti ultimi, e sorvegliati dai preti, e condividenti intutto la loro mentalità – predicarono e diffusero con fa-natismo, come arma di dominio politico, l'odio di razzadei contadini slavi, qua contro i signori ed i funzionaritedeschi, là contro i signori ed i funzionari magiari, al-trove contro quelli italiani, secondo che la popolazionerurale era soggetta amministrativamente e culturalmenteed economicamente a classi dominanti appartenenti ad

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una di queste tre nazionalità finitime più ricche, più evo-lute, più liberali e più influenti. Più che di un vero movi-mento nazionale, il quale per essere tale avrebbe dovutoavere un substrato di cultura e di coscienza unitaria emèta prefissa di separazione e d'indipendenza, si trattavad'un mascheramento, a base di terminologia nazionali-sta, di quell'odio di classe che, dato un paese poco evo-luto, è molto facile fare allignare nelle plebi rurali, ne-glette, sfruttate e disprezzate dai ceti signorili dei centriurbani.

I dirigenti della politica austriaca non avevano motivodi allarmarsi per tali correnti locali di fanatismo di raz-za, spesso congiunte col fanatismo religioso ed anti-liberale e con manifestazioni della più cieca devozioneal Sovrano.

Nel 1848 se ne servirono anzi come d'eccellente stru-mento per combattere e spaventare la ribellione dellapiccola nobiltà e della borghesia ungherese.

Dopo il 1860, quando il sentimento nazionale unitarioitaliano incominciò a vibrare più forte anche a Trieste,nel Friuli orientale, nell'Istria e nella Dalmazia, questofanatismo slavo, attizzato dal clero slavo e favorito dalgoverno, costituì lo strumento più valido di repressione,ed in parte servì (come nell'Istria orientale, nelle isoledalmate e del Quarnero, nella Dalmazia litoranea, ad ec-cezione di Zara) a combattere, più o meno fortunata-mente, e a soffocare l'elemento italiano, che per la suaposizione sociale e per la sua cultura, anche se rappre-

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una di queste tre nazionalità finitime più ricche, più evo-lute, più liberali e più influenti. Più che di un vero movi-mento nazionale, il quale per essere tale avrebbe dovutoavere un substrato di cultura e di coscienza unitaria emèta prefissa di separazione e d'indipendenza, si trattavad'un mascheramento, a base di terminologia nazionali-sta, di quell'odio di classe che, dato un paese poco evo-luto, è molto facile fare allignare nelle plebi rurali, ne-glette, sfruttate e disprezzate dai ceti signorili dei centriurbani.

I dirigenti della politica austriaca non avevano motivodi allarmarsi per tali correnti locali di fanatismo di raz-za, spesso congiunte col fanatismo religioso ed anti-liberale e con manifestazioni della più cieca devozioneal Sovrano.

Nel 1848 se ne servirono anzi come d'eccellente stru-mento per combattere e spaventare la ribellione dellapiccola nobiltà e della borghesia ungherese.

Dopo il 1860, quando il sentimento nazionale unitarioitaliano incominciò a vibrare più forte anche a Trieste,nel Friuli orientale, nell'Istria e nella Dalmazia, questofanatismo slavo, attizzato dal clero slavo e favorito dalgoverno, costituì lo strumento più valido di repressione,ed in parte servì (come nell'Istria orientale, nelle isoledalmate e del Quarnero, nella Dalmazia litoranea, ad ec-cezione di Zara) a combattere, più o meno fortunata-mente, e a soffocare l'elemento italiano, che per la suaposizione sociale e per la sua cultura, anche se rappre-

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sentato da una minoranza numerica, arrivava a dare fi-sonomia italiana alla regione.

È vero che negli anni successivi al 1848, quando ilcentralismo viennese, dopo essersi servito delle plebi ru-rali slave per combattere l'indipendenza magiara, le ri-mise sotto una rigorosa dipendenza politica ed attuò unosfruttamento economico per lo meno pari a quello diprima, la delusione lasciò in molti un lievito di malcon-tento. Specie fra la popolazione di religione greco-orto-dossa, mercè l'opera più o meno celata d'una parte delclero ortodosso, e, si disse, anche di agenti russi, s'inco-minciò a guardare a Pietroburgo ed a Mosca, non soltan-to come ai centri maggiori della propria fede religiosa:nello Czar si venerò quasi un padre, anche politico, ditutti gli Slavi, il quale, più potente di qualsiasi altro so-vrano, non avrebbe tollerato che a nessuno dei suoi figlifosse fatto torto.

Ma la Russia era lontana e separata dall'ampia barrie-ra dei Ruteni e dei Magiari; e malgrado certi momenti diattrito e di rivalità balcanica, non è mai scoppiato primadella presente guerra un conflitto armato fra la Russia el'Austria-Ungheria, entrambi imperi a prevalenza dina-stica, antidemocratica ed antirivoluzionaria, interessatiambedue a reprimere le aspirazioni di una ricostituzionedella Polonia. Perciò, non essendosi mai presentatacome probabile e imminente una guerra fra quei due Im-peri durante il secolo passato, anche quel panslavismo,ridotto al carattere di devozione platonica, se fornì tal-volta occasione di ostentazione di zelo alle spie ed alla

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sentato da una minoranza numerica, arrivava a dare fi-sonomia italiana alla regione.

È vero che negli anni successivi al 1848, quando ilcentralismo viennese, dopo essersi servito delle plebi ru-rali slave per combattere l'indipendenza magiara, le ri-mise sotto una rigorosa dipendenza politica ed attuò unosfruttamento economico per lo meno pari a quello diprima, la delusione lasciò in molti un lievito di malcon-tento. Specie fra la popolazione di religione greco-orto-dossa, mercè l'opera più o meno celata d'una parte delclero ortodosso, e, si disse, anche di agenti russi, s'inco-minciò a guardare a Pietroburgo ed a Mosca, non soltan-to come ai centri maggiori della propria fede religiosa:nello Czar si venerò quasi un padre, anche politico, ditutti gli Slavi, il quale, più potente di qualsiasi altro so-vrano, non avrebbe tollerato che a nessuno dei suoi figlifosse fatto torto.

Ma la Russia era lontana e separata dall'ampia barrie-ra dei Ruteni e dei Magiari; e malgrado certi momenti diattrito e di rivalità balcanica, non è mai scoppiato primadella presente guerra un conflitto armato fra la Russia el'Austria-Ungheria, entrambi imperi a prevalenza dina-stica, antidemocratica ed antirivoluzionaria, interessatiambedue a reprimere le aspirazioni di una ricostituzionedella Polonia. Perciò, non essendosi mai presentatacome probabile e imminente una guerra fra quei due Im-peri durante il secolo passato, anche quel panslavismo,ridotto al carattere di devozione platonica, se fornì tal-volta occasione di ostentazione di zelo alle spie ed alla

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polizia austriaca, non poteva dar seriamente ombra aicapi del governo austro-ungarico.

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polizia austriaca, non poteva dar seriamente ombra aicapi del governo austro-ungarico.

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Trasformazione economica e sociale nella Jugosla-via.

Più tardivamente e più debolmente che nel restodell'Europa centrale, era tuttavia inevitabile che anchenelle regioni abitate dagli Slavi meridionali dell'Austriasi effettuasse quella profonda trasformazione della vitasociale che segna il trapasso dall'economia patriarcaledomestica alla civiltà mercantile-monetaria.

Anche per queste regioni più meridionali della mo-narchia austro-ungherese fu l'introduzione della rete fer-roviaria il segnale ed il fattore primario che determinòed affrettò questa evoluzione.

Non si può dire in vero che i dominanti della politicaaustriaca abbiano imprudentemente affrettata tale rivo-luzione economica fra gli Slavi meridionali con largaelargizione di ferrovie. Infatti, se la rete ferroviaria au-stro-ungherese raggiunge nelle provincie nordiche,dell'Austria inferiore, della Boemia e della Slesia, la me-dia dei paesi industriali europei con l'intensità dai 12 ai

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Trasformazione economica e sociale nella Jugosla-via.

Più tardivamente e più debolmente che nel restodell'Europa centrale, era tuttavia inevitabile che anchenelle regioni abitate dagli Slavi meridionali dell'Austriasi effettuasse quella profonda trasformazione della vitasociale che segna il trapasso dall'economia patriarcaledomestica alla civiltà mercantile-monetaria.

Anche per queste regioni più meridionali della mo-narchia austro-ungherese fu l'introduzione della rete fer-roviaria il segnale ed il fattore primario che determinòed affrettò questa evoluzione.

Non si può dire in vero che i dominanti della politicaaustriaca abbiano imprudentemente affrettata tale rivo-luzione economica fra gli Slavi meridionali con largaelargizione di ferrovie. Infatti, se la rete ferroviaria au-stro-ungherese raggiunge nelle provincie nordiche,dell'Austria inferiore, della Boemia e della Slesia, la me-dia dei paesi industriali europei con l'intensità dai 12 ai

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13 chilometri di linee ferroviarie per ogni 100 chilome-tri quadrati di superficie, tale proporzione scende ameno di 5 chilometri per la Carniola e per la Croazia, ameno di 3 per la Bosnia ed Erzegovina, ed a meno di 2per la Dalmazia. Da tale computo sono escluse le recentilinee a scopo militare che sono state deliberatequest'inverno senza attendere l'approvazione parlamen-tare, e che sono ancora in costruzione. Bisogna vicever-sa tenere conto che per la parte costiera di tali regionil'intensificarsi della navigazione adriatica potè equivale-re negli effetti ad una maggiore dotazione ferroviaria.

L'antica vita patriarcale contadinesca fu così quasi perintero sconvolta: le vecchie proprietà collettive dedicateal pascolo comune vennero continuamente riducendosiper la coltura e per l'appropriazione privata; le grandiselve, che coprivano quasi un terzo del suolo, divennerooggetto di enorme diboscamento: nel solo anno 1906 edalla sola Bosnia ed Erzegovina si esportò per 32 milio-ni di corone di legname; ed il governo stesso è alla testain questa devastazione delle selve con grandi tagli delleforeste demaniali. Nelle plaghe montuose, data la naturaarida e carsica del suolo, lo sgretolamento della terraprodotto dal diboscamento accompagnò e quasi simbo-leggiò lo sgretolarsi dell'antica costituzione patriarcaleeconomica di questo popolo.

Se, in concorso con questa grande crisi di trasforma-zione della vita agricola degli Slavi meridionali, si tieneconto della forte prolificazione che ancora si verifica inquel popolo (nel 1904 ci furono 39 nascite per ogni mil-

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13 chilometri di linee ferroviarie per ogni 100 chilome-tri quadrati di superficie, tale proporzione scende ameno di 5 chilometri per la Carniola e per la Croazia, ameno di 3 per la Bosnia ed Erzegovina, ed a meno di 2per la Dalmazia. Da tale computo sono escluse le recentilinee a scopo militare che sono state deliberatequest'inverno senza attendere l'approvazione parlamen-tare, e che sono ancora in costruzione. Bisogna vicever-sa tenere conto che per la parte costiera di tali regionil'intensificarsi della navigazione adriatica potè equivale-re negli effetti ad una maggiore dotazione ferroviaria.

L'antica vita patriarcale contadinesca fu così quasi perintero sconvolta: le vecchie proprietà collettive dedicateal pascolo comune vennero continuamente riducendosiper la coltura e per l'appropriazione privata; le grandiselve, che coprivano quasi un terzo del suolo, divennerooggetto di enorme diboscamento: nel solo anno 1906 edalla sola Bosnia ed Erzegovina si esportò per 32 milio-ni di corone di legname; ed il governo stesso è alla testain questa devastazione delle selve con grandi tagli delleforeste demaniali. Nelle plaghe montuose, data la naturaarida e carsica del suolo, lo sgretolamento della terraprodotto dal diboscamento accompagnò e quasi simbo-leggiò lo sgretolarsi dell'antica costituzione patriarcaleeconomica di questo popolo.

Se, in concorso con questa grande crisi di trasforma-zione della vita agricola degli Slavi meridionali, si tieneconto della forte prolificazione che ancora si verifica inquel popolo (nel 1904 ci furono 39 nascite per ogni mil-

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le abitanti nella Croazia e 44 per mille nella Bosnia edErzegovina) riesce pienamente chiaro come sia fatale edinevitabile il grande flusso emigratorio da quelle campa-gne per cercare sostentamento nei centri urbani con altreattività di lavoro.

In tali circostanze, negli Stati dove sussiste ambientefavorevole per lo sviluppo delle industrie, sono questeche, con loro vantaggio e successivo ingrandimento, as-sorbono su larga scala tutte le forze di lavoro fuggentidalla campagna.

Ma in Austria-Ungheria, ad eccezione delle provinciecentrali e settentrionali dove la vita industriale ha giàmesso profonde e vecchie radici ed è in parte artificial-mente protetta in vari modi dal governo centrale diVienna e da quello di Budapest, le condizioni sonotutt'altro che favorevoli al sorgere di nuove grandi im-prese industriali che sieno vitali. Gli inceppi d'una poli-tica industriale ancora tenera del corporativismo artigia-no medioevale, le lentezze e le complicazioni burocrati-che della concessione amministrativa prescritta per ogninuovo esercizio, il sistema fiscale sempre più aspro, edin particolar modo quasi vessatorio per le imprese basa-te su capitale azionario, il caro prezzo delle macchineper il protezionismo proibitivo sui metalli greggi, il rin-caro della vita provocato dal protezionismo agrario,l'accanimento dei conflitti nazionali che mantiene il boi-cottaggio di interi mercati all'interno della monarchiacontro i prodotti provenienti dai nemici nazionali –sono, dovunque in questo Stato, fortissimi inciampi ad

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le abitanti nella Croazia e 44 per mille nella Bosnia edErzegovina) riesce pienamente chiaro come sia fatale edinevitabile il grande flusso emigratorio da quelle campa-gne per cercare sostentamento nei centri urbani con altreattività di lavoro.

In tali circostanze, negli Stati dove sussiste ambientefavorevole per lo sviluppo delle industrie, sono questeche, con loro vantaggio e successivo ingrandimento, as-sorbono su larga scala tutte le forze di lavoro fuggentidalla campagna.

Ma in Austria-Ungheria, ad eccezione delle provinciecentrali e settentrionali dove la vita industriale ha giàmesso profonde e vecchie radici ed è in parte artificial-mente protetta in vari modi dal governo centrale diVienna e da quello di Budapest, le condizioni sonotutt'altro che favorevoli al sorgere di nuove grandi im-prese industriali che sieno vitali. Gli inceppi d'una poli-tica industriale ancora tenera del corporativismo artigia-no medioevale, le lentezze e le complicazioni burocrati-che della concessione amministrativa prescritta per ogninuovo esercizio, il sistema fiscale sempre più aspro, edin particolar modo quasi vessatorio per le imprese basa-te su capitale azionario, il caro prezzo delle macchineper il protezionismo proibitivo sui metalli greggi, il rin-caro della vita provocato dal protezionismo agrario,l'accanimento dei conflitti nazionali che mantiene il boi-cottaggio di interi mercati all'interno della monarchiacontro i prodotti provenienti dai nemici nazionali –sono, dovunque in questo Stato, fortissimi inciampi ad

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un regolare ed intenso sviluppo industriale. E di più,l'ostacolo principale per le nuove industrie nei paesi me-ridionali della monarchia è la necessità di dovere soste-nere, rinchiusi in una medesima cerchia doganale proi-bitiva, la concorrenza con le industrie già adulte, beneorganizzate nella produzione e nello spaccio, e con capi-tale d'impianto ammortizzato, dei paesi tedeschi dellaBoemia, della Slesia, della Moravia e dell'Austria infe-riore.

Per convincersi della impossibilità di vittoria in que-sta lotta tra pigmei appena nati e robusti giganti, bastapor mente alle rivelazioni della statistica sul redditodell'imposta industriale. Nel 1907 ad ogni censita indu-striale o commerciale dell'Austria inferiore si arrivavaad una media d'imposta industriale (erwerbsteuer) di 70corone, mentre ad ogni censita industriale o commercia-le della Carniola la media era di 24 corone, e nella Dal-mazia di 14 corone.

Quella fiumana di emigranti dalla campagna slava,cui si accennava ora, va a stabilirsi sia nelle città circui-te da territorio slavo, sia in quelle finitime, cercando dicampare la vita negli impieghi alti e bassi, nelle profes-sioni liberali, nei mestieri, nel piccolo commercio. Laparte più notevole di tale flusso, mancante dei mezzi edella istruzione per raggiungere posizioni del ceto me-dio, si adatta a lavorare in qualità di braccianti, di dome-stici, d'inservienti pubblici, di guardie di polizia e di fi-nanza, ecc.; e la facilità, innata a questa razza, di ap-prendere presto altre lingue, favorisce spesso notevol-

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un regolare ed intenso sviluppo industriale. E di più,l'ostacolo principale per le nuove industrie nei paesi me-ridionali della monarchia è la necessità di dovere soste-nere, rinchiusi in una medesima cerchia doganale proi-bitiva, la concorrenza con le industrie già adulte, beneorganizzate nella produzione e nello spaccio, e con capi-tale d'impianto ammortizzato, dei paesi tedeschi dellaBoemia, della Slesia, della Moravia e dell'Austria infe-riore.

Per convincersi della impossibilità di vittoria in que-sta lotta tra pigmei appena nati e robusti giganti, bastapor mente alle rivelazioni della statistica sul redditodell'imposta industriale. Nel 1907 ad ogni censita indu-striale o commerciale dell'Austria inferiore si arrivavaad una media d'imposta industriale (erwerbsteuer) di 70corone, mentre ad ogni censita industriale o commercia-le della Carniola la media era di 24 corone, e nella Dal-mazia di 14 corone.

Quella fiumana di emigranti dalla campagna slava,cui si accennava ora, va a stabilirsi sia nelle città circui-te da territorio slavo, sia in quelle finitime, cercando dicampare la vita negli impieghi alti e bassi, nelle profes-sioni liberali, nei mestieri, nel piccolo commercio. Laparte più notevole di tale flusso, mancante dei mezzi edella istruzione per raggiungere posizioni del ceto me-dio, si adatta a lavorare in qualità di braccianti, di dome-stici, d'inservienti pubblici, di guardie di polizia e di fi-nanza, ecc.; e la facilità, innata a questa razza, di ap-prendere presto altre lingue, favorisce spesso notevol-

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mente i ricercatori di occupazioni di tal genere. Però,notisi, con l'inurbarsi, lo slavo oggi non abbandona lasua lingua e men che meno la sua fierezza nazionale.

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mente i ricercatori di occupazioni di tal genere. Però,notisi, con l'inurbarsi, lo slavo oggi non abbandona lasua lingua e men che meno la sua fierezza nazionale.

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Pressione slava e resisten-za italiana.

Così in un trentennio, Cilli, Lubiana, Zagabria, Spala-to, Sebenico, ed altre città, da tedeschizzanti, magiariz-zanti ovvero da quasi completamente italiane, divenneroquasi completamente slave; e questo flusso immigrato-rio, che non si lascia assorbire dalla nazionalità del luo-go d'immigrazione, minaccia sempre più rilevantementeKlagenfurt, Marburgo, Villaco, fino a poco fa sicura-mente tedesche; e Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara,fino a non molto fa, prettamente italiane.

Ad ostacolare la facile assimilazione che una voltaavveniva degli immigrati slavi con la nazionalità indige-na cittadina, concorse potentemente l'agitazione artifi-ciale delle associazioni nazionali slave che sono venuteformandosi ovunque vivano anche pochi figli di questarazza, ormai presa da una specie di ebbrezza di entusia-smo nazionale. Ma, nè il favore governativo per l'inur-barsi degli Sloveni, nè l'agitazione nazionalista slava ba-sterebbero per sè, o per lo meno non potrebbero ottenere

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Pressione slava e resisten-za italiana.

Così in un trentennio, Cilli, Lubiana, Zagabria, Spala-to, Sebenico, ed altre città, da tedeschizzanti, magiariz-zanti ovvero da quasi completamente italiane, divenneroquasi completamente slave; e questo flusso immigrato-rio, che non si lascia assorbire dalla nazionalità del luo-go d'immigrazione, minaccia sempre più rilevantementeKlagenfurt, Marburgo, Villaco, fino a poco fa sicura-mente tedesche; e Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara,fino a non molto fa, prettamente italiane.

Ad ostacolare la facile assimilazione che una voltaavveniva degli immigrati slavi con la nazionalità indige-na cittadina, concorse potentemente l'agitazione artifi-ciale delle associazioni nazionali slave che sono venuteformandosi ovunque vivano anche pochi figli di questarazza, ormai presa da una specie di ebbrezza di entusia-smo nazionale. Ma, nè il favore governativo per l'inur-barsi degli Sloveni, nè l'agitazione nazionalista slava ba-sterebbero per sè, o per lo meno non potrebbero ottenere

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così largo corresponsione di risultati, se non si trattassedi un fenomeno demografico quasi irresistibile in sègui-to alla trasformazione sopradescritta della vita ruraleslava.

Contro questa terribile infiltrazione è meravigliosa lalotta di resistenza delle città italiane della Venezia Giu-lia, e di Zara nella Dalmazia; ma, a non volersi fare illu-sioni, non basta l'eroica tenacia di quelle popolazioni difronte al continuo fatale assedio rappresentato dallapressione dell'urbanesimo sloveno, alleato con gli inten-dimenti antitaliani del Governo Imperiale.

No, non bisogna illudersi: nè le affermazioni più elo-quenti di resistenza e di solidarietà nazionale, nè i piùlarghi sacrifici a pro della coltura italiana, non arreste-ranno mai questo lavoro perenne di corrosione; ognianno esso farà un passo innanzi, se e finchè o non vengaa sparire la causa originaria di questo fenomeno o nonsorga l'argine del confine politico a fissare e a rinsaldarela linea del confine etnografico.

È vero che nell'ultimo tempo una corrente sempre piùgrossa di questa massa dell'emigrazione degli slavi me-ridionali s'indirizza all'emigrazione transoceanica. An-che in questo caso però, quei figli laboriosi d'una razzabisognosa d'espansione, che in casa propria sta tanto adisagio, concorrono alla sua evoluzione economica, equindi anche alla evoluzione culturale e nazionale. Daun ventennio in qua i risparmi che questa folla di emi-granti annualmente porta o manda in patria, non afflui-scono più alle casse di risparmio ed alle banche tede-

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così largo corresponsione di risultati, se non si trattassedi un fenomeno demografico quasi irresistibile in sègui-to alla trasformazione sopradescritta della vita ruraleslava.

Contro questa terribile infiltrazione è meravigliosa lalotta di resistenza delle città italiane della Venezia Giu-lia, e di Zara nella Dalmazia; ma, a non volersi fare illu-sioni, non basta l'eroica tenacia di quelle popolazioni difronte al continuo fatale assedio rappresentato dallapressione dell'urbanesimo sloveno, alleato con gli inten-dimenti antitaliani del Governo Imperiale.

No, non bisogna illudersi: nè le affermazioni più elo-quenti di resistenza e di solidarietà nazionale, nè i piùlarghi sacrifici a pro della coltura italiana, non arreste-ranno mai questo lavoro perenne di corrosione; ognianno esso farà un passo innanzi, se e finchè o non vengaa sparire la causa originaria di questo fenomeno o nonsorga l'argine del confine politico a fissare e a rinsaldarela linea del confine etnografico.

È vero che nell'ultimo tempo una corrente sempre piùgrossa di questa massa dell'emigrazione degli slavi me-ridionali s'indirizza all'emigrazione transoceanica. An-che in questo caso però, quei figli laboriosi d'una razzabisognosa d'espansione, che in casa propria sta tanto adisagio, concorrono alla sua evoluzione economica, equindi anche alla evoluzione culturale e nazionale. Daun ventennio in qua i risparmi che questa folla di emi-granti annualmente porta o manda in patria, non afflui-scono più alle casse di risparmio ed alle banche tede-

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sche, italiane o magiare; poichè, per iniziativa nazionaleslava, è sorta una quantità di casse rurali le quali fannocapo a banche, pure fondate e dirette da connazionali; equesti istituti di credito, specialmente nei centri dovedevono sostenersi e voglion conquistare terreno di fron-te alla concorrenza straniera, rivelano una crescente ala-crità e potenzialità.

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sche, italiane o magiare; poichè, per iniziativa nazionaleslava, è sorta una quantità di casse rurali le quali fannocapo a banche, pure fondate e dirette da connazionali; equesti istituti di credito, specialmente nei centri dovedevono sostenersi e voglion conquistare terreno di fron-te alla concorrenza straniera, rivelano una crescente ala-crità e potenzialità.

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Organizzazione del nazio-nalismo serbo.

Ma più ancora che per potenza di mezzi materiali, èindubitabile che questo sentimento nazionale degli slavidel sud, maturatosi rapidamente in coscienza unitaria,ha raggiunto un corso rapido e irresistibile per il numeroe per l'entusiasmo dei suoi proseliti; i quali in pochi anniaumentarono fino al punto che si può dire che ogni indi-viduo di questo popolo, sia che viva nelle regioni com-pattamente abitate da esso, sia che si trapianti quale sen-tinella avanzata nelle città d'emigrazione, si sente solda-to di questa causa.

I contadini, prestando facile orecchio ai loro agitatori,sono persuasi che la crisi agraria permanente da cuisono travagliati cesserebbe, e cesserebbe il bisognodell'emigrazione, il giorno in cui il loro popolo, conse-guita l'unità e l'indipendenza, e liberatosi dalla servitùeconomica imposta dall'egemonia tedesca, potesse favo-rire tutte le risorse del paese.

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Organizzazione del nazio-nalismo serbo.

Ma più ancora che per potenza di mezzi materiali, èindubitabile che questo sentimento nazionale degli slavidel sud, maturatosi rapidamente in coscienza unitaria,ha raggiunto un corso rapido e irresistibile per il numeroe per l'entusiasmo dei suoi proseliti; i quali in pochi anniaumentarono fino al punto che si può dire che ogni indi-viduo di questo popolo, sia che viva nelle regioni com-pattamente abitate da esso, sia che si trapianti quale sen-tinella avanzata nelle città d'emigrazione, si sente solda-to di questa causa.

I contadini, prestando facile orecchio ai loro agitatori,sono persuasi che la crisi agraria permanente da cuisono travagliati cesserebbe, e cesserebbe il bisognodell'emigrazione, il giorno in cui il loro popolo, conse-guita l'unità e l'indipendenza, e liberatosi dalla servitùeconomica imposta dall'egemonia tedesca, potesse favo-rire tutte le risorse del paese.

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La piccola borghesia, e sopra tutto le categorie delproletariato industriale – professionisti, studenti, maestri– è venuta, per le cause anzidette, ad affollarsi spropor-zionatamente alla capacità offerta da quel povero paesedi dare collocamento a queste attività. Di qui un mal-contento diffuso, che dà rincalzo alla lotta nazionale, laquale fa sperare per sè e per tutti i compatrioti un mi-gliore avvenire.

Perfino gli operai mostrano di sentire più facilmente,e quasi intuitivamente, questo impulso a lottare perl'affermazione politica ed economica del loro popolocome premessa alla possibilità di condizioni più favore-voli allo sviluppo morale ed economico del proletariato.

Col formarsi di queste nuove classi, a fianco dell'anti-ca uniforme massa rurale, anche tra gli Slavi meridiona-li vennero formandosi i partiti politici in contrasto. Maciò, invece d'indebolire, rinforza la violenza del motonazionale, perchè ogni partito tende a conquistare mag-giore popolarità degli altri, mostrandosi più radicale epiù ardente su questo punto in cui converge il sentimen-to di tutto il popolo. In questa febbre nazionale, semprepiù intensa e più generale, entra indubbiamente unagrande dose d'illusione sulla entità e sulla generalità deibenefici che si attendono dal trionfo dell'unità e della in-dipendenza del proprio popolo; ma anche tale illusione èuna terribile forza, finchè la meta non sarà raggiunta, ol'esperienza non avrà ricondotto ad una più moderata va-lutazione.

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La piccola borghesia, e sopra tutto le categorie delproletariato industriale – professionisti, studenti, maestri– è venuta, per le cause anzidette, ad affollarsi spropor-zionatamente alla capacità offerta da quel povero paesedi dare collocamento a queste attività. Di qui un mal-contento diffuso, che dà rincalzo alla lotta nazionale, laquale fa sperare per sè e per tutti i compatrioti un mi-gliore avvenire.

Perfino gli operai mostrano di sentire più facilmente,e quasi intuitivamente, questo impulso a lottare perl'affermazione politica ed economica del loro popolocome premessa alla possibilità di condizioni più favore-voli allo sviluppo morale ed economico del proletariato.

Col formarsi di queste nuove classi, a fianco dell'anti-ca uniforme massa rurale, anche tra gli Slavi meridiona-li vennero formandosi i partiti politici in contrasto. Maciò, invece d'indebolire, rinforza la violenza del motonazionale, perchè ogni partito tende a conquistare mag-giore popolarità degli altri, mostrandosi più radicale epiù ardente su questo punto in cui converge il sentimen-to di tutto il popolo. In questa febbre nazionale, semprepiù intensa e più generale, entra indubbiamente unagrande dose d'illusione sulla entità e sulla generalità deibenefici che si attendono dal trionfo dell'unità e della in-dipendenza del proprio popolo; ma anche tale illusione èuna terribile forza, finchè la meta non sarà raggiunta, ol'esperienza non avrà ricondotto ad una più moderata va-lutazione.

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Ad affrettare e ad intensificare questo sollevamentonazionale, sopra tutto a dargli un indirizzo antiaustriaco,intervenne il fatto decisivo della tragedia di Belgrado edel rovesciamento in Serbia della dinastia degli Obreno-vic, austrofila anzi inservita all'Austria, col ritorno alpotere di quella schiatta dei Karageorgevic che non ave-va mai fatto mistero della sua ostilità all'Austria, in dife-sa della completa indipendenza del piccolo Stato.

Fino ad allora gli Slavi meridionali della monarchianon avevano ragione di guardare oltre il confine peraspettare ed invocare dal di fuori una spada liberatrice.Il Montenegro, per quanto eroico e per quanto fiero, eratroppo piccolo e troppo isolato per assumersi una talemissione; i Serbi sotto il dominio turco erano impotentie vittime d'una oppressione ancor più dispotica; e quelliappartenenti al regno serbo, l'unico nucleo nazionale diqualche importanza che godeva il beneficio d'una orga-nizzazione statale indipendente, dovevano considerarsisotto la sorveglianza ed il protettorato politico, econo-mico e militare dell'Austria, fintantochè avevano dei so-vrani addirittura stipendiati dal Governo viennese.

Non si può accusare gli uomini politici austriaci dinon essersi accorti subito del pericolo che il violentocambiamento del sistema dinastico in Serbia rappresen-tava per la continuazione del pacifico dominio sugli Sla-vi meridionali che sono dentro i confini dello stato au-stro-ungarico.

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Ad affrettare e ad intensificare questo sollevamentonazionale, sopra tutto a dargli un indirizzo antiaustriaco,intervenne il fatto decisivo della tragedia di Belgrado edel rovesciamento in Serbia della dinastia degli Obreno-vic, austrofila anzi inservita all'Austria, col ritorno alpotere di quella schiatta dei Karageorgevic che non ave-va mai fatto mistero della sua ostilità all'Austria, in dife-sa della completa indipendenza del piccolo Stato.

Fino ad allora gli Slavi meridionali della monarchianon avevano ragione di guardare oltre il confine peraspettare ed invocare dal di fuori una spada liberatrice.Il Montenegro, per quanto eroico e per quanto fiero, eratroppo piccolo e troppo isolato per assumersi una talemissione; i Serbi sotto il dominio turco erano impotentie vittime d'una oppressione ancor più dispotica; e quelliappartenenti al regno serbo, l'unico nucleo nazionale diqualche importanza che godeva il beneficio d'una orga-nizzazione statale indipendente, dovevano considerarsisotto la sorveglianza ed il protettorato politico, econo-mico e militare dell'Austria, fintantochè avevano dei so-vrani addirittura stipendiati dal Governo viennese.

Non si può accusare gli uomini politici austriaci dinon essersi accorti subito del pericolo che il violentocambiamento del sistema dinastico in Serbia rappresen-tava per la continuazione del pacifico dominio sugli Sla-vi meridionali che sono dentro i confini dello stato au-stro-ungarico.

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Il partito militare austriaco.

I circoli militaristi, che venivano trovando sempre piùaperta protezione e personificazione nel testè defuntoarciduca ereditario, domandavano a gran voce ches'intervenisse subito manu militari nel piccolo reamemeridionale per «ristabilirvi l'ordine». Non facevanomistero delle loro velleità, fin d'allora, di provocare ma-gari una guerra assai più grande, se occorresse, per to-gliere una volta per sempre quella causa di minaccia e didebolezza al confine meridionale. Affermavano che dif-ficilmente si sarebbe presentata una occasione migliore,perchè in quei momenti la Russia, indebolita dalla guer-ra recente col Giappone e dalle agitazioni interne, oavrebbe lasciato fare la spedizione, anche quella volta«punitiva» per l'assassinio d'un sovrano legittimo, otutt'al più sarebbe stata un nemico poco temibile.

La stampa di tutti gli altri partiti di governo, zelantecome sempre nell'accaparrarsi la benevolenza dell'attua-le e del futuro portatore della corona, e la stampa tede-sca, allo scopo subdolo (trattandosi di un alleato) di

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Il partito militare austriaco.

I circoli militaristi, che venivano trovando sempre piùaperta protezione e personificazione nel testè defuntoarciduca ereditario, domandavano a gran voce ches'intervenisse subito manu militari nel piccolo reamemeridionale per «ristabilirvi l'ordine». Non facevanomistero delle loro velleità, fin d'allora, di provocare ma-gari una guerra assai più grande, se occorresse, per to-gliere una volta per sempre quella causa di minaccia e didebolezza al confine meridionale. Affermavano che dif-ficilmente si sarebbe presentata una occasione migliore,perchè in quei momenti la Russia, indebolita dalla guer-ra recente col Giappone e dalle agitazioni interne, oavrebbe lasciato fare la spedizione, anche quella volta«punitiva» per l'assassinio d'un sovrano legittimo, otutt'al più sarebbe stata un nemico poco temibile.

La stampa di tutti gli altri partiti di governo, zelantecome sempre nell'accaparrarsi la benevolenza dell'attua-le e del futuro portatore della corona, e la stampa tede-sca, allo scopo subdolo (trattandosi di un alleato) di

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mettere in mala vista gli Slavi ed impedire la possibilitàd'una loro riconciliazione con le alte sfere governative,tennero per mesi e mesi bordone a quelle esigenze belli-cose.

Tuttavia quella volta prevalsero ancora i criteri diprudenza e di procrastinazione nei consiglieri del vec-chio sovrano. Ho motivo però d'affermare, con tuttaconvinzione, che anche allora si fu ad un pelo dalla deli-berazione di misure che probabilmente avrebbero antici-pato d'un decennio la presente guerra generale. Appuntolo spettro di conseguenze così incalcolabili valse alloraa trattenere; e posso dire che in tale deliberazione ebbe-ro peso decisivo tre motivi: la opinione d'un interventodell'Italia a favore della indipendenza serba; la ricono-sciuta impreparazione militare austriaca in quel momen-to; e le gravissime condizioni della politica interna, spe-cialmente per il conflitto fra la Corona e tutti i partiti inUngheria.

A ragione o a torto si credeva allora nei circoli politiciaustriaci, che l'Italia, a costo anche d'una guerra, nonavrebbe permesso una imposizione austriaca al popoloserbo che significasse disconoscimento della indipen-denza del piccolo regno, e che, data l'attitudine di fierez-za assunta dal governo e dal popolo in Serbia, non pote-va attendersi venisse accolta senza un intervento milita-re austriaco.

È di moda nelle sfere militari austriache di ostentare,in privato e anche in pubblico, una specie di disprezzosull'efficacia offensiva dell'esercito italiano, salvo i ra-

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mettere in mala vista gli Slavi ed impedire la possibilitàd'una loro riconciliazione con le alte sfere governative,tennero per mesi e mesi bordone a quelle esigenze belli-cose.

Tuttavia quella volta prevalsero ancora i criteri diprudenza e di procrastinazione nei consiglieri del vec-chio sovrano. Ho motivo però d'affermare, con tuttaconvinzione, che anche allora si fu ad un pelo dalla deli-berazione di misure che probabilmente avrebbero antici-pato d'un decennio la presente guerra generale. Appuntolo spettro di conseguenze così incalcolabili valse alloraa trattenere; e posso dire che in tale deliberazione ebbe-ro peso decisivo tre motivi: la opinione d'un interventodell'Italia a favore della indipendenza serba; la ricono-sciuta impreparazione militare austriaca in quel momen-to; e le gravissime condizioni della politica interna, spe-cialmente per il conflitto fra la Corona e tutti i partiti inUngheria.

A ragione o a torto si credeva allora nei circoli politiciaustriaci, che l'Italia, a costo anche d'una guerra, nonavrebbe permesso una imposizione austriaca al popoloserbo che significasse disconoscimento della indipen-denza del piccolo regno, e che, data l'attitudine di fierez-za assunta dal governo e dal popolo in Serbia, non pote-va attendersi venisse accolta senza un intervento milita-re austriaco.

È di moda nelle sfere militari austriache di ostentare,in privato e anche in pubblico, una specie di disprezzosull'efficacia offensiva dell'esercito italiano, salvo i ra-

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rissimi periodi nei quali si ritiene utile al prestigio au-striaco di tenerne calcolo, per indicarlo come alleato apropria disposizione. Tuttavia, almeno allora, apparivaanche ai più audaci estimatori della forza militare dellaMonarchia absburghese una impresa azzardata il provo-care quella guerra sulle tre fronti, per prepararsi allaquale si fecero negli anni successivi i sacrifici, spropor-zionati alle forze economiche dei popoli della monar-chia, che a tutti son noti.

Inoltre, in quella occasione pare che siano pervenutida Berlino consigli di prudenza, perchè si temeva di ve-dere spinta l'Italia ad uscire dalla triplice alleanza e adentrate nell'orbita della triplice intesa che veniva alloraformandosi.

In secondo luogo si dovette riconoscere che le forzemilitari austro-ungariche erano ben lungi alloradall'essere preparate e sufficienti per sostenere una gran-de guerra. La flotta era ancora sulla carta degli arditiprogetti; nell'esercito era appena cominciata la trasfor-mazione dell'artiglieria; e infine non si poteva disporreancora che degli effettivi dei 15 corpi d'armata alloraesistenti e dello scarso contingente annuo di 130 milareclute, comprese quelle delle milizie della Landwehr edegli Honwed.

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rissimi periodi nei quali si ritiene utile al prestigio au-striaco di tenerne calcolo, per indicarlo come alleato apropria disposizione. Tuttavia, almeno allora, apparivaanche ai più audaci estimatori della forza militare dellaMonarchia absburghese una impresa azzardata il provo-care quella guerra sulle tre fronti, per prepararsi allaquale si fecero negli anni successivi i sacrifici, spropor-zionati alle forze economiche dei popoli della monar-chia, che a tutti son noti.

Inoltre, in quella occasione pare che siano pervenutida Berlino consigli di prudenza, perchè si temeva di ve-dere spinta l'Italia ad uscire dalla triplice alleanza e adentrate nell'orbita della triplice intesa che veniva alloraformandosi.

In secondo luogo si dovette riconoscere che le forzemilitari austro-ungariche erano ben lungi alloradall'essere preparate e sufficienti per sostenere una gran-de guerra. La flotta era ancora sulla carta degli arditiprogetti; nell'esercito era appena cominciata la trasfor-mazione dell'artiglieria; e infine non si poteva disporreancora che degli effettivi dei 15 corpi d'armata alloraesistenti e dello scarso contingente annuo di 130 milareclute, comprese quelle delle milizie della Landwehr edegli Honwed.

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L'esercito austriaco e i dis-sidi austro-ungarici.

Anzi il tentativo d'ottenere l'aumento di contingenteera stata l'occasione a una crisi interna tanto grave, cheda sola avrebbe dovuto essere sufficiente motivo pernon impegnarsi in quel momento in avventure di guerra.Tutti i partiti ungheresi, quale più e quale meno radical-mente, condizionarono l'approvazione dell'aumento delcontingente delle reclute a che in quella parte dell'eser-cito comune che viene reclutato in Ungheria venisse in-trodotta come lingua di comando la lingua magiara, eadottata la bandiera ungherese.

Solo la esplicita opposizione personale di FrancescoGiuseppe riuscì a impedire il postulato ungherese, cheavrebbe segnato certamente un altro non piccolo perico-lo per la compagine della unità militare austroungarica;ma la vittoria non si poté ottenere che con una lunga easpra lotta costituzionale, che in parecchi momenti par-ve vicina ad accendere addirittura un conflitto armatofra l'una parte e l'altra della Monarchia. Fu in tale occa-

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L'esercito austriaco e i dis-sidi austro-ungarici.

Anzi il tentativo d'ottenere l'aumento di contingenteera stata l'occasione a una crisi interna tanto grave, cheda sola avrebbe dovuto essere sufficiente motivo pernon impegnarsi in quel momento in avventure di guerra.Tutti i partiti ungheresi, quale più e quale meno radical-mente, condizionarono l'approvazione dell'aumento delcontingente delle reclute a che in quella parte dell'eser-cito comune che viene reclutato in Ungheria venisse in-trodotta come lingua di comando la lingua magiara, eadottata la bandiera ungherese.

Solo la esplicita opposizione personale di FrancescoGiuseppe riuscì a impedire il postulato ungherese, cheavrebbe segnato certamente un altro non piccolo perico-lo per la compagine della unità militare austroungarica;ma la vittoria non si poté ottenere che con una lunga easpra lotta costituzionale, che in parecchi momenti par-ve vicina ad accendere addirittura un conflitto armatofra l'una parte e l'altra della Monarchia. Fu in tale occa-

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sione che, a quanto si disse, l'Arciduca ereditario semi-pubblicamente pronunziò la famosa frase: «l'Ungheria èquel dominio degli Absburgo che essi devono conqui-stare armata mano una volta ogni secolo».

Una delle conseguenze del conflitto costituzionaleungherese fu la impossibilità, per oltre un anno, di otte-nere che quel Parlamento accordasse almeno il consuetoannuo contingente di reclute, così che in quell'anno ven-ne perfino a mancare la leva militare, che fu ritardatafino al principio dell'anno seguente; e nell'ottobre, permantenere gli effettivi, si dovette ricorrere all'espedientepericoloso di trattenere illegalmente la classe che avevagià servito tre anni, provocando manifestazioni fino al-lora insolite in quell'esercito così orgoglioso del presti-gio della sua disciplina.

Soltanto la gravità di tutti i tre motivi sopra espostipoteva far decidere la rinuncia alla spedizione in Serbia,allora più che mai considerata in Austria come una pas-seggiata militare. Ma non seppero decidersi a tale ab-bandono abbastanza prontamente e recisamente.

E quando, dopo tutto il chiasso della stampa, si verifi-cò quella ritirata, tanto i Serbi al di là quanto quelli al diqua della Sava e della Drina, avevano potuto convincer-si ch'essa non era nè sincera nè definitiva. I Serbi fuoridell'Austria si confermarono nella convinzione che aVienna stavano in agguato i nemici più implacabili dellaloro indipendenza; i Serbi dipendenti dall'Austria ebberoquella scossa di odio contro i loro dominatori, e di con-fidenza nella forza e risolutezza del piccolo stato della

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sione che, a quanto si disse, l'Arciduca ereditario semi-pubblicamente pronunziò la famosa frase: «l'Ungheria èquel dominio degli Absburgo che essi devono conqui-stare armata mano una volta ogni secolo».

Una delle conseguenze del conflitto costituzionaleungherese fu la impossibilità, per oltre un anno, di otte-nere che quel Parlamento accordasse almeno il consuetoannuo contingente di reclute, così che in quell'anno ven-ne perfino a mancare la leva militare, che fu ritardatafino al principio dell'anno seguente; e nell'ottobre, permantenere gli effettivi, si dovette ricorrere all'espedientepericoloso di trattenere illegalmente la classe che avevagià servito tre anni, provocando manifestazioni fino al-lora insolite in quell'esercito così orgoglioso del presti-gio della sua disciplina.

Soltanto la gravità di tutti i tre motivi sopra espostipoteva far decidere la rinuncia alla spedizione in Serbia,allora più che mai considerata in Austria come una pas-seggiata militare. Ma non seppero decidersi a tale ab-bandono abbastanza prontamente e recisamente.

E quando, dopo tutto il chiasso della stampa, si verifi-cò quella ritirata, tanto i Serbi al di là quanto quelli al diqua della Sava e della Drina, avevano potuto convincer-si ch'essa non era nè sincera nè definitiva. I Serbi fuoridell'Austria si confermarono nella convinzione che aVienna stavano in agguato i nemici più implacabili dellaloro indipendenza; i Serbi dipendenti dall'Austria ebberoquella scossa di odio contro i loro dominatori, e di con-fidenza nella forza e risolutezza del piccolo stato della

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loro nazione, che alla vigilia del 1848 mise la febbre ad-dosso ai Lombardi, vedendo che il Piemonte voleva epoteva all'occorrenza tener testa alle pretesedell'Austria.

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loro nazione, che alla vigilia del 1848 mise la febbre ad-dosso ai Lombardi, vedendo che il Piemonte voleva epoteva all'occorrenza tener testa alle pretesedell'Austria.

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Il progetto trialista e l'Arci-duca ereditario.

Fu allora che divenne di moda anche a Vienna, specienei circoli che volevano essere i portavoce del sovranofuturo, il progetto del trialismo. Come nel 1867, diceva-no, si trovò un argine efficace al movimento di ribellio-ne dei magiari, con l'affidare alla loro egemonia un or-ganismo statale quasi indipendente nei rapporti interni,costringendoli così, anche a tutela dei loro dominio, afarsi i gendarmi degli Absburgo contro le velleità sepa-ratiste dei Rumeni e dei Serbi, così la costituzione d'unoStato slavo, comprendente tutti gli Slavi della monar-chia e quelli della Serbia e del Montenegro (da aggre-garsi, questi u!timi, almeno per i rapporti militari e do-ganali), dovrebbe ridurre a vantaggio del mantenimentoe dell'allargamento della potenza absburghese. quel bi-sogno di unità e d'indipendenza degli Slavi ormai cre-sciuto tanto da costituire un imminente pericolo.

L'aggregazione di Trieste, del Goriziano e dell'Istria aquesto stato slavo semi-indipendente, e pur sempre con-

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Il progetto trialista e l'Arci-duca ereditario.

Fu allora che divenne di moda anche a Vienna, specienei circoli che volevano essere i portavoce del sovranofuturo, il progetto del trialismo. Come nel 1867, diceva-no, si trovò un argine efficace al movimento di ribellio-ne dei magiari, con l'affidare alla loro egemonia un or-ganismo statale quasi indipendente nei rapporti interni,costringendoli così, anche a tutela dei loro dominio, afarsi i gendarmi degli Absburgo contro le velleità sepa-ratiste dei Rumeni e dei Serbi, così la costituzione d'unoStato slavo, comprendente tutti gli Slavi della monar-chia e quelli della Serbia e del Montenegro (da aggre-garsi, questi u!timi, almeno per i rapporti militari e do-ganali), dovrebbe ridurre a vantaggio del mantenimentoe dell'allargamento della potenza absburghese. quel bi-sogno di unità e d'indipendenza degli Slavi ormai cre-sciuto tanto da costituire un imminente pericolo.

L'aggregazione di Trieste, del Goriziano e dell'Istria aquesto stato slavo semi-indipendente, e pur sempre con-

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giunto con gli Absburgo dai vincoli dell'immediata so-vranità, avrebbe, nel disegno del partito arciducale,schiacciata anche ogni velleità di aspirazioni irredentistenegli Italiani di quelle provincie, anzi affrettato addirit-tura il loro annientamento.

Per fortuna, anche in quella occasione, lo Stato au-striaco cadde nel suo vizio di soverchio ritardo e nellasua solita impotenza a realizzare quanto gli veniva sug-gerito dalla logica delle cose.

L'improvviso favore degli alti circoli viennesi perun'idea fino allora affacciata soltanto da qualcuno deipiù ottimisti fra i patrioti croati e sloveni, sospettata ecombattuta dai fattori ufficiali di Vienna e di Pest quasicome un alto tradimento, arrivava troppo tardi. Fu salu-tata bensì con gratitudine dagli elementi slavi più vecchie più clericali, felici di trovare ancora il modo di poterproclamare la loro fedeltà alla casa d'Absburgo, e di ab-bandonarsi nel tempo stesso a quella corrente di patriot-tismo unitario del proprio popolo che bisognava pur se-condare sotto pena di essere del tutto buttati da partenell'impopolarità. Ma agli elementi più radicali dei gio-vani, che negli ultimi anni avevano preso sempre più ilsopravvento in tutti i nuclei slavi del sud, il trialismoviennese apparve come un tranello, diretto soltanto adaccaparrarsi gli jugo-slavi sudditi austriaci per sottomet-tere i loro fratelli, i Serbi indipendenti, che erano dive-nuti minacciosi. Ormai, non da Vienna ma da Belgradosi aspettava, e si aspetta, da tutti i giovani la buona no-vella dell'unità slava e della indipendenza.

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giunto con gli Absburgo dai vincoli dell'immediata so-vranità, avrebbe, nel disegno del partito arciducale,schiacciata anche ogni velleità di aspirazioni irredentistenegli Italiani di quelle provincie, anzi affrettato addirit-tura il loro annientamento.

Per fortuna, anche in quella occasione, lo Stato au-striaco cadde nel suo vizio di soverchio ritardo e nellasua solita impotenza a realizzare quanto gli veniva sug-gerito dalla logica delle cose.

L'improvviso favore degli alti circoli viennesi perun'idea fino allora affacciata soltanto da qualcuno deipiù ottimisti fra i patrioti croati e sloveni, sospettata ecombattuta dai fattori ufficiali di Vienna e di Pest quasicome un alto tradimento, arrivava troppo tardi. Fu salu-tata bensì con gratitudine dagli elementi slavi più vecchie più clericali, felici di trovare ancora il modo di poterproclamare la loro fedeltà alla casa d'Absburgo, e di ab-bandonarsi nel tempo stesso a quella corrente di patriot-tismo unitario del proprio popolo che bisognava pur se-condare sotto pena di essere del tutto buttati da partenell'impopolarità. Ma agli elementi più radicali dei gio-vani, che negli ultimi anni avevano preso sempre più ilsopravvento in tutti i nuclei slavi del sud, il trialismoviennese apparve come un tranello, diretto soltanto adaccaparrarsi gli jugo-slavi sudditi austriaci per sottomet-tere i loro fratelli, i Serbi indipendenti, che erano dive-nuti minacciosi. Ormai, non da Vienna ma da Belgradosi aspettava, e si aspetta, da tutti i giovani la buona no-vella dell'unità slava e della indipendenza.

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La mancanza d'ogni sforzo energico da parte dei cir-coli viennesi che s'erano appropriata l'idea del trialismo,per tradurre tale progetto in realtà, rinforzò sempre piùpresso tutti gli Slavi meridionali la corrente di sfiduciasulla lealtà delle promesse trialiste; e concorse a renderedel tutto discreditati gli uomini politici che avevano cre-duto di poter conciliare i sentimenti nazionali con laloro austrofilia facendosi paladini del trialismo.

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La mancanza d'ogni sforzo energico da parte dei cir-coli viennesi che s'erano appropriata l'idea del trialismo,per tradurre tale progetto in realtà, rinforzò sempre piùpresso tutti gli Slavi meridionali la corrente di sfiduciasulla lealtà delle promesse trialiste; e concorse a renderedel tutto discreditati gli uomini politici che avevano cre-duto di poter conciliare i sentimenti nazionali con laloro austrofilia facendosi paladini del trialismo.

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Magiari e Tedeschi contro iltrialismo.

Sentii dire che il progetto del trialismo venne messoda parte per l'opposizione personale dell'Imperatore, macerto è esagerato attribuire ad una volontà singola, siapure quella di un sovrano, il fatto che mancò fin qui nel-la vita politica austro-ungherese un principio di attua-zione dei trialismo, almeno a base di riforme interne.Bisogna piuttosto tenere presente che per i partiti tede-schi, e ancora di più per quelli magiari, i quali a Viennaed a Budapest hanno l'egemonia con conseguenti fortis-simi vantaggi politici ed economici, il trialismo rappre-senta una rinuncia a beneficio della Corona, o vogliamodire a beneficio della potenza dello Stato comune, diogni loro influenza sulla vasta zona della monarchia chesi stende fra l'Adriatico, il Danubio e la Drava. Aggiun-gasi che, almeno per i rapporti interni, il complicato si-stema del dualismo si rivelò, nel quarantennio della suaesistenza, tutt'altro che come una soluzione pacifica estabile. Ad ogni rinnovazione dei compromesso austro-

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Magiari e Tedeschi contro iltrialismo.

Sentii dire che il progetto del trialismo venne messoda parte per l'opposizione personale dell'Imperatore, macerto è esagerato attribuire ad una volontà singola, siapure quella di un sovrano, il fatto che mancò fin qui nel-la vita politica austro-ungherese un principio di attua-zione dei trialismo, almeno a base di riforme interne.Bisogna piuttosto tenere presente che per i partiti tede-schi, e ancora di più per quelli magiari, i quali a Viennaed a Budapest hanno l'egemonia con conseguenti fortis-simi vantaggi politici ed economici, il trialismo rappre-senta una rinuncia a beneficio della Corona, o vogliamodire a beneficio della potenza dello Stato comune, diogni loro influenza sulla vasta zona della monarchia chesi stende fra l'Adriatico, il Danubio e la Drava. Aggiun-gasi che, almeno per i rapporti interni, il complicato si-stema del dualismo si rivelò, nel quarantennio della suaesistenza, tutt'altro che come una soluzione pacifica estabile. Ad ogni rinnovazione dei compromesso austro-

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ungherese si affaccia, oltre al resto, lo spettro della sepa-razione doganale: e altrettanto tedeschi ed ungheresi po-trebbero tenere, presto o tardi, da parte del terzo Statoautonomo di questa complicata compagine. Così verreb-be a mancare l’unico grande interesse che hanno i tede-schi dell'Austria ad appartenere a questo Stato eteroge-neo anzichè alla loro grande confederazione nazionale, ecioè sparirebbe la possibilità per le loro industrie e per iloro commerci di avere entro la linea doganale, e beneprotetto dalla medesima, un vastissimo territorio disfruttamento e di sfogo, il quale vantaggiosamente sosti-tuisce quel dominio coloniale che altre borghesie capita-listiche devono cercare oltre mare.

Da tutto ciò deduco che il nazionalismo teutonico edil nazionalismo magiaro – nella loro grande influenzasull'equilibrio delle forze che agiscono nella complicatapolitica interna dell'Austria-Ungheria – consentiranno anon opporsi, coi mezzi di cui dispongono, al disegnotrialista soltanto se la recisa volontà del Sovrano saràrinforzata dal prestigio di un grande esercito vittorioso;oppure, in caso di armi men fortunate, dalla suprema ne-cessità di salvare dal naufragio quanto rimanesse di do-minio austriaco sugli Slavi meridionali.

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ungherese si affaccia, oltre al resto, lo spettro della sepa-razione doganale: e altrettanto tedeschi ed ungheresi po-trebbero tenere, presto o tardi, da parte del terzo Statoautonomo di questa complicata compagine. Così verreb-be a mancare l’unico grande interesse che hanno i tede-schi dell'Austria ad appartenere a questo Stato eteroge-neo anzichè alla loro grande confederazione nazionale, ecioè sparirebbe la possibilità per le loro industrie e per iloro commerci di avere entro la linea doganale, e beneprotetto dalla medesima, un vastissimo territorio disfruttamento e di sfogo, il quale vantaggiosamente sosti-tuisce quel dominio coloniale che altre borghesie capita-listiche devono cercare oltre mare.

Da tutto ciò deduco che il nazionalismo teutonico edil nazionalismo magiaro – nella loro grande influenzasull'equilibrio delle forze che agiscono nella complicatapolitica interna dell'Austria-Ungheria – consentiranno anon opporsi, coi mezzi di cui dispongono, al disegnotrialista soltanto se la recisa volontà del Sovrano saràrinforzata dal prestigio di un grande esercito vittorioso;oppure, in caso di armi men fortunate, dalla suprema ne-cessità di salvare dal naufragio quanto rimanesse di do-minio austriaco sugli Slavi meridionali.

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Processi politici e falsifica-zioni della Polizia.

Ad aumentare la corrente antiaustriaca fra gli Slavimeridionali concorse negli ultimi anni, oltre al naufragiodel progetto del trialismo, anche il raddoppiamento deirigori e dei sospetti da parte della polizia austriaca, e piùancora da parte dell'assolutismo ungherese, ormai in viadi fatto divenuto permanente nel regno, solo nominal-mente autonomo, di Croazia.

I replicati attentati al Governatore e ad altri funzionariin Croazia e le cospirazioni continue in Bosnia ed Erze-govina, delle quali quella recente che condusse alla tra-gedia di Serajevo è la più importante, dimostrano anchequi che il terrorismo delle persecuzioni, come a suotempo in Italia ed in Ungheria, non fa che procurarenuovi e più risoluti proseliti ad una causa nazionale,quando questa è riuscita a trascinare con sè tutte le clas-si d'un popolo.

Fra i molti processi, alcuni severissimi nelle loro pro-cedure e nelle loro condanne, che negli ultimi dieci

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Processi politici e falsifica-zioni della Polizia.

Ad aumentare la corrente antiaustriaca fra gli Slavimeridionali concorse negli ultimi anni, oltre al naufragiodel progetto del trialismo, anche il raddoppiamento deirigori e dei sospetti da parte della polizia austriaca, e piùancora da parte dell'assolutismo ungherese, ormai in viadi fatto divenuto permanente nel regno, solo nominal-mente autonomo, di Croazia.

I replicati attentati al Governatore e ad altri funzionariin Croazia e le cospirazioni continue in Bosnia ed Erze-govina, delle quali quella recente che condusse alla tra-gedia di Serajevo è la più importante, dimostrano anchequi che il terrorismo delle persecuzioni, come a suotempo in Italia ed in Ungheria, non fa che procurarenuovi e più risoluti proseliti ad una causa nazionale,quando questa è riuscita a trascinare con sè tutte le clas-si d'un popolo.

Fra i molti processi, alcuni severissimi nelle loro pro-cedure e nelle loro condanne, che negli ultimi dieci

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anni, di stagione in stagione, aumentarono il martirolo-gio della lotta nazionale degli Slavi, merita specialemenzione il grande processo per alto tradimento avviatoin Croazia, con una quantità d'arresti, alla vigilia dellaannessione delle due provincie della Bosnia ed Erzego-vina, formalmente tenute fino allora in occupazione edamministrazione austriaca per conto del Sultano.

Quel processo, condotto con metodi barbari ed arbi-trarî, finì con la condanna di alcune diecine di patriotiserbi, sudditi austriaci, a gravissime pene, e anche conalcune condanne a morte. Lo svolgersi dei dibattimentie la viva agitazione fatta sulla scarsezza delle prove,raggiunsero però l'effetto che la Corte suprema, acco-gliendo i reclami dei condannati, annullava la sentenza.Il secondo processo non si fece più, perchè un ordineimperiale, facendo uso del potere discrezionale sovrano,ordinava la desistenza da ogni ulteriore procedura e lascarcerazione degli imputati.

Di fronte a quella fretta improvvisa di seppellire lacosa, ed alle voci, sempre più insistenti e più attendibili,che il materiale più grave dell'accusa era stato costituitoda documenti falsi pervenuti dalla Legazione austriacadi Belgrado e dall'ufficio dello stato maggiore di Viennaper il tramite del noto storico tedesco austriaco Fried-jung, si tentò di fare luce incolpando su d'un giornaleviennese lo stesso Friedjung di essersi prestato a quelfalso, per lo meno con leggerezza eccessiva.

Il colpito non potè esimersi dal produrre querela; mail dibattimento, svoltosi in séguito a questa querela, fu

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anni, di stagione in stagione, aumentarono il martirolo-gio della lotta nazionale degli Slavi, merita specialemenzione il grande processo per alto tradimento avviatoin Croazia, con una quantità d'arresti, alla vigilia dellaannessione delle due provincie della Bosnia ed Erzego-vina, formalmente tenute fino allora in occupazione edamministrazione austriaca per conto del Sultano.

Quel processo, condotto con metodi barbari ed arbi-trarî, finì con la condanna di alcune diecine di patriotiserbi, sudditi austriaci, a gravissime pene, e anche conalcune condanne a morte. Lo svolgersi dei dibattimentie la viva agitazione fatta sulla scarsezza delle prove,raggiunsero però l'effetto che la Corte suprema, acco-gliendo i reclami dei condannati, annullava la sentenza.Il secondo processo non si fece più, perchè un ordineimperiale, facendo uso del potere discrezionale sovrano,ordinava la desistenza da ogni ulteriore procedura e lascarcerazione degli imputati.

Di fronte a quella fretta improvvisa di seppellire lacosa, ed alle voci, sempre più insistenti e più attendibili,che il materiale più grave dell'accusa era stato costituitoda documenti falsi pervenuti dalla Legazione austriacadi Belgrado e dall'ufficio dello stato maggiore di Viennaper il tramite del noto storico tedesco austriaco Fried-jung, si tentò di fare luce incolpando su d'un giornaleviennese lo stesso Friedjung di essersi prestato a quelfalso, per lo meno con leggerezza eccessiva.

Il colpito non potè esimersi dal produrre querela; mail dibattimento, svoltosi in séguito a questa querela, fu

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un vero disastro, perchè ne risultò provata la falsifica-zione d'una quantità di pretesi verbali d'una società se-greta serba. La falsificazione mirava a comprometteremolti di quei patrioti serbi, i quali sulla base di tali falserivelazioni subirono molti mesi d'arresto preventivo, ecorsero rischio di sorte ben peggiore nel processo di Za-gabria. Per misteriose sollecitazioni il Friedjung ritirò laquerela senza domandare nessuna dichiarazione.

Risultò anche, che l'autore di quei documenti falsi eraun confidente di polizia (mi pare si chiamasse Nastic),resosi già altra volta tristamente famoso e quanto maiefficace nel seminare diffidenze fra la dinastia serba equella del Montenegro, nel fornire alla polizia montene-grina una serie di pretese prove su di una congiura con-tro il Re di Montenegro, che diceva preparata in Serbia,nientemeno che con la compromissione di persone dellafamiglia reale.

I diplomatici austriaci a Belgrado, lo stato maggioreaustriaco, lo storico Friedjung, e tutta la coorte di gior-nalisti che si ritenevano inspirati dalla camarilla circo-stante all'Arciduca ereditario, e tutte quelle altre perso-nalità della politica austriaca che s'erano fatte trasmetti-trici più o meno palesi di questi documenti falsi, per poigridare e far gridare alla necessità d'energica repressionecontro il tradimento all'interno e di risoluta liquidazionedi conti coi pericolosi vicini d'oltre Sava – furono essisoltanto dei mistificati dalla perfidia di quell'agente pro-vocatore? Può essere. Ma la grande maggioranzadell'opinione pubblica slava ritenne che la responsabilità

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un vero disastro, perchè ne risultò provata la falsifica-zione d'una quantità di pretesi verbali d'una società se-greta serba. La falsificazione mirava a comprometteremolti di quei patrioti serbi, i quali sulla base di tali falserivelazioni subirono molti mesi d'arresto preventivo, ecorsero rischio di sorte ben peggiore nel processo di Za-gabria. Per misteriose sollecitazioni il Friedjung ritirò laquerela senza domandare nessuna dichiarazione.

Risultò anche, che l'autore di quei documenti falsi eraun confidente di polizia (mi pare si chiamasse Nastic),resosi già altra volta tristamente famoso e quanto maiefficace nel seminare diffidenze fra la dinastia serba equella del Montenegro, nel fornire alla polizia montene-grina una serie di pretese prove su di una congiura con-tro il Re di Montenegro, che diceva preparata in Serbia,nientemeno che con la compromissione di persone dellafamiglia reale.

I diplomatici austriaci a Belgrado, lo stato maggioreaustriaco, lo storico Friedjung, e tutta la coorte di gior-nalisti che si ritenevano inspirati dalla camarilla circo-stante all'Arciduca ereditario, e tutte quelle altre perso-nalità della politica austriaca che s'erano fatte trasmetti-trici più o meno palesi di questi documenti falsi, per poigridare e far gridare alla necessità d'energica repressionecontro il tradimento all'interno e di risoluta liquidazionedi conti coi pericolosi vicini d'oltre Sava – furono essisoltanto dei mistificati dalla perfidia di quell'agente pro-vocatore? Può essere. Ma la grande maggioranzadell'opinione pubblica slava ritenne che la responsabilità

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di quelle falsificazioni di atti e delle enormi conseguen-ze derivate, non si limitasse all'autore materiale di queltrucco. È facile comprendere quale rinnovata semina-gione d'odio inconciliabile, contro le persone e contro ilsistema rappresentanti il dominio austriaco, sia derivataanche da questo disastro morale dei cosidetti «circolimilitari», da cui partì l'accusa nella sua origine.

Questo episodio di pochi anni or sono merita d'esserericordato oggi, perchè le accuse di cospirazioni che ve-nivano apposte ai patrioti serbi sudditi dello Stato au-stro-ungherese. e più di tutto la pretesa aperta conniven-za di ufficiali e di personalità governative del regno diSerbia con tali cospirazioni, hanno troppo grande somi-glianza con le incolpazioni con le quali da ultimol'Austria ha creduto di giustificare di fronte all'Europa lepretese del suo ultimatum alla Serbia nel luglio del1914.

Che la ribellione latente degli Slavi meridionali, sud-diti della monarchia absburghese, sia arrivata a quel gra-do di disperazione estrema, nel quale pullulano non sologli atti illegali ma anche gli attentati violenti, nessuno nepuò dubitare dopo tante prove di fatto, e specialmentedopo la tragedia di Serajevo; che questi elementi radica-li della lotta nazionale cospirino fra di loro, e attinganoaiuto e rifugio da connazionali della Serbia indipenden-te, è ben presumibile e conforme a quanto avvenne intutte le grandi lotte nazionali di questo genere. Ciò inve-ce su cui credo si è in obbligo di lasciare il dubbio, fin-tantochè in modo irrefutabile non ne sia fornita la prova,

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di quelle falsificazioni di atti e delle enormi conseguen-ze derivate, non si limitasse all'autore materiale di queltrucco. È facile comprendere quale rinnovata semina-gione d'odio inconciliabile, contro le persone e contro ilsistema rappresentanti il dominio austriaco, sia derivataanche da questo disastro morale dei cosidetti «circolimilitari», da cui partì l'accusa nella sua origine.

Questo episodio di pochi anni or sono merita d'esserericordato oggi, perchè le accuse di cospirazioni che ve-nivano apposte ai patrioti serbi sudditi dello Stato au-stro-ungherese. e più di tutto la pretesa aperta conniven-za di ufficiali e di personalità governative del regno diSerbia con tali cospirazioni, hanno troppo grande somi-glianza con le incolpazioni con le quali da ultimol'Austria ha creduto di giustificare di fronte all'Europa lepretese del suo ultimatum alla Serbia nel luglio del1914.

Che la ribellione latente degli Slavi meridionali, sud-diti della monarchia absburghese, sia arrivata a quel gra-do di disperazione estrema, nel quale pullulano non sologli atti illegali ma anche gli attentati violenti, nessuno nepuò dubitare dopo tante prove di fatto, e specialmentedopo la tragedia di Serajevo; che questi elementi radica-li della lotta nazionale cospirino fra di loro, e attinganoaiuto e rifugio da connazionali della Serbia indipenden-te, è ben presumibile e conforme a quanto avvenne intutte le grandi lotte nazionali di questo genere. Ciò inve-ce su cui credo si è in obbligo di lasciare il dubbio, fin-tantochè in modo irrefutabile non ne sia fornita la prova,

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è la pretesa connivenza del governo serbo o, in largaparte, dei suoi funzionari in questo lavoro cospiratorio.

Le prove testimoniali con cui anche nel recentissimoprocesso per la uccisione di Serajevo il Governo austria-co ha voluto dimostrare all'Europa la continua e ufficia-le complicità di impiegati e di sfere governative serbe inogni mossa dei congiurati, hanno in sè tali caratteri ditroppo perfetta, cioè artifiziosa, coincidenza con tutti ipostulati del Governo autore di quelle inquisizioni, cheper forza ci richiamano alle falsificazioni rivelate dopoil processo di Zagabria.

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è la pretesa connivenza del governo serbo o, in largaparte, dei suoi funzionari in questo lavoro cospiratorio.

Le prove testimoniali con cui anche nel recentissimoprocesso per la uccisione di Serajevo il Governo austria-co ha voluto dimostrare all'Europa la continua e ufficia-le complicità di impiegati e di sfere governative serbe inogni mossa dei congiurati, hanno in sè tali caratteri ditroppo perfetta, cioè artifiziosa, coincidenza con tutti ipostulati del Governo autore di quelle inquisizioni, cheper forza ci richiamano alle falsificazioni rivelate dopoil processo di Zagabria.

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L'annessione della Bosnia.

Durante il processo di Zagabria, quando al pubbliconon erano ancora note le falsificazioni, scoppiò, comeuna bomba, nell'autunno del 1908, la dichiarazione im-periale di annessione della Bosnia e della Erzegovina aidomini della Corona.

Persone che sono addentro nel retroscena austriacom'affermarono che lo spettro dell'agitazione irredentistaserba rivelata dalle esposte accuse, ha avuto parte note-vole nel far decidere quella mossa azzardata, per tagliarcorto con la constatata agitazione per l'unione con laSerbia, manifestatasi in Bosnia ed in Erzegovina, spe-cialmente quando la domanda di avere una rappresen-tanza parlamentare che mettesse fine al dominio del di-spotismo militare instaurato con l'occupazione, apparivapiù giustificata dal fatto che le altre provincie turche,amministrate direttamente dal Sultano, avevano conse-guito le garanzie costituzionali.

È nota la serie dei gravi conflitti diplomatici chel'Austria ebbe a sostenere in seguito a quella sua unilate-

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L'annessione della Bosnia.

Durante il processo di Zagabria, quando al pubbliconon erano ancora note le falsificazioni, scoppiò, comeuna bomba, nell'autunno del 1908, la dichiarazione im-periale di annessione della Bosnia e della Erzegovina aidomini della Corona.

Persone che sono addentro nel retroscena austriacom'affermarono che lo spettro dell'agitazione irredentistaserba rivelata dalle esposte accuse, ha avuto parte note-vole nel far decidere quella mossa azzardata, per tagliarcorto con la constatata agitazione per l'unione con laSerbia, manifestatasi in Bosnia ed in Erzegovina, spe-cialmente quando la domanda di avere una rappresen-tanza parlamentare che mettesse fine al dominio del di-spotismo militare instaurato con l'occupazione, apparivapiù giustificata dal fatto che le altre provincie turche,amministrate direttamente dal Sultano, avevano conse-guito le garanzie costituzionali.

È nota la serie dei gravi conflitti diplomatici chel'Austria ebbe a sostenere in seguito a quella sua unilate-

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rale rottura del trattato di Berlino, e come, sempre percausa diretta di questa crisi slava, vi fu anche allora laminaccia d'una conflagrazione generale.

Meno note sono forse in Italia le conseguenze diestrema accensione degli animi prodotta in tutti gli Slavimeridionali, al di qua ed al di là del confine, in queimesi di tensione. Finchè la politica estera dell'Austrianon riuscì a sbarazzare il campo dagli altri protestatarîcontro i decreti di annessione, quella grande potenza do-vette per mesi e mesi subire, rispondendo solo con al-trettante minaccie, la fiera sfida del popolo e della dina-stia in Serbia contro il tentativo di legittimare la sogge-zione austriaca su quei due milioni di Serbi; ed il con-traccolpo all'interno fu fortissimo.

Quando, nel marzo del 1909, sotto la pressione dellaparziale mobilitazione austriaca ormai compiuta, la Ser-bia, abbandonata dai suoi protettori ed amici e consi-gliata da questi alla sottomissione, a cui s'era cercato ditogliere ogni umiliazione troppo lesiva all'onore nazio-nale, cedette all'ultimatum austriaco, la stampa europeaparlò d'una grande vittoria diplomatica austro-germani-ca; e la stampa ufficiosa austriaca per mesi e mesi nonfece che strombazzare tale vittoria.

In realtà questa vittoria, assai più che giovare al pre-stigio dell'Austria, servì a rinfocolare gli odi degli Slavicontro il Governo imperiale e reale. Essi guardaronocome irrito quel forzoso riconoscimento del fatto com-piuto, e tanto al di qua che al di là del confine continua-

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rale rottura del trattato di Berlino, e come, sempre percausa diretta di questa crisi slava, vi fu anche allora laminaccia d'una conflagrazione generale.

Meno note sono forse in Italia le conseguenze diestrema accensione degli animi prodotta in tutti gli Slavimeridionali, al di qua ed al di là del confine, in queimesi di tensione. Finchè la politica estera dell'Austrianon riuscì a sbarazzare il campo dagli altri protestatarîcontro i decreti di annessione, quella grande potenza do-vette per mesi e mesi subire, rispondendo solo con al-trettante minaccie, la fiera sfida del popolo e della dina-stia in Serbia contro il tentativo di legittimare la sogge-zione austriaca su quei due milioni di Serbi; ed il con-traccolpo all'interno fu fortissimo.

Quando, nel marzo del 1909, sotto la pressione dellaparziale mobilitazione austriaca ormai compiuta, la Ser-bia, abbandonata dai suoi protettori ed amici e consi-gliata da questi alla sottomissione, a cui s'era cercato ditogliere ogni umiliazione troppo lesiva all'onore nazio-nale, cedette all'ultimatum austriaco, la stampa europeaparlò d'una grande vittoria diplomatica austro-germani-ca; e la stampa ufficiosa austriaca per mesi e mesi nonfece che strombazzare tale vittoria.

In realtà questa vittoria, assai più che giovare al pre-stigio dell'Austria, servì a rinfocolare gli odi degli Slavicontro il Governo imperiale e reale. Essi guardaronocome irrito quel forzoso riconoscimento del fatto com-piuto, e tanto al di qua che al di là del confine continua-

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rono ad aspettare e a preparare l'occasione di una com-pleta liquidazione di conti.

Anche il partito militarista austriaco rimase deluso daquella soluzione troppo modesta, di fronte ai vanti e alleminaccie alle quali per tanti mesi si era abbandonato.Restò covando il pensiero della rivincita contro i duestaterelli serbi che avevano osato sfidarlo, e nei quali sa-peva benissimo avrebbe trovato fieri nemici in ogni oc-casione in cui le forze militari austriache fossero altroveimpegnate.

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rono ad aspettare e a preparare l'occasione di una com-pleta liquidazione di conti.

Anche il partito militarista austriaco rimase deluso daquella soluzione troppo modesta, di fronte ai vanti e alleminaccie alle quali per tanti mesi si era abbandonato.Restò covando il pensiero della rivincita contro i duestaterelli serbi che avevano osato sfidarlo, e nei quali sa-peva benissimo avrebbe trovato fieri nemici in ogni oc-casione in cui le forze militari austriache fossero altroveimpegnate.

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La guerra balcanica.

A determinare la situazione d'estrema gravità chespinse i dirigenti della politica austro-ungarica a prepa-rare ed a volere la guerra con la Serbia, conducendo ipreliminari in modo da rendere impossibile ogni inter-vento di terzi per una pacifica soluzione, sopravvenneroinfine i grandi sconvolgimenti della guerra balcanica del1912 e 1913.

Fin da principio di questa guerra nello spirito pubbli-co della duplice Monarchia si palesò una profonda scis-sione d'animi rispetto ai belligeranti. I circoli ufficiosi emilitari e l'opinione pubblica tedesca e ungherese sischierarono subito calorosamente a favore della Turchia,colmando gli alleati balcanici prima di disprezzo, poid'accanita ostilità; soltanto l'esercito bulgaro, o meglio ilSovrano di Bulgaria, fin da principio, era messo in mi-glior luce dai portavoce di questa politica ufficiale au-striaca.

Invece dagli Slavi soggetti alla monarchia quellaguerra fu considerata una guerra nazionale, quasi una

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La guerra balcanica.

A determinare la situazione d'estrema gravità chespinse i dirigenti della politica austro-ungarica a prepa-rare ed a volere la guerra con la Serbia, conducendo ipreliminari in modo da rendere impossibile ogni inter-vento di terzi per una pacifica soluzione, sopravvenneroinfine i grandi sconvolgimenti della guerra balcanica del1912 e 1913.

Fin da principio di questa guerra nello spirito pubbli-co della duplice Monarchia si palesò una profonda scis-sione d'animi rispetto ai belligeranti. I circoli ufficiosi emilitari e l'opinione pubblica tedesca e ungherese sischierarono subito calorosamente a favore della Turchia,colmando gli alleati balcanici prima di disprezzo, poid'accanita ostilità; soltanto l'esercito bulgaro, o meglio ilSovrano di Bulgaria, fin da principio, era messo in mi-glior luce dai portavoce di questa politica ufficiale au-striaca.

Invece dagli Slavi soggetti alla monarchia quellaguerra fu considerata una guerra nazionale, quasi una

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guerra santa. Malgrado le proibizioni, mandarono vo-lontari ed aiuti in denaro: l'opera di soccorso ai feriticonnazionali trascese assai lo scopo umanitario. Malgra-do le proibizioni cd i processi, ad ogni notizia di vittoriaserba, bulgara o montenegrina, tutte le città slave dellamonarchia abbandonavansi a grandi dimostrazioni di fe-sta. Così sotto gli occhi delle autorità, che non osavanointervenire perchè trattavasi d'un movimento troppo va-sto, fu pubblicamente festeggiata la notizia della presadi Scutari e dell'arrivo dei Serbi a Durazzo; e quelle vit-torie si considerarono come riportate, piuttosto che con-tro il turco, contro l'altro nemico ereditario, il tedescoaustriaco.

Persone che in quell'inverno furono comprese nellamobilitazione e passarono alcuni mesi nella Dalmaziameridionale e nella Erzegovina, mi assicurano che colàdovette anche allora essere richiamata la leva in massa(landsturm), non già perchè si pensasse di poterla utiliz-zare in caso di guerra col Montenegro. ma unicamenteper poter assoggettare ai rigori della legge militare au-striaca tutta la popolazione valida alle armi e per impe-dire la continuazione dell'esodo in massa dei volontari.Eppure, perfino inquadrati con sottufficiali e caporali te-deschi, non solo i richiamati della landsturm e dellalandwehr, ma anche le truppe slave di reggimentidell'esercito attivo, si abbandonavano a dimostrazioni digioia ad ogni successo dei nemici del loro Governo.

Lo scoppio della guerra balcanica fu, almeno per ladiplomazia austriaca, una grande sorpresa. Mille indizi

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guerra santa. Malgrado le proibizioni, mandarono vo-lontari ed aiuti in denaro: l'opera di soccorso ai feriticonnazionali trascese assai lo scopo umanitario. Malgra-do le proibizioni cd i processi, ad ogni notizia di vittoriaserba, bulgara o montenegrina, tutte le città slave dellamonarchia abbandonavansi a grandi dimostrazioni di fe-sta. Così sotto gli occhi delle autorità, che non osavanointervenire perchè trattavasi d'un movimento troppo va-sto, fu pubblicamente festeggiata la notizia della presadi Scutari e dell'arrivo dei Serbi a Durazzo; e quelle vit-torie si considerarono come riportate, piuttosto che con-tro il turco, contro l'altro nemico ereditario, il tedescoaustriaco.

Persone che in quell'inverno furono comprese nellamobilitazione e passarono alcuni mesi nella Dalmaziameridionale e nella Erzegovina, mi assicurano che colàdovette anche allora essere richiamata la leva in massa(landsturm), non già perchè si pensasse di poterla utiliz-zare in caso di guerra col Montenegro. ma unicamenteper poter assoggettare ai rigori della legge militare au-striaca tutta la popolazione valida alle armi e per impe-dire la continuazione dell'esodo in massa dei volontari.Eppure, perfino inquadrati con sottufficiali e caporali te-deschi, non solo i richiamati della landsturm e dellalandwehr, ma anche le truppe slave di reggimentidell'esercito attivo, si abbandonavano a dimostrazioni digioia ad ogni successo dei nemici del loro Governo.

Lo scoppio della guerra balcanica fu, almeno per ladiplomazia austriaca, una grande sorpresa. Mille indizi

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lo rivelarono, ma più di tutto la circostanza che quando,ancora in ottobre, si ordinò la mobilitazione di quasimetà dell'esercito, ponendo il rimanente in stato di effet-tivi rinforzati, si arrivò fino al gennaio inoltrato prima dipoter fornire ai richiamati l'occorrente di scarpe e dimonture. Mancavano le coperte in quell'inverno rigidis-simo, e perfino i sacconi di paglia: tutti i miei conoscen-ti che furono laggiù allora lamentarono, fra le altre defi-cienze dei servizi logistici, di aver dovuto condividerecon un altro soldato un unico saccone da letto.

Credo che la mancanza di questa preparazione imme-diata, e insieme la minaccia della parziale mobilitazionerussa, e i consigli di ritegno che senza mistero venivanodalla Germania, sieno state allora le uniche cause d'unmancato intervento austriaco per assalire alle spalle iserbi e i montenegrini.

Del resto, nel primo periodo della guerra ogni giallo-nero credeva come ad un dogma al sicuro trionfodell'esercito turco contro le milizie semimprovvisate deisuoi nemici; e le vittorie bulgare e serbe furono così ra-pide, e così rapida fu la débacle delle forze turche, danon dare tempo ai buoni amici di Vienna di pensarecome soccorrerle.

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lo rivelarono, ma più di tutto la circostanza che quando,ancora in ottobre, si ordinò la mobilitazione di quasimetà dell'esercito, ponendo il rimanente in stato di effet-tivi rinforzati, si arrivò fino al gennaio inoltrato prima dipoter fornire ai richiamati l'occorrente di scarpe e dimonture. Mancavano le coperte in quell'inverno rigidis-simo, e perfino i sacconi di paglia: tutti i miei conoscen-ti che furono laggiù allora lamentarono, fra le altre defi-cienze dei servizi logistici, di aver dovuto condividerecon un altro soldato un unico saccone da letto.

Credo che la mancanza di questa preparazione imme-diata, e insieme la minaccia della parziale mobilitazionerussa, e i consigli di ritegno che senza mistero venivanodalla Germania, sieno state allora le uniche cause d'unmancato intervento austriaco per assalire alle spalle iserbi e i montenegrini.

Del resto, nel primo periodo della guerra ogni giallo-nero credeva come ad un dogma al sicuro trionfodell'esercito turco contro le milizie semimprovvisate deisuoi nemici; e le vittorie bulgare e serbe furono così ra-pide, e così rapida fu la débacle delle forze turche, danon dare tempo ai buoni amici di Vienna di pensarecome soccorrerle.

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Politica di avventure.

Non mancò però la buona volontà. È spaventoso il la-vorìo d'aizzamento a base di false notizie, di pretesimassacri di frati e contadini protetti dall'Austria, e viadicendo, che fu fatto dalla stampa austriaca, inspiratadalla camarilla circostante all'Arciduca ereditario, inquei mesi. Era, ed è, quella stessa politica d'avventure,con episodi a momenti rocamboleschi, che più tardi ab-biamo potuto saggiare direttamente, noi Italiani, in Al-bania: una politica che rappresenta troppo bene lo statodi irrequietudine dei Governo e della stampa che ne èfedele espressione.

Quando le pretese mutilazioni del console austriaco sirivelarono come una colossale mistificazione, e quandoi Serbi, cedendo alle pressioni diplomatiche, abbandona-rono Durazzo, e il Montenegro lasciò Scutari, quellastampa, investita evidentemente del compito di spingerealla guerra, invece di mostrarsene soddisfatta, andò cer-cando sempre nuove cause d'odiosità.

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Politica di avventure.

Non mancò però la buona volontà. È spaventoso il la-vorìo d'aizzamento a base di false notizie, di pretesimassacri di frati e contadini protetti dall'Austria, e viadicendo, che fu fatto dalla stampa austriaca, inspiratadalla camarilla circostante all'Arciduca ereditario, inquei mesi. Era, ed è, quella stessa politica d'avventure,con episodi a momenti rocamboleschi, che più tardi ab-biamo potuto saggiare direttamente, noi Italiani, in Al-bania: una politica che rappresenta troppo bene lo statodi irrequietudine dei Governo e della stampa che ne èfedele espressione.

Quando le pretese mutilazioni del console austriaco sirivelarono come una colossale mistificazione, e quandoi Serbi, cedendo alle pressioni diplomatiche, abbandona-rono Durazzo, e il Montenegro lasciò Scutari, quellastampa, investita evidentemente del compito di spingerealla guerra, invece di mostrarsene soddisfatta, andò cer-cando sempre nuove cause d'odiosità.

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Si sperava a Vienna d'avere trovato nella Rumenia uncompare che si prestasse ad incominciare le ostilità con-tro la Serbia, salvando l'Austria dall'odiosità e dal peri-colo d'assumere essa stessa l'iniziativa. Quando, sotto lapressione dell'opinione pubblica, l'attitudine del Gover-no rumeno fu proprio diversa da quella attesa in Austriala delusione rinforzò i propositi d'andare a fondo.

La guerra, io credo, era anche allora decisa: la si ritar-dava soltanto per compiere la preparazione e trovare unpretesto, allorchè l'attacco improvviso dei Bulgari, evi-dentemente protetto e promosso dall'Austria, condusseal nuovo inatteso trionfo delle armi serbe. I dirigenti lapolitica austriaca vennero allora nella convinzione, ma-nifestata poi in mille modi, che fosse questione di vita odi morte per il dominio austriaco sugli Slavi meridiona-li, lo schiacciare completamente la Serbia, per annetterlapossibilmente al restante dominio, o almeno per assog-gettarla militarmente politicamente ed economicamente,sotto l'apparenza d’una indipendenza nominale come eraal tempo degli Obrenovic.

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Si sperava a Vienna d'avere trovato nella Rumenia uncompare che si prestasse ad incominciare le ostilità con-tro la Serbia, salvando l'Austria dall'odiosità e dal peri-colo d'assumere essa stessa l'iniziativa. Quando, sotto lapressione dell'opinione pubblica, l'attitudine del Gover-no rumeno fu proprio diversa da quella attesa in Austriala delusione rinforzò i propositi d'andare a fondo.

La guerra, io credo, era anche allora decisa: la si ritar-dava soltanto per compiere la preparazione e trovare unpretesto, allorchè l'attacco improvviso dei Bulgari, evi-dentemente protetto e promosso dall'Austria, condusseal nuovo inatteso trionfo delle armi serbe. I dirigenti lapolitica austriaca vennero allora nella convinzione, ma-nifestata poi in mille modi, che fosse questione di vita odi morte per il dominio austriaco sugli Slavi meridiona-li, lo schiacciare completamente la Serbia, per annetterlapossibilmente al restante dominio, o almeno per assog-gettarla militarmente politicamente ed economicamente,sotto l'apparenza d’una indipendenza nominale come eraal tempo degli Obrenovic.

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Conclusione.

Le recenti dichiarazioni dell'on. Giolitti alla Cameraitaliana, assai più che una rivelazione sono state la con-ferma diplomatica di fatti ben noti a chiunque abbia se-guito un po' negli ultimi anni le relazioni austro-serbe; ecioè, che il conflitto attuale, come abbiamo mostrato piùsopra, fu deciso e fu imminente ripetute volte, ma venneprocrastinato d'anno in anno, anzi di stagione in stagio-ne, creando così non solo la massima tensione nelle sfe-re militari austriache che anelavano ad esso, ma ancheprofondo disagio morale e materiale, con le ripetute mo-bilizzazioni e con tutte le loro conseguenze, nella mag-gioranza delle popolazioni austriache, anche prescinden-do dalle provincie slave, dove la lotta nazionale imper-versava da tanti anni, e raggiunse negli anni ultimi il ca-rattere di vera rivoluzione.

Ciò posto, l'ultimatum dopo i fatti di Serajevo, colquale l'Austria volle, questa volta senza possibilità di ri-tirata, iniziare la «spedizione punitiva» contro la Serbia,era stato indubbiamente studiato, nei suoi più larghi e

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Conclusione.

Le recenti dichiarazioni dell'on. Giolitti alla Cameraitaliana, assai più che una rivelazione sono state la con-ferma diplomatica di fatti ben noti a chiunque abbia se-guito un po' negli ultimi anni le relazioni austro-serbe; ecioè, che il conflitto attuale, come abbiamo mostrato piùsopra, fu deciso e fu imminente ripetute volte, ma venneprocrastinato d'anno in anno, anzi di stagione in stagio-ne, creando così non solo la massima tensione nelle sfe-re militari austriache che anelavano ad esso, ma ancheprofondo disagio morale e materiale, con le ripetute mo-bilizzazioni e con tutte le loro conseguenze, nella mag-gioranza delle popolazioni austriache, anche prescinden-do dalle provincie slave, dove la lotta nazionale imper-versava da tanti anni, e raggiunse negli anni ultimi il ca-rattere di vera rivoluzione.

Ciò posto, l'ultimatum dopo i fatti di Serajevo, colquale l'Austria volle, questa volta senza possibilità di ri-tirata, iniziare la «spedizione punitiva» contro la Serbia,era stato indubbiamente studiato, nei suoi più larghi e

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inevitabili effetti di ripercussione, fino dal 1908; anzi sideve dire che era stato assaggiato fino da allora, così dalgoverno austriaco come dal germanico, il quale al tem-po della annessione della Bosnia funzionò da supremoregolatore degli interessi della sua alleata meridionale,ottenendo quella volta una temporanea soluzione pacifi-ca per mezzo della compressione armata.

Oggi, per concludere, e senza fare inutili previsioni,nè entrare nel complicato bilancio delle varie forze chesi contrastano nella Balcania, crediamo, come si accen-nava da principio, che l'epilogo del conflitto austro-ser-bo debba costituire la mèta principale alla vigilante atti-tudine e all'azione dell'Italia in questa grande crisi.

Se per la forza delle armi dei due imperi centrali do-vesse durare o rafforzarsi la possibilità per quelle popo-lazioni jugo-slave di una combinazione austriaca identi-ca o analoga al progetto trialista, il soffocamento e rapi-do assorbimento dei nostri connazionali della VeneziaGiulia ne resulterebbe fatalmente deciso, e non revoca-bile, a malgrado di tutti gli sforzi di quella nobile regio-ne. Per ciò è ben giusto, l'oggi o mai più! che echeggiada quel confine.

Se prevarranno invece, con la Serbia, le ragioni na-zionali nella Balcania, portando più a mezzogiorno ilcentro di gravitazione del nucleo jugo-slavo, gli interes-si e i diritti d'Italia nell'altra sponda dell'Adriatico po-tranno più facilmente trovare il punto di equilibrio con inuovi vicini.

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inevitabili effetti di ripercussione, fino dal 1908; anzi sideve dire che era stato assaggiato fino da allora, così dalgoverno austriaco come dal germanico, il quale al tem-po della annessione della Bosnia funzionò da supremoregolatore degli interessi della sua alleata meridionale,ottenendo quella volta una temporanea soluzione pacifi-ca per mezzo della compressione armata.

Oggi, per concludere, e senza fare inutili previsioni,nè entrare nel complicato bilancio delle varie forze chesi contrastano nella Balcania, crediamo, come si accen-nava da principio, che l'epilogo del conflitto austro-ser-bo debba costituire la mèta principale alla vigilante atti-tudine e all'azione dell'Italia in questa grande crisi.

Se per la forza delle armi dei due imperi centrali do-vesse durare o rafforzarsi la possibilità per quelle popo-lazioni jugo-slave di una combinazione austriaca identi-ca o analoga al progetto trialista, il soffocamento e rapi-do assorbimento dei nostri connazionali della VeneziaGiulia ne resulterebbe fatalmente deciso, e non revoca-bile, a malgrado di tutti gli sforzi di quella nobile regio-ne. Per ciò è ben giusto, l'oggi o mai più! che echeggiada quel confine.

Se prevarranno invece, con la Serbia, le ragioni na-zionali nella Balcania, portando più a mezzogiorno ilcentro di gravitazione del nucleo jugo-slavo, gli interes-si e i diritti d'Italia nell'altra sponda dell'Adriatico po-tranno più facilmente trovare il punto di equilibrio con inuovi vicini.

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