Il complesso monacale delle Suore Domenicane. Gioiello ... primavera 2014/sintesi... · di Ludovico...

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Il complesso monacale delle Suore Domenicane. Gioiello nascosto nel cuore della città. Modena –Via Belle Arti angolo Via Sgarzeria L’Istituto Superiore d’Arte Venturi si sente particolarmente coinvolto in questa iniziativa perché è un’occasione per ricordare un momento della storia dell’Accademia Atestina che è alle origini della scuola; perché attualmente è ospite del convento delle domenicane che così continua a svolgere un ruolo attivo nella vita di Modena.

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Il complesso monacale delle Suore Domenicane. Gioiello nascosto nel cuore della città.

Modena –Via Belle Arti angolo Via Sgarzeria

L’Istituto Superiore d’Arte Venturi si sente particolarmente coinvolto in questa iniziativa • perché è un’occasione

per ricordare un momento della storia dell’Accademia Atestina che è alle origini della scuola;

• perché attualmente è ospite del convento delle domenicane che così continua a svolgere un ruolo attivo nella vita di Modena.

1. I visitatori saranno accolti dagli apprendisti ciceroni nella palestra

dove, dopo aver ricordato le finalità del FAI e l’importanza delle sue iniziative, verrà fatta loro una breve sintesi della storia del convento,

ricordandone le tappe fondamentali dalle origini secentesche fino all’abbandono, nel 2011, delle ultime monache.

Verrà anche proiettato a ciclo continuo un video che mostrerà le parti del convento non visibili.

Storia del convento

• Nasce come Monastero delle Monache della Madonna o “dell’Assunta” all’inizio del 1600, su iniziativa del nobile Nicolò Molza per accogliere giovani povere intenzionate a farsi monache,

• nel 1607 venne costruita l’attigua chiesa dedicata alla Beata Vergine del Rosario e a Santa Caterina da Siena;

• nel 1783 fu trasformato in Opera Pia dal duca Ercole III, che destinò in parte la sede, al “Ritiro delle Cittadine”;

• con la Restaurazione (1816) Il duca Francesco IV Austria Este ripristinò il monastero, affidandolo alle Terziarie di San Domenico, che diventarono nel 1818 Suore Domenicane di clausura.

• Nel 1847 la chiesa fu completamente ristrutturata su progetto dell’architetto ducale Giovanni Lotti.

Il complesso è collocato all'angolo tra via Belle Arti e

via Sgarzeria;

Esso pur di dimensioni ridotte rispetto alle origini, è uno spazio di ben 17 mila metri

quadrati comprendente, tra l’altro, tre cortili (di cui quello detto “delle rose”

visibile a distanza nel corso dell’apertura) ed un chiostro interno coltivato in parte a

orto e a vigna, nonchè le storiche lavanderia e cucina con ambienti di servizio

annessi, che risultano ancora oggi alimentate dall’attiguo canale della Cerca

che tanta importanza ebbe per lo sviluppo e la vita del monastero.

Descrizione architettura ad opera dell’architetto ducale Giovanni Lotti (Modena 1806-1881),

L’edificio attuale non è quello del 1607, perché la chiesa fu completamente ristrutturata nel 1847, come ricorda la targa affissa sopra al portale. La facciata della chiesa, molto semplice, è scandita da quattro finti pilastri sormontati da volute ioniche reggenti una trabeazione. Una finestra semicircolare sovrasta il portone. Corona l’edificio un timpano triangolare.

L’interno è a una sola navata

Le pareti sono scandite da lesene che reggono capitelli compositi sui quali si imposta una trabeazione ornata da motivi vegetali che corre lungo l’intero perimetro dell’aula.

2. Descrizione

Chiesa esterna

Decorazione volta. Affrescata nel ‘700 da Francesco Stringa, dal 1847 fu decorata con ornati e figure a

chiaroscuro: i quattro tondi con Storie di San Domenico sono di Luigi Manzini (Modena 1805-1866), gli

ornati di Camillo Crespolani (Modena 1800 ca.-1861).

Manzini e Crespolani,

entrambi allievi dell’Accademia

Atestina, collaborarono di frequente, l’uno come figurista e

l’altro come quadraturista.

Il tipo di

decorazione, consueto

nell’ambiente locale, presenta caratteri classicheggianti.

Le otto statue in stucco contenute nelle nicchie raffigurano le Beatitudini Evangeliche

l’Amicizia e la Riconoscenza, in stucco, ai lati dell’altare maggiore, sono state scolpite nel 1835 da Luigi Mainoni di Scandiano (1804-1863), Le altre sei statue sono opera di Luigi Montanari (XIX sec), scelto dal Mainoni fra i suoi allievi del corso superiore di scultura dell’Accademia modenese.

Nelle due nicchie a lato dell’altare

maggiore: La Riconoscenza a

sinistra e L’Amicizia a destra

La Riconoscenza è vestita alla maniera antica con un ampio

mantello raccolto sul davanti e trattenuto dalle mani incrociate; la testa è reclinata con gli occhi

fissi al cielo.

Anche l’Amicizia è una figura femminile vestita all’antico; ha la

testa reclinata rivolta al cielo, le mani incrociate sul petto che trattengono

una colomba, ai suoi piedi un serpente.

Decorazione zona absidale: Gloria dell’Agnello Mistico, tempera su muro di Luigi Manzini (Modena 1805-1866).

• Come tipico della cultura accademica ottocentesca, in questo affresco, Manzini fa riferimento alla cultura artistica del passato, ispirandosi agli affreschi secenteschi di Mattia Preti nella chiesa di San Biagio a Modena.

Altare maggiore: Madonna del Rosario e Santa Rosa, attribuita al modenese Antonio Consetti (Modena,

1686-1766), che la eseguì dopo il 1730.

• La tela fu trasferita, dal Nuovo Grande Ospedale di Modena, alla chiesa delle terziarie domenicane, nel 1816, per volontà di Francesco IV, probabilmente a risarcimento dell’asportazione dell’Assunta di Ludovico Carracci.

La pregevole tela dell’ Assunta, dipinta da Ludovico Carracci

(Bologna 1555-1 619) intorno al 1605-06, e tuttora conservata nella Galleria Estense, fu prelevata nel

1783 (anno in cui le Monache della Madonna furono trasferite in S. Paolo) dal duca Ercole III, che la

collocò nella sua collezione di dipinti.

• Nella tela è raffigurata la Madonna in cielo con accanto Gesù Bambino che tiene una rosa nella mano sinistra e porge una corona del rosario a Santa Rosa, in atto di accostarvi le labbra.

• Ai suoi piedi è una corona di rose e di gigli, emblema di Santa Rosa.

Altare di destra: Santa Caterina da Siena che raccomanda l’Educandato per le fanciulle diretto

da Santa Rosa da Lima alla Beata Vergine del Rosario e a San Domenico in gloria, realizzata da Luigi Manzini nel 1838.

• Il dipinto è una sorta di sintesi visiva della storia dell’istituzione modenese.

Santa Rosa vi compare come la santa titolare dell’Educandato femminile ripristinato nel 1816, dopo le soppressioni Napoleoniche, dal duca Francesco IV e affidato alle terziarie domenicane; Santa Caterina invece era la titolare del collegio di orfane che, fondato nel 1563, venne soppresso nel

1816 e fatto confluire nel nuovo educandato.

Santa Caterina, sulla destra, è raffigurata nell’atto di portare un’orfanella, che tiene gli occhi bassi e le mani congiunte in segno di umiltà, a Santa Rosa, seduta a sinistra e riconoscibile dalla corona di rose sulla testa. Santa Rosa interrompe una lezione per indicare Santa Caterina a una delle sue educande. Accanto un’altra bambina ha smesso di cucire e guarda verso l’osservatore. Alle loro spalle altre due fanciulle posano il ricamo sul tombolo per ascoltare le parole di Santa Rosa. In alto la Madonna con il piccolo Gesù e San Domenico che regge il rosario e un cartiglio con un passo dall’Antico Testamento.

Altare di sinistra: Madonna in trono con il

Bambino e i santi Alfonso e Luigi, dipinta da Adeodato

Malatesta nel 1841.

Malatesta Adeodato (Modena, 1839-1891),

si formò all'Accademia Atestina di Belle Arti e ne fu direttore per circa cinquant'anni. Al culmine della sua carriera fu nominato

presidente di tutte le Accademie emiliane, della Regia Commissione Emiliana

conservatrice degli oggetti d'arte e direttore della Galleria Estense. Divenne famoso, a

livello nazionale, come ritrattista e pittore di soggetti storici e sacri.

Presso l'Istituto “A. Venturi” vi sono sue opere e suoi ritratti

• La Vergine siede in un’edicola marmorea sopraelevata, ai cui piedi due puttini nudi intonano un salmo;

• a sinistra è raffigurato Sant’Alfonso de’ Liguori con una ricca veste da vescovo e il consueto attributo del bastone pastorale,

• a destra S. Luigi Gonzaga con la cotta sacerdotale.

La presenza dei due santi è connessa alla funzione educativa svolta dal monastero delle Terziarie: infatti Sant’Alfonso de Liguori fu molto amato nel ducato estense sotto il pontificato di Pio IX (che visitò Modena nel 1857) poiché era testimone di una teologia meno rigorista, più vicina ai giovani; San Luigi Gonzaga, gesuita, è il santo protettore della gioventù studiosa.

Nel 1845 fu collocato sulla parete destra il

monumento funerario di Suor Rosa Luigia Poletti,

prima superiora del convento.

Il disegno architettonico è del

nipote Luigi Poletti (1782- 1869), le sculture di Giuseppe Obici

(1807- 1878) , gli ornati di Eusebio Chelli (1820 – dopo il

1875).

Sopra l’iscrizione commemorativa si vede un

medaglione nel quale è ritratto il profilo della defunta. Entro la lunetta superiore è scolpita la

Madonna inginocchiata rivolta al Redentore

Nella controfacciata: organo attribuito a Domenico Traeri

(1669-1745) .

I confessionali e i banchi della prima metà

dell’Ottocento sono opera di maestranze locali.

Le acquasantiere a muro

sono settecentesche.

La chiesa interna delle monache, dietro l’altare maggiore, comunica con la chiesa esterna tramite due aperture chiuse da

sportelli poste ai lati dell’altare, attraverso le quali le monache (in passato di clausura)

ricevevano la Comunione. Anche i tabernacoli degli altari delle due

chiese sono comunicanti

3. Descrizione Chiesa interna

la chiesa interna è una vasta aula con soffitto a

cassettoni settecentesco, coro ligneo del 1780 e ricchissima ancona in

marmo con quattro dipinti ove la Vergine è sempre

protagonista.

L’ancona posizionata sull’altare presenta

quattro dipinti.

Al centro, di autore ignoto, la copia settecentesca della Madonna del Roseto (oggi a Monaco, Alte Pinakothek) dipinta nel primo decennio del

Cinquecento dal pittore bolognese Francesco Francia

• Lo stile equilibrato di Francesco Francia (Bologna, 1450 ca-1517) risente della pittura toscana, di quella ferrarese rinascimentale e allo stesso tempo di Pietro Perugino

I tre quadri di Giuseppe Romani rappresentano a sinistra la Sacra Famiglia, a destra S.Anna che insegna a leggere alla

Vergine, in alto la Trinità che incorona la Vergine

Giuseppe Romani (Como?1654-57 ca. – Modena 1727 ) è un pittore di cui si hanno scarse notizie. Di formazione lombarda, anche se vissuto a lungo a Modena. Il naturalismo della sua terra di origine si manifesta anche nella pittura sacra in cui inserisce spunti di vita quotidiana.

Sull’altare è posto un tabernacolo dipinto su

argento (XVI?) comunicante col tabernacolo della

chiesa esterna.

Sullo sportello del tabernacolo è dipinto Cristo con a fianco la Croce, dalle cui ferite sgorga il Sangue che si raccoglie in una Fonte alla quale

il gregge si abbevera.

Nella chiesa interna è presente un pregevole coro ligneo, realizzato nel 1780 da Arcangelo Brandoli

Di grande interesse è la porta che immette nella Sala del Capitolo, al lato opposto dell’altare, che

presenta battenti completamente dipinti da Ercole Setti (Modena 1530ca-1618) con Storie

della Vergine.

La porta, arrivata qui a metà Ottocento, proviene dal Monastero

delle Clarisse di Carpi. Fu commissionata da Eleonora d’Este,

figlia del duca Cesare, entrata in convento a 11 anni col nome di suor

Angela Caterina. Divenuta badessa, rimase nel

monastero di Santa Chiara fino al 1638.

Trasformò suoi alloggi in una piccola reggia ove si svolgevano conversazioni d’arte e concerti, e, quando il fratello

Alfonso pose fine a queste attività mondane, molte suore mostrarono

segni di “possessione diabolica”, sicché furono inviati esorcisti in

convento e iniziarono lotte intestine tra la badessa, le suore, i membri di

Casa d’Este, la Curia. La badessa fu poi trasferita a Modena.

I battenti sono divisi da fregi dipinti, in sei

riquadri, tre per parte:

Annunciazione, Visitazione, Assunzione,

Natività, Presentazione al

Tempio, Sposalizio.

Si tratta di un’opera tarda di Ercole Setti (Modena 1530 ca.-

1618) del quale abbiamo dipinti in Galleria Estense, al Museo Civico,

nella Chiesa di San Pietro. Artista molto recettivo, che

riprende esperienze figurative del Cinquecento emiliano, con

citazioni di Parmigianino e dei manieristi bolognesi.

VISITAZIONE

Ci si affaccia alla successiva Sala del Capitolo ospita alcune lapidi seicentesche che ricordano i benefattori del convento.

4 Sacrestia

Paliotto in scagliola con al centro S. Domenico attribuito a Marco Mazelli (1640- dopo il 1713).

Sopra al paliotto vi è un dipinto che rappresenta S. Agostino con la Vergine in gloria di Antonio Crespi (Bologna, 1700 c.- 1781).

• Il Santo, in abiti vescovili (fu vescovo di Ippona, nell'Africa settentrionale) con la mitra sul capo e il piviale sulle spalle, è seduto e appare intento a scrivere le “Confessioni”, che trattano della sua conversione al cristianesimo.

• E' circondato da angeli, uno dei quali sorregge il suo pastorale.

• Nella parte superiore del dipinto troviamo l'immagine della madre di Agostino, Santa Monica inginocchiata, e dall'altra parte la Trinità (Cristo con vessillo, la colomba dello Spirito Santo e il Padre Eterno).

Sulle pareti laterali sono presenti due monocromi ottocenteschi con Scene di vita monastica opera forse di Luigi Manzini.

In una tela scorgiamo alcune monache con delle novizie. La madre badessa del convento è seduta a destra vicino ad una consorella e ad un prelato. Evidentemente si tratta di una scena di presentazione, forse di quella bambina, messa in evidenza di tre quarti verso lo spettatore, e che si rivolge ai suoi superiori allungando le braccia.

Nell'altra tela, probabilmente, si sta svolgendo la cerimonia della pronuncia dei voti definitiva della stessa persona, diventata ragazza, alla presenza dello

stesso prelato e di altri due adulti (i genitori?).

Una cimasa d’altare a forma di timpano che rappresenta il Padre Eterno è attribuito allo Scarsellino (? Ferrara 1550 c.- 1620).

L'opera sembra la cimasa superstite di un'ancona d'altare. Dio è raffigurato con la barba e i lunghi capelli bianchi e l'aureola triangolare, è in atto di benedire. In primo piano scorgiamo quattro teste di angeli (ridipinte) con in mezzo un globo, simbolo della sovranità sul mondo, ed una croce (?), a ricordo del martirio di Cristo.

L’Estasi di S. Francesco e San Giovanni Evangelista, dipinti

settecenteschi non ancora attribuiti, forse di autori locali.

Estasi di San Francesco Il Santo di Assisi, preso completamente

dall'estasi divina, scivola lentamente verso terra, ma viene sorretto ai lati da

due angeli.

San Giovanni Evangelista L'Evangelista si trova in piedi, in primo piano,

nell'atto di girarsi verso di noi. Ha vicino un tavolo su cui è riposto il Vangelo, mentre dall'altra parte

si scorge un alto piedistallo su cui poggia una colonna. Sullo sfondo s'intravvedono degli alberi.

La Madonna della Misericordia di Fra’ Semplice da Verona (1617)

Opera attribuita a Fra' Semplice da Verona, dell'ordine dei Cappuccini, probabilmente dipinta nel 1617, anno in cui il frate è documentato a Modena. Da una lettera della cancelleria ducale sappiamo che in quell'anno il duca Cesare d'Este chiedeva che Fra' Semplice accompagnasse padre Andrea da Modena a Milano per “soddisfare ad un voto” che lo stesso duca aveva formulato durante una malattia da poco superata. Il pittore in quel periodo aveva raggiunto una certa fama in quanto richiesto a Parma dal duca Ranuccio Farnese.

Nel dipinto osserviamo la tipica iconografia della Madonna della Misericordia con il mantello aperto in modo da accogliere e offrire protezione ad un gruppo di frati, sullo sfondo di un paesaggio. Il soggetto fa pensare che il dipinto in origine fosse destinato ad un convento cappuccino e poi sia stato spostato in questa sagrestia.

Congedo dai visitatori