Il codice genetico dei canti liturgici

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Il codice genetico del canto liturgico Quel che gli antichi hanno ancora da dire oggi (e forse potranno ancora dire domani) Giuseppe (Pino) Caserta ingegnere, musicofilo (v. Curriculum vitae musicale in Appendice) Roma, Gennaio 2013 1

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Viene presentato uno studio sintetico sulla struttura delle musiche e dei canti usati nei riti dell'antichità sia dell'era pre-cristiana che post-cristiana. In particolare viene posto l'accento sulla esclusività - rispetto ad altri generi musicali - dei canti adatti alle liturgie sia sacre che profane, tenendo ben presente la distinzione tra liturgia e spettacolo.

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Il codice genetico del canto liturgico

Quel che gli antichi hanno ancora da dire oggi

(e forse potranno ancora dire domani)

Giuseppe (Pino) Caserta ingegnere, musicofilo

(v. Curriculum vitae musicale in Appendice)Roma, Gennaio 2013

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Presentazione • Concepiti per chiacchierate tra amici in pause

estive, seminari come quello riprodotto nelle pagine che seguono, vogliono mettere in luce quel che la cultura musicale occidentale (dotta o popolare), riversata nelle liturgie sacre o profane, ha ancora da imparare dagli antichi.

• Nel XX secolo Maestri di Musicologia e di Filosofia della Musica, pressoché ignorati, hanno dato voce a questa rivalutazione dell’antico amplificando i flebili segnali provenienti dai passati millenni e fornendo materiale prezioso per una reimpostazione del canto rituale basata su autenticità ed esclusività.

• Frammenti di alcune loro monumentali opere sono qui riprodotti inframmezzati da considerazioni personali maturate da una lunga militanza nel campo del canto liturgico e della musica sacra. 2

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Il percorso 1. Quel che segue è solo un’esposizione di principi

fondamentali; approfondimenti e dettagli tecnici troveranno spazio nell’apposito sito web in costruzione.

2. Punto di partenza è la considerazione che liturgie sacre o profane possono ancora servire all’uomo contemporaneo. Ma con l’opportuna distinzione tra rito e spettacolo. (Parte Prima)

3. Dentro la struttura liturgica la parola genera il canto tramite la poesia, e il canto ritorna alla parola tramite la cantillazione e il melisma (Parte seconda).

4. C’è un codice genetico unico nelle strutture di canto dell’antichità dal quale sono scaturite una molteplicità di strutture particolari (Parte terza).

5. E’ possibile un futuro “passato remoto” rintracciabile in alcune avanguardie del XX e XXI secolo (Parti quarta e quinta).

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I Maestri• Guido Pannain, dal saggio di estetica La vita del

linguaggio musicale;• Leopoldo Gamberini, da La parola e la musica

nell’antichità; • Curt Sachs, da La musica nel mondo antico;• Franco Abbiati, da Storia della musica vol I;• Giulio Confalonieri, da Guida alla musica vol I;• Edgardo Carducci, dal Trattato di composizione

e studio delle forme musicali; • Padre Pellegrino M. Ernetti OSB, da Principi

filosofici e teologici della musica;• Comunità Ortodossia Cristiana, dal sito

omonimo; • Comunità monastica S. Antimo, dal sito

omonimo• Padre Raffaele Baratta OSB, da scritti vari. • Giacomo Baroffio, da scritti vari.

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Parte prima

Servono ancora le liturgie?

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Cosa sono?• Le liturgie hanno avuto, fin dalla

preistoria, una enorme importanza nella vita sociale e comunitaria, sacra e profana. Chierici e laici l’hanno sempre usata per favorire la coesione di un’appartenenza, oltre che per celebrare un simbolo o un evento.

• La liturgia trae origine dall’esigenza innata nell’uomo di smettere di tanto in tanto gli abiti impolverati dall’uso quotidiano ed entrare nudi nelle stanze del Mistero o del Mito, siano essi rappresentati da un Dio trascendente, da una Entità divinizzata della Natura, da un Simbolo di Identità Nazionale. 6

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Rito o spettacolo? La liturgia si realizza in una rappresentazione (rito) dove tutto - testo, paramenti, atteggiamenti, suppellettili, azioni, parole e musica - si muove ordinatamente secondo uno schema funzionale, autoconsistente e autoreferenziale attraverso il quale la comunità interloquisce (prega) col Mistero.

• In questo vi è una sostanziale differenza con lo spettacolo, anche di natura sacra, dove chi vi partecipa realizza solo un’interazione più o meno consonante con l’opera rappresentata , senza interloquire con essa 7

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Rito o spettacolo tra Oriente ……

• Il mondo antico, ha avuto ben chiara la distinzione tra rito e spettacolo e ha riservato alla liturgia uno stile esclusivo, non mutuato da stili extra-liturgici (semmai è successo il contrario).

• Dall’Asia al Medio Oriente, dalle tribù nomadi alle nazioni organizzate, dalla Grecia alla Roma antica, le liturgie sono state sempre concepite come “singolarità” rispetto alla “ordinarietà” della vita d’ogni giorno.

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…. e Occidente• In Occidente la cultura post-medievale

(letteraria, poetica, musicale) ha avuto una evoluzione straordinaria al di fuori dei riti, in ciò spinta da una legittima esigenza di multiculturalità, religiosa da una parte, laica dall’altra.

• I prodotti di tale evoluzione sono stati poi riversati nei riti laici o ecclesiastici dell’Occidente eludendo però l’unità genetica della liturgia antica e confezionando i nuovi riti con moduli, formule, strutture nate fuori dal loro ambito e che, quindi, mal si adattano alla “singolarità” del rito, anche se dotate di alta fattura artistica.

• Si è cioè privilegiato lo spettacolo a scapito del rito, col favore di tutti, religiosi e laici.

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Una voce fuori dal coro Giacomo Baroffio – Purtroppo non è facile trovare condizioni ideali, ma è

semplicemente scandaloso quanto avviene durante alcune liturgie

trasformate in concerto. Troppe liturgie sono paralizzate e soffocate

da un groviglio di apparati inutili, mentre dovrebbero risplendere nel

segno della semplicità, gratuità, bellezza, in celebrazioni dove

ciascuno svolge il proprio ministero senza prevaricare e senza tirarsi

indietro.10

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Uno sguardo dal ponte

• Come si costruisce una singolarità liturgica?

• Cosa hanno fatto gli antichi?

• Sono ancora attuali?

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Parte seconda

Dentro le liturgie

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Il canto nasce dalla parola ….

Al di là delle differenze tra popoli, ogni liturgia è costruita intorno ad un testo, di natura religiosa se inserito in una pratica di fede, di altra natura se riferito alla vita civile. Testo che:

si riveste di metrica (poesia), si espande in musica (melopea) si accompagna a movimenti del corpo

(danza). La triade poesia, melopea e danza si risolve poi nel canto che in sé fonde la musicalità latente del testo poetico, la struttura sonora delle melodie, le vibrazioni impercettibili dei gesti rituali.

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….. fin dalle origini …

• In principio fu il canto, nell’antico Oriente come nell’antico Occidente. Il canto era quasi tutta la musica di allora, ed aveva la funzione di rendere palese la musicalità intrinseca di un testo, letterario o poetico, esaltandone, con i suoni o anche con i movimento del corpo, gli accenti, le inflessioni, le cadenze, penetrando cioè nell’intimo della parola.

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…. esalta la poesia della parola ….

Curt Sachs – “Il canto nelle civiltà antiche non ha un’esistenza propria,

indipendente dalle parole, per quanto insignificanti possano essere; né può

aversi poesia senza canto. E’ stato un grave errore scambiare questa originaria unità di canto e poesia con la più recente

e del tutto diversa, anzi opposta tendenza di modellare le melodie sulle

intonazioni naturali che hanno le parole nel linguaggio normale. E’ bensì vero il contrario; la poesia, nel suo senso più

lato, porta la melodia e insieme le parole lontano dal discorso parlato.

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…. crea musica, ….

Leopoldo Gamberini - “La musica è nata con l’uomo. Forse il primo

canto dell’uomo fu la parola, o forse la prima parola dell’uomo

fu il canto; così in questo misterioso rapporto espressivo tra vocale e suono, vi è tutta la potenza e la magia della natura

della personalità umana.”

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Leopoldo Gamberini “Il primo strumento musicale (e il più perfetto) è nell’uomo

stesso ed è la voce umana che, anche cantando semplici vocali sconnesse tra loro, può creare musica, e, soprattutto,

esprimere uno stato d’animo. La voce umana riflette la mente dell’uomo,

immersa e legata a tutta la personalità psicologica dell’individuo, e fa vivere in sé la fantasia di lui, il pensiero, il cuore, la ragione, lo stato d’animo e la critica.

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… s’incarna nella voce umana …

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…. fonde la parola e la musica …

Leopoldo Gamberini. “Questi due elementi fondamentali dunque, la

parola e la musica, si fondono nella voce in modo mirabile, e, creando il

canto, danno la più perfetta e completa espressione delle intime

profondità dell’anima. Così nella sonorità parlata vi è già un certo

canto; e anzi il vero canto è la nota fonica del linguaggio, durante le

emozioni eccezionali, non della sfera pratica, ma di quella sentimentale ed

estetica. “

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….. e ridiventa parola

Guido Pannain “Il linguaggio della preghiera fu, da principio, un linguaggio

di musica. Sentimento e fantasia, nella loro vita semplice, si compongono in

canto. Così nei popoli primitivi e selvaggi, oggi come ieri, ed anche nei popoli colti

ed avanzati; perché la religiosità è sempre un atto primitivo dello spirito. La

musica è una spirituale energia che il fedele porta in sé; si accompagna alla

parola, la penetra, l’aspira, in sé la discioglie, e si fa, di nuovo, essa stessa

parola.”19

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Parte terza

La struttura del canto

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Il gioco delle parti ……• L’organizzazione del canto è un

sottile gioco delle parti tra la Parola, nelle sue articolazioni vocaliche, consonantiche, metriche e la Musica, con la composizione e trasposizione di scale melodiche, intervalli, gamme sonore.

• Si possono individuare tre strutture portanti:

La cantillazione, o sillabazione intonata

Il melisma La modalitàL’agogica

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… crea le strutture portanti …

• La Cantillazione, che sterilizza la Musica intorno a una o due note mentre la Parola fluisce nitida e trasparente rendendo palese il significato religioso e la carica poetica del testo;

• Il Melisma, che immobilizza la Parola intorno a una o due vocali mentre la Musica si dilata e si espande in un vortice di note che sembra non aver mai fine.

• La Modalità, che imbriglia la Parola e la Musica nelle molteplici disposizioni dei toni e dei semitoni e sulle loro relazioni con una nota base chiamata “tonica” e un gruppo di note ricorrenti centrato sulla dominante (base di modo).

• L’Agogica, che modula il ritmo della Musica su quello della Parola.

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…. con la cantillazione…

Curt Sachs -Per quanto possiamo

riportarci indietro, la melodia del linguaggio, così libera

e fluente nell’atto del parlare, nel canto è risolta in una serie di intervalli uniformi fra due o tre note in un livello

medio, quando non segua una monotona scansione fondata su una sola nota. Non c’è

chi non conosca queste salmodie, che si ritrovano nelle liturgie della maggior parte

delle religioni di tutto il mondo; il basso popolo le usa nella recitazione di poemi; e

possono essere ascoltate nelle scuole dell’Oriente e dell’Occidente come mezzi per mandare a memoria testi e regole.”

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Esempi di cantillazione

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.....il melisma ….Leopoldo Gamberini - La vocale è

il mezzo che ci consente un canto nuovo, non avendo accenti

metrici e tonici; non avendo versi e parole accentuate, si crea

la melodia in una vocale, con una ricchezza di inflessioni, proprio come se avesse un teso verbale metrico e una melodia, con

accenti tonici e ritmici, di importanza fondamentale. La vocalità deriva solo dalla

cantabilità di una parola, e nasce dal contenuto e delle vocali musicali di essa.

Ed ecco il melisma del gregoriano, splendido uso di frequenze oscillanti. Ed

ecco il perché della splendida fioritura musicale della più bella parola della

liturgia: l’Alleluia. 25

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Un alleluia ebraico con elementi gnostici

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…. la modalità …Pellegrino Ernetti - Secondo la

tradizione sanscrita la musica, come tutte le arti, è di origine divina: il dio Shiva creò il suono e il ritmo, cioè

la musica e la danza. Il dio Shiva dunque avrebbe rivelato la composizione musicale e le leggi della “modalità”. I modi sanscriti antichi

erano numerosissimi, pare si sia giunti fino a cinquemila.

Perché noi oggi ci rifacciamo alla teoria sanscrita? Perché essa ci viene tramandata perfettamente dai trattati teorici antichi, e

coincide perfettamente con gli esempi musicali della nostra monodia occidentale. Ora l’identità della modalità occidentale con quella sanscrita

risulta chiara soprattutto da tre punti: la gamma tipo (in gregoriano possiamo avere sette gamme

differenti e quella di RE corrisponde esattamente a quella fondamentale sanscrita);

la base del modo con i rispettivi gradi privilegiati o note forti; e il ruolo fondamentale

della tonica come punto di riferimento del modo. 27

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Una struttura modale

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L’agogica

Leopoldo Gamberini – “Il fascino di una melodia non nasce solo dalla parola, la parola dà il

ritmo, ma questo ritmo vive di vita sua propria, ed ha una sua forza e un

suo fascino, ed ha il contenuto emotivo del concetto della parola,

anche senza la parola stessa, proprio nella dinamica agogica del ritmo e

delle frequenze”

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La sintesi perfetta

• I rivoli dei canti rituali che hanno solcato i millenni avanti l’era cristiana, si sono riversati nel grande mare del canto gregoriano riempiendo di sé tutto il primo millennio DC, e assorbendo, rimodellando, rielaborando - fino a riproporre in forme originali - quel che gli antichi avevano trasmesso attraverso mutazioni e trasmigrazioni. A volte in un semplice versetto si ritrovano condensate tutte e quattro le strutture portanti del canto rituale, come si può verificare, con un po’ d’attenzione, analizzando la struttura dei “versicula” che si ritrovano nell ‘Antiphonale Monastico” e riprodotta nella pagina seguente.

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Le quattro basi del canto liturgico in un versetto gregoriano

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Parte quarta

Un codice comune nel passato remoto?

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perché no?

• Sicuramente i canti rituali sono strettamente legati ad una particolare area geografica, etnia, fede religiosa e all’evoluzione e agli adattamenti che ciascun popolo fa per tener conto delle mutate condizioni culturali e sociali di una nazione; ma se, come dice Guido Pannain “la religiosità è sempre un atto primitivo dello spirito”, perché meravigliarci che ci sia un fondo comune del sentire religioso che si ritrova in un struttura base di canto che ha valore universale? Infatti…..

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Similitudini - 1 Leopoldo Gamberini – “Sovrapponendo formule

greche, ebraiche, siriache, bizantine, ambrosiane e gregoriane, si scoprono formule

comuni forse nuclei di “nomoi” antichi; e sovrapponendo strutture melodiche greche, ebraiche, siriache, bizantine, ambrosiane e

gregoriane si scoprono strutture analoghe con punti di penetrazione fondamentali perché

forse sono i cardini sicuri di melodie antiche. Così i millenni si sommano, si sintetizzano e si

distinguono in ciò che hanno di eterno; e si semplificano fino alla più semplice melodia che non è già una ingenua povertà tecnica, ma una profonda essenziale maturità di spirito che sa

esprimere al di fuori e al di sopra delle passioni l’intima sete di eterno che vive nella più segreta coscienza della vita dello spirito, degli individui e dei popoli, anche attraverso

millenni.”34

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Quadro sinottico di formule di canto liturgico dell’antichità

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Similitudini - 2

Pellegrino Ernetti – “ I Sumeri e i Sanscriti sono la base di tutta la civiltà musicale indo-

europea. Infatti è nostra ipotesi che la teoria musicale sanscrita sia perfettamente

calzante con quella di tutte le monodie occidentali (gregoriano, ambrosiano,

aquileiese, mozarabico..). Esistono dei principi “primari” che si riscontrano in

maniera mirabile tra la teoria sanscrita e la pratica monodica occidentale, come due

elementi complementari tra di loro. Cosa davvero mirabile. Infatti,l’occidente, a quei

tempi, non ha mai avuto relazioni né politiche né commerciali con quelle

popolazioni; eppure i principi musicali si corrispondono. Non sarà forse perché certi

principi sono semplicemente innati in noi e, quindi, sono uguali in tutte le popolazioni? “

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Un codice genetico per il canto liturgico?

• Appaiono, quindi, impressionanti le similitudini delle strutture liturgiche che si ritrovano tra popoli di ere, culture, collocazioni geografiche anche molto diverse tra loro, come se l’esigenza di codificare un rito scaturisse da tipologie uniche di impulsi emotivi.

• Una situazione che ricorda in qualche modo il nucleo originario della vita costruito intorno a 4 “basi” di aminoacidi (T,C,G, A) che si intrecciano e si moltiplicano dando origine ad una straordinaria varietà di strutture vitali.

• E qui ci sembra di intravedere nella cantillazione, nel melisma, nella modalità e nell’ agogica le quattro “basi” del canto liturgico. 37

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Parte quinta

Un presente passato remoto?

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Attualità dell’antichità?• La prima domanda che nasce quand’uno si

accinge ad esplorare un passato come questo - a parte la curiosità culturale che questa esplorazione può suscitare – è: cosa può offrire oggi una struttura compositiva antica che data decine di secoli e che ha comunque subìto essa stessa mutazioni imposte dall’ambiente in cui si sono sviluppate, e in che modo può essere presa come riferimento per un canto liturgico che deve necessariamente tener conto delle tendenze del XX secolo e oltre?

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Il comune sentire ….Leopoldo Gamberini - “Per conoscere intimamente un’opera d’arte musicale

bisogna cogliere qual è lo spirito in essa pienamente realizzato. Infatti, gli stati

d’animo sono come i bisogni e le necessità dell’uomo, cioè sempre immutabili ed eterni;

l’uomo avrà sempre bisogno di mangiare, bere e dormire, amare, pregare, piangere e

ridere, cantare, ecc. Ecco che dall’espressione musicale potremo cogliere il mondo fantastico di un individuo, in un certo momento, o anche in un’epoca e, poi, sentire il valore perenne di una espressione che si è

maturata in essa, in modo assolutamente completo, in una forma universalmente

valida, perennemente, eternamente valida, con una forza che ci ricorda quella della

divinità. “ 40

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…. porta ad un comune linguaggio tecnico?

• Questo è vero per quanto riguarda la natura intima degli stati d’animo o delle emozioni, ma il linguaggio tecnico con cui questi moti dello spirito sono espressi, hanno conservato nel tempo e nello spazio “geni”- soprattutto nel campo del sacro – riconoscibili e rivitalizzabili anche oggi?

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..... probabilmente sì …Leopoldo Gamberini – “Vi sono due aspetti

generali della musica del mondo antico. Il primo, di uso posteriore,si vede osservando bene il modo di comporre degli antichi , quell’accostare

formula a formula, neuma a neuma, e mi pare si possa dire che sia assai moderno anzi

modernissimo per i compositori attuali (epigoni di Webern). Infatti, come per le ultime tendenze dei compositori moderni, così per gli antichi, ciò che

contava non era la nota semplice bensì la struttura melodica; oggi gli estremisti tendono ad

abolire la battuta, per concepire per linee melodiche pure, per cosiddette strutture, ove la

singola nota non ha più il valore assoluto delle epoche da poco passate perché quello che conta è

la struttura, la linea melodica in rapporto con le altre linee melodiche. In questo senso l’antichità

ci può dire molte cose proprio perché tutta la musica antica è strutturale………

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…… e ancora• Leopoldo Gamberini - L’altro aspetto più antico, e

tuttavia attualissimo, è proprio questo: l’uso dei singoli neumi e delle singole note, sulle vocali, in

funzione del metro, fa sì che la nota non abbia valore in quanto legata al seguente e al

precedente bensì in sé e per sé, come suono che ha, e crea, una sua poetica autonomia. Aspetti

diversi quasi opposti che si intrecciano nel tempo, e tra loro complementari. Infatti, se noi cambiamo qualche nota, l’effetto poetico non cambia perché

quella nota non è un rapporto di valore assoluto con le altre, poiché ciò che conta è l’effetto

sonoro sfruttato al massimo nella linea generale della struttura melodica, ed in certi canti ebraici è

molto evidente, come in quelli greci p. e. gli inni delfici. La caratteristica di una nuova tendenza

moderna, protesa tutta verso la bellezza del singolo suono, in un istante sonoro di armonia rarefatta ed evanescente, è uno degli aspetti

compositivi moderni che hanno una certa somiglianza, anche nell’esigenza espressiva, con

quelli antichi. •

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Epilogo

Un futuro passato remoto?

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• Nell’antichità il linguaggio musicale del rito è generato dalla parola e dai contenuti poetici insiti in essa, e si esprime quasi sempre in forma originale rispetto a forme estranee al rito stesso.

• Le melodie usate da popoli diversi nel corso dei millenni hanno in gran parte una base compositiva simile; questa base primordiale non si è consumata nell’avvicendarsi di stili, tendenze, mode, rimanendo in un dimensione spazio/temporale unica in cui si ritrovano popoli e fedi diverse.

• Sorprendentemente, anche teorie e tendenze delle avanguardie musicali del XX secolo, da Webern a Strvinskij, da Respighi a Rota, e persino compositori ed esecutori di musica pop e jazz (Jan Garbarek col suo Officium, Dino Mariani con Infinity, e molti altri) si sono ispirati all’antichità, e in special modo al gregoriano.

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Riassumendo e …

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….. sognando …• il recupero, lì dove è andato smarrito,

(nell’occidente post-medievale) del codice genetico dei canti d’altare per trasferirlo in un nuovo organismo melodico modellato sulle lingue correnti, una volta sradicata l’idea che un bel canto, da qualunque parte provenga (dalle dotte sonorità polifoniche e strumentali o dai ritmi popolari di largo consumo), sia sempre consono ad un rito;

• ma anche, al di là delle liturgie, una nuova era musicale che faccia convivere, in una originale simbiosi “nova et vetera”.

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Curriculum Vitae (musicale)*Giuseppe Caserta, ingegnere, ha sempre associato all’attività professionale la cultura del canto liturgico e della musica sacra. Ha iniziato lo studio della musica nell’anteguerra e completata la sua formazione nell’ambiente musicale napoletano degli anni ’50. Trasferitosi a Roma per le attività inerenti alla sua professione, ha avuto l’occasione di studiare canto gregoriano con P. Raffaele Baratta OSB e semiologia gregoriana con P. Umberto Franca OFM allora docenti del Pontificio Istituto di Musica Sacra. Negli anni ’80, ha collaborato con P. Felice Ricci SJ, e P. Raffaele Baratta alla Costituzione dell’Associazione Internazionale “Cultori e Amici del Canto Gregoriano, Cantemus Domino”, con sede nella Chiesa di S. Ignazio in Roma, partecipando come cantore e come solista alle attività della Schola Gregoriana Romana diretta prima da P. Baratta e poi dal M° Marco Cimagalli, ora docente di esercitazioni corali presso il Conservatorio di S. Cecilia in Roma. E’ stato Presidente dell’Associazione Cantemus Domino dal 1990 fino alla chiusura delle attività liturgiche e concertistiche del proprio coro avvenuta dopo il Giubileo del 2000. Sempre negli anni ’80, in collaborazione con Mons. Ottavio Petroni, e con la consulenza del P. Pellegrino Ernetti OSB, ha partecipato, presso la Parrocchia di S. Saturnino Martire in Roma, alla ricostituzione della corale polifonica Psallite Sapienter – attualmente diretta dai M° Angelo Coccìa e Francesco Zizzini - che conduce saltuariamente in alcune celebrazioni liturgiche.

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