IL CICLO AMBIENTE Materiali di approfondimento · 8.1 - Ciclo di vita ed eco-desing 50 8.2 - La...

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IL CICLO AMBIENTE Materiali di approfondimento

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IL CICLO AMBIENTE

Materiali di approfondimento

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L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Ambiente – Materiali di approfondimento © tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Catia Musolesi / Divisione Ambiente Hera S.p.A. Simona Nasolini e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Felicia Cannillo e Kristian Tazzari per Atlantide.

Supervisione impianti: Andrea Carletti / Divisione Ambiente Hera S.p.A, Roberto Ravelli / Divisione Ambiente Hera S.p.A., Ruggero Panizzolo / Divisione Ambiente Hera S.p.A., Peppino Sassu / Divisione Ambiente Hera S.p.A, Michele Corli / Akron S.p.A, Luca Bussolari / Ecosfera s.r.l, Giuseppe Lazzazara / Recupera s.r.l. Supervisione testi: Ing. Claudio Galli, Direttore della Divisione Ambiente di Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Catia Musolesi per Hera, Simona Nasolini e Daniele Vignatelli per Anima Mundi. Impaginazione: Simona Nasolini per Anima Mundi. Edizione giugno 2009

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Indice

Capitolo 1 – Ambiente e Sostenibilità

Introduzione alla sostenibilità ambientale 5

Capitolo 2 – I rifiuti: l’altra faccia del benessere 2.1 - Cos’è un rifiuto? 7

2.2 - I rifiuti all’origine 8

2.3 - Il ciclo di vita dei prodotti 12

Capitolo 3 – Quali rifiuti produciamo 3.1 - Normativa Nazionale di riferimento in materia rifiuti 13

3.2 - Classificazione dei rifiuti 14

Capitolo 4 – Quanti rifiuti produciamo

4.1 - La produzione di rifiuti in Italia 15

4.2 - La produzione di rifiuti in Emilia-Romagna 18

Capitolo 5 – Il ciclo integrato dei rifiuti

5.1 - Il quadro europeo 19

5.2 - Il quadro italiano 20

5.3 - La gestione integrata dei rifiuti nel sistema Hera 21

Capitolo 6 - Il viaggio dei rifiuti

6.1 - Raccolta differenziata 22

6.1.1 - Normativa sulla raccolta differenziata 22

6.1.2 - Sistemi di conferimento 23

6.1.3 - SGR 50 23

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6.2 - La selezione 24

6.2.1 - Gli impianti di selezione dell’Itinherario Invisibile 25

Gli impianti di selezione di Coriano di Rimini e di Modena 25

L'impianto di selezione di Ferrara 26

6.3 - Il compostaggio 26

6.3.1 - Gli impianti di compostaggio dell’Itinherario Invisibile 27

L’impianto di compostaggio di Voltana di Lugo 27

L’impianto di compostaggio di Ca’ Baldacci di Rimini 29

6.3.2 - Certificazioni di Qualità 30

6.4 - Consorzi per il riciclaggio e Materie Seconde 30

6.5 - Dove vanno a finire i rifiuti che non destiniamo a nessuna raccolta differenziata? 35 6.5.1 - Il termovalorizzatore 36 6.5.1 - La discarica 36

Capitolo 7 – Lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati: impiantistica di HERA

7.1 - Il termovalorizzatore di Coriano (RN) 38 7.2 - Il termovalorizzatore di Ferrara 40 7.3 - Il termovalorizzatore di Forlì-Cesena 41 7.4 - Il termovalorizzatore di Ravenna 44 7.5 - Il termovalorizzatore di Modena 46 7.6 - La discarica controllata di Ravenna 47 7.7 - La discarica controllata di Voltana di Lugo (RA) 49

Capitolo 8 - La cultura della prevenzione 8.1 - Ciclo di vita ed eco-desing 50 8.2 - La questione imballaggi 51 8.3 - Il ruolo dei consumatori nella minimizzazione dei rifiuti: il consumo critico 52 8.4 – Verso un cambiamento? 53

Riferimenti bibliografici 56

Riferimenti web 57

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Capitolo 1 – Ambiente e sostenibilità

1 . 1 - I n t ro du zi one a l l a so s t en i b i l i t à amb ien t a l e .

Accettiamo il rischio di un’eccessiva semplificazione della materia e introduciamo brevemente il vasto tema della sostenibilità in quanto propedeutico alla conoscenza generale della cultura ambientale, nonché all’approfondimento della gestione ambientale oggi esercitata dalle imprese.

Il grande tema dello Sviluppo Sostenibile subisce due tipi di approccio: - uno è prettamente economico, considera il benessere sociale indipendente dal libero mercato e dal prelievo delle risorse; - uno è territorialista, che ritiene imprescindibile la sostenibilità ambientale da quella economica, socio-politica e culturale. Quest’ultimo approccio comincia a svilupparsi negli anni ‘70 con la diffusione di una prima consapevolezza: dal

degrado umano e territoriale nascono nuove povertà. La modernizzazione ha provocato, infatti, un’urbanizzazione spinta che ha travolto paesi e culture, alcuni luoghi si sono degradati ambientalmente e destrutturati culturalmente, alcuni sono stati sottoposti a una continua cementificazione. Dal paradigma del mercato si inizia, perciò, a passare al paradigma del territorio come luogo d’incontro e crescita permanente. Per contrastare la deterritorializzazione si cominciano ad attivare dei sistemi di relazioni “virtuose” fra l’ambiente naturale e quello costituito.

Il concetto di sostenibilità dipende da un insieme di fattori (A.Lanza, 2006): o aspetto demografico: gli abitanti che il pianeta può sostenere; o qualità/riproducibilità delle risorse naturali; o aspetti economici: crescita, reddito e distribuzione fra i cittadini; o aspetto istituzionale: strumenti nazionali ed internazionali utilizzabili per affrontare il tema. Un altro elemento da citare è l’aspetto delle autonomie locali: infatti si evidenzia la necessità di uno sviluppo locale auto-sostenibile che si può ottenere solo rafforzando la crescita dell’autogoverno locale. Da qui il famoso slogan: pensare globalmente ma agire localmente (Think Global, Act Local).

La maturazione di questa filosofia avviene attraverso una lunga serie di momenti significativi, la Conferenza di Rio de Janeiro, la Conferenza di Kyoto, la Conferenza di Bali, per citare quelli più noti. Alla “Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo” tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 si approfondisce il concetto di responsabilità sociale delle imprese e della consapevolezza delle ripercussioni sociali delle azioni economiche. Il documento più significativo che è stato prodotto in questa sede è l’Agenda 21. Altri documenti che si ritiene importante citare sono la “Dichiarazione di Rio sulle Foreste” e la “Convenzione sulla Biodiversità e sul Clima”. In sintesi vengono sanciti e programmati gli impegni che i paesi industrializzati devono assumere per modificare i

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loro consumi diminuendo i fattori inquinanti. In particolare l’Agenda 21 è un protocollo d’azione politico programmatico, che prevede una serie di impegni (un’agenda appunto) che tutti i paesi devono impegnarsi a realizzare nel XXI secolo (ecco perché 21), ed evidenzia la necessità di una chiara integrazione tra gli aspetti politici, economici e sociali perché si possa realizzare “uno sviluppo” auto-sostenibile. In breve essa tratta: o della dimensione economica e sociale: stabilisce un programma diretto sia ai paesi poveri, nel quale ci si

impegna a non distruggere l’ambiente attraverso la lotta alla povertà, il controllo demografico e il miglioramento delle condizioni di salute, e sia ai paesi ricchi, rivolto alla modifica dei propri consumi;

o della conservazione e della gestione delle risorse; o del ruolo dei gruppi sociali per implementare uno sviluppo sostenibile: minoranze, associazioni, giovani,

sindacati, settori produttivi, comunità scientifiche; o dei mezzi di esecuzione del programma perché si realizzino le azioni previste: strumenti scientifici,

formazione, informazione ed altro.

“Ogni autorità locale, dovrebbe dialogare con i cittadini, le organizzazioni locali e le imprese private ed adottare una propria

Agenda 21 locale. Attraverso la consultazione e la costruzione del consenso, le autorità locali dovrebbero apprendere ed

acquisire dalla comunità locale e dal settore industriale, le informazioni necessarie per formulare le migliori strategie”.

(Agenda XXI, 1992, Cap. 28)

Anche la Conferenza di Kyoto, svoltasi dall'1 al 10 dicembre 1997 in Giappone, ha elaborato un documento che deve per importanza essere citato: il primo protocollo vincolante sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Il Protocollo di Kyoto, infatti, è un accordo internazionale che stabilisce precisi obiettivi per i tagli delle emissioni di gas responsabili dell'effetto serra, e del riscaldamento del pianeta, da parte dei Paesi industrializzati. Gli orientamenti della Conferenza di Rio, in particolare, sono stati accolti con grande tempestività dalla Comunità Europea, con la predisposizione del V Programma d’azione per l’ambiente, per gli anni 1993-1999, che affronta il tema dello Sviluppo Sostenibile, proponendo un approccio basato sulla responsabilizzazione di tutte le parti interessate. Nel Programma si legge “Le misure ambientali prese in precedenza erano di natura prescrittiva e

seguivano l’approccio ‘non si deve’. La nuova strategia si basa invece su un approccio del tipo ‘agiamo insieme’ e

rispecchia la nuova consapevolezza del mondo industriale e produttivo che l’industria non costituisce

soltanto una parte importante del problema ambientale, ma che è ancora parte della sua soluzione” (Sommario, punto 19, ibidem). Nel 2001, la Commissione Europea, nel Libro Verde: “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” delinea la responsabilità sociale come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”(p.7), inoltre, incoraggia le imprese a integrare lo sviluppo sostenibile in modo proattivo, nelle attività che esse realizzano all’interno dell’Unione europea e nel mondo (Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione sullo sviluppo sostenibile, 2001). La sensibilizzazione generale che gli organismi istituzionali a vari livelli diffondono, a livello mondiale, sulla sostenibilità porta l’ONU alla proposta del ‘Global Compact’, nove principi fondamentali che le imprese sono invitate a sottoscrivere, e a cui il Gruppo Hera aderisce nel 2004:

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“…rispetto dei diritti umani, libertà di associazione sindacale, eliminazione del lavoro forzato, abolizione del lavoro minorile,

non complicità negli abusi, applicazione della precauzione ambientale, tutela delle risorse ambientali, sviluppo di tecnologie

e prodotti più puliti…”

O.N.U. ‘Global Compact’

Anche il governo italiano si propone di supportare gli orientamenti internazionali ed europei promuovendo la responsabilità sociale dell’impresa, lo sviluppo del capitale umano e la tutela dell’ambiente (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Libro Bianco, 2001). Con il VI Programma d’azione per l’ambiente, per gli anni 2001-2010, l’Unione Europea vuole perseguire con forza le politiche di sostenibilità, nell’obiettivo di pervenire a una qualità ambientale che sia esente da rischi significativi per la salute umana. Utilizzando un approccio globale e trasversale a tutte le attività che impattano sull’ambiente, l’Unione sollecita: o la collaborazione con il mercato attraverso le imprese e gli interessi dei consumatori per contribuire a creare

modelli di produzione e consumo più sostenibili; o una maggior responsabilizzazione dei cittadini e delle parti interessate nei confronti dell'ambiente; o la prevenzione quale elemento fondamentale della politica integrata dei prodotti nonché ulteriori misure per

incoraggiare il riciclaggio e il recupero dei rifiuti. La Conferenza di Bali, tenutasi nel mese di dicembre 2007 in Indonesia, ha dibattuto sul tema del cambiamento climatico ed ha sancito l’impegno dei paesi industrializzati alla riduzione delle emissioni di gas in atmosfera tra il 25 e il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.

Capitolo 2 – i rifiuti: l’altra faccia del benessere

2 . 1 - Cos’ è u n r i f iu t o?

Il ciclo naturale che regola la vita di tutti gli esseri viventi non prevede il concetto di rifiuto, poiché ciò che un qualsiasi organismo scarta non è un rifiuto ma una materia prima per qualcun altro. La natura opera quindi un continuo e completo riciclo di qualsiasi materiale, per il quale non esistono rifiuti ma solo risorse, in un sistema definito “a ciclo chiuso”, che ricicla e non distrugge.

In un ecosistema naturale gli organismi viventi fanno parte di una rete molto complessa di relazioni: fra i produttori di sostanza organica (piante), i consumatori della stessa (animali) e i suoi decompositori (microrganismi) che si nutrono di organismi morti o di materiali biologici espulsi dai consumatori, trasformandoli in sostanze che vengono utilizzate nuovamente dai produttori per costruire altra materia vivente. Quello che non serve più a un organismo o quel che resta di lui è utile per altri: non si butta via nulla. Le attività gestite dall'uomo, invece, sono basate su un modello dove, come conseguenza di un prelievo massiccio di materia ed energia dall'ambiente per produrre beni di consumo, c’è una altrettanta massiccia produzione di rifiuti che vengono poi scaricati nell'ambiente stesso. Inoltre, con la nascita dell’industria chimica

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sono stati immessi sul mercato nuovi prodotti, sintetici, non biodegradabili, che la natura non è in grado di riciclare. L'umanità ha così aperto il ciclo chiuso della natura: estrae dalla terra le materie prime, le utilizza per costruire beni che poi, terminato il loro scopo, vengono eliminati e accumulati non reimpiegati.

Ciclo naturale chiuso Ciclo artificiale aperto

In questo sistema il rifiuto è un semplice scarto che, ponendosi al di fuori del ciclo della materia e dell'energia, rappresenta un serio problema per il Pianeta. Tale problema è aggravato dal fatto che negli ultimi anni la popolazione mondiale, che produce rifiuti, è notevolmente cresciuta. Anzi la crescita è stata addirittura esponenziale. Per far nascere i primi due miliardi di persone sono stati necessari 5000 anni. I due miliardi di persone successivi nacquero in circa 50 anni (1927-1974). I due miliardi più recenti sono nati in 25 anni (1974-1999). Ma i rifiuti che produciamo potrebbero essere trasformati in una preziosa e abbondante risorsa. In sintesi: i rifiuti sono gli scarti delle merci prodotte, quando cessano di avere un valore d’uso o quando questo non è ritenuto sufficiente a giustificarne il possesso o lo scambio. Più precisamente, il D.lgs. 152/2006 aggiornato con il Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4, definisce il rifiuto come "qualsiasi sostanza od oggetto (…) di cui il

detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". Questa definizione ci dice quindi che qualsiasi merce è destinata, prima o poi, a trasformarsi in rifiuto, e che questa trasformazione dipende anche dalla volontà del consumatore. 2. 2 - I r i f i u t i a l l ’ o r i g in e.

Storicamente i rifiuti hanno cominciato a rappresentare un problema dall’aggregazione di grandi collettività umane in spazi limitati (città, borghi, ecc.) ma in linea di massima, nelle varie epoche, i rifiuti urbani venivano confinati fuori dalle città, lontano alla vista degli abitanti, per eliminare i fastidi che la loro vicinanza poteva dare. I primi ad occuparsi della pulizia delle città furono gli antichi Greci: già Aristotele, nella “Costituzione degli ateniesi”, illustrava i doveri dei sorveglianti della città incaricati di verificare il lavoro degli spazzini, per impedire loro di gettare le immondizie vicino alle zone abitate. La prima forma di smaltimento dei rifiuti adottata dagli esseri umani, quindi, è stata la discarica, un modo per tenere ragionevolmente pulito il proprio ambiente di vita, di allontanare da sé e dalle proprie abitazioni – che

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fossero caverne, palafitte, capanne o palazzi, gli scarti da essi stessi prodotti. I Romani, famosi per la realizzazione di imponenti opere idrauliche, furono i primi anche nella realizzazione di un servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti, e il loro modello urbano fu esportato in tutto l'Impero. Nella grande e potente Roma (1.250.000 abitanti ai tempi di Augusto) “munditia” (cioè pulizia, da cui deriva per opposizione il termine “immondizia” significando la negazione della pulizia) era la parola d’ordine: un corpo di magistrati, gli edili, avevano tra i loro compiti quello di controllare la raccolta dei rifiuti urbani, mediante, abbiamo detto, discariche. Rudimentali discariche di rifiuti vari e indifferenziati tra i quali potevano trovarsi ed erano considerati indegni di miglior destino, i corpi dei gladiatori morti in combattimento e delle vittime delle belve nei circenses. Queste sorsero un po’ ovunque, insieme a discariche in qualche modo più evolute, di cui l’esempio universalmente noto è quello del monte Testaccio, costituito proprio dall’accumularsi e stratificarsi dei cocci (testi) depositati nei pressi del porto fluviale di Ripa Grande e del ponte Sublicio. In epoca medievale con un’economia rurale di sussistenza, di rifiuti praticamente non se ne producevano, tutto veniva usto, riusato e riciclato fino all’estremo. Solo verso la fine del Medioevo si diffuse l’idea che una maggior attenzione all’igiene urbana potesse ridurre gli effetti delle epidemie di peste e colera che stavano spopolando intere nazioni. Col Rinascimento, poi, si instaurò definitivamente una struttura urbana organizzata di pulizia e smaltimento dei rifiuti. Con la rivoluzione industriale iniziò lo sfruttamento intensivo delle risorse e cominciarono ad accumularsi i rifiuti delle prime fabbriche con conseguente impatto sull’ambiente. Tuttavia, si può affermare che, fino al boom economico (anni 60-70), esisteva ancora una forte cultura del risparmio delle risorse per la quale ogni oggetto veniva riutilizzato il più possibile. Le ceneri industriali venivano usate per lavare i panni, i metalli erano pressoché inesistenti tra i rifiuti: quello che non si poteva riutilizzare veniva venduto al rottamaio, che lo recuperava e lo rivendeva. Il vetro era pressoché assente e così pure i tessuti, che venivano reimpiegati in mille modi. Carta e legno venivano bruciati, e, ovviamente, era entrata da poco in commercio la plastica (il premio Nobel Giulio Natta inventò nel 1954 il polipropilene, il primo materiale completamente sintetico).

Il grande cambiamento, dunque, avviene nella seconda metà del 1900; la prima catena di montaggio inventata da Henry Ford (1914) avvia la cosiddetta “produzione in serie” che implica la standardizzazione del prodotto e il consumo di massa: il fordismo diventa un modello economico di accumulazione del capitale e sostiene il boom post bellico (epoca d’oro del capitalismo organizzato). Con l’avvento della società dei consumi l’attenzione verso la conservazione e il riutilizzo dei beni va diminuendo: il sistema di produzione e di consumo delle merci, modellato sul principio "usa e getta", moltiplica su scala industriale la formazione dei rifiuti. Gli oggetti vengono difficilmente riparati, e sono comunque costruiti per durare poco ed essere rimpiazzati da altri modelli più

Foto archivio Hera

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innovativi, più pubblicizzati e quindi più desiderati (ricordiamo che già un secolo prima C. Marx parla di feticismo delle merci, Il Capitale, 1867). Parallelamente alla trasformazione della società e del mercato del consumo è cambiata la tipologia dei rifiuti: è scomparsa la cenere per lavare i panni (soppiantata da centinaia di possibili prodotti) e sono sopraggiunti diversi tipi di carta, metallo o vetro, ma soprattutto una grande quantità di materiali sintetici come la plastica. Con il termine plastica si intendono in realtà diversi polimeri (PS, PET, PVC, etc.) prodotti tutti per sintesi chimica dal petrolio; questo comporta, quindi, dal punto di vista ambientale molti svantaggi: l’utilizzo di una risorsa non rinnovabile, il fatto che il suo ciclo rimane aperto (a differenza del vetro o del metallo che si riciclano sempre), inoltre, il suo recupero è piuttosto complesso e quindi energeticamente costoso.

Nello studio di Luigi Castagna, “Il pianeta in riserva”, 2008, troviamo alcuni interessanti spunti di riflessione a partire dal fatto che oltre il 90% dei prodotti che troviamo nei supermercati contengono petrolio sottoforma di derivati chimici e/o di energia (ibidem, p.30). Le stime più attendibili sulla disponibilità originaria di petrolio indicano in circa 2200 miliardi di barili il petrolio tecnicamente sfruttabile: se fosse concentrato in un unico punto, potrebbe riempire il Lago di Ginevra, ma consumato a tutt’oggi per la metà, di cui circa un quarto utilizzato solamente negli ultimi vent’anni (ibidem, p.35). Il petrolio sfruttato fino ad oggi supera la cifra di 900 miliardi di barili, ciò significa che sono ancora estraibili 1100-1200 miliardi di barili, ci stiamo avvicinando al picco, ossia alla metà del petrolio esistente. Secondo alcuni studi il picco sarà raggiunto nel 2010-2012, anche se non si hanno dati certi sulle riserve poiché sottoposti a segreto di Stato. Importante però dire che nel mondo ogni giorno consumiamo 87 milioni di barili di petrolio (pp.36-37). Castagna elabora le seguenti considerazioni generali sul petrolio (p.42): o si sta raggiungendo il massimo produttivo; o il suo prezzo è destinato ad aumentare per l’aumento della domanda; o i suoi derivati (benzina, gasolio, cherosene) alimentano il 95% degli oltre 800 milioni di veicoli in circolazione

e non esiste nessuna alternativa, almeno per i prossimi 10-15 anni; o la riduzione del consumo di petrolio si prevede per l’effetto di una recessione mondiale piuttosto che come

conseguenza di una diversificazione delle fonti energetiche.

La società dei consumi, dunque, si trova ora ad affrontare le grandi sfide del ventunesimo secolo sia verso gli aspetti energetici-economici che verso quelli più strettamente ambientali come la gestione dei rifiuti e dell’inquinamento. Con l’enorme diffusione delle materie sintetiche, ad esempio, abbiamo completamente alterato il rapporto naturale tra organismi produttori e organismi distruttori di rifiuti oltre ad aver creato rifiuti difficilmente degradabili da parte di un qualunque fattore biologico in tempi compatibili con le nostre esigenze. Un sacchetto di plastica si fabbrica in un secondo, si usa per 20 minuti, e si degrada nell’ambiente in 100-400

anni (Vital Waste Graphics 2, programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente).

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Il risultato è una delle più gravi questioni ambientali che ci troviamo ad affrontare, di cui, si riassumono le 3 principali cause: o i rifiuti non sono più soltanto costituiti da materiali naturali ma sintetici o frammisti con sintetici; o gli oggetti non si utilizzano più fino alla fine del loro ciclo di vita; o la popolazione che produce rifiuti è destinata ad aumentare.

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in Italia, fu la Legge n. 103 del 29/03/1903 proposta dall’allora Ministro dell’Interno Giovanni Giolitti, a prevedere la municipalizzazione dei servizi pubblici, nata sul modello di quelle che operavano con successo in Austria e Francia, mentre la “missione” della pura e semplice raccolta dei rifiuti evolveva gradualmente in quella di garantire l’igiene urbana in ogni suo aspetto. Ad assolvere tale compito erano schiere sempre più folte di netturbini – fino a ben oltre la metà del ventesimo secolo definiti più sbrigativamente “spazzini” e considerati poco più che dei paria della società per la “sporcizia” del loro lavoro.

Generalmente in Italia, fino alla fine degli anni sessanta, i rifiuti solidi urbani (RSU) vengono raccolti in modo indifferenziato e, per la maggior parte, smaltiti direttamente sul suolo, come ammassi incontrollati. In quegli anni alcune Aziende Municipalizzate iniziano a progettare i primi sistemi di raccolta stradale e i primi impianti per l’incenerimento dei rifiuti: per esempio Bologna nel 1970 trasforma il sistema di raccolta dei rifiuti con l'introduzione di nuovi grandi contenitori stradali (i cassonetti), e inizia nel 1971 i lavori di costruzione di un inceneritore con 3 linee di smaltimento della potenzialità di 200 tonnellate al giorno ciascuna (l'impianto entra in funzione nel 1973 con due linee e la terza l'anno successivo).

Ma solo nei primi anni ‘80 si inizia a parlare di regolamentazione dello smaltimento dei rifiuti e di riciclo. E si arriva così alla situazione attuale di cui tratteremo diffusamente nei paragrafi seguenti.

Foto archivio Hera: 1959 - Viene esteso a tutta la città il

sistema di raccolta dei rifiuti con contenitori di lamiera zincata

Foto archivio FEA, Società del Gruppo

Hera, inceneritore del Frullo: lavori di

costruzione (1971)

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2. 3 - I l c i c l o d i v i t a d ei p rodo t t i .

Cosa c’entra il prodotto con il rifiuto? C’entra, perché i rifiuti prima di essere tali sono beni, ovvero prodotti. E quanto vive un prodotto? In genere siamo abituati a pensare che la vita di un oggetto inizia nel momento in cui entra in casa nostra e finisce quando non serve più, e viene buttato come un rifiuto. Il ciclo di vita di un prodotto, in realtà, inizia molto prima, dalla sua progettazione, fase in cui vengono definite le sue caratteristiche a partire dalle normative vigenti e dalle esigenze del mercato, e realizzazione, in cui vengono impiegate materie prime ed energie che portano al prodotto finito. Una volta realizzato, l’oggetto deve essere imballato e inviato nel luogo in cui sarà utilizzato. Durante la fase di distribuzione il prodotto viene trasportato, con conseguenti rischi legati alla pericolosità delle merci, alle emissioni dei carburanti e al traffico generato, e , infine, tenuto temporaneamente in negozi e magazzini.

È solo a questo punto della sua vita che il prodotto entra in casa nostra, e il tempo in cui noi lo utilizziamo è sempre più breve; gli oggetti vengono infatti sostituiti con rapidità da nuovi modelli che a volte si differenziano solo per qualche modesta innovazione tecnica e stilistica. Ogni volta che buttiamo via un oggetto, per scelta o per obbligo, produciamo un rifiuto. Da quel momento l’oggetto scompare dalla nostra vista, ma la sua vita non è finita. Il processo di dismissione è piuttosto complesso: è legato alla tipologia di rifiuto, ai materiali di cui è composto e agli impianti di trattamento o smaltimento presenti sul territorio. Come si vede, quindi, il ciclo di vita di un prodotto è molto più del tempo che questo passa tra le nostre mani, e più i consumi aumentano, più si moltiplicano i rifiuti prodotti e maggiori sono le quantità di risorse ed energie utilizzate.

Cosa si può fare per interrompere questo circolo? La parola chiave è indubbiamente prevenzione e riguarda tutti, dal produttore al consumatore. Il concetto di prevenzione costituisce anche il ‘cuore’ del VI Programma d’azione

per l’ambiente dell’Unione Europea per gli anni 2001-2010 e della nuova direttiva sui rifiuti (2008/98/CE del 19/11/2008) che prevede una disciplina finalizzata alla prevenzione nella produzione di rifiuti, ma anche al riutilizzo e al riciclaggio. Il rifiuto, infatti, rappresenta una perdita di risorse sia materiali che energetiche, perciò una buona gestione dei rifiuti comincia col prevenirli prima ancora che vengano generati. Un approccio sostenibile, quindi, alla gestione dei rifiuti non significa solo incentivare il recupero e il riciclaggio, ma anche promuovere la prevenzione della produzione, puntando cioè a ridurne quantità e nocività per l’ambiente.

Torneremo su questo importantissimo aspetto nell’ultimo capitolo, dopo aver capito meglio la gestione dei rifiuti.

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Capitolo 3 – Quali rifiuti produciamo

3 . 1 - No rmat iv a d i r i f e r imen to in ma te r i a r i f iu t i .

La legislazione nazionale, come quella di tutti gli stati appartenenti alla Unione Europea, in tema di gestione sostenibile dei rifiuti fa riferimento ai programmi generali d'azione della Comunità Europea che fissano gli obiettivi prioritari da raggiungere e decidono le misure necessarie all'attuazione comunitaria. In materia di rifiuti esiste la direttiva 2006/12/CE che è la Normativa Quadro e costituisce appunto il quadro giuridico di base. I contenuti sono:

1. definizione di rifiuto; 2. principi per la gestione dei rifiuti (che tratteremo in modo più esauriente nel prossimo capitolo); 3. autorizzazione necessaria per svolgere le attività di smaltimento e recupero; 4. controlli periodici; 5. tracciabilità delle attività e obblighi documentali; 6. obblighi di comunicazione a carico degli Stati sulle misure adottate.

La nuova Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti, precisa che occorre rafforzare le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, e introdurre un

approccio che tenga conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui

diventano rifiuti; inoltre, invita a concentrare l’attenzione sulla riduzione degli impatti ambientali connessi alla

produzione e alla gestione dei rifiuti, favorendo il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per

preservare le risorse naturali. Infatti, l’articolo 4, afferma che la gerarchia di priorità da seguire in materia di rifiuti è la seguente:

1) prevenzione; 2) preparazione per il riutilizzo; 3) riciclaggio; 4) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; 5) smaltimento

Come diremo più avanti, la situazione legislativa italiana è recentemente cambiata ed ancora in evoluzione. Il nuovo Testo Unico Ambientale e le successive disposizioni correttive e integrative (DLgs. 3 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale” e sue successive integrazioni nonchè DLgs. 4/08 del 16/01/08 recante ulteriori disposizioni) si propongono l'obiettivo di normare sotto forma di testo unico le tematiche di natura ambientale e del ciclo idrico. Tale testo prosegue il percorso avviato dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 ("Decreto Ronchi"). Per ciò che concerne la gestione dei rifiuti, le norme italiane ribadiscono il rispetto della gerarchia comunitaria dei rifiuti, dando priorità alla minore produzione degli stessi (e, laddove prodotti, al minor tasso di pericolosità), al recupero di materia ed energia, nonché, in ultimo, allo smaltimento finale degli stessi.

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Altri riferimenti legislativi interessano poi specifiche attività gestite dal Gruppo Hera: o le attività di recupero sono disciplinate, in via transitoria, da norme attuative del D.Lgs 22/1997 nelle more

dell'emanazione delle norme tecniche richiamate dal D.Lsg 152/2006; o per le discariche va citato il D.Lgs 13 Gennaio 2003, n. 36, il quale si propone di determinare i criteri

costruttivi e gestionali delle stesse anche mediante l'emanazione di successive disposizioni tecniche; o per i termovalorizzatori il D.Lgs 11 maggio 2005, n. 133, il quale si propone di determinare i criteri e le norme

tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni in atmosfera.

3. 2 - C l ass i f i c az i o n e d ei r i f i u t i .

I rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Tutte le tipologie di rifiuto sono contemplate dalla normativa nel cosiddetto Codice C.E.R. cioé il Codice Europeo dei Rifiuti, (vedi allegato D del D.Lgs 3 Aprile 2006 n.152). I rifiuti, infatti, sono specificatamente definiti e quindi gestiti mediante un codice a sei cifre.

I rifiuti pericolosi sono quelli contrassegnati con l’asterisco.

Un rifiuto può essere identificato come pericoloso o non pericoloso a seconda delle sostanze che lo compongono o che lo inquinano. Ad esempio, un imballaggio metallico C.E.R.150104 può cambiare la sua classificazione in C.E.R. 150110 se altamente inquinato di vernice, questo dipende dalla concentrazione degli inquinanti che si rileva in laboratorio tramite l’analisi di caratterizzazione del rifiuto.

I rifiuti urbani pericolosi (RUP) sono costituiti da tutta quella serie di rifiuti che, pur avendo un’origine civile, contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti o tossiche e che quindi non devono essere dispersi nell’ambiente. Tra i RUP, i principali sono i medicinali scaduti e le pile.

Sono rifiuti speciali quelli che derivano da attività produttive, industriali, artigianali, agricole, commerciali, di servizio e da attività di costruzione e demolizione.

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I rifiuti speciali pericolosi sono quei rifiuti generati dalle attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti. Per questo motivo occorre renderli innocui, cioè trattarli in modo da ridurne drasticamente la pericolosità. Nella normativa precedente rispetto a quella in vigore attualmente, tali rifiuti erano definiti come rifiuti tossico nocivi. Sono esempi di rifiuti speciali pericolosi: rifiuti di processi di raffinazione del petrolio; rifiuti di processi chimici; rifiuti di industria fotografica; rifiuti di industria metallurgica; oli esauriti; solventi; rifiuti di produzione conciaria e tessile; rifiuti da impianti di trattamento dei rifiuti; rifiuti di ricerca medica e veterinaria

Si definiscono rifiuti speciali assimilati (RSA) i rifiuti prodotti da attività artigianali, industriali e commerciali (quindi rifiuti speciali), che non rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi e sono assimilati agli urbani, come specificato dai Regolamenti Comunali di gestione rifiuti (ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g. del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22). I rifiuti assimilati, quindi, vengono gestiti, dai Comuni, insieme agli urbani. Come spiegheremo meglio nel capitolo successivo, ogni comune può utilizzare criteri diversi per definire un rifiuto assimilato, assimilabile e speciale.

Capitolo 4 – Quanti rifiuti produciamo

4 . 1 – L a p rodu zi one d i r i f i u t i i n I t a l i a .

La quantità dei rifiuti prodotti è ormai, nelle società industrializzate, indice della crescita economica e della misura dei consumi. Si può affermare che la produzione di rifiuti urbani è proporzionale alla ricchezza, o meglio, al Prodotto Interno Lordo (PIL - il valore di tutti i beni e servizi prodotti all'interno di un determinato Paese) pro- capite. Generalmente gli abitanti dei paesi più ricchi e industrializzati, producono più rifiuti degli abitanti dei paesi in via di sviluppo. Nei primi, la produzione pro-capite di rifiuti solidi urbani (RSU) ha ormai abbondantemente superato il chilogrammo/giorno.

Anche in Italia il rapporto fra produzione dei rifiuti e PIL deve essere oggetto di particolare attenzione. Nel Rapporto CNEL 2007 viene valutato il trend 1998-2005: i rifiuti tendono a crescere del 1,7% ad ogni 0,1 punto % di crescita del PIL.

Fonte: Rapporto CNEL pag. 25

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L’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ex APAT, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici, che ogni anno raccoglie ed elabora dati relativi alla produzione, alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti), ha stimato che nel 2007 ogni italiano ha prodotto, mediamente, 546 kg di rifiuti urbani, pari a 1,5 Kg al giorno, quantità comunque inferiore rispetto ai 550 del 2006. Rispetto al 2006 si ferma anche la crescita nella produzione totale nazionale, che nel 2007 si è attestata a 32,5 milioni di tonnellate,

Figura 1 – Andamento della produzione di rifiuti urbani, anni 1997 – 2007

Tratta dal Rapporto Rifiuti 2008 di ISPRA cap. 2 pag. 9

Dalla tabella di ISPRA notiamo che tra il 2006 e il 2007 si verifica un incremento di 40 mila tonnellate (pari ad appena lo 0,1 per cento) mentre tra il 2000 e il 2006 la produzione nazionale è aumentata del 12,3% circa, corrispondenti a oltre 3,5 milioni di tonnellate! Va rilevato che l’andamento della produzione dei rifiuti urbani può essere legato a diversi fattori; si riscontra, ad esempio una correlazione tra crescita della produzione di RU e andamento degli indicatori socio economici, quali il Prodotto Interno Lordo e le spese delle famiglie residenti, come dimostrano i valori illustrati dalla Tabella 2: maggiore quantità di beni prodotti, cioè maggiore sfruttamento delle risorse esistenti, significa maggior consumo, e quindi aumento dei rifiuti prodotti.

Tabella 1 - Produzione totale di rifiuti urbani (milioni di tonnellate) per macroarea geografica dal 2003 al 2007 (tratta dal Rapporto Rifiuti 2008 di ISPRA estratto della tabella 2.1 cap. 2 pag. 8)

Regione 2003 2004 2005 2006 2007

Nord 13.575.928 14.028.172 14.174.795 14.601.853 14.616.674

Centro 6.585.860 6.940.794 7.230.344 7.363.978 7.352.259

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Un ulteriore fattore che può incidere sull’andamento delle stime sui rifiuti urbani è il criterio adottato dai diversi contesti territoriali, di assimilare agli urbani stessi, alcune tipologie di rifiuti speciali derivanti dai circuiti produttivi. Alcuni rifiuti, infatti, si possono considerare urbani o speciali a seconda della soglia di assimilazione ammessa da ciascun Comune. Si può generalmente affermare che: più rifiuti vengono assimilati agli urbani (gestiti dai

Comuni) e meno rifiuti speciali rimangono in circolazione (gestiti dai privati).

Stando al Rapporto APAT 2006, la Regione Emilia Romagna, in linea con il centro Italia, riporta 666 Kg per abitante/anno di urbani e 2660 Kg per abitante/anno di speciali, mentre altre Regioni del Nord non arrivano a 500 Kg per abitante/anno di urbani, ma superano abbondantemente i 3000 Kg di speciali, ciò significa che il criterio di assimilazione è più basso e che si lasciano più rifiuti alla gestione privata. Questa condotta può essere rischiosa: il Rapporto 2007 di Legambiente sulle Ecomafie evidenzia che 18 milioni di tonnellate di rifiuti speciali spariscono ogni anno.

Complessivamente la produzione di rifiuti speciali cresce: nel 2006 (Rapporto ISPRA 2008) erano 73,4 milioni di tonnellate quelli non pericolosi, 9,2 milioni quelli pericolosi e 52 milioni i rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione, per un totale di oltre 134 milioni. Se li sommiamo agli urbani, si superano abbondantemente i 160 milioni di tonnellate di rifiuti che complessivamente il nostro paese produce ogni

anno.

Sempre l’ultimo Rapporto Rifiuti ISPRA porta notizie positive per la raccolta differenziata, che nel Paese ha raggiunto il 27,5% della produzione totale di rifiuti, in aumento dell’1,7% rispetto al 2006, anche se siamo ancora lontani dai target fissati dalla Legge Finanziaria 2007 (comma 1108) che fissa al 60% la percentuale di raccolta differenziata da assicurare entro il 31 dicembre 2011.

Produzione rifiuti in ItaliaFonte ISPRA: RU 2008 RS 2006

(Valori in milioni di tonnellate)

Urbani; 32,5

Pericolosi; 9,2

Attività di

costruzione-

demolizione; 52

Speciali non

pericolosi; 73,4

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Come conseguenza del miglioramento della raccolta differenziata, diminuisce la quantità di rifiuti conferita in discarica, che pure continua ad essere la forma più diffusa di gestione, raccogliendo nel 2007 il 46,7% del totale, con un calo del 2,4% rispetto al 2006. Resta indietro l’incenerimento, che interessa il 10,3% dei rifiuti prodotti nell’anno 2007. Ruolo importante per il compostaggio di matrici selezionate, con un incremento del 4,7% e una quantità di rifiuti trattati che arriva a 2,4 milioni di tonnellate; altrettanto significativo il risultato del recupero dei rifiuti da imballaggio, con oltre 7,1 tonnellate di rifiuti provenienti da superfici pubbliche e private, con il recupero del 68% dell’immesso al consumo, percentuale che a livello nazionale ha superato l’obiettivo del 60% previsto dalla legge.

4 . 1 – L a p rodu zi one d i r i f i u t i i n Emi l i a -Romagna.

La regione Emilia Romagna, è fra i primi posti nella classifica dei maggiori produttori di rifiuti in Italia. Nel 2007 in tutta l´Emilia Romagna sono state prodotte 2.930.000 tonnellate di rifiuti urbani e assimilati (+1,3% rispetto all´anno precedente) e 676 chili all´anno per persona: circa un chilo e 850 grammi al giorno! Bisogna però sottolineare che la cifra comprende anche i rifiuti prodotti dalle migliaia di turisti che affollano il litorale romagnolo e le città d´arte. Ma buone notizie vengono dalla raccolta differenziata che sale al 39,8%: aumentano infatti in Emilia-Romagna i rifiuti avviati al recupero e al riciclo, e scendono quelli non recuperabili.

Nel 2007, la raccolta differenziata ha interessato in Emilia-Romagna 1.167.635 tonnellate di rifiuti, con un aumento del 3,5% rispetto all’anno precedente. Di fatto ha raggiunto l’obiettivo del 40% di raccolta differenziata previsto dalle leggi nazionali per l’anno 2008. Fra le province più virtuose servite dal Gruppo Hera troviamo Ravenna, 43,7%; Modena, 42% e Ferrara, 40,4%. Nel 2008 è cresciuta ulteriormente la raccolta differenziata in Emilia-Romagna, infatti ha toccato quota 45%, centrando appieno l’obiettivo fissato dalla legislazione nazionale e mettendo a segno un +5% rispetto all’anno precedente. (Fonte: Regione Emilia-Romagna, dati illustrati nel corso del convegno "Rifiuti, l'innovazione necessaria. Le buone pratiche dalla riduzione al recupero”: http://www.ermesambiente.it/wcm/ermesambiente/news/2009/aprile/24_risorseraccoltadiff.htm)

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Capitolo 5 – Il ciclo integrato dei rifiuti

Quando si parla di “ciclo integrato dei rifiuti” si intende il sistema volto a gestire l’intero processo dei rifiuti, dalla produzione alla sorte finale, e comprende quindi la raccolta, il trasporto e il trattamento (riciclaggio o smaltimento) attraverso una rete integrata di impianti, molti dei quali oggetto di visita nell’ambito dell’Itinherario Invisibile. Il sistema di gestione dei rifiuti è individuato da diversi processi e dalle loro interrelazioni che riguardano la raccolta, la separazione, il trattamento e lo smaltimento finale. I processi, gli impianti, le attività e le operazioni associate alla gestione dei rifiuti sono molteplici

5. 1 - I l qu ad ro eu ropeo .

Come abbiamo già visto, la gestione dei rifiuti in Italia fa riferimento ai programmi della Comunità Europea. Nella legislazione dei Paesi membri dell’UE, risulta prioritaria l’azione di minimizzazione dei rifiuti, secondo una gerarchia di opzioni che prevede prima la prevenzione e dopo il riciclo. La definizione di minimizzazione dei rifiuti, intesa come riduzione della loro quantità e nocività per l’ambiente, comprende le seguenti azioni: prevenzione, riduzione alla fonte, riutilizzo del prodotto e riciclaggio. I principi che vengono indicati nei programmi CE per la gestione dei rifiuti sono: o gerarchia degli interventi: riduzione della produzione, recupero e smaltimento; o principi di autosufficienza e prossimità in materia di smaltimento; o principio “chi inquina paga”; o pianificazione. Queste disposizioni normative (e quelle nazionali) richiedono sempre di più un notevole sforzo per modificare i sistemi di gestione dei rifiuti attuali per indirizzarli verso la promozione di politiche per la prevenzione, valori elevati di raccolta differenziata, incrementi delle diverse forme di riciclaggio, definizione di norme tecniche per le attività di riciclaggio. Gli effetti di tali politiche determineranno: o l'aumento della quantità di rifiuti da destinare a recupero e a compostaggio; o la necessità di creare nuove soluzioni per gestire i rifiuti; o l'aumento del recupero di energia da rifiuti; o la diminuzione dei rifiuti conferiti in discarica.

Per il raggiungimento degli obiettivi di minimizzazione dei rifiuti (prevenzione, riduzione alla fonte, riutilizzo del prodotto e riciclaggio) occorre creare collaborazioni con il mondo delle imprese, allo scopo di attivare processi che prevedano una reale prevenzione della produzione dei rifiuti alla fonte, agendo sulle varie fasi di vita di un prodotto (progettazione, produzione, trasporto e acquisto), anche al fine di aumentare il recupero di materia. Inoltre, occorre migliorare il processo del riciclaggio con l’obiettivo di attivare tutte quelle azioni che possano consentire di gestire e minimizzare i rifiuti una volta generati, portando i valori del recupero ai livelli dell’UE. I Paesi membri dell’UE, recependo le direttive comunitarie, hanno intrapreso un percorso che dovrebbe permettere, oltre alla riduzione delle quantità di rifiuto prodotte, anche una riduzione degli impatti ambientali. Le strategie comunitarie prevedono di aumentare l’effettivo recupero di materia, incrementare il recupero di energia e minimizzare lo smaltimento in discarica dei rifiuti.

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In Europa ci sono Stati molto virtuosi che hanno già raggiunto un obiettivo importante: il conferimento pressoché nullo di rifiuti in discarica. Da un punto di vista ambientale è un grande successo poiché è assodato che la discarica rappresenta la più obsoleta metodologia nello smaltimento dei rifiuti.

5 . 2 – I l q u ad ro i t a l i ano .

La situazione italiana è oggi lontana dai virtuosismi europei: quasi il 50% dei nostri rifiuti finisce in

discarica. Per ottenere basse percentuali di rifiuto conferito in discarica molti Stati hanno spinto sia sul recupero di materia sia sul recupero di energia. La Svizzera e la Danimarca, per citare alcuni casi, attualmente hanno circa il 50% di rifiuto termovalorizzato ed il resto avviato a recupero. La tabella sotto riportata evidenzia i posizionamenti degli stati membri riferiti alla destinazione impiantistica dei rifiuti prodotti. Nella colonna denominata “Altro”, la rilevanza di ulteriori tecnologie quali compostaggio, riciclo, ecc...

Tratto da: La gestione dei rifiuti urbani nel Gruppo Hera, pag. 12 e 13.

Particolarmente interessanti sono i dati, riferiti al periodo 1995-2006, forniti da Eurostat, l’Ufficio Statistico della Comunità Europea: dall’analisi dei grafici riferiti alle modalità di gestione dei rifiuti urbani all’interno dell’Unione Europea, emerge che, mentre in Europa i rifiuti conferiti in discarica stanno diminuendo a favore di quelli trattati nei termovalorizzatori, in Italia il trend di incremento dei rifiuti destinati a termovalorizzatori è ancora moderato. All’interno di questi dati, Hera si posiziona invece verso le medie europee, dimostrando, quindi, una visione più moderna e più in linea con le direttive europee rispetto al resto dell’Italia.

Per altro si intendono, come sopra, gli impianti per il compostaggio e altre forme di recupero.

Tratto da: La gestione dei rifiuti urbani nel Gruppo Hera, pag. 12.

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5. 3 - L a g est i o n e i n t eg r at a d e i r i f i u t i n e l s i s t ema Her a.

La formula imprenditoriale di Hera è fondata su una società capogruppo che costituisce un polo aggregatore in grado di assicurare elevati standard di servizio, di ottimizzare i processi operativi e di sfruttare le sinergie. Ad ogni ambito provinciale corrispondono varie Società Operative Territoriali fortemente radicate nel proprio territorio e capaci di interpretarne le peculiari esigenze attraverso l'offerta di una ampia gamma di servizi ambientali. Nel settore ambiente, infatti, Hera svolge l'intero ciclo di gestione dei rifiuti, attraverso i servizi territoriali (raccolta rifiuti, spazzamento, lavaggio strade, ecc) e il vero e proprio trattamento dei rifiuti (recupero e smaltimento) coprendo in totale autosufficienza l'intero fabbisogno del territorio servito.

La raccolta di rifiuti urbani e assimilati, viene svolta per circa 2,5 milioni di abitanti delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Ravenna, Forlì Cesena, Rimini, Pesaro-Urbino e Firenze. Il Gruppo Hera effettua anche la raccolta di rifiuti speciali (provenienti da attività industriali, commerciali e del terziario) che non risultano assimilabili ai rifiuti urbani per qualità e quantità, nonché il trattamento e il recupero di rifiuti solidi urbani e speciali, di rifiuti liquidi e fangosi e lo smaltimento in discarica dei rifiuti non recuperabili. Questo insieme di attività è finalizzato prevalentemente al recupero di materie dai rifiuti per destinarle al reimpiego nei cicli produttivi, inoltre, si occupa di ridurre la pericolosità e la quantità dei rifiuti destinati alla discarica e di produrre energia elettrica o termica sfruttando i trattamenti di termovalorizzazione (quel processo che consente al tempo stesso sia lo smaltimento dei rifiuti stessi sia la produzione di energia) negli impianti di Bologna, Modena, Ferrara, Rimini, Ravenna e Forlì. Il Gruppo dispone anche di impianti di compostaggio, un processo di trattamento dei rifiuti organici attraverso il quale viene prodotto il compost (concime naturale). Il complesso sistema impiantistico per il trattamento delle varie tipologie di rifiuti fa capo direttamente alla Divisione Ambiente di Hera S.p.A. che ne assicura l'utilizzo razionale e ottimale garantendo la completa autosufficienza dei Comuni serviti per lo smaltimento dell'intera produzione di rifiuti.

Fonte: Hera spa, elaborazione dati di bilancio delle società

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Capitolo 6 - Il viaggio dei rifiuti 6. 1 - Racco l t a d i f fe ren z i at a .

E’ risaputo che il sacchetto della spazzatura di casa è composto all’incirca da un 30% di organico e da un 70% di imballaggi.

Materiali

pericolosi

(farmaci, pile,

ecc.)

1%

Metalli

4%Vetro

8%

Plastica e

gomma

13%

Organico

30%

Carta e

cartone

24%

Stracci e

legno

20%

Materiali pericolosi(farmaci, pile, ecc.)

Organico

Carta e cartone

Stracci e legno

Plastica e gomma

Vetro

Metalli

riciclo dei rifiuti poiché: solo differenziandoli i rifiuti possono diventare Materie Prime Seconde. Tutto ciò consente di risparmiare risorse ed energia e di contenere i costi di gestione .

6. 1 . 1 - No rma t i v a su l l a r acco l t a d i f fe ren z i at a .

Prima di procedere alla descrizione dei sistemi di raccolta differenziata adottati dal Gruppo Hera è necessaria una breve introduzione sulla specifica normativa del settore.

Da un punto di vista legislativo la situazione è complessa, poiché, da un lato, il Testo Unico Ambientale e le successive disposizioni correttive e integrative (DLgs. 3 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale” e succ. integrazioni e DLgs. 4/08 del 16/01/08 recante ulteriori disposizioni), hanno introdotto modifiche sostanziali alla disciplina dei vari settori in attuazione di direttive comunitarie, ma, dall’altro, l’attesa della definizione dei decreti attuativi, rende lo scenario attuale tuttora incerto e privo di un preciso quadro normativo di riferimento. Inoltre, il quadro normativo regionale e locale è fondato ancora sulle basi del Decreto Ronchi e sue successive modificazioni. A ciò si aggiunge che la Regione, con l’impiego dell’ Art. 1 comma 1108 (Legge Finanziaria 2007), provvede, tramite la nomina di un commissario ad Acta, a garantire il governo della gestione dei rifiuti, al fine di realizzare i risparmi di spesa ed un più efficace impiego delle risorse finanziarie, pertanto, all’interno degli Ambiti Territoriali Ottimali (istituiti dal Decreto Ronchi con il compito di assicurare una gestione unitaria dei rifiuti urbani) dovrà essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime: almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009

almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011

La raccolta differenziata, dunque, non deve essere intesa come un puro esercizio filosofico di sostenibilità ambientale, ma deve essere correttamente individuata anche all’interno di un obbligo normativo.

Fonte: “Il Sole 24 ore” 4 febbraio 2008.

Il contributo più grande alla tutela dell’ambiente può quindi offrirlo il cittadino tramite l’utilizzo dei sistemi di raccolta differenziata. Il conferimento dei rifiuti nel corretto contenitore di raccolta è la prima azione che determina il viaggio dei nostri scarti; consente, infatti, di raggruppare i materiali differenziandoli per tipologia; in tal modo si può procedere nelle successive azioni di recupero e

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6. 1 . 2 - S i st em i d i con f er imen to . Il Gruppo Hera effettua sia la raccolta monomateriale (carta, vetro, plastica, organico, pile, ecc.) che multimateriale (frazioni secche miste: es. vetro/lattine, plastica/lattine, ecc.). La raccolta differenziata viene svolta tramite circuiti stradali (mediante contenitori di varia tipologia: campane, cassonetti, bidoni, ecc.) e attraverso circuiti domiciliari. I sistemi adottati da Hera si configurano con un mix di soluzioni la cui scelta è a discrezione dei singoli Comuni e comprendono, sia i servizi di raccolta tradizionale (mediante i contenitori stradali), sia le modalità di raccolta domiciliari con il sistema porta a porta. Si può quindi parlare di sistemi integrati di gestione e di raccolta rifiuti, come sviluppo e superamento dei modelli tradizionali di raccolta riconducibili ai sistemi basati solo sui contenitori stradali o ai sistemi unici quali il “porta a porta integrale”. A complemento delle diverse tipologie di raccolte, concordate con i singoli Comuni, e realizzate sui diversi territori, sono inoltre sempre attivi: o il servizio di raccolta presso le stazioni

ecologiche, che sono aree attrezzate, dotate di ampi piazzali e specifici contenitori, aperte al pubblico per il conferimento diretto da parte dei cittadini di particolari tipologie di rifiuti. Nel territorio gestito da Hera sono presenti 118 stazioni ecologiche.

o Il servizio di ritiro rifiuti ingombranti: per tipologie difficili da trasportare a cura del cittadino (mobili, materassi, imballaggi, apparecchiature elettriche o elettroniche voluminose, ecc); si tratta di materiali che per tipologia, dimensioni o peso non possono essere conferiti nei cassonetti stradali e non sempre possono essere facilmente portati nelle stazioni ecologiche. Il ritiro avviene con appuntamento su chiamata al numero verde.

6. 1 . 3 - SGR 50.

Il sistema SGR 50, è il Sistema di Gestione Rifiuti con obiettivo 50% di raccolta differenziata, è un modello ideato da Hera che garantisce risultati al di sopra della media nazionale, una buona qualità del servizio e il rispetto dell’ambiente e delle risorse. E’ importante sottolineare che il sistema permette di raggiungere tale obiettivo senza ridurre i servizi agli utenti ma, anzi, aumentandoli attraverso le seguenti azioni: o potenziamento dei contenitori stradali per la raccolta differenziata sul territorio; o ampliamento della gamma di servizi in particolare rivolti alle “utenze target” per specifiche filiere di rifiuti; o realizzazione di nuove Stazioni Ecologiche e l’ampliamento degli orari di apertura al pubblico di quelle

esistenti. Ulteriori informazioni nel sito web Clienti del Gruppo Hera, in Clienti/Casa/Ambiente, digitando un qualsiasi comune (ad esempio per Bologna: http://www.gruppohera.it/clienti/casa/casa_lista_servizi/casa_servizio_ambiente/328.html)

Stazione Ecologica di Cesena. Foto archivio Hera.

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6. 2 L a sel ez i o n e.

Il viaggio dei rifiuti prosegue dopo la raccolta dei materiali differenziati. L’effettivo recupero di materia dai rifiuti dipende in gran parte dalla scrupolosità del conferimento da parte del cittadino, infatti, la qualità della raccolta è migliore quanto più i cittadini sono accurati nel conferire i materiali: in un caso ottimale tutti i materiali raccolti possono essere destinati a effettivo recupero e andare quindi a produrre nuovi oggetti; analogamente, la scarsa qualità della raccolta differenziata viene provocata da conferimenti poco attenti e non adatti al tipo di raccolta, in questo caso, il carico raccolto è compromesso e deve necessariamente essere sottoposto a selezione prima di poter essere avviato al recupero. Gli impianti di selezione del Gruppo Hera trattano i rifiuti solidi urbani (RSU) derivanti dalla raccolta differenziata della frazione multimateriale (frazioni secche: vetro/lattine, plastica/lattine, vetro/plastica/lattine, ecc.) e i rifiuti speciali non pericolosi, cioè quelli provenienti da attività produttive artigianali ed industriali che per legge non possono essere immessi nei normali circuiti di raccolta stradale. Alcuni esempi di rifiuti ammessi negli impianti sono: imballaggi in carta e cartone, vetro, plastica, lattine, legno, metalli ferrosi, materiali misti, ecc. I rifiuti in entrata vengono controllati al fine di accertare la conformità dei materiali, successivamente vengono selezionati per tipologia di materiale, eventualmente trattati (lavati e puliti) e quindi stoccati per essere poi avviati al recupero.

Particolare impianto di selezione Voltana di Lugo (RA). Alcuni materiali selezionati e imballati.

I differenti materiali vengono poi avviati ai diversi Consorzi Nazionali, a seconda della filiera (carta/cartone, plastica, vetro, ecc) – come chiariremo meglio più avanti - per il recupero conclusivo del materiale. Lo scarto della selezione, invece, cioè il materiale sporco o accoppiato o inquinato o non recuperabile, viene avviato alla fine del suo ciclo di vita, ossia allo smaltimento finale quindi alla termovalorizzazione o, al limite dei casi, alla discarica.

Materiali in fase di carico per l’avvio a recupero.

Fonte di queste e delle successive immagini: archivio Hera

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6. 2 . 1 - G l i imp i an t i d e l l ’ i t i nHer a r i o in vi s ib i l e .

G l i imp i an t i d i se l e z i o n e d i Co r i ano (RN) e Modena

Questi impianti sono gestiti da AKRON S.p.a., Società del Gruppo Hera, che opera dal 1993 nel campo dei servizi ambientali. Nell’impianto di Coriano sono presenti 4 linee di trattamento dei rifiuti:

1. linea dedicata alla cernita del multimateriale 2. linea dedicata alla cernita degli imballaggi in vetro (dotata di deferrizzatore per metalli ferrosi) 3. linea dedicata alla cernita dei materiali plastici 4. linea pressa, che riduce il volume delle frazioni separate

La tipologia di selezione dei rifiuti in ingresso è sia manuale che meccanica per conferire al materiale le caratteristiche qualitative di “materia prima secondaria”, cioè di prodotto commercializzabile sui successivi impianti dei Consorzi Nazionali di recupero.

Carta e cartone selezioni e imballati. In primo piano tetrapak selezionato e imballato.

Nell’impianto di Modena, invece, sono presenti 2 linee di produzione: 1. linea dedicata alla selezione automatica del materiale 2. linea di riduzione volumetrica delle frazioni separate.

L'efficienza di recupero è stimata attorno al 60% del materiale trattato.

Impianto di selezione Tremonti di Imola. Vetro e lattine selezionati.

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L ' imp i an to d i se l ez i o n e d i F e r r ar a

Gestito da ECOSFERA S.p.A., Società del Gruppo Hera, questo impianto è attivo dal 2000 e tratta varie tipologie di rifiuti: o rifiuti da imballaggio in carta, cartone, plastica, vetro, legno, materiali ferrosi; o sfalci e potature; o rifiuti misti derivanti da raccolta multimateriale svolta nel comune di Ferrara. La tecnologia di selezione è analoga alle precedenti: i rifiuti in ingresso vengono sottoposti ad un controllo di conformità e avviati, a seconda della tipologia, alla riduzione volumetrica (legno e rifiuti ingombranti) e/o alla selezione meccanica con deferrizzazione. I rifiuti misti derivanti dalla raccolta multimateriale sono inviati alla cernita manuale per essere selezionati in base alle caratteristiche merceologiche. Infine, i prodotti della selezione, sottoposti a riduzione e presso-legatura sono trasportati alle rispettive filiere di recupero finale (cartiere, pennellifici, impianti di compostaggio, ecc.) La potenzialità massima di trattamento dell’impianto è di 50.000 t/anno di materiale in entrata. I rifiuti trattati sono in media 43.000 t/anno.

Carta selezionata, pressata e imballata. Plastica selezionata. Plastica pressata e imballata.

6. 3 - I l compost agg io .

Come sappiamo la raccolta differenziata dei rifiuti è l’unico metodo che fino ad oggi il progresso scientifico ha individuato per riuscire a gestire in sostenibilità i tanti rifiuti che ogni giorno produciamo. Anche gli scarti organici provenienti dalla cucina e dal giardinaggio possono diventare preziose risorse. Infatti sono scarti biologici ad alto tenore di umidità, perciò anche noti come "frazione umida" dei rifiuti solidi urbani (RSU), per distinguerla da quella “secca” (vetro, carta, plastica, metalli, ecc.).

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“Tutti gli scarti di provenienza alimentare, vegetale,

animale ad alta umidità costituiscono il 30 – 35%

della composizione totale dei rifiuti solidi urbani”

Agenzia Regionale Protezione Ambiente - Emilia Romagna.

Il recupero della frazione umida può notevolmente influire sulla diminuzione dei RSU. Ad esempio si possono raccogliere in modo differenziato: scarti di cucina, scarti di frutta e verdura, alimenti deteriorati, fondi di caffè, filtri di tè, gusci d’uovo, piatti e bicchieri in bio-plastica (biodegradabili), bucce di frutta, noccioli, piante recise e potature, pane, ceneri spente di caminetti, piccoli ossi e gusci di molluschi. Il compostaggio sfrutta il naturale processo di decomposizione della sostanza organica. E'un processo biologico che, trasforma la materia organica in un terriccio, il compost, dotato di alto potere fertilizzante, impiegato in agricoltura come ammendante, fertilizzante o substrato colturale. Il processo avviene in condizioni controllate di umidità e temperatura, per opera dei microrganismi presenti in natura (batteri, funghi, lombrichi, acari, ecc) e comporta la produzione di calore e la formazione di anidride carbonica e acqua. Si evolve attraverso due fasi: la bio-ossidazione, che degrada le componenti organiche, e la maturazione, che stabilizza il prodotto e lo arricchisce di sostanze umiche (humus). L’utilizzo del compost è consigliabile poiché ad esso viene riconosciuta una notevole capacità agronomica. Le principali caratteristiche dei substrati comunemente presenti nel mercato, sono: consentire un buon ancoraggio delle radici delle piante, trasferire alla pianta capacità di ritenzione idrica e drenaggio, veicolare gli elementi nutritivi che vengono somministrati, preservare condizioni fisico-chimiche stabili nel tempo, garantire struttura e aerazione.

6 . 3 . 1 - G l i imp i an t i d e l l ’ i t i nHer a r i o in vi s ib i l e .

L’ imp ian t o d i compost agg i o d i Vo l tan a d i Lugo (RA )

Gestito da RECUPERA S.r.l., Società del Gruppo Hera, l’impianto fa parte di un "centro integrato di trattamento rifiuti", comprendente anche un impianto di selezione della frazione secca dei rifiuti (gestito da Akron, altra Società di Hera) e una discarica per rifiuti urbani e speciali non pericolosi (anch’essa gestita da Hera).

L'impianto di compostaggio riceve e lavora le seguenti tipologie di rifiuti organici: o organico da raccolta differenziata; o organico da selezione meccanica dei rifiuti

urbani; o potature del verde, sfalci e rami (residui

lignocellulosici). La capacità di trattamento dell’impianto è di 60.000 t/anno di materiale in entrata.

Panoramica impianti di Voltana di Lugo (RA).

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Tecnologia aerobica

Dopo la ricezione dei materiali e il relativo stoccaggio (immagazzinamento), segue la miscelazione delle matrici organiche umide con quelle lignocellulosiche allo scopo di favorire la circolazione dell’aria all'interno della massa in trattamento: il processo avviene infatti grazie alla presenza di ossigeno (aerobiosi). Nella successiva fase della biossidazione il materiale viene disposto in cumuli dotati di canalizzazioni interrate per assicurare la ventilazione forzata della biomassa. Per migliorare il processo di ventilazione (stabilizzazione aerobica) i cumuli sono periodicamente rivoltati con mezzi meccanici. Questa fase è caratterizzata dall'attività biossidativa dei microrganismi (batteri, funghi, attinomiceti) che degrada i composti solubili (grassi, zuccheri, proteine, lignina) producendo anidride carbonica, acqua e calore. Il calore di reazione, accumulato all’interno dei cumuli, raggiunge e supera la temperatura di 40°C, creando il regime termofilo ottimale per favorire la suddetta azione degradante. La temperatura cresce con l’aumentare dell’attività microbica: a 55°C avviene la completa igienizzazione del materiale poiché scompaiono i microrganismi patogeni per l'uomo e le piante. Ma mano che si degradano i composti ossidabili, si verifica la diminuzione dell’attività microbica e il calo della temperatura, producendo una frazione organica "humificata", ovvero il compost. Successivamente il prodotto viene sottoposto alle fasi di maturazione e stabilizzazione, poi viene vagliato per trattenere possibili impurezze e materiali grossolani, ed infine, viene preparato per il reimpiego nei settori agricolo e floro-vivaistico. L'impianto di Voltana è dotato di due differenti linee di trattamento: una per la produzione di Ammendante Compostato Misto (compost di qualità: All.II, D.Lgs n.217/06) e l'altra per la produzione di biostabilizzato (compost fuori specifica: DGR 1996/2006). Nella prima linea, dedicata al compost di qualità, la fase di biossidazione dura 25-28 giorni, mentre la maturazione/stabilizzazione dura circa 90 giorni; infine si ha la raffinazione finale e lo stoccaggio del compost prodotto.

Fasi di maturazione del compost (Voltana, Lugo-RA).

Nella seconda linea dedicata alla produzione di Biostabilizzato (Compost Fuori Specifica) la biossidazione riguarda le matrici organiche ottenute dalla selezione meccanica ed è accelerata (per un massimo di 21 giorni). Entrambe le linee sono dotate di biofiltri per il trattamento appropriato dell’aria aspirata dalle sezioni di biossidazione e stoccaggio.

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Tutte le acque prodotte nelle varie fasi sono convogliate ad una rete di raccolta e vengono inviate a trattamento appropriato.

Fasi di lavorazione del compost (Voltana, Lugo-RA).

L’ imp ian t o d i compost agg i o Ca ' Ba l d acci d i R im in i

Anche questo centro di compostaggio è gestito per il Gruppo Hera da RECUPERA. Sorge su una discarica esaurita nel 1989, sulla quale, completati gli interventi per il recupero ambientale del sito, si è edificata la struttura attuale. Come l’impianto di Voltana, è destinato al trattamento biologico di rifiuti non pericolosi mediante compostaggio aerobico per ottenere compost di qualità (ammendante compostato misto) e biostabilizzato (compost fuori specifica). L'impianto tratta le seguenti tipologie di rifiuti organici: o Rifiuti organici a bassa putrescibilità (scarti verdi e lignocellulosici, segatura, trucioli, frammenti di legno,

sughero); o Rifiuti organici ad alta putrescibilità (frazione organica umida da raccolta differenziata di RSU, rifiuti vegetali

da attività agroindustriali); o Frazione organica derivante da selezione meccanica di RSU (FORSU). Potenzialità di Trattamento di 57.000 ton di rifiuti organici ripartite come segue: o 22.800 ton di rifiuti organici da selezione meccanica (FORSU) e rifiuti lignocellulosici provenienti dalle

potature urbane; o 34.200 ton di rifiuti originati dal trattamento meccanico di altri rifiuti. La tecnologia utilizzata è la medesima dell’impianto di Voltana di Lugo (RA).

Fasi di lavorazione del compost.

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6. 3 . 2 - C er t i f i caz i o n i d i Qua l i t à .

Agli impianti di compostaggio del Gruppo Hera, gestiti da RECUPERA, è stata riconosciuta la certificazione di qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001 2000 per la produzione di ammendante compostato misto e secondo la norma UNI EN ISO 14001 2004 relativamente al sistema di gestione ambientale adottato. Hanno inoltre ottenuto il marchio Compost di Qualità del C.I.C. -Consorzio Italiano Compostatori.

UNI EN ISO 14001 UNI EN ISO 9001 Marchio compost di qualità Marchio volontario

La norma UNI EN ISO 9001:2000 è la norma tecnica internazionale riguardante la certificazione dei sistemi di gestione della qualità (nota anche come "Vision 2000"), mentre la norma UNI EN ISO 14001:2004 è la norma tecnica internazionale riguardante la certificazione dei sistemi di gestione ambientale. La norma internazionale Iso 14001 rappresenta uno strumento di adesione volontaria che non richiede obbligatoriamente una comunicazione nei confronti dei cittadini. La norma Iso è di natura privata ed è orientata al miglioramento gestionale della variabile ambientale all’interno dell’impresa o di qualsiasi altra organizzazione. Esiste poi anche la Dichiarazione Ambientale, che è il documento attraverso il quale Hera S.p.a. – Divisione Ambiente informa il lettore sugli sviluppi delle performances che il sistema di gestione ambientale dell’azienda ha avuto negli ultimi anni. I dati in essa contenuti si riferiscono all’ultimo triennio. 6. 4 - Conso r z i p er i l r i c i c l agg i o e i l recupero d e i mat er i a l i .

E’ noto che il problema di una corretta gestione dei rifiuti da imballaggio è una esigenza comune a tutti gli stati membri dell'Unione Europea. Storicamente la grande crescita e diffusione, nei paesi più industrializzati, di involucri, contenitori, materiali per l’imballo delle merci, ha indotto il legislatore comunitario all’emanazione di importanti Direttive: n. 94/62/CE, n.75/439/CE, n.76/403, n.78/319, norme che hanno previsto un certo inquadramento normativo e hanno indicato la strada per favorire il recupero dei rifiuti e l'utilizzazione dei materiali di recupero, al fine di preservare le risorse naturali e migliorare la qualità della vita e dell’ambiente. Gli indirizzi europei sono stati recepiti nel nostro paese con diversi provvedimenti, come il DPR 915/82 o la Legge 475/88, quest’ultima, in particolare, è istitutiva del Consorzio obbligatorio per la raccolta delle batterie al piombo e dei rifiuti piombosi (COBAT), e obbliga i Comuni alla raccolta e al riciclo di quanto recuperato dei seguenti materiali: vetro, carta, metalli, plastiche, poliaccoppiati, batterie ed oli esausti. Successivamente altre esperienze maturate in diversi paesi europei (es. Germania) hanno portato alla luce che il solo riciclo delle materie seconde, cioè i materiali recuperati con le raccolte differenziate, non può risolvere il problema dell’intero ciclo dei rifiuti, anzi si è visto che purtroppo si vengono ad innescare altri problemi sul valore economico di tali risorse e l'apertura di mercati su cui reintrodurle.

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Oggi è chiaro che per trattare globalmente la questione "rifiuti", occorre applicare una politica adeguata di gestione delle merci. L’attuale società dei consumi “usa e getta” vede la prevalenza di prodotti a vita breve che genera ogni giorno un enorme quantitativo di rifiuti (abbiamo visto che in Italia siamo a 32,5 milioni di tonnellate di RSU nel 2007 e 134 milioni di tonnellate di RS nel 2006, Rapporto rifiuti 2008, ISPRA). E’importante, quindi, allungare la vita delle merci, tentando di spostare i processi produttivi verso sistemi più sostenibili, ad esempio dando vita a oggetti resistenti, riparabili e riutilizzabili; in tal modo, anche la catena produttiva contribuirebbe ad efficientare l’intero sistema ambiente, a ridurre l’inquinamento industriale e i rifiuti, a contenere i consumi energetici, l'utilizzo di acqua e di materie prime non rinnovabili. Il passaggio culturale che ci viene chiesto è dunque quello da un modello usa e getta ad un modello “Usa e Riusa”, dove tutti i cittadini, al di là dei rispettivi ruoli sociali, sono chiamati a svolgere un ruolo importante.

Il Decreto Ronchi del 1997 ha previsto un’intera sezione dedicata alla Gestione degli imballaggi, definendo imballaggio “il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate

merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al

consumatore o all’utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso

scopo.”(Titolo II art. 35 D.lgs 22/97). Lo stesso Decreto stabilisce la nascita del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) e dei “Consorzi per il recupero e il riciclaggio dei rifiuti da imballaggio conferiti al servizio pubblico” in particolare prevede un Consorzio per ciascuna tipologia di materiale da imballaggio. Vediamo quali sono i maggiori Consorzi italiani e di cosa si occupano:

Conai: Consorzio Nazionale Imballaggi. Il CONAI, consorzio senza fini di lucro, costituito da produttori e utilizzatori di imballaggi, svolge una funzione di raccordo fra tutti i Consorzi appartenenti ad esso. Fra le sue funzioni: la concreta operatività del sistema di raccolta, trasporto e recupero degli imballaggi, la definizione delle condizioni di ritiro dei rifiuti provenienti da raccolta differenziata, l’elaborazione e la promozione e l’attuazione di specifici accordi di programma con le Regioni e gli Enti Locali per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti da imballaggio. Dal 1998, anno di partenza del sistema consortile, il recupero dei rifiuti di imballaggio è passato da 3,6 milioni di tonnellate a oltre 8 milioni di tonnellate con corrispondente riduzione di utilizzo della discarica. In termini di riciclo si è passati da poco più di 3.000.000 di tonnellate a 7.000.000 di tonnellate di materiali di imballaggio avviati a riciclo e destinati alle produzioni di nuovi beni e manufatti. Nel 2007 la crescita del riciclo ha avuto un ulteriore incremento, con contributi da parte di tutte le filiere, raggiungendo gli obiettivi di riciclo previsti dalla normativa nazionale ed europea per il 2008 relativa ai sei materiali di imballaggio. Particolarmente positivi rispetto all'anno precedente sono i risultati delle attività di riciclo di alluminio (+10%), carta, (+9,8%) e plastica (+7%). (Fonte dati: www.conai.org)

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Comieco: Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica.

Riciclando la carta possiamo ridurre la domanda di cellulosa vergine e salvare gli alberi.

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, 2007.

Comieco gestisce volontariamente, d'intesa con Conai, il sistema della raccolta e dell'avvio a recupero di carta e cartone provenienti dalle raccolte dei singoli comuni. Nel 2007 in Italia sono stati consumati 9.000 ton di prodotti cellulosici di cui il 64 % è avviato al riciclo. Nel 2008 Comieco e Tetra Pak hanno monitorato il riciclo e il recupero dei cartoni per bevande calcolando che il loro recupero è pari a 16.000 tonnellate circa il 17,1% del totale immesso al consumo nell'anno. Queste equivalgono a più di 800 milioni di confezioni avviate al riciclo attraverso i diversi sistemi di raccolta differenziata. (Fonte dati: www.comieco.it)

L’Accordo fra Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Conai 2004-2008 (rif. Allegato Tecnico Imballaggi Cellulosici) prevede la possibilità di recuperare i contenitori di tetrapak poiché, essendo composti dal 75% di carta, possono rientrare nella categoria degli imballaggi a base cellulosica, dunque possono essere conferiti nella raccolta della carta. Nell’aprile del 2008, il Gruppo Hera e Tetra Pak lanciano insieme un’apposita Campagna di comunicazione per sensibilizzare i cittadini su questa nuova importante possibilità di recupero.

Co.re.pla: Consorzio Nazionale per il Recupero dei Rifiuti di Imballaggi in Plastica.

Il 90% dei contenitori di prodotti liquidi per la pulizia della casa e per l’igiene personale è di plastica, che diventa circa 5

milioni di tonnellate annue di rifiuto. Cerchiamo di ridurre il suo utilizzo..

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, 2007.

Corepla è il consorzio italiano che si occupa degli imballaggi in plastica, anche di origine industriale. Nel 2007 ha recuperato un totale complessivo di 1.352.000 tonnellate di imballaggi in plastica pari al 58.7% di cui 635.000 ton. sono state inviate al riciclo, e 687.000 ton. sono state avviate al recupero di energia. (Fonte dati: www.corepla.it) Co.re.pla: “…Occorrono 15 bottiglie di plastica per fare una felpa in pile, 67 bottiglie dell'acqua per fare l'imbottitura di un piumino matrimoniale, 200 flaconi di prodotti alimentari per fare una pattumiera …”

Campagna di comunicazione Hera / Tetra Pak (Aprile 2008)

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Coreve: Consorzio Recupero Vetro

Il Vetro è importante differenziarlo ed è ancora più importante riutilizzarlo:

il risparmio energetico è 5 volte superiore.

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, 2007.

Coreve: “…Il vetro si può riciclare più volte. Il riciclo riduce il consumo delle materie prime necessarie: da 100 Kg di rottame di vetro si ricavano 100 Kg di prodotto nuovo, mentre da 120 Kg di materia prima vergine si ricavano 100 Kg di prodotto nuovo…”

Rilegno: Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Recupero e il Riciclaggio degli Imballaggi di Legno.

Con il riciclo di 30 pallet si ottiene un armadio.

Con il legno riciclato ogni anno si producono oltre 4.600.000 metri cubi di pannello truciolare

Rilegno.

Consorzio Nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi di legno in Italia, di cui fanno parte le imprese produttrici di imballaggi di legno, i fornitori di materia prima per la produzione degli imballaggi, gli importatori di materiale o di imballaggi legnosi. Nel 2008 ha riciclato oltre 1.680.000 tonnellate di rifiuti di legno, riciclando sia imballaggi di legno (che nel 2008 erano 919.622) sia rifiuti legnosi di altra natura, provenienti dal circuito industriale e urbano. (Fonte dati: www.rilegno.it)

CNA: Consorzio Nazionale per il Riciclo degli imballaggi in Acciaio.

Con 19.000 barattoli in acciaio si può produrre un’automobile

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, 2007.

Il Consorzio Nazionale Acciaio, al quale aderiscono sia i produttori della materia prima che dei contenitori in acciaio, ha il compito di garantire il ritiro ed assicurare il riciclo degli imballaggi in acciaio provenienti sia dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani che dalle industrie. Nel 2007 il CNA ha inviato a riciclo circa il 69% degli imballaggi di acciaio immessi al consumo sul mercato italiano.

Esempio di ciò che si può ottenere dal riciclo dell’acciaio: o con 100/200 tappi corona circa � una chiave inglese o con 300/350 fusti circa � la scocca di una Fiat 500 o con 900/ 1000 bombolette circa � una panchina o con 1000/1500 scatolette di tonno circa � il telaio di una bicicletta (Fonte dati: www.consorzio-acciaio.org)

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CiAl: Consorzio Imballaggi Alluminio.

Il riciclo dell’alluminio impiega 20 volte meno energia della produzione ex-novo.

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, 2007.

Nato nel 1997, il CiAl, riunisce tutta la filiera industriale degli imballaggi in alluminio destinati al consumo sul territorio nazionale (produttori di materia prima, fabbricanti ed utilizzatori di imballaggi) oltre ad avere il compito di ricevere le frazioni di alluminio provenienti dalle raccolte differenziate ed avviarne a riciclo il materiale . In questi ultimi anni la raccolta degli imballaggi in alluminio ha avuto un incremento significativo sul fronte della raccolta differenziata dei rifiuti urbani grazie all’azione combinata sul territorio di CiAl, dei Gestori del servizio pubblico di raccolta, dei Comuni e naturalmente dei cittadini. Oggi in Italia oltre il 48% dell’alluminio circolante proviene dal riciclo. Si tratta di risultati molto importanti che hanno permesso, non solo di dare nuova vita ad un materiale prezioso e sempre pronto per nuove e innumerevoli applicazioni, ma anche di garantire benefici ambientali ed economici per la collettività. CiAl: “…Riciclando una lattina di alluminio è come se facessimo funzionare un televisore da 14 pollici per tre ore senza sprecare energia…” Alcuni esempi di ciò che si può ottenere dal riciclo dell’alluminio: o 37 lattine � 1 caffettiera o 800 lattine � 1 bicicletta (Fonte dati: www.cial.it)

CIC: Consorzio Italiano Compostatori.

L’organico rappresenta la maggioranza dei rifiuti e

per sfruttarlo in modo ottimale deve essere raccolto separatamente.

Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente, 2007.

Il C.I.C. è il Consorzio dei compostatori, coloro che separano, lavorano, recuperano e valorizzano le biomasse e le frazioni organiche producendo compost a livello industriale. C.I.C.: “…Nel 2008 i compostatori italiani hanno trattato 3.600.000 ton di rifiuto organico. Se questo quantitativo fosse stato conferito in discarica e non trattato avrebbe emesso 7.200.000 ton. di CO2 in atmosfera…” (Fonte dati: www.compost.it) Cobat, Consorzio Obbligatorio Batterie Esauste.

Nato nel 1990 e ha lo scopo di assicurare la raccolta e organizzarne lo stoccaggio di batterie al piombo esauste. Cede i prodotti alle imprese che ne effettuano il recupero tramite riciclaggio. In 20 anni il Cobat ha raccolto quasi 3.000.000 di tonn di batterie esauste pari a 230.000.000 di batterie inviate al riciclo. Ciò ha permesso di soddisfazione il 40 % del fabbisogno nazionale di piombo e la sua re-immissione nel circuito industriale ha permesso un risparmio annuale di 200.000 di euro rispetto alla necessità di importare il piombo dall’estero. (Fonte dati: www.cobat.it)

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COOU: Consorzio Obbligatorio Oli Usati.

4 kg di olio usato, se versati in acqua, inquinano una superficie pari a un campo da calcio.

Dalla rigenerazione degli oli si producono basi lubrificanti, gasoli e bitume. Da 1,5 kg di olio usato si produce 1 kg di olio

base. Questo processo permette di diminuire le importazioni di idrocarburi.

C.O.O.U.

Il C.O.O.U. garantisce la raccolta e il corretto recupero degli oli lubrificanti esausti e informa i cittadini sui rischi derivanti dalla loro dispersione nell’ambiente. Ad esso aderiscono imprese che, anche in veste di importatori, immettono al consumo lubrificanti di base e finiti. Nel 2008 sono state raccolte circa 212.494 ton di oli usati che rappresentano il 93% del potenziale raccoglibile. Questo risultato ha consentito, attraverso la rigenerazione, di produrre 117.000 ton di basi lubrificanti e 35.000 ton di altri prodotti petroliferi come gasoli e bitume. In 25 anni di attività, il Consorzio ha recuperato complessivamente oltre 4 milioni di tonnellate di olio usato, con un risparmio di oltre 1 miliardo di euro sulla bolletta energetica italiana. (Fonte dati: www.coou.it) 6. 5 - Dove v anno a f i n i r e i r i f i u t i ch e non d est i n i amo a rac co l t a d i f f er en z i a t a?

Abbiamo fin qui visto che le Direttive Europee in tema di rifiuti sono molto precise e indicano ai Paesi membri la via da seguire: ridurre la produzione dei rifiuti, riusare i materiali, incentivare il recupero di materia, estendere il recupero di energia e, come ultima ratio, solo alla fine della filiera, lo smaltimento in discarica. Ricordiamo che in diversi stati Europei, è già stato raggiunto l'obiettivo “discarica zero”, affiancando al riuso ed al recupero di materia, il recupero di energia, ottenuto termovalorizzando dal 30 al 50% dei rifiuti urbani e producendo, in tal modo, energia utile per altri usi. Purtroppo in Italia quasi il 50% dei rifiuti urbani viene conferito in discarica, alcune Regioni superano il 90%, la media della Regione Emilia Romagna è al 27% (dati al 31.12.07 Report08, Arpa/E.R.). Per quanto riguarda i rifiuti urbani avviati alla termovalorizzazione, la percentuale italiana del 2007 è attorno al 10%, mentre la media della Regione Emilia Romagna è al 28% (Report08, Arpa/E.R.). I numeri dell’Europa che termovalorizza, invece, sono più alti: Danimarca, Svizzera e Svezia ricorrono alla termovalorizzazione con percentuali rispettivamente del 53%, 49% e 46%; in Germania, Francia, Austria e Olanda la percentuale si attesta tra il 30 e il 35%.

Alla luce di questi numeri è chiaro che l’Italia deve diminuire il ricorso alle discariche e aumentare la sua percentuale di raccolta differenziata, e ciò potrà essere consentito quando tutta la catena produttiva dei beni di consumo riuscirà a ridimensionare a sufficienza la quantità di imballi che accompagna le merci, quando al posto dell’acqua in PET si berrà l’acqua dal rubinetto e quando le persone saranno in grado di separare tutti i rifiuti che producono cosicché nessuno avrà più bisogno di usare il cassonetto dell’indifferenziato. Fatta questa doverosa premessa, vediamo meglio in cosa consiste la frazione indifferenziata dei rifiuti urbani. Stando alla statistica de “Il Sole 24ore” del 4 febbraio 2008, l’indifferenziato di tutti i nostri rifiuti dovrebbe consistere in circa un 20% di materiale non recuperabile; in realtà, in un qualunque cassonetto grigio possiamo osservare diverse tipologie di rifiuti: ad esempio materiale combustibile come carta sporca, plastica, stracci, gomme, poliaccoppiati, residui di legno, ecc., oppure frazioni organiche, o, ancora, componenti inerti sfuggiti alla

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raccolta differenziata, ad esempio ceramica, cocci di vetro o metalli e, via dicendo, tutto ciò che non è stato conferito in modo accurato. Il rifiuto gettato nei cassonetti dell’indifferenziato non può essere avviato a recupero, dunque segue sostanzialmente due vie: quella del termovalorizzatore quando possibile, o, in alternativa, quella della discarica controllata. 6. 5 . 1 - I l t ermo val o r i zza to r e .

I termovalorizzatori sono impianti utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che origina come prodotti finali gas, polveri e ceneri. Generalmente, nel linguaggio corrente, vengono chiamati termovalorizzatori gli impianti di ultima generazione dotati di tecnologie per il recupero energetico e per il controllo della qualità dell’aria, mentre vengono chiamati inceneritori quelli più vecchi, nati e costruiti su basi tecniche e normative del passato. Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). E’importante chiarire che questi impianti, oltre all’indifferenziato degli R.S.U., raccolgono anche gli scarti degli impianti di selezione, chiamati sovvalli. E’risaputo, infatti, che circa un 30% dei rifiuti avviati a selezione deve essere scartato perchè non recuperabile (rif. accreditati studi di settore). D’altra parte, gli stessi impianti di selezione, se adeguatamente predisposti, possono produrre il Combustibile Da Rifiuto (C.D.R.), differenziando gli scarti aventi maggiore potere calorifico quali carte sporche, legni trattati e plastiche miste. Un Kg di rifiuti può produrre fino a 10.000 kJ di energia, ovvero quella che serve per far funzionare per 46 ore una lampadina da 60 watt. (Fonte dato: Lupetti. Trash.edu. Manuale antispreco per trasformare i rifiuti in ricchezza. Federambiente). 6. 5 . 2 - L a d i scar i ca

La discarica per rifiuti non pericolosi è un sistema attraverso il quale vengono avviate allo smaltimento alcune tipologie di rifiuti, come gli RSU (Rifiuti Solidi Urbani) e gli RSA ( Rifiuti Solidi Assimilabili agli urbani). Il sistema consiste nello stoccaggio definitivo dei rifiuti in un sito opportunamente predisposto, all’interno del quale i rifiuti vengono compattati e collocati su strati sovrapposti per un migliore sfruttamento delle superfici; alla fine di ogni giornata vengono ricoperti con uno strato di terreno di adeguato spessore. In funzione delle caratteristiche geomorfologiche e idrogeologiche del sito, si hanno discariche: o in avvallamento: realizzate per riempimento di vecchie cave dismesse o di "fosse" scavate appositamente nel

terreno (a); o in rilevato: che poggiano sul piano campagna e si sviluppano in altezza (b); o a ridosso di pendii: in riempimento di aree in dislivello adatte per la presenza di cave o avvallamenti naturali (c).

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Nella discarica avviene un processo di decomposizione (biodegradazione) e mineralizzazione della sostanza organica svolto da microrganismi decompositori, in particolare batteri. Inizialmente la decomposizione viene svolta da batteri aerobi, per via della presenza di ossigeno tra i rifiuti poi, una volta consumato tutto l’ossigeno, intervengono i batteri anaerobi (non più in presenza di aria). Durante la biodegradazione, avviene la produzione di biogas e di percolato (cioé acqua). Per eliminare o comunque contenere l’intera massa dei rifiuti, vengono realizzate delle barriere sul fondo e sui lati della discarica, che possono essere realizzate in materiale naturale (argilla) e/o artificiale (polietilene).

Le acque derivanti dalla biodegradazione dei rifiuti e dalle precipitazioni atmosferiche, vengono captate da apposite strutture: o sistema di drenaggio e di raccolta: i condotti di raccolta dei liquidi di discarica sono convogliati con un

apposito sistema verso un pozzo di raccolta. Dal qui il liquido viene dirottato tramite pompaggio in una vasca di decantazione, e inviato per il trattamento a un impianto di depurazione, che può essere interno o esterno all’impianto stesso.

o sistema di captazione del biogas: costituito principalmente da metano e anidride carbonica, il gas naturale viene estratto dal corpo discarica tramite un sistema di tubazioni collocato negli interstrati dei rifiuti presenti al suo interno. Il biogas così captato viene convogliato a idonei generatori per la produzione di energia elettrica. Questa operazione contribuisce anche a evitare la diffusione di cattivi odori nell’aria.

Schema generale del ciclo produttivo della discarica per rifiuti non pericolosi.

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Capitolo 7 - Lo smaltimento dei rifiuti urbani indifferenziati:

impiantistica di HERA. Conoscere la composizione dei rifiuti solidi urbani è indispensabile al fine di programmarne al meglio la gestione e, dunque, il recupero o lo smaltimento degli stessi. La qualità merceologica e chimico-fisica dei rifiuti solidi urbani, così come la stessa intensità di produzione, sono fortemente influenzate dal tenore di vita della popolazione e quindi dall'andamento dell'economia dello Stato o della Regione in cui essa vive. In particolare al miglioramento del tenore di vita corrisponde normalmente: o un incremento nell'uso degli imballaggi (soprattutto carta e plastica); o un decremento della frazione organica (conseguente alla sempre più diffusa abitudine di acquistare cibi già

lavorati); o un aumento dei materiali tessili (abiti) e materiali inerti (soprattutto vetro da imballaggio). L’analisi merceologica (metodo IRSA, CNR, Norma CII -UNI 9246, indicato dal D.M. 3 agosto 2005) è uno dei principali strumenti per conoscere il rifiuto e determina il suo successivo trattamento, in altre parole, i flussi in ingresso agli impianti. Ma oltre alla classificazione merceologica è importante conoscere i parametri chimico-fisici dei rifiuti, per valutare, le migliori soluzioni tecniche di trattamento finale. Sotto questo aspetto il rifiuto è considerato come una miscela di sostanze caratterizzate dal grado di umidità e dal potere calorifico. 7. 1 - I l t ermova l o r i z zat o r e d i Co r i ano d i R imi n i . L’impianto di Coriano (RN) smaltisce per combustione i rifiuti urbani non differenziati, i rifiuti speciali non pericolosi e quelli sanitari. E’ costituito sin dal 1992 da 3 linee di incenerimento con recupero di energia ed attualmente è oggetto di un intervento di ampliamento e ristrutturazione che prevede: o dismissione della linea 1 e della linea 2, già demolite, o realizzazione di una nuova linea (linea 4), attualmente non attiva, lo sarà a marzo 2010; o ammodernamento della linea 3 con l’installazione del sistema catalitico di riduzione degli ossidi di azoto ed il

collegamento ad un nuovo camino alto 80 metri (non più 40 metri). Al termine dei lavori, l’impianto sarà costituito da due linee di incenerimento, denominate linea 3 e linea 4, con recupero di energia elettrica e termica (co-generazione). Circa il 20 – 25% dell’energia elettrica prodotta viene impiegata nello stabilimento stesso. La restante parte, circa il 75 – 80%, viene trasferita con cavo interrato alla cabina primaria di Riccione per l’immissione nella rete nazionale previa elevazione di tensione da 15 a 132 kV.

Il ciclo dell’impianto

Ricezione e stoccaggio rifiuti

I rifiuti conferiti all’impianto sono stoccati in una fossa realizzata in cemento armato, completamente impermeabilizzata, profonda 8,5 m. L’edificio che contiene la fossa è mantenuto in leggera depressione per evitare diffusione di odori e polveri. La movimentazione dei rifiuti ed il caricamento forni avviene a mezzo di benne idrauliche collegate a due carroponti collocati alla sommità dell’edificio.

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Forni

LINEA 3: Il forno di incenerimento è a griglia in modo da formare gradini che consentano la rottura ed il rivoltamento dei rifiuti introdotti, da incenerire. L’aria necessaria alla combustione viene insufflata sotto griglia e nella parte immediatamente sovrastante la zona di combustione, per permettere la completa ossidazione dei gas. I gas sviluppati dalla combustione transitano nella camera di post-combustione, in cui si completa l’ossidazione degli incombusti volatili. Qui viene iniettata una soluzione di urea per l’abbattimento di ossidi di azoto presenti nei fumi. Tale processo è denominato SNCR (Selective Non Catalitic Reduction), avviene a temperature comprese tra 850 e 1100 °C e permette una riduzione del 50 – 70% della concentrazione degli ossidi di azoto. LINEA 4: Questo forno di incenerimento a griglia riceverà rifiuti triturati grazie ad un primo passaggio in due trituratori. I gas sviluppati dalla combustione sono aspirati ed inviati alla camera di post-combustione, in cui si completa l’ossidazione degli incombusti volatili. In questa camera viene iniettata una soluzione di urea per il primo abbattimento di ossidi di azoto presenti nei fumi.

Generatori di vapore e trasformazione in energia elettrica

Su ciascuna linea i gas in uscita dalla camera di combustione entrano in una caldaia a recupero che produce vapore surriscaldato, il quale viene tramutato in energia elettrica tramite un turboalternatore.

Depurazione fumi

Nelle 2 linee sono presenti i seguenti dispositivi: LINEA 3: o elettrofiltro: provvede alla depolverazione dei fumi tramite il campo elettrostatico che si crea al suo interno; o reattore a secco: nel quale, tramite l’iniezione di bicarbonato di sodio e di carboni attivi, hanno luogo i

processi di adsorbimento degli inquinanti gassosi da parte dei reagenti solidi iniettati nella corrente gassosa; o filtro a maniche: si realizza la depolverazione finale dei gas ed il completamento delle reazioni di

neutralizzazione dei composti acidi presenti nei fumi (HCl, HF, SO2…); o sistema catalitico di riduzione degli ossidi di azoto (SCR); o camino di altezza pari a 80 m. LINEA 4: o primo reattore a secco: nel quale, tramite l’iniezione di calce e di carboni attivi, hanno luogo i processi di

adsorbimento dei metalli pesanti e dei composti volatili e una neutralizzazione parziale delle sostanze acide; o primo filtro a maniche: provvede al completamento delle reazioni chimico-fisiche e ad una prima

depolverazione della corrente gassosa; o secondo reattore a secco: nel quale è iniettato il bicarbonato di sodio allo scopo di completare le reazioni di

neutralizzazione degli inquinanti acidi; o secondo filtro a maniche: provvede alla depolverazione finale della corrente gassosa; o sistema catalitico di riduzione degli ossidi di azoto (SCR): è iniettata una soluzione ammoniacale su un

catalizzatore a temperature pari a 180°C al fine di ridurre la concentrazione degli ossidi di azoto a valori minori di 100 mg/Nm3;

o camino di altezza pari a 80 m.

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Recupero energetico

LINEA 3: Il vapore surriscaldato generato dalla caldaia viene trasformato in energia elettrica da una turbina di potenza elettrica nominale pari a 5,4 MW. LINEA 4: La turbina a vapore della nuova linea produce energia elettrica sfruttando lo stesso principio di funzionamento della linea 3 ed ha una potenza elettrica nominale pari a 10,3 MW.

Co-generazione e futuro impianto di Teleriscaldamento

Il sistema di produzione energia è predisposto per la co-generazione di energia elettrica e termica. L’energia termica prodotta è utilizzata per soddisfare le richieste da parte dell’impianto. Il progetto contempla tuttavia la realizzazione di uno scambiatore a cui si prevede di connettere, in una seconda fase, una rete di teleriscaldamento, a servizio del Comparto Produttivo di Coriano.

Il sistema di monitoraggio

Il sistema di monitoraggio dei fumi è obbligatorio e prevede i seguenti controlli: 1. monitoraggio in continuo della concentrazione dei macroinquinanti (polveri totali, acido cloridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio , carbonio organico totale, acido fluoridrico, mercurio, ammoniaca) e dei parametri di processo quali tenore di ossigeno, tenore di umidità, portata fumi, pressione fumi e temperatura fumi; 2. campionatore automatico in continuo per i microinquinanti organici, diossine e furani; 3. monitoraggio periodico a mezzo di campagne analitiche dei microinquinanti organici e dei metalli pesanti. 4. monitoraggio delle emissioni al camino tramite unità di back-up comune a tutte e due le linee. 7. 2 - I l t ermova l o r i z zat o r e d i F e r r ar a .

L'impianto è localizzato in Via Cesare Diana 44 a Ferrara, all'interno del sito denominato "Geotermia" nel quale è ubicata anche la centrale di teleriscaldamento della città di Ferrara. L'impianto, attivo dal 1993 con una linea di trattamento per una potenzialità di 150 t/giorno, opera il recupero del calore prodotto dalla combustione dei rifiuti, per la generazione combinata di energia elettrica e termica, grazie al processo della co-generazione. In base alla stagionalità e alle necessità, parte del vapore è spillato dalla turbina per cedere energia all'adiacente centrale di teleriscaldamento, il cui scopo principale è quello di produrre, accumulare e distribuire alla rete cittadina l'energia termica proveniente da varie fonti (geotermia, termovalorizzazione, centrali a gas metano) in modo da ottimizzarne l'utilizzo in funzione della richiesta degli utenti. Il termovalorizzatore rappresenta la fonte di produzione secondaria della rete di teleriscaldamento: tale sistema infatti si avvale principalmente dell'energia termica derivante dal fluido geotermico estratto dal sottosuolo per mezzo di due pozzi. Una ulteriore fonte di produzione (terziaria) è rappresentata da una centrale termica composta da 7 caldaie alimentate a metano per la produzione di acqua calda.

Nel novembre 2007 e febbraio 2008 sono state attivate le due nuove linee di termovalorizzazione, realizzate per fare fronte allo smaltimento di rifiuti urbani indifferenziati e di rifiuti speciali non pericolosi prodotti nella Provincia di Ferrara. La linea 1 ricopre, ad oggi, un ruolo di sussidiarietà e sarà resa definitivamente inattiva nel 2009.

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Ciclo dell'impianto

Ricezione e stoccaggio rifiuti

Sono presenti 2 fosse per una capacità totale di 5000 m3, nelle quali vengono stoccati i rifiuti urbani indifferenziati e speciali non pericolosi portati all'impianto.

Forni

Attraverso un canale inclinato raffreddato ad acqua i rifiuti sono portati ai forni. Allo scopo di ridurre gli ossidi di azoto (NOx) presenti nei fumi viene iniettata una soluzione ammoniacale al 24% in camera di post combustione. Per controllare la temperatura di combustione e ridurre ulteriormente la produzione di NOx, è previsto un sistema di ricircolo dei fumi. Questi fumi vengono prelevati a valle della neutralizzazione dei fumi di combustione e re-immessi in camera di combustione.

Generatori di vapore

Sono delle caldaie a recupero di valore installate sulle due nuove linee e sono del tipo a circolazione naturale.

Depurazione fumi

Le due linee sono equipaggiate di un sistema di trattamento fumi, completamente a secco, costituito dai seguenti dispositivi, posti in serie per ogni linea: primo reattore a secco, dove vengono iniettati sia calce idrata per l'abbattimento degli acidi che carboni attivi per la depurazione delle diossine, delle sostanze organiche e dei metalli volatili; primo filtro a maniche, in cui sono captati i sali e il carbone adsorbente inviati poi ai tre sili di stoccaggio; secondo reattore a secco, dove vengono iniettati bicarbonato di sodio ed eventualmente carboni attivi per l'abbattimento degli acidi e delle diossine; secondo filtro a maniche, in cui i sali e l'eventuale carbone adsorbente sono captati ed inviati in un apposito silo di stoccaggio; sistema catalitico di riduzione degli ossidi di azoto, dove è iniettata una soluzione ammoniacale su un catalizzatore a temperature pari a 180 °C al fine di ridurre la concentrazione degli ossidi di azoto.

Ciclo termico per la cogenerazione di energia elettrica e termica comune alle due linee

Il vapore proveniente dalle nuove linee viene inviato ad un unico alternatore per produrre energia elettrica. In base alla stagionalità e alle necessità parte del vapore potrà essere ceduto alla rete di teleriscaldamento. 7. 3 - I l t ermova l o r i z zat o r e d i F o r l ì - Cesena .

L’impianto di Forlì è situato in Via Grigioni n°19, in località Coriano. L’impianto è attivo attualmente con 1 linea di incenerimento: è la linea 3 realizzata nel 2007-8 ed avviata a luglio 2008 . La linea 1 e la linea 2 attive dal 1976 sono state fermate il 31 dicembre 2008 come da prescrizioni autorizzative (AIA). La realizzazione della Linea 3 è avvenuta per aumentare la potenzialità dell’impianto e passare dalle 60.000 t/anno smaltite dalla linea 1 e 2 alle 120.000 t/anno che smaltirà la linea 3 con recupero energetico per la produzione di energia elettrica e per il teleriscaldamento, come previsto dal Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti. La linea 3 è sostitutiva delle due linee già esistenti, e una volta che questa sarà messa a regime, le linee 1

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e due verranno demolite. L’impianto, relativamente alle linee 1 e 2, è certificato per la qualità (ISO 9001) dal 2000 e per l’ambiente (ISO 14001) dal 2004. Nel complesso impiantistico di Via Grigioni sono presenti inoltre altre due attività: un impianto di preselezione meccanica dei rifiuti, presso il quale sono trattate almeno 60.000 t/a di rifiuti non pericolosi, e una piattaforma ecologica dedicata allo stoccaggio di rifiuti pericolosi e non pericolosi. L’impianto viene gestito dalla sala di controllo tramite un controllore di processo (DCS) che consente sia il funzionamento automatico delle principali sezioni, sia il monitoraggio dello stato dell’impianto con possibilità di generazioni di allarmi, memorizzazione e stampa degli andamenti delle varabili di processo.

Il ciclo dell’impianto

Ricezione e stoccaggio rifiuti

i rifiuti ammessi all’impianto sono quelli urbani (RSU). Dopo una serie di controlli preliminari, i rifiuti vengono conferiti nella fossa di stoccaggio principale che alimenta la nuova linea 3. È presente anche un’avanfossa realizzata in calcestruzzo, che determina una riduzione della dispersione di polveri e odori durante le operazioni di scarico. La fossa rifiuti è interrata, realizzata in cemento armato, ed è in grado di garantire una potenzialità di stoccaggio pari a circa 4.000 m3 di rifiuto. La movimentazione dei rifiuti e il caricamento del forno avviene a mezzo di benne “a polipo” collegate a due carroponti.

Forni

Il rifiuto scaricato nella tramoggia di alimentazione del forno è inviato alla griglia di combustione mediante un dispositivo a spinta detto alimentatore. La capacità di smaltimento dei rifiuti è di circa 380 t/g. La combustione del rifiuto ha luogo sulla griglia del forno che, grazie al movimento alternato dei gradini che la costituiscono, consente l’avanzamento del rifiuto nella camera di combustione e il loro rimescolamento. L’aria necessaria al processo di combustione dei rifiuti è prelevata dal locale fossa/avanfossa ed è distinta in aria primaria (da sottogriglia) e secondaria (in camera di combustione). La camera verticale di passaggio dei fumi posta sopra la camera di combustione, dopo l’ultima immissione di aria (secondaria) viene definita camera di post-combustione, nella quale i fumi devono permanere per almeno 2 secondi ad una temperatura T>850°C, per la normativa vigente. I fumi sono poi convogliati verso il generatore di vapore; le polveri sono avviate, tramite redler, a sili di stoccaggio, mentre le scorie di incenerimento vengono raffreddate e avviate prima in aree di accumulo, poi al recupero o smaltimento finale.

Generatori di vapore

I gas in uscita dalla camera di post-combustione entrano in una caldaia a recupero che produce vapore surriscaldato alla pressione di 45 bar e alla temperatura di 380 °C. In condizioni normali di esercizio il generatore di vapore funziona con la sola autocombustione dei rifiuti sull’apposita griglia. Nelle situazioni in cui l’autocombustione non è possibile o è insufficiente (T< 850 °C in camera di combustione) vengono messi in funzione i bruciatori a metano. In uscita dal generatore, per un primo abbattimento degli NOx presenti nei fumi, è installato un sistema di riduzione non catalitico con iniezione di una soluzione ammoniacale. Questo processo, denominato SNCR

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(Selective Non Catalitic Reduction), avviene a temperature comprese tra 850 e 1.100°C.

Depurazione fumi

Il sistema di depurazione fumi è costituito dai seguenti dispositivi: o nel primo reattore a secco, tramite l’iniezione di calce idrata e carboni attivi, hanno luogo i processi di

adsorbimento dei metalli pesanti e dei composti volatili e di neutralizzazione parziale delle sostanze acide; o il primo filtro a maniche (primo stadio di depolverazione) consente l’abbattimento dei componenti solidi

inquinanti dalla corrente gassosa (ceneri volanti e polveri calciche residue (PCR), convogliati poi agli appositi sili di stoccaggio;

o nel secondo reattore a secco si ha l’iniezione di bicarbonato di sodio per completare le reazioni di neutralizzazione degli inquinanti acidi;

o il secondo filtro a maniche (depolverazione finale) consente la separazione dei prodotti solidi di reazione, quali le polveri sodiche residue (PSR), poi avviati a stoccaggio ed eventualmente recuperati;

o l’ultimo stadio di depurazione è definito sistema catalitico di riduzione degli ossidi di azoto detto SCR (Selective Catalitic Reduction), dove è iniettata una soluzione ammoniacale su un catalizzatore a temperature ≥ 180 °C al fine di ridurre la concentrazione degli ossidi di azoto a valori inferiori a 100 mg/Nm3.

Recupero energetico

Il vapore surriscaldato è inviato alla turbina a vapore, connessa a un alternatore per produrre energia elettrica. Il vapore in uscita dalla turbina è inviato al condensatore ad aria, dove viene condensato, passa attraverso il degasatore per essere poi reimmesso in caldaia. L’energia complessiva prodotta dall’alternatore è pari a 75 GWh/anno e viene utilizzata per soddisfare le richieste d’impianto; la quota in eccesso (circa l’85% di quella prodotta) viene ceduta alla rete nazionale.

Cogenerazione e teleriscaldamento

Il sistema di produzione di energia è predisposto per la cogenerazione di energia elettrica e termica. L’energia termica prodotta è utilizzata per soddisfare le richieste da parte dell’impianto; il progetto contempla però la realizzazione di uno scambiatore a cui verrà connessa, in una seconda fase, una rete di teleriscaldamento, alla quale sarà ceduta una potenza termica pari a 20 MW.

Il sistema di monitoraggio

Il punto di emissione (camino) è monitorato secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia attraverso i seguenti controlli: 1) monitoraggio in continuo della concentrazione dei macroinquinanti (polveri totali, acido cloridrico, ossidi di

azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio , carbonio organico totale, acido fluoridrico, mercurio, ammoniaca) e dei parametri di processo quali tenore di ossigeno, tenore di umidità, portata fumi, pressione fumi e temperatura fumi;

2) campionatore automatico in continuo per i microinquinanti organici, diossine e furani; 3) monitoraggio periodico a mezzo di campagne analitiche dei microinquinanti organici e dei metalli pesanti.

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7. 4 - I l t ermova l o r i z zat o r e d i Rav enna.

L’impianto è situato sulla S.S. 309 Romea a Ravenna e include, oltre al vero e proprio sistema di termovalorizzazione, anche un impianto di selezione automatica dei rifiuti solidi urbani (RSU) con produzione di Combustibile Derivato dai Rifiuti (C.D.R.) addensato. L’impianto di produzione CDR è un impianto di trattamento intermedio di rifiuti indifferenziati, prima che questi vengano avviati al termovalorizzatore. Il processo si realizza attraverso trattamenti diversi: triturazioni, separazione della frazione fine, separazione dell’umido, separazione della frazione ferrosa. Il risultato è un rifiuto che concentra le frazioni ad alto potere calorifico come carta, plastica e materiali cellulosici in genere, riducendo al minimo i materiali non combustibili (vetro, me talli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, ecc.). In ultima fase il CDR viene inviato a quattro macchine addensatici che aumentano il peso specifico del combustibile conferendogli la classica forma di “pellets”. Il CDR prodotto viene trasportato tramite nastri a un silo esterno da cui è estratto in continuo per l’alimentazione dell’adiacente termovalorizzatore. Il termovalorizzatore è stato collaudato nel 2001 ed è autorizzato a termotrattare: o CDR - combustibile derivato dai rifiuti, fino a 55.000 t/anno; o RSA - rifiuti speciali assimilabili agli urbani che non necessitino di pretrattamento, fino a 1.000 t/anno; o ROT - rifiuti ospedalieri trattati, fino a 500 t/anno (questa categoria di rifiuti al momento non viene trattata). L’impianto viene gestito dalla sala di controllo tramite un controllore di processo (DCS) che consente sia il funzionamento automatico delle principali sezioni, sia il monitoraggio dello stato dell’impianto con possibilità di generazioni di allarmi, memorizzazione e stampa degli andamenti delle varabili di processo.

Il ciclo dell’impianto

Ricezione e stoccaggio rifiuti

I rifiuti ammessi all’impianto sono CDR e RSA. I rifiuti sono stoccati all’interno di un silos dal quale poi, in base alla richiesta, vengono avviati al processo di combustione.

Forno

I rifiuti vengono immessi su un letto di sabbia fluidizzata dall’aria comburente e dal metano, all’interno di un forno chiamato ‘combustore a letto fluido bollente’. Durante la fase di combustione si liberano nel forno NOx (ossidi di Azoto) e SOx (ossidi di Zolfo); per abbattere gli NOx viene iniettata nei fumi una soluzione acquosa al 25% di ammoniaca, per eliminare parte degli SOx viene aggiunto del carbonato di Calcio e Magnesio (dolomite). Queste operazioni di abbattimento di inquinanti nei fumi sono facilitate dalle alte temperature (T> 850°C) e dalla presenza di una zona di post-combustione, dove i fumi devono permanere per almeno 2 secondi per la termodistruzione completa delle diossine. L’aggiunta del carbonato permette anche di innalzare la temperatura di ‘rammollimento’ delle ceneri, rendendole più friabili e quindi più facilmente rimovibili. Oltre ai fumi, durante la combustione si generano delle scorie, ceneri pesanti e fumi; a intervalli di 40 secondi le scorie e le ceneri pesanti, in piccoli quantitativi, vengono scaricate sul fondo della struttura dove è presente una griglia con fori del diametro di 3mm; queste vengono trattenute e allontanate, mentre la sabbia con granelli di diametro inferiore ai 3 mm viene reimmessa nel forno e riutilizzata.

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Generatore di vapore

I fumi in uscita dalla zona di post-combustione entrano in una caldaia alimentata ad acqua. Il vapore generato (27-28 t/ora), alla pressione di 43 bar, viene convogliato a una turbina che, collegata a un generatore, produce da 30 a 35 GWh/anno di energia elettrica.

Depurazione fumi

I fumi provenienti dalla camera di combustione, prima di essere inviati al camino, sono sottoposti a un trattamento di depurazione del tipo ‘a secco’, con lavaggio finale e del tipo ‘a umido’ che prevede: o pre-separatori centrifughi a cicloni: installati all’uscita dei fumi dalla caldaia, i cicloni hanno il compito di

eliminare le particelle più pesanti dai fumi, come le ceneri volatili; o reattore a secco: i fumi provenienti dai cicloni vengono trattati aggiungendo Sorbalite (95% calce idrata e 5%

carbone attivo in polvere) che permette la neutralizzazione dei gas acidi, l’abbattimento delle diossine e la rimozione dei metalli pesanti come il Mercurio;

o filtro a maniche: permette di depurare i fumi da tutti gli inquinanti originati dalla combustione e dai processi di neutralizzazione e adsorbimento su carbone attivo. Le polveri separate dal filtro vengono raccolte in tramogge, evacuate tramite coclee e impiegate per inertizzare i fanghi che verranno impiegati nella copertura delle discariche.

o saturatore: prima di giungere alla torre di lavaggio, i fumi passano tramite un saturatore che abbatte la temperatura da 140°C sino a (55-60)°C, per impedire la fusione della torre;

o torre di lavaggio a umido: costruita in vetroresina, la torre accoglie i fumi a una temperatura di circa 55-60°C. Qui i fumi vengono lavati con una soluzione al 5% di soda caustica che permette di abbattere i componenti acidi non eliminati precedentemente;

o riscaldamento dei fumi prima dell’invio al camino: la temperatura dei fumi in uscita dalla torre di lavaggio viene innalzata a 100°C tramite un riscaldatore, per evitare la formazione di condensa (punto di rugiada acido);

o ventilatore di estrazione: mantiene il circuito a monte in depressione per evitare la dispersione delle polveri e invia le polveri all’esterno del camino.

Il sistema di monitoraggio

Il punto di emissione (camino) è monitorato secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia attraverso i seguenti controlli: 1. monitoraggio in continuo della concentrazione dei macroinquinanti (polveri totali, acido cloridrico, ossidi di

azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio , carbonio organico totale, acido fluoridrico, mercurio, ammoniaca) e dei parametri di processo quali tenore di ossigeno, tenore di umidità, portata fumi, pressione fumi e temperatura fumi;

2. monitoraggio periodico a mezzo di campagne analitiche dei microinquinanti organici e dei metalli pesanti.

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7. 5 - I l t ermova l o r i z zat o r e d i Modena .

L'impianto è ubicato in Via Cavazza, 45 a Modena e rientra in un comparto multifunzionale che vede la presenza anche dell'impianto di trattamento chimico-fisico di rifiuti liquidi e dell'impianto di depurazione biologica di rifiuti liquidi e reflui civili. Il termovalorizzatore ammette Rifiuti Solidi Urbani (RSU) e Rifiuti Speciali Non Pericolosi prodotti nell'ambito provinciale, ed anche Rifiuti Ospedalieri con limite massimo di 5000 t/anno, anche di provenienza extraregionale. L’impianto ha 3 linee di incenerimento per un quantitativo massimo annuo complessivo di RSU trattabili di 140.000 t/anno. Attualmente è in corso un adeguamento funzionale dell'impianto, con la realizzazione della Linea 4 di combustione aggiuntiva ed in un parziale adeguamento della linea 3 esistente, con lo scopo di rendere l'impianto omogeneo. A regime, dall'anno 2010, verrà quindi garantito lo smaltimento di 240.000 t/anno come previsto nel Piano Provinciale di Gestione Rifiuti della Provincia di Modena. Alcuni interventi di ammodernamento dell'impianto avvenuti nel 2003 hanno introdotto due sistemi SNCR (Selective Non Catalitic Reduction) per l'abbattimento degli inquinanti gassosi (sopratutto ossidi di azoto) e su tutte e tre le linee un sistema depuramento a secco (Neutrec) per l'abbattimento di gas acidi, diossine/furani e metalli pesanti.

Il ciclo dell’impianto

Sezione di ricezione rifiuti, stoccaggio ed alimentazione

I rifiuti conferiti all’impianto sono stoccati in una fossa realizzata in cemento armato, completamente impermeabilizzata.

Linea di combustione con forno a griglia mobile

Le camere di combustione sono rivestite di materiale refrattario, cioè capace di resistere alle alte temperature senza reagire chimicamente con gli altri materiali, e con caldaia integrata che permette la cessione di parte del calore al generatore di vapore stesso. Affinché i rifiuti siano bruciati in maniera completa, l'iniezione di aria viene effettuata sia sotto la griglia che al di sopra di essa. L'aria in basso viene poi aspirata direttamente dalla fossa rifiuti e immessa in camera di combustione. L'aria in alto, necessaria al completamento della combustione delle particelle incombuste presenti nei fumi, viene prelevata dal locale caldaie e immessa in due punti opposti della camera di combustione. Inoltre sono installati due bruciatori ausiliari a metano che entrano in funzione automaticamente per mantenere la temperatura superiore a 850°C e per garantire le condizioni di permanenza dei fumi superiore a 2 secondi.

Stoccaggio scorie

Le scorie provenienti dalle camere di combustione vengono stoccate e preparate per lo smaltimento o il recupero presso gli impianti autorizzati.

Linea di trattamento fumi

È costituita da: o sistema non catalitico di abbattimento degli ossidi di azoto tramite iniezione di urea in camera di post

combustione;

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o filtro elettrostatico per la rimozione delle ceneri volanti; o sistema a secco Neutrec per l'abbattimento di gas acidi, diossine/furani e metalli pesanti tramite l'iniezione in

un reattore di bicarbonato di sodio e carboni attivi e successiva rimozione della componente polverulenta in un filtro a maniche;

o sistema catalitico di abbattimento degli ossidi di azoto tramite iniezione di soluzione ammoniacale.

Ciclo termico per la cogenerazione di energia elettrica e termica comune alle due linee

Nella configurazione finale si prevede l'esercizio di una nuova turbina comune alle due linee e l'installazione di un nuovo sistema di condensazione ad aria per una efficiente produzione di energia elettrica e termica. L'energia elettrica prodotta è avviata ad una stazione di Alta Tensione e da qui si collegherà alla stazione Modena Nord di proprietà HERA e quindi sarà ceduta alla rete di trasmissione nazionale.

Unità ausiliarie e servizi

A valle del sistema di trattamento sarà presente un ventilatore di tiraggio che mantiene in depressione tutta la linea e convoglia i fumi depurati ai camini (altezza 80 m).

I sistemi di monitoraggio

I due punti di emissioni (camini) sono monitorati secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia: o monitoraggio in continuo della concentrazione dei macroinquinanti, delle polveri e dei parametri di processo

(il tenore di ossigeno, tenore di umidità, portata fumi e temperatura fumi); o monitoraggio periodico a mezzo di campagne analitiche dei microinquinanti organici e dei metalli pesanti. L'impianto ha ottenuto le certificazioni UNI EN ISO 14001 e UNI EN ISO 9001: 2000.

7. 6 - L a d i scar i ca con t ro l l a t a d i Ravenna .

La discarica, nata nel 1994, è inserita all’interno del Comparto Impianti di Trattamento, Stoccaggio e Recupero Finale dei Rifiuti di Hera/Sotris/Ecologia Ambiente, situato a Ravenna lungo la Strada Statale Romea al Km 2,6.e ricopre una superficie di circa 25 ettari. L’impianto ha una capacità complessiva di 1.980.000 m3, pari ad oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti contenuta negli stessi rifiuti. La discarica ammette le seguenti tipologie di rifiuti: o rifiuti urbani; o rifiuti speciali assimilabili agli urbani non pericolosi; o rifiuti recuperabili, come i fanghi bentonici disidratati, la frazione organica stabilizzata (FOS) del rifiuto urbano

e la sabbia proveniente dalla pulizia degli arenili.

Il ciclo dell’impianto

Ricezione rifiuti

I rifiuti arrivati all’impianto, dopo essere stati identificati e autorizzati all’ingresso in discarica, vengono pesati e controllati visivamente dall’operatore. In alcuni casi vengono prelevati e analizzati campioni di rifiuto per avere maggior chiarezza sul materiale trasportato.

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Conferimento dei rifiuti

Giornalmente vengono conferite circa 500/600 tonnellate di rifiuti. I rifiuti vengono scaricati direttamente nella zona di scarico e controllati dall’operatore; se conformi, vengono compattati e, attraverso il sistema di abbancamento, sistemati all'interno della zona della discarica in fase di coltivazione, in un'area (cella di coltivazione) di larghezza massima pari a 25 m. L’altezza massima ammessa dal vincolo paesaggistico per la discarica è di 18,60 m.

Barriera impermeabile

Le vasche costituenti il 1° e il 2° settore sono realizzate in terreno rilevato e sono impermeabilizzate con sistema composito costituito da uno strato di argilla compattata e un manto artificiale in polietilene ad alta densità (HDPE). Anche la vasca costituente il 3° settore è realizzata in terreno rilevato, ma in questo caso il sistema impermeabilizzante è costituito da un sistema composito doppio, formato da uno strato di argilla compattata e due manti artificiali sempre in HDPE ; per evitarne la possibile rottura (da parte di rifiuti acuminati o taglienti) è stato previsto uno strato di materiale inerte (sabbia) di spessore pari a 25 cm disposto sul fondo della vasca il quale facilita anche il drenaggio del percolato prodotto dalla fermentazione dei rifiuti stoccati.. Attualmente i primi tre settori sono chiusi, poiché hanno esaurito il volume disponibile, mentre la coltivazione prosegue nel 4° settore. Il primo ‘stralcio’ di questo ultimo settore, che copre una superficie di circa 39.000 m2 e ha una capacità volumetrica di 513.473 m3, ha terminato la sua funzione di raccolta, che ora è svolta dal secondo ‘stralcio’ dello stesso settore, che occupa un volume di circa 300.000 m3.

Drenaggio del percolato

Ogni settore è distinto in sotto-settori, ciascuno con un sistema autonomo di captazione del percolato (liquido che trae prevalentemente origine dall'infiltrazione di acqua meteorica nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi). Questa frazione liquida, che si forma in seguito ai processi di biodegradazione nella discarica, viene raccolta in sacche tra i diversi livelli di rifiuti stoccati. I condotti di raccolta del percolato sono inseriti in uno strato drenante permeabile, disposto sopra la base impermeabile, e sono diretti verso un pozzetto di raccolta. Da qui il percolato viene prelevato mediante una pompa e convogliato in una vasca di stoccaggio da 1.200 m3; il percolato viene costantemente sottoposto a controlli analitici sia per rilevare eventuali anomalie funzionali nel processo sia allo scopo di destinarlo al trattamento appropriato. Dalla vasca di stoccaggio, infine, viene inviato per il trattamento a un impianto di depurazione, che può essere interno o esterno.

Raccolta del biogas

L’impianto permette la raccolta del biogas (miscela di vari tipi di gas, per la maggior parte metano e anidride carbonica, prodotta dalla fermentazione batterica in anaerobiosi dei residui organici). Il biogas raccolto permette di generare una potenza di 1MW, impiegata per ricavare energia elettrica. L’impianto è costituito da: o 58 pozzi di captazione, collettori e linee secondarie; o 2 torce per la termodistruzione del gas captato in caso di fermata dei gruppi elettrogeni; o 2 stazioni di aspirazione e trattamento del biogas; o 2 gruppi elettrogeni aventi una potenza di 625 kWe ciascuno; o allacciamento alla rete di media tensione nazionale.

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La percentuale di metano contenuta nel biogas dipende da vari fattori (umidità, composizione del rifiuto, età del rifiuto). Nell’impianto di Ravenna lo standard minimo richiesto per una buona generazione di energia elettrica è un valore di metano pari al 40% del volume. Una volta che la discarica ha esaurito il suo volume disponibile avviene la chiusura definitiva (capping) tramite una barriera impermeabile multistrato così composta (dal basso verso l’alto): o strato di regolarizzazione dei rifiuti o strato di argilla isolante o strato di ghiaia drenante o strato di terreno naturale miscelato con compost, interventi che prevedono il completamento della parte sommitale con lo strato di drenaggio delle acque di infiltrazione superficiale, costituito da macerie frantumate vagliate, e la finitura con uno strato di terreno vegetale, arricchito con compost, di 1m di spessore.

7. 7 - L a d i scar i ca con t ro l l a t a d i Vo l tan a d i Lugo d i Ra venna .

La discarica per rifiuti non pericolosi di Voltana di Lugo è situata in Via Traversagno, in località Palazzone, e fa parte del "Centro Integrato Rifiuti", comprendente anche un impianto di selezione della frazione secca dei rifiuti (gestito da Akron S.p.A. società del Gruppo Hera) e un impianto di compostaggio. L’impianto ha una capacità complessiva di 510.000 m3. La discarica ammette le seguenti tipologie di rifiuti: o rifiuti urbani; o rifiuti speciali assimilabili agli urbani; o rifiuti recuperabili, come i fanghi, stabilizzati e palabili, non pericolosi, provenienti esclusivamente da

depuratori civili di acque reflue.

Tecnologia

La discarica è realizzata in modo da assicurare il massimo isolamento del corpo rifiuti dalle matrici ambientali: triplice impermeabilizzazione del fondo ( strato minerale compattato, materassino bentonitico, strato di argilla con telo HDPE); impermeabilizzazione delle sponde con telo HDPE; ricopertura quotidiana del fronte rifiuti in coltivazione con uno strato di materiale inerte dello spessore di circa 10 cm. Le acque di falda sono protette da uno specifico impianto di raccolta e gestione del percolato posto sopra lo strato di impermeabilizzazione di fondo. Esso è costituito da uno strato drenante in sabbia (50 cm) percorso da una rete di drenaggio di tubi forati posti lateralmente a spina di pesce e collegati a un collettore centrale che convoglia il percolato a 4 pozzetti di raccolta e sollevamento e successivamente, tramite pompa di estrazione, alla vasca di stoccaggio prima del trasferimento con autobotti all'impianto di trattamento autorizzato. Il biogas prodotto dalla discarica è prelevato da un sistema di captazione in grado di trattare fino a 250 m3/h, che attraverso un collettore principale convoglia il biogas alla centrale di aspirazione, in cui esso viene regolato, deumidificato, compresso e misurato, ed infine avviato alla combustione in torcia che lo incenerisce alla temperatura di circa 1200° C.

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Capitolo 8 - La cultura della prevenzione

Come abbiamo avuto modo di ribadire più volte, per ottenere la minimizzazione dei rifiuti sono prioritari la prevenzione e la riduzione alla fonte. E’ necessario avviare un grande cambiamento culturale, sociale e politico, che coinvolga sia i singoli cittadini-consumatori, sia il sistema economico-produttivo-tecnologico, partendo dalle esperienze e conoscenze che abbiamo acquisito in questi anni di grandi consumi. L’inversione di tendenza e il cambiamento dell’ideologia culturale richiesti devono tuttavia essere sostenuti da una ferma volontà politica. Oggi invece la politica si trova a dover stare in equilibrio fra un’economia globale basata sul consumo e la necessità di rivedere alcuni punti fondanti dell’intero sistema senza creare fratture e conservando, per quanto possibile, il livello di benessere raggiunto. Non è infatti perseguibile un cambiamento repentino. Se improvvisamente, per esempio, volessimo ridurre l’impatto ambientale dei gas di scarico dei mezzi pesanti e decidessimo quindi di acquistare solo prodotti provenienti dalla nostra Regione, assisteremmo alla disoccupazione di quegli autotrasportatori che sopravvivono trasportando i prodotti in tutta l’Italia: dunque, occorre prima preparare il terreno politico ed economico per accogliere questa e altre classi di lavoratori in attività sostitutive che possano permettere la loro concreta integrazione. Per quanto riguarda la riduzione dei rifiuti alla fonte, occorre che l’intero sistema produttivo intervenga sulla progettazione e produzione dei beni, prima ancora che essi vengano destinati al consumo, a partire dal cosiddetto eco-design, basato sullo studio dell’intero ciclo di vita del prodotto.

8 . 1 - C i c l o d i v i t a ed eco - d es i gn .

“I designer possono contribuire a rallentare il degrado dell’ambiente più degli economisti, dei politici, delle imprese e anche degli ambientalisti (...).

Una volta che un certo modello di progettazione più sano dal punto di vista

ambientale penetra nel mercato, i suoi effetti benefici si moltiplicano”. Alastair Fuad-Luke

Le decisioni assunte durante la progettazione di prodotti e servizi determinano largamente l’impatto che essi avranno sull’ambiente. I materiali, la forma, il peso, i processi di produzione, la durata ecc. sono aspetti cruciali che devono essere considerati in dettaglio per prevenire o minimizzare i rifiuti e gli impatti ambientali che origineranno entrando in commercio sottoforma di merci. L’ecodesign (anche conosciuto come Design for Environment, Green Design o Life Cycle Design) consente di produrre soluzioni che sono ottimizzate sia dal punto di vista ambientale, sia dei costi. Con l’eco-design è possibile, quindi, progettare prodotti e servizi utilizzando un “approccio circolare” (meglio noto come “dalla culla alla tomba”), che tenga in considerazione il loro intero ciclo di vita, dalla creazione alla distribuzione, all’utilizzo, al riciclo, via via fino al loro smaltimento. Gli obiettivi sono: o un impiego più efficiente dei materiali, dell’energia e di tutte le risorse; o una scelta di materiali che non provengano da ecosistemi in pericolo (Non è chiaro, fare un esempio);

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o progettare per prevenire inquinamento e rifiuti; o optare per materiali riciclati/riciclabili e tecnologie a risparmio energetico; o ottimizzare la vita di un prodotto: renderne più facile l’uso, la manutenzione, l’aggiornamento, il riuso, il

riciclaggio o la possibilità di ri-processarlo industrialmente; o semplificare! – usare una minore quantità possibile di materiali/componenti e progettare per una facile

separazione e riciclaggio delle varie parti; o migliorare la logistica di trasporto; Ovviamente l’intera produzione deve utilizzare materiali sicuri (non tossici) e rispettare i diritti umani (es. evitare lo sfruttamento dei lavoratori, il lavoro minorile, ecc.). 8. 2 - L a q u est i o n e imbal l agg i .

La gestione degli imballaggi e dei rifiuti da essi derivati è divenuta un aspetto centrale nella tematica ambientale. Nati per conservare e garantire le qualità e l’igiene dei prodotti, in particolare alimentari, impedendone il deterioramento e, nello stesso tempo, per facilitarne il trasporto, gli imballaggi si utilizzano oggi in ogni settore produttivo, tanto che una grande quantità di imprese producono non beni ma proprio imballaggi destinati anch’essi a divenire rifiuti.

Ma gli imballaggi hanno assunto un’altra – importantissima - funzione: attirare l’attenzione del consumatore e indurlo a comprare un prodotto piuttosto che un altro. L’imballaggio è la vera interfaccia del prodotto, e alla funzione fondamentale di “contenitore” ne affianca altre di comunicazione. È veicolo della marca e dei suoi valori, che assume una connotazione simbolica e di rappresentazione. In una società ad alta intensità visiva come la nostra, questi elementi diventano così importanti che spesso per il produttore corrispondono a un cospicuo investimento. La quantità di imballaggi negli ultimi 10 anni è aumentata in maniera esponenziale raggiungendo valori considerevoli. Nell’arco del periodo 1997-2006 l’incremento della produzione dei rifiuti da imballaggi nell’UE15 raggiunge i 13 milioni di tonnellate, corrispondenti ad una crescita percentuale dell’ordine del 21,6%. In Italia la produzione è passata dalle 11.621.000 tonnellate del 2003 alle 12.174.000 del 2006.

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Vien da sé che debba proprio essere quello degli imballaggi il primo settore produttivo su cui intervenire, anche mediante l’eco-packaging. Per eco-packaging si intende il rispetto dei criteri di sostenibilità finalizzati a ridurre gli aspetti negativi del confezionamento. Esistono tre diverse strade di eco-sostenibilità per il packaging. o Imballaggi con materiale biodegradabile - L'uso del materiale biodegradabile per produrre i

confezionamenti permette agli agenti naturali di assorbire e scomporre l'imballaggio una volta entrato nel ciclo dei rifiuti,. Il tipico esempio di materiale biodegradabile è la bioplastica (di cui è noto soprattutto il Mater-Bi). Ricavata da materiale naturale come amido di mais, frumento, barbabietola, il suo tempo di decomposizione è di qualche mese in compostaggio contro i 1000 anni richiesti dalle plastiche sintetiche derivate dal petrolio. La Legge Finanziaria 2007 (L.296/2006) ai commi 1129 e 1130, stabilisce l’avvio di un programma per la riduzione della commercializzazione dei sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria, non risultino biodegradabili; l’obiettivo della Finanziaria è quello di individuare le misure da introdurre progressivamente nell'ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto della commercializzazione dei sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci, a decorrere dal 10 gennaio 2010.

o Confezioni con materiale riciclato - L'uso di materiale proveniente da riciclo per il confezionamento consente di recuperare e riutilizzare l'imballaggio per molti cicli di prodotto evitando così il ricorso a nuove materie prime. E' il caso del vetro, del cartone, dei metalli.

o Confezioni meno ingombranti - E' la parte più importante dell'eco-packaging. Attualmente non esistono regole o standard qualitativi sull'entità del confezionamento. Le aziende europee possono liberamente scegliere il packaging che preferiscono, grande o piccolo che sia il prodotto contenuto. La confezione grande, colorata e ingombrante valorizza il prodotto, aumentando la percezione del suo valore da parte del potenziale cliente.

8. 3 - I l ruo lo d ei consumato r i nel l a min im iz zazione dei r i f i u t i : i l consumo cr i t i co .

“Il mondo delle cose prodotto dalla mano dell’uomo diventa una dimora per i mortali; una dimora la cui stabilità è in grado di

durare e di sopravvivere al movimento e ai mutamenti continui delle loro vite e azioni solo nella misura in cui sia in grado di

trascendere il mero funzionalismo dei beni di consumo e la mera utilità degli oggetti d’uso”.

Hannah Arendt

Tra le funzioni economiche che svolgiamo, quella determinante che ci integra nella società e nei suoi meccanismi, è il consumo. Probabilmente in nessun altro aspetto della vita siamo così minuziosamente e dispendiosamente guidati. Consumare criticamente vuol dire prima di tutto basare le proprie azioni di consumatori sulle regole delle "4 erre" ispirate dalla “Carta dei consumatori e degli stili di vita” proposta al Forum degli organismi non governativi di Rio de Janeiro. Riduzione: risparmio energetico, riduzione dei consumi superflui, diminuzione dei rifiuti prodotti, limitazione

dell’uso dei mezzi di trasporto privati a favore di quelli pubblici. Riutilizzo: prolungare la vita degli oggetti prevedendone la riparazione permette di incidere sulla riduzione

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del nostro impatto sul pianeta. Riciclo: è una misura che rispetta l’ambiente ed i bisogni delle generazioni future. Rispetto: il consumatore può agire affinché i diritti sociali, economici e politici tra nord e sud del mondo

siano rispettati. Consumare criticamente significa porre attenzione al valore sociale ed ambientale di ogni prodotto, piuttosto che alla personale convenienza. Questo perché i consumatori hanno, un potere economico che, sostenuto da una corretta informazione e formazione, può essere utilizzato per incidere con efficacia sul comportamento di imprese, governi ed istituzioni locali, per ottenere un maggior rispetto dell’ambiente, della giustizia sociale e dei diritti umani per tutti gli abitanti del Pianeta. Consumare criticamente significa anche modificare le proprie abitudini di acquisto e di consumo in modo da preferire i prodotti che posseggono determinate caratteristiche di qualità e sostenibilità sia in termini di modalità di produzione, materiali impiegati e loro processo di trasformazione, sia in termini di eticità del trattamento dei lavoratori e delle scelte di strategia aziendale dell'impresa produttrice.

Ecco alcuni consigli pratici per ridurre i rifiuti già al momento dell’acquisto: o scegliere prodotti concentrati e di volume ridotto; o bere l’acqua dell’acquedotto per ridurre l’uso delle bottiglie di plastica (oltre che le spese per l’acqua

minerale); o preferire i prodotti locali e stagionali, aventi un imballaggio strettamente necessario (prodotti artigianali,

confezioni famiglia rispetto alle monodosi, prodotti freschi rispetto a quelli conservati o surgelati, prodotti con imballaggi ricaricabili);

o preferire i prodotti ecologici (es: detersivi, ecopannolini, materiali in bioplastica), ricaricabili (es: batterie) o riutilizzabili e facilmente riparabili;

o evitare i prodotti usa e getta; o privilegiare gli imballaggi in vetro; o riutilizzare gli imballaggi; o per la spesa usare borse e contenitori durevoli anziché i sacchetti di plastica acquistati ogni volta; o scegliere imballaggi costituiti da un solo materiale (altrimenti difficilmente differenziabili); o fare un’accurata raccolta differenziata, pulendo e schiacciando tutti i materiali da conferire negli appositi

contenitori; o informarsi consultando siti e leggendo libri e riviste espressamente dedicati al consumo responsabile. 8. 4 - Ver so un camb i amen to?

“…La fiducia di un’epoca può essere misurata sulla base del divario

esistente fra il ragionamento scientifico e il ragionamento morale...”

David Harvey

Cambiare la mente alle persone, cambiare i simboli, i sogni, le aspettative, le speranze, le abitudini, questo è il vero aspetto problematico di una società industrializzata che deve progressivamente modificare la propria cultura e le proprie economie.

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E’interessante quanto afferma D. Harvey nel suo libro “La crisi della modernità” (Ed Net, 2002, pag. 415): il nostro presente esprime un complesso di opposizioni che sono in oscillazione continua fra l’universalismo e la localizzazione, la metropoli e la controurbanizzazione, la centralizzazione e il decentramento, l’etica e l’estetica, la razionalità scientifica e la diversità pluralistica, la gerarchia e l’anarchia, l’industrializzazione e la deindustrializzazione. Viviamo nella cosiddetta epoca del flessibile, che conserva alcuni tratti distintivi della modernità fordista (XX secolo) e che introduce le nuove prospettive dell’attuale post-modernità (dal 1970 circa ad oggi). Non viviamo quindi un tempo di fissità (di simboli, relazioni e valori) bensì di fluttuazione. E allora, anche Harvey si chiede (ibidem, pg.419), da dove può venire il vero cambiamento? Dalle nostre stesse contraddizioni, afferma, perché ogni crisi, discussa ed esplicitata, reca in sé le condizioni per un cambiamento culturale e politico: le condizioni sufficienti sono insite profondamente nella dialettica e nella conoscenza. Dunque il cambiamento è dentro di noi e dipende da noi.

Anche l’UE nei suoi Programmi d’Azione per l’ambiente fa appello alla responsabilità degli individui, cittadini, imprese e istituzioni, per la sensibilizzazione di una coscienza comune su un valore importante per tutti: la salvaguardia del pianeta in ogni modo possibile, non ultimo contrastando la sete di consumi che viene alimentata dall'ideologia pubblicitaria. Alla politica viene richiesta una presa di posizione importante, ma il cambiamento deve provenire dalle persone affinché anche i paesi industrializzati possano modificare le scelte commerciali e siano incentivati a raggiungere il grande obiettivo della sostenibilità ambientale. Le principali risorse che utilizziamo oggi, sono di origini fossili: il gas, il petrolio, l'uranio, il carbone. Sono risorse con un tasso di rinnovamento debole. L'economia del futuro ci chiede di ridurre ai minimi termini questo impoverimento, oltretutto, come è noto, la crescita industriale e produttiva ha condizionato l’atmosfera, situazione per la quale l’ONU si è prefissata di stabilizzare le emissioni al fine di evitare che la temperatura del pianeta aumenti più di 2 gradi centigradi entro il 2015.

“…sarebbe stupido proporre la rinuncia completa al comfort industriale...

l'umanità non tornerà nelle caverne, o, piuttosto, agli alberi.

Ma vi sono alcuni punti che potrebbero essere inclusi in un programma minimo bioeconomico.”

N. Georgescu-Roegen (fondatore della bioeconomia)

Anche per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti possiamo fare molto e contribuire all’aumento dei quantitativi dei materiali che confluiscono nelle raccolte differenziate. Nello studio “Il riciclo ecoefficiente” curato da Duccio Bianchi (Edizioni Ambiente, Milano, 2008, pag.21) leggiamo: “Attraverso il recupero e il riciclo dei materiali, l’economia del riciclo contribuisce in maniera sostanziale all’eco-

efficienza generale del sistema, determina significativi risparmi energetici e di uso di risorse non rinnovabili… In

Italia, secondo i dati aggregati disponibili (APAT 2008), complessivamente sono stati inviati a recupero oltre 52

milioni di tonnellate di rifiuti dei processi di produzione e consumo… Nel settore dei rifiuti industriali - dove la

contabilità è più incerta – le operazioni di riciclo hanno apparentemente riguardato nel 2005 circa 44,5 milioni di

tonnellate di materiali (di cui 1,2 milioni costituiti da rifiuti pericolosi).”

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Rifiuti avviati a recupero in Italia Dati APAT 2008 - Rifiuti industriali 2005

52

7,5

44,5

31

8,83,51,2

Valori in milioni di tonnellate

Rifiuti totali avviati a recupero

Rifiuti da raccolte differenziate

Rifiuti industriali totali

Rifiuti industriali (costruzione edemolizione)Rifiuti industriali (metallici)

Rifiuti industriali (altro)

Rifiuti industriali (pericolosi)

Il principio di responsabilità, che definisce l'età adulta, vuole che ciascuno di noi si impegni verso il grande traguardo che ci ha indicato nel 1992 la Conferenza mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU:

“…uno sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere

la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie”

United Nations Conference on Environment and Development, UNCED

Se le persone cambieranno lo faranno per avere dei vantaggi. Magari qualcosa che hanno ceduto i loro predecessori tanti anni fa, all’epoca della rivoluzione industriale. Questo qualcosa dovrà essere tanto prezioso e rilevante da convincere i paesi industrializzati a soppiantare l’ideologia del consumo con una nuova cultura dominante. Questo qualcosa potrebbe essere il tempo libero che forse si svilupperebbe da un’economia non predatoria, oppure, per parafrasare la grande filosofa Hanna Arendt, lo si potrebbe trovare nell’impegno alla cosa pubblica, nel sentirsi parte di un tutto e utili al tutto, responsabili del proprio mondo, dell’ambiente e della felicità della propria comunità: per dirla in una parola, questo qualcosa così prezioso potrebbe essere la libertà che cantava Giorgio Gaber negli anni ’70: “…la libertà non è uno spazio libero, la libertà è partecipazione...”. La libertà, a ben pensarci, è l’unico valore che è stato capace di muovere le rivoluzioni e di cambiare la storia dell’umanità, è dunque davvero auspicabile che possa riuscirci ancora.

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