Il Chiese notizie - n. 7

9
notizie 007 ottobbre 2011 Q ueste sono le parole di Alcide De Gasperi, oggi considerato come uno dei padri della Re- pubblica e, insieme al francese Robert Schuman, al tedesco Konrad Adenauer e all’italiano Altiero Spinelli, dell’Unio- ne Europea. Ed è con queste parole che la pro loco ha iniziato una ricerca sulla Democrazia Cristiana a Gavardo ed in Valle Sabbia. Non si tratta di un appro- fondimento storico, ma, molto più sem- plicemente, di una raccolta di interviste a coloro che hanno vissuto, in certi casi da protagonisti, le vicende politiche ga- vardesi e valligiane della Democrazia Cristiana. Gianpaolo Mora, Gianpietro Landi, Alfredo Bonomi, Andrea Bar- biani, Sergio Franceschetti, Baronchelli Danilo, Andrea Codurri e molti altri an- cora sono le persone che stiamo intervi- stando per capire cinquant’anni di vita politica gavardese. La storia, gli uomini, i congressi, le correnti, i documenti e le immagini che stiamo raccogliendo daranno – ce lo auguriamo – uno spaccato di vita della nostra comunità che, diversamente, an- drebbe perduta. Dalle prime interviste emerge la concretezza di anni di lavo- ro e di passione, ben lontana dunque da una certa idea che alcune procure e alcuni giornali davano della DC. Non ci sono, almeno in Valle Sabbia, politi- ci e amministratori che hanno rubato o che si sono arricchiti facendo gli ammi- nistratori o i sindaci. Insomma l’anti- politica oggi imperante anche sui nostri giornali è lontana anni luce dagli spre- chi romani e dalle manette di Di Pietro. Il partito cui molti gavardesi hanno en- tusiasticamente aderito era fatto da seri Amministratori che hanno dato molto alla comunità. Anche oggi è facile farsi prendere da un certo clima di antipoli- tica, spesso dovuto a stipendi e benefit eccessivi che nulla hanno a che vedere con i nostri sindaci e le nostre Ammini- strazioni. Il Chiese Quadrimestrale edito dalla Pro Loco del Chiese - Gavardo Pag. 4 Pag. 6 Pag 13 Il mio Canossi Uno scomodo ebreo a Gavardo Lanital o Italan Uniti, siamo forti; se siamo forti, saremo liberi

description

Periodico della Pro Loco del Chiese

Transcript of Il Chiese notizie - n. 7

Page 1: Il Chiese notizie - n. 7

notiz

ie 007

ottobbre 2011

Queste sono le parole di Alcide De Gasperi, oggi considerato come uno dei padri della Re-

pubblica e, insieme al francese Robert Schuman, al tedesco Konrad Adenauer e all’italiano Altiero Spinelli, dell’Unio-ne Europea. Ed è con queste parole che la pro loco ha iniziato una ricerca sulla Democrazia Cristiana a Gavardo ed in Valle Sabbia. Non si tratta di un appro-fondimento storico, ma, molto più sem-plicemente, di una raccolta di interviste a coloro che hanno vissuto, in certi casi da protagonisti, le vicende politiche ga-vardesi e valligiane della Democrazia Cristiana. Gianpaolo Mora, Gianpietro Landi, Alfredo Bonomi, Andrea Bar-biani, Sergio Franceschetti, Baronchelli Danilo, Andrea Codurri e molti altri an-cora sono le persone che stiamo intervi-stando per capire cinquant’anni di vita politica gavardese. La storia, gli uomini, i congressi, le correnti, i documenti e le immagini che stiamo raccogliendo daranno – ce lo auguriamo – uno spaccato di vita della nostra comunità che, diversamente, an-drebbe perduta. Dalle prime interviste emerge la concretezza di anni di lavo-ro e di passione, ben lontana dunque da una certa idea che alcune procure e alcuni giornali davano della DC. Non ci sono, almeno in Valle Sabbia, politi-ci e amministratori che hanno rubato o che si sono arricchiti facendo gli ammi-nistratori o i sindaci. Insomma l’anti-politica oggi imperante anche sui nostri giornali è lontana anni luce dagli spre-chi romani e dalle manette di Di Pietro. Il partito cui molti gavardesi hanno en-tusiasticamente aderito era fatto da seri Amministratori che hanno dato molto alla comunità. Anche oggi è facile farsi prendere da un certo clima di antipoli-tica, spesso dovuto a stipendi e benefit eccessivi che nulla hanno a che vedere con i nostri sindaci e le nostre Ammini-strazioni.

Il Ch

iese Quadrimestrale edito dalla Pro Loco del Chiese - Gavardo

Pag. 4

Pag. 6

Pag 13

Il mio Canossi

Uno scomodo ebreo a Gavardo

Lanital o Italan

Uniti, siamo forti; se siamo forti, saremo liberi

Page 2: Il Chiese notizie - n. 7

2 3

Edito dallaPRO LOCO DEL CHIESE

Via Vecchino, 2 - Gavardo (BS)Autorizzazione del Tribunaledi Brescia n. 40/2006

Direttore responsabileDaniele [email protected]

Hanno collaboratoa questo numero

Giuseppe Mazza, PresidenteAndrea CodurriMichele VezzolaPiero Simoni

StampaTipolitografia Vobarnese (BS)tel. 0365.372294

Intervista al prof. Roberto Chiarini, curatore scientifico del corso di

Amministrazione per giovani organizzato

dal Comune di Gavardo.

Roberto Chiarini è uno storico e scrittore italiano.

Ultimo degli otto figli di Anita Balardi e Carlo Chiarini, fornaio del pae-se, dopo il liceo classico a Castiglione delle Stivie-re, si iscrive all'Univer-sità degli studi di Pavia dove è allievo di Mario Bendiscioli e dove si laurea con lode nel 1966 discutendo una tesi sul politico bresciano Giusep-pe Zanardelli. Prosegue poi gli studi accademici grazie ad alcune borse di studio e nel 1973 inizia l'attività didattica all'ate-neo pavese. Attualmente è professore ordinario di Storia contemporanea e titolare dell’insegna-mento di Storia dei partiti alla facoltà di Scienze politiche dell'Università statale di Milano. Fa parte del comitato scientifico della Fondazione Turati di Firenze e della Fondazio-ne Lucchini di Brescia ed è presidente del Centro studi e documentazione sul periodo storico della Rsi con sede in Salò.[1] Dal dicembre 2009 è Presidente del Comi-tato storico-scientifico della Fondazione Craxi di Roma.

I suoi studi si sono concentrati su libe-ralismo, socialismo, fascismo, neofascismo e destra italiana, cui ha dedicato numerosissi-mi saggi e articoli. Ha collaborato e collabora ad alcune riviste politiche (come MondOperaio, Il Ponte e Ideazione) e a molti quotidiani (tra cui Avanti!,l'Unità, Il Sole 24 Ore, Il Giornale, Corriere della Sera, Il Foglio, Libero, il Riformista, Giornale di Brescia e L'Eco di Bergamo). Nel 2008 ha vinto la prima edizione del premio intito-lato allo storico Antonio Sema «per la riconosciuta capacità di unire l’alta qualità scientifica alla più apprezzata divulgazione, sapendo inoltre fornire interpretazioni originali rispetto ai problemi storiografici affrontati»

Professor Chiarini, perchè un corso di amministrazione e politica?Per la semplice ragione che si è

diffusa la consapevolezza di una caduta della classe dirigente. Non serve fare nomi e cognomi anche perché le responsabilità sono diffuse ed oggi le agenzie di socializzazione (parrocchie, scuole, sindacati, partiti) o i circuiti amicali funzionano sempre meno. C’è dunque una separazione netta tra la professione, i mestieri e la dimensione civica di ognuno. È bene che sorgano iniziative per colmare questa lacuna. Quali sono i punti che maggiormente dovrebbero stimolare un giovane a partecipare?Deve già esserci un apprezzamento per una iniziativa del genere, intesa come volontà di rimediare ad un mancanza. Un giovane, anche senza ambizione, dovrebbe trovare in questa iniziativa un’occasione da non perdere perché è importante istituire relazioni, entrare in contatto con un mondo comunque ricco di coordinate, problemi, sensibilità. La scuola, il corso organizzato dal Comune di Gavardo, vuole dare un contributo. Non può risolvere problemi ma dare un primo avviamento a chi lo desidera.

Che senso ha oggi parlare di destra\sinistra nel panorama politico italiano?Le categorie che hanno orientato più generazioni hanno oggi perso il loro carattere di stella polare. In parte vi è stata una maturazione della destra e della sinistra che da semplice inimicizia sono

diventate categorie di competizione, confronto\scontro di idee e interessi. Ci sono interessi culturali che alimentano la politica, anche se ciò avviene con sempre

maggiore difficoltà anche perché le divisioni sono meno nette ed i confini tra le due categorie vengono spesso attraversati in ambo i sensi. Sono comunque categorie che aiutano ed orientano mantenendo una loro attualità. Quale è la sfida più grande - secondo Lei - per i Sindaci di oggi?È una sfida grande perché oggi i sindaci hanno una grandissima responsabilità: quella di rianimare la democrazia italiana.

La libertà d’azione che li rende liberi di assumere decisioni fa il paio con la responsabilità politica di avere il maggior numero di contatti con la popolazione.

La sfida è quella di mettersi in contatto per dare quelle risposte operative che ai livelli più alti (Provincia, Regione, Stato) sono distanti e tardano a venire, minac-ciando così la passione civica della gente, aumentando il senso di solitudine ed il disamore per la politica.

Page 3: Il Chiese notizie - n. 7

4 5

Il mio canossia cura di Piero Simoni

Ho amato il Canossi fin da ragazzo. Mio padre teneva gelosamente fra i suoi libri una copia di “Melodia”,

l’opera del poeta bresciano, e ogni tanto lo sentivo leggere a voce alta la storia della bottegaia Coppi di Brescia. La conosce-vano tutti a quei tempi. Aveva il negozio in città, al ‘cantù dèi stupì’, e vendeva un po’ di tutto: dalla cioccolata alle màndole ‘mbrüzìne, dalla farina agli stopài pèr èl vì, dal cafè fioretòne allo zucchero, dal marsala alla benzina, da l’estràt d’Olànda alle can-dele, dall’olio alle caramelle… E con quale grazia il Canossi sa descrivere questo tipo originale di bottegaia: Sentàda töt èl dé dedré d’ön bànc,èn d’ön streciö gremìt dè mercansìa,la sa cantà issé bé le variassiùdè sté motif dèl frànc,ché (mìga bàle !) ai frànc ghè vé le alee i scàpa dè pèr lùr da la scarsèlae i vùla sö ‘l sò bànc!

Mi piaceva tanto sentir leggere “Melodia”, che quando cominciai ad andare a scuola volli a tutti i costi imparare il dialetto bre-sciano, così immediato ed espressivo, anche se - come scrive il Canossi stesso - l’è issé dür chè quànd sé ‘l lès èl pàr dè sgagnà i sàs e dè spüdà! Fu un vero peccato che il libro di “Melo-dia” del babbo andasse perduto durante un trasloco! Per fortuna riuscii a procurarmene una seconda copia, e l’occasione si verificò dopo parecchi anni. Nel 1964, infatti, ricevetti dal Comune l’in-carico di assistente della Biblioteca Civica

“Eugenio Bertuetti” di Gavardo, e un giorno mi giunse una telefonata dal sindaco dottor Franchi. Mi disse: «Devo trasferirmi con la farmacia da Via Fossa in Via Quarena, ed è necessario che mi liberi di una parte dei miei libri. Te li faccio avere e ne farai quello che vuoi. Quelli che ti interessano li puoi te-nere, gli altri li darai alla biblioteca.»Quando cominciai a controllare i libri, mi capitò in mano una copia della “Melodia”: era l’occasione che aspettavo!Diedi subito un’occhiata alla copertina. Ol-tre al titolo - “La MeLoDia” e ALTRE PO-ESIE DIALETTALI BRESCIANE”, Terza Edizione - c’era la data: “Officine Grafiche Lombarde, Brescia, 1930 - Anno VIII”. Sul-la pagina interna, scritta a mano, si leggeva la firma di G.M. Longinotti – Badia, maggio 1937. Nelle pagine seguenti, dopo un ‘in-dirizzo’ ai concittadini da parte della Presi-denza dell’Associazione Bresciana “Lupi”, si poteva leggere una poesia autografa in dialetto, dal titolo “Nostalgia e “MELO-DIA”, scritta al Canossi dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Augusto Turati che abitava a Roma. La lessi subito. In essa, l’autore esprimeva al poeta tutta la malinco-nia che provava per essere lontano da Bre-scia. Merita di trascrivere alcuni versi della bella poesia: L’altra sera ghìe ‘n dèl cör ‘na scaragnérae ön fastìde ‘n dèl servèl:…………………..la rizù? Ön pó dè töt:ön pastés dè bèl e bröt,ön pensér sèmper piö vìv

(la mé càsa, la mé zènt),na rizù dè avilimènt(le malìssie dèi catìv):e gaarés vulìt èn frèssaturnà a véder la mé Brèssacón töt chèl chè ghè dè bèl.……………………………

Ma la pagina più divertente era quella dello stesso Canossi, intitolata “Per i…Bortolini”, con la quale l’autore, dopo aver citato un epigramma latino di Marziale, che diceva: Quem legis, meus est o Fidentine libellus,sed male cum legeris, incipit esse tuus.

e che tradotto significa:Quel che leggi, o Fidentino, è un mio libro,ma se lo leggi male, comincia a diventar tuo.

il Canossi ne dava, in dialetto bresciano, questa esilarante versione:

Car èl mé Burtulì,sté liber l’ho scrìt mé.e sé té ‘l lèzet bémé nó ghó gnènt dè dì:ma sé té ‘l lèzet màl,fiöl car, alùra pòfàl pör passà pèr tò,chè tè mé fé ‘n regàl!

Ma l’autore di “Melodia” non mi piace sol-tanto per questo. Egli non è solo il poeta scanzonato e caustico che appare in quel ca-polavoro che è “La madóna dèl dutùr”, o nella raccolta che ha per titolo “Ràssega”, o ancora ne “Le Carmelitane a la Mèssa alta dè S. Faüstì”; non è solo il cantore delle ge-sta gloriose dei bresciani che si battono per la libertà, come ne “L’esòrdio dè lé dés zor-nàde”; egli è un vero maestro anche quando affronta il tema umano, quando si rifà alla sofferenza e al dolore, specie di una donna e ancor più di una mamma. In “Melodia” non è difficile trovare esempi al riguardo. Alludo, in particolare, alle due poesie che vanno sotto il titolo di “Amùr dè màma”. La prima è la versione dialettale della poesia “Ritorno” di Giovanni Pascoli, la seconda - “Èl póer murtì” - è una traduzione dal te-desco Bauernfeld. Sono convinto - e non me ne voglia il Pascoli! - che il calore umano e il pàtos che si respirano nella prima di que-ste due poesie, quella tradotta dal Pascoli, superano di gran lunga l’emozione suscita-ta dai versi italiani del poeta romagnolo! E

lo stesso si può dire della seconda, quella dal tedesco. Valga un confronto per chiarire questa mia affermazione:Il Pascoli, parlando del figlio che si accosta al letto della madre in agonia, scrive:

“M’accosto al suo letto: ella un pocoli occhi alza; ella vede. Ella parla:“Oh! povero bimbo!…del fuoco, che ha freddo!”

Il Canossi, a sua volta, si esprime così:

“Fó pèr bazàla… Oh Dio!…Pianì pianìla dèrf i öcc…la vèd, la pàrla: “Ah s-cètsé tè sé mìs!…Dèl föc, dèl föc, poarì,chè ‘ìl gaarà frèd!”

Non è forse meno convenzionale e più sen-tita questa seconda quartina? E lo stesso si può dire dell’altra poesia, anche se non ci è possibile averne il testo originale tede-sco. Eppure, non si può negare che i versi in dialetto del Canossi, riferiti alla mamma che sogna il bimbo morto, siano altamente commoventi:

“Ma èco chè ‘na nòtghè compàr èl murtìvistìt a malapénad’ön pó dè camizì,e: “Vàrda – ‘l dìs – mamìna!e piàns, e piàns, e piàns,vàrda cóza t’hé fàt”!Ghó ‘l camizì ‘mbombàtdè lacrime, mamìna! E có sté missulìnó pòde piö durmì!…Nèh mìga piànzer piö?”

Sparés èl póer murtì…La màma la piàns piö ;la màma la sé tè le lacrime ‘n dèl cör,e quànd chè ‘l cör l’è piéch’hàla dè fa? La mör!” Questa è poesia nel più alto significato del termine! Ed è proprio questo il Canossi che ammiro e amerò sempre!

Angelo Maria Canossi nacque a Brescia il 23 marzo 1862, primo figlio di Carlo e di Teresa Viviani. Pare che la sua famiglia potesse vantare illustri origini: il poeta ricordava arredi domestici memori di antichi decori e il probabile stemma della casata costituito da un cane rampante con in bocca un osso; forse si tratta solo di una sua fantasia, uno dei tanti pretesti per ironizzare sulla sua povertà. Ebbe tre fratelli e una sorella: il più giovane morì ad undici anni di difterite, mentre la sorella entrò nell'Ordine delle Orsoline. Seguirono anni inquieti, in cui compì molti brevi viaggi. Nel 1882 si recò a Parigi, presso uno zio paterno, e seguì assai irregolarmente un corso universitario alla Sorbona, dove sostenne degli esami, ma senza preoc-cupazioni sistematiche e la volontà di laurearsi. Diede lezioni di Italiano, fece qualche servizio giornalistico, guadagnò abbastanza bene e molto spesso compì viaggi in Europa.L'Angilì (è molto noto questo suo soprannome) frequentò le scuole pri-marie in San Barbara, poi passò al civico ginnasio e quindi al liceo di De-senzano. Allievo estroso e scontinuo, s'impegna soprattutto in ciò che gli piace. Terminato il liceo, si iscrive all'istituto superiore di lettere in Fi-renze, ma frequentò solo due anni, per poi ritirarsi tornando a Brescia, dove iniziò l'attività di ripetitore privato.Nel 1903 uscì la sua opera dalla stamperia Sa-voldi a firma di Storpiato Tasso, una cruda satira a carico di un tenore sgrammaticato: nell'ame-no pseudonimo dell'auto-re tutta Brescia leggeva il nome del poeta; difatti se ne conoscevano già le prime poesie dialettali, certi modi inconfondibili di umore.Nell'agosto 1884 di colpo ritornò a Bre-scia. Riprese con poca costanza le lezioni private e iniziò una nutrita e viva attività di giornalista e pubblicista: frequentò

molto la redazione de "La Sentinella bresciana" e ne divenne direttore per qualche mese; diede vita al "Guasco", primo quin-dicinale umoristico e poi quotidiano di informazio-ne. Pieno di iniziative e di idee, ne sfornava a getto continuo e vi si dedicava con l'entusiasmo e il cuore tipici di un artista, ma appena il disegno appariva concluso, sembrava che l'interesse gli sbollisse tra le mani; viveva di intuizioni, si bloccava dove iniziava la volontà pratico-esecutiva, l'impegno di orario e la meccanicità di un mestiere. Tutte le sue imprese ebbero il mede-simo destino: impiantò una tipografia, ma presto la cedette; fondò più tardi due importanti riviste, l'Illustrazione bresciana e Brixia, ma ne mantenne per poco la direzione.Ebbe un rapporto con una donna cantata col nome di Iole, ma alla soglia del matrimonio non seppe decidersi al gran passo. Tra il 1914 ed il 1916 il poeta si dedicò alla lirica amorosa della quale ci sono pervenuti solo due sonetti. Lui stes-so, in una lettera a Iole, dichiarò di aver distrutto molti pezzi.Nel 1916 fondò l'Istitu-zione della Memoria: è forse l'unico suo disegno compiuto (a parte le poesie dialettali), ma in tutto degno del suo nobilissimo cuore di patriota e poeta. Nel 1925 partecipò al primo congresso dialettale a Milano, conseguendovi un successo totale. L'ultimo avvenimento importante della sua vita fu l'incarico di allestire il vocabolario bresciano, affidatogli dall'Ateneo di Brescia: per tale lavoro gli venne fissato un assegno mensile sospeso più tardi perché l'opera non si concludeva.Nel 1936 si trasferì de-finitivamente a Bovegno, dove trovò l'ambiente adatto alla stanchezza della sua età. Morì il 9 ottobre 1943 e fu sepolto nel cimitero locale.Le poesie dialettali di Angelo Canossi sono pubblicate in "Melodia e Congedo".

Page 4: Il Chiese notizie - n. 7

6 7

Riportiamo qui la presentazione che il curatore del volume, Flavio Casali, ha scritto per i nostri lettori.

Seppure non sia facile capita, a volte, di co-noscere persone straordinarie.

Persone che puoi dire di aver conosciuto - non de visu - ma attraverso i libri che hanno scritto o grazie ad articoli di giornale che, oltre a promuovere il volume di turno, ri-

velano aspetti o particolari dello scrittore che te lo rendono interessante o antipatico o indifferente … La fantasia del lettore vola fino a costruirsi un’ identità del suo “scrit-tore” immaginaria, irreale e, in fin dei conti, superficiale.La cosa migliore per evitare la mitomania è cimentarsi, consapevoli di un possibile fal-limento, in quel piccolo sforzo che, a volte riesce davvero a trasformare la volontà in potenza.Così, può capitare che attraverso una sem-plice e-mail un invito venga accettato e pos-sa nascere quel quid che travalica e supera gli aspetti formali e sostanziali legati alla presentazione di un libro e sfocia, nel giro di poche ore, in una stima reciproca, in vo-glia di conoscenza, in amicizia…

A me è successo con Ariel e Yael Toaff e non è accaduto per caso.L’incontro, cercato, voluto, coltivato, desi-derato… si è realizzato e in me, nella mia famiglia, negli amici che mi hanno stimo-lato e aiutato, anche finanziariamente, così come in quanti hanno partecipato alla pre-sentazione gavardese e salodiana del suo libro “Il Prestigiatore di Dio”, non si can-cellerà più.

Ariel è ebreo, un ebreo famoso, come stori-co e scrittore innanzi tutto, ma anche come primogenito di Rav Elio Toaff, rabbino emerito della comunità ebraica romana. Come tutti gli altri uomini, anche l’ebreo ha più di un’identità. Appartiene alla comunità umana e pure possiede un’identità ebraica che lo rende diverso dagli altri. Ognuna di queste identità lo obbliga a doveri diversi.Un po’ come Abramo, che si presentò al po-polo Cananeo dicendo: “Sono forestiero e residente fra voi” (Gen. 23:4).

Uno ‘scomodo’ ebreo a GavardoLa Pro Loco ha dato alle stampe il testo della conferenza che Ariel Toaff ha tenuto a Gavardo lo scorso mese di marzo. Storie, aneddoti, personaggi straordinari, gente comune, luoghi, cultura, tradizioni, fede.

Ci si può chiedere se non esista una contrad-dizione in termini, apparentemente opposti. La realtà è che l’ebreo è “residente” al pari degli altri “Cananei” allorché partecipa con loro negli sforzi per il bene della società. Pur tuttavia, dal punto di vista spirituale, l’ebreo è uno straniero, la sua fede è unica, immutata e immutabile da sempre, come il suo modo di vivere basato su idee, verità e comportamenti che lo hanno reso un diverso dalla società circostante.Sotto questo aspetto Abramo e i suoi discen-denti rimarranno stranieri per sempre.

Ariel Toaff è un ebreo aperto al mondo, un – spero di non offenderlo – “riformista”, in grado di rappresentare l’ebraismo in termini universali, smitizzando i tanti luoghi comu-ni o gli stereotipi di cui tutti (i non ebrei) si riempiono la bocca.Eppure mentre Ariel proclama ad alta voce la propria identità comune a tutti gli uomini, negando ogni settorialismo, il mondo conti-nua imperterrito a considerare tutti gli ebrei membri di una comunità separata intenta a perseguire propri specifici interessi a disca-pito dell’umanità intera.Per secoli il mondo, cristianizzato e non, ha abbassato gli ebrei a ruolo di semplici pa-rassiti e li ha esclusi da una vera parità di diritti e di opportunità, considerandoli, fino a tempi non molto recenti, esseri privi di no-bili sentimenti e di abilità creative. Eppure – ed è la storia raccontata da Ariel che resti-tuisce a due personaggi ebrei, Abramo Co-lorni e Maggino Gabrielli, il giusto ritratto di benefattori dell’umanità – una volta che furono loro concesse, non dico “uguali” ma perlomeno “sufficienti” opportunità, si re-sero immediatamente disponibili a seguire l’imperativo divino di “riempire la terra e di svilupparla”(Gen. 1:28).

Colorni e Maggino – ma la schiera di be-nefattori ebrei è molto più lunga – hanno dimostrato di aver contribuito al benessere generale in misura molto maggiore di quan-to ci si potesse aspettare in proporzione alla componente ebraica della popolazione.Colorni e Maggino ieri, Ariel Toaff e Amos Oz, Luciano Caro e Riccardo Di Segni oggi, così come tutti gli ebrei del mondo sono de-terminati a partecipare ad ogni impresa civi-le, scientifica e politica che migliori l’uma-nità.Si sentono obbligati – e per noi non dovreb-be essere diverso, anche se lo diamo troppo per scontato – ad arricchire la società con i

loro talenti creativi.E’ il testamento di Giacobbe, particolarmen-te rilevante ai giorni nostri.La riconciliazione con Esaù è vicina. Basta volerla.Ci sembra di udire le stesse domande: “Di chi sei?, dove stai andando?, di chi sono queste cose davanti a te?”.La nostra storia comune, “nuova” di millen-ni, esige di affrontare queste sfide con co-raggio e di dare la medesima risposta che era stata comunicata dai messaggeri di Gia-cobbe migliaia di anni fa.

E’ evidente allora che incontri – come quelli organizzati a Gavardo – tra comunità appar-tenenti a fedi diverse sono non solo possibili ma diventano indispensabili.Piena libertà religiosa e confronto democra-tico non tollerano alcuna sottomissione alla logica dell’auto giustificazione verso la co-munità maggioritaria.Quest’ultima, mentre ancora discute se as-solvere o no la comunità ebraica da alcune colpe mitiche – deicidio, rituali di sangue (si ricordi, fra tutte, la vicenda del piccolo Si-monino da Trento) – ignora per lo più com-pletamente le proprie responsabilità storiche per le sofferenze ed il martirio inflitti alle minoranze, ai deboli, ai perseguitati.Inoltre, l’ebraismo non deve essere visto come qualcosa che acquista una sua dignità storica per il solo fatto di essere precursore di altre fedi. I riti religiosi – celebrati con grande enfasi liturgica dai Principi Prevo-sti – non hanno alcun valore se le leggi e i principi della giustizia umana vengono cal-pestati e immolati sull’altare della propria caparbia presunzione.

Alla fine, la radice unica e ultima di ogni bi-sogno umano è sempre e soltanto il bisogno dell’immanenza divina, di conoscere, vede-re ed unirsi a Dio.

Ariel Toaff ce lo fa capire attraverso i suoi personaggi, attraverso il suo studio di stori-co e scrittore, attraverso la sua appassionata testimonianza. Lo storico è parte della sto-ria….lo siamo anche noi. Ciò che Ariel ci vuol far cogliere è di più, è un divenire….

Baruch Ha-Shem! (Benedetto il Signore)

“Vieni e considera. Il pensiero abissa-le è il principio di tutto”

(Zohar)

Page 5: Il Chiese notizie - n. 7

9

Riportiamo qui a lato la pagina che nei giorni scorsi “Il Giornale di Brescia” ha dedicato a Ga-vardo. Una visione molto parziale che non fa onore a chi l’ha scritta e ancor meno a chi ci abita. Nell’articolo vengono ‘intervistati’ anche la signora Paola Pasini e Marcello Zane che concordano sul declino gavardese. La Pro Loco di Gavardo difende invece Gavardo ed i suoi abitanti e dubita di questi articoli scritti evidentemente con scopi politici ben precisi. Ultimamente è sempre più difficile essere visibili sui giornali e sui telegiornali locali ed anche le belle iniziative che la pro loco organizza non riescono a ottenere il giusto riconoscimento dalla stampa. Il Giornale di Brescia non parla della bella Festa delle Associazioni, del Corso di Politica e Am-ministrazione, del corso di Ebraico, delle conferenze con Magdi Allam e di tante positività che Gavardo ospita.E non pubblica una lettera che il presidente della Pro Loco ha scritto al direttore del Giornale subito dopo la pubblicazione del brutto articolo.Eccola.

La Pro Loco difende Gavardo ed i gava rdesi dagli articoli che gettano fango sul nostro paese

Egregio Direttore,gradirei che pubblicasse questa lettera, che è l’altra faccia della pagina di giovedì 8 settembre dedicata a ”GAVARDO storia di un paese in DECLINO”.

Peccato che gli intervistati da Tonino Zana siano solo quelli che fino a ieri hanno condiviso la gestione amministrativa e hanno lasciato che Gavardo avesse quel declino da loro tanto evidenziato. Le cose positive sono state lasciate in disparte dal Suo giornalista, proprio per far vedere il bicchiere mezzo vuoto.

Gli articoli non mettono in rilievo nessuna delle positività della Gavardo che funziona, ce ne sono parecchie, e basterebbe intervistare qualche persona diversa, oppure pubblicare le interviste positive raccolte dal giornalista e dal fotografo che lo accompagnava.

Comunque mi dispiace per quelle persone che devono per forza essere arrabbiate, (chi con il Sindaco chi con i suoi collaboratori definiti ”sfranta di pretoriani al mercato della ruffianeria“). Quando Sindaco non era Vezzola Emanuele anche gli altri Sindaci avevano i loro amici, tutti nei posti giusti, e con questo io sono d’accordo che chi deve amministrare si circondi di gente di cui si fida e condivida il programma amministrativo. Alla scadenza del mandato, se ha fatto bene per il suo paese, il Sindaco verrà rieletto e resterà seduto sulla poltrona.

Io vecchio abitante di Gavardo, a memoria, non ricordo di gente che puntualmente getta discredito sul proprio paese prendendo a spunto le seppure “importanti” panchine, e altre cose che nulla hanno a vedere con l’economia che ogni amministrazione sia di sinistra che di destra è chiamata a sviluppare nel proprio territorio per permettere e mantenere i servizi ai propri cittadini

Ma questi fatti (anche se positivi) sono come le fognature, nessuno le vuole vedere, e dunque vale il pettegolezzo da bar di chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto.

Giuseppe Mazza

Il santuario di San Liberale a Treviso Bresciano

Cosìil paesesta perdendola centralità

Idro Domenica il «Motoringraziamento»Raduno a due ruote dall’Eridio al santuario di San Liberale, a Treviso Bresciano

GAVARDO Anche la vecchia capi-taledellaValsabbiaèin vendita.Da-vanti al municipio e lungo i porticidi Gavardo, risaltano i «vendesi» egli «affittasi». Il paese è pulito, il pae-se è deserto.«La strategia della "sceriffizzazio-ne", portata avanti dal sindaco -spiega una donna del volontariatovalsabbino - ha ridotto la maggiorparte di extracomunitari di là dalponte e gli altri di qua. Se ne sonofatte di tutti i colori per cacciare gliextracomunitari dal centro. Si so-nocavatelepanchine ecosì, ilpove-ro gavardese anziano, il Losi, peresempio, non esce di casa perchènon sa dove sedersi».Quella della panchinestrappate per far spariregli extracomunitari ci èsempre apparsa comeuna leggenda, un giocofasullo per screditare ilsindaco.Siamo venuti a Gavardoanche con questa curio-sità, per studiare il comee il quando la verosimi-glianza o la falsità si faleggenda e passa di boc-ca in bocca.Invece no, è vera comela perdita di fascino complessivodellaGavardocapitale, ormaicaricadi problemi occupazionali, divisasocialmente e deserta nella rappre-sentazionedirelazioniciviliedemo-cratiche. Fisicamente deserta, alle11 di mattina non ci sono più di 10persone in giro dentro tutta l’areadella piazza e dei portici. Brutto se-gno.Eppure, i tanti extracomunitari nonabitano nelle case dei giapponesi,paganol’affittoaigavardesi,prendo-no pane e latte, frutta e verdura nel-le botteghee nei market diGavardo,fanno demografia, lavorano, finchèc’èstatoil lavoro,nellefabbrichedo-ve molti dei nostri non vanno più.«Sono figli di una terra disperata - cidicela donnadel volontariato- eso-

no, cristianamente - vale evocare lacristianitàoppureno?- nostri fratel-li. Al netto della delinquenza e dellaclandestinità delinquenziale, mi-grante e stanziale, che quando c’èva spazzata via. Ora, non ci verrete adire che le panchine sono state sca-vate via perchè girano 300 delin-quenti extracomunitari?Intanto, alle scuole elementari e su-periori, i figli dei gavardesi vanno ascuola con i figli degli extracomuni-tari e si fanno amici. Non è che si stapredisponendo una rottura genera-zionale tra padri e figli, tra una deci-na di anni, con i figli che contestanoaipadridiesserestatiassurdineltra-durreirapporticon ifratelli lontani?

A proposito delle pan-che sradicate: il consi-gliere comunale, PaolaPasini, riferisce di un si-gnore che si siede vicinoalla chiesa, portandosiuna seggiolina da casa,dopo che le panche so-nostateportatevia. Sia-mo al monumento deiCaduti della guerra. Siprendeva fresco e si par-lava coi vicini. Adessononc’èpiùnulla.Vicina-to addio.

«Negli ultimi tempi anche i leghistisono più corretti del sindaco - dicePaola Pasini -. Non c’è una minimacollaborazione e questo fa male aGavardo.Damesi nonsi fa una con-ferenza di capigruppo».Controlliamo il sito del Comune: ilsindaco, c’è scritto, riceve il pubbli-co il lunedì dalle 16 alle 18,30 previoappuntamento da fissare presso lasegreteria.Scherziamo. Uncittadinodevepre-notarsi per parlare col sindaco? Vo-gliamoscherzare. Ilsindacohaildi-ritto e il dovere di segnarsi i tempi diricevimento e in quell’arco di tem-po riceve chi arriva. Come si è sem-pre fatto. O no? Il resto è aziendali-smo di quarta segata.

Tonino Zana

Piangel’integrazionee il pachistanopaga in nero

L’INCHIESTAChisi rinnovaechino� Incominciamo oggi una seriedi articoli dedicati ai paesibresciani, alle capitali rinnovate ealle capitali decadute, ai piccolipaesi messi in discussione giornosì e giorno no di cui non siconosce, a fondo, il destino.

IL POSTOL’Isoladel Chiese� Gavardo e l’isola delChiese. In superficie è una cosabella. Poi, ci raccontano moltigavardesi, verso sera, siconcentrano migranti senzalavoro sui vicoletti che scendonoal fiume. È un colpevole via vai...

Gavardo Storiadi una capitaleche è in declino«Vendesi» e «affittasi» nel centro,crisi delle fabbriche. La frattura sociale

GAVARDO C’è scontentoanche per quel parcheggio apagamento all’ospedale. Poi,i fedelissimi delprimo cittadi-no, c’e sempre una sfranta dipretoriani al mercato delleruffianeria, riferirà al sindacoche la gente è felice e incari-cherà qualcuno, ancora piùpretoriano, discrivereunalet-tera di indignazione.Invecelei, caro sindaco,riflet-ta da solo, come in un confes-sionale, sul tema della comu-nità integrata, della difesa deidiritti e dei doveri.E insieme della difesa dell’in-tegrazione, che è un dirittonaturale oltre che costituzio-nale e vedrà che chi ha affitta-toin neroalpachistanomaga-ri è anche chi lo ha votato. Eallora, quando prende l’affit-to, da mano a mano, in nero esveltamente, cosa dice, viva ilsindaco o viva il pachistano?Sarà bene che tutti diventia-mo uguali e che incomincia-mo a pagare le tasse e a paga-re in bianco. zana

GAVARDO I paesi intorno,come Villanuova, per esem-pio, che fino a pochi anni fasono confluiti su Gavardo,ora giocano una partita auto-nomaeculturalmente piùele-vata.«I monocolori hanno in-vecchiato Gavardo - spiega lostorico Marcello Zane - il ruo-lo di capitale è decaduto e al-tre realtà appaiono intorno.Vallio, Paitone, Prevalle,Mu-scoline e Villanuova non gra-vitano più su Gavardo, trova-no un’autonomia e qualchevolta ci battono nell’offertadei servizi sociali e culturali».Qualcosa di veramente inte-ressante e raffinato, anchenoi l’abbiamo visto andarse-ne da Gavardo. Ricordiamola stagione delle mostre mer-catodell’antiquariatoche gra-zie ad alcuni volenterosi, ri-cordiamo, per esempio, LuigiTrentini di Gazzane di Prese-glie, si effettuavano in un lun-go fine settimana e che porta-vanostanddi culturae miglia-ia di curiosi. Erano mostrenella mostra. Peccato! t. z.

INCREDIBILEPanchinesradicateper non

consentireai migranti

di potersisedere

Nelcuoredelpaese� Nella fotografia quisopra una bella vedutaaerea del centro storico diGavardo, che si sviluppalungo il fiume Chiese. Qui asinistra la facciata delpalazzo municipale.Nella foto qua sotto, infine,uno scorcio di piazza DeMedici, dalla quale neimesi scorsi, su decisionedell’Amministrazionecomunale, sono staterimosse le panchine: ilprovvedimento non mancòdi far discutere i cittadinigavardesi e non solo

IDRO La seconda domenica disettembre è per molti appassio-nati motociclisti il momento delraccoglimento, in occasione delMotoringraziamento, radunoormai storico (giunge alla quin-dicesima edizione)per lecontra-dedella Valle Sabbia. Come vuo-le la tradizione attorno al San-tuario di San Liberale, a TrevisoBresciano, si raccoglierannomoltiappassionatidelledueruo-teprovenienti non solo dallano-stra provincia.Il Motoclub Valle Sabbia ripro-

pone così, come avviene dal1996, un appuntamento che vi-vrà il suo momento di maggiorraccoglimento ed emozione da-vanti a quel santuario che ripor-ta sulla sua facciata la preghieradel motociclista: un accoratopensiero alla prudenza del viag-giatoresu dueruote,che devees-sere accorto e attento in ognimomento ma che chiede unaprotezionespeciale nel suoesse-re viandante in moto e nel vive-re conattenzione la propria pas-sione.

Latradizionedel Santuariodedi-cato a San Liberale, a TrevisoBresciano, dice che tempo ad-dietro alcuni motociclisti trova-rono conforto e protezione inquesto luogo sacro in un mo-mento di violente intemperie:quella protezione venne poi ri-chiesta per tutti i motociclistiche si impegnarono a onorareSan Liberale come patrono ditutti gli appassionati delle dueruote.La scaletta del raduno di dome-nica prevede un giro turistico di

tutti i partecipanti per le vie diIdro e Lemprato: alle 11 la caro-vana dei motociclisti si metteràin moto per raggiungere, dopomezz’ora, il santuario di San Li-berale dove verrà celebrata laMessa;alla conclusionedella ce-rimonia religiosa la solenne be-nedizione saluterà i mezzi e imotociclisti intervenuti. Il radu-no si concluderà poi con il pran-zo collettivo, momento di festo-saaccoglienza degliorganizzato-ri del Motoclub Valle Sabbia.

Luca Scarpat

22 GIOVEDÌ 8 SETTEMBRE 2011 GIORNALE DI BRESCIAGARDA E VALSABBIA

Page 6: Il Chiese notizie - n. 7

10

Il libro11

È difficile pensare che la visione della Gerusa-lemme celeste con cui si chiude la rivelazione della Bibbia possa diventare un progetto politico: asciugare ogni lacrima dal volto dell’uomo, can-cellare la morte per sempre, risolvere le situazioni di lutto, di lamento e di affanno è un programma troppo ampio; la politica deve accontentarsi di molto meno. E tuttavia è impossibile che un buon politico rimanga indifferente davanti a queste pa-role: Dio abiterà con gli uomini e gli uomini sa-ranno suoi popoli ed Egli sarà il Dio con loro. C’è in queste parole il senso vivo della dignità dell’uo-mo, l’esigenza che l’uomo viva e che la sua vita sia crescita di libertà e di pienezza. Un politico vero deve sentire queste parole come un appello; non, come dicevo, un appello a realizzare il paradiso in terra; ma a desiderare il paradiso perché l’ordine, sulla terra, ne sia un segno, una prefigurazione, una preparazione. Un politico deve patire, come fossero proprie, le ingiustizie patite dagli altri; deve desiderare il bene per tutti, se vuole riuscire a fare qualcosa per qualcuno. Paolo VI insegna-va che la politica è una forma esigente di amore; e intendeva dire che l’impulso sano a occuparsi di politica può nascere solo in un cuore che sap-pia amare, che desideri sinceramente migliorare la condizione degli altri e che, per questo obiet-tivo, sia disposto a pagare un prezzo personale, anche elevato; altre motivazioni sarebbero impro-prie e finirebbero per creare ambiguità e danni.In questo rito di esequie salutiamo un cristiano sincero, Mino Martinazzoli, che ha trovato la sua vocazione nell’impegno politico, che ha speso le sue energie per il bene della nostra città come sindaco e del nostro paese come ministro e come uomo di partito. Lasciando naturalmente ad altri le valutazioni sul significato e il valore della sua

Addio a Mino Martinazzoli Ci ha lasciati ad inizio settembre Mino Martinazzoli, forse il più noto politico bresciano che ha ricoperto incarichi di prestigio sin dalla giovane età: Assessore alla Cultura del comune di Orzinuovi, Presidente dell'amministrazione provinciale di Brescia (1970-72), Consigliere comunale e capogruppo della DC al comune di Brescia (1975-80), Presidente della Commissione inquirente per i procedimenti d'accu-sa (1976-79), Ministro della Giustizia (1983-86), Ministro della Difesa (1989-90), Ministro delle Riforme istituzionali e degli Affari regionali (1991-92), Presidente dei deputati democristiani (1986-89), Segre-tario della Democrazia Cristiana (1992-94), Fondatore e primo segretario del Partito Popolare Italiano (1994),Sindaco di Brescia (1994-98), Consigliere della Regione Lombardia (2000-2005), Componente della commissione consiliare Affari istituzionali e della Commissione speciale per lo statuto, Presidente dell'Alleanza Popolare-UDEUR (2004-2005).

Riportiamo l’omelia del vescovo in Duomo a Brescia

Mino Martinazzoli e il Maestro Piero Simoniall’inaugurazione alla Fiera di Gavardo (1983?)

attività politica, vorrei ricordare la sua testi-monianza sulle righe del vangelo che abbiamo ascoltato: il messaggio delle beatitudini; una parola che Martinazzoli conosceva bene, che ha mosso e illuminato la sua attività. Viene su-bito spontanea l’obiezione: le beatitudini sono belle, ma sono parole ideali, astratte; la con-cretezza della vita le uccide prima ancora che nascano; se vogliamo fare poesia, recitiamole pure; ma se intendiamo parlare di politica, ci aiuta più Machiavelli che il vangelo.Non mi azzardo a discutere e in ogni modo non sarebbe questa la sede. Ma voglio parlare di umanità, di un uomo degno della sua intel-ligenza, della sua libertà e delle sue aspira-zioni; e sono convinto che questo uomo si ri-flette meglio nella semplicità delle beatitudini che nella tortuosità della furbizia politica. Un bambino diventa moralmente adulto quando impara a distinguere il bene dal male, ciò che è realmente bene da ciò che è solo gradevole; e diventa moralmente buono quando impara a scegliere il bene anche quando costa sacri-ficio, a rifiutare il male anche quando è attra-ente e appare gratificante. Nello stesso modo un politico diventa politico autentico quando impara a distinguere il bene di tutti dal bene personale e dal vantaggio della sua parte po-litica; e diventa politico buono quando sa sce-gliere ciò che è bene per il paese anche se que-sto va contro la convenienza personale e del suo partito. Che non sia cosa facile, lo si può ammettere facilmente: l’interesse personale o di gruppo, il successo personale o di gruppo possiedono una grande forza di attrazione che agisce a livello di impulsi e di sentimenti, che impedisce talvolta di vedere la realtà com’è

e la deforma più o meno consapevolmente. Bisogna percorrere un cammino interiore di conversione e di purificazione per individua-re tutte le ambiguità del cuore, confessarle a noi stessi con dolore e vergogna, e combat-terle con decisione. Non è facile; ma nessuno ha mai detto che essere pienamente umani sia cosa facile. Bisogna passare inevitabilmente dalle beatitudini: “Beati i miti… quelli che hanno fame e sete della giustizia… i puri di cuore… gli operatori di pace…”Le beatitudini non compongono un quadro se-reno e idilliaco; ci collocano piuttosto nell’am-bito del dramma e della possibile tragedia. La vita di Gesù e soprattutto la sua morte ne sono la dimostrazione più evidente. Chi si pone nella via della mitezza – e non semplicemen-te perché non ha forza, ma perché sa che è cosa meschina usare la forza per prevalere su chi è debole; chi non rinuncia mai a perse-guire la giustizia perchè un mondo ingiusto gli pare indegno dell’uomo; chi allontana dal suo cuore ogni doppiezza rinunciando così a irretire i semplici; chi pone la riconciliazione e la pace come valori superiori rispetto alla vittoria di parte… chi agisce così non ha ga-ranzia di riuscita mondana; al contrario deve mettere in conto che le opposizioni ci saranno e saranno dure; detto in termini cristiani: che la croce è un destino possibile e forse anche probabile. Ma sa anche che solo superando questa prova la sua coscienza esce pulita. Non è facile vivere costantemente all’altezza della propria umanità; come non è facile essere con coerenza un buon politico. Non è facile per le conoscenze e le competenze che si debbono acquisire – la politica è un’arte complessa e

11

Page 7: Il Chiese notizie - n. 7

12 13

Italan? Che cos’è? Lana ricavata dal... latte. Ma no! Meraviglia? Allora

eccone un’altra: l’Italan è stata inventata dall’ing. An-tonio Ferretti di Gavardo, e brevettata il 28 agosto 1935. Un altro dei grandi perso-naggi bresciani che i bre-sciani non conoscono. Antonio nasce a Gavardo il 16 novembre 1889, primo di dieci figli. Suo padre, Gio-vanni, titolare d’una forna-ce per calce e laterizi, fu a lungo sindaco di Gavardo. Antonio, a 11 anni, termina-te le elementari, ammalatosi il padre, entra in fabbrica, ne assume presto la direzione, senza smettere gli studi fino alla laurea in ingegneria. A 21 anni è chiamato a dirige-re la fornace di Bovezzo che trasforma in Ceramiche bre-sciane Ferretti & c. La Grande Guerra paralizza le due aziende e allora tra-sforma quella di Bovezzo

per produrre granate e bom-be Stokes. Nel 1919 sposa Maria Clara Rampinelli e si trasferisce a Milano, dove fonda la società Industrie Meccaniche Ferretti & C, specializzata in mobili per ufficio. Intanto attua un in-tenso import-export di be-stiame, foraggi e prodotti agricoli dalla Svizzera. En-tra nella società Incisa di Lissone (legno compensato) la riorganizza e ne diviene presidente. Nel 1921 è diret-tore e presidente del Cappel-lificio Scotti, di Monza. Ac-quisisce anche una piccola azienda produttrice di pelo per cappellifici (la Gemo di Lesmo) che gli dà l’idea di riciclare l’enorme massa di cascami di pelle che, rigene-rata, dà origine alla «salpa», ovviamente brevettata e pas-sata poi alla Pirelli. Nel 1924 si dedica alla ricer-ca per ottenere lana sintetica dalla caseina con la quale

(grezza) si produceva già la galatite, materia plastica della consistenza dell’avo-rio. Nasce l’Italan che pro-pone al presidente della Snia Viscosa, Marinotti. Nel 1935 inizia la produzione nello stabilimento di Cesa-no Boscone, rifatto e tutto destinato alla nuova filatura. Erano gli anni dell’embargo contro l’Italia di Mussolini. Da 100 litri di latte - ve n’era in abbondanza perché non si poteva più esportare - si ot-tenevano 3,1 chili di casei-na. La nuova fibra, nel 1940, raggiunge le 14mila ton-nellate di produzione. Nel 1968, le fibre ricavate a bas-so costo dal petrolio faranno «morire» l’Italan. Ferretti si spense a Milano il 4 novem-bre 1955. Oggi la lana grez-za si butta e non s’affaccia un altro Ferretti di fantasia e capacità fervide ad evitarne il colpevole spreco.

Egidio Bonomi

LANITAL o ITALANun articolo del Giornale di Brescia

ricorda il Ferretti di Gavardo inventore

della la lana nata dal latte

da WikipediaCon il nome di Lanital, tra il 1937 e la fine della guerra, fu commercializzata una fibra au-tarchica tratta dalla caseina, la proteina del latte. L'industrializzazione era opera della Snia Viscosa, che dava applicazione a una scoperta del 1935, ad opera dell'italiano Antonio Ferretti (Gavardo, BS). In piena epoca di sanzioni economiche, dopo la guerra d'Etiopia, il regime fascista diede grande risonanza al prodotto con un'opera di propaganda sull'auto-sufficienza dell'Italia.Nel frattempo negli Stati Uniti la Atlantic Research Associates Inc. produsse una fibra simile. La Lanital viene classificata come una fibra proteinica ed ha una struttura moleco-lare molto simile alla lana, con risultati vicini anche per calore, morbidezza e mano tessile. Presenta anche il vantaggio di essere poco attaccabile dalle tarme.Nel dopoguerra la SNIA tentò di migliorare il prodotto e di rilanciarlo con il nome com-merciale di Merinova, ma nel frattempo lo sviluppo delle fibre chimiche, in primo luogo dell'acrilico, fece uscire dal mercato le fibre caseiniche.

raffinata; non è facile per il disinteresse che si deve creare dentro di sé – la politica met-te a contatto coi soldi e col potere e finisce per costituire una continua tentazione; non è facile per la speranza che bisogna mantene-re salda in mezzo alle delusioni e davanti allo spettacolo desolante dell’egoismo privato e di gruppo. Difficile, quindi; ma necessaria.Abbiamo parlato della città promessa da Dio, delle beatitudini che dirigono l’uomo ver-so questa promessa, della vocazione alta al servizio politico. Abbiamo parlato di Mar-tinazzoli? Sono convinto di sì; ma ciascu-no di voi, che lo avete conosciuto e stimato, può ritrovare nella sua memoria il segno che Martinazzoli ha lasciato e verificare questo segno sulla pagina di vangelo che abbiamo ascoltato. A me sembra che la parola di Dio, parlando dell’integrità dell’uomo, dello stile del cristiano, dell’amore come motivazione suprema di un credente abbia fatto il ritratto più bello di Martinazzoli. Non l’ho conosciuto molto. L’ho incontrato soprattutto in occasio-ne di confronti con giovani, quando gli veniva chiesto di rendere la testimonianza di chi alla politica aveva dedicato molto di sé. Colpiva la sua schiettezza, l’ampiezza della sua cultu-ra, la solidità delle sue riflessioni, la libertà di fronte ai luoghi comuni, ai giudizi del politi-cally correct. Quanto a me, sono stato colpito soprattutto dal suo desiderio di coinvolgere i giovani in un cammino di impegno politico o, più ampiamente, di responsabilità socia-le. Forse è questo l’aspetto in cui sentiremo maggiormente la sua mancanza. Intuiamo che siamo di fronte a mutamenti epocali; che non bastano aggiustamenti più o meno furbi; che deve cambiare il modo stesso di pensare alla convivenza umana; che dobbiamo diventare responsabili verso le generazioni future, cosa che non abbiamo certamente fatto negli ultimi decenni. C’è una sfida complessa che i giova-ni debbono affrontare; per questo loro, i gio-vani, hanno bisogno di persone credibili che

li stimolino, che facciano loro intravedere la possibilità e la bellezza di una politica fatta di intelligenza, di sincerità, di coerenza, di pas-sione per l’uomo.Nessuno di noi possiede tutte le risposte utili. Non sono più in commercio visioni di società perfette da comporre pezzo per pezzo. Questo tipo di certezza ci è negato. Abbiamo invece sempre più chiara la consapevolezza che un futuro degno dell’uomo potrà essere costruito solo attraverso le scelte di persone umane au-tentiche: sagge e non stupide; moralmente re-sponsabili e non infantili; capaci di riflessione critica e di autocritica; appassionate del bene delle persone concrete e disponibili ai sacri-fici necessari per costruire una civiltà degna dell’uomo, quella che Paolo VI chiamava: la civiltà dell’amore.Celebrando le esequie la comunità cristiana vuole consegnare all’amore e alla misericor-dia di Cristo la vita dei suoi membri. Con fi-ducia e speranza grande la Chiesa bresciana affida al Signore la vita di un suo figlio, Mino Martinazzoli: unito a Cristo nel battesimo e nella cresima, nutrito continuamente col cibo dell’eucaristia e cioè con l’amore oblativo di Cristo egli ha percorso l’arco della sua esi-stenza terrena; ha conosciuto momenti di suc-cesso, ha conosciuto anche momenti di soffe-renza e di croce. Credo di poter dire che ha cercato e ha vissuto con lealtà la sua vocazio-ne nel servizio politico per il bene di tutti. Il Signore gli dia la ricompensa dei servi fedeli, secondo la promessa. “Udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: d’ora in poi beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito – essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono.” Quanto a noi, benediciamo il Signore per quanto di bello ci è stato insegnato e testimo-niato. Ci viene lasciata un’eredità nobile; Dio ci conceda di conservarla e arricchirla.

Page 8: Il Chiese notizie - n. 7

14 15

E’ stato Magdi Cristiano Allam,

già vice direttore del Corriere del-

la Sera, la figura di spicco delle

celebrazioni a ricordo della stra-

ge dell’11 settembre 2001, a Ga-

vardo, in occasione del decimo

anniversario dell’evento: incontro

promosso dall’Amministrazione

comunale e organizzato dalla Pro

Loco del Chiese.

Venerdì 9 settembre alle 21,

nell’auditorium Cecilia Zane (bi-

blioteca comunale) il professor

Roberto Chiarini, di fronte ad un

folto pubblico, ha intervistato

l’eminente giornalista di origini

egiziane, che durante la Veglia pa-

squale del 2008 è stato battezzato

dal Santo Padre, convertendosi al

cattolicesimo.

Una vita e una carriera emblema-

tiche: Magdi Allam, laureato alla

Sapienza di Roma in sociologia,

ha svolto per 35 anni la professio-

ne giornalistica, nei più importanti

quotidiani italiani. Ha abbandona-

to questa attività nel 2008 quando

ha preferito dedicarsi alla vita po-

litica del Paese, attraverso la cre-

azione di un proprio movimento.

Candidato come indipendente, è

stato eletto parlamentare europeo

nelle consultazioni del 2009. Il

tema affrontato, con le domande

del pubblico e del professor Chia-

rini è stato di ampio respiro “L’11

settembre ci ha cambiati? Un bi-

lancio a 10 anni dalla caduta delle

Torri gemelle”. Il saluto alla platea

è stato dato dal Sindaco e promo-

tore dell’iniziativa, Emanuele Vez-

zola.

Molto seguita anche la serata suc-

cessiva, sempre presso l’audito-

rium “C. Zane” con la proiezione

del film “viaggio a Kandahar” del

regista iraniano Mohsen Makh-

malbaf. Ai presenti è stato omag-

giato il libro di Oriana Fallaci “La

forza della Ragione”. “Ricordare

quei giorni drammatici”, ha spie-

gato il sindaco, “è un dovere istitu-

zionale e morale. Quegli attentati

hanno cambiato il mondo e la sto-

ria, hanno ridisegnato gli equilibri

internazionali, nessuno di noi può

far finta che questo non sia succes-

so, anche se sono passati 10 anni.

Per questo qualche mese fa abbia-

mo anche intitolato una via del no-

stro comune a quell’evento, quale

monito al rispetto di tutte le cultu-

re, di tutte le libertà e delle regole

del vivere civile democratico”

ricorrenze

FONDAZIONE LA MEMORIA80° DELLA FONDAZIONE C.D.R. LA MEMORIA

80 ANNI DI ACCOGLIENZA E ASSISTENZA

80 ANNI AL SERVIZIO DELL’ANZIANO

SABATO 29 OTTOBREORE 15,30 S.MESSA SOLENNE ACCOMPAGNATA DAL CORO LA FAITA

ESPOSIZIONE ELABORATI DEI BAMBINI DELLE CLASSI 4° E 5° DELLA SCUOLA DON BOSCO

DI GAVARDO ALL’INTERNO DEL PROGETTO “OTTANTANNI INSIEME”

APERITIVO IN CASA DI RIPOSO

ORE 21,00 SPETTACOLO TEATRALE PRESSO SALONE PIO XII DI GAVARDO “I NOSTRI PASSI”

GRUPPO TEATRALE “OSSIGENO TEATRO”

DOMENICA 30 OTTOBREORE 12,00 PRANZO CON OSPITI FAMILIARI E SIMPATIZZANTI DELLA CASA DI RIPOSO

POMERIGGIO INTRATTENIMENTO LUDICO A SORPRESA CON AMIMAZIONE

ASTA PRO “PET TERAPY” ATTUAZIONE DI UN PROGETTO CHE CONSENTA AGLI OSPITI

UNA RELAZIONE POSITIVA CON UN ANIMALE

GLI OSPITI DELLA CASA DI RIPOSO PROCLAMERANNO IL QUADRO VINCITORE

DELLA MOSTRA ALLESTITA ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA.

UNA GIURA D’ESPERTI E PRESENTI ALLA MANIFESTAZIONE VOTERÀ L’ELABORATO

DEI BAMBINI CHE MEGLIO RAPPRESENTATA LO SPIRITO DELLA FESTA.

MAGDI ALLAM OSPITE A GAVARDO PER RICORDARE L’11 SETTEMBRE

Page 9: Il Chiese notizie - n. 7

GIPA/LO/0074/2011