IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA...

7
- 15- IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del volume pubblicato dal R. Uj/iào regionale per la conservazione dei monumenti della Lombardia, la storia delle vicen- de del CENACOLO di Leonardo da Vinci. Alle sue tristi condizioni accennano già, nel secolo xvr, il Vasari, l'Armenini c il Lomazzo; lo Scanelli, che lo vide nel 1642, dice esplicitamente «non conservare che poche vestigia nelle figure, e con modo così confuso, che a gran fatica potea distinguersi la già stata historia.') Nel 1726 subì un restauro generale, per opera di iVIichelangelo Bellotti, passato quasi un mezzo secolo» (1770) vi pose le mani an- che un tal Mazza pittore, che dovette interrompere i suoi lavori per l'intervento del priore del Monastero. Nel 1802 Andrea Appiani così riferiva di una visita al Ce- nacolo: « Ho dovuto riconoscere con vero dolore questa produziJne assaissimo dan- neggiata, essendo stato destinato il locale al casermaggio di truppe, poco o nulla custodito dalle intemperie dei tempi, il che ha prodotto non solo LO DEL COLORITO, MA ANCHE UN GENERALE SCREPOLAl\IENTO, ONDE AL MENOMO URTO PIOVONO, PER COSI DIRE, I PREZIOSI FH.AMMENTI.» Nel 1819, ritenendosi che la prin- cipale causa del deperimento della pittura fosse l'umidità della parete, il conte di Sauran faceva scrivere all'Accademia di Belle Arti, se non potrebbe per avventura giovare il difendere il dipinto con lastre di vetro; ma questo suggerimento era rico- nosciuto insufficiente dalla Commissione permanente di pittura. Nella primavera di quell'anno il pittore Stefano Barezzi, di Busseto, dimandava al conte di Stas- soldo di esperimentare un suo ritrovato per distaccare gli affreschi dalle pareti e trasportarli su tela o tavola, e, dopo vari tentativi, proponeva chiaramente di tra- sportare la CEKA su tela, al che la Commi.ssione si mostrava disposta, per salvare in ogni modo « una reliquia tanto vantata nella storia della pittura ,). Ma, in seguito a minute esperienze, il 13 giugno 1820 lo stesso Barezzi era costretto a dichiarare che il distacco del dipinto non era conveniente, e la Commissione ne dava le seguenti ragioni: perchè il Cenacolo non è dipinto a fresco, come gli altri pezzi nei quali il Barezzi aveva fatti i suoi esperimenti; perchè, tranne il cielo, tutto ciò che appare su quella muraglia è profano ritocco. Rinunciando al distacco, il Ba- rezzi proponeva però di restaurare il dipinto, assicurandolo « mediante stucco colorato sulla parete ». Ma a questa proposta, pel momento, non fu dato corso. Soltanto nel 1851, il conte Nava, presidente dell'Accademia di Belle Arti, faceva analizzare al chimico Antonio Kramer la natura del colore e del fondo o intonaco sul quale Leonardo aveva dipinto: e nella relazione il chimico dichiarava: «l'intona- co gialliccio e della grossezza di circa uno o due millimetri, sul quale si ha la pittu- ra, è un impasto di cera e carbonato calcare naturale. La materia che serve di legame ai colori del dipinto è di natura grassa, ma non fu possibile di rinvenire se olio o altro. » In seguito a questo rapporto, nel 1852 Stefano Barezzi invia va alla Luogo- tenenza Generale un'istanza per tentare nuovi esperimenti sul CEKACOLO. Eseguiti alcuni saggi, il 9 luglio 1854 si concedeva al Barezzi di lavorare, sotto la sorveglian- za di una Commissione e con lo stesso metodo usato nei saggi precedenti, a tutta la superficie del dipinto, calcolata in 107 braccia quadrate; il27 marzo 1855 erano già state rinfrancate e ripulite braccia quadrate 68; il 2 luglio il Barezzi dichiarava

Transcript of IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA...

Page 1: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del

- 15-

IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI.

RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO.

H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del volume pubblicato dal R. Uj/iào regionale per la conservazione dei monumenti della Lombardia, la storia delle vicen­de del CENACOLO di Leonardo da Vinci.

Alle sue tristi condizioni accennano già, nel secolo xvr, il Vasari, l'Armenini c il Lomazzo; lo Scanelli, che lo vide nel 1642, dice esplicitamente «non conservare che poche vestigia nelle figure, e con modo così confuso, che a gran fatica potea distinguersi la già stata historia.') Nel 1726 subì un restauro generale, per opera di iVIichelangelo Bellotti, e« passato quasi un mezzo secolo» (1770) vi pose le mani an­che un tal Mazza pittore, che dovette interrompere i suoi lavori per l'intervento del priore del Monastero. Nel 1802 Andrea Appiani così riferiva di una visita al Ce­nacolo: « Ho dovuto riconoscere con vero dolore questa produziJne assaissimo dan­neggiata, essendo stato destinato il locale al casermaggio di truppe, poco o nulla custodito dalle intemperie dei tempi, il che ha prodotto non solo LO S~IARRI:VIEYro

DEL COLORITO, MA ANCHE UN GENERALE SCREPOLAl\IENTO, ONDE AL MENOMO URTO PIOVONO, PER COSI DIRE, I PREZIOSI FH.AMMENTI.» Nel 1819, ritenendosi che la prin­cipale causa del deperimento della pittura fosse l'umidità della parete, il conte di Sauran faceva scrivere all'Accademia di Belle Arti, se non potrebbe per avventura giovare il difendere il dipinto con lastre di vetro; ma questo suggerimento era rico­nosciuto insufficiente dalla Commissione permanente di pittura. Nella primavera di quell'anno il pittore Stefano Barezzi, di Busseto, dimandava al conte di Stas­soldo di esperimentare un suo ritrovato per distaccare gli affreschi dalle pareti e trasportarli su tela o tavola, e, dopo vari tentativi, proponeva chiaramente di tra­sportare la CEKA su tela, al che la Commi.ssione si mostrava disposta, per salvare in ogni modo « una reliquia tanto vantata nella storia della pittura ,). Ma, in seguito a minute esperienze, il 13 giugno 1820 lo stesso Barezzi era costretto a dichiarare che il distacco del dipinto non era conveniente, e la Commissione ne dava le seguenti ragioni: l° perchè il Cenacolo non è dipinto a fresco, come gli altri pezzi nei quali il Barezzi aveva fatti i suoi esperimenti; 2° perchè, tranne il cielo, tutto ciò che appare su quella muraglia è profano ritocco. Rinunciando al distacco, il Ba­rezzi proponeva però di restaurare il dipinto, assicurandolo « mediante stucco colorato sulla parete ». Ma a questa proposta, pel momento, non fu dato corso. Soltanto nel 1851, il conte Nava, presidente dell'Accademia di Belle Arti, faceva analizzare al chimico Antonio Kramer la natura del colore e del fondo o intonaco sul quale Leonardo aveva dipinto: e nella relazione il chimico dichiarava: «l'intona­co gialliccio e della grossezza di circa uno o due millimetri, sul quale si ha la pittu­ra, è un impasto di cera e carbonato calcare naturale. La materia che serve di legame ai colori del dipinto è di natura grassa, ma non fu possibile di rinvenire se olio o altro. » In seguito a questo rapporto, nel 1852 Stefano Barezzi invia va alla Luogo­tenenza Generale un'istanza per tentare nuovi esperimenti sul CEKACOLO. Eseguiti alcuni saggi, il 9 luglio 1854 si concedeva al Barezzi di lavorare, sotto la sorveglian­za di una Commissione e con lo stesso metodo usato nei saggi precedenti, a tutta la superficie del dipinto, calcolata in 107 braccia quadrate; il27 marzo 1855 erano già state rinfrancate e ripulite braccia quadrate 68; il 2 luglio il Barezzi dichiarava

Page 2: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del

- 16-

di aver compiuto il lavoro, che la Commissione collaudava un anno dopo, ricono­scendo (, dopo ripetu te i spezioni e scandagli col tatto, la pi ù perfetta ade:;ione delle p8rti. ,) Ma di lì a pochi anni si cominciava a dubitare del buon esito dei restauri compiuti dal Barezzi. Nel 1870 Guglielmo Botti, giudicando che il CENACOLO fosse (, minacciato da una imminente totale rovina ,) presenta va un suo progetto di distacco, respinto dalla Commissione dell' Accademia, la quale però incaricava il chimico prof. A. Pavesi di un'accurata ispezione del dipinto. Il prof. Pavesi di­chiarava che il deperimento del CENACOLO non doveva essere attribuito all'umidi tà del muro, ma all'incompatibilità tra i materiali adoperati pel dipinto (grassi ed oleosi) e quelli dei quali consta la sottoposta mestica. Per l'analisi di questa me­stica si riporta va agli studi del Kramer, di cui sopra è fatto cenno. Sorvolando sui vari altri provvedimenti proposti per la conservazione del CENACOLO, giungiamo alla Commissione raccolta nel 1904, la quale, dopo una prudente esplorazione, pro­poneva che si incaricasse il prof. Cavenaghi di eseguire sull'opera qualche espe­rimento per ottenere di fare aderire lo strato dipinto che tende a distaccarsi e di liberare interamente dall'intonaco il rovescio della parete sulla quale è dipinto il CEN'ACOLO, per agevolare l'evaporazione dell'umidità. A questa seconda proposta l'ufficio regionale non credette opportuno dare esecuzione prima del consolidamen­to della pittura, per non provocare la caduta delle particelle già distaccate o male aderenti all'intonaco.

Il prof. Cavenaghi iniziava il suo esperimento su un tratto fissato con apposito verbale e dell'esito soddisfacente rendeva conto con lettera del 5 agosto 1904 al­la Direzione dell'Ufficio Regionale, invocando il giudizio della Commisione. Dopo di che, il30 ottobre 1905, alcuni rappresentanti della Giunta Superiore e della Com­missione Centrale riconoscevano l'esperimento riuscito, ma proponevano di aspet­tare, per la ripresa del restauro, l'estate del 1906 e di eseguire, nel tempo intercor­rente, ulteriori studi circa l'influenza dell'inverno e della primavera sulla parte già consolidata del dipinto.

Le cose erano a questo punto, quando la nostra Commissione, per la maggior parte costituita dai membri della precedente, s'adunò il 31 maggio, il 6 giugno e il 13 luglio ultimi scorsi in Milano e precisamente nell'ex monastero delle Grazie. E, purtroppo, anche una volta dovette convenire nel riconoscimentò dei vecchi e grandi danni del dipinto e della necessità di provvedere, per quanto ancora è pos­sibile, alla sua conservazione. Perchè, quantunque nello stato presente ogni ulte­riore deperimento possa ritenersi lentissimo, nullameno conviene opporglisi nella speranza d'arrestarlo, cosa del resto richiesta evidentemente dal fatto che brevi e lievi pellicole eli colore si staccano sempre, come la Commissione stessa potè veri­ficare, trovandone pure in quei giorni alcune cadute sulla cornice del sottoposto dossale di legno. E tutto ciò senza contare i danni incalcolabili èhe potrebbero de­rivare al dipinto stesso per cause eccezionali, come sarebbe una scossa di terreIllOto od uno di quei terribili uragani che non raramente traversano il largo piano lom­bardo, abbattendo tetti e finestre od infrangendo i vetri a suon di gragnuola. Onde ben provvide l'ufficio Regionale assicurando e armando di ram ate i telai delle fi­nestre, poichè, oltre a garantirsi per quanto era possibile da tale pericolo, è venuto ad ovviare ad altri gravi inconvenienti, come gli sbalzi troppo repentini di tem­peratura e l'invasione della polvere, dannosissima in Milano, perchè carica d'acidi provenienti dagli addensati stabilimenti industriali e tale, sino, da non consentire agli astronomi di Brera molte osservazioni a fior d'orizzonte. Tutta la Commissio­ne fu quindi d'accordo nel riconoscere la necessità di procedere senz'altro ad un consolidamento. Naturalmente non si trascurò di discutere, anzi tutto, intorno alle

Page 3: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del

LEO:\AIWU I>!\ V!:\ CI. - Cenaculo - Te~ta cii UIl Apostulo.

Page 4: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del
Page 5: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del

- 17-

condizioni termometriche e a quelle d'umidità del rnuro e dell'ambiente, sulle quali già l'Ufficio Regionale da qualche mese aveva promosso interessanti esperienze per l'innanzi trascurate. Ed a questè ora è da aggiungere il risultato dei nuovi stu­di compiuti dai due colleghi commissari, professori Luigi Gabba e Oreste Murani, alle cui parole giova riferirsi testualmente: « In primo luogo noi ricercammo se la « parete stessa trattenesse umidità, e trovammo che questa è in media del 3,25 %; « i campioni sperimentati constavano di intonaco e di pezzi di mattoni, e sono « stati levati a varie altezze nella parete del CENACOLO; essi vennero scaldati a rooo

« fino a peso costante. La percentuale di umidità da noi trovata corrisponde ad (, oltre 60 chilogrammi per ogni metro cubo di muratura, e, se per essa il muro non « si può dire molto umido, non può nemmeno dirsi molto asciutto. E non essendovi (' alcuna ragione per ritenere che la parete del CENACOLO sia diventata umida dal (, r876 in poi, non possiamo accogbere l'espressione contenuta nella relazione del « prof. A. Pavesi (del luglio r870): essere il muro asciutto e sano quanto lo si p'uò (, desiderare. Nè più conforme alla realtà delle cose è l'altra asserzione contenuta « parimenti nel citato rapporto del prof. A. Pavesi, che non si osservano sfiori tu re (, o efflorescenze, indizi immancabili di umidità del muro, e non tracce di salnitro. « Invece noi tutti abbiamo veduto le efflorescenze del muro, e, quanto al salnitro, « l'analisi chimica ne ha posta fuori di ogni dubbio la presenza; efflorescenze ab­(, bondanti esistono qua e là sulle pareti del dipinto e sotto di esso e talune fino (, a 6 centimetri di spessore del muro. Le efflorescenze dalla parte inferiore e (, presso il suolo, a sinistra di chi guarda il dipinto, constano quasi interamente (' di salnitro che può essere facilmente separato e cristallizzato; salnitro è pre­« sente anche nell'interno del muro e nella stessa sostanza dei mattoni da noi « fatti espressamente trivellare, e, come è naturale ed era da prevedersi, il sal­« nitro venne quivi trovato in minore quantità. Date queste circostanze di fatto, (, quanto all'umidità ed al salnitro noi non possiamo affermare che il muro sia (, sano e pensiamo che e l'una e l'altro abbiano potuto contribuire, insieme ad al~ (' tre cause, al deterioramento del prezioso dipinto. Tra quest'ultime è appunto « il fatto della dipintura ad olio, sia perchè questa non forma un tutto omogeneo (' collo strato sottostante, sia anche perchè la dipintura ad olio, togliendo alla pa­(, rete la sua porosità, impedisce che l'acqua se ne sfugga per lenta evaporazione, e « non è da escludersi che il salnitro nel cristallizzare sollevi per azioni meccani­(, che lo strato colorato. Un eguale danno non risentirebbe dall'umidità e dal sal­« nistro una pittura a fresco, perchè questa non diminuisce sensibilmente la poro­(, sità del muro. E' d'altra parte ben noto, per un'esperienza di cui si hanno quo-« tidiani documenti, che le vernici éld olio applicate sui muri, specialmente su quel­,( li un po' umidi e in condizioni da diventar tali, non reggono a lungo, ma si stacca-« no e cadono in piccole croste. Noi siamo quindi dell'avviso che per la conserva-« zione della preziosa pittura non basta tentare di trattenere con uno od altro più <l o meno acconcio espediente le cadenti pellicole; noi siamo convinti che subito (, dopo di ciò bisogna anche provvedere al risanamento del muro, perchè altrimenti « in epoca non lontana le medesime cause di deterioramento non eliminate ri­« produrrebbero il medesimo effetto sul dipinto restaurato. E che il nostro timore « abbia un fondamento, si può desumere dal fatto che le parti del CENACOLO, che (' furono già altra volta riparate, mostrano oggi le stesse lesioni di prima ,>.

Pur troppo, dunque, la stessa tecnica del maestro aveva in sè il germe della ro­vina, ben presto, infatti, avvertita nelle sue opere murali. Spirito indagatore, in­novatore, voglioso sempre di (, provare e riprovare ,> egli volle abbandonare i vecchi, sicuri e sperimentati sistemi, per tentare l'esito di sostanze oleose in miscela coi

3

Page 6: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del

- r8 -

colori. Perchè nemmeno può dirsi ch'ci dipingesse, in questo caso, semplicemente, ad olio come avrebbe fatto ogni altro mortale entrato nell'errore di seguire quel mdodo anche pei muri . Egli tentò invece cosa affatto nuova; poichè, se da un lato appaiono tracce di parziali e circoscritte arricciature in uso pe! fresco, dall'altro, la presenza delle sostanze oleose è accertata dalla mancanza di adesione dei colori con la superficie del muro e dalle speciali screpolature della crosta o pelle formata dai colori stessi, non che dal modo col quale il di pin to si è andato e si va lentamente disgregando e sfaldando.

Comunque sia, senza aver prima rinsaldato il dipinto, non è da pensare Cl nessun !a,'oro del mmo, così nel suo interno come nell'esterno, bastando per ora il prov­n:dimento, già preso per una migliore arenzione, d'allontanare alquanto dal muro i] dossale di legno sottoposto al dipinto. Gioverà invece, pei debiti confronti e le necessarie garanzie, fotografare avanti, nellLl; grandezza naturale, almeno tutte le teste.

Parlar di staccare il dipinto dal muro o, in una parola, di « trasportarlo ,), nelle condizioni in cui ora si trova, non pare più possibile. In esso si hanno oggi, COIl gli avanzi originali dell' opera leonardesca, le tracce di varie altre sostanze deposi tatevi dal succeder 'i dei molti restauri, sostanze diverse, frutto sempre dei dubbi che han­no ,tormentate le menti degli studiosi di frorite alla singolarità stessa del deperi­mento.

V'hanno quindi relitti di restauri a tempera, ad olio ed anche ad incausto, co­me rivela la presenza della cera, nella parte di mezzo della tovaglia che ricopre la tavola, parte rimasta aderente al muro, mentre, nel resto del dipinto, i restauri ad olio cd a tempera si sono inaspriti e sollevati e screpolati anche più che la pellicola superstite del colore originale. Alle quali cose, per velare l'insigne pittura e chiaz­zarla di larghe nubi, si è aggiunto man mano la polvere e il decomporsi (in ispecie per il freddo degli inverni) delle vernici e delle còlle spalmatele sopra, in varie ri­prese e con vera profusione, cui forse, come ai restauri in genere, è dovuto, se, da qualche secolo, il capolavoro non è scomparso del tutto.

Quali, dopo tnnte osservazioni nuove e tanti tentativi vecchi, i rimedi che si possono consigliare per prolungare l'esistenza del grande infermo? Riattaccare)a crosta o, meglio, le croste del colore al muro con le sostanze più refrattarie all'u­midità e alleggerire in seguito delicatamente le colle, di modo che la prima opera­razione valga ad assisurare, per molto ancora, la durata della pittura, e la seconda a render questa meno incerta e nebulosa.

N on è, però, possibile suggerire fin d'ora un sistema unico di consolidare il dipinto e propori"e, per tutto, un metodo solo e costante di cura. Le sostanze rimaste dalle passate riparazioni si succedono e si alternano con disformità COI1-

tinuc, e con esse varia il grado di ruina e la ragione d'essa e la necessità dei prov­vedimenti da prendersi. Quali sono i vecchi ristauri da togliersi e luali da con­servarsi? Quali, in altre parole, le parti da consolidare e quali da rinnovare gra­dualmente?

Per un altro dipinto e per un diverso grado di deperimento tutti, certo, sareb­bero d'accordo nel ritenere che la parte da ricercare e ripulire e fissare c garantire sarebbe esclusivamente quella originale; ma, nel caso presente, dopo le infinite vi­cende accennate, non vi ha cautela che possa essere di troppo, Ad ogni centimetro di pittura bisogna proporsi sempre il problema di quanto sia strettamente neces­sario e possibile fare.

Ora, mentre tale, delicato e minuto esame non può affrontarlo che colui che o­pera, e la Commissione non può se non consigliare che sia affidato a chi abbia

Page 7: IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. - Bollettino d'Arte · 2012. 9. 7. · IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI. RELAZIONE A S. E. IL MINISTRO. H.iassumiamo brevemente, sulla scorta del

- I() -

data prova di sapere notoriamente operare, la Commissione però riconosce, sin d'ora, la necessità assoluta di saldare le parti sollevate con sostanze che la pratica abbia dimostrato non facilmente alterabili dall'umidità.

Ma il saggio compiuto su questa scorta, in un lato del dipinto, dal cav. Luigi Cavenaghi, rivela infatti la bontà e l'opportunità del restauro; come, del resto, l'e­sperimentata sua capacità in molti lavori congeneri designa la sua persona al com­pimento di questo. « Rispetto alla tecnica del consolidamento - egli ha dichiarato - basandomi sull'esperienza delle prove che ho fatto, sarei di parere che per la saldatura dovrebbero essere alle còlle, facilmente attaccate dall'umidità, sosti­tuite le resine diluite con sostanze idonee, assai meno influenzabili dalle condizio­ni atmosferiche. La conseguente pulitura del dipinto dovrebbe poi essere condotta con grande discrezione, senza pretendere di togliere tutto lo strato di còlla este­riore, ma solo in quel grado che basta a neutralizzare l'appannamento attualc. Sovratutto è da avere la più PAUROSA PRECAUZIONE perchè nessuna sostanza resti sovrapposta al dipinto » .

CosÌ il parere del cav. Cavenaghi s'incontra con quello della Commissione; la quale esprime la speranza che il periodo dei consulti ceda ormai a quello effettivo elci restauri, cosicchè alla diagnosi sussegua finalmente la cura del grave infermo, esercitata, ben inteso, con « la più paurosa precauzione,) dallo stesso Cavcnaghi che, indicato dalla Commissione e vi vamen te sollecitato, accetta di. porvi mano nell'estatc del 1907, a seconda dell'esperimento già fatto.

Prof. CAMILLO BaITa - Areli. LUCA BELTl{A­MI - LODOVICO POGLIAGHI - Prof . LUIGI GABBA - Arch. AUGUSTO BRUSCONl·- FI­LIPPO CARCANO - Prof. ORESTE MUHM\1

- Dottor GUSTAVO FRIZZONI - ALFlmDO D'ANDRADE - GUSTAVO MORETTI - COR­RADO RICCI, relatore.