IL CATASTO URBANO DI ROMA ALL’INIZIO DELL’800 · levazione delle mappe di tutto il territorio...

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INSERTO 11 36/11 n questo inserto è pubblicata la sintesi della relazione tenuta dal prof. Adriano Ruggeri in occasione del Convegno “Le Pian- te di Roma – La città dal Barocco ai Catasti”, tenutosi a Roma il 1° dicembre 2010 presso l’Istituto Nazionale per la Grafica. Il Convegno, organizzato dal Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma, si è svolto col fondamentale sostegno del Col- legio dei Geometri ed è stato ampiamente trattato sul numero 34/10 di questa rivista con un resoconto dei lavori del prof. Mario Bevilacqua e con la pubblicazione della Relazione specificamente dedicata al tema del Catasto tra Novecento e Duemila, tenuta dai geometri Adriano Angelini e Giorgio Maria de Grisogono. Gli argomenti oggetto della relazione pubblicata in queste pagine - frutto di una lunga ed approfondita ricerca sulla genesi del primo catasto urbano della città di Roma - troveranno maggior spazio nel volume in cui saranno pubblicati gli Atti del convegno. I IL CATASTO URBANO DI ROMA ALL’INIZIO DELL’800

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n questo inserto è pubblicata la sintesi della relazione tenutadal prof. Adriano Ruggeri in occasione del Convegno “Le Pian-te di Roma – La città dal Barocco ai Catasti”, tenutosi a Roma il1° dicembre 2010 presso l’Istituto Nazionale per la Grafica.

Il Convegno, organizzato dal Centro di Studi sulla Cultura el’Immagine di Roma, si è svolto col fondamentale sostegno del Col-legio dei Geometri ed è stato ampiamente trattato sul numero34/10 di questa rivista con un resoconto dei lavori del prof. MarioBevilacqua e con la pubblicazione della Relazione specificamentededicata al tema del Catasto tra Novecento e Duemila, tenuta daigeometri Adriano Angelini e Giorgio Maria de Grisogono.Gli argomenti oggetto della relazione pubblicata in queste pagine -frutto di una lunga ed approfondita ricerca sulla genesi del primocatasto urbano della città di Roma - troveranno maggior spazio nelvolume in cui saranno pubblicati gli Atti del convegno.

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IL CATASTO URBANO DI ROMA ALL’INIZIO DELL’800

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FORMAZIONE DEL CATASTOURBANO DI ROMA(1818-1824)

La complessa genesi diun’opera che rappresentamolto di più di unsemplice e meccanicorilevamento catastale,ma crea una vividaimmagine della città agliinizi dell’800.

Adriano Ruggeri

1. Prima del Catasto UrbanoPer il suo regime fiscale partico-larmente favorevole, che nonprevedeva la regolare esazionedi un’imposta di natura fondia-ria, la città di Roma ed il territo-rio circostante ad essa pertinen-te – l’Agro Romano – non ebbe-ro mai, sino agli inizi dell’800,alcun tipo di catasto, non essen-done avvertita la ‘necessità fi-scale’ di redigerlo.Tali non possono essere consi-derati, infatti, né il censimentodi tutte le proprietà esistenti inRoma e Agro Romano, tra cuianche le case di abitazione, re-datto nel 1708 ai fini dell’impo-sizione straordinaria decretatada Clemente XI per far frontealle rilevanti spese militari delmomento (il contributo fu cal-colato sull’ammontare dellerendite annue percepite dallelocazioni degli immobili); né idue registri fatti compilare nel1732 dalla Presidenza delle Stra-de – la magistratura pontificiache aveva competenza sull’edi-lizia privata, l’ornato cittadino,

la viabilità urbana, la rete fo-gnaria e la nettezza urbana – al-lo scopo di ripartire tra i diversiproprietari e possessori di im-mobili, in ragione dell’estensio-ne delle facciate degli immobilistessi, la c. d. ‘Tassa sulle stra-de’, che non era un vero e pro-prio tributo regolare, quanto uncontributo forzoso che venivaimposto in occasione di lavoridi selciatura e di riparazionedelle strade e delle piazze dellacittà. Nonostante ciò, questidue registri (che giustamenteGiovanna Curcio ha definito“una sorta di catasto settecente-sco”), possono essere conside-rati la prima vera e propria de-scrizione analitica della città afini fiscali.Le cose cambiarono radical-mente in seguito al motu pro-prio del 19 marzo 1801, con ilquale Pio VII riordinava e sem-plificava l’intero sistema tribu-tario - una vera e propria rifor-ma del regime fiscale - abolendoben 32 gabelle camerali di variotipo ed istituendo due impostepersonali (sale e macinato) edun’imposta fondiaria, calcolatasui beni immobili, denominata‘dativa reale’. Tale imposizione fu estesa anchea quei territori che sino ad alloraerano stati esenti da imposizionifiscali regolari: tra questi anchela città di Roma e il suo distretto,i cui abitanti furono assoggettatial pagamento di una cifra stabili-ta in relazione al valore degli im-mobili, valore che a sua volta sa-rebbe stato stimato in base allapigione ‘attuale o reperibile’, os-sia - in questo secondo caso -quella presumibile per gli immo-bili non affittati oppure abitatidal proprietario. A tale scopo furedatto un ‘catastro’, come si di-

ceva allora, delle case di Romacostituito da due registri e com-pilato in base alle ‘assegne’ (di-chiarazioni giurate) di tutti ipossessori di case e palazzi.La dativa sulle case di Roma siriscuoteva già nel 1804, ma an-che in questo caso si rendeva ne-cessario addivenire quanto pri-ma ad uno strumento di compu-to della stessa più efficace ed og-gettivo che non i due registri so-pra menzionati. E consideratoche erano state gettate le basi perl’esecuzione del nuovo catasto intutto lo Stato Pontificio, sul fini-re del 1818 fu stipulato anche ilcontratto per l’elevazione dellapianta di Roma, primo passo ne-cessario per pervenire alla reda-zione del catasto urbano.

2. Il Catasto GregorianoSono ben conosciute le tappegenerali del processo di attua-zione del primo catasto geome-trico-particellare realizzato nel-lo Stato Pontificio; qui ci si limi-ta a riassumerle per sommi capi.Ispirato direttamente al più ag-giornato catasto che i Francesi,sul modello di quello ‘Teresia-no’, avevano impostato e con-dotto a buon punto, in quei ter-ritori del Regno Italico già ap-partenuti e poi riannessi alloStato Pontificio (Marche, Ro-magna e Bologna), l’esecuzionedel nuovo catasto, regolato «amisura e a stima con un modulocomune», fu ordinata con l’art.191 del motu proprio del 6 luglio1816 emanato da papa Pio VIInell’ampio quadro della genera-le riorganizzazione dell’ammi-nistrazione pubblica dello StatoPontificio.Nella medesima occasione fuistituita la Congregazione deiCatasti, poi Presidenza del Cen-

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so, dicastero centrale cui era af-fidato il compito di dirigere ecoordinare le operazioni di rile-vamento del nuovo catasto. Trai primi provvedimenti dellaCongregazione dei Catasti (3gennaio 1817) ci fu l’adozione,quale unità di misura lineare diriferimento, della ‘canna cen-suaria’, corrispondente al me-tro: di fatto si adottava il siste-ma metrico-decimale, introdot-to dai Francesi, pur rifiutando-ne le denominazioni, attribuen-do alla vecchia terminologianuovi significati.Col regolamento del 22 febbraio1817, relativo alla misura dei ter-reni e formazione delle mappe,si fornivano precise e dettagliateistruzioni su come rilevare il ter-ritorio, come classificarlo in re-lazione all’uso del suolo, ossia al-le coltivazioni esistenti, e comerappresentarlo sulle mappe (se-gni, colori e diciture da usare).Alcuni articoli di questo regola-mento ci interessano più da vici-no in quanto li ritroveremo poiapplicati anche per la redazionedel catasto urbano di Roma.Nei § 136 e 144, in particolare, sistabiliva che i fabbricati, urbanie rurali che fossero, dovevanoessere indicati col colore rosso;gli orti ed i giardini con il verde;i corsi d’acqua, i canali, le fonta-ne etc. col colore celeste e le stra-de, infine, fossero esse corriere(statali), provinciali, comunita-tive o vicinali, «in color fuliginechiaro». Nel § 145 si prescrivevache ogni particella catastale re-lativa a ‘possidenze’ di privati –come già si era operato nellemappe eseguite dal GovernoFrancese nel Regno Italico – fos-se contraddistinta da un nume-ro progressivo mentre gli edificistatali, quelli pubblici, quelli sa-

cri e religiosi fossero indicatimediante delle lettere.Ad ogni mappa, peraltro, dove-va corrispondere un registro de-nominato ‘brogliardo’ in cui de-scrivere, secondo l’ordine nu-merico progressivo, tutte le par-ticelle raffigurate nelle mappestesse indicandone: il ‘possiden-te’1, l’ubicazione (‘contrada’ e‘vocabolo’), il genere di coltiva-zione, la giacitura del terreno ela sua superficie, espressa in‘quadrati’, ‘tavole’ e ‘centesimi’2.In data 4 marzo 1817 fu stipula-to il contratto con gli ‘ingegneriispettori’ milanesi, per usare ilmedesimo linguaggio della do-cumentazione (Del Frate, Lori-ni, Locatelli, Oggioni), per la ri-levazione delle mappe di tutto ilterritorio dello Stato, esclusiRoma e Agro Romano, ed esclu-si anche i territori delle Marche,della Romagna e Bologna, le cuimappe erano state già elevatedurante il Regno Italico, cheavrebbero dovuto solo esseremodificate laddove fosse neces-sario. Il 5 settembre dello stessoanno, analogo contratto fu sti-pulato con quattro ‘ingegneri’romani (Girolamo Felici, LuigiMazzarini, Tobia Sani, PietroSardi) per l’elevazione dellemappe dell’Agro Romano, com-prendente le vigne del suburbioe oltre 400 tenute.Non molto tempo dopo ebberoinizio le operazioni di elevazio-ne delle mappe: tra il 1818 ed il1820/1821 ne furono redattequasi 3000 che andarono ad ag-giungersi alle oltre 1100 già rile-vate nei territori dell’ex RegnoItalico. Dopo continui rinvii,dovuti alle numerose rettificheche fu necessario apportare aseguito dei diversi reclami avan-zati, il nuovo catasto fu attivato

quale strumento d’imposizionefiscale in sostituzione del Cata-sto Piano, solamente nel 1835,sotto il pontificato di GregorioXVI da cui, per l’appunto, hatratto la propria denominazio-ne di ‘Gregoriano’.

3) Il catasto urbano di Roma:il contratto con Salvi e PalazziPremessa questa serie di notiziedi carattere generale, necessa-rie per inquadrare meglio l’ar-gomento, possiamo rivolgere orala nostra attenzione al catasto ur-bano di Roma, ovverosia – è uti-le sottolinearlo – a quello relati-vo al territorio racchiuso entrole mura aureliane, leonine e gia-nicolensi, delineando in sintesi lediverse tappe che hanno porta-to alla sua realizzazione, tappeche si imperniano su tre opera-zioni fondamentali: 1) elevazione delle mappe ecompilazione dei relativi bro-gliardi; 2) stima dei fondi urbani, ossiadei fabbricati; 3) stima dei fondi rustici all’in-terno delle mura.Sin dalle prime fasi delle opera-zioni censuarie relative ai terri-tori del Lazio (inizi del 1818),infatti, era stata avvertita la ne-cessità di elevare anche la pian-ta della città di Roma, sia percompletare i lavori che si stava-no eseguendo in tutto lo StatoPontificio, sia in relazione allariscossione della Tassa sullestrade. Proprio per questo moti-vo, gli stessi ‘ingegneri’ milanesiavevano presentato a mons. Te-soriere della Camera Apostolicaun progetto con il quale si offri-vano di elevare la pianta cata-stale della città di Roma per ilprezzo di 19.500 scudi circa.Il progetto (che non conosciamo)

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fu sottoposto–per l’approvazione– al ‘Consiglio d’Arte’, una sortadi Consiglio superiore dei lavoripubblici che esprimeva parerisul piano tecnico, ma anche suquello economico, in merito alleopere pubbliche, il quale lo ap-provò in data 22 luglio 1818. Fuquindi preparato il capitolatoper la formalizzazione del con-tratto nel quale si prevedeva, trale altre cose, che il lavoro avreb-be dovuto essere concluso entrosei mesi dalla data del contratto.Ma nel settembre 1818 la notiziadi questi preparativi giunse – secosì si può dire – all’orecchio de-gli architetti Gaspare Salvi eGiacomo Palazzi. Entrambi ro-mani e membri dell’Accademiadi S. Luca, cui erano stati am-messi in quello stesso anno 1818,Gaspare Salvi (1786-1849), oltread aver messo mano a restauri eprogetti di diversi edifici dellacittà, negli anni ‘30 fu presidentedell’Accademia di S. Luca; Gia-como Palazzi (1782-1858), rive-stì invece diversi incarichi tecni-ci, quali quello di ingegnere del-la Presidenza delle Acque e diquella degli Acquedotti Urbani,e pubblici.I due architetti inviarono unasupplica alla Segreteria di Statonella quale scrivevano di aversaputo “con certezza” che si sta-va trattando da parte della Reve-renda Camera Apostolica con igeometri milanesi la formazio-ne della pianta di Roma, dichia-randosi dispiaciuti che per que-sto lavoro fossero stati preferitidegli stranieri (per di più – comescrivono – dei semplici ‘geome-tri’), a preferenza degli architettiromani che avrebbero potuto, esaputo, far di meglio e con mag-gior cognizione di causa. Perquesto motivo supplicano che il

lavoro venga affidato a loro, chesarebbero stati in grado, peral-tro, di eseguirlo a condizioni piùvantaggiose per la Camera Apo-stolica, e per di più di far lavora-re una trentina di persone.Gli avvenimenti che hanno pre-ceduto il lavoro vero e propriodi elevazione della pianta, si so-no dunque svolti all’insegna diuna sotterranea e non tanto lar-vata concorrenza e competizio-ne tra i ‘geometri milanesi’ e gli‘architetti romani’. Non sonoancora del tutto noti gli aspettidell’intera vicenda, ma è eviden-te – da come andarono le cose –che la Camera Apostolica prefe-rì affidare l’incarico agli ‘archi-tetti romani’.Non molto tempo dopo, infatti,Salvi e Palazzi sottoposero alvaglio del segretario di Stato, ilfamoso cardinal Consalvi, dueprogetti tra loro alternativi perquanto riguardava le modalitàdi esecuzione della pianta: o ri-levare la città ex novo; oppureavvalersi della pianta di Romadi Giambattista Nolli del 1748,apportandovi tutte le necessarierettifiche per correggerla ed in-tegrarla laddove, posteriormen-te alla sua pubblicazione, si era-no avute delle variazioni (co-struzioni di nuovi edifici, aper-ture di nuove strade, allarga-menti di piazze). È evidente la

motivazione di questa secondaproposta: realizzata a seguito diun accurato e rigoroso rilievodurato circa dodici anni, con-dotto con criteri topograficiscientifici e moderni (proiezio-ne verticale; Nord orientato ver-so l’alto), la pianta del Nolli (fig.1) costituiva il miglior prodottocartografico che si potesse ave-re in quel momento a disposi-zione; peraltro, il procedimentosuggerito avrebbe ridotto nonsolo i tempi di realizzazionedella nuova pianta che si inten-deva elevare, tenuto conto che irilievi sul terreno si riducevanoall’aggiunta dei nuovi fabbricatie alla ripartizione interna degliisolati, ma anche, di conseguen-za, la spesa complessiva. Ed è chiaro che fu questo il pro-getto approvato: il contratto trala Camera Apostolica, rappre-sentata dal tesoriere generalenonché presidente del Censocard. Cesare Guerrieri Gonza-ga, e gli architetti Salvi e Palaz-zi, per elevare la pianta catasta-le di Roma fu infine stipulato il24 novembre 1818.Vediamo ora più in dettaglio itermini del contratto, articolatoin 35 punti: Salvi e Palazzi si im-pegnavano ad elevare tante map-pe in scala 1:1000 (eventualmen-te suddivise in più fogli uguali),per quanti erano i rioni della cit-tà, ossia 14; dovendo servire perusi catastali si raccomandavache la pianta – a differenza diquella del Nolli – non si limitassea delineare solamente i contornidegli isolati (‘isole’ o ‘cassoni’,come definiti nel contratto) e deicortili interni, ma anche quellidelle singole unità immobiliariche componevano ogni isolato,ciascuna contraddistinta da unproprio numero. Ad ogni mappa

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1. Pianta di Roma di G. Nolli (edizione del 1841)

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doveva inoltre corrispondere unbrogliardo che riportasse, se-condo l’ordine numerico pro-gressivo delle particelle, il nomedei possidenti, l’ubicazione(‘contrada o vicolo’) e la superfi-cie di tutti i fondi raffigurati nel-la rispettiva mappa.L’intero lavoro, ovverosia: ele-vazione della pianta, verificadelle variazioni intervenute ri-spetto alla pianta del Nolli, rile-vazione dei singoli fabbricaticostituenti ciascuna isola, non-ché il calcolo della superficie diciascuno di essi, stesura defini-tiva delle mappe originali (oltrea due copie delle stesse, di cuiuna ridotta in scala 1:2000, se-condo quanto espressamenterichiesto nel contratto) e reda-zione di una doppia serie di bro-gliardi, si sarebbe dovuto porta-re a termine entro sei mesi apartire dalla data del contratto eper il prezzo di 9500 scudi. I duearchitetti avrebbero inoltre po-tuto scegliere quali collaborato-ri, da stipendiare a loro spese,gli architetti e geometri “roma-ni e statisti ... più idonei per laformazione di tali mappe”: iltermine ‘statista’ significava‘abitante dello Stato Pontificio’,e dunque si escludeva la possi-bilità che ai lavori di redazionedella pianta di Roma potesseropartecipare – in qualunque mo-do – i geometri milanesi. A lorospese, infine, sarebbe stato an-che l’acquisto degli strumentinecessari all’espletamento del-l’incarico ad essi affidato.Si è insistito su questi particola-ri in quanto la documentazionedimostra che, sebbene i lavorisiano andati ampiamente fuoritempo – le operazioni sopraelencate e le altre ad esse colle-gate (si veda più avanti) si sono

svolte nell’arco di quasi 4 anni,dalla fine del 1818 alla metà del1822, e non poteva essere altri-menti, considerata l’ingentemole di lavoro – purtuttavia Sal-vi e Palazzi sono stati regolar-mente pagati, nonostante le pe-nali previste nel contratto.In definitiva, il lavoro sarebbeconsistito in una prima parte,diciamo così, ‘a tavolino’ cheprevedeva l’ingrandimento inscala 1:1000 della pianta delNolli (la quale, rapportata al no-stro sistema metrico-decimale,era in scala 1:2910) e la numera-zione delle isole esistenti in cia-scun rione della città; ed in unaseconda parte più operativa cheavrebbe comportato una seriedi sopralluoghi per verificare levariazioni rispetto alla piantasettecentesca e il rilevamento ditutte le singole unità immobi-liari all’interno di ciascuna iso-la. A questo proposito, l’art. 29del contratto stabiliva che sa-rebbe stata cura “del Governo laspesa di una guardia per ognitavoletta a fine di garantire gliarchitetti operatori dall’affolla-mento delle persone e dagli im-barazzi”. È, questo, l’unico ac-cenno alla ‘tavoletta pretoria-na’, lo strumento principale perla formazione delle mappe, lecui modalità di impiego eranostate enunciate nel citato rego-lamento generale del 22 feb-braio 1817, e che certo avrebbecostituito motivo di assembra-mento di curiosi; altra strumen-tazione era costituita dalla ‘can-na’ (asta lunga circa tre metriche serviva per misurare i pianiinclinati), la ‘catena’ (lunga 15metri, serviva per misurare iterreni pianeggianti), e le scale,diversamente graduate a secon-da del rapporto di proporzione

rispetto al terreno, le quali con-sentivano di operare la riduzio-ne di ciò che doveva essere raffi-gurato nelle mappe.Il passo successivo fu, in data 10dicembre 1818, l’emanazionedel Motu proprio sulla conserva-zione e rinnovazione delle stradedi Roma che introduceva un’im-portante novità: ponendo fine alsistema, in vigore sin dal tardoMedioevo, che obbligava all’e-secuzione dei lavori di manu-tenzione stradale solamente ipossessori degli edifici che pro-spettavano sulle strade stesse,gravandoli in proporzione all’e-stensione lineare delle rispetti-ve facciate, veniva istituita unanuova Tassa sulle strade cheavrebbe colpito tutti i possesso-ri di case, semplici cittadini enobili, privilegiati ed enti reli-giosi, persino la stessa CameraApostolica, in ragione di 35baiocchi per ogni 100 scudi divalore degli immobili, questo –a sua volta – da calcolare, comegià la dativa reale, in base allepigioni attuali o ‘reperibili’. Inattesa che fosse concluso e poiattivato il nuovo catasto, la tas-sa sarebbe stata calcolata facen-do riferimento ai due registri re-datti per l’esazione della dativareale sui fondi urbani.

4. L’esecuzione delle mappePoco tempo dopo l’emanazionedel motu proprio si mise manoalla formazione del nuovo cata-sto urbano, cominciando pro-prio dalla pianta. A tal riguardonon siamo a conoscenza di co-me procedettero i lavori di Salvie Palazzi e dei loro collaborato-ri (si trattava di una quindicinadi geometri, assunti a loro spesesecondo quanto previsto nelcontratto): dalla scarsa docu-

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mentazione reperita (ossia ilcarteggio tra gli architetti Salvie Palazzi e i periti stimatori, dauna parte, e l’organo centrale –la Presidenza del Censo – dal-l’altra) sembrerebbe che appe-na quattro mesi dopo la stipula-zione del contratto, cioè a finemarzo 1819, la pianta – perlo-meno nelle sue linee generali –fosse conclusa; verosimilmentesi trattava della prima fase dellasua redazione, ovverosia dell’in-grandimento della pianta delNolli, con la delineazione degliisolati e le piante delle chiese. Assai più lunghe e complessedovettero invece essere le opera-zioni condotte sul terreno: lasuddivisione delle isole nei sin-goli fabbricati componenti ed ilrilievo dei cortili e delle aree in-terne degli edifici, operazioni ri-guardo alle quali siamo altret-tanto poco informati e di cui co-nosciamo solamente, di riflesso,alcune delle difficoltà incontra-te che ne hanno ritardato la con-clusione. A questa fase del lavo-ro sono da riferire le ‘Suddivi-sioni originali dei fabbricati’,realizzate dai geometri aiutantisolo per l’area edificata, esclusecioè la zona a vigne, ville, giardi-ni ed orti compresa tra l’abitatoe le mura: si tratta del rilievo det-tagliato di ciascun rione, con lesingole isole, all’interno dellequali sono state indicate le unitàimmobiliari (assenti nella pian-ta del Nolli) e le rispettive perti-nenze, l’assegnazione del nume-ro di particella e – importante(perché destinato a non compa-rire nelle mappe definitive, masolo nei rispettivi brogliardi) – inumeri civici.Per quanto riguarda – più inparticolare – le caratteristichegrafiche delle mappe, non es-

sendosi reperita documentazio-ne inerente gli aspetti tecnici epratici relativi alla loro stesuradefinitiva, è giocoforza desu-merle dall’osservazione direttadel prodotto finale, tenendo an-che conto delle precise direttivecontenute nel contratto stipula-to tra la Camera Apostolica e gliarchitetti Salvi e Palazzi.Le mappe, una per ciascun ri-one, sono in scala 1:1000, comeprevisto dal contratto e come siverifica anche per quelle di tuttii maggiori centri abitati delloStato Pontificio. Esse sono ma-terialmente costituite da unaserie di fogli rettangolari di car-toncino, di dimensioni variabilitra 90-93 x 60-64 cm. Nel primofoglio di ciascun rione ne è indi-cato il nome, il proprio numerosecondo l’ordinamento stabilitonel 1744 ed ormai diventato ca-nonico3, il numero di fogli di cuiè composta la mappa (variabilein funzione dell’estensione diciascun rione) e l’orientamentoverso il Nord geografico conl’indicazione dell’angolo di de-clinazione rispetto al Nord ma-gnetico.In linea con quanto stabilito nelregolamento del 22 febbraio1817 per l’elevazione delle map-pe dei territori dello Stato, nelcontratto erano contenute det-tagliate istruzioni su come redi-gere la pianta della città e qualicolori utilizzare per rappresen-tare le diverse tipologie di edifi-ci e colture: vediamo allora piùda vicino quegli articoli del con-tratto che ci consentono di co-noscere meglio le principali ca-ratteristiche della pianta.Prima di tutto essa avrebbe do-vuto essere disegnata con “in-chiostro della Cina”: effettiva-mente i contorni di tutte le par-

ticelle (fabbricati e spazi verdi)sono delineati con sottili tratti achina nera, per quanto – per da-re ad esse un maggior risalto – ilati genericamente volti traSud/Sud-Est ed Est/Nord-Estsono stati rinforzati in rosso,quasi a simulare un’ombra pro-veniente da Nord/Nord-Ovest.Ogni particella doveva poi esse-re contraddistinta da un “nume-ro arabico” e solamente i “pub-blici monumenti saranno con-trassegnati con lettere alfabeti-che”: così prescriveva il contrat-to, in ciò discostandosi dal rego-lamento generale del 22 febbraio1817 che stabiliva di indicare conlettere tutti gli edifici statali, pub-blici e religiosi. E se in effetti, co-me si può constatare, questo cri-terio è stato seguito nella reda-zione delle mappe di tutti gli al-tri centri urbani dello Stato Pon-tificio, non poteva esserlo per Ro-ma, una città dove più elevataera la concentrazione di edifici ri-spondenti ai requisiti di cui sopra.È presumibilmente per tale mo-tivo che il contratto restringe l’u-tilizzazione delle lettere sola-mente ai “pubblici monumen-ti”; in realtà, poi, anche questirisultano indicati sulle mappe connumeri, segno di alcune varia-zioni delle procedure stabilite in-tervenute nel corso dei lavori (enon si tratta dell’unico caso).Tutti i fabbricati, qualunque nefosse il proprietario (pubblico oprivato, laico o religioso) sonocolorati in rosa ed eventual-mente collegati con le parti adia-centi ad essi pertinenti (cortili,orti, giardini) mediante un se-gno di legatura consistente inuna graffa perpendicolare al li-mite tra le due parti; in questicasi tali aree non hanno un pro-prio numero identificativo, es-

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sendo considerate tutt’uno conil fabbricato cui appartengono.Le chiese sono gli unici edificicoperti dei quali, come nellapianta del Nolli da cui quella ela-borata da Salvi e Palazzi deriva,è disegnata la planimetria inter-na (fig. 2). Nell’osservare le map-pe non si può fare a meno di am-mirare il rigore e l’estrema pre-cisione con cui esse sono stateraffigurate: si vedano, tra le al-tre, la citata basilica di S. MariaMaggiore, la basilica di S. Pie-tro, che non ha bisogno di com-menti (fig. 3), e la basilica di S.Giovanni in Laterano (fig. 4).Peraltro, come si desume dallaRosa dei Venti presente nellapianta del Nolli (proprio pressoS. Giovanni in Laterano), que-sta è orientata con il Nord ma-gnetico (indicato) e non conquello geografico, che infatti‘punta’ un po’ verso destra; lemappe del catasto – invece – so-no orientate con il Nord geogra-fico, ed è il Nord magnetico a‘puntare’ un po’ verso sinistra(in entrambe le piante è indica-to l’angolo di declinazione ma-gnetica). La qual cosa spiega laleggera differenza di orienta-mento di tutti gli edifici tra ledue elaborazioni cartografiche.I resti delle antiche costruzioniromane, isolati oppure inseriti“tra il caseggiato”, sono indicaticon il colore nero. Pochi sono, inrealtà, quelli avvertiti come ‘mo-numenti’ dotati di una propriaindividualità e di conseguenzacontraddistinti da un proprionumero che li rende, in un certosenso, autonomi, come peresempio il Colosseo (conl’integrazione delle parti man-canti, ossia il completamentodel secondo e terzo anello nellaparte meridionale, fig. 5), la Ba-

silica di Massenzio, la BasilicaUlpia. La maggior parte di essi,invece, risultano ormai integratiin altre strutture, in quella conti-nuità tra passato e presente checaratterizza la città (fig. 6), op-pure si ergono solitari e solenninelle distese di vigne ed orti, co-me le Terme di Caracalla (fig. 7).L’art. 16 del contratto stabilivache i muri ed i piloni dei “con-dotti d’acqua” – ossia gli acque-

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2. La basilica di S. Maria Maggiore nella pianta del Nolli(in alto) e nella mappa del Catasto Urbano (in basso)

6. Il complesso delle Terme di Caracalla, completamenteimmerso nei vigneti, orti ‘casalini’ e orti ‘adacquativi’.Oltre il bordo nord-occidentale del recinto esterno (in alto, verso d.) con una simbologia particolare èindicato un canneto

7. Il Tevere e il Porto di Ripetta, costruito nel 1704 edistrutto nel 1901 per la costruzione di Ponte Cavour; siosservino alcuni barconi all’ormeggio. A Nord del porto èperfettamente visibile uno dei tanti traghetti ‘a canapofisso’ che consentiva di passare da una riva all’altraladdove non c’erano ponti. In basso a sinistra: la fila dicase che si affacciavano sull’acqua, una situazioneconsueta prima della costruzione dei muraglioni. Versodestra s’individua il contorno circolare del Mausoleo diAugusto inserito in costruzioni successive

3. La basilica di S. Pietro

4. La basilica di S. Giovanni in Laterano nella pianta del Nolli (in alto) e nella mappa del Catasto Urbano (in basso), con i rispettivi orientamenti verso il Nordmagnetico e geografico

5. Il Colosseo; in marroncino l’integrazione delle partimancanti. A sin.in basso: l’Arco di Costantino

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dotti – dovessero essere “distin-ti con colore giallo”, sebbenenon sia chiaro se esso si riferis-se ai condotti all’epoca in attivi-tà oppure anche a quelli antichi.Comunque sia, si riscontra chese si è in presenza di un rudere,quale per esempio il lungo trat-to dell’Acquedotto Claudio checorre da Porta Maggiore a piaz-za S. Giovanni in Laterano, essoè indicato – come tutti i resti an-tichi – con il colore nero. Se in-vece il manufatto era ancora inuso all’epoca del rilevamentodella pianta, come si verificaper l’antico condotto dell’AquaMarcia Tepula Julia le cui arcua-zioni sono state riutilizzate persostenere l’Acquedotto Feliceripristinato (1585-1589) da Si-sto V, allora esso è indicato conil colore rosa, come, per esem-pio, il lungo tratto da Porta S.Lorenzo alle Terme di Diocle-ziano, nella zona dell’odiernaStazione Termini: l’acquedottoè indicato con una serie regola-re di quadratini rosa che sono lebasi dei piloni che sostengonole arcate. In questo caso, dun-que, non è la tipologia del ma-nufatto a determinarne la mo-dalità di rappresentazione,quanto piuttosto la sua funzio-nalità nel panorama urbanodella città.Molto articolata è la simbologiautilizzata per rappresentare glispazi verdi: orti, vigne, ville egiardini, aree incolte, strade al-berate. L’art. 13 del contrattoprevedeva che i diversi generi dicoltivazione dovessero rappre-sentarsi con colori “secondo imodelli esistenti nella Direzio-ne Generale dei Catasti”: vane lericerche per reperire tali ‘mo-delli’ (non è neanche ben chiarodi cosa si trattasse effettivamen-

te). È tuttavia possibile inverti-re i termini della questione etentare di ricostruire una legen-da cromatica dell’uso del suolotramite l’osservazione congiun-ta di mappe e brogliardi: purnon potendosi ancora definireuna schema rigoroso, si è peròconstatato che molto spesso esi-ste una relazione precisa tra co-lori e simboli presenti nelle pri-me e corrispondenti definizioniriportate nei secondi.Le vigne sono indicate median-te alberelli disposti in ordinatifilari obliqui a maglie larghe(fig. 7). Strettamente connessiai vigneti sono i non molto co-muni canneti (che non sono daconsiderare aree incolte, inquanto le canne servivano persostenere le piante di vite) indi-cati con piccoli cespuglietti sot-tili e molto ravvicinati in mododa formare un disegno fitto e re-golare (fig. 7).

Per quanto riguarda gli orti,sembrerebbero esistere almenotre diverse tipologie di rappre-sentazione: le strisce regolaricon colorazioni variabili, co-munque comprese tra il verdechiaro ed il verde-giallino, di-versamente orientate (mal’orientamento serve solo perdistinguere tra loro particellecontigue) ed alternate con filedi alberelli, contraddistinguonogli orti in generale e gli orti ‘ca-salini’ – quelli cioè non irrigabi-li – più in particolare (figg. 7, 9). Analoghe strisce, ma prive deglialberelli, indicano invece gli ortidefiniti ‘adacquativi’ (o ‘a panta-no’), ossia quelli irrigabili (figg. 7,9); questa simbologia è utilizza-ta, per esempio, per un orto spe-cializzato quale il ‘carciofoleto’all’interno del chiostro del con-vento di S. Maria degli Angeli. I piccoli orti e giardini annessiai fabbricati urbani, infine, ol-tre a non possedere una proprianumerazione particellare (inquanto considerati pertinentiagli edifici di cui facevano par-te), sono indicati con colori ver-dastri a tinta unita (figg. 6, 9). Igiardini più curati all’interno dipalazzi nobiliari, ma non solo,possono invece presentare loschema planimetrico dei vialet-ti e delle siepi (fig. 8).I giardini delle grandi ville sub-urbane sono suddivisi in vari set-tori, a seconda dei “diversi usi in-terni ed i diversi generi di colti-vazione”, tutti colorati in modouniforme in varie tonalità di ver-de, con l’indicazione di viali evialetti, aiuole dai disegni più omeno elaborati e siepi, fontanedi forme svariate e boschetti. Stessi colori, ma senza la presen-za di vialetti, siepi, aiuole etc.,sono riservati ai prati e ai rari

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8 - Il Palazzo di Venezia con la chiesa di S. Marco el’omonimo palazzetto con suo giardino all’interno, iltutto appartenente alla “Imperiale Corte di Vienna”

9 - La chiesa di S. Cecilia in Trastevere, con il vasto cortileantistante la facciata, e relativo monastero. Tra le case siindividuano orti ‘adacquativi’, orti ‘casalini’ e giardini

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terreni incolti tenuti a pascolo oa ‘sodo’, ossia non coltivati.Prima di lasciare la ‘città verde’,non si può non accennare allapresenza delle strade alberate,le famose ‘olmate’, quali quelladi Campo Vaccino (Foro Roma-no), fatta piantare da Alessan-dro VII intorno alla fine deglianni ‘50 del XVII secolo, oppurequella dietro l’abside della basi-lica di S. Maria Maggiore.Al pari delle moderne carte to-pografiche, il contratto stabili-va che per ‘il Fiume’ (usato insenso assoluto è naturalmente ilTevere), “gli stagni, le marraneed i fossi”, ossia l’idrografia ingenerale, si usasse il “colored’acqua”, il celeste, impiegatoanche per indicare qualche al-tro fosso – quale la ‘Marrana’che attraversava la valle del Cir-co Massimo – e soprattutto lenumerosissime fontane esisten-ti in città, tutte raffigurate conestrema accuratezza.Il Tevere – attraversato da soliquattro ponti di cui il più impor-tante era Ponte S. Angelo – scor-reva all’epoca ancora non imbri-gliato dai muraglioni, costruiti apartire dal 1877: in molti puntidel suo percorso urbano le caseerano quasi a diretto contattocon l’acqua (fig. 6), con qualiprevedibili conseguenze in casodi piena è facile immaginare; inaltri tratti, invece, una riva sab-biosa un po’ più larga separavala sponda del fiume dai primiedifici, come nel caso della Re-nella in Trastevere.Contestualmente all’elevazionedelle mappe, procedeva anche laredazione della prima serie deibrogliardi, costituiti da quattor-dici registri (uno per ciascun ri-one della città) nei quali eranocontemplate le seguenti sette vo-

ci disposte in colonne: numerodella particella; sua ubicazione(via, vicolo o piazza); numero ci-vico4; natura dei fondi, voce cheprevedeva numerose possibilitàsia per i fabbricati5 che per learee non edificate; nome, co-gnome e genitore del proprieta-rio, o più correttamente del ‘pos-sidente’ dell’immobile; numerodei piani dello stesso e superfi-cie, in tavole e centesimi.

5. La stima dei fondi urbani e rusticiL’esecuzione delle mappe fu so-lo una delle operazioni alla basedella formazione del catasto ur-bano di Roma. Essa, però, nonva disgiunta da quella relativaalle stime del valore dei fabbri-cati e dei fondi rustici esistentiall’interno delle mura della cit-tà: le due operazioni, in realtà,erano collegate ed intrecciatel’una con l’altra e procedetterocontemporaneamente. Nei pri-mi mesi del 1819 (è ancora in-certa la data precisa) fu prescel-to dal cardinal Guerrieri Gon-zaga, quale “perito ispettoredelle fabbriche per il Catasto diRoma”, l’ingegnere Pietro Holl;suoi collaboratori subordinatifurono altri 10 “architetti peritistimatori delle fabbriche per ilcatasto di Roma”.Le funzioni di questi periti era-no state regolate da un’appositaistruzione emanata il 22 feb-braio 1819 che si ricollegava di-rettamente al motu proprio del10 dicembre 1818, che già con-teneva le indicazioni di caratte-re tecnico sulle procedure da se-guire in questa delicata opera-zione. Il sistema era quello, giàsperimentato, di basarsi sullapigione attuale o ‘reperibile’ ca-pitalizzata in ragione di 100

scudi per ogni 8 di rendita an-nuale. Per tutti quegli edifici peri quali ciò non era possibile –chiese, ospedali, monasteri fem-minili, conservatorii, edificipubblici, tra i quali vengonoespressamente menzionati ilCollegio Romano, l’Universitàdella Sapienza e i palazzi apo-stolici, sedi di diversi uffici – sistabilì di considerare come va-lore unitario di calcolo quelloderivante dal rapporto tra lasomma dei valori di tutti gli altrifabbricati esistenti nel medesi-mo rione in cui si trovaval’edificio in questione, e la su-perficie totale occupata da que-gli stessi fabbricati: in pratica ilvalore medio per canna censua-ria quadrata. Tra gli altri edificiparticolari ricordiamo anche iteatri ed i locali di pubblici spet-tacoli, per i quali la valutazionesarebbe stata proporzionata al-l’affitto di un decennio.Proprio in relazione a questanuova operazione, più comples-sa rispetto all’elevazione dellemappe catastali, il 24 maggio1819 gli architetti Salvi e Palaz-zi erano invitati a consegnare i“brogliardi che possano averein ordine” a Pietro Holl, a cui sa-rebbero serviti a partire dal 1°giugno, data in cui era previstol’inizio delle operazioni di stimadei fabbricati (anche questeoperazioni sarebbero dovutedurare sei mesi, ma in realtà fu-rono ben più lunghe); il 27 mag-gio veniva emanata la notifica-zione con cui si invitava tutti iproprietari ed affittuari di edifi-ci esistenti in Roma a consenti-re l’accesso ai periti stimatori,della cui attività si conservanodei volumetti fitti di annotazio-ni denominati Isole Estimative.Naturalmente, trattandosi della

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prima volta in senso assoluto(per quanto riguarda la città diRoma) che veniva affrontato unlavoro così articolato ed impe-gnativo, numerosi furono i pro-blemi che i rilevatori della pian-ta e gli stimatori degli immobilidovettero affrontare e risolvere,nonostante le istruzioni apposi-tamente emanate. Vediamo al-cuni esempi generali che renda-no conto della complessità delleoperazioni collegate alla valuta-zione della stima dei fabbricati. Qualche dubbio sorse, per esem-pio, per quegli edifici non espres-samente menzionati nel motuproprio del 10 dicembre 1818 esuccessive istruzioni del 22 feb-braio e 9 luglio 1819, “costruitiper uso del sovrano, del pubbli-co e per l’ornato di Roma”, i qua-li, per loro natura, non potevanoessere valutati per mezzo dellepigioni attuali o reperibili. Talierano, tra gli altri: l’ospedale diS. Spirito, i palazzi vaticani(compresi i musei, l’archivio, labiblioteca, l’armeria), il ‘Forte diS. Angelo’, il carcere femminiledi S. Michele a Ripa, i Musei Ca-pitolini, la zecca, la Dataria, i pa-lazzi della Consulta e del Quiri-nale. Anche per questi edifici sistabilì che dovessero essere va-lutati applicando alla loro area ilvalore unitario desunto dallamedia di quello degli altri fab-bricati esistenti del rione in cuiessi si trovavano.Meno problemi dettero i “monu-menti antichi e gli avanzi dellaRomana Munificenza”, quali gliarchi trionfali, l’Anfiteatro Fla-vio, la piramide di Caio Cestio:tutti dovevano “valutarsi affattoper zero” (come poi effettiva-mente si rileva sui brogliardi).Una questione spinosissima fuquella relativa ai palazzi appar-

tenenti, come si diceva allora,alle ‘Corti Estere’: si trattavacioè dei palazzi abitati dagli am-basciatori, o comunque appar-tenenti ad alcuni Stati esteri. Es-si erano: il palazzo di Venezia,già sede degli ambasciatori dellaRepubblica Veneta, passato poiall’Austria nel 1797 in seguito altrattato di Campoformio (fig. 8);il palazzo di Spagna, nella piaz-za omonima e sede - allora comeoggi - degli ambasciatori di Spa-gna presso la S. Sede; il palazzoFarnese, sede dell’ambasciatadel Regno di Napoli (oggi diquella di Francia presso lo Statoitaliano); il palazzo della du-chessa di ‘Chablais’ (Annamariafiglia di Vittorio Amedeo III re diSardegna, e moglie di BenedettoMaria Maurizio duca di Chia-blese); il palazzo di Malta e quel-lo di Firenze, entrambi nel rioneCampo Marzio. Per tutti, il problema era il libe-ro accesso sia dei geometri peril rilevamento dei giardini e cor-tili interni, sia – in un secondomomento – degli stimatori perla valutazione degli immobili.Per tale motivo, sin dall’iniziodelle operazioni delle stime,l’ingegnere Pietro Holl era statoinvitato a “diportarsi con tuttiquei riguardi che hanno pratti-cato i signori ispettori Salvi ePalazzi, dai quali potrà su di ciòinformarsi”. Nonostante ciò, l’8gennaio 1820, Holl notificava alcardinal Guerrieri Gonzaga cheal perito stimatore incaricato dirilevare l’isola XXIV del rionePigna, comprendente “il Palaz-zo di Venezia spettante a SuaMaestà Imperiale Francesco Id’Asburgo”, non era stato con-sentito, da parte dell’ ‘incaricatod’affari’ di S. M. presso la S. Se-de, l’accesso al palazzo.

Questo ed altri simili casi venne-ro segnalati dal presidente delCenso, il citato Guerrieri Gonza-ga, al segretario di Stato cardinalConsalvi: era chiaro, infatti, cheper risolvere la questione occor-reva un deciso intervento supe-riore riguardo al quale, però, an-cora non possiamo dire moltocirca i modi ed i tempi, ma che,come si deduce dalle mappe edai brogliardi, si presume averavuto esito positivo nella mag-gior parte dei casi. I cortili e giar-dini interni dei palazzi menzio-nati risultano infatti rilevati, se-gno che i geometri rilevatori del-le mappe erano potuti entrare al-l’interno degli edifici, mentre al-trettanto non si può dire di alcu-ne proprietà estere, quali la chie-sa di S. Giacomo degli Spagnolio il complesso di S. Maria dell’A-nima spettante alla nazione teu-tonica, le cui particelle relativesono in bianco nella mappa.Per questi ed altri motivi anchele operazioni connesse con lastima dei fabbricati, al pari dellaredazione delle mappe, conside-rata la loro complessità richie-sero più dei sei mesi assegnati indata 26 maggio 1819: i lavori –da incominciare il 1° giugno –avrebbero dovuto infatti conclu-dersi il 30 novembre; in realtàessi si protrassero almeno sinoal mese di aprile del 1820.Ma non fu, questo, l’unico intop-po che si frappose ad una più ra-pida conclusione della redazio-ne del catasto urbano: un casoper certi versi analogo a quellodelle corti estere fu quello deimonasteri femminili di clausura(fig. 9) i quali, nella notificazio-ne del 27 maggio 1819 con cui siinvitavano tutti i proprietari edaffittuari di edifici esistenti inRoma a consentire l’accesso ai

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periti stimatori, erano stati espli-citamente esclusi da quest’ob-bligo. In effetti, questa era unadelle circostanze che impediva-no anche a Salvi e Palazzi di por-tare a compimento la pianta del-la città: anch’essi, infatti, nonavevano avuto la possibilità dientrare nei monasteri di clausu-ra per rilevarne le aree libere in-terne (cortili, orti, giardini)6.Così come per le corti estere siera reso necessario un interven-to superiore, allo stesso modoanche in questa circostanza sidovette ricorrere, da parte deldicastero del Censo, alla media-zione di personaggi quali il card.vicario Vincenzo Litta e i diversicardinali ‘protettori’ dei mona-steri, coloro cioè che ne curava-no gli interessi materiali, affin-ché concedessero, o richiedesse-ro alle madri superiori dei con-venti di concedere, l’opportunalicenza “ai più provetti e moraligeometri” di accedere ai mona-steri in questione per rilevarnele aree interne, “in quelle ore emodi” ritenuti più convenienti,senza che fosse disturbata laquiete e la riservatezza delle reli-giose. Per la verità, si rileva dalladocumentazione che l’ingresso,“colle debite precauzioni”, fuconcesso sempre e solo a Salvi ePalazzi, ritenuti – evidentemen-te – più idonei e discreti dei geo-metri aiutanti. Fu proprio a cau-sa di tali lungaggini, che costrin-sero i due architetti a dedicarsi apiù riprese – tra il settembre del1819 e addirittura il novembre1821 – alla rilevazione delle areeinterne dei monasteri femminilidi clausura, che le mappe di al-cuni rioni furono portate a ter-mine molto più tardi di quelle dialtri rioni.Un’altra importante operazione

condotta sul terreno fu quellarelativa alla stima e alla gradua-zione dei fondi rustici all’inter-no della città, ossia alla defini-zione del valore e del grado difertilità dei terreni in funzionedel tipo di coltivazione, della lo-ro giacitura ed esposizione etc.Si trattava, in particolare, degliorti, delle vigne (le colture piùcomuni all’interno delle mura)e dei grandi giardini che faceva-no parte delle ville, oltre ai rariincolti, che caratterizzavano so-prattutto alcuni rioni, per laprecisione: Monti, Trevi, Colon-na, Campo Marzio, Campitelli,Ripa, Trastevere e Borgo. A par-te dovevano considerarsi i giar-dini all’interno dei palazzi urba-ni e dei monasteri o, più sempli-cemente, i piccoli orti e giardiniannessi ad abitazioni private econsiderati, ai fini della stima,tutt’uno con esse.Tali valutazioni furono compiu-te da diversi periti: sappiamoche, perlomeno nel corso del1819, la stima dei fondi rusticiall’interno delle mura fu effet-tuata dall’ingegnere agrimenso-re Alessandro Ricci con l’aiutodi suo figlio Gregorio7, mentretra l’agosto 1820 e il luglio 1821il lavoro fu continuato da Giro-lamo Felici, uno dei quattro pe-riti che nel biennio 1818-1819aveva atteso all’elevazione dellemappe dell’Agro Romano.Un’operazione differente, e chedovette essere una delle ultimeprima della definitiva pubblica-zione delle mappe e dei brogliar-di (per il rione Monti si stavaeseguendo nel luglio 1822), fuquella della ‘calcolazione’, il cal-colo della superficie delle parti-celle che doveva essere condottodirettamente sulle mappe conl’ausilio della ‘reticola’8.

Contestualmente, già a partiredal gennaio del 1820, gli archi-tetti Salvi e Palazzi richiedevanoall’ingegnere Holl i brogliardidei rioni per prepararne la ‘co-pia netta’. Il modulo di questaseconda serie di brogliardi, in-vece, presenta – rispetto alla pri-ma serie – qualche voce in più,alcune delle quali inerenti la va-lutazione degli immobili esegui-te dai periti stimatori (la pigioneattuale o reperibile; l’estimo inragione dell’8% sulla pigione).

6. Le operazioni finali e la pubblicazione del CatastoCome preannunciato nell’art.16 delle istruzioni del 22 feb-braio 1819, via via che ciascunrione fosse stato definitivamen-te concluso, la mappa ed il bro-gliardo ad esso relativi sarebbe-ro andati in pubblicazione, pre-via notificazione 7-10 giorniprima della data di esposizione.I proprietari e i possessori degliimmobili avrebbero avuto a di-sposizione 40 giorni per inoltra-re ricorsi circa eventuali erroridi ubicazione, intestazione, su-perficie o estimo, dopodiché (inteoria) non sarebbe stato am-messo alcun altro reclamo.La pubblicazione delle mappe edei brogliardi dei 14 rioni si è di-spiegata nell’arco di oltre due an-ni: proprio l’ordine di pubblica-zione ci consente di conoscere,di riflesso, anche la sequenzacon cui furono conclusi i lavoriper ciascun rione. Abbiamo cosìuna prima serie costituita, nel-l’ordine, dai rioni Pigna, S. Eu-stachio, S. Angelo, Parione, Pon-te e Regola che andarono in pub-blicazione tra il febbraio el’ottobre 1820: si trattava di queirioni che al loro interno non ave-vano terreni per i quali si dovesse

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eseguire la stima e la graduazio-ne. Dopo una pausa di circa settemesi, dalla fine di maggio 1821agli inizi di luglio 1822 andaronoin pubblicazione i rioni Colonna,Campo Marzio, Trevi, Ripa, Bor-go, Campitelli, Trastevere e Mon-ti cioè quelli che non solo eranocaratterizzati da vaste aree nonedificate, per le quali si era dovu-to espletare la stima in modo di-verso rispetto ai fabbricati, maanche quelli in cui era ubicata lamaggior parte dei monasteri diclausura, il cui rilevamento – co-me si è visto – aveva notevolmen-te ritardato la conclusione dei la-vori. Il rione Monti, andato inpubblicazione il 1° agosto 1822,fu l’ultimo: in quell’occasione fu-rono concessi quattro mesi ditempo, non solo perché si tratta-va del rione più esteso, ma ancheper dare l’opportunità, a chi nonavesse potuto prima, di fare leproprie osservazioni anche rela-tivamente agli altri 13 rioni, chevennero nuovamente esposti tut-ti insieme.Naturalmente numerosi furono

i reclami, le proteste, le lamen-tele, le richieste di chiarimentiche riguardavano inesattezze divario tipo; ed in relazione a ciòcontinuarono per diversi mesile visite, le ispezioni, le perizieda parte degli ispettori per veri-ficare le erroneità segnalate edeventualmente correggerle.Finalmente, con editto della Se-greteria di Stato del 4 ottobre1823, il “nuovo Censimento deifabbricati e terreni inclusi den-tro le mura dell’alma città di Ro-ma” fu attivato, con decorrenzadal 1° gennaio 1824; contestual-mente fu ridotta la tassa sullestrade da 35 a 20 baiocchi perogni 100 scudi di valore degliimmobili, esentandone dal pa-gamento gli edifici ecclesiastici.Questa la complessa genesi delcatasto, un prodotto certamentemolto avanzato dal punto di vi-sta tecnico, pensato e realizzatoper fini essenzialmente pratici, etuttavia un’opera nella quale ilpreziosismo iconografico el’attenzione per il particolare nefanno qualcosa di più di un sem-

plice e meccanico rilevamentocatastale: una vivida immaginedella città così come essa si pre-sentava agli inizi dell’800, che ciconsente di leggerne sin nei mi-nimi dettagli i mutevoli aspettidel tessuto edilizio legati alle suecomplesse vicende urbanisti-che: dal rione di chiara impron-ta medievale, caratterizzato dalfitto intreccio di vicoli stretti etortuosi, piazzette, corti interne,passaggi coperti, scale esterned’accesso ai piani superiori degliedifici, ai regolari isolati qua-drangolari di un’area cresciutaordinatamente a partire dallametà del ‘500; dagli assi stradaliimprontati ad una ricercata re-golarità geometrica alle grandipiazze della cristianità.Un’opera che, non senza un certoorgoglio, lo stesso presidente delCenso monsignor Cesare Guer-rieri Gonzaga, in una sua sinteti-ca relazione sulle operazioni ca-tastali redatta nel 1824, definivaessere “pe’ suoi dettagli ed esat-tezza ... di gran lunga superiorealla celebrata pianta del Nolli”9.

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1 A volte si trattava del proprietario veroe proprio; in altri casi, soprattutto quan-do terreni o edifici spettavano a fami-glie nobili o ad enti ecclesiastici (chiese,conventi, confraternite), alla colonna‘possidente’ è indicato il nome di chi, avario titolo (enfiteuta, livellario, affit-tuario etc.), deteneva il terreno ol’immobile in oggetto.2 1 quadrato = 10.000 mq; 1 tavola =1.000 mq; 1 centesimo = 10 mq.3 Nel 1744, in esecuzione del chirografodi Benedetto XIV del 18 maggio 1743, fuattuata la revisione dei confini dei rionidi Roma che furono determinati in mo-do definitivo e materialmente demarca-ti mediante l’apposizione di 220 targhedi marmo, in gran parte oggi ancora esi-stenti. L’ordine dei rioni è il seguente: IMonti, II Trevi, III Colonna, IV CampoMarzio, V Ponte, VI Parione, VII Rego-la, VIII S. Eustachio, IX Pigna, X Cam-pitelli, XI S. Angelo, XII Ripa, XIII Tra-stevere, XIV Borgo.

4 Sia l’apposizione delle targhe con i no-mi delle strade e piazze della città, che lanumerazione civica degli edifici furono at-tuate tra il luglio del 1803 e l’aprile del 1804.5 Oltre a chiese, conventi, monasteri, se-minari, collegi, ospedali, teatri, carceri,edifici pubblici di vario genere, ancheper l’edilizia privata la rosa delle possi-bili voci era piuttosto ampia: palazzi,case, case d’affitto, mezzanini, botteghe(di cui a volte è specificata la tipologia),rimesse, stalle, fienili, magazzini, forna-ci «de’ vetri», mulini etc.6 Si trattava dei monasteri di S. Susan-na, dell’Annunziatina in S. Basilio, deiSette Dolori, delle Cappuccine al Quiri-nale, delle Cappuccine in S. Urbano edelle Sepolte Vive, nel rione Monti;quello delle Agostiniane in S. Marta, nelrione Pigna; quello delle Agostiniane inS. Caterina dei Funari, nel rione S. An-gelo; quelli delle Benedettine in S. Ceci-lia, di S. Giacomo alla Lungara e delleMantellate ed il conservatorio di S. Pa-

squale Baylon, nel rione Trastevere.7 Alessandro Ricci è altrimenti noto peraver redatto, tra il giugno 1793 ed il set-tembre 1796, insieme al geografo pado-vano Antonio Rizzi-Zannoni incaricatoda parte dal Regno di Napoli, le pianterelative ai confini e alle aree controver-se tra i due Stati.8 Foglio trasparente graduato e suddivi-so in quadratini (di dimensioni diversea seconda della scala) corrispondentiognuno a 10 mq (cioè un ‘centesimo’, siveda nota 3). Sovrapponendo la reticolasulla mappa era possibile calcolare lasuperficie di ciascuna particella.9 Le mappe del catasto urbano di Roma,sia pure con tutte le aggiunte, i rifaci-menti e gli aggiornamenti conseguentialle rilevanti trasformazioni subìte dal-la città a partire dal 1870, sono state uti-lizzate sino al 1952, anno in cui è anda-to in conservazione il Nuovo CatastoEdilizio Urbano: Salvi e Palazzi posso-no essere fieri della loro opera!