IL CASTELLO URSINO E I MUSEI DI CATANIA NEL XX … · 51 Il Comune di Catania aveva fatto di tutto...

26
49 (Pubblicato su “Ricerche” a. X n. 1 Gennaio-Luglio 2006 pp. 49-102) IL CASTELLO URSINO E I MUSEI DI CATANIA NEL XX SECOLO di Alvise Spadaro alla memoria di Mario Sipala e Corrado Dollo Per l’inaugurazione del più antico museo catanese in attività, trofei, bandiere, tendaggi bianchi e rossi e un palco capace di 300 posti a sedere. Era il 30 luglio del 1858 e s'inaugurava l’Orto botanico dell’Università voluto da Tornabene Roccaforte, benedettino docente di botanica dell’Università di Catania e ampliato due anni dopo con un’area destinata alla coltivazione delle specie spontanee, grazie ad una donazione del catanese Mario Coltraro. Poi la città raggiunse così rapidamente l’impianto che non fu possibile alcun’altra espansione. Con ingresso gratuito su via Antonino Longo, sorge su un impianto che risale al 1788, e che ha mantenuto la sua struttura ottocentesca estesa per una superficie di circa mq 16.000. non suscettibili d'ampliamento. L’edificio porticato in stile neoclassico opera dell’architetto Distefano occupa il centro dell’area. L’Orto Generale di tredici piccole serre, una delle quali contiene le piante grasse della collezione del dr Gasperini; una serra caldo-umida per la riproduzione delle palme, una cinquantina di specie, e per la coltura di piante esotiche; tre vasche circolari per la coltivazione di piante acquatiche. Vi era anche una grande serra, detta Tepidario che fu demolita in seguito ai danni subiti durante l’ultimo conflitto mondiale. L’Orto Siculo di mq. 3.000 realizzato verso il 1887, ha esemplari provenienti da tutta l’Isola e specie esotiche da lungo tempo coltivate in Sicilia. Al centro dell’Orto botanico vi è un erbario con funzione di documentazione storica: vi sono custoditi, in ottanta armadi, complessivamente 150.000 fogli (la raccolta più antica è costituita da due volumi della fine del Seicento). Un’oasi nella città, ma anche metaforica nel contesto dei musei che percorrerà il Novecento con una storia travagliata e a volte dolorosa. Nella seduta del 17 settembre 1903, il vice presidente della Società di Storia Patria denunciava che non era stata ancora avviata alcuna pratica per la cessione del Castello Ursino dallo Stato al Comune di Catania e, agli inizi del successivo anno, la Società votava un ordine del giorno con il quale si sollecitava l’intervento dell'Amministrazione comunale per ottenerne la concessione. Il Soprintendente alle antichità della Sicilia, fece valere la sua autorevolezza nella questione proponendo che il Castello, opportunamente restaurato, fosse destinato a museo civico.

Transcript of IL CASTELLO URSINO E I MUSEI DI CATANIA NEL XX … · 51 Il Comune di Catania aveva fatto di tutto...

49

(Pubblicato su “Ricerche” a. X n. 1 Gennaio-Luglio 2006 pp. 49-102)

IL CASTELLO URSINO E I MUSEI DI CATANIA NEL XX SECOLO di Alvise Spadaro

alla memoria di Mario Sipala e Corrado Dollo

Per l’inaugurazione del più antico museo catanese in attività, trofei, bandiere, tendaggi bianchi e rossi e un palco capace di 300 posti a sedere. Era il 30 luglio del 1858 e s'inaugurava l’Orto botanico dell’Università voluto da Tornabene Roccaforte, benedettino docente di botanica dell’Università di Catania e ampliato due anni dopo con un’area destinata alla coltivazione delle specie spontanee, grazie ad una donazione del catanese Mario Coltraro. Poi la città raggiunse così rapidamente l’impianto che non fu possibile alcun’altra espansione. Con ingresso gratuito su via Antonino Longo, sorge su un impianto che risale al 1788, e che ha mantenuto la sua struttura ottocentesca estesa per una superficie di circa mq 16.000. non suscettibili d'ampliamento. L’edificio porticato in stile neoclassico opera dell’architetto Distefano occupa il centro dell’area. L’Orto Generale di tredici piccole serre, una delle quali contiene le piante grasse della collezione del dr Gasperini; una serra caldo-umida per la riproduzione delle palme, una cinquantina di specie, e per la coltura di piante esotiche; tre vasche circolari per la coltivazione di piante acquatiche. Vi era anche una grande serra, detta Tepidario che fu demolita in seguito ai danni subiti durante l’ultimo conflitto mondiale. L’Orto Siculo di mq. 3.000 realizzato verso il 1887, ha esemplari provenienti da tutta l’Isola e specie esotiche da lungo tempo coltivate in Sicilia. Al centro dell’Orto botanico vi è un erbario con funzione di documentazione storica: vi sono custoditi, in ottanta armadi, complessivamente 150.000 fogli (la raccolta più antica è costituita da due volumi della fine del Seicento). Un’oasi nella città, ma anche metaforica nel contesto dei musei che percorrerà il Novecento con una storia travagliata e a volte dolorosa.

Nella seduta del 17 settembre 1903, il vice presidente della Società di Storia Patria denunciava che non era stata ancora avviata alcuna pratica per la cessione del Castello Ursino dallo Stato al Comune di Catania e, agli inizi del successivo anno, la Società votava un ordine del giorno con il quale si sollecitava l’intervento dell'Amministrazione comunale per ottenerne la concessione. Il Soprintendente alle antichità della Sicilia, fece valere la sua autorevolezza nella questione proponendo che il Castello, opportunamente restaurato, fosse destinato a museo civico.

50

Il progetto di tale destinazione è documentato sin dal 1904, infatti una nota pubblicata dall’A.S.S.O. (Archivio Storico per la Sicilia Orientale) riferisce: “Sono iniziate le pratiche fra il Comune di Catania e il Governo per la retrocessione alla città del Castello Ursino, che s’intende restituirlo alla sua primitiva forma e farne un gran museo e un conservatorio di tutti i nostri archivi.” Così il castello avrebbe custodito due grandi raccolte formatesi nel Settecento. Quella dei Benedettini e quella del principe Biscari. Il Museo dei Benedettini, formatosi sotto l’impulso animatore di Vito Amico e Placido Scammacca, era pervenuto al Comune nel 1868, in seguito alla soppressione delle corporazioni religiose. Era composto di cinque spaziose stanze del monastero di San Nicola l’Arena, con gli oggetti suddivisi per argomento: archeologia, storia naturale, manufatti medievali, armi da fuoco, reperti etnografici, iscrizioni greche e latine, mosaici, cammei, collezione malacologica e mineralogica. Un museo ammirato solo da Byron e che il conte de Borch, nella sua visita del 1776 giudica abbastanza trascurato e senza granché di veramente pregevole, come farà nove anni dopo Münter e successivamente Goethe e gli altri illustri visitatori del Settecento e dell’Ottocento. Anche il conte Carlo Castone, sul finire del Settecento, trova il museo in gran disordine, coi vetri delle bacheche così sporchi da non potervi vedere attraverso. Fra i quadri non individua che pochi originali. Ritiene la miglior tela una Deposizione di Cristo che attribuisce a Caravaggio e che ritroviamo elencata, con la stessa attribuzione, in una guida di Catania del 1899. Ma anche alla vigilia del primo conflitto mondiale, non si poteva entrare nelle sale del museo senza provare una stretta al cuore: una gran confusione, così che la Facoltà di Lettere aveva chiesto al Comune l’autorizzazione alla gestione gratuita dell’istituzione: Ai quadri, pervenuti perlopiù da chiese catanesi, il Comune aggiungerà 123 opere che aveva ereditato nel 1826 da G. B. Finocchiaro e che aveva dovuto subito disperdere perché allora non si riuscì a trovare un edificio abbastanza grande da poterle contenere tutte. Infatti, a quell’epoca, gli uffici municipali erano solo al primo piano del palazzo comunale, perché l’ultimo piano era ancora incompleto e il piano terra ospitava, oltre che i vigili urbani, anche gli uffici postali e una scuola elementare. Quindi i dipinti che non trovarono posto al primo piano, forse a cominciare da quelli stimati di minor valore, finirono con l’essere trasferiti, negli anni, chissà dove. E così il museo dei Benedettini portava al Castello Ursino anche una pinacoteca che annoverava opere, tra le altre, di De Saliba, Novelli e Stomer, incrementata nel 1913 da alcune tele di Michele Rapisardi, donate dal fratello.

Il Museo Biscari, invece fu aperto nel 1758 nel palazzo del principe alla marina. Un’iniziativa di stampo prettamente illuminista di Vincenzo Paternò Castello, che restituiva a Catania il ruolo di Atene Sicula. Brydon nel 1770 cominciò la visita alla città proprio con questo celeberrimo museo e ricorderà di non aver mai visto una raccolta d’antichità così grande. Al Münter la visita al museo provocherà stupore e commozione: Goethe ne rimarrà ammirato. Dodici sale, tre gallerie e tre atri con numerosi bronzi, grandi statue, busti ed iscrizioni greche e latine, grandi crateri greco-siculi istoriati e altri vasi di minor grandezza, statue fittili e raccolte mineralogiche, vulcanologiche, malacologiche, zoologiche e armi antiche e più di diecimila monete: quattrocento d’oro e la maggior parte d’argento. Carlo Castone, trattando del museo e del monetario scriverà. “Converrebbe tessere un grosso volume per descriverlo degnamente...vidi eziandio il copiosissimo medagliere e per ben tre ore feci passare in rivista le medaglie della Sicilia”. Ma già nel 1818 de Gourbillon trovò la raccolta in gran disordine e, meno di trent’anni dopo, la collezione delle monete non era più visibile e il museo inaccessibile al pubblico a causa della contestata proprietà.

51

Il Comune di Catania aveva fatto di tutto per rilevarne appunto la proprietà e infatti il secolo finisce con un contenzioso con gli eredi, a fasi e risultati alterni, che si conclude con la minaccia di una vendita all’asta che avrebbe disperso gli oggetti appartenenti al museo. Il Governo si offrì di finanziare il diritto di prelazione ma, dal 1927, seguendo l’esempio di Roberto Paternò Castello che donò la sua quota, i più cedettero anche la propria al Comune che poté così facilmente acquistare le rimanenti. Mancavano però l’armeria e il monetario, venduti dagli eredi già da qualche tempo.

Intanto lo Stato italiano concedeva il Castello Ursino al Comune di Catania per la durata di ventinove anni, concessione rinnovabile, e quindi definitiva. Si cominciò ad occupare così l’edificio con le casse contenenti gli oggetti riscattati del museo Biscari e quelle del museo dei Benedettini. Occupazione strategica, vano dopo vano, riducendo così poco a poco gli spazi ancora occupati dai militari per indurli ad affrettare l’abbandono definitivo di quella che era stata la loro caserma: utilizzazione che risaliva addirittura al Settecento. Il trasloco si concluse nel luglio 1930, ma i lavori di restauro previsti, presto iniziati, restarono fermi per tre anni, a causa d’impedimenti burocratici e per “lassismo” dell’impresa appaltatrice. Ripresi il 21 novembre 1932 con cinquanta operai si chiusero il 18 ottobre 1934, cioè due giorni prima dell’inaugurazione, con un totale di spesa di seicentosessantasettemila lire. A lavori ultimati, nel piano terra erano stati sistemati i reperti archeologici con le statue classiche; nel piano superiore le pitture del Quattrocento e bronzi del Rinascimento; nelle sale del secondo piano le pitture cinquecentesche e seicentesche; nel gran salone e bel vano superiore le opere dell’Ottocento. Guido Libertini, direttore dell’istituto universitario di Archeologia oltre che primo direttore del museo, fu appassionato animatore dell’iniziativa che vedeva unificata la collezione del principe Biscari, della quale aveva pubblicato un monumentale catalogo, con quella dei Benedettini e dell’Antiquarium Comunale, nonché esauriente relatore della commissione, preposta ai lavori di restauro, che comprendeva anche Francesco Fichera, Sebastiano Agati, Giuseppe Mancini ed Ercole Fischetti.

Il museo civico di Castello Ursino è così inaugurato nel piovoso 20 ottobre 1934 alle ore 15 e alla presenza di Vittorio Emanuele III: un ritorno a Catania dopo soli quattro anni per il sovrano che il 5 Maggio del 1930 aveva inaugurato il Museo Civico Belliniano. La modesta casa dove era nato Vincenzo Bellini, tre vani nel mezzanino del palazzo Gravina Cruyllas, diventava museo grazie anche ad una sottoscrizione promossa dalla stampa nazionale che ne consentì il riscatto e l’acquisto dell’arredamento museale, dopo il fallimento del campanilistico tentativo promosso da Giovanni Verga di circoscrivere l’iniziativa all’esclusiva sensibilità dei Catanesi. Effetto della passione che il gran compositore suscita ancora adesso nel mondo, non solo nei suoi ammiratori che oggi non fanno mai mancare un fiore sulla sua tomba, ma anche negli altri grandi musicisti tra i quali, oltre Wagner, si deve annoverare Chopin che, in punto di morte, chiese ed ottenne, anche se per soli ventisette anni, di essere seppellito accanto al Catanese. Quello spazio striminzito era già colmo d’ogni sorta d’oggetti gli si potessero riferire direttamente o anche indirettamente. Vetrine con lettere, manifesti teatrali, strumenti musicali appartenuti ai suoi familiari o a lui stesso, suoi ritratti o d’amici e dei primi interpreti delle sue opere, scene e locandine del tempo, ricordi personali, autografi musicali, onorificenze. Passione per Bellini che travalicava l’orrido: nelle vetrine, assieme al trapano utilizzato per la reimbalsamazione, alcuni reperti organici trafugati da alcuni dei medici che la eseguirono e poi donati al museo dagli eredi: capelli staccati dalla parte occipitale del capo, una falangetta e persino peli del petto. Vere e proprie reliquie. Vi si annetterà una biblioteca con tutte le edizioni antiche e moderne delle opere e dei libretti, trascrizioni e partiture e poi le biografie, le critiche teatrali e i giornali del tempo.

52

Oltre che del museo di Castello Ursino, il 1934 è anche l’anno di fondazione del Museo dello Studio, il meno conosciuto e illuminato museo catanese. Due stanzette vicino ai locali del rettorato: cinque stracolme bacheche senza troppe didascalie e con documenti e cimeli relativi alla storia del Syculorum Gymnasium, medaglie, sigilli, pergamene e diplomi di laurea, anche miniati, dal Settecento all’Ottocento. Ritratti d’uomini illustri catanesi e dei più insigni professori, con frammenti del grande affresco che copriva la volta della biblioteca. Più tardi, nel 1937 dopo una mostra a palazzo Biscari, si era costituito il Museo del Risorgimento nel vestibolo del primo piano del palazzo comunale. Documenti storici, ritratti, lettere autografe, costumi, armi, proclami. Alcune tele di tema risorgimentale, come Peppa ‘a cannunera di Sciuti o ritratti di Gandolfo, temporaneamente sottratti al museo civico di Castello Ursino, oppure date in deposito temporaneo dall’Università. Tutto bruciato nell’incendio doloso appiccato al municipio sette anni più tardi, che incenerì anche l’archivio comunale. Tutto bruciato o comunque disperso, perché nei giorni immediatamente successivi, furono visti giocare per strada alcuni monelli con vecchie armi e kepì, trafugati prima che appiccassero l’incendio. Nel 1938 il Museo di Castello Ursino, che già aveva acquisito la donazione d’alcuni quadri dipinti dal Gandolfo, riceve ventitré dipinti sette-ottocenteschi, legato testamentario dell’ing. Francesco Mirone. E dopo la stasi, la tragica parentesi bellica si conclude con un’altra donazione: nel 1946 entra a far parte del museo la collezione del barone Giuseppe Zappalà Asmundo, ossia quarantasei dipinti con opere di Palizzi, Morelli e Michetti, 7527 incisioni da Dürer a Stefano della Bella e alcuni oggetti d’arte, tra i quali, due violini attribuiti all’Amati, vasi giapponesi, figurine di Sévres e di Capodimonte. L’anno successivo il museo acquisisce, per legato testamentario, undici quadri appartenenti all’ing. Natale Balsamo, tra i quali opere di Delleani, Fontanesi ed Induno. I danni alle opere d’arte causati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale furono incalcolabili: al Castello Ursino si dovette provvedere, previo consolidamento e ricostruzione di alcune parti strutturali, a ricoprire tempestivamente tre saloni che erano stati scoperchiati, mentre i telai delle finestre furono riparati in modo provvisorio e rimasero a lungo senza vetri.

Il 21 ottobre 1949, in occasione del VI Congresso nazionale, è inaugurato al Palazzo delle Scienze, il Museo di Mineralogia dell’Università di Catania, giudicato al suo nascere uno dei migliori d’Italia. Nei grandi scantinati del palazzo, vetrine e bacheche con l’antica collezione proveniente da diverse parti del mondo: bombe dell’eruzione di Santorino (1866-70), della Martinica (1902-03) e di Vulcano (1889); e poi grossi cristalli di gesso delle solfare siciliane e anelcmi dell’isola Lachea e dei Ciclopi; i migliori esemplari dei minerali, secondo la classificazione del Dona; minerali etnei e pre-etnei, del Somma-Vesuvio, di Palagonia, del Lazio, della zona metallifera dei Peloritani e la roccia asfaltica di Raddusa coi fossili e una ricca collezione petrografica del Krantz. E infine salgemma delle miniere siciliane e ossidiana di Lipari e celestiti e aragoniti e dispari e agate e marmi di Trapani, Taormina e altre località, con oltre 320 cubetti ricavati dalle più caratteristiche rocce dell’Etna e dei vulcani estinti del Val di Noto, levigati in una faccia per farne apprezzare il pregio come elementi decorativi in architettura. Rilevante il plastico che riproduce l’Etna del Sartorius von Waltershausen.

Il 1953 è l’anno della scomparsa del primo direttore onorario del Museo Civico di Castello Ursino e, dopo questa data non sono molte le acquisizioni da parte dell’Amministrazione comunale per i musei catanesi. Nel 1958 quattro lettere autografe di Vincenzo Bellini, cinque bigliettini del medico che lo ebbe in cura e che si riferiscono alle ultime ore di vita, una poesia in onore del musicista, una circolare inviata all’orchestra per le onoranze funebri, la nota delle spese sostenute per la sepoltura. Nel 1961 e nell’anno successivo, due dipinti di Natale Attanasio.

53

Intanto il 5 marzo 1960, con delibera del Consiglio comunale, è istituita a Catania la Casa

Verga, abitazione in cui lo scrittore visse a lungo e dove morì. Bene dotale di otto vani, al secondo piano dell’edificio di via Sant’Anna della madre Caterina Di Mauro Barbagallo, già da vent’anni monumento nazionale. L’iniziativa non ebbe alcun seguito e anche quando i Consigli comunale e provinciale, dopo quattordici anni, si decideranno ad approvare lo schema dell’atto costitutivo e lo statuto della Fondazione, la Commissione regionale finanza locale eliminerà la spesa prevista dai due bilanci e la Casa ripiombò nella desolazione, nell’incuria e nell’umidità.

Nel 1967 la signora Maria Brizzi de Federicis dona alla città cinquantadue dipinti di Natale Attanasio che pervengono da Roma l’anno successivo. Non si può fare a meno di notare che tra le condizioni poste dalla donatrice, parente del pittore, si legge: “...siano sistemati nel Museo Civico o in qualche Pinacoteca di codesta Città, in modo che essi siano perennemente ospiti al pubblico. 3) Che nella sala in cui verranno sistemati i dipinti venga apposta una targa...”. La signora Brizzi de Federicis non conoscendo la realtà catanese, nel riferirsi a museo civico o pinacoteca intendeva certamente o questa o quello per l’insieme dei quadri, tant’è che al successivo punto “3)” parla della sala in cui verranno sistemati da quell’unico locale. Invece nella delibera di accettazione del dono da parte del Comune la “o” diventa “ed” e si legge: “...b) disporre che dette tele siano convenientemente sistemate al Museo Civico ed in altri luoghi aperti al pubblico...”. Ossia da utilizzare possibilmente anche come arredamento di pubblici uffici. Si tratta di un periodo particolare per la storia del Museo Civico di Castello Ursino, un periodo critico le cui vicende saranno rese note soltanto tredici anni dopo, quando si parlerà di “scandaloso delitto culturale con la compiacenza e il silenzio di tutti”. Per ora qui conviene ricordare che quando venne istituito il museo si convenne che ci fosse un direttore onorario designato dall’Università e un ispettore scelto dal Comune: se il primo era uno storico, il secondo doveva essere un archeologo e viceversa. Primo direttore fu un archeologo e così il Comune di Catania nominò ispettore uno storico, ma con la morte dell’archeologo, nel 1953 come si è detto, rimase a lungo solo lo storico nominato dal Comune il quale insistette perché il posto di direttore fosse affidato ad un funzionario comunale il quale, a sua volta con la collocazione in quiescenza dello storico, dal 1968 rimase unico responsabile del museo civico di Castello Ursino. Nel 1970 la direzione di ruolo fu assunta da un archeologo dell’Università di Catania, ma quattro anni dopo si bandisce un concorso per il conferimento del posto, carriera direttiva, parametro 280: cinque candidati ammessi, ma concorso non espletato. Il 6 maggio 1977, il direttivo della Società di Storia Patria, seguìto pochi giorni dopo dall’Università di Catania, approva l’atto costitutivo della Fondazione Verga. Le famose “27.000 carte verghiane” acquistate dalla Regione vengono consegnate alla Biblioteca regionale universitaria dove il direttore provvede a disporre la loro catalogazione e riproduzione per metterle subito a disposizione degli studiosi. La Società di Storia Patria e l’Università istituiscono, con atto pubblico, la Fondazione Verga e così iniziano le pratiche per l’acquisizione della Casa Verga che si realizza con atto rogato il 23 gennaio 1980. La Regione che assume la proprietà affida l’immobile e il suo contenuto alla custodia della Soprintendenza ai beni architettonici di Catania.

54

Intanto nel 1978, in seguito ad un contenzioso giudiziario con gli eredi del pittore Giuseppe Sciuti, l’Amministrazione comunale delibera l’acquisto di nove grandi tele dell’artista che si trovavano già in suo possesso. Il 27 gennaio 1979 si dimette il direttore del Museo Civico di Castello Ursino, subito sostituito dall’Amministrazione comunale con un funzionario dell’Autoparco (sic), mentre bandisce un altro concorso che non verrà espletato, almeno fino al marzo del 1981. In tale anno, dopo nove anni di gestione del museo e a due dalle dimissioni, il direttore uscente rivela inquietanti particolari sulla troppo disinvolta amministrazione del patrimonio culturale custodito nel museo che dirigeva. Dall’esame dell’inventario, cui si è già accennato, compilato dal suo predecessore, si era reso subito conto che numerosi oggetti mancavano perché dati in affidamento però, non solo senza il rispetto delle norme prescritte, ma addirittura, in moltissimi casi anche senza verbali di consegna. Malvezzo al quale già vanamente si era opposto il direttore interinale del museo che aveva ottenuto dal sindaco l’ordine di servizio n.37 del 30.4.69. Le norme dell’affidamento, infatti prescrivono: la richiesta del sindaco, la conseguente autorizzazione e inoltro al direttore del museo che richiederà il nulla osta dell’assessorato regionale e, dopo il relativo benestare ci si scambiano i verbali di consegna e di accettazione corredato dalle foto dell’opera data in affidamento. Ma la troppo disinvolta gestione, come denuncerà l’ex direttore, risaliva agli anni Cinquanta. Infatti già nel 1952 il Comune aveva chiesto ed ottenuto un bassorilievo del Quattrocento raffigurante sant’Agata per collocarlo nel cortile del municipio; c’è una lettera autografa, datata 1954 e a firma dell’allora ispettore onorario in cui è scritto testualmente “questo museo si onora di cedere in deposito alla Prefettura di Catania” alcune preziosissime statuette, probabilmente bronzetti rinascimentali “che possono essere nascosti anche sotto una giacca” Nel 1960 poi, il responsabile del museo nel compilare il catalogo, cui si è fatto cenno, aveva omesso di elencare le 7527 stampe ed i dipinti della collezione donata dal barone Zappalà Asmundo, nonché alcuni dipinti di valore donati nel 1827 dall’avvocato Giovanni Battista Finocchiaro, nonché altre tele di provenienza incerta. E che dire dei doni fatti qualche anno più tardi dall’Amministrazione comunale alla città di Grenoble in occasione del gemellaggio, prelevandoli molto disinvoltamente dal patrimonio di Castello Ursino: due vasi da vino e un vaso per unguenti di età ellenistica e una lucerna di tipo attico del V secolo a. C.? Aveva contato, il direttore dimissionario, un ammanco di novantacinque pezzi donati in affidamento o deposito e così elencati sul quotidiano: “Il Comune di Catania ha fatto la parte del leone: ha preso una decina di grandi pitture dello Sciuti e dell’Attanasio e una quindicina di bronzetti rinascimentali, piccoli ma preziosissimi, oltre ad un paio di sculture del primo secolo. La Prefettura non è stata da meno: una ventina di quadri dell’Attanasio, uno dei più grandi pittori della seconda metà dell’Ottocento, un paio di armature, alcune antiche sculture e un paio di capitelli del XVIII secolo, tanto per gradire. La Commissione Provinciale di Controllo da parte sua ha ‘accettato’ i soliti quadri dell’Attanasio (quattro). Il Liceo Musicale ‘Vincenzo Bellini’ una decina di pitture di vari autori, e persino la Procura della Repubblica, l’Università e il Comando dei Carabinieri hanno avuto in affidamento altre opere”. Durante la sua gestione, tutto questo non solo non sarebbe accaduto, ma l’ex direttore si sarebbe preoccupato di recuperare gli oggetti dispersi incontrando forti resistenze ovunque tranne che presso il Comando dei carabinieri; anzi, quando il viceprefetto in persona si era recato al museo per prelevare alcuni oggetti, fu cacciato in malo modo e fuggì letteralmente inseguito dalle sue urla. Informata subito la Soprintendenza alle gallerie di Palermo spedì una diffida al Prefetto, il quale offeso impedì al direttore del museo di entrare nella sua residenza privata e si rifiutò di restituire le opere di proprietà del museo avute in affidamento che vi si trovavano. E poi era rimasta l’usanza per la quale con il solo assenso del Comune, la sede che ospitava il museo veniva utilizzata in modo estemporaneo per comizi elettorali con relativi banchetti, serate danzanti, mostre di manifesti, recital di poesie dialettali. Tutto con uso gratuito del telefono.

55

E così aveva rassegnato le dimissioni da questo “bivacco a mezzo tra la trattoria e il dancing”. Ma mentre minacciava tali dimissioni, che avrebbe rassegnato l’anno successivo, l’assessore comunale alla pubblica istruzione aveva offerto l’incarico, però senza retribuzione, ad un accademico, uno dei più noti e popolari esponenti della cultura catanese, il quale accettò subito, ma ponendo tra le poche ragionevolissime condizioni “il legale recupero delle opere d’arte mancanti”. La lettera ufficiale d’incarico non arriverà più: “Sarà stato perché io avevo messo nelle condizioni la restituzione delle opere al museo e perché conoscendo il mio carattere, si sapeva che le avrei fatte restituire, a costo di andare personalmente a ritirarle?” Il sindaco replicherà che gli oggetti furono dati in affidamento solo perché delle ventotto sale del Castello Ursino soltanto nove sono ormai aperte al pubblico per l’inagibilità di alcune, di transito per gli altri locali. Intanto si propone di stipulare una convenzione con l’Università per la gestione del museo e iniziano sopralluoghi per programmare saggi tecnici necessari per restituire al Castello Ursino la totale agibilità, precisando che i tempi tecnici non dovrebbero superare i sei mesi e si formula un “regolamento di massimo rigore” per la tutela delle opere d’arte e dei cimeli. Si cerca di aprire alcune sale ai visitatori attirati a Catania dalla mostra su Antonello da Messina che avrà luogo a San Nicola l’Arena. Si fanno proposte per l’agibilità provvisoria o definitiva. I primi sopralluoghi registrano che il Castello Ursino è inagibile dal 1969. La sala Zappalà Asmundo e tutta l’ala destra sono pericolanti a causa di fenditure visibili nella travatura di sostegno. Il fossato è diventato una grande discarica di rifiuti: vi sono anche carcasse di automobili. L’odore è insopportabile. I turisti che non possono entrare nel museo si soffermano nella piazza e restano spesso vittime degli scippatori. Sembra che si vogliano iniziare i lavori, ma ad agosto del 1982 le ditte fornitrici saranno chiuse per ferie e trascorrerà molto, molto più di un mese, prima che si pianti un chiodo. In questo stesso inizio di 1981, il direttore dell’Accademia di belle arti aveva proposto al Comune di Catania l’organizzazione di una mostra di Emilio Greco, illustre Catanese celebrato ed onorato in tutto il mondo, ma dimenticato dalla sua città verso la quale invece lo scultore nutre particolari sentimenti di affetto filiale, tant’è che si dichiara lieto di allestirvi una mostra antologica. Emilio Greco, non molto tempo prima, aveva donato le sue opere al museo di Orvieto, città nella quale aveva realizzato le già famose porte del duomo, ed è sincero il suo rammarico quando, alla vigilia della mostra catanese affermerà che se l’invito gli fosse stato rivolto qualche anno addietro, forse quelle opere “avrebbero potuto prendere un’altra direzione”. Il sindaco gli propone una mostra permanente dell’opera antologica, ma lo scultore ribadisce che ha donato tutto ad Orvieto e poi, come scusandosi, si offre di donare una sala di grafica, di incisioni e di disegni. Per le sculture, dopo l’operazione alla mano destra, a causa di un’artrosi incurabile. La mostra di Emilio Greco si farà al Castello Ursino, dove ancora non sono iniziati i lavori. Comprende trentotto sculture e 130 opere di grafica. Lo si invita troppo tardi anche ad eseguire una grande opera per una piazza della sua città. Greco avrebbe scelto la sua ultima Memoria dell’estate così afferma, poi aggiunge che un esemplare vive già tra gli alberi di una città straniera. E probabilmente questo significa che la aveva eseguita pensando alla sua città. A seguito di un telegramma dello scultore che si impegna a formalizzare la donazione entro la primavera del 1983, il sindaco risponde assicurandogli che una sala del Castello Ursino sarà dedicata perennemente alle sue opere. Intanto la Commissione provinciale di controllo aveva bocciato la delibera n. 8801 del 9.1\2.81 per la mostra di Emilio Greco “a causa delle spese immotivate e ingiustificabili” e di conseguenza l’Amministrazione dovrà reiterare l’atto per renderlo legittimo.

Agli inizi degli anni Ottanta un professionista catanese offre al Comune la sua raccolta ornitologica come nucleo fondante di un Museo di Storia Naturale “per favorire la ricerca scientifica, la pubblica istruzione e lo sviluppo turistico”, seguìto più tardi da un altro professionista che offre la propria collezione malacologica.

56

Il direttore dell’Istituto policattedra di biologia animale dell’Università di Catania relazionò sull’utilità scientifica e culturale dell’operazione e si dichiarava disposto ad aggiungere alle due donazioni tutte le collezioni dei rispettivi istituti che ormai avevano solo una funzione marginalmente didattica. La proposta viene rilanciata dalla delegata del WWF per la Sicilia orientale e dall’Istituto di Scienze della Terra dell’Università catanese e, in considerazione del fatto che il realizzarsi di tale aspettativa non richiedeva che la disponibilità di locali, il sindaco dichiara che la realizzazione prevede “tempi brevissimi”. I locali proposti del Sacro Cuore in via Etnea, sono giudicati ottimi e così il museo catanese sarebbe l’unico del genere in tutto il Meridione e nelle Isole. Invece due anni dopo è ancora tutto fermo: il Comune sta ancora trattando il prezzo di acquisto dell’immobile che, frattanto è raddoppiato. Per sottolineare il valore scientifico e l’importanza del museo di Storia naturale, il Gruppo astrofili catanesi organizza un convegno nazionale al quale dà subito la propria adesione il direttore del Planisfero di Milano e via via illustri astrofisici e naturalisti. Davanti a questo gotha scientifico il sindaco confermerà il suo impegno per la realizzazione del museo di Storia naturale con annesso planetario. Due anni dopo l’ultimo sopralluogo a Castello Ursino, nel Maggio 1984, a cura degli Istituti di scienza e tecnica delle costruzioni, vengono eseguite le prove di carico: delle tante proposte fatte, nessuna trasformata in progetto esecutivo neppure quella che comportava una minima spesa per poterlo riaprire in occasione della mostra antonelliana. I nove custodi restano attorno alla stufa perché manca il riscaldamento e tutti gli altri impianti sono insufficienti, anche i sistemi di sicurezza del tutto assenti, mentre le polizze assicurative di incendio e furto sono state stipulate per cifre inadeguate. Solo alcune sale del piano terra sono visibili; la scala di accesso al piano superiore è inagibile, nel salone dei Parlamenti mancano le previste uscite di sicurezza; il solaio della sala successiva è pericolante; la copertura di tegole è quasi inutile: le bacheche e le vetrine sono senza protezione: le vibrazioni trasmesse al solaio dal rumore dei mortaretti sparati durante una festa di quartiere avrebbero mandato in frantumi il coperchio di vetro di una vetrina che, cadendo avrebbe danneggiato una preziosa porcellana che vi era contenuta. Quadri accatastati sui pavimenti e avori ammucchiati in vetrine semiaperte. I famosi tarocchi del Quattrocento contenuti in una bacheca appoggiata ad un muro umido, infilzati da puntine da disegno che si sono anche arrugginite. Ma ancora non si muove foglia e non accadrà nulla nemmeno nel successivo anno, quando si parlerà di un itinerario arabo-normanno-svevo-aragonese e si chiederà alla Regione un progetto esecutivo. Addirittura si viene a sapere che le opere di ristrutturazione non si sono potute eseguire per la mancanza del legname a Catania! Intanto il Comune precisa che i lavori di restauro erano stati affidati alla Soprintendenza già dal mese di Gennaio 1985. Ma ancora nulla, neppure l’anno successivo.

Nel 1984 il problema principale del Museo Civico Belliniano rimane quello dello spazio oltre che della mancanza di sistemi di sicurezza, insufficienza di impianti e quant’altro si è riscontrato per gli altri musei. Solo che il museo civico Belliniano, bene o meno bene, è visibile quasi tutti i giorni ed è molto frequentato e non solo dalle scolaresche. L’Amministrazione comunale promette che potrà espandersi nei locali del piano superiore, attualmente adibiti ad Ufficio leva e pensioni. Vi potrà trovare collocazione e funzionalità tutto il raro materiale discografico ammassato in alcuni armadi e si potrà riorganizzare la biblioteca annessa al museo. L’Amministrazione comunale afferma che “sta facendo i passi necessari”.

La Casa Verga restaurata verrà aperta ai visitatori il 26 Ottobre 1984. L’ultima volta era stata aperta al pubblico per l’esposizione della salma dello scrittore.

57

Nella casa-museo un salotto con quattro bacheche, un busto delle scrittore, la sua scrivania e sei librerie in noce. Contengono più di 2500 volumi: Capuana, Deledda, Di Giacomo, Marinetti, Villaroel, D’Annunzio, Zola, Flaubert, Tolstoj, Dostoevskij, Maupassant. Poi un letto, un armadio pieno di abiti d’epoca, una specchiera e due poltrone. Poi ancora un salottino e un’altra stanza da letto. Cimeli, quadri, foto. La sala da pranzo semplice, collegata alla cucina al piano di sopra con uno scendivivande. A Natale dello stesso anno il Comune ha finalmente acquistato il Sacro Cuore, destinato a Museo di Storia Naturale e Planetario e invece l’Assessore Comunale al Patrimonio consegna le chiavi dell’immobile al direttore del Liceo musicale. Solo alcuni locali del piano terra, se ritenuti idonei, potranno ospitare il museo. Non se ne farà nulla perché i locali si riveleranno troppo pochi e non adatti ad ospitare un Museo di Storia Naturale. L’Amministrazione comunale precisa poi che a differenza del Liceo musicale, il rettore dell’Università aveva dimenticato di trasmettere una richiesta ufficiale per l’utilizzazione dei locali del Sacro Cuore, ma in ogni caso, quando si sarebbero liberati gli altri locali occupati da precedenti affittuari, si potrebbero assegnare al museo. Intanto il collezionista che voleva donare al Comune di Catania, per il museo di Storia Naturale la sua collezione ornitologica, la espone a Villa San Saverio e comunica di essere in trattativa con il Comune di Randazzo per la vendita, mentre l’altro collezionista che avrebbe donato la sua raccolta malacologica, la ha già venduta al Comune di Milano. Di tanto in tanto quando si riparlerà del Museo di Storia Naturale saranno indicate come sedi ideali Villa Cerami, il monastero di San Placido e le Ciminiere. Ma pur coscienti dell’importanza e l’impellenza di trasformare le raccolte universitarie in museo, non se ne farà più nulla.

Nelle intenzioni delle origini il Castello Ursino avrebbe dovuto ospitare soltanto il museo archeologico e tutti gli altri oggetti avrebbero dovuto trovare collocazione in strutture più adatte, tra le quali una Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Un discorso forse iniziato nei suoi primordi con un progetto di museo polivalente, tesi di laurea del 1953, o in un articolo pubblicato su Sicilia Arte del 1958. Un primo timido tentativo, comunque lo aveva azzardato un funzionario comunale nel 1981, ma il sogno sembrò rendersi concreto quattro anni più tardi quando il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Catania promise in dono al Comune un nucleo iniziale di trecento opere dei maggiori artisti italiani e costituendo una fondazione per far inserire quanti fossero disposti ad offrire “una tessera per la crescita artistica e culturale della città”. Anche in questo caso si passa subito a segnalare la sede ritenuta più adatta: il monastero di San Placido o Palazzo Tezzano, mentre si esclude la gestione comunale a causa dei trascorsi del Castello Ursino, indicando come esempio di buona gestione la Fondazione Verga. Ma per riparlarne dovranno passare altrui quattro anni.

Bilancio ad un anno e mezzo dall’apertura di Casa Verga. E’ in progetto l’ampliamento della casa-museo con le stanze soprastanti e sottostanti; vi sono stati 8000 visitatori, forse per le manifestazioni collaterali e nonostante non vi sia alcuna segnaletica, neppure davanti al portone d’ingresso, quasi sempre spalancato con gli immancabili cumuli di spazzatura. I cimeli che più interessano i visitatori: il calco del viso dello scrittore preso sul letto di morte, le marsine da cerimonia contenute nell’armadione e il passavivande ad ascensore della cucina. Nei successivi due anni i visitatori scenderanno da sedici a tre o quattro al giorno. La casa-museo rimarrà aperta solo le mattine di tre giorni lavorativi la settimana. Unica innovazione: un cartello segnaletico davanti al portone.

15 Novembre 1986. Due rapinatori, pistole in pugno, irrompono al Museo Belliniano, immobilizzano custodi e visitatori, rinchiudono tutti in uno stanzino e, dopo aver rotto i vetri delle bacheche, fanno incetta di medaglie d’oro e d’argento, targhe e spille di inestimabile valore

58

artistico. Trafugano anche la litografia di Natale Schiavone, il più noto ritratto di Vincenzo Bellini, opera unica al mondo, spedita allo zio Ciccio grato perché la sua città aveva fatto coniare in suo onore una medaglia d’oro. Trafugata anch’essa. A questo punto ci si pone il problema della sicurezza. Sette mesi dopo, in un cascinale abbandonato lungo la superstrada Catania-Gela, i carabinieri ritroveranno le medaglie e gli oggetti preziosi che stavano per essere spediti in Francia. Due mesi dopo questo primo ritrovamento, sul palco della musica del giardino pubblico intitolato al musicista, vengono rinvenuti il ritratto dello Schiavone e i manoscritti trafugati. Ancora successivamente in una chiesa di un paesino etneo il resto dei cimeli trafugati. Dei due rapinatori nessuna notizia. In questo stesso periodo viene offerto in vendita al Comune di Catania l’appartamento soprastante al museo. Si riparla della possibilità di avere la sala di ascolto e la sala di lettura e si propone l’istituzione di quel Centro di studi belliniani, per il quale nel lontano 1969 un celebre direttore d’orchestra aveva tentato i primi passi, ma senza nuovi locali anche il museo rischia di scoppiare. Ciò nonostante è assicurata l’apertura tutti i giorni, ad esclusione di Natale e Ferragosto e nel 1987 riceve 45.000 visitatori. Nel museo vengono conservati ormai anche reperti che si riferiscono ad altri musicisti. Un custode ha fatto alcune belle fotocopie del più ammirato ritratto di Bellini e le dona ai visitatori entusiasti dell’iniziativa.

A Luglio del 1987 cominciano i lavori di restauro del Castello Ursino a cura della Soprintendenza, con una fase di saggi e ricerche. Sembra che comporteranno una chiusura totale al pubblico del museo di altri due anni. Intanto nel 1986, ad apertura parziale e con un solo custode dei cinque previsti dall’organico si è registrata la presenza di 21.000 visitatori. Ad Aprile del 1989 quattro sale sono pronte e si inizia a lavorare sul famoso primo piano, ma non è possibile ancora prevedere la fine dei lavori. Contemporaneamente è iniziata la catalogazione degli oggetti e i pezzi più danneggiati vengono trasferiti in laboratori di restauro. Addirittura alcuni oggetti di cui non si conosceva l’esistenza, sono stati trovati in un camminamento. Si ribadisce che il Castello Ursino sarà adibito solo a museo archeologico e a tutto ciò che si riferisce alla storia di Catania e del suo insediamento, mentre le opere di pittura troveranno sedi più adeguate in una Pinacoteca ed in una Galleria d’arte moderna. Anche se i lavori di restauro termineranno entro la fine del 1989, il museo avrà bisogno di altri diciotto mesi per entrare in funzione.

Grande entusiasmo per il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea. Il direttore dell’Accademia di Belle Arti comunica che ormai la donazione ammonta a 800 opere originali fra oli, sculture e grafiche. Si vorrebbe un museo dotato anche di sale aperte all’esposizione di giovani artisti, un gran contenitore che possa diventare centro di studio per storici e ricercatori. E si ricomincia con la proposta delle sedi: il monastero di Santa Chiara, quello di San Placido, oppure Palazzo Tezzano o addirittura l’Hotel Excelsior. In proposito è consultato uno specialista in museologia e museografia del Politecnico di Milano, il quale si dichiara in disaccordo sull'utilizzazione di due edifici staccati, come una pinacoteca ed una galleria d’arte moderna e indica come soluzione ideale il Palazzo dei Chierici, in sottordine, Palazzo Biscari. Anche un referendum tra artisti e operatori culturali catanesi rivela che il 60% preferisce che si riutilizzi un vecchio edificio da ristrutturare. Solo una voce propone le aree di Corso Martiri della Libertà. L’assessore comunale competente si definisce “gradualista” giacché propone di occupare i locali disponibili per realizzare subito il museo, poi trovandone più consoni “si può sempre fare un trasferimento”. Il sindaco ha “in programma i progetti relativi alla galleria civica, con raccolte che risalgono fino ai periodi dell’arte moderna, e naturalmente la galleria d’arte contemporanea”.

59

Al Castello Ursino, dove il restauro ha già messo alla luce imprevisti quanto interessanti o inusuali ritrovamenti quali un insediamento calcidese del IV secolo e uno scheletro risalente al Duecento, fervono i lavori per la realizzazione dell’ultimo lotto: pavimenti, prospetti e impianti. E' ribadito che, a museo pronto, dopo il 1991, rimarranno solo le collezioni Biscari al piano terra e Asmundo e dei Benedettini al primo piano. In altra sede gli oggetti di provenienza incerta nonché gli uffici, un deposito e i relativi laboratori e per questo si pensa al vicino palazzotto di Via Vela di cui il Comune sta trattando l’acquisto. Per le altre collezioni si propone, oltre al monastero di San Placido, un nuovo edificio da costruire nel realizzando parco Gioeni. Sempre agli inizi degli anni Novanta, il Museo di Mineralogia dell’Università di Catania, quello che alla sua fondazione era considerato uno dei migliori d’Italia per la ricchezza dei minerali, alcuni dei quali unici, non esiste più. Le bacheche di esposizione che intralciavano le normali attività degli Istituti universitari che le detenevano, non sono state trasferire al Museo Vulcanologico, di cui il Comune di Catania aveva elaborato uno “studio di fattibilità” e aveva “avviati gli atti per la sua concreta realizzazione”, ma all’aperto, sulla terrazza del palazzo delle Scienze a causa dei i lavori di manutenzione straordinaria ai vari istituti. Una ristrutturazione congiunta: Genio Civile, Regione, Opera universitaria che va avanti da due anni e che ha messo fuori uso l’intero piano. Durante questi lavori di ristrutturazione sembra che parte del materiale sia andato disperso.

Mentre armadi e vetrine del museo di Mineralogia sono depositati in terrazza, il materiale che costituisce il Museo di Paleontologia è stato custodito in grosse scatole nei locali dell’Istituto di Oceanologia e Paleontologia: un salone, al palazzo delle Scienze, con antiche vetrine e cassettiere. Vi è custodita la storica collezione Gravina, che raccoglie fossili paleozoici e mesozoici di varie parti del mondo. La collezione Viglino e raccolte scientifiche derivate principalmente dall’esame dei terreni enogenici e quaternari dell’Italia meridionale e delle isole. Collezioni uniche, non essendo più possibili altri affioramenti fossiliferi. Emblematico per Catania lo scheletro di Elephans falconeri, elefante nano adulto rinvenuto nel giacimento di Spinagallo. Sorte ancora migliore per il Museo di Zoologia dell’Università che viene inaugurato nel 1991 e aperto al pubblico in via Androne. Un’altra iniziativa che serve forse a colmare in parte il vuoto determinato dalla mancata realizzazione del museo di Storia naturale. I locali grandi 300 metri quadrati sono climatizzati e le raccolte sono state esposte nel rispetto dei criteri suggeriti dalla moderna museologia. La collezione di uccelli, circa mille esemplari, con l’acquisizione della collezione Baglieri e Baglieri-Benanti, è la più importante della Sicilia dopo quelle di Palermo e Randazzo, città quest’ultima che aveva acquistato la collezione ornitologica già offerta in dono al Comune di Catania.

Nell’estate del 1991, il Museo Civico Belliniano, dove da poco è entrata una spinetta di radica di cedro appartenuta al musicista, viene preso di mira nuovamente dai ladri: un tentativo di scasso al piano superiore, destinato all’ampliamento del museo e protetto solo da una comune suoneria. Ma all’inizio dell’autunno si presenta una delle più importanti occasioni per impreziosire ulteriormente il patrimonio dei musei. Il quotidiano catanese informa che Sotheby’s, la nota casa d’aste londinese, batterà a dicembre alcuni reperti di grande importanza musicologica perché, non solo arricchirebbero la conoscenza dell’arte belliniana, ma darebbero una risposta definitiva alle ipotesi avanzate dagli studiosi sull’ultimazione delle partiture.

60

Si tratta infatti delle partiture autografe di Norma, Sonnambula, Puritani e Beatrice di Tenda. Base d’asta, attorno ai sessanta milioni di lire. Il reperto più prezioso è la seconda stesura del coro “Guerra, guerra”. Il quotidiano catanese e la sua rete televisiva lanciano l’iniziativa di una sottoscrizione popolare alla quale, con grande generosità, comincia a rispondere la cittadinanza, edotta e consapevole dell’unicità di una simile occasione per Catania e per il suo Museo Belliniano, ma la raccolta viene interrotta quasi sul nascere dal sindaco che avoca all’Amministrazione comunale “l’onore e l’onere” delle operazioni di acquisto, e comunica di aver già preso contatti ufficiali con l’ambasciata italiana a Londra, sicuro di potersi assicurare così i cimeli a prezzo della base d’asta, prima che vadano all’incanto. Intanto si prepara la commissione che farà il viaggio a Londra: un consigliere e un funzionario comunali, il direttore del museo e uno studioso belliniano, per assicurarsi dell’autenticità dei manoscritti. La commissione viene dotata di 72 milioni e ottocentomila lire, cifra di poco superiore alla base d’asta e quindi molto al di sotto del valore delle partiture. Il consigliere comunale, portavoce della commissione, alla conferenza stampa allestita al ritorno da Londra premetterà la loro “assoluta ignoranza sulle tecniche d’asta di Sotheby’s”. Racconterà che la commissione, giunta a Londra, si era subito presentata all’ambasciata italiana “portando in dono varie confezione di pasta di mandorla”, dove erano stati dissuasi di andare a sostenere da Sotheby’s, la tesi che dovevano aver diritto all’acquisto dei manoscritti belliniani senza che andassero all’incanto poiché “il Comune di Catania doveva essere considerato come un ramo dello Stato italiano” ritenendo tale affermazione “un concetto filosofico”. Assunta un’interprete la commissione entra negli eleganti ambienti di Sotheby’s, dove il portavoce si presenta come il rappresentante del sindaco di Catania, ma per tutta risposta gli viene richiesto il passaporto. Un po’ di sorpresa anche perché, a differenza delle loro attese l’asta non si svolgerà tra urla e colpi di martelletto. “il battitore sembrava un presidente di Cassazione” in una sala estremamente raffinata e silenziosa, solo brevi cenni con le dita o col capo. I manoscritti saranno aggiudicati ad un anonimo acquirente per 407 milioni di lire. Il commento conclusivo (che è un altro concetto filosofico) sarà: “...piuttosto che tornare a Catania con i fogli belliniani pagati solo una cinquantina di milioni per mancanza di altri acquirenti, mi piace di più sapere che il nostro Bellini è amato e conteso nel mondo tanto da far valere i suoi fogli oltre 400 milioni”. L’anno successivo il Comune acquisterà per il museo civico Belliniano alcune lettere autografe e le partiture della Sonnambula strumentata da ser Bishop e corrette da Bellini. C’è sempre l’esigenza dei nuovi locali; sono stati registrati 51.000 visitatori, i percorsi si confondono, c’è un’eccessiva concentrazione di oggetti; bisognerebbe trasferire quanto si riferisce agli altri musicisti assieme al materiale di ascolto ed alla biblioteca che contiene ormai 4.500 volumi, mentre i nove vani del piano superiore, ancora da ristrutturare, ospitano topi e drogati. La Casa Verga, ignorata dalle guide turistiche e visitata quasi esclusivamente da scolaresche, con il condominio incustodito, era stata già fatta oggetto di interesse da parte dei ladri, messi in fuga dalla soneria d’allarme, ma nella primavera del 1993 va a segno il furto della ringhiera di ghisa, fusa centotré anni prima, nel tratto dal piano terra al primo piano. Si discute ancora sulla possibilità di utilizzare il monastero di San Placido o una masseria di Librino per il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, ma appare ormai chiaro, dopo dodici anni di discussioni che, al di là delle parole pronunciate dalle preposte istituzioni, non esiste poi di fatto alcuna volontà di realizzare neppure questa struttura dei musei. Le ottocento opere che erano state offerte gratuitamente, raccolte per il museo di Catania dal direttore dell’Accademia di Belle Arti, in quasi cinquant’anni di appassionato impegno, saranno trasferite nella sua città natale, per costituire la Galleria d’Arte Contemporanea di Bronte, con

61

dipinti di Abate, Brindisi, Comes, Fiume, Greco, Levi, Milluzzo, Rimini, Romano, Sassu, Sciavarrello, Treccani, Vespignani, Annigoni, Maccari, Turcato, Guccione ed altri. Il Castello Ursino rimane ancora chiuso. E’ stato bocciato il progetto delle nuove torri, strutture destinate ad ospitare gli ascensori. Bisogna ancora effettuare il lotto che riguarda le opere murarie e finanziarie, il quarto, ossia il progetto di allestimento dei musei. Ancora non sono previsti i depositi, i gabinetti di restauro e fotografico. La catalogazione delle opere d’arte non è completa. La procura indaga su sospettati ammanchi del materiale del museo. Senza museo d’Arte moderna si dovrà climatizzare gli ambienti dell’ultimo piano da destinare all’esposizione dei dipinti. Non è stata trovata ancora una sistemazione per i reperti archeologici che non fanno parte delle collezioni, come quelli contenuti in centinaia di casse, ancora da aprire, e che costituiscono una parte degli ex voto e degli oggetti donati al tempio di Demetra e Kore, scavati nell’estate del 1959 in piazza San Francesco d’Assisi. A Luglio si aprirà soltanto una sala del piano terra, con cinque bacheche, e ritorneranno da Cremona i violini della collezione Zappalà Asmundo creduti opere di Nicolò Amati: uno è stato realizzato nel 1683 dal figlio Girolamo e l’altro, intorno al 1700, da Matteo Goffriller. A Gennaio del 1994 i nove vani del Palazzo Gravina Crujllas, ristrutturati e destinati all’ampliamento del museo civico Belliniano vengono invece assegnati dal Comune a Museo Emilio Greco: ospiteranno solo 159 fra litografie e acqueforti donate dallo scultore. Nell’estate del 1995 scoppia una polemica con risvolti nazionali: “Il Giornale” nel denunciare a tutta pagina la gestione dei beni culturali condotta dalla Giunta comunale milanese, nell’articolo di spalla titola “L’esempio di Catania”. L’assessore catanese alla cultura polemizza col quotidiano locale colpevole di “autodenigrazione” della città ché a proposito del Castello Ursino ha titolato “Milano un esempio da seguire” e mette in mora la condotta di Soprintendenza ed Università. Intanto il Castello Ursino rimane chiuso al pubblico e la stampa denuncia che in seguito alle operazioni di inventario risultano cinquantuno tele mancanti tra le quali addirittura un’opera di Andrea del Sarto, un Guido Reni, un Rembrandt e un Pussin. La metà delle opere rubate apparteneva alla collezione Zappalà Asmundo: sono sparite dal museo e dai pubblici uffici interessati agli affidamenti. Nel Febbraio precedente era stata presentata regolare denuncia ai carabinieri. In una visita catanese a ridosso dei fatti, il Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati smentisce in modo categorico che per i grandi nomi delle pitture rubate possa trattarsi di originali ed a proposito degli autori dei furti perpetrati rileverà testualmente: “Solitamente i musei sono frequentati da custodi, tecnici, restauratori, da tante categorie di persone. E la gente, si sa, può avere una certa propensione al furto. Soprattutto quando si tratta di opere di piccole dimensioni, che si possono nascondere facilmente. Accade spesso che i musei sono dei depositi, per cui la bramosia di qualcuno, anche di qualche pubblico amministratore, di arredare i propri uffici o le proprie case sia tanta da indurre al furto. E questo, vi garantisco, è un fenomeno alquanto diffuso, non circoscritto.” Dai risultati delle ricerche d’archivio risulteranno inventari allegati agli atti di donazione, lettere, verbali di passaggio, quasi tutti documenti inediti, a testimoniare che buona parte del patrimonio del museo non era stato mai inventariato e quindi era stato escluso dall’inventario ufficiale tra cui la collezione Zappalà Asmundo con le sue oltre settemila stampe; la collezione Brizzi De Federicis; centotrentasei dipinti semplicemente annotati in block notes. Sempre durante questa calda estate del 1995 i Catanesi vengono a conoscenza da un noto gallerista, che esattamente due anni prima tale signor Lo Monaco titolare di due famose gallerie a Sanremo e Montecarlo, aveva inteso donare la propria collezione con un legato testamentario alla città di Catania cui doveva le proprie origini. Si trattava di oltre duecento per un valore di due miliardi,

62

opere che il Comune avrebbe dovuto esporre in locali intitolati a Rubaldo Morello, pittore ligure dell’Ottocento. Il noto gallerista catanese, all’epoca funzionario del Comune, aveva suggerito di esporre la collezione al Castello Ursino intitolando quelle sale al pittore ligure, così da rispettare la volontà del donatore. L’assessore avrebbe deciso invece di rinunciare alla generosa donazione “ritenendo opportuno seguire i consigli dei suoi esperti che gli presentarono tutta una serie di difficoltà di tipo legale quale la possibile opposizione della vedova ed i tanti problemi doganali”. L’assessore replicherà precisando le circostanze ed elencando le difficoltà relative all’acquisizione, ad iniziare dagli “altrui colpevoli ritardi” che riducevano troppo i tempi necessari all’operazione, all’impossibilità di accertare con precisione il valore il valore delle opere, alla spesa di alcune centinaia di milioni per svincolare le opere dai depositi di Sanremo e Montecarlo e in fine alla pessimistica consulenza dell’avvocatura comunale. Due anni dopo, i restauri dei dipinti custoditi al Castello Ursino non sono ancora terminati. Manca ancora l’impianto di climatizzazione. Vanno ancora avanti i restauri del piano terra e del salone dei Parlamenti. Ancora non si parla di apertura totale ma vanno in mostra cento dipinti tra il Quattrocento e l’Ottocento, tra i quali il quadro di Serenario che giaceva “arrotolato come tappeto”. La mostra è intitolata “Per lustro e decoro della città”, una parte dell’espressione usata nel 1930 dal principe Biscari, in occasione della donazione della sua quota al Comune di Catania. Tra i dipinti vi sono anche quelli che era stato possibile recuperare dagli affidatari, alcuni non hanno voluto restituirli e il Comune non ha ritenuto evidentemente di far valere il suo buon diritto. Emblematica, a tal proposito, la vicenda di una tela del Seicento che ancora a fine secolo si trovava nell’ufficio del prefetto di Catania, unica copia esistente della Natività con i santi Lorenzo e Francesco eseguita a Palermo da Michelangelo da Caravaggio. L’originale fu trafugato nell’Ottobre del 1969 da un futuro collaboratore di giustizia, reo confesso di averlo, per imperizia giovanile, ridotto in briciole durante il trafugamento. La tela, di proprietà del Comune e in possesso del Museo del Castello Ursino, fu prelevata in affidamento o deposito dalla Prefettura, nei modi già esposti, il 7 Aprile 1954. E’ di dimensioni analoghe all’originale, di ottima fattura e necessita di un restauro per toglierle le ossidazioni che fanno virare i toni sul grigio. La segnalazione del suo ritrovamento aveva destato l’interesse degli specialisti partecipanti al convegno internazionale di studi caravaggeschi del 1985 a Siracusa. Dopo la perdita dell’originale, rimane l’ultima testimonianza palermitana del soggiorno di Caravaggio in quella città. Non vi sarebbe museo al mondo che si priverebbe di una tale opera. Ad una richiesta di restituzione del dipinto inoltrata nel Novembre 1996, il prefetto di Catania rispose che aveva bisogno di un po’ di tempo “per rifletterci sopra e acquisire altre informazioni” L’anno successivo si viene a conoscenza che a causa di un certo debito contratto dagli eredi Verga quindici anni prima, erano stati messi all’asta nel 1996 i beni mobili della famiglia custoditi dalla Soprintendenza nei locali soprastanti Casa Verga, non ancora acquistati dall’Assessorato regionale. Il debito si riferiva al mancato pagamento di tasse di registro, INVIM ed indennità di mora, per oltre duecento milioni. La seduta andò deserta come la successiva, per cui i beni furono prima consegnati all’esattoria comunale e quindi si procedette alla vendita per trattativa privata. Si trattava, oltre che di libri, mobili e arredi, anche di materiale bibliografico comprendente edizioni dal Cinquecento al Settecento, circa 600 “pezzi” e pubblicazioni dell’Ottocento e Novecento per un totale di 2.100 “pezzi” non inclusi ovviamente nella biblioteca dello scrittore, ma inventariati in cinquantatré pagine a cura della Soprintendenza. Si trattava dell’archivio di una famiglia dell’aristocrazia siciliana conservato per cinquecento anni e con materiale autografo dello scrittore e con documenti relativi agli introiti derivati dalle vendite delle sue opere. Documenti che si riferiscono al contratto tra la casa editrice Treves e lo scrittore per la pubblicazione de I Malavoglia, Vita dei campi, Primavera, ai costumi di Cavalleria rusticana,

63

alla causa contro Mascagni e Sonzogno, alla morte dello scrittore stesso e ai rapporti del nipote dello scrittore con l’editore Mondadori per la pubblicazione dell’opera omnia. Il direttore della sezione bibliografica della Soprintendenza, che aveva curato l’inventario, aveva anche evidenziato l’opportunità che l’Assessorato regionale acquistasse i libri e il materiale bibliografico. Nemmeno il comune di Catania si fece avanti e così il 23 Gennaio 1997, con funzionari comunali che avrebbero definito la trattativa, un privato di aggiudica il lotto per due milioni e centottantamila lire ossia, considerando il solo archivio, 1.038 lire al “pezzo”. A Luglio del 1997 assieme alla notizia si viene a sapere anche che il privato acquirente di quella che ormai viene chiamata la “roba di Verga” è un noto uomo politico ex assessore regionale agli Enti locali e vice segretario del suo partito, il quale si sentirà in dovere di donare l’acquisto al Comune di Catania. A Settembre dello stesso anno, secondo colpo di scena: la Commissione tributaria accetta il ricorso degli eredi Verga che nulla dovevano all’erario. Una degli eredi dichiarando che mancavano carte e libri rispetto all’inventario redatto nell’ ’81 dal notaio Ciancico affermerà: “Non lascerei niente a questo Comune. Lo avrei fatto se avesse tenuto in maggior conto Verga e le sue cose. Piuttosto le regalerei all’Università di Padova e sono sicura del rispetto e dell’amore con cui le tratterebbero”. Nell’estate del 2000 il Castello Ursino è un cantiere di restauro aperto al pubblico. L’amministrazione comunale promette che sarà adeguato ai criteri ed agli standards dei più grandi musei e che sarà inserito nel circuito delle grandi mostre e inoltre che attraverso i tours operators Catania sarà inserita nei circuiti turistici delle città d’arte. Nello stesso anno si proponeva anche l’apertura di un Museo della Preistoria Etnea, da allestire nella grotta di scorrimento lavico che si trova nei pressi di via Liardo. Quasi ottocento metri di sviluppo complessivo fu utilizzata nell’età del Bronzo per la celebrazione di riti propiziatori e per le sepolture. Ma bisogna aggiungere che oggi è un laboratorio naturale di biospeleologia. Molto più recentemente si era prospettata la realizzazione di un Museo della Guerra e a tal proposito il presidente della Provincia regionale di Catania, che aveva rilanciato l’idea, aveva anche richiesto di contribuire con donazioni per arricchire la dotazione della struttura in progetto. Nel 1981 doveva essere una sala circolare del diametro di quindici metri, nucleo centrale e variante del progettato monumento ai Caduti che doveva sorgere sul lato sud della piazza del Tricolore. Nell’ottobre del 1999 si prospetta l’ipotesi con un progetto di massima di riutilizzare la caserma della cavalleria borbonica già utilizzata per la manifattura dei tabacchi, in quanto ritenuto edificio “particolarmente idoneo” per un’ulteriore utilizzazione a Museo Archeologico Regionale e se ne illustrano i vantaggi. Il museo dovrebbe contenere il patrimonio archeologico “raccolto negli ultimo vent’anni e disseminato in vari magazzini senza una minima valorizzazione e il museo riqualificherebbe il quartiere”. Nel 2000, dopo gestazione troppo lunga, invece di rimanere un pio desiderio diventa una piacevole realtà, con ingresso tra la cattedrale e Porta Uzeda, il Museo Diocesano dove sono custoditi gli oggetti d’arte e di storia della diocesi. Più precisamente gli arredi storici della cattedrale, della sede vescovile e delle chiese connesse, scampati alle offese più degli uomini preposti alla loro cura che del tempo. Vicende storiche e personaggi rammentati da preziosi oggetti di culto, d’arredamento, tele raffiguranti immagini sacre o vescovi e prelati, rilevi e argenti e quanto si riferisce a sant’Agata e alla sua festa. Esposizione di buon gusto e in bell’ordine, lungo un percorso che culmina sulla terrazza del Palazzo dei Chierici e che si conclude con una splendida ed insolita visione della piazza del duomo.

64

E infine il museo più recente che sarebbe quello tecnologicamente più avanzato quanto più facilmente gestibile: il Museo Virtuale. Una ventina di CD Rom sui principali musei del mondo in una stanza del Museo Emilio Greco. Nel 2000 il collegamento con Internet è stato disattivato da qualche tempo, capita che non ci siano i soldi per pagare i canoni richiesti dalla Telecom. A questo punto cosa dire dei mancati collegamenti necessari per lo sviluppo della politica dei musei a Catania? Un disinteresse sostanziale da parte degli amministratori. Una disistima preconcetta per gli artisti siciliani le cui opere sono acquistate quasi solo da musei stranieri. Mancata istituzione, oltre che delle possibili strutture museali, anche quelle dei centri per la progettazione, il restauro e le scienze applicate alla gestione e all’uso dei beni culturali. Nessuna meraviglia per il funzionario dell’autoparco comunale preposto al museo civico di Castello Ursino alla fine degli anni Sessanta se Bernard Berenson in visita al museo dei Benedettini, quarant’anni prima, raccontava:

“Vi trovai un buon numero di oggetti interessanti per un animoso amatore d’arte quale io sono e in particolare un grande vaso antico che attirò la mia attenzione e mi dette desiderio di apprendere subito quanto se ne sapeva.

- E questo cos’è? Chiesi al giovane direttore del museo che si era unito a noi. Egli guardò a lungo l’oggetto indicato e alla fine esclamò:

- E’ un vaso! Venni poi a conoscere che era stato assunto da poco, in ricompensa di servizi propagandistici resi al regime”.

Qualcuno ha scritto che i musei sono visitati soltanto da scolaresche e turisti: due categorie che non votano alle elezioni. Magari si trattasse solo di una sciocca banalizzazione. Bisognerebbe risolvere il problema della incomunicabilità, che non si riferisce solo alla constatazione che manca, per esempio, un collegamento tra il Museo Belliniano e il teatro lirico di Catania, ma che non vi sono collegamenti tra politica e Università. E quando l’Università ha offerto personaggi alla politica locale, questi non sono riusciti a cucire questo rapporto, anzi il più delle volte sono stati usati per garantire una rinnovata attendibilità ai partiti. Ma non vi è stata spesso comunicabilità anche tra Università ed Accademia, tra Facoltà e Facoltà e persino a volte tra Istituti della stessa Facoltà. Ci si lamenta che manca il personale, ma da parte delle Soprintendenze non sono più utilizzati gli Ispettori onorari istituiti con la legge 27 Giugno 1907. Non tutti gli studiosi hanno spirito di servizio e sentono il dovere sociale di consentire che il dato scientifico sia trasformato in elemento di cultura corrente. Catania si è trovata con una Soprintendente che sapeva dire soltanto no ad ogni proposta di valorizzazione del patrimonio monumentale. Qualcun altro ha scritto che bisognerebbe considerare un reato contro il patrimonio dello Stato, l’eccessivo ritardo della consegna del bene culturale alla pubblica funzione, giacché si priva la collettività, e per essa lo Stato, di un bene dal quale si può ricavare un beneficio economico immediato. Alla mostra allestita dopo il meritorio tentativo, in parte riuscito, di recuperare ai Catanesi il patrimonio disperso in depositi e affidamenti, fu dato un titolo, come si è detto, che riferiva la testuale motivazione espressa dal principe Roberto Paternò Castello di Biscari del donativo della quota di museo ereditata dal suo illustre antenato: “Per lustro e decoro della città”. Ma donatore e fruitore della dedica avevano troppo sintetizzato nel tradurre e nel riutilizzare proprio quanto l’illuminato principe aveva scritto circa il motivo che lo aveva indotto a realizzare ed ordinare la sua meravigliosa opera, ossia “Publicae utilitati, patriae decori, studiorum commodo”. E’ un po’ come se Vincenzo Paternò Castello principe di Biscari avesse tracciato, con due secoli di anticipo, il programma di gestione dei beni culturali che a Catania si deve ancora realizzare. Al primo posto “pubblicae utilitati”, non mero ornamento, ma oggetto di crescita culturale per la città e struttura produttiva di reddito, sia per i diretti operatori, sia per gli addetti alle molteplici

65

attività correlate. Vedere i beni culturali come agenti di sviluppo economico e occupazionale, sarebbe la prima cosa da farsi in Sicilia, trattandosi di una delle più fiorenti risorse dell’Isola. Ma oggi i castelli dovrebbero fare i castelli. A proposito del Castello Ursino anche Guido Libertini, giustamente ricordato dal prof. Giovanni Rizza, suo allievo prediletto, “animatore entusiasta del suo riscatto e della sua rinascita”, così sinceramente nel 1932 ricordava il suo atteggiamento iniziale nei confronti della sua destinazione d’uso: “Debbo anzi confessare che, sebbene anche io desiderassi vivamente il restauro del Castello, non riuscivo ad immaginare come da un edificio con un così spiccato carattere di fortezza e con ambienti così oscuri potesse venir fuori un museo: ma poiché si trattava di salvare il castello e l’aver già pronto il locale agevolava il riscatto della collezione biscariana, non feci alcuna obiezione e cercai di abituarmi a quell’idea”. Aggiungeva poi che i risultati del restauro, ai quali bisognerebbe includere però anche le note di merito ricevute, erano serviti per eliminare ogni dubbio. All’utilizzazione del Castello Ursino a museo, era anteposta la credenziale milanese e si formulava l’equazione Castello Ursino uguale Castello Sforzesco. Volendo dimenticare che in quell’altra città, oltre il Castello Sforzesco, tre le decine e decine d’altri musei, vi era anche una Galleria d’Arte moderna e un museo Archeologico e un museo d’Arte contemporanea ed alcune raccolte d’arte e la pinacoteca Ambrosiana e quella di Brera. Nulla d’originale, perché due stimati e noti architetti catanesi, interpellati in proposito sull’utilizzazione del Castello Ursino affermarono giustamente: il primo che l’edificio potrebbe essere esso stesso un museo per il proprio contenuto di storia e d’arte, e che sarebbe stato più opportuno trasferire le raccolte in locali nuovi con i necessari requisiti; l’altro più direttamente dichiarò l’inadattabilità della struttura a museo, aggiungendo: “sarebbe come trasformare una carrozza in un’auto da corsa”. Deve essere garantita la sicurezza e la climatizzazione, progettarne la percorrenza e la distribuzione degli espositori e poi devono contenere, non solo i laboratori di restauro e il gabinetto fotografico, ma anche il gabinetto di studi e analisi e un archivio di documentazione e varie sezioni che si omettono di elencare perché tutti abbiamo memoria dei musei che abbiamo ammirato o perché si può trovare tutto in un qualsiasi manuale di progettazione architettonica. Il Centre Pompidou è un bellissimo riferimento. Realizzazioni come il museo d’Orsay sono geniali capolavori proprio per l’eccezionale difficoltà d’adattamento di strutture progettate per altre utilizzazioni. Ma almeno oggi, nel XXI secolo, che i castelli facciano i castelli ed i musei si facciano da musei.

BIBLIOGRAFIA Aa. Vv.

• Fino a quando lo scempio del Castello Ursino? in “La Sicilia” 13.3.81 p.3 • “Tutto a posto” dice il sindaco in “La Sicilia” 18.3.81 p.3

A. G.

• Rapinatori al museo belliniano in “ La Sicilia” 16.11.86 p.9 AGNELLO, Giuseppe

• Il Museo Biscari di Catania in A.S.S.O. (1957) pp. 142-159

66

ALBERGHINA, Mario

• Il corallo rosso e il gelsomino Catania 1999 APRILE DI CIMIA, Corrado

• Fino a quando lo scempio del Castello Ursino? In “La Sicilia” 13.3.81 p.3 ARDIZZONE, C.

• I quadri in pittura donati da G.B. Finocchiaro al Comune di Catania esistenti nel Museo civico dei Benedettini. Catania 1927

ASERO, Anna

• Sconosciuto museo in “ La Sicilia” 14.8.82 p.15 • Archivio fantasma in “La Sicilia” 7.9.92 p.10

BARBAGALLO, Salvo

• “Vent’anni di proposte inascoltate” in “La Sicilia” 24.8.95 p.14 BIANCO, E.

• Estate magica per Catania in “La Sicilia” 16.10.94 p.14 BOEMI, Maria Ausilia

• Un nuovo Rinascimento in “La Sicilia” 3.10.93 p.13 BONINA, Gianni

• La casa di Giovanni Verga aperta da ieri al pubblico in “La Sicilia” 27.10.84 BRUNO, Mario

• Da quattordici anni è inagibile l’ala destra del Castello Ursino in “La Sicilia” 23.7.83 p.7 • Come sarà utilizzato il complesso del Sacro Cuore in “La Sicilia” 6.1.85 p.8 • L’eterna inagibilità dell’ala destra del Castello Ursino in “La Sicilia” 9.7.85 p.6 • Il Comune sostiene che un piano è agibile ma “entro certi limiti” in “La Sicilia” 11.7.85 p.6 • Nel 1982 il maniero non fu reso agibile perché mancava il legname necessario! in “La Sicilia”

14.7.85 p 8 • Castello Ursino: ancora niente restauri in “La Sicilia” 13.3.87 p.6 • Castello Ursino: c’è il rischio che di notte rimanga incustodito in “La Sicilia 30.6.87. p.6

CACCIOLA, Rosario

• Ampliamento del museo del “Cigno” 18.9.84 p.6 CALAFIORE Filippo

• L’ex monastero di San Placido sede del museo naturalistico in “La Sicilia” 9.2.88 p.10 CAROLI, Ela

• Caravaggio nell’isola in “L’Unità” 16.4.85. p.11 CASTONE, Carlo*

• Viaggio della Sicilia Palermo 1828 (anastatica Carini 1955) pp.155-161 CATALANO, Sebastiano

• La biblioteca di Verga in “La Sicilia” 27.1.83 p.3 COGLIANI, Iris

• Casa Bellini sarà ristrutturata e arricchita in “La Sicilia” 4.11.94 p.19 • Catania onora Emilio Greco in “La Sicilia” 21.12.94 p.16 • Il Castello illuminato per tutta l’estate in “La Sicilia” 29.5.96 p.16

67

CONDORELLI, Benedetto • Il Museo Belliniano - Catalogo storico iconografico, Catania 1935

CONGIU, Gabriella

• Le opere di Emilio Greco collocate al Castello Ursino in “La Sicilia” 14.1.82 p.7 • Sono trecento le prime opere donate per la galleria d’arte in “La Sicilia” 26.4.85 p.6 • Pochi e mal ridotti in “La Sicilia” 15.10.93 p.19

CONSOLI, Vittorio

• L’archivio storico del Comune in “La Sicilia 29.1.84 p.7 • La gestione dei beni culturali in “La Sicilia” 1.12.92 p.15

COSENTINO, Concita

• Duecento opere del ‘900 da regalare al Comune in “La Sicilia” 20.4.90 p.11 • Museo OK in “La Sicilia” 1.5.90 p.12 • Lo scheletro nel Castello in “La Sicilia” 10.5.90. p.12 • Musei fantasma in “La Sicilia” 5.7.90 p.12

COSTA, Giancarlo

• Come utilizzare i beni culturali in “La Sicilia” 6.7.84 p.7. D’AGATA, Michele

• Acquistare villa Manganelli per il museo di Scienze naturali in “La Sicilia” 28.5.85 p.7 DE GAETANI, Giovanni

• Le vicende del passaggio dal Museo Biscari al Comune in “Catania Rivista del Comune” n.3 (1930) pp.14-17, n.4 (1930) pp.24-28, n.5 (1930) pp.11-20

• Le vicende del passaggio del museo Biscari al Comune di Catania ivi 1931 DE LUCA Maria Rosa

• La casa natale di Bellini da monumento nazionale a museo (1923-1939) in “Per un bilancio di fine secolo Catania nel Novecento” atti del II convegno di studi (1921-1950) Catania 2000

DI FRANCO, Salvatore

• L’istituto universitario di mineralogia Catania 1949 DI GRADO, Antonio

• Polemica sul museo “Comune in regola” 23.8.95 p.13 • “Un polverone di polemiche pretestuose” in “La Sicilia” 29.8.95

DILLON, Armando

• Furono incalcolabili i danni alle opere d’arte in “La Sicilia” 21.7.82 p.7 DI PAOLA, Antonio

• Una pinacoteca nell’ex chiesa in “La Sicilia” 18.11.93 p. 16 EMMY, Elsa

• E’ un curioso deposito in “La Sicilia” 3.7.89 p.7 Facoltà di Lettere e Filosofia

• Il Museo e la Biblioteca dei Benedettini di Catania in A.S.S.O. (1914) pp. 453-462 FARKAS, Giuseppe

• Bellini sta stretto nella sua casa-museo in “La Sicilia” 30.9.87 p.12 • Quella ciminiera dimenticata in “La Sicilia” 25.7.91 p.10

68

FAZIO, Carmelo, notaio in Catania • Atto di donazione del principe Biscari n°9092 di Repertorio 3.9.27 ff.9

FIDUCIA, Saverio

• Vicende di opere d’arte appartenenti al Comune in “Catania - Rivista del Comune” (1952) pp.16-20

• Viaggio in Sicilia di Bernardo Berenson in “Catania - Rivista del Comune” n°4 (1955) pp.117-118

• Un Van Dyck nel museo civico in “Catania - Rivista del Comune” nn:2-3 (1960) pp:57-61 GALVAGNO, Rosalba

• Il patrimonio scientifico accessibile in “La Sicilia” 29.9.81 p.7 • Musei e biblioteche centrali del sapere in “La Sicilia” 3.11.81 p.7

GARRA AGOSTA, G.

• L’incuria minaccia un monumento nazionale in “La Sicilia” 26.11.81 p.3 • Dopo 24 anni di attesa si realizza un importante impegno culturale in “La Sicilia” 25.10,84 p.5 • I tesori di Verga in “La Sicilia” 23.11.84 p.16 • Furto nella casa Verga in “La Sicilia” 25.4.93 p.16

GASPERINI Cesare

• Il Castello Ursino in “Corriere di Sicilia” 19.6.30 p.4 GERMANA DI STEFANO, A.

• Il nostro Castello Ursino in “La Sicilia” 19.9.89 p.13 • Sfortunato Castello in “La Sicilia” 21.9.89 p.13

GUGLIELMO, Anna e PAVONE, Pietro

• L’Orto botanico di Catania ivi 1999 GUASTELLA, Claudia

• Per dare maggiore lustro e decoro alla sua amata Città.... in “lustro e decoro della Città” Catania 1997 pp.9-18

• (a cura di) Museo Diocesano di Catania ivi 2001 Guida del Viaggiatore

• Catania e le sue vicinanze ivi 1899 pp.77-81 JANNELLO, Rossella

• Dieci sale su ventotto utilizzate al Castello Ursino in “La Sicilia” 20.2.84 p.23 • Il museo belliniano è in cerca di spazio in “La Sicilia” 10.3.84 p.6 • Quarant’anni fa bruciava il palazzo degli Elefanti in “La Sicilia” 15.12.84 p.7 • Primo bilancio ad un anno e mezzo dalla riapertura in “La Sicilia” 14.3.86 p.6 • E’ chiuso da un mese e mezzo e si é ancora ai preliminari in “La Sicilia” 26.8.87 p.10 • Quel castello sommerso in “La Sicilia” 3.8.88 p.11 • Quelle piccole case dei Grandi in “La Sicilia” 13.10.88 p.11 • Quel museo da reinventare in “La Sicilia” 6.4.89 p.12 • La mostra provocatoria: “Vogliamo un museo per Catania” in “La Sicilia” 28.6.89 p.12 • Il Castello tutto nuovo 300 anni dopo il sisma? in “La Sicilia” 13.8.89 p.13 • Museo addio? In “La Sicilia” 11.3.90 p.12 • Il castello delle sorprese in “La Sicilia” 1991 (post 10/5 ante 19/7) • Salvi i cimeli belliniani in “La Sicilia” 9.8.91 p.11 • Non ladri, ma drogati salvi i cimeli belliniani in “La Sicilia” 1991 (post 19/7 ante 13/8) • Il Bellini da acquistare in “La Sicilia” 18.11.91 p.9 • Quel castello che riemerge in “La Sicilia” 7.2.92 p.14

69

• Castello Ursino ancora assediato dai restauri in “La Sicilia” 28.1.93 p.17 • Quel museo ancora negato in “La Sicilia” 1.2.93 p.10 • Chiuso, chi ha colpa? In “La Sicilia” 15.4.93 p.16 • Catania ha fame di musei in “La Sicilia” 18.4.93 p.14 • Rivive la “Casina del Sardo” in “La Sicilia” 28.4.93 p.16 • Castello Ursino in pillole in “La Sicilia” 4.7.93 p.14 • Castello Ursino si volta pagina in “La Sicilia” 11.7.93 p.17 • Cultura e recupero di memoria in “La Sicilia” 25.7.93 p.13 • Casa Verga in “La Sicilia” 26.7.93 p.9 • San Placido, restaurarlo si può in “La Sicilia” 6.8.93 p.16 • “Casa” aperta tutto l’anno in “La Sicilia” 13.8.93 p.15 • Bellini “vive” in “La Sicilia” 13.8.93 p.15 • I tesori segreti in “La Sicilia” 24.8.93 p.14 • Castello Ursino, il gran ritorno in “La Sicilia” 22.9.94 p.16 • Riapre Castello Ursino in “La Sicilia” 25.9.94 p.16 • Festoso assalto al Castello in “La Sicilia” p.26.9.94 p.9 • Nella Casa del “Cigno” poco spazio per la gente in “La Sicilia” 15.10.93 p.19 • Castello Ursino è l’ora in “La Sicilia” 15.10.93 p.19 • Catania onora Emilio Greco in “La Sicilia” 21.12.94 • Turismo ed arte in “La Sicilia” 2.1.97 p.12 • Castello Ursino, avanti tutta ma piano in “La Sicilia” 19.1.97 p.15 • Arte e storia al Castello Ursino in “La Sicilia” 25.1.97 p.14

JANNELLO, Rossella e SPERLINGA, Giuseppe

• Museo mio non ti conosco in “La Sicilia” 19.7.91 p.12 LA ROCCA, Salvatore

• Verga “rapinato” di libri e arredi in “La Sicilia” 25.7.97 p.16 • La “roba” di Verga in “La Sicilia” 26.7.97 p.16; 27.7.97 p.17; 29.7.97 p.12; 30.7.97 p.12

LA SPINA, Elio

• La vera malattia del Castello Ursino è il disinteresse degli amministratori in “La Sicilia” 18.7.85 p.7

LEOCATA, Pinella

• Un Museo di Storia naturale centro di cultura e di ricerca in “La Sicilia” 9.4.87 p.7 • Museo civico aperto nel ’91 in “La Sicilia” 19.8.89 p.11 • I beni archeologici come strumento di riscatto dell’Isola in “La Sicilia” 20.2.92 p.16 • Museo Diocesano in “La Sicilia” 5.3.92 p.16 • Catania città d’arte? in “La Sicilia” 21.5.92 p.16 • Museo belliniano in “La Sicilia” 7.6.92 p.15 • Scienze naturali: e il museo? in “La Sicilia” 12.10.94 p.15 • E all’improvviso scomparvero 51 dipinti in “La Sicilia” 23.8.95 p.13 • Al museo con tutta la famiglia in “La Sicilia” 27.8.96 p.17 • Musei, verso una ”Città della scienza” in “La Sicilia” 30.8.96 p.16 • Chiuso in luglio ed è polemica in “La Sicilia” 2.7.97 p.12 • I restauri a Castello Ursino in “La Sicilia” 3.7.97 p.16 • Castello Ursino e il mosaico “ritrovato” in “La Sicilia” 6.7.97 p.14 • Donerà tutto al Comune in “La Sicilia” 26.7.97 p.16 • E l’intero palazzo sarà del Comune in “La Sicilia” 29.7.97 p.12 • Le carte di Verga donate al Comune in “La Sicilia” 13.8.97 p.17 • Donate le carte restano le polemiche in “La Sicilia” 14.8.97 p.14 • Catania città d’arte in “La Sicilia” 18.8.97 p.8 • Verga, colpo di scena, la “roba” torna agli eredi in “La Sicilia” 7.9.97 p.19

70

• Il destino delle carte di Verga: un rebus in “La Sicilia” 9.9.97 p.9 LEONE, Giacomo

• Ospitiamolo in viale Africa in “La Sicilia” 21.8.91 p.15 LIBERTINI, Guido

• Una raccolta d’arte moderna a Catania in “Catania - Rivista del Comune” a. IV n°1 Gennaio-Febbraio 1932 pp.1-17

• Goethe a Catania in “Catania - Rivista del Comune” a. IV n°2 Marzo-Aprile 1932 pp.55-58 • La prossima rinascita di Castello Ursino in “Catania - Rivista del Comune” a. IV n°6 Novembre-

Dicembre 1932 pp.249-257 • Rilievo cinquecentesco del Museo Comunale di Catania in A.S.S.O. 1941 pp.76-83

M. D.

• Come sarà utilizzato il complesso del Sacro Cuore in “La Sicilia” 6.1.85 p.8 MAGANUCO, Enzo

• Opere d’arte catanesi inedite o malnote in “Catania - Rivista del Comune” a.V n°2 Marzo-Aprile 1933 pp.53-60

• La collezione Zappalà al Castello Ursino in “Catania - Rivista del Comune” n°4 (1954) pp.121-127

MALTESE, Patrizia

• Ma il museo Belliniano chiede aiuti in “La Sicilia” 4.11.92 p.17 MANNOIA, Gaspare

• Quei monumenti interdetti in “La Sicilia” 3.1.93 p.15 • Il tesoro della stipe in “La Sicilia” 14.4.93 p.15

MARINI, Maurizio

• Come difendere dai furti i capolavori di Caravaggio in “Il Tempo” 26.4.85 p.3 • Caravaggio - Michelangelo Merisi da Caravaggio “pictor praestantissimus” Roma 1987 II ed

1989 pp.549 MARUSSIA

• Emilio Greco ritorna in “La Sicilia” 13.1.82 p.3 MELI, Ugo

• Catania non ha musei, perché e cosa fare? In “La Sicilia” 3.4.83 p.5 • Un ventaglio di proposte per arricchire Catania di musei in “La Sicilia” 8.4.83 p.7

MIGNECO MALAGUARNERA, Francesca

• La “quadreria” nel cantiere in “Per lustro e decoro della città Catania 1997 pp.19-21 MUSUMARRA, Carmelo

• Ignorati dai politici: non portano voti in “La Sicilia” 15.10.93 p.19 NASELLI, Carmelina

• Il Castello Ursino e il Museo Biscari in A.S.S.O. 1930 pp.263-270 • L’incendio del 1944 in A.S.S.O. 1948 p. IX • Guido Libertini raccoglitore di canti popolari rumeni in “La Sicilia” 9.10.63 p.3

NASELLI, Maria

• Catania centocinquantanni fa - dai resoconti dei viaggiatori in A.S.S.O. 1926 pp.453-489 NERI, Carmelo

• Guida illustrata del museo civico Belliniano di Catania ivi 1998

71

NICOLOSI, Nino

• Pronte le prime opere donate alla galleria d’arte moderna in “La Sicilia” 1.5.85 p.8 NICOLOSI, Salvatore

• Il museo di Storia naturale realizzabile in tempi brevi in “La Sicilia” 31.5.81 p.4 • Aspettando il museo di storia naturale in “La Sicilia” 8.9.81 p.6 • Gli uccelli di Villa San Saverio e il museo di Scienze naturali in “La Sicilia” 19.5.85 p.6 • Tre lettere fanno luce sulla vicenda del Museo di Storia Naturale in “La Sicilia” 29.5.85 p.6 • Vecchie foto di Catania ivi 1986 pp.212-214

ORSI, Paolo

• Recensione di Guido Libertini:” il Museo Biscari - Roma 1930” in A.S.S.O. 1931 pp.309-313 PACE, Biagio

• Profilo di Guido Libertini in A.S.S.O. 1954 pp. 5-15 PAPA, Zino

• La mostra di Greco in “La Sicilia” 21.4.81 p.67 PAPARONI, Demetrio

• Musei, passa lo straniero in “La Sicilia” 13.11.85 p.3 PASTURA, Francesco

• Nuovi importanti documenti assicurati al Museo Belliniano in “Catania - Rivista del Comune” n°4 1958 pp.111-118

PATANÉ, Giuseppe

• Castello Ursino museo comunale in “Catania - Rivista del Comune” a.VII n°1 Gennaio-Febbraio 1935 pp.253-262

PAVONE, Pietro vedi GUGLIELMO, Anna PENSAVALLE, Francesco

• A proposito del museo Biscari in “Giornale dell’Isola” 25.5.27 p.3 PRESTINENZA, Antonio

• Bilancio decennale di opere pubbliche nella città e nelle province dell’Etna in “Catania - Rivista del Comune” a. IV n°5 Settembre-Ottobre 1932 pp.205-214

PRESTINENZA, Luigi

• Museo delle Scienze per stare coi tempi in “La Sicilia” 26.6.85 p.7 • Museo di Storia Naturale. nuove (e concrete?) speranze in “La Sicilia” 5.4.87 p.7 • Orologio sulla torre in “La Sicilia” 22.1.97 p.16

PULVIRENTI, Graziella

• Quei magici violini in “La Sicilia” 15.10.92 p.18 R. C.

• L’ipotesi per creare un grande museo archeologico nel cuore della città in “La Sicilia” 11.10.99 p.13

• Castello Ursino, restauro entro il 2001 in “La Sicilia” 25.6.2000 p.14 Redazione di A.S.S.O.

• Intorno alla distruzione dell’Archivio Comunale di Catania in A.S.S.O. 1944-45 pp.64-68

72

RIZZA, Giovanni • Ricordo di Guido Libertini in “Nuovo Didaskaleion” Catania 1952-54 pp.15.22

ROMANO, Vittorio

• Rembrandt? Al massimo una copia in “La Sicilia” 24.8.95 p.14 SANGIORGIO, Agostino

• Bellini addio, fallito l’acquisto a Londra in “La Sicilia”.7.12.91 p.12 • Così perdemmo l’asta da Sotheby’s in “La Sicilia” 10.12.91 p.13 • L’intellettuale come carta di riserva in “La Sicilia” 2.1.94 p.16

SARDELLA, Gabriella

• Riapre il Castello Ursino in “Kalos” a.7 n°6 Novembre-Dicembre 1995 pp.14-21 SCALIA, Salvatore

• Il ritorno di Emilio Greco in “La Sicilia” 21.2.82 p.3 SCIACCA, Lucio

• Catania 1979: quattro casematte per deturpare il castello di Federico II in “La Sicilia” 31.5.88 p.17

SCIALFA, Francesco

• A Catania manca un museo d’arte moderna in “La Sicilia” 26.3.89 p.11, 4.4.89 p.12, 17.4.89 p.6, 19.4.89 p.13, 21.5.89 p.12; 24.4.89 p.6, 31.5.89 p.12, 17.6.89 p.11, 21.6.89 p.12,

• Un museo per dare alla città quella memoria storica perduta in “La Sicilia” 31.5.89 p.1 • “Il Castello Ursino riaprirà tra un anno” in “La Sicilia” 21.5.90 p.6

SCIAVARRELLO, Nunzio

• La mostra di Greco in “La Sicilia” 15.4.81 p.6 • “La galleria d’Arte Moderna non può che essere pubblica” in “La Sicilia” 25.7.85 p.7 • Contributi e istituti di cultura in “La Sicilia” 20.4.93 p.18

SEMINARA, Elvira

• Castello Ursino dei sogni quando e come riaprirà? In “La Sicilia” 1.4.90 p.12 • Caravaggio, l’ultima “Adorazione” è qui in “La Sicilia” 19.11.92 p.3 • L’inutile offerta dell’Ica per creare una galleria in “La Sicilia” 20.11.92 p.17 • Hanno di nuovo la “voce” in “La Sicilia” 13.7.93

SGROI, Luigi

• Nel Castello Ursino creò il Museo civico in “La Sicilia” 11.9.95 SPADARO, Alvise

• Sensazionale scoperta nel palazzo del Governo in “La Sicilia” 18.11.84 p.6 • Nota sulla permanenza di Caravaggio in Sicilia in “L’ultimo Caravaggio e la cultura artistica a

Napoli in Sicilia e a Malta” Siracusa 1987 pp.289-292 • Caravaggio in Sicilia (di prossima pubblicazione)

SPERLINGA, Giuseppe

• Al museo degli Animali in “La Sicilia” 10.5.91 p.13 • L’Università sfratta il Museo in “La Sicilia” 13.8.91 p.12 • Santagati: nessuno sfratto in “La Sicilia” 21.8.91 p.12 • Quei musei senza casa in “La Sicilia” 28.8.91 p.12 • Asta Bellini, si fa avanti il Comune in “La Sicilia” 16.11.91 p.11 • “Ora facciamone un museo” in “La Sicilia” 10.5.92 p.16 • Una grotta da adottare in “La Sicilia” 5.7.92 p.17

73

• Museo delle Scienze in “La Sicilia” 18.5.93 p.14 • E dentro l’Orto cresce la scienza in “La Sicilia” 23.7.93 p.15 • Animali da tutto il mondo in “La Sicilia” 8.8.93 p.16 • E il museo della preistoria? In “La Sicilia” 19.6.94 p.13

TOMARCHIO, Giuseppe

• I musei cercano casa in “La Sicilia 13.4.93 p.13 TORRISI, Fiore

• Opere di Emilio Greco al Castello Ursino in “La Sicilia” 17.1.82 p.6 ZAPPALÀ, Gaetano

• A Catania una mostra di Emilio Greco? in “La Sicilia” 12.4.81 p.6 ZERMO, Tony

• Hanno “saccheggiato” il Castello Ursino in “La Sicilia” 10.3.81 p.1 • “Tutto a posto” dice il sindaco in “La Sicilia” 18.3.81 p.3

(Anonimi)

• Catania e le sue vicinanze ivi 1899 pp.78-83 • Guida Letteraria, Scientifica, Artistica, Amministrativa e Commerciale di Catania ivi 1902

pp.73-92 • Puccini per la Casa di Bellini in “La Tribuna” 5.12.23 p.3 • Guida di Catania ivi 1924 p.21 • A proposito del Museo Biscari in “Giornale dell’Isola” 25.5.27 p.3 • Bilancio decennale di opere pubbliche nella città e nella provincia dell’Etna in “Catania - Rivista

del Comune” a.IV n°5 Settembre-Ottobre 1932 p.210 • Interrogazione al sindaco in “La Sicilia” 4.4.81 p.9 • A Catania una mostra di Emilio Greco in “La Sicilia” 12.4.81 p.6 • Oggi s’inaugura il primo nucleo della galleria d’arte moderna in “La Sicilia” 9.7.81 p.7 • Inaugurata la prima raccolta della galleria d’arte moderna in “La Sicilia” 10.7.81 p.7 • Il museo di storia culturale (sic) e quello di Castello Ursino in “La Sicilia” 19.7.81 p.4 • A Castello Ursino restauri a tempi brevi in “La Sicilia” 23.7.81 p.6 • Un progetto comunale per restaurare nel Castello Ursino le sale pericolanti in “La Sicilia”

2.8.81 p.8 • Il Comune mette ordine nel museo di Castello Ursino in “La Sicilia 20.8.81 p.6 • L’adesione del Comune alla fondazione Verga in “La Sicilia” 4.12.81 p.6 • La mostra di Emilio Greco in “La Sicilia” 10.1.82 p.7 • Solenne inaugurazione della mostra di Greco in “La Sicilia” 17.1.82 p.6 • La CPC boccia la delibera per la mostra di Greco in “La Sicilia” 11.2.82 p.6 • Una sala del Castello Ursino sarà dedicata alle opere di Emilio Greco in “La Sicilia” 10.3.82 • Un programma ambizioso di opere che per ora vivono sulla carta in “La Sicilia” 11.3.82 p.8 • Interventi al Castello Ursino per consentire l’agibilità di alcune sale del Museo in “La Sicilia”

19.5.82 p.7 • Due proposte dell’assessore alla P.I. in “La Sicilia” 26.5.82 p.6 • Una proposta in due fasi per l’immediata agibilità del museo di Castello Ursino in “La Sicilia”

13.6.82 p.5 • Come il Comune sistemerà il museo di Castello Ursino in “La Sicilia” 18.6.82 p.5 • Il Castello Ursino sarà agibile entro i primi giorni di agosto in “La Sicilia” 18.8.82 p.6 • Una grande sala circolare per il museo della guerra in “La Sicilia” 7.1.83 p.7 • Un convegno sul museo naturalistico e il planetario in “La Sicilia” 25.3.83 p.7 • Un ventaglio di proposte per arricchire Catania di musei in “La Sicilia” 8.4.83 p.7 • Museo di Storia naturale e planetario in “La Sicilia” 19.4.83 p.6 • Proposte pratiche per il museo di Storia naturale e planetario in “La Sicilia” 26.4.83 p.6 • Si apre il convegno sul planetario e il museo di Scienze naturali in “La Sicilia” 28.4.83 p.7

74

• Il sindaco: ”Faremo il museo e il planetario gli starà a fianco” in “La Sicilia” 29.4.83 p.6 • Il Castello Ursino allo stato primitivo in “La Sicilia” 8.11.83 p.7 • Forse sarà ampliato il museo belliniano in “La Sicilia” 16.3.84 p.7 • E’ possibile riaprire il Castello Ursino? in “La Sicilia” 27.5.84 p.6 • La casa do Verga aperta al pubblico da venerdì prossimo in “La Sicilia” 20.10.84 • Stanziato un miliardo per sistemare il museo di Castello Ursino in “La Sicilia” 3.3.85 p.7 • Tre lettere fanno luce sulla vicenda del museo di Scienze naturali in “La Sicilia” 23.5.85 p.6 • Una proposta operativa per il museo delle Scienze in “La Sicilia” 26.5.85 p.5 • La spinetta di Bellini in “La Sicilia” 6.10.85 p.6 • Rapinatori al museo belliniano in “La Sicilia” 16.11.86 p.9 • Dove sono i cimeli rapinati in “La Sicilia” 17.2.87 p.7 • Castello Ursino chiuso al pubblico (da ieri e per due anni ancora) in “La Sicilia” 9.7.87 p.6 • Recuperati i cimeli rubati in “La Sicilia” 1.8.87 p.7 • Museo la chiesa di S. Michele Arcangelo in “La Sicilia” 11.4.90 p.12 • Derubato il Cigno in “La Sicilia” 1991 (post 19/7 ante 13/8) • Il Museo di storia culturale (sic) e quella di Castello Ursino in “La Sicilia” 19.7.91 p.4 • Anno del castello Ursino in “La Sicilia” 26.1.92 p.16 • Museo delle Scienze in “La Sicilia” 18.5.93 p.14 • Ridiamo la vita ai monumenti in “La Sicilia” 28.9.93 P.11 • Esposto alla Procura. Le opere del castello Ursino in “La Sicilia” 2.12.93 p.17 • Castello Ursino riapre a novembre? In “La Sicilia” 20.7.94 p.16 • Riapre il Castello in “La Sicilia” 11.9.94 p.15 • “Stiamo lavorando con molto impegno” in “La Sicilia” 24.8.95 p.14 • “Probabilmente falsi, ma resta il saccheggio” in “La Sicilia” 26.8.95 p.15 • Scomparsi anche i bronzetti greco-romani? in “La Sicilia” 28.8.95 p.10 • Musei d’Italia - Catania e provincia a cura del Touring Club Italiano, Milano 1996 • Castello Ursino nuova luce in “La Sicilia” 13.4.97 p.20 • Il Castello Ursino resterà chiuso fino alla fine di luglio in “La Sicilia” 1.7.97 • Avviate le procedure per la donazione in “La Sicilia” 30.7.97 p.12 • Le “carte di Verga” Rete e Rifondazione chiedono chiarezza in “La Sicilia “ 1.9.97 p.11 • Da oggi a Castello Ursino la mostra in “La Sicilia” 24.11.97 p.16 • Musei d’Italia Bell’Italia Grandi Guide, Bergamo 1997

in “La Sicilia” 24.8.95 p.14 • Un museo archeologico regionale in “La Sicilia” 25.6.2000 p.14 • La Manifattura Tabacchi ospiterà il museo archeologico in “La Sicilia” 8.8.2000 p.16