Il castello di Leno

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IL CASTELLO DI LENO RICERCA DI FRANCESCO BERARDI & GIACOMO MIGLIOLI Marzo 2013

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Ricerca degli alunni Francesco Berardi e Giacomo Miglioli, della Scuola Secondaria di I grado Carlo Dossi di Leno. Insegnante Anna Piccinno, anno scolastico 2012-13

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IL CASTELLO DI LENO

RICERCA DI

FRANCESCO BERARDI &

GIACOMO MIGLIOLI

Marzo 2013

LENO: MONASTERO E TERRITORIO NOTE ARCHEOLOGICHE PRELIMINARI

ANDREA BREDA

Soltanto nel XII secolo, e in modo ancora incerto, sembra di intravedere una fortificazione dell’abitato distinta da quella dell’abbazia: il “castellum Leni” che potrebbe coincidere con l’area quadrangolare di poco più di un ettaro, recinta da fossati, ancora perfettamente individuata attorno alla parrocchiale dalle mappe catastali del primo ’800 (a). Il castello racchiudeva oltre alla chiesa di S. Pietro, case, terreni e anche l’“hospitale” del monastero, cioè la foresteria per i visitatori, un edificio a due piani, certo di notevoli dimensioni e di elevato tenore visto che in esso l’imperatore Federico Barbarossa presiedette nel 1185 un’assemblea giudiziaria. Al di fuori del castello, fin dagli inizi del XII secolo, ma probabilmente anche da prima, si estendeva la “terra”, ovvero il grosso dell’abitato, che si articolava in borghi e contrade periferiche sviluppatisi specie a ovest e a sud attorno alle strade per Manerbio e Gottolengo (b).

a - Leno, localizzazione del castello medievale sulla mappa del catasto napoleonico.

b - Leno, mappa dell’abitato e del circondario meridionale (XVII o XVIII secolo). La pianta-veduta, probabilmente in origine allegata ad una relazione o ad un carteggio concernenti diritti sulle acque, pur

raffigurando in modo sommario e parziale l’abitato, è un prezioso documento per la conoscenza

dell’abbazia. Oltre a confermare la presenza del protiro e la posizione del campanile rispetto alla

chiesa abbaziale, nonché la localizzazione della scomparsa chiesetta romanica di S. Scolastica (detta anche del Sepolcro) “in burgo de Leno” , essa costituisce infatti l’unica testimonianza iconografica del castrum medievale, le cui difese, come quelle di

molti altri centri della pianura bresciana, sopravvissero sia pure allo stato di rudere, fino a

secoli recenti

DOCUMENTI LEONENSI NELL’ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI BRESCIA

LEONARDO LEO

Ottone III imperatore conferma la sentenza del proprio messo nella controversia tra l’abate di Leno e Riperto, che ha costruito un castello sulla terra del monastero.

DUE FONTI MODERNE PER LA STORIA DI LENO: CORNELIO ADRO E ARNOLD WION

LUCIA SIGNORI

L’anno del Signore 1001 si trovava abbate uno chiamato Fuvizane [cassato posteriormente: Luizone] et un certo chiamato Riperto di molto potere, edificò un castello sopra il territorio di Leno pertinente all’abbadia, chiamando questo castello Dale, senza far moto alcuno all’abbate.

Tratto da: www1.popolis.it/abbazia/EP/UpLoadDocumenti/26052001_009.pdf - lingua:it

Tratto da: ENCICLOPEDIA BRESCIANA EDIZIONE VOCE DEL

POPOLO DEL 1987 conservato presso la Biblioteca Richeriana in Villa Badia

LENO (…) Mentre il primo nucleo si sviluppò ad occidente della celebre Abbazia, intorno al castello ed alla chiesa plebana, la borgata andò poi distendendosi lungo le strade provinciali (…)

(…) L’insicurezza che andò accentuandosi nei sec. IX e X e più ancora le invasioni ungare e le esigenze di difesa anche contro le prevaricazioni dei signori locali, spinsero la popolazione a far leva sul monastero per la difesa e la sicurezza. Fra questi l’abate Donnino nel 934, assoldati in suo aiuto degli armati per difendersi dagli ungari oltre che per costruire opere di fortificazione intorno all’abbazia, al nucleo abitato, erige un vero castello del quale l’abate diventa il signore oltre che proprietario fondiario. Le fortificazioni ed il castello richiamano gli abitanti che vi trovano abitazione, attività artigianale ed il mercato. Le sorti del castello come quelle della popolazione rimangono legate al monastero, mentre nelle campagne si rafforzano i feudatari e i vassalli dello stesso. Attorno al mille l’abate Luizzone riesce a scacciare dal territorio l’usurpatore Riperto che aveva costruito un suo castello chiamato “castellazzo”. Nel 1158 il castello di Leno viene messo a ferro e fuoco a quanto sembra da Ladislao, duca di Brescia, al seguito del Barbarossa. Finora si è trattato di una stretta sudditanza al monastero. Nel XII accanto al castello è già sorto il “borgo” imposto dallo sviluppo demografico e dall’infittirsi di nuove costruzioni che debordano dal castello, dando origine ad un nuovo agglomerato urbano, che si va dilatando nella pianura. E’ contornato da orti e poco lontano sta la chiesa plebana di S. Giovanni con accanto il cimitero. Verso la metà del secolo XII sorge ad ovest dell’abbazia e della piazza antistante, la chiesa di S. Benedetto che, allargandosi il borgo a sud e a ovest del castello, diventa sempre più il cuore del nuovo centro abitato.

(…) Nel 1247 il castello viene occupato da Ezzelino da Romano, riconquistato poi dai bresciani.

(…) Sulla fine del sec. XIV Federico Gambara edifica in Leno con l’assenso degli abitanti con l’assenso degli abitanti, un suo castello. Egli viene accusato presso il conte di Virtù di grande arbitrio, ma mostrando lettere di consenso del duca dei Milano e giurando di aver fondato la rocca solo per garantire maggiore sicurezza a Leno e per lo stesso stato visconteo, viene non solo assolto ma ottiene da Giangaleazzo la rinnovazione del feudo, obbligandolo a custodirlo in appoggio alla politica viscontea (…)

(…) In irrimediabile decadenza e già da secoli abbandonata l’abbazia nel 1609, (…) il castello circondato di fosse, la maggior parte distrutte “perché le pietre vengono portate in altri luoghi per far case” e la borgata cinta attorno di “mure di circuito di un quarto di miglio con case dentro abitate da particolar”. Anche se la Serenissima non vi manda un vicario, e lo inserisce nella “quadra” di Ghedi, Leno è uno dei più prosperi centri della pianura e va assumendo, con la distruzione del castello, l’aspetto di un pacifico paese di campagna.

Il castello di Leno viene collegato a ALBERTO I CASALOLDO che nacque probabilmente intorno al 1160-1170 da una famiglia di conti rurali, i comites di Casaloldo, la cui sede era il piccolo centro di Casaloldo, in provincia di Mantova, ma all'epoca nella contea di Brescia[1].

Il conte Alberto, in quanto signore rurale, aveva ereditato dai propri avi possedimenti e diritti signorili in una zona della pianura bresciana sud-orientale chiamata all'epoca Comitatus, a causa della presenza di numerose famiglie di conti discendenti dal ceppo degli Ugonidi; in particolare risulta che egli vantava beni e poteri politici nelle località di Asola, Mosio di Acquanegra sul Chiese, Mariana Mantovana, Redondesco, Casaloldo.[2]

Alberto è il primo esponente della stirpe dei conti Ugonidi ad intitolarsi stabilmente col predicato “da Casaloldo”: per questo motivo, per i suoi rapporti stretti con l'impero, e per l'importanza che la sua figura ha assunto nella vita politica comunale, soprattutto a Brescia e a Mantova, è considerato il capostipite del ramo dei conti di Casaloldo.[3]

Alberto si rifugiò allora, insieme agli altri fuoriusciti, tra cui primeggiava Vifredo Confalonieri, nel castello di Leno, dove fu fondata una nuova consorteria, detta dei “militi di Leno”, anche con l'appoggio dell'abate della locale abbazia benedettina.[18] Espulso con la sua società anche dalla base di Leno,[19], il Casaloldo proseguì nelle campagne la resistenza contro il governo bresciano sino a quando, grazie ai buoni uffici del podestà allora in carica, il marchese di Soragna Guido Lupi, cremonese, non venne riammesso in Brescia, tra il luglio e l'ottobre 1207. Furono infatti i Cremonesi a mediare tra le due fazioni in cui si era spaccato il partito dei nobili, quella dei Gonfalonieri – rimasta in città - e quella dei Casalodi – rifugiatasi a Leno -.[20]

Tratto da: Wikipedia