Il Carnevale Satrianese- Il Pietrafesano

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Il Pietrafesano

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Focus sul Carnevale satrianese. A colori.

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Il Pietrafesano

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Numero 1 Anno 2 (11)

ilpietrafesano.altervista.org

Con Aurelio Zuroli, Antonio Santopietro, Lorenzo Bla-si, Simone Pettenon, Antonio Pascale, Michele Lavia-no.

Foto di Copertina di Francesca Zito

Grafica di Antonio Santopietro

Stampato presso Tipografia Fravingraf (Satriano)

Patrocinato da AL PARCO LUCANO

@pietrafesano

[email protected]

Anche quest'anno Satriano si appre-sta rivivere il Carnevale, rinnovando e rivivendo tradizioni e usanze che rinsaldano puntualmente il legame fra la terra e i suoi abitanti. Sì, per-ché il carnevale ogni anno riallaccia i satrianesi di oggi, e in particolare i giovani, ai loro antichi padri, ad un'antica civiltà contadina che nella sua semplicità e nella sua povertà riuscì a trovare una dimensione di nobiltà. La nobiltà della terra, del lavoro e, quando furono costretti ad abbandonare la loro terra, del co-raggio e dell'intraprendenza, ma allo stesso tempo non dimenticando i valori dell'amicizia, della solidarietà e dello stare insieme. Ed ecco che il Carnevale assumeva una connota-zione sociale oltre che festiva, per-mettendo ad ognuno di godersi qualche giorno di festa e di riposo e a volte vendicarsi di qualche torto, celando il proprio volto dietro la maschera. Questi antichi riti sono sopravvissuti nel tempo, restando sempre attuali e non perdendo mai il loro significato, continuando a ispirare diverse interpretazioni tutta-via senza essere mai snaturate. Co-me il Rumita, che è da alcuni visto come un povero mendicante, da altri come uno spirito dei boschi, dai giovani di oggi come un simbolo ecologista, riuscendo a ricreare di anno in anno il fascino che l'ibrido

fra l'uomo e l'albero esercita sulla gente. Perché in definitiva il Rumita altro non è che un simbolo, una metafora del rapporto di simbiosi che vi deve essere fra gli uomini e il bosco. Aurelio Zuroli

Dal latino

CARNEM LEVARE

Ovvero eliminare la carne in preparazione del periodo di astinenza della Quaresima.

6 FEBBRAIO 2016

Ore 15:00 @Centro storico

Partenza sfilata maschere tipiche.

'A Zita: messa in scena del matrimo-

nio con lo scambio dei

Ore 18:30 @Piazza Abbamonte

Fine del corteo e Festeggiamento

della Zita con balli e canti spontanei

7 FEBBRAIO 2016

Ore 7:00 nei Vicoli del paese

Rumita spontanei

Ore 10:00

Visita guidata ai Murales seguendo

le tracce dei Rumita

Info per prenotazioni: 3286991733

Ore 12:00 @Piazza Satrianesi nel

Mondo

Raduno e premiazione Rumita spon-

tanei

Ore 13:00 @Bosco Spera

Check-in vestizione dei 131 Rumita

Ore 15:00 @Bosco Spera

Partenza Foresta che cammina

Ore 18:30 @Piazza Abbamonte

Fine della Foresta che cammina at-

torno al falò

Canti e balli spontanei

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Qual è stata la forza del Carnevale,

che gli ha permesso di resistere

negli anni, anche attraversando

momenti più o meno fortunati,

seppur senza mai scomparire?

In primo luogo, la forte tradizione

carnevalesca, che ha da sempre ani-

mato i satrianesi, ha permesso di man-

tenere in vita le nostre tradizioni. L’at-

tualità del Carnevale di Satriano sta

nell’innovazione che i ragazzi di Al

Parco hanno dato alla figura del Ru-

mita, riadattandone il significato in

chiave ecologista.

Non si incorre nel rischio che

un’eccessiva innovazione possa

snaturare il vero significato del

Carnevale? Come possiamo conci-

liare la tradizione con l’innovazio-

ne?

No, non c’è questo rischio. Noi evitia-

mo di spettacolarizzare la festa tute-

landone i suoi aspetti, cercando di

mantenere viva la tradizione, ne è

esempio il Rumita spontaneo, che

stiamo cercando di valorizzare isti-

tuendo una premiazione per i più fe-

deli alla tradizione. A ciò si è aggiunta

recentemente la Foresta che cammina.

Quali sono le maggiori preoccupa-

zioni e gli impegni che comporta

l’organizzazione del Carnevale?

La prima preoccupazione è stata il

reperimento dell’edera, e la costruzio-

ne di così tanti Rumiti. Inizialmente

eravamo in pochi, ma pian piano si

sono aggiunti tanti ragazzi che rappre-

sentano il futuro di questa tradizione.

Una parte fondamentale per la buona

riuscita dell’evento è la comunicazio-

ne realizzata anche attraverso giornali

e riviste di tiratura nazionale, come il

Corriere o Gioia.

Come si è evoluta la struttura co-

struttiva del Rumita?

Inizialmente il Rumita nasceva da

semplici tralci d’edera legati sulla nuca

e sulle braccia risultando stremante

pesante e quindi stancante da indossa-

re. Inoltre la maschera non poteva

essere riutilizzata. In seguito si appor-

tò una modifica tanto semplice quan-

to efficace: i ragazzi iniziarono a por-

tare un casco, che permetteva di alleg-

gerire la pressione sulla testa. Tutta-

via, risultando ancora stancante, ven-

ne ideata la struttura che viene utiliz-

zata tutt’oggi. I tralci d’edera non ven-

nero più legati alla persona, bensì ad

una gabbia, che alleggerisce il peso ed

è facilmente rimovibile e riutilizzabile.

Il Rumita è una figura che attrae

di più rispetto alle altre. Qual è

secondo te la sua potenzialità?

Innanzitutto il Rumita è una maschera

tipicamente satrianese, assente in altri

riti carnevaleschi. Inoltre è una figura

comunicativa e carica di espressività.

La fusione tra l'uomo e l'albero ha da

sempre attratto la curiosità di molti

tra i quali anche il regista Michelange-

lo Frammartino che ha portato il Ru-

mita al MOMA di New York, con

una videoinstallazione. La nostra ma-

schera ha affascinato anche la com-

missione europea per la scelta della

capitale della Cultura, quando ha in-

contrato il Rumita a seguito della

camminata che da Satriano ci ha por-

tati nella città dei sassi, vincitrice del

titolo. A ottobre abbiamo avuto ulte-

riore riconferma del carisma del Ru-

mita, coinvolto con Coldiretti ad una

visita all'Expo attraendo la curiosità

dei tanti turisti.

Da quanto detto si evince la gran-

de difficoltà della messa in opera

dell'evento. Hai mai pensato di

rinunciare a realizzare il Carneva-

le?

Io tutti gli anni penso che l'anno se-

guente non organizzerò il Carnevale,

ma quando alla fine, vedo i 131 Rumi-

ti impossessarsi della piazza, già so

che l'anno dopo sarò di nuovo nell'or-

ganizzazione. Zuroli & Santopietro

colloquio con

per Al Parco Lucano

Intervista ad un organizzatore del Carnevale. Proviamo ad entrare nelle dinamiche.

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La prassi Natalizia

Nessuno sa chi si nasconda sotto quel grande mucchio di foglie d’e-dera. Un uomo, certamente. Ma non può parlare, violerebbe il si-gnificato della maschera. Forse riu-scirete a guardare gli occhi tramite una piccola fessura che si apre tra il verde. Ma sappiate, è un impresa ardua, in pochi ci sono riusciti, e potrebbe pungervi con il fruscio! Si aggira per le strade del paese portandolo con sé: è un bastone al cui apice sono posti dei rametti di pungitopo. Il suo modo di bussare è diverso da quelli conformi: non suona il campanello, né bussa sulla porta, ma struscia il fruscio sulla stessa. Chi sarà capace di ricevere il messaggio e di aderire al richiamo potrà donare qualcosa, in cambio di buon auspicio. Sì, perché sareb-be mal costume prendere i soldi e fuggire via, il Rumita semina anche un po’ di fortuna sia quando vi vi-sita a casa sia quando –ahimè– vi punge con il fruscio.

Le origini di questa particolare ma-schera si perdono forse in riti celti-ci, tuttavia, sappiamo per certo che il Rumita assume significati e scopi diversi in base alle circostanze. In passato erano i più poveri a vestirsi d’edera, rendendosi mendicanti riuscendo a raccogliere qualcosa.

Nei tempi remoti rappresentava

uno spirito francescano, ma con l’inizio delle emigrazioni divenne simbolo dell'uomo che in passato decise di non partire e restare in paese, trasformandosi in un eremi-ta, per l'appunto, in diretta con-trapposizione con la maschera dell'Orso, festaiolo felicemente emigrato e arricchito.

Adesso invece, i giovani satrianesi credono in un significato ecologi-sta: "ristabilire un rapporto antico con la Terra per rispettare gli uo-mini e le donne che la abiteranno in futuro." Hanno infatti rimoder-nato la festa del Carnevale satria-nese rendendola completamente ecologica. Ad esempio, i carri alle-gorici sono non motorizzati.

L'artista Silvio Giordano (vedi in-tervista) lo interpreta invece come sentinella.

Il Rumita non possiede un suo si-

gnificato, come allo stesso modo è

impossibile trovare un termine ita-

liano vero e proprio per tradurlo.

E' il comportamento di questa ma-

schera, silenziosa e mite, che più si

avvicina al termine eremita, ma in

realtà è ben più di un uomo isolato

dal resto del mondo.

Antonio Santopietro

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Il Pietrafesano| 5

Abbiamo incontrato Silvio Giordano, autore della statua del Rumita colloca-ta in piazza Satrianesi nel Mondo. Come è nato questo progetto? Il progetto nasce dall'esigenza del co-mune di Satriano di fare qualcosa che abbellisse ulteriormente il paese, ma che fosse diverso dai soliti arredi ur-bani, e si è pensato quindi ad un opera d’arte pubblica. Qualcosa che potesse rappresentare Satriano e che potesse divenire anche un attrattore turistico. Abbiamo però deciso di evitare instal-lazioni multimediali, bensì abbiamo optato per un qualcosa che potesse rimanere in eterno ragionando su un ottica globale. Conosci il regista Michelangelo Frammartino? L'avevo già conosciuto tramite inter-net e avevo sentito molto parlare dell'istallazione video che Micheange-lo Frammartino aveva portato fino al MOMA di New York. Sono rimasto colpito da come un personaggio quale il Rumita possa essere così affascinan-te e così esotico all’estero. Qual è stata la prima sensazione che il Rumita ti ha suscitato? Modernità. Il Rumita mi ha subito richiamato alla mente l'arte povera, che in questo momento è la forma d' arte più quotata, e mi colpisce il fatto di come si possano organizzare e coordinare 131 persone.

Dato che ognuno riesce ad inter-pretare la figura del Rumita in mo-do diverso, cosa rappresenta per te, dopo averlo studiato e dopo averlo rappresentato? Per me il Rumita è una sentinella a guardia del paese ma anche di un mes-saggio, un promemoria che ci ricorda che siamo meridionali e che abbiamo una cultura importante. Per questo, con la mia scultura ho voluto concilia-re la bellezza, che è alla base di ogni forma artistica, con un messaggio. Dunque, non lo legherei eccessiva-mente al verde, ma anche alle favole ed alle tradizioni arboree. Come possiamo definire dal punto di vista tecnico l’opera? In realtà non ha uno specifico linguag-gio tecnico, non essendo un blocco di un materiale specifico. La novità con-siste nel fatto che siamo partiti dai disegni del corpo umano miscelandoli con un albero, rendendo l’uomo il figlio della natura. La tecnica è stata plasmata in base alle esigenze dell’i-dea, già partendo dal fatto che dovrà essere eterna. E’ costruita con uno scheletro in metallo, calcestruzzo ar-mato, e resine superficiali per il rive-stimento. Le foglie sono costruite sin-golarmente ed in seguito applicate. Quindi l’opera può definirsi installa-zione permanente essendo costruita

ad hoc, anche se tecnicamente è una scultura. Cosa ne pensi di Satriano? Mi piace molto. Parlando di un luogo, intendiamo la città anche attraverso la società che la vive, come nella visione della polis greca. Satriano è bella, ma la vera differenza rispetto agli altri paesi è la sua voglia di fare. Poi ha due elementi caratterizzanti: il Pietrafesa ed il Rumita che probabilmente nean-che Potenza possiede. Frequento Sa-triano da quando avevo diciassette anni perché mi chiamavano a fare graffiti, e ciò mostra la vostra apertu-ra. Anche i ragazzi dimostravano ciò con il loro stile di vita, la musica che ascoltavano, i concerti che organizza-vano, gli ospiti che invitavano ai loro tanti eventi. E credo che tutto ciò av-venga tuttora. Satriano nei suoi eventi si è presentata in modo vivace ma con la giusta raffi-natezza. Hai progetti futuri sul Rumita? Si, mi piacerebbe continuare, è un soggetto che mi ispira. Sarebbe gran-diosa un’installazione con 131 Rumiti che rimangano per sempre, ognuno a rappresentare il proprio comune. Zuroli e Santopietro

colloquio con

artista

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LE MASCHERE 6| Il Pietrafesano

L’Orso, maschera comune a più tradizioni carnevalesche

lucane, rappresenta l’antitesi del Rumita. Infatti, a differenza

di quest’ultimo, rimasto a Satriano e per questo ridotto alla

miseria tanto che è portato a coprirsi d’edera, l’Urs ha avuto

il coraggio e l’ardire di emigrare, e ritorna in patria arricchi-

to, come rappresentano le ricche pellicce con le quali si ve-

ste. Anche gli orsi come il Rumita sono maschere mute, for-

se perché, a causa della lunga lontananza da casa, hanno

dimenticato la lingua madre. Per ciò si esprimono solo con i

campanacci che portano legati al collo e che si divertono a

suonare per creare frastuono. Un’altra caratteristica che lo

differenzia dal Rumita è la sua prepotenza e la sua arrogan-

za, a causa delle quali è continuamente accompagnato da un

pastore che lo tiene incatenato e lo percuote con un bastone

qualora creasse eccessivo scompiglio.

è la terza maschera a sfilare, forse perché rappresenta il pe-

riodo di penitenza, digiuno e mortificazione della carne che

segue al carnevale. La quaresima si aggira per le vie del pae-

se disperandosi e recando in una naca, particolare culla in

legno che può essere trasportata appoggiandola sulla testa,

un bambino che secondo alcune interpretazioni rappresen-

terebbe il carnevale morente. La Quaresima si veste avvol-

gendosi in panni scuri dai quali emerge la sua malinconia e

la sua sfortuna deducibili anche dalla faccia inverosimilmen-

te bianca e dalla bocca storta.

La Quaresima è l’unica maschera che la tradizione preveda

possa parlare, anzi si esprime gridando la sua filastrocca

(vedi pag. 8), per comunicare a tutti il suo dolore.

è una messinscena corale del matrimonio. La particolarità

consiste nel ribaltamento dei ruoli: tutti i personaggi ma-

schili, sposo compreso, vengono interpretati da donne e

viceversa. L’officiante ed i chierici del matrimonio sono gli

unici a non subire lo scambio del ruolo.

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Satriano: un paese da scoprire. Il Pietrafesano| 7

San Rocco è il patrono di Satriano e del circondario. Il

Santo francese viene onorato in ben 3 occasioni all’an-

no, il 16 dei mesi di Maggio e Agosto e Dicembre. I fe-

steggiamenti maggiori avvengono però durante il mese

estivo quando il simulacro viene trionfalmente portato

sul suo trono aureo in processione per le vie del paese

preceduto da altri 3 giorni durante i quali si celebrano le

memorie di Santa Lucia, San Donato e la Madonna As-

sunta, il giorno di Ferragosto. La processione del Santo,

seppure in forma minore, si svolge anche il 16 di Mag-

gio.

TORRE CAMPANARIA

Probabilmente l’opera archi-

tettonica di maggior pregio di

Satriano e una delle più im-

portanti della zona, il campa-

nile sovrasta l’abitato con i

suoi quaranta metri. L’archi-

tetto ideatore di questa co-

struzione è incerto, anche se

le ipotesi più accreditate con-

vergono su Caramuel, vesco-

vo di Satriano, progettista di

molteplici costruzioni e auto-

re di saggi matematici.

CHIESA MATRICE

La moderna chiesa madre costruita in seguito all’ab-

battimento del precedente edificio seicentesco, irrime-

diabilmente danneggiato da terremoti e guerre, si erge

al centro del borgo.

Si presenta in uno stile neoromanico in cui è possibile

ammirare le prodezze dell’architettura moderna, fra le

quali e specialmente il soffitto a ventaglio, primo in

Italia di questo genere.

All’interno sono custodite varie immagini, tra cui la

statua lignea del patrono San Rocco, capolavoro di

Giacomo Colombo, scultore seicentesco.

SAN GIOVANNI

A poca distanza dal centro abitato sorge la piccola cappella dedicata a San Gio-vanni Battista. Note-voli sono gli affre-schi di Giovanni de Gregori, il maggiore pittore del seicento lucano, nativo di Sa-triano. Sono raffigu-rati Dio, due cheru-bini che incoronano il Santo e i quattro evangelisti.

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Nun gè Carnuvèl senza lun r fruvèr. Non c'è carnevale senza luna di febbraio

Carnuvèl mij valend, oscj maccarun e craij p'lènd. Il giorno di carnevale si mangia maccheroni, il giorno successivo solo polenta

Carnuvèl chin r 'mbruogli, oscj maccarun e craj mangj fogli. Carnevale pieno di imbrogli, oggi mangio maccheroni e domani verdura

Carnuval carnuvalicchj' ramm nu'poc r sau-cicchj e si nun m'lu vuoi rà ca t'pozzan mbra-cetà. Carnevale carnevalicchio dammi un pò di sal-siccia e se non me la vuoi dare che ti possano andare a male

Quare's'ma uocchj tort vaij chiangend p' nand r' port vaij r'cenn sciglj miej aggj pers' a cumbagnie Quaresima occhi storti và piangendo davanti le porte, và dicendo oh povera me ho perso la compagnia

TORRE Su una collina che domina la vallata sa-

trianese, sorge l’antica torre normanna di Satria-

num.

Sono tante le storie che parlano di questo insedia-

mento e di come fu distrutto e reso disabitato, ma

le certezze sono poche. Era un centro importante

per la sua posizione strategica che rendeva possibi-

le il controllo della zona. E’ possibile ammirare

resti dell’antica Torre, della necropoli e della Catte-

drale sede dell’antica diocesi di Satriano.

L’antica chiesa di Santa Maria di Co-stantinopoli, venera-ta anche come Ma-donna Assunta, è il più antico luogo di culto di Satriano, es-sendo stata eretta nel XIII secolo. Al suo interno, si possono ammirare molteplici opere, come tre gran-di tele probabilmente risalenti al XVII se-colo, un busto ligneo sempre del Colombo raffigurante San Giu-seppe con il Bambino ed il monumentale altare maggiore in pietra.

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