Il canone biblico - LUMSA

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Il canone biblico Teologia – Sacra Scrittura

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Il canone biblicoTeologia – Sacra Scrittura

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Come sono nati i libri della Bibbia?

Sono nati un po' occasionalmente, cioè non per un progetto prefabbricato, ma rispondendo a necessità concrete che via via emergevano. Molti libri della Sacra Scrittura sono il risultato della compilazione e della fusione di documenti sorti in periodi e ambienti diversi. Diversi materiali presenti in questi documenti erano prima circolati in forma di tradizioni orali.

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Ogni letteratura antica, che ad un certo punto diventa canonica, è sempre preceduta da una tradizione orale che in qualche modo ha, fenomenologicamente e nel divenire, il primato sulla redazione e sulla canonizzazione di un testo. Prima c’è una comunità religiosa viva, che esperisce eventi, crea sistemi di significato e li tramanda oralmente; poi c’è una cerchia di agiografi o discepoli che dà loro forma scritta; quindi un circolo di scribi copia, riproduce, trasmette…

Nella canonizzazione ha sempre luogo un doloroso processo di esclusione e di estromissione da parte dei materiali o di alcuni libri, spesso determinato da fattori del tutto casuali, oppure perché non ritenuti riflesso fedele della tradizione religiosa in cui si identifica la propria identità.

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CANONE E CANONICITÀ • La Bibbia è una biblioteca conclusa, per

ebrei e cristiani non è più possibile introdurvi libri nuovi, né togliere qualcuno dei libri già inseriti (cfr. Ap 22,18-19);

• Già al tempo di Gesù esisteva nel Giudaismo un «canone», un gruppo di libri scritti ritenuti ispirati da Dio e autorevoli: una convinzione consolidata dalla Tradizione.

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Il termine canoneÈ di origine sumerica ed è entrato nelle lingue semitiche con la radice qnh, da cui il sostantivo qaneh col significato di ‘verga, canna’ e più tardi di ‘canna di misurazione, regolo ’. Entrambi i significati sono stati assunti nella libra greca καννα; κανων, usato dai grammatici alessandrini con il significato di ‘regola o standard di eccellenza’

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Nel senso specifico di elenco di libri biblici riconosciuti, il termine canone inizia ad essere usato dai padri della Chiesa latina dopo la metà del IV secolo.

Benché tipico della Chiesa latina, il processo di standardizzazione di determinati corpus letterari è un fenomeno comune a tutte le culture. Non sappiamo come si siano manifestate le prime fasi del processo di canonizzazione della Bibbia ebraica.

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Non tutti i libri prodotti dell’antico Israele sono entrati a far parte della Bibbia, e questo può essere dipeso da fattori del tutto casuali o da scelte consapevoli. Molte opere andarono perdute.Nel processo complesso di canonizzazione dei testi della Bibbia ebraica, giocarono un ruolo determinante le scuole degli scribi che riproducevano e moltiplicavano le opere ritenute autorevoli e rispondenti alle loro ideologie, contribuirono a perpetuarle nei secoli, a farle diventare antiche, tradizionali e di conseguenza autorevoli e normative.Il processo di canonizzazione della Bibbia ebraica è stato certamente lungo e complesso in quanto i libri che ne fanno parte sono stati redatti nell’arco di mille anni.

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Giuseppe FlavioNella sua apologia del giudaismo, composta verso la fine del I secolo d.C., lo storico Flavio Giuseppe così parla delle Scritture del suo popolo: presso di noi non ci sono miriadi di libri discordi e contraddittori, ma soltanto ventidue libri che contengono la storia di ogni tempo, ai quali si presta giustamente fede. Di questi, cinque sono di Mosè, che comprendono le leggi e la tradizione dalla creazione dell’uomo fino alla sua morte; questo periodo dura circa tremila anni. Dalla morte di Mosè fino ad Artaserse, re dei persiani dopo Serse, i profeti dopo Mosè misero per iscritto gli eventi del loro tempo in tredici libri. I rimanenti quattro comprendono inni a Dio e consigli di vita per gli uomini (Contro Apione, 1,39-40).

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Quella che oggi chiamiamo Bibbia ebraica è storicamente la Bibbia farisaica. Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., conseguente alla rivolta contro Roma, fu il rabbinato l’unica istituzione che rimase a Israele, e i rabbini erano di orientamento prevalentemente farisaico. Distrutto il tempio, rimaneva però la sinagoga, luogo di preghiera e di studio. Una delle prime preoccupazioni dei rabbini di Palestina, perduto ogni resto di indipendenza politica, fu di salvare l’identità religiosa di Israele. A tale scopo nulla era più importante che stabilire con precisione quali fossero i libri sacri. Poiché i rabbini erano in grande maggioranza farisei, la Bibbia della loro tradizione divenne nel corso di una o due generazioni la Bibbia di tutto Israele, senza bisogno di un atto formale.

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• La Bibbia ebraica, come abbiamo studiato nella introduzione al Corso, è tripartita e comprende tre sezioni;

• La Torah, «La Legge», che corrisponde al Pentateuco cristiano (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio);

• I Nebi’îm, «i profeti», divisi in «anteriori» (Giosuè, Giudici, 1-2Samuele, 1-2Re) e «posteriori» (i profeti scrittori Isaia, Geremia, Ezechiele e la raccolta dei dodici profeti minori composta da Amos, Osea, Michea, Sofonia, Naum, Abacuc, Aggeo, Zaccaria, Malachia, Abdia, Gioele, Giona);

• I Ketûbîm, «gli scritti», che comprendono tutti gli altri libri del canone ebraico (Salmi, Giobbe, Proverbi, Rut, Cantico, Qohelet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra-Neemia, 1-2Cronache).

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• La tradizionale divisione dell’AT cristiano invece è quadripartita;

• Il Pentateuco, cioè Torah ebraica; • I Libri storici, che contengono i «profeti anteriori» della

Bibbia ebraica, altri libri che gli ebrei inseriscono tra gli scritti (Rut, Ester, 1-2Cronache, Esdra-Neemia) e, nella Bibbia cattolica, alcuni deuterocanonici (Tobia, Giuditta, 1-2Maccabei);

• I Libri poetici o sapienziali (Salmi, Cantico, Giobbe, Proverbi, Qohelet, Sapienza, Siracide);

• I Profeti (Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele, ai quali si aggiungono Lamentazioni, Baruc e i 12 profeti minori).

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• Sarebbe un inganno ritenere che l’AT cristiano e la TaNaKebraica siano equivalenti e lo sarebbe ancor di più pensare che questi abbiano la medesima direttrice di senso;

• L’incontro con le Scritture ebraiche è passato attraverso la traduzione greca della LXX, la quale presentava altri libri, oltre a quelli presenti nella Bibbia ebraica, molti dei quali faranno poi parte del canone più ampio.

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La versione dei LXXLa più antica traduzione del testo ebraico ed aramaico dell'Antico Testamento fu in greco, ed ebbe inizio nel terzo secolo a.C. ad Alessandria d'Egitto. La denominazione di versione dei Settanta nacque in relazione alla sola versione del Pentateuco, da cui comincio l'opera di traduzione. In seguito l'appellativo fu esteso alla versione di tutti i libri appartenenti al canone ebraico. A questi si aggiunge la traduzione di altri libri, che si è soliti considerare parte del cosiddetto canone Alessandrino, il cui testo originale in lingua semitica è perduto (Tobia, Giuditta, Baruc, 1 Maccabei, 1 Esdra), o parzialmente recuperato (Siracide). Ad alcuni libri sono state aggiunte sezioni(Daniele, Ester, Geremia) e altri libri ancora, scritti in greco, sono entrati a far parte del canone cristiano (Sapienza, 2 Maccabei) come le aggiunte suddette. Per quella che chiamiamo versione dei Settanta è possibile stabilire una cronologia di massima che pone l'inizio della prima metà del terzo secolo avanti Cristo. Il prologo greco del Siracide ci attesta che intorno al 130 a.C., data di arrivo in Egitto del nipote del Siracide, la legge, i profeti e i salmi erano già stati tradotti.Sull'origine della versione detta dei LXX possediamo due fonti principali in greco. La prima è costituita dalla lettera di Aristea a Filocrate, la cui datazione oscilla tra il secondo e il primo secolo avanti Cristo. La seconda è la rielaborazione della lettera contenuta nel capitolo XII delle antiquitates iudaicae di Flavio Giuseppe. In questi documenti il numero dei traduttori oscilla tra 70 e 72.

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Prima comunità cristiana

La prima metà del I secolo d.C. vede sorgere in Israele una nuova comunità religiosa, fondata da Gesù di Nazareth. In fatto di Sacra Scrittura, i Vangeli non mettono in evidenza alcun dato che faccia pensare che Gesù ne avesse una diversa da quella di tutti gli altri Israeliti che andavano al Tempio. Nel discorso della montagna troviamo la dichiarazione: «non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a portare a compimento» (Mt 5,17). «La Legge e i Profeti» è una designazione dell’intera Scrittura, non diversamente dalla «legge» di cui al versetto seguente si dichiara che «neppure una yod o un apice passeranno senza che tutto sia avvenuto» (Mt 5,18; cfr. Lc 16,17): tutto l’insieme dei libri sacri è quindi collocato sotto il segno della profezia destinata ad avere compimento.

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Ancora nel discorso della montagna Gesù insegna che fare agli altri quello che si vorrebbe fatto a sé, «questo è la legge e i profeti» (Mt 7,12); in un altro passo leggiamo che dai due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo «dipende l’intera legge e i profeti» (Mt 22,40), ovvero l’intera Scrittura. La parabola lucana del ricco epulone si conclude con l’ammonimento ad «ascoltare Mosè e i profeti» (Lc 16,29.31). Ai discepoli di Emmaus Gesù risorto spiega ciò che si riferisce a lui in tutte le Scritture, «a partire da Mosè e da tutti i profeti» (Lc 24,27), e più tardi a tutti i discepoli ripete che doveva compiersi tutto ciò che era stato scritto di lui «nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi» (Lc 24,44).

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Nell’epistolario paolino è presente anche la seconda lettera a Timoteo, il cui destinatario è rappresentato come uno che conosce le Sacre Scritture fin dalla tenera infanzia, e tutto ciò che in esse è scritto , essendo ispirato da Dio, è dichiarato utile per insegnare, rimproverare, correggere ed educare alla giustizia e alle buone opere (cfr. 3,15-17). La Sacra Scrittura è qui presentata come libro di istruzione ed educazione, che è bene cominciare a conoscere già da piccoli, e più specialmente ancora come principale libro di testo per coloro cui è affidata la guida della comunità cristiana.A quali Sacre Scritture si riferisce 2Tim 3,15? Di Timoteo gli Atti degli apostoli riferiscono (cfr. 16,1) che era figlio di padre greco e madre ebrea. Le Sacre Scritture che egli conosce fino dall’infanzia sono dunque, per il lettore di 2Tim 3,15, sicuramente le Scritture ebraiche.

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La seconda lettera a Timoteo è però, secondo l’opinione della maggioranza degli studiosi, deuteropaolina, cioè scritta a nome di Paolo da un uomo di una generazione successiva. Essa è dunque scritta in realtà quando il Tempio di Gerusalemme è stato distrutto ed è venuta meno la funzione regolatrice da esso esercitata in Israele. Questo fatto spiega come quello che nel II secolo d.C. comincia a essere chiamato Antico Testamento includa anche libri non facenti parte del canone rabbinico. Uno di questi è il Siracide; accanto al Siracide, vanno menzionati i vari libri detti dei Maccabei, che raccontano avvenimenti del II secolo a.C. e non possono pertanto pretendere di essere stati scritti prima della cessazione della profezia. Diverso è il caso di Tobia e Giuditta, le cui narrazioni sono ambientate in epoca più antica. Baruc e la Sapienza, a differenza di Daniele o di Qohelet, non hanno trovato credito in ambiente farisaico.

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La formazione del Canone del Nuovo TestamentoDue fattori contribuirono nel secondo secolo alla delimitazione più precisa di un canone del Nuovo Testamento: l’eresia di Marcione e l’eresia dello gnosticismo.L’eretico Marcione non rifiutò soltanto l’AT nella sua totalità, ma negò anche parte dell’attuale NT.Lo gnosticismo del secondo secolo, considerava anche rivelazioni particolari ottenute in incontri segreti con Cristo risorto, producendo nuovi vangeli e lettere.

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Nella storia della formazione del canone cristiano nel II secolo, un documento importante è costituito dal Frammento Muratoriano. Il frammento sostiene il carattere normativo dei 4 Vangeli, degli Atti degli Apostoli, di tredici lettere paoline, di altre tre lettere apostoliche (Giuda; 1-2 Giovanni) e dell’Apocalisse di Giovanni.Esclude dal canone due lettere contagiate da idee marcionite e alcune opere di maestri gnostici; è raccomandata una lettura soltanto privata del Pastore di Erma.Il più antico canone esistente del NT, che comprende senza discussione anche i ‘deuterocanonici’, si trova nella lettera festale di sant’Atanasio del 367; lo stesso elenco si trova nei canoni occidentali di Ippona (393), di Cartagine (397) e di Papa Innocenzo (405). Si tratta del Canone di 27 libri, sancito dal Concilio di Firenze e definito poi dal Concilio di Trento.

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L’incertezza fino al quarto secolo sui cosiddetti ‘deuterocanonici’ del NT è legata ai criteri che in linea di massima guidarono il riconoscimento progressivo della loro canonicità:1. L’origine apostolica del libro: la Chiesa post-apostolica

riconosceva il tempo in cui la sua fondazione fu portata a termine dal ministero degli Apostoli e dai loro più stretti collaboratori

2. La conformità del suo contenuto alla regola (o deposito) della fede apostolica: la scelta di questo criterio contribuì il rifiuto della letteratura marcionita e gnostica

3. Il suo uso nella liturgia: per sant’Agostino questo fu il criterio sul quale egli si basò per la difesa dei deuterocanonici dell’AT.

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I libri apocrifiApòkryphos è un vocabolo greco che significa "nascosto". Lo usa un

antico autore cristiano, Origene, per indicare presunti libri segreti, con i quali alcuni eretici, gli gnostici, sostenevano la loro versione del cristianesimo.Attualmente con l'espressione "libri apocrifi" si intende classificare una serie di libri non entrati a far parte del "canone" delle Scritture. Si tratta di una produzione letteraria abbondantissima - migliaia di pagine nelle moderne edizioni in lingue europee -, che fa riferimento sia all'Antico sia al Nuovo Testamento.Per quanto concerne i libri apocrifi dell'Antico Testamento, c'è anzitutto da ricordare che nel mondo protestante essi vengono indicati con il termine "pseudoepigrafi" (cioè scritti falsamente attribuiti ad un autore), essendo la designazione "apocrifi" riservata a quei libri che i cattolici identificano come "deuterocanonici" dell'Antico Testamento.

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Gli apocrifi/pseudoepigrafi dell'Antico Testamento comprendono scritti di varia natura, nati all'incirca tra il 200 a.C. e il 200 d.C.: apocalittici, sapienziali, preghiere, testamenti, ecc. Insieme agli scritti rinvenuti a Qumran e ai più antichi testi rabbinici, costituiscono fonti insostituibili per conoscere le diverse tendenze religiose dell'ebraismo nell'epoca neotestamentaria. Alcuni di questi testi presentano una spiccata attenzione alle tematiche escatologiche e messianiche, come il IV libro di Esdra, il Libro di Enoch o il Testamento dei dodici patriarchi. Non pochi hanno avuto correzioni e interpolazioni da parte di scribi cristiani.

Qualche parola in più sugli apocrifi del Nuovo Testamento. Vi si ritrovano testi che, almeno nel titolo, assumono lo stesso genere letterario degli scritti presenti nel canone neotestamentario: Vangelo di Pietro, di Giacomo, di Filippo, di Tommaso, ecc.; Atti di Giovanni, di Paolo, ecc.; Lettera di Paolo ai Laodicesi, ai Corinzi, a Seneca, ecc.; Apocalisse di Pietro, ecc.

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I Vangeli apocrifi, per limitarci ad essi, sembrano avere soprattutto interesse a colmare le lacune di informazione sui momenti principali della vita di Gesù. Ci sono, ad esempio, diversi "Vangeli dell'infanzia", ispirati al desiderio di sollevare un po' il velo sugli anni oscuri della vita di Gesù, ma anche Vangeli incentrati sulla vita pubblica, molti sulla passione e sulla risurrezione. Non mancano, però, testi che offrono una presentazione dell'insegnamento, della vicenda e della persona di Gesù nella prospettiva di una qualche tendenza eretica del cristianesimo dei primi secoli, come quelle ebionitiche e quelle gnostiche.Alcuni testi risalgono ad un'epoca abbastanza antica, come il Vangelo di Pietro o il Protovangelo di Giacomo, la cui composizione gli storici collocano generalmente nel II sec. d.C.; altri sono più tardivi, fino al VI sec. d.C. e oltre. Per diversi motivi (età tarda, fantasia dei racconti, dottrine non autentiche) non sono stati mai accolti dalla Chiesa tra i testi canonici, benché talvolta si trovino elencati tra i libri che si potevano leggere per il loro carattere edificante.Gli apocrifi contengono in ogni caso preziose testimonianze di pietà popolare e di tendenze teologiche diverse e, se non ci forniscono nuove informazioni credibili su Gesù né dati dottrinali inediti, ci informano indirettamente sull'ambiente spirituale delle comunità in cui vennero scritti.