Il Campo Magnetico Terrestre schema fisica

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IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE Il campo magnetico (B) è una perturbazione dello spazio generata da corrente elettrica (cariche in moto) o materiali con magnetizzazioni intrinseche. Si misura in Tesla. Esso può essere rappresentato con il metodo delle linee di forza, un modello matematico usato per visualizzare i campi. Inoltre, è un campo vettoriale, cioè per essere completamente definito necessita di una direzione (tangente le linee di forza), un verso (esce dal polo positivo e entra in quello negativo) e un modulo (l’intensità data dal numero di linee di forza per unità di volume). Il campo magnetico può essere generato da: calamita: l'attrazione che una calamita esercita su un pezzo di ferro, oppure su una seconda calamita, dimostra l'esistenza di un campo di forze, cui si da il nome di campo magnetico. filo conduttore per il quale passa una corrente elettrica I (Ampere/sec). Il movimento di cariche elettriche in generale è sempre legato alla generazione di un campo magnetico. Infatti l'ago di una bussola posta in prossimità del filo percorso da corrente devia dalla posizione d'equilibrio. Le estremità di una calamita presentano i poli, che vengono denominati polo Nord e Sud, rispettivamente. Si identifica come polo Nord quell'estremità della calamita che, se lasciata libera di ruotare, si rivolge verso il Nord geografico. Le linee di forza magnetica possono essere osservate dall'orientamento di un ago magnetico: esso si orienta sempre lungo la linea di forza del campo magnetico, detta anche direzione del campo nel punto considerato.

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IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE

Il campo magnetico (B) è una perturbazione dello spazio generata da corrente elettrica (cariche in moto) o materiali con magnetizzazioni intrinseche.Si misura in Tesla.

Esso può essere rappresentato con il metodo delle linee di forza, un modello matematico usato per visualizzare i campi. Inoltre, è un campo vettoriale, cioè per essere completamente definito necessita di una direzione (tangente le linee di forza), un verso (esce dal polo positivo e entra in quello negativo) e un modulo (l’intensità data dal numero di linee di forza per unità di volume).

Il campo magnetico può essere generato da:

calamita: l'attrazione che una calamita esercita su un pezzo di ferro, oppure su una seconda calamita, dimostra l'esistenza di un campo di forze, cui si da il nome di campo magnetico.

filo conduttore per il quale passa una corrente elettrica I (Ampere/sec).

Il movimento di cariche elettriche in generale è sempre legato alla generazione di un campo magnetico.Infatti l'ago di una bussola posta in prossimità del filo percorso da corrente devia dalla posizione d'equilibrio.

Le estremità di una calamita presentano i poli, che vengono denominati polo Nord e Sud, rispettivamente. Si identifica come polo Nord quell'estremità della calamita che, se lasciata libera di ruotare, si rivolge verso il Nord geografico.Le linee di forza magnetica possono essere osservate dall'orientamento di un ago magnetico: esso si orienta sempre lungo la linea di forza del campo magnetico, detta anche direzione del campo nel punto considerato.

Secondo la convenzione, le linee di forza escono dal polo Nord ed entrano dal polo Sud della calamita.

Il campo magnetico B (T) prodotto da una corrente I (A) passante per un filo rettilineo alla distanza r (m) del filo è:

2r

Le linee di forza formano cerchi concentrici centrati sul filo rettilineo che seguono il verso della mano destra.

= permeabilità magnetica del vuoto.

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CENNI STORICI

Nel corso della storia dell’Umanità si era già supposta l’esistenza di una forza magnetica che agisse sulla superficie terrestre.Sin dal tempo dei Greci oltre 2500 anni fa erano note le proprietà di un particolare minerale di ferro chiamato magnetite. Addirittura una prima ipotesi sull’origine del campo magnetico terrestre fu formulata nel 1200 da Pietro Peregrino di Maricourt, il quale, per spiegare l’orientamento verso nord di un ago magnetico, immaginò che al polo vi fossero grandi giacimenti di magnetite.

In seguito, in estremo oriente, venne inventata il primo prototipo di bussola, perfezionata ad Amalfi nella prima metà del XIII secolo.

Nel XVI sec. lo scienziato W. Gilbert cercò di studiare e di analizzare dettagliatamente le proprietà della magnetite. A tale scopo predispose dei piccoli cilindri di magnetite che chiamò "magneti" e nei suoi esperimenti si accorse che la proprietà di attirare la limatura di ferro si concentrava nelle estremità dei magneti, che chiamò poli magnetici e, nella sua opera “De Magnete”, asserì che “l’intera Terra è un grande magnete” il cui campo agisce sull’ago della bussola orientandolo in direzione nord

– sud.

Solo successivamente si capì che ciò non era vero in quanto la temperatura all’interno del pianeta non consente a nessuna sostanza di mantenersi magnetizzata.

Quando nell’800, si scoprì che un campo magnetico può essere prodotto da una corrente elettrica, si ipotizzò che il campo magnetico terrestre fosse generato da correnti prodotte nello stesso strato di ferro fuso che avvolge il nucleo solido del pianeta, attraverso un meccanismo di geodinamo.

Occorre però attendere fino al 1832 per avere una esatta configurazione del campo magnetico terrestre ad opera di K. F. Gauss (1777-1855) che per primo ne tracciò le linee di forza e ne iniziò lo studio dal punto di vista fisico - matematico.

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INTERPRETAZIONE DEL CAMPO MAGNETICO

Il campo magnetico terrestre può essere schematizzato come un enorme dipolo magnetico le cui linee di induzione magnetica escono dal Polo N magnetico ed entrano nel Polo S magnetico su un asse detto geomagnetico.

I punti in cui il diametro terrestre coincidente con la direzione del dipolo incontra la superficie sono detti poli geomagnetici: asse geomagnetico è il diametro terrestre anzidetto ed equatore geomagnetico è il cerchio massimo perpendicolare a questo asse e con centro in quello del dipolo.

I Poli magnetici non coincidono con quelli geografici ma formano un angolo, tra gli assi di rotazione e quello magnetico, di 11°30'.

Per effetto del campo magnetico terrestre un ago magnetico libero di muoversi si dispone parallelo alle linee di forza del campo in dato punto della crosta terreste e sarà verticale ai poli e orizzontale all'equatore (principio base della bussola).

Le linee di induzione magnetica sono orizzontali rispetto alla superficie terrestre solo all’equatore, in tutti gli altri punti la linea di induzione e la superficie terrestre in quel punto formano un angolo detto inclinazione magnetica.

Il polo situato nell’emisfero settentrionale, indicato convenzionalmente con B (boreale), ha polarità negativa e si trova a 78°30’ N, 69° W,

mentre l’altro, indicato con A (australe), risulta positivo, con posizione 78°30’ S, 111° E.

Quindi una volta individuato il polo nord magnetico, con la bussola, bisogna correggere il dato per poter individuare il polo nord geografico, utilizzando la declinazione magnetica, che è l’angolo che l’ago della bussola forma con il polo nord geografico, in un qualsiasi punto della superficie terrestre; questa ovviamente varia nel tempo e da un luogo all’altro.

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È importante ricordare anche che il polo nord magnetico si sposta continuamente intorno al polo nord geografico e, inoltre, oscilla di circa 10 km al giorno per via delle interazioni con lo strato ionizzato dell’atmosfera.Se in una bussola l’ago magnetico è libero di muoversi sia in orizzontale sia in verticale esso non si dispone su un piano perfettamente orizzontale: nell’emisfero settentrionale la punta che indica il nord tende verso il basso, nell’emisfero meridionale, invece tende verso il basso la punta che si orienta verso il polo sud. L’angolo compreso tra il piano d’inclinazione dell’ago e il piano orizzontale è detto inclinazione magnetica ed è dovuto al fatto che l’ago si dispone parallelamente alle linee di forza del campo che sono inclinate diversamente in base alla latitudine del luogo.

STRUTTURA E VARIAZIONI DEL CAMPO MAGNETICO

La composizione del campo magnetico terrestre viene suddivisa dagli scienziati in quattro componenti che sono:

Campo principale generato nel nucleo fluido tramite il meccanismo di geodinamo. Campo crostale dovuto alle rocce magnetizzate della crosta terrestre. Campo esterno provocato da correnti elettriche che fluiscono nella ionosfera e nella

magnetosfera come conseguenza dell'interazione tra il vento solare e il campo geomagnetico.

Campo d'induzione elettromagnetica generato da correnti indotte nella crosta e nel mantello dal campo esterno variabile nel tempo.

Gli studiosi ritengono che il campo principale rappresenti il 99% di tutto il campo magnetico osservato in superficie. Gli studi hanno dimostrato come il campo sia per il 95% analogo a quello generato da un dipolo situato al centro della Terra il cui asse è inclinato, rispetto all'asse di rotazione terrestre, di circa 11.5°.

È stato così elaborato un modello globale del campo geomagnetico che considera gli effetti del solo campo principale.

Il campo magnetico terrestre è un campo statico ma tuttavia soggetto a variazioni che possono essere: a lungo termine o a breve termine.

Le variazioni a lungo termine dette anche "Variazioni secolari", sono dovute all'azione delle sorgenti interne alla Terra, che generano il campo principale e hanno un tempo variabile tra 5 e 10 anni. L'ampiezza di queste variazioni, oscilla tra pochi nT e qualche decina di nT all'anno per le componenti intensive e da qualche primo a qualche decina di primi l'anno per l'inclinazione e la declinazione. Anche se la variazione secolare sembra avere andamenti diversi nei vari osservatori del mondo è considerato un fenomeno planetario. La variazione secolare osservata al suolo, negli ultimi 400 anni, è costituita da:

una precessione verso ovest dell'asse del dipolo di 0.008% all'anno; uno spostamento del dipolo verso nord dell'ordine di 2 km all'anno; una variazione di intensità del campo non dipolare al tasso medio di circa 10 nT all'anno.

Le variazioni a breve termine possono avvenire in poche ore o in anni, e sono collegate alle iterazioni tra il campo magnetico interno alla Terra e gli strati fortemente conduttivi nell’atmosfera. Queste variazioni possono essere divise in: regolari ed irregolari.

Tra le prime vi sono quelle giornaliere, determinate dalle azioni “mareali” del Sole e della Luna sulla ionosfera terrestre (lo strato ionizzato presente nell’atmosfera tra i 50 – 60 Km e 400 Km di altitudine) per esempio, alle medie latitudini, il vettore campo magnetico descrive un’ellisse durante

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il giorno, seguendo lo spostamento del Sole; quella mensile (ogni 27 giorni circa) che è messa in relazione con particolari campi magnetici della nostra stella.

Tra quelle irregolari, vi sono quelle che prendono il nome di tempeste magnetiche che sono collegate ad attività solari particolarmente intense, dette “brillamenti solari”, o più in generale all’attività delle macchie solari. 

Come ha dimostrato E. N. Parker nel 1958, il

vento solare è un plasma caldo emesso dalla corona solare, costituito essenzialmente da idrogeno ionizzato (protoni ed elettroni non legati fra loro). Questo flusso di particelle cariche, emesso dal Sole in direzione radiale con una velocità variabile da 400 a 800 km/s, genera un campo magnetico che, interagendo con quello terrestre, ne modella le linee di forza, che risultano leggermente schiacciate contro la Terra dalla parte rivolta al Sole ed allungate in modo da formare una coda dalla parte opposta.

Un gran numero di protoni e di elettroni energetici del vento solare penetra nel campo magnetico terrestre, dove rimane confinato in due regioni, denominate fasce di Van Allen, dal nome dello scienziato che ebbe l'occasione di scoprirle nel 1958.

FASCE DI VAN ALLEN

La presenza della fascia di van Allen era già stata teorizzata prima dell'era spaziale, ma ottenne una conferma sperimentale solo con il lancio delle missioni Explorer 1 ed Explorer III, sotto la supervisione del prof. James van Allen.

La fascia di van Allen consiste in realtà di due fasce che circondano il nostro pianeta, una interna ed una più esterna. Le particelle cariche sono distribuite in maniera tale che la fascia interna consiste principalmente di protoni, mentre quella esterna consiste principalmente di elettroni.

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L'atmosfera terrestre limita inferiormente l'estensione delle fasce ad un'altitudine di 200-1000 km; il loro confine superiore non arriva oltre i 40.000 Km ( che corrispondono a circa 7 raggi terrestri) di distanza dalla superficie della Terra.

La fascia di van Allen esterna si estende ad un'altitudine di circa 10.000–65.000 km ed è particolarmente intensa tra i 14.500 km e i 19.000 km. Si ritiene che essa consista di plasma intrappolato dalla magnetosfera della Terra.

La presenza di diverse categorie di particelle suggerisce che sia stata generata dalla concomitanza di diversi fenomeni.

La fascia di Van Allen interna si estende da circa 800 km fino a circa 4000 km al di sopra della superficie terrestre. Esistono buone prove per dimostrare che la fascia interna è composta di protoni ed elettroni derivati dal decadimento di neutroni prodotti nell'atmosfera terrestre da interazioni di raggi cosmici, mentre la fascia esterna e' costituita principalmente da particelle cariche emesse dal Sole. Un aumento del numero di queste particelle è associato con l'attività solare, e il loro allontanamento dalla fascia di radiazioni provoca le aurore boreali sui poli ed interruzioni delle trasmissioni radio.

Rispetto alla fascia interna, quella esterna è più estesa ed è caratterizzata da un livello di energia minore (meno di 1 MeV), che aumenta significativamente solo quando una tempesta magnetica provoca la risalita di nuove particelle dalla magnetosfera.

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Le particelle elettrocariche vengono respinte dalle regioni dove il campo magnetico è più intenso, ovvero quelle polari, e continuano a rimbalzare in direzione nord-sud nelle zone tropicali ed equatoriali.

Nel momento in cui la radiazioni solari vengono respinte, principalmente nelle zone polari, si generano quelle che vengono definite “Aurore polari”.

La separazione fra la fascia interna e quella esterna è causata dalla presenza di onde radio a bassa frequenza che respingono le eventuali particelle che potrebbero venirsi a trovare in tale regione. Tempeste magnetiche particolarmente intense possono spingere delle particelle cariche in questa zona, ma entro pochi giorni l'equilibrio viene ristabilito. In passato l'Unione Sovietica accusò gli Stati Uniti di aver dato origine alla fascia di van Allen interna a seguito di test nucleari effettuati nel Nevada; allo stesso modo, l'URSS stessa è stata accusata dagli statunitensi di aver generato la fascia esterna. Non è chiaro come gli effetti degli esperimenti nucleari avrebbero potuto superare l'atmosfera e raggiungere l'altitudine che caratterizza le fasce di radiazioni; certamente non è stata osservata alcuna diminuzione apprezzabile della loro intensità da quando i test nucleari nell'atmosfera sono stati banditi per trattato.

PALEOMAGNETISMODa tempo si è constatato che alcune rocce possiedono una magnetizzazione propria.Queste rocce contengono minerali ferromagnetici, cioè minerali che possiedono una magnetizzazione stabile che mantengono, indipendentemente dall’esistenza di un campo magnetico esterno. I minerali ferromagnetici più noti sono la magnetite e l’ematite.

Processi di Magnetizzazione delle rocce

Magnetizzazione permanente: Primaria: acquisita durante il processo genetico della roccia; il minerale perde la

magnetizzazione permanente solo se viene portato a una temperatura superiore al cosiddetto punto di Curie, il cui valore varia a seconda della natura della sostanza. Per l’ematite, ad esempio, la temperatura di Curie è 680°C, per la magnetite 580°C.

Secondaria: acquisita successivamente

Le modalità attraverso le quali una roccia acquisisce una magnetizzazione permanente possono essere diverse, ma dipendono da un unico fattore: durante le fasi di formazione di una roccia che contiene sostanze magnetizzabili, deve essere presente un campo magnetico esterno, capace di

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indurre un orientamento ordinato dei campi magnetici associati agli atomi dei minerali ferromagnetici.La magnetizzazione permanente viene quindi indotta dal c.m.t. esistente al momento della formazione della roccia.

a) materiale non sottoposto ad un

campo magnetico esterno

b) materiale sottoposto ad un campo

magnetico esterno

Da quanto detto precedentemente il punto di Curie corrisponde alla temperatura alla quale scompare il magnetismo permanente, quando si riscalda un materiale magnetico. Una fondamentale proprietà di molte rocce magnetiche è che, raffreddandosi sotto il punto di Curie, acquisiscono una magnetizzazione che ha la stessa direzione del campo magnetico in cui erano immerse al momento del raffreddamento.

Una lava fuoriuscendo da un vulcano, raffreddandosi, “si orienta”, assume cioè una magnetizzazione secondo il campo magnetico di quel luogo e di quel momento. Una volta divenuta roccia a meno di essere riportata sopra il punto di Curie, i dati magnetici rimangono registrati in questa lava per sempre, quasi fossero congelati. Questo magnetismo fossile, che si conserva anche se il campione di roccia è sottoposto a modesti disturbi meccanici, magnetici, termici e che quindi permane inalterato anche a distanza di decine o centinaia di milioni di anni, è detto paleomagnetismo.

Soltanto alcuni tipi di rocce risultano utili all’indagine paleomagnetica. Le lave basaltiche, ad esempio, appartengono a questa categoria; esse sono abbastanza ricche di minerali ferriferi ed acquisiscono la magnetizzazione mentre si raffreddano.Misure paleomagnetiche sono possibili anche su rocce sedimentarie ricche di ossido di ferro. Alcune di queste possono presentare una magnetizzazione permanente (detta magnetizzazione detritica residua). Questa magnetizzazione viene aquisita durante il processo di sedimentazione, quando detriti e frammenti molto piccoli, contenenti minerali già magnetizzati cadono nell’acqua del mare e tendono a depositarsi secondo il c.m.t. La magnetizzazione detritica è in genere molto più debole della termorimanente.

Principio fondamentale: La direzione ed l’intensità della magnetizzazione residua è proporzionale e parallela

rispettivamente al c.m.t. all'epoca della magnetizzazione.

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Procedimento in laboratorio: eliminare componenti di magnetizzazione secondaria, determinare i paleo-poli (poli paleo-geomagnetici): risalire ai paleo-poli da un insieme di

campioni, tenendo conto dell'inclinazione e della declinazione della magnetizzazione residua di ogni singolo campione.

Sfruttando questa proprietà i geofisici soprattutto negli anni cinquanta e sessanta cominciarono a raccogliere rocce di tutte le età e di varie parti del globo rilevando tre interessanti e sorprendenti fenomeni:

        La migrazione (apparente) dei poli,

        Le inversioni di polarità,

        Le anomalie magnetiche dei fondi oceanici.  

La migrazione dei poli

Negli ultimi cinquant’anni vari gruppi di ricercatori indagando sul paleomagnetismo presente in vari tipi di rocce distribuiti sia sul continente americano sia europeo, hanno registrato una continua variazione della posizione del polo nord attraverso le varie ere geologiche.L’indagine ha rilevato che circa 500 – 600 milioni di anni fa, il polo nord si trovava lungo l’equatore, nel mezzo dell’attuale Oceano Pacifico, inoltre i risultati ottenuti dall’analisi delle rocce americane rispetto a quelle europee davano posizioni diverse per il polo.

La spiegazione del fenomeno comportava due possibili soluzioni: o si facevano migrare i continenti mantenendo fissi i poli, o si facevano migrare i poli tenendo fissi i continenti.

All’inizio si pensava che la migrazione dei poli fosse causata dallo spostamento dell’asse di rotazione terrestre; quando ciò avviene, i poli, che sono i punti in cui tale asse incontra la superficie terrestre, si spostano su di essa compiendovi un certo tragitto.

Già nel 1889 l’astronomo italiano Schiapparelli aveva fatto notare che l’asse di rotazione terrestre può non coincidere con l’asse di inerzia.

I due assi corrisponderebbero solo nel caso in cui le masse che costituiscono la Terra fossero disposte con perfetta simmetria rispetto all’asse di rotazione terrestre, il che evidentemente non corrisponde alla realtà. Conseguentemente il movimento di rotazione non è del tutto regolare, e si è

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constatato che la posizione dei poli subisce in effetti dei piccoli spostamenti, dell’ordine di pochi metri attorno all’asse dell’ellissoide terrestre. In mancanza di perturbazioni esterne l’asse di rotazione terrestre, in accordo con la legge di conservazione del momento angolare, rimane praticamente fisso nello spazio.

L’unica ipotesi plausibile per spiegare l’apparente migrazione dei poli è quindi quella di considerare la deriva dei continenti; in realtà sono i continenti che, migrando sulla superficie del globo, si sono mossi rispetto all’asse di rotazione terrestre.

Inversioni di polarità

Un particolare aspetto del paleomagnetismo, riguarda le inversioni del campo geomagnetico, riconosciute per la prima volta quando a seguito dell’analisi delle colate laviche degli ultimi cinque

milioni di anni si riscontrò direzioni del campo paleomagnetico divergenti di 180°.

Irregolarmente, ma circa ogni mezzo milione di anni, il campo magnetico della Terra cambia polarità (il polo nord diventa polo sud e viceversa), impiegando qualche migliaio di anni ad invertire la propria direzione. Successivamente, usando vari metodi di datazione, si è potuto stabilire che queste inversioni si succedono con lo stesso ordine cronologico, anche in zone assai distanti tra loro e si è ricostruita la storia delle inversioni negli ultimi 5 – 7 milioni di anni.

Si è così trovato che circa la metà di tutte le rocce studiate hanno magnetizzazioni opposta a quella dell’attuale campo magnetico della Terra. Questo implica che il campo magnetico si è

“ribaltato”, da normale ad inverso piuttosto frequentemente nel passato geologico e che campi magnetici normali o inversi sono ugualmente probabili.

I periodi più lunghi, dell’ordine del mezzo milione di anni, sono chiamati epoche magnetiche, ognuna con un nome di un famoso scienziato del paleomagnetismo. Ma durante le epoche si registrano anche brevi inversioni dette eventi magnetici che possono durare dai 10.000 ai 100.000 anni. La causa di queste periodiche inversioni del campo geomagnetico non è ancora conosciuta, tuttavia gli scienziati americani Glatzmaier e Roberts simularono, con diverse prove, il riscaldamento e una variazione nei movimenti interni del profondo strato di metallo liquido (nucleo esterno) per verificare quali conseguenze potrebbero esservi nel campo magnetico terrestre.Durante queste prove di simulazione si è potuto verificare che l’agitazione dello strato di metallo liquido che avvolge il nucleo terrestre comporta una serie di modifiche al campo magnetico terrestre; questo aumenta o diminuisce a seconda dei casi, i poli magnetici si spostano e in alcuni casi si invertono. Secondo i due scienziati americani queste inversioni richiedono alcune migliaia di anni per completarsi e, a differenza di quello che si pensava, non comportano l’azzeramento del campo magnetico ma una sua modifica.

Durante le inversioni dei poli il campo magnetico non scompare ma modifica la sua struttura e diventa più complesso. Le sue linee di forza in prossimità della superficie terrestre tendono a divenire aggrovigliate e i poli magnetici si spostano prima di completare l’inversione. Non è ancora

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stato accertato se il campo si affievolisce lentamente per poi aumentare gradualmente nella direzione opposta o se semplicemente si ribalta. Tutto il fenomeno dipende da quella sorta di dinamo che è il nucleo terrestre, la quale, evidentemente, può variare la propria polarità casualmente e con una certa facilità.

Anche se ci muoviamo nell’ambito delle ipotesi, perché pur sempre di ipotesi si tratta, gli studi di Glitzmaier e Roberts dimostrerebbero che l’inversione dei poli magnetici non dovrebbe avere conseguenze devastanti per la vita sulla Terra, anche perché darebbero ragione del fatto che se anche ci fossero state almeno due inversioni nell’ultimo milione di anni, la razza umana non si è estinta. Tale fenomeno porterebbe tuttavia la Terra ad avere una minore schermatura contro il vento solare e questo potrebbe comportare un assottigliamento dello strato di ozono e una maggiore penetrazione delle radiazioni ultraviolette che determinerebbe un aumento delle malattie tumorali.Il fenomeno inoltre potrebbe avere anche effetti sulle specie animali che impiegano il campo magnetico per il proprio orientamento (le balene, le tartarughe, alcune specie di uccelli migratori).

Anomalie magnetiche

Strettamente collegate all’inversione di polarità sono le strane ed importantissime anomalie magnetiche riscontrate sui fondali oceanici.

Durante la perlustrazione dei fondi oceanici, gli oceanografi scoprirono delle anomalie magnetiche distribuite in modo assai caratteristico. Queste anomalie rappresentano delle piccole deviazioni dei valori medi dell’intensità del campo magnetico terrestre. In un’area con anomalia positiva, il campo magnetico terrestre ha intensità maggiore del normale, mentre in un’area con anomalia magnetica negativa, l’intensità è minore del normale.

La lava proveniente dal sottosuolo che solidifica registra le inversioni del campo magnetico terrestre e si formano delle fasce di fondale (larghe da 5 a 50 Km), simmetriche al punto di origine, che conservano proprietà magnetiche opposte.

Correlando queste inversioni con la scala dei tempi geomagnetici, è stato possibile datare i fondi oceanici e si è constatato che i fondali oceanici non hanno un’età superiore a 200 milioni di anni nelle parti più antiche, età che è molto diversa da quella registrata per alcune rocce continentali che arrivano a 3,8 miliardi di anni. Questo significa che il fondo oceanico è cambiato molte volte nel corso della storia della Terra.

Altro interessante aspetto delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici è che è possibile ricostruire la posizione dei continenti, l’uno rispetto all’altro, in un dato momento della storia della Terra. Spostando e facendo coincidere con l’asse della dorsale le anomalie associate allo stesso periodo

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temporale, si ottiene il profilo del fondo oceanico in quel particolare tempo geologico e quindi anche i profili delle terre emerse.

IPOTESI SULL’ORIGINE DEL CAMPO MAGNETICO

La prima e anche la più semplice interpretazione che è stata data al magnetismo terrestre è che, al centra della Terra, il nucleo ferroso si comporti come un dipolo permanente.questa ipotesi è caduta quando è stato dimostrato sperimentalmente che la magnetizzazione di qualsiasi sostanza scompare al di sotto del punto di Curie, che per qualsiasi sostanza è molto più basso della temperatura che si ritiene sia presente nella parte più interna della Terra.

Nel 1919 Josehh Larmor (1857-1942), fisico all'Università di Cambridge, fornì una nuova ipotesi sull’origine del campo, egli ricondusse cioè il campo magnetico terrestre ad un effetto dinamo.

Il fisico statunitense Walter M. Elsasser e il geofisico inglese Edward C. Bullard, allora rispettivamente all'Università della California a San Diego e all'Università di Cambridge, hanno ripreso questa idea cinquant'anni fa e l'hanno applicata alle condizioni terrestri.

All’interno della Terra, e precisamente nel nucleo, esisterebbe una specie di dinamo (teoria della ”dinamo autoalimentata” proposta da Bullard nel 1948) capace di produrre correnti elettriche generanti a loro volta il campo magnetico da noi misurato. Questa dinamo autoeccitante sarebbe costituita dal nucleo, fluido e ricco di ferro della Terra, rimescolato da continui moti convettivi prodotti dal calore radioattivo generantesi dal nucleo stesso.

Fluidodinamica: liquido in rotazione tradue termostati a diversa temperaturasviluppa moti vorticosi. Nel nucleo terrestre: la simmetria assiale inducemoti vorticosi acolonna con asse parallelo all’asse dirotazione (conferma in laboratorio).

Tutto avrebbe inizio con la presenza di un casuale, anche se piccolo, campo magnetico che interagirebbe col ferro fluido in movimento, producendo correnti elettriche che a loro volta creerebbero un ulteriore campo magnetico, iniziando così un processo a catena autosostenuto, la già citata dinamo autoeccitante.

Il modello a dinamo è oggi il modello più probabile che possa spiegare il cmt.Esso predice che l’origine del cmt è nel nucleo esterno liquido e prevede che il moto ciclico di un fluido elettricamente conduttore, sotto condizioni specifiche, genera un campo magnetico e lo mantiene tramite un processo di retroazione.

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a) A causa della forza di Lorentz: F = q (E +v x B), le cariche sulla superficie circolare subisconoruotando una accelerazione e si stabilisce lungo il circuito una differenza di potenziale;b) Il circuito esterno garantisce la continuità al flusso di corrente;c) La corrente indotta genera a sua volta un campo magnetico che rinforza il campo originale;

Il comportamento delle correnti elettriche e  dei campi magnetici in conduttori elettrici in movimento - quali i fili metallici o i metalli fusi - viene determinato da tre leggi fondamentali dell'elettrodinamica:

ogni conduttore elettrico percorso da corrente è circondato da linee di forza di campo magnetico;

nei conduttori che vengono mossi trasversalmente rispetto alle linee di forza di un campo magnetico, viene indotta una tensione e scorre una corrente;

nei fluidi buoni conduttori elettrici, come alcuni metalli fusi, le linee di forza del campo magnetico sono come "congelate" nella materia e si muovono come fasce elastiche.

A causa della rotazione del pianeta, che nel nucleo fluido raggiunge una velocità media dai 10 ai 30 metri al secondo, nascono invece intense forze di Coriolis che perturbano i moti ascensionali della materia fusa.

Charles Carrigan e Friedrich Busse riuscirono a confermare in modo convincente questi modelli grazie agli esperimenti che realizzarono alla fine degli anni settanta all'Università della California. In questi esperimenti Carrigan mise in rapida rotazione (circa 1000 giri al minuto) un liquido che riempiva una cavità a forma di guscio sferico.

Riscaldando la superficie esterna e raffreddando quella interna produsse un gradiente di temperatura in grado di determinare una corrente di convezione termica. Parallelamente all'asse di rotazione del liquido si formarono vortici cilindrici.Grazie all’aiuto di potenti computer per rielaborare i dati questi esperimenti forniscono la chiara prova sperimentale che correnti vorticose in un conduttore quasi omogeneo possono produrre spontaneamente un campo magnetico permanente. Confermano al contempo, in virtù dell'analogia con le ipotizzate strutture di corrente nel nucleo terrestre, il modello di una geo-dinamo.

DETRMINAZIONE DEL CAMPO MAGNETICO

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ESPERIENZA DI BIOT-SAVART

Secondo la legge introdotta dai Biot e Savart a seguito del passaggio di corrente attraverso un filo rettilineo si genera un campo magnetico concentrico al filo. Un ago magnetico avvicinato a questo campo viene perturbato e ruota fino a trovare un punto di equilibrio.Per riuscire a dare un’approssimazione del campo magnetico terrestre è necessario:

Allineare un ago magnetico orientato su un foglio di carta millimetrata in modo che sia parallelo ad un linea retta del foglio;

Posizionare l’ago magnetico ed una distanza r da un filo rettilineo inizialmente non percorso da corrente;

Far passare una corrente I attraverso il filo e calcolare l’angolo di cui viene deviato l’ago una volta raggiunto l’equilibrio.

B0=BT*tgctg