Il Cagliaritano - N. 4

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BEPPE PISANU L’ISOLA, L’ANTIMAFIA E SEMPRE MORO NOVEMBRE 2010 WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT NOVEMBRE 2010 WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT ESCLUSIVO LETTERA ORIGINALE DI MESSA IN SONNO DI LICIO GELLI Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, erede di Armando Corona nella successione alla Gran Maestranza della Loggia d’Italia Umsoi. L’EREDITÀ L’EREDITÀ ARMANDO CORONA ARMANDO CORONA 2 € 2 €

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Numero speciale de Il Cagliaritano, edito dalla GIA Comunicazione di Giorgio Ariu, con un documento esclusivo sulla massoneria. L'erede alla Gran Loggia d'Italia, Gianfranco Pilloni, si racconta a 360 gradi.

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BEPPE PISANUL’ISOLA, L’ANTIMAFIA

E SEMPRE MORO

NOVEMBRE 2010WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT

NOVEMBRE 2010WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT

ESCLUSIVOLETTERA ORIGINALE DI MESSA IN SONNO DI LICIO GELLI

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, erede di Armando Corona nella successione alla Gran Maestranza della Loggia d’Italia Umsoi. L’ E R E D I T ÀL’ E R E D I T À

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L’EREDITÀ DI ARMANDO CORONA

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CATERINA MURINOCAGLIARI

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EVOCARE IL PASSATO ANTICIPANDO IL FUTURO

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DALLA BALENA BIANCAALL’ANTIMAFIA

QUARTU, SELARGIUS E QUARTUCCIUSOGNI E BISOGNI

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6BEPPE PISANU

L’ISOLA, L’ANTIMAFIAE SEMPRE MORO

NOVEMBRE 2010WWW.GIACOMUNICAZIONE.IT

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ESCLUSIVOLETTERA ORIGINALE DI MESSA IN SONNO DI LICIO GELLI

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, erede di Armando Corona nella successione alla Gran Maestranza della Loggia d’Italia Umsoi. L’ E R E D I T ÀL’ E R E D I T À

A R M A N D O C O R O N AA R M A N D O C O R O N A

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ANNO XXXVIII - N. 4 - NOVEMBRE 2010

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Dialogo

T utti insieme contro la crisi, aveva strillato la coperti-na de Il Cagliaritano prima

dell’estate più rovente, velenosa e gossipara. In questo spazio si chie-deva alla politica, al sindacato e a tutte le forze produttive di sollevare l’asticella del dialogo, di svelenire i toni e di eliminare il gioco al massa-cro delle strumentalizzazioni e delle frapposizioni da ultrà. La Sardegna dei cassintegrati, delle ciminie-re spente e dei giovani già vecchi e senza futuro chiede a gran voce lo spirito del tempo, un collante che metta insieme tutte le energie pos-sibili per cercare spiragli di luce. Cittadini e pastori insieme, burocra-ti e imprese e i giovani poi, attori di un presente e di un futuro lontano dai tentacoli delle scorciatoie, delle

devianze o delle rassegnazioni. Paolo De Angelis, magistrato silenzioso e infaticabile nella lotta alle mafie e al traffico della droga, ha sgomi-nato più di una banda multietnica con l’isola facilitatrice di sponde e di consumi senza precedenti. S’allunga la lista dei tossici, sfrecciano auto di lusso, minicar e motorini trendy e dopati, sgomitano vite spericolate e si gonfia l’esercito dei minorenni con troppi soldi in tasca, sbarbi-ne superaccessoriate di telefonini e griffe addosso. Famiglie distratte, anche quelle a secco di risorse già a metà mese. Altre con la testa dall’al-tra parte: non si accorgono di nulla? Fiumi di soldi che vagano per la not-te, talvolta la mattina, stanchissima e sballata agli ingressi delle scuole. Crisi a tutto campo, con la caduta dei valori e i messaggi e gli esempi devastanti di questi anni cialtroni. In Consiglio Regionale approda final-mente una proposta di legge (“Norme a favore della famiglia”, primo firma-tario Mario Bruno del Pd) che punta a tutelare e incentivare le 659 fami-glie con particolare attenzione verso quelle che vivono sotto la soglia di povertà e quelle numerose: in questo periodo in cui tutti i valori sono mes-si in discussione, la famiglia deve essere al centro dell’attività legisla-tiva”. Qualche goccia nel mare della disperazione e qualche sussulto per quelle case dove se suoni il campa-nello nessuno risponde: sono rima-ste lì solo il silenzio e l’orgoglio, dove un tempo c’era la classe media.

POVERTÀ, DROGA,MINORENNI CHE SI VENDONO...SPIRITO DEL TEMPO

Dialogo [email protected]/ariug

Con Armando Corona ha vis-suto intensamente gli ultimi dieci anni del Grande Maestro

della Massoneria, poi ne ha raccol-to l’eredità spirituale. Gianfranco Pilloni, da via Roma osserva il porto e gira il mondo: “ovunque ci sono il ricordo e l’immagine alle pareti di zio Armando. Ha soddisfatto la nostra curiosità e per la prima volta varchia-mo la soglia della Istituzione. Così si racconta e enfatizza la trasparen-za della Massoneria. Poi ci offre un documento mai uscito dalle segrete stanze: è del 1981 a firma Licio Gelli che spiega la “Filosofia Massonica”, la P2, il rapporto con i “tre Saggi”, e, udite udite, la richiesta di “esse-re messo in sonno per tutto il tempo che mi occorrerà per preparare e de-finire la mia difesa”. Un documento straordinario che apre scenari nuovi sulla Grande Questione.

L’EREDITÀDI ARMANDO CORONA

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I giusti e sacrosantidiritti dei sardi

Nell’attuale congiuntura eco-nomica la necessità che il Governo nazionale sincro-nizzi l’agenda politica coi

tempi della Sardegna rappresenta un’esigenza inderogabile e improcra-stinabile. La nostra isola ha necessità di recuperare ritardi decennali e pati-sce un divario infrastrutturale rispet-to ad altre Regioni, che richiede un’at-tenzione straordinaria e costante. Se le Regioni del Nord hanno mille motivi per chiedere attenzione, la Sardegna ne ha diecimila. Non chiediamo un nuovo assistenzialismo. Chiediamo ciò che ci spetta per essere nelle con-dizioni di essere artefici e responsabili del nostro futuro e realizzare un mo-dello di sviluppo che si fondi sulla no-stra cultura e sulle nostre tradizioni. Non chiediamo altro che avere le stes-se condizioni di partenza delle altre regioni italiane ed europee. Per que-sto non possiamo permetterci di fare sconti né sui tempi, né sulle risorse e chiediamo che la questione sarda, in tutte le sue sfaccettature, sia av-vertita come una priorità assoluta dall’Esecutivo. Occorre aumentare la pressione nei confronti dello Stato e del Governo nazionale affinché i giusti e sacrosanti diritti dei Sardi possono trovare piena espressione e concreta realizzazione. Fin dall’inizio del no-stro mandato abbiamo adottato come

Rispetteremo ogni accordo, non ci saranno passi indietro sulle intese che la Regione ha firmato con le associazio-

ni di categoria e con il Movimento dei pastori. Stiamo lavorando perché ora è il momento di agire e siamo convinti che il Disegno di legge sull’Agricoltu-ra potrà essere la base per affronta-re questa crisi e porre le basi perché i problemi di cui si parla da troppo tempo non si ripresentino tra due o tre anni. In questo momento è ne-cessario che ognuno facci la propria parte (istituzioni, associazioni, settore primario e di trasformazione) e gli in-terventi della Giunta inseriti nel prov-

vedimento in discussione in Aula as-sicurano il sostegno della Regione. Ma con una novità importante rispetto al passato: per la prima volta, ogni aiuto regionale sarà condizionato da azioni che il comparto dovrà attuare per mo-dernizzare il settore e per renderlo più competitivo, in primis l’aggregazione e la diversificazione delle produzioni. Nessuna sparizione di fondi, come è stato dichiarato. I 6 milioni ai quali si fa riferimento sono solo per l’interven-to relativo ai Paesi in via di sviluppo. A questi si aggiungono i 10 milioni per il 2010 e il 10 per il 2011 e i 14 più 4 milioni che gestirà Agea per il bando destinato agli indigeni.

metodo ordinario quello della concer-tazione, dalla quale è emersa in tutta evidenza la necessità di avere da Roma le risposte che la Sardegna chiede da molti decenni. Partendo da quanto emerso dai tanti momenti di ascolto con i rappresentanti del territorio, con i sindacati e con gli altri protagonisti nel nostro sistema, stiamo predispo-nendo con cura una piattaforma di richieste sulla quale vogliamo fondare una rivendicazione forte nei confronti dell’Esecutivo nazionale. Indicheremo

una serie di priorità, molte delle quali sono già note al Governo, rispetto alle quali ci aspettiamo uno sforzo stra-ordinario e un’attenzione costante da parte dei Ministri. Questa azione sarà incisiva tanto quanto sarà forte la coe-sione politica e sociale e il superamen-to di particolarismi locali, partitici o personali, che devono cedere il passo a superiore interesse generale del po-polo sardo.

Ugo CappellacciGovernatore della Regione Sardegna

RISPETTEREMO TUTTI GLI ACCORDI

ULTIMATUM DEL PRESIDENTE AL GOVERNO CENTRALE

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ESCLUSIVA: CONVERSANDO CON BEPPE PISANU

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Dalla Balena Bianca all’antimafia

Moro in Sardegna con Dettori e Paolo Fadda.

Di Giuseppe Pisanu – già mi-nistro ed oggi presidente del-la Commissione parlamen-tare antmafia – sono amico

da una vita. Cioè da quando, giovanis-simi, militammo insieme in quella che un estroso giornalista avrebbe definito la grande “balena bianca” dell’oceano politico nazionale. In quella DC ci tro-vammo assai vicini intellettualmente, impregnati di quel popolarismo assai distante dal clericalismo di certe parti di quel partito. S’aveva come maestri Maritain e Lazzati e non s’aveva timo-re di leggere e citare Croce e Gramsci. Ambedue, mi pare giusto ricordarlo, s’era seguaci e ammiratori di Paolo Dettori, lo straordinario profeta di una Sardegna redenta dalle tante sue affli-zioni. E, ancor più, militanti in quella pattuglia d’avanguardie democristiane che erano “gli amici di Aldo Moro”.Del grande statista pugliese Pisanu sarebbe divenuto uno degli uomini di

punta, un homo novus capace di in-terpretare con forte caratura intellet-tuale, il “nuovo” tempo della politica. E per il suo esordio parlamentare, nella campagna elettorale del 1972, proprio Moro giunse in Sardegna per tirargli la volata, in uno straordinario incontro, popolatissimo di sardi giunti da ogni dove nonostante la giornata atmosferi-camente infelice, che si svolse nell’ip-podromo di Chilivani. Più che un comi-zio – viene da ricordarlo – fu una festa, un happening politico straordinario, con due primattori d’eccezione, Moro e Pisanu, appunto.Da allora il suo far politica fu tutto un cursus honorum, e di cui – per chi gli volle essere sempre amico – non se ne può che essere lieti. Perché si è trattato di successi strameritati.Dalla diaspora della DC in poi, i nostri incontri si sono rarefatti, ma non ha perso certo calore ed affetto la nostra amicizia. Perché anche in questa sta-

gione berlusconiana “Peppe” Pisanu è rimasto sempre lo stesso, con la sua indipendenza intellettuale e con la sua riconosciuta etica politica. Anche perché, tra i reduci della grande e av-vincente stagione democristiana, c’è, e rimane, una straordinaria solidarietà, come nel secolo precedente s’era sta-bilita fra i reduci garibaldini. Perché anche quello scudo crociato come quella camicia rossa sarebbero rimasti impressi indelebilmente nella pelle di ciascuno.“Peppe” lo rincontro al teatro Lirico, in occasione della cerimonia di premia-zione dell’Alziator di letteratura, dove anch’io ero fra i premiati per un saggio biografico su Giovanni Antonio Sanna, un grande sardo ed un grande italiano rimasto, purtroppo, dimenticato.Non è un’occasione qualunque, quin-di. E vale un reincontrarsi in amicizia per riparlare insieme di quel che è più attuale nel tempo d’oggi. Il Sanna della

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alla Balena Bianca all’antimafia di Paolo Fadda

mia biografia è il tramite del nostro di-scorrere su quel che, da sardi, ci bru-cia dentro. Cioè che nel ricordare i 150 anni dell’Unità nazionale si sia disco-nosciuto e dimenticato quel che fu il ruolo, l’impegno e la volontà dei sardi nel volere e nel costruire l’Italia unita. Pisanu dice d’averne parlato più vol-te con Giuliano Amato a cui è affida-to il compito del ricordo celebrativo, e di volerne coinvolgere il governatore Ugo Cappellacci perché la Sardegna rivendichi il suo ruolo ed i suoi meri-ti nel processo risorgimentale. Perché la Sardegna deve pretendere ed ot-tenere un posto d’onore nel ricordo di quel marzo 1861 che vide nascere il Regno d’Italia. Che altro non fu – come sostiene autorevolmente lo sto-rico Francesco Cesare Casula – di un cambio d’intestazione del precedente Regno di Sardegna, perché rimasero tali lo Statuto, le leggi e lo stesso sovra-no che volle mantenere, tra l’altro, lo

stesso ordinario (rimase infatti Vittorio Emanuele II nonostante fosse divenuto il primo re d’Italia).Di questi rapporti “Stato nazionale-Re-gione sarda”, in una chiave di parità-reciprocità, l’amico Pisanu ne è da tem-po un deciso sostenitore, perché non ha mai inteso dimenticare quante dif-ficoltà si frapposero al riconoscimen-to di un’autonomia “compiuta”, cioè aderente agli indirizzi dei padri costi-tuenti. Ora, anche il centocinquante-simo anniversario dell’Unità nazionale non può, né deve vedere la Sardegna ignorata o marginale, perché il ruolo che i sardi ebbero in quel processo ri-sorgimentale (soprattutto dei migliori e più autorevoli fra essi, come Giorgio Asproni e Giovanni Antonio Sanna) fu politicamente ed intellettualmente im-portante.Certo, nel parlare di quest’argomento, traspare nelle parole di Pisanu tutta la sua preoccupazione per una Sardegna

Sotto, Beppe Pisanu riceve il “Premio Alziator” dal sindaco di Cagliari Emilio Floris.

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Nelle nostre idee ci sono le persone.

Cattolica Assicurazioni.La Compagnia vicina alle famiglie e alle aziende dal 1896.

Agenzia Generale di SestuVia VIII Marzo 1908, 12Telefono: 070 22 213

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in difficoltà, e – non secondariamente – per una caduta della “carica” auto-nomistica che da diversi anni sembra aver pervaso la politica sarda in indif-ferenza di schieramenti (forse, anche in questo, c’è il suo personale rimpian-to per quella che fu la “stagione” della presidenza di Paolo Dettori e della sua “contestazione-accettazione” nei rap-porti con lo Stato).Quest’argomento della memoria, di una Sardegna che dimentica presto e trascura la storia del suo passato, Pisanu lo rimarca più volte nell’ami-chevole conversazione, perché il caso di Sanna, dimenticato e ignorato no-nostante che con il suo piombo di Montevecchio abbia “foraggiato” mol-te imprese e molti movimenti risorgi-mentali, no n è differente da quelli di tanti altri nostri corregionali di cui s’è dimenticato persino il nome se non le gesta ed i meriti. Perché è nella memo-ria del proprio passato che si trovano i valori per costruire il proprio futuro. Se questo vale per una nazione giovane come gli States americani, ben più a ragione deve valere per una Sardegna la cui storia passata affonda nel pozzo dei secoli. In questo suo essere sempre intellet-tualmente vicino dei problemi della

“sua” isola, “Peppe” conferma tutta la sua sardità, il suo voler essere un po-litico “sardo” a 360 gradi. Precisando che proprio quel suo legame ancestra-le con la piccola patria sarda andrebbe sempre inteso non come una chiusu-ra autarchica nei confronti del mondo esterno ma come una capacità d’aprir-si al mondo in una rivendicazione di pari capacità e di eguali attitudini. Perché la sardità non sta nell’accento ruvido o nel cantilenare della parlata, o – ancora – nel ritenere che solo quello che è sardo è buono e bello, ma deve consistere nell’impegno e nella volon-tà d’ogni sardo di scalare le gerarchie – politiche, economiche, scientifiche, artistiche – del mondo globale.Mancando questa volontà e questo impegno – o lasciandoli cadere come spesso viene da rilevare – i sardi sa-rebbero condannati ad una sudditan-za deteriore, rimanendo quasi figli d’un dio minore. Tra l’altro, da qualche tempo Pisanu va esprimendo, anche pubblicamente, le sue valutazioni su una politica (anche quella dello scenario nazionale) che non riesce ad esprimere tutte quelle valenze necessarie per affrontare i gra-vi problemi del presente. Rimanendo lontano dai bisogni e dalle attese della gente. D’altra parte, per un politico di lungo corso come lui, il giudizio viene assai più facile contenendo, inoltre, una buona caratura di esattezza. Anche nella sua attuale milizia politi-ca, Pisanu ha mantenuto intatto tutto quel “moroteismo” che era stato il bal-samo rigeneratore della spenta DC dei

Piccoli e dei Bisaglia. E per non anda-re lontano dall’isola, di quella “balena bianca” del clericalismo integralista dei “comitati civici” e del partito “d’un ar-civescovo”. Un balsamo che andrebbe inteso come la capacità intellettuale di voler “leggere” le questioni politiche con l’indipendenza del giudizio e non con l’obbedienza cieca allo scorrere dei fatti e delle guide.Anche per l’isola, per la stagione po-litica che l’isola va attraversando, ci vorrebbe una sveglia, una resipiscen-za d’orgoglio e d’impegno per andare oltre il deterioramento provocato da guide assai poco sapienti ed avvedute; per invertire la marcia d’un declino av-viato in un pericoloso piano inclinato; per costruire infine un nuovo progetto “d’azioni politiche” che apra per i sardi un tempo meno ingrato e pericoloso. Di ritrovata speranza nel futuro pros-simo venturo.Lo pensa Pisanu, come s’intuisce da taluni suoi accenni, anche perché non nasconde la sua disponibilità nell’es-sere a fianco di quanti, qui nell’isola, vogliano impegnarsi per quella che po-trebbe definirsi una nuova “rinascita”. C’è una memoria da riscoprire, un im-pegno da ritrovare, delle regole etiche da rispettare e delle capacità da valo-rizzare al meglio, perché la sardità di cui in tanti ci vantiamo qui nell’isola diventi lo strumento per poter gareg-giare nel mondo d’oggi. Forse sta in questo – lo diciamo sottovoce – il “mo-roteismo” in chiave sarda che Pisanu predilige e che ci annuncia.

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L A VIA SARDA AL FEDERALISMO

DALL’ARCHEOLOGIA POLITICAAL NUOVO STATUTO CON I SARDI UNITI E PROTAGONISTI IN EUROPA

La presidente del Consiglio Regionale Claudia Lombardo aveva denunciato la neces-sità di una riscrittura dello

Statuto al convegno “Federalismo, Autnomia, Sovranità: un nuovo Patto Costituzionale per la Sardegna”, or-ganizzato ad Abbasanta da Cgil, Cisl e Uil. L’autonoma determinazione è il solo strumento che può creare le condizioni affinché l’Isola possa recu-perare i ritardi infrastrutturali deri-vanti dalla sua particolare condizione geografica. Riscrivere lo Statuto è ur-gente ma questa riscrittura non deve risultare una “perifrasi” di quello esi-stente: «riformulare l’attuale Statuto infatti non condurrebbe di sicuro a un successo, in quanto si continuerebbe a scrivere norme nuove su norme vec-chie, creando così maggiori problemi di quanti già attualmente ne esisto-no», aveva detto la Lombardo.Quattro le direttrici indicate in quella occasione dalla presidente per a nuo-va Carta: la necessità che la Sardegna si costituisca in Regione Autonoma con l’attribuzione di tutti i poteri ad eccezione di quelli di ordine federale, la necessità che tutti i rapporti tra Sardegna, Stato centrale e Unione Europea si ispirino al principio secon-do il quale tutti i popoli hanno pari dignità e pari diritti e la necessità che al Popolo Sardo, in quanto nazione senza stato, sia riconosciuta la pos-sibilità di riformare la propria Carta fondamentale ne rispetto del patto con lo Stato e l’Europa, ma anche del suo diritto di scegliere in che modo essere parte della Repubblica italia-

na e dell’Unione Europea. In questo percorso, che durerà non meno di tre anni, il Consiglio Regionale deve as-sumere il ruolo di “agorà” permanente del Popolo Sardo. La presidente ave-va quindi concluso con un appello all’unità: «mettiamo, dunque, al ban-do divisioni anacronistiche, faziosità perdenti e futili incomprensioni per dare ai sardi un nuovo motivo di or-goglio verso una così rinnovata classe dirigente capace di assumersi in pieno la responsabilità di guidare il destino della Sardegna attraverso una “Via Sarda al Federalismo”».Di recente è tornata sull’argomen-to al convegno “Uno Statuto per la Sardegna del XXI secolo”, tenutosi a Sassari e organizzato dall’Associazio-ne degli ex consiglieri regionali. «La riscrittura dello Statuto è il presup-posto per lasciarsi alle spalle l’”ar-cheologia politica” caratterizzata dalla spesso sterile rivendicazione intorno all’insufficienza dell’istituto autono-mistico», ha affermato la presiden-te, «solo riscrivendo la nostra Carta Costituzionale potremo avviarci verso la progettazione di un nuovo modello politico e istituzionale che conferisca una diversa veste giuridica alla par-tecipazione della Sardegna all’inter-no dell’ordinamento della Repubblica Italiana e dell’Europa». «Una carta statutaria europeista e federale dove le funzioni siano caratterizzate da una sovranità diffusa con conseguente ri-partizione delle funzioni esclusive tra “Regione-Stato-Unione Europea” sulla base di principi di sussidiarietà, lea-le collaborazione e solidarietà», quella

auspicata dalla Lombardo.Sarà necessario anche «un momento di crescita culturale che porti tutti i sardi a considerare l’evoluzione da au-tonomia a federalismo non solo come momento di passaggio normativo, ma come coscienza di un popolo che vuo-le assumersi direttamente le respon-sabilità che derivano dal governo del proprio territorio». Il Parlamento sar-do, secondo la presidente, deve es-sere parte attiva in questo processo, assumere un ruolo di guida politica e morale, e trovare una volontà di agire comune e un clima unitario nel quale operare le necessarie modifiche al det-tato costituzionale. «La Sardegna può e deve intervenire con un proprio spe-cifico contributo di progettualità che si incanali nell’alveo di questa corren-te riformatrice europea», ha concluso Claudia Lombardo, «la riforma dello Statuto, soprattutto in una regione ad autonomia differenziata, è un compi-to che non può essere lasciato esclu-sivamente al legislatore nazionale, ma deve essere un’iniziativa di quel-lo regionale. Per questo il Consiglio Regionale si è fatto interprete della or-mai matura coscienza di autogoverno dei sardi, che sono consapevoli di vo-ler diventare padroni del loro futuro».

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L’EREDITÀ DI ARMANDO CORONA

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DOSSIER MASSONERIAINCONTRO CON IL GRAN MAESTRO DELLA GRAN

LOGGIA D’ITALIA U.M.S.O.I. GIANFRANCO PILLONI

EREDITÀ DI ARMANDO CORONA

Alla domanda Cosa pensa del caso della loggia P3?, entrambi mostrano disappunto. Nessun paragone: la P2 era una cosa seria, la P3 no. Licio Gelli la

definisce “un sodalizio tra affaristi”, men-tre la sua era un’associazione massonica finalizzata a fare del bene, e si ritiene of-feso dall’accostamento a Flavio Carboni. Gianfranco Pilloni, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia a Cagliari, ne parla come di “un’associazione tra quattro sfi-gati”. Entrambi sostengono che Carboni non sia mai stato un massone: «nella no-stra istituzione possono entrare solo perso-ne oneste, di specchiata moralità», spiega Gelli. Pilloni è ancora più chiaro: «per esse-re affiliati alla Gran Loggia d’Italia bisogna presentare un certificato penale immacola-to».La massoneria è, secondo Pilloni, un’isti-tuzione che ha come fine il miglioramento, il recupero e la conservazione dei vecchi valori, per primo il rispetto del prossimo e di chi sta male. «Non chiediamo a nes-suno di declinare la propria professione. Accettiamo persone perbene, distinte, libe-re e pulite. Qua dentro siamo tutti fratelli», dice.«Anche la loggia P2 aveva come fine il mi-glioramento, quello del Paese: istituzioni più forti e anti-comunismo, ciò di cui l’Ita-lia aveva bisogno in quegli anni», spiega Gelli. Parla del gran maestro sardo come di “un vero amico” e sono molti i suoi lega-mi con l’Isola. Fu proprio in Sardegna che Licio Gelli fu iniziato alla massoneria nel 1944, durante una sorta di confino a La Maddalena, quando si ritrovava spesso con il sindaco Marchetti che, come racconta, gli ripeteva che purtroppo l’essere fascista gli impediva di entrare a far parte dell’istitu-zione. Ma gli anni del fascismo non li rinne-

ga, anzi se li ricorda come tra i più belli della sua vita e vent’anni dopo divenne comunque affiliato del Grande Oriente d’Italia. «Il fascismo è stata un’espe-rienza che dovrà essere analizzata con più serietà sotto il profilo storico», affer-ma. Ha un bel ricordo anche degli anni passati in Sardegna, dell’ospitalità, di quando fece amicizia con il maresciallo incaricato di controllarlo e riuscì persi-no ad avviare un’attività commerciale: vendeva filo per cucire in cambio dei monili d’oro che abbellivano i costumi tradizionali sardi, unica valuta di scam-bio in quel periodo.E oggi? La politica ha perso ogni riferi-mento ideale secondo Gelli: «tutti, mag-gioranza e opposizione, sembrano più tesi a fare i propri interessi, quelli della propria famiglia e del proprio gruppo di potere». Pilloni è meno disilluso: «io non guardo ai partiti ma alle persone. Il mio voto se lo devono meritare». E mentre le carte di Licio Gelli finisco-no pian piano nelle mani dello Stato, il 90% si trova già all’Archivio di Stato di Pistoia, la massoneria continua ad eser-citare il suo fascino tra i giovani: per loro il gran maestro Pilloni ha fondato una loggia a Cagliari, “Erasmus”, che conta 60 iscritti tra gli studenti universitari.

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N el sontuoso ufficio del Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. incontriamo Gianfranco Pilloni, 33° grado del R.S.A.A., nominato Gran Maestro per volere e indicazione del fondatore

della Gran Loggia d’Italia Armando Corona.

Quando ha incontrato per la prima volta il Gran Maestro Armando Corona?Sentii parlare per la prima volta del Potentissimo Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A. dell’U.m.s.o.i. negli anni ’80, in un modo molto singolare. Non dimentichiamoci che le origini del Gran Maestro Armando Corona sono di Jerzu, paese dell’Ogliastra dove nacque il padre, trasferitosi poi per motivi di lavoro nel vicino Sarrabus a Villaputzu. Anche io sono di Jerzu, e avevo una personale amicizia con un cugi-no del Gran Maestro, Luigino Corona, quindi frequentavo la sua casa a Pelau, in agro di Jerzu. In una di queste visite

vi trovai il giornale La Voce Repubblicana. Allora ero un attivista democristiano e chiesi con meraviglia al mio amico come mai quel giornale si trovasse lì. Mi rispose che provvedeva a farglielo arrivare tutti i mesi suo cugino Armandino. Aggiunse che era una persona molto importante ma senza scendere nei dettagli. Dopo qualche anno accompagnai a Cagliari ziu Luigineddu ed ebbi il grande onore di conosce-re Armando Corona. Da quel momento nacque una simpatia reciproca, poi tramutata in grande stima e grande affetto.Per la seconda volta la Sardegna si onora di avere ai vertici della Massoneria un suo conterraneo e, nel suo caso, non solo della assoneria italiana. Dai documenti che ci ha mostrato si evince che la Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. di fatto rappresen-ta gli Stati Uniti d’America, naturalmente mas-

Il presidente dell’U.m.s.o.i. Giancarlo Simonetti, il Sovrano Gran Commendatore Armando Corona e il Gran Maestro Gianfranco Pilloni.

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sonicamente parlando. Leggo che siete riconosciuti dalla Gran Loggia del Mondo di Washington e siete au-torizzati a riconoscere altre grandi logge in vari Stati del mondo…Questo non può che riempirmi di grande onore. Spero che questa no-stra meravigliosa terra di Sardegna possa esprimere ancora in futuro al-tri Grandi Maestri. Penso non ci sia da meravigliarsi, l’Isola è sempre sta-ta fucina di grandi personalità sia del mondo culturale che di quello politico. Abbiamo avuto l’onore di avere due Presidenti della Repubblica.Per quanto mi riguarda, rappresento un’obbedienza massonica autorizzata a riconoscere altre grandi logge, quin-di una Potenza Massonica a tutti gli effetti: la Marea Loggia Rumena, la Gran Loggia del Brasile Glob, la Gran Loggia Sovrana della Repubblica de Colombia, la Gran Loggia del Perù e quella della Bulgaria sono regolar-mente riconosciute da noi.

Lei ha cinquant’anni e gira il mondo a dettare i valori della massoneria, ma soprattutto porta avanti un’eredità molto pesante, quella di Armando Corona…Ha proprio ragione, un’eredità che pesa come un macigno. Il fratello Armando Corona è stato in assoluto il più grande Gran Maestro che la massoneria mondiale abbia avuto. Fu lui, nel periodo dello scandalo della P2, a salvare la massone-ria dal tracollo competo con le sue scelte coraggiose.L’eredità è molto pesante ma allo stesso tempo gioiosa e colma di grandi soddisfazioni. In tutto il mondo massonico quando si fa il nome di Armando Corona tutti i fratelli si met-tono all’ordine e regolarmente il venerabile ordina l’applauso. Tutto il mondo sa chi è stato Armando Corona e in tutte le

L’EREDITÀ DI

ARMANDO CORONA

Uno dei saloni della Gran Loggia d’Italia nella sede di Cagliari.

Sotto, il Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. Gianfranco Pilloni consegna i riconoscimenti al Gran Maesto della Gran Loggia Soverana U.m.s.o.i. della Repubblica de Colombia Luis Cayon.

Sotto a destra, la sede della Gran Loggia Soverana U.m.s.o.i. della Repubblica de Colombia.

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parti del mondo si stanno aprendo delle log-ge a lui dedicate.Con la sua nomina a Gran Maestro l’età media in massoneria si è abbassata note-volmente…Il mio modo di vedere la Massoneria è que-sto: rispetto assoluto per “i vecchi” che con la loro saggezza devono essere la guida dell’istituzione, ma largo ai giovani perché sono il nostro futuro. Le dirò di più, dalla Gran Loggia d’Inghilterra, dove mi onoro di avere grandi amici, mi dicono di essere oggi in grande difficoltà proprio per la mancanza di giovani. Quindi la mia politica è giusta: largo ai giovani con il rispetto più assoluto verso i più maturi.Cos’è la Massoneria?Rispondo dicendo cosa non è: la Massoneria non è una lobby di affari, anche se nulla impedisce ai fratelli di fare affari nella vita profana e penso senza alcuna ipocrisia che

L’EREDITÀ DI

ARMANDO CORONA

Sopra, il Gran Maestro Gianfranco Pilloni a Caracas in compagnia del Gran Maestro della Gran Loggia del Brasile Glob, col Sovrano del R.S.A.A. della

Gran Loggia del Venezuela, il Gran Maestro della Bolivia, e il Gran Maestro della Gran Loggia del Perù.

A lato, il Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia U.m.s.o.i. Gianfranco Pilloni firma, nella sede della Gran Loggia d’Italia in Cagliari, i riconoscimenti alla Gran Loggia del Brasile Globo nella persona del suo Gran Maestro Dorival

Fiorini e alla Marea Loggia Rumena U.m.s.o.i. nella persona del suo Gran Commisario Bogdan Panaite.

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni riceve un dono dal Gran Mufti della Siria Ahmad Badr Al-Din Hassoun.

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il Cagliaritano 17

sia un loro diritto campare e portare il pane a casa. Caro direttore, vede, la Massoneria è un ordine iniziatico, i cui membri ope-rano per l’elevazione morale e spiritua-le dell’uomo e dell’Umana Famiglia; La natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e morale. Essa lascia a ciascuno dei suoi membri la scelta e la responsabilità del-

le proprie opinioni religiose, ma nessuno può essere ammesso in Massoneria se prima non abbia dichiarato esplicita-mente di credere nell’Essere Supremo; non è una religione, né intende sostituir-ne alcuna: non pratica riti religiosi, non valuta le credenze religiose, non si occu-pa di nessun tema teologo e non consen-te ai suoi membri di discutere in Loggia in materia di religione. La Massoneria la-vora con propri metodi mediante l’uso di rituali e di simboli, coi quali esprime ed interpreta i principi, gli ideali, le aspira-zioni, le idee ed i propositi della propria essenza iniziatica. Essa stimola la tolle-ranza, pratica la giustizia, aiuta i biso-gnosi, promuove l’amore per il prossimo e ricerca tutto ciò che unisce tra di loro gli uomini ed i popoli, per meglio contri-buire alla realizzazione della fratellanza universale; affermiamo l’alto valore della

singola persona umana, e riconosciamo ad ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della verità. Essa inizia soltanto uomini di buoni co-stumi, senza distinzione di razza o di ceto sociale. I lavori di Loggia sono di natura strettamente riservata, ma non segreta. Il Massone è tenuto a rispettare scru-polosamente la carta Costituzionale dello Stato in cui risiede o che lo ospita, e le leggi che ad essa si ispira-

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni in occasione della sua visita in Siria viene ricevuto dal Ministro delle Comunicazioni del Governo Siriano

e un componente della famiglia del Presidente Hassan.

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no. La Massoneria non permette ad alcuno dei suoi membri di partecipare o anche semplicemente di sostenere o incoraggiare qualsiasi azione che possa turbare la pace e l’ordine liberamente e democrati-camente costituito dalla società. La Massoneria è apolitica. Essa impone ai suoi membri i doveri di lealtà civica, riserva loro il diritto di formare la pro-pria opinione riguardo agli affari pubblici, ma né in Loggia né in qualsiasi altro momento dell’attivi-tà massonica è consentito loro di discutere in ma-

teria di politica. I massoni hanno stima, rispetto e considerazione per le donne. Tuttavia, essendo la Massoneria l’erede della tradizione Muratoria ope-rativa, non le ammette nell’Ordine. Ogni membro, al fine di rendere sacri i propri impegni, deve aver prestato Solenne Promessa sul Libro della Legge, da essa ritenuta sacra. La Massoneria cerca di imporre con tutte le sue forze il credo negli antichi valori, ossia il rispetto assoluto per il prossimo, il perdono e soprattutto la sopportazione e l’aiuto del prossimo bisognoso.Chi sono i gran fratelli massoni e come si entra in Massoneria?I massoni sono uomini liberi, di buoni costumi e sani principi, degni di essere definiti uomini in quanto tali, e non perché figurano nel registro all’anagra-fe. In Massoneria non si decide di entrare, si viene chiamati. Devi essere scelto e solo dopo aver passa-to un’attentissima selezione potrai essere ammesso. Ha mai sentito parlare di palline bianche e nere? Quella è la selezione. Se un fratello mette nell’urna una pallina nera non si verrà mai ammessi.E cosa mi dice invece dei cappucci?Due sole parole: leggende metropolitane.Una nota dolente: il rapporto tra la Massoneria

e la Chiesa…Le rispondo con un invito: venga a casa mia e trove-rà la risposta. Dormo con la foto della Madonna so-pra il letto e la foto di Padre Pio sul comodino. E le dico di più, se va a vedere “L’Unione Sarda” del 27 settembre, un articolo titola “Una statua per Padre Pio”, e nella foto, accanto al vescovo Monsignor Antioco Piseddu che benedice la statua, ci siamo io e la mia famiglia. Abbiamo fatto dono della sta-tua, il vescovo sapeva chi aveva organizzato tutto. Quindi non c’è nessun problema, anzi rispetto as-soluto. In quell’occasione il segretario dello Stato Vaticano Cardinale Tarcisio Bertone ha fatto giun-gere con una lettera il saluto del Santo Padre Pio XVI alla comunità jerzese. Questo è il mio rapporto personale con la Chiesa Cattolica. Le aggiungo an-che che in Massoneria sono presenti anche dei preti cattolici, che occupano ruoli di rilievo nella Chiesa stessa, preti ortodossi e figure di tutte le religioni. Un piccolo, ulteriore dettaglio: se si è atei non si viene ammessi in Massoneria.Ho visto che ai festeggiamenti della breccia di Porta Pia era presente anche il Cardinal Bertone, questo vuol dire qualcosa: forse finalmente la Chiesa di Roma ha capito che non siamo una componente a

L’EREDITÀ DI

ARMANDO CORONA

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni al momento del suo ingresso in Loggia a Bogotà.

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni decreta i riconoscimenti alla Gran Loggia Soverana della Repubblica de Colombia.

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lei avversa.Su L’Unione Sarda Licio Gelli dis-se di essere legato alla Sardegna per due persone, il Presidente Francesco Cossiga e il Gran Maestro Gianfranco Pilloni, a cui è legato da un rapporto di grande amicizia…Quando è uscito l’articolo mi trovavo all’estero e mi è stato riferito. Sapevo della grande stima reciproca che le-gava Licio al Presidente Cossiga e per quanto mi riguarda sono onora-to della nostra amicizia, che è estesa anche alle nostre famiglie. Con lui ho un rapporto di sincera e pura amicizia personale, basata sul rispetto recipro-co e dei ruoli. Non dimentichiamoci che nel bene o nel male ha scritto un pezzo di storia d’Italia. Io la mia idea sul Venerabile Maestro Licio Gelli e la “R.L. Propaganda 2” me la sono fatta, ed è nella mia mente anche abbastan-za chiara. Vede direttore, spesso un conto è ciò che la storia scrive, un al-tro sono i fatti realmente accaduti. Le faccio una confidenza: nel caso speci-fico regna una grossa componente: il falso moralismo. Farò a lei e alla sua testata un grosso regalo, un documen-to inedito che forse servirà a chiarire il falso moralismo di cui parlo e quale fosse l’esatto rapporto di Licio Gelli e la P2 con il Grande Oriente d’Italia e i suoi vertici. Scelga lei se pubblicarlo o no, noi massoni non abbiamo niente di cui vergognarci, siamo persone pu-lite, uomini di buoni costumi.Visto che siamo in tema, cosa ne pensa dello scandalo della nuova P3?P3, P4, magari tra un po’ anche P5. Ma sono solo sigle che di volta in volta si affiancano a certi fatti che non rie-scono a trovare spiegazioni. Mi creda, sono solo quattro amici al bar che vo-levano fare il business e soprattutto tanta millanteria; è la sola verità, tutti i paragoni non reggono. Ma secondo lei è possibile parago-nare un’associazione massonica ad un sodalizio di affaristi? Solo millanteria. Basti pensare che le persone che sono coinvolte non po-trebbero mai far parte di una istitu-zione massonica perché hanno varie condanne sulle spalle. Quindi nessun accostamento all’istituzione massoni-ca visti i principi di alta moralità su cui si basa. Sarà sempre un’istituzio-ne distante da questi personaggi.

A cura di Giorgio Ariu

Il Gran Maestro Gianfranco Pilloni a Villa Wanda, ospite di Licio Gelli.

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LA LETTERA DI RICHIESTA DI MESSA IN SONNOCHE IL VENERABILE DELLA P2HA INVIATO AL GRANDE ORIENTE D’ITALIA NEL 1981

Abbiamo pensato di pubblicare copia integrale della lettera inedita dalla quale si evince che la P2 era, a tutti gli effetti, una loggia regolare del Grande Oriente d’Italia.

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LA LETTERA DI RICHIESTA DI MESSA IN SONNOCHE IL VENERABILE DELLA P2HA INVIATO AL GRANDE ORIENTE D’ITALIA NEL 1981

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AREA VASTA

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Se disegni un cerchi di gesso attorno ad un tacchino esso ne viene psicologicamente condizionato tanto da non

riuscire più ad uscire da questa sua cella immaginaria.L’aquila, il più longevo degli animali, può vivere fino a settanta anni purchè attorno ai quarant’anni prenda una

cruciale decisione.A questa età infatti il suo becco e i suoi artigli sono tanto consumati che le di-venta impossibile afferrare le prede. Le sue ali sono poi tanto appesantite dalle vecchie penne che non le consentono di spiccare il volo.A questo punto o si lascia morire o af-fronta il doloroso processo di rinnova-

mento che dura circa 150 giorni.. Cioè deve rintanarsi in cima ad una monta-gna e battere il becco contro una roccia fino a consumarlo del tutto. Quando si sarà formato un nuovo becco potrà beccare le unghie dei suoi artigli fino a distruggerli. Quando saranno rinate le unghie potrà con queste liberarsi delle vecchie penne. E così dopo cinque mesi

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sarà nuovamente pronta a spiccare il volo un volo che le consentirà di vivere altri trent’anni.La nostra vita può essere simile a quella del tacchino imprigionato dai pregiudizi o dell’aquila rassegnata che preferisce morire anziché rinnovarsi.Ma può anche essere simile a quella

luogo caotico, un susseguirsi di inter-venti spesso scoordinati e incidentali dove le diverse amministrazioni non sono state in grado di programma-re e dirigere le pressioni speculative di una crescita urbana sempre più incontrollata con l’inevitabile conse-guenza dei livelli di qualità del pae-

saggio e dell’ambiente fisico e sociale.Il tema della qualità investe l’ambien-te, la società la sua cultura e la sua organizzazione imponendo una riela-borazione di concetti e metodi che fino a poco tempo fa venivano applicati a discipline specifiche inerenti il con-trollo di qualità dei processi di produ-zione o dei prodotti mentre l’ambiente e il paesaggio che ne è espressione di-viene oggi la principale risorsa di cui la città dispone per la conservazione dei suoi ecosistemi e per la caratteriz-zazione del proprio spazio insediativi.Se è ormai ovunque acquisita l’esi-genza di attribuire alla città valenze di qualità sempre più alte tuttavia ragio-nare sui nuovi livelli di qualità della vita urbana non è semplice perché le interpretazioni molteplici che cerchia-mo di dare sono comunque settoriali:perché la qualità è in fondo un concet-

dell’aquila disposta ad affrontare do-lorosi processi pur di conquistare una vita nuova connotata dalla forza e dal-la qualità.La metafora mi sembra appropriata ad una riflessione sulla odierna quali-tà dell’ambiente urbano cagliaritano e sulle scelte che la città stessa si trova ad affrontare: difficili sfide alla ricerca di un delicato equilibrio fra sviluppo innovazione, sostenibilità, coesione sociale con l’obiettivo di livelli di qua-lità ambientale sempre più alti.Oltre cento anni fa Cagliari, dopo l’Unità d’Italia, ha affrontato un pro-cesso di rinnovamento sostanziale che ha originato la città “fuori dalle mura” la cui matrice è ancora oggi leggibile nel fronte-mare, negli edifici storici, nelle periferie consolidate, negli stessi quartieri popolari più antichi. Dal do-poguerra ad oggi la città è divenuta un

to legato a fattori soggettivi;perché varia in funzione del dei diversi fruitori; perché varia in funzione del contesto cui si riferisce; perché varia in funzione dei livelli sociali e cultu-rali; perché non può essere espres-sa con valori assoluti ed è soggetta a continue variazioni; perché i parame-

tri di riferimento cambiano così come cambiano i valori sociali i modelli di compor-tamento o le stesse leggi dell’economia.Con riferimento all’ambien-te urbano possiamo dare una prima definizione di qualità dicendo che:qualità significa capacità di soddi-sfare esigenze di tipo ma-teriale e morale, sociale ed economico proprie della vita civile e produttiva op-

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portunamente identificate e tradotte in determinati requisiti concreti e mi-surabili.Sempre con riferimento all’ambiente urbano ricordiamo che le prime fon-damentali problematiche legate alla qualità della vita nelle città del 1800 sono generate dall’esigenze di sicurez-za e di salubrità nonché dalla necessi-tà di assicurare un minimo di comfort allo spazio abitativo dell’uomo.Fino ad oggi i parametri e gli stan-dards che definiscono la qualità del-la vita dell’uomo nelle città sono stati improntati a criteri meramente quan-titativi. La legislazione urbanistica così come le normative settoriali o i regolamenti edilizi infatti individuano standards numerici che fanno riferi-mento all’uomo assunto come unità di misura secondo l’impostazione con-cettuale razionalista definendo di vol-

ta in volta le quantità minime di rife-rimento (Mc/mq di verde per abitante, 100 mc ad abitante) mentre la realtà operativa odierna con i suoi stili di vita profondamente differenti impone la ricerca di nuovi parametri ispirati a criteri di valenza qualitativa capaci di interpretare lo spazio di relazione dell’ambiente urbano e di dare l’avvio ad un completo processo di riqualifi-cazione che coinvolge:La funzionalità della maglia urbana; il paesaggio e le risorse culturali; l’im-magine ambientale e le architetture; la cultura diffusa e la funzione simbo-lica che essa esprime.Sulla qualità dell’ambiente urbano di Cagliari si è incentrata già da tempo una ricerca avviata in sede accade-mica col corso di recupero e riqua-lificazione urbana della facoltà di Ingegneria,e proseguita di recente con

risorse del Movimento di Opinione a Cagliari .La nostra indagine, svolta con meto-do di monitoraggio ambientale sugli spazi fisici e con indagine diretta sugli abitanti di alcuni quartieri, si è foca-lizzata su quelli che sono gli aspetti oggettivi e soggettivi per comprendere e dare un nuovo contributo al concet-to di qualità urbana.Per descrivere e individuare i nuo-vi livelli di qualità ci siamo poste il problema di definire quelli che sono i parametri che permettono di misu-rarla, differenziando i parametri stessi in base alle esigenze fisiche, morali e materiali dell’individuo.Estrapolando i requisiti fondamentali della città fisica e della città imma-teriale si evidenziano i parametri di maggiore rilevanza:Tra i parametri materiali si sottoli-

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neano i parametri di funzionalità del sistema delle attrezzature, dei servizi delle infrastrutture (sia puntuali che di rete), di fruibilità, che deriva dalla organizzazione di uno spazio in modo ordinato e razionale; di accessibilità che consente di utilizzare in maniera equiparata gli spazi urbani e i servizi ad essi annessi Fra i parametri immateriali assumono rilevanza i concetti di: solidarietà, in-tegrazione interscambio, uguaglianza che delineano un ambiente di relazio-ne e cooperazione tra gli individui age-volando così la loro identificazione e il loro benessere nella città.Tra i parametri morali è emerso anche il concetto di pari opportunità per il quale si intende garantire ed assicu-rare agli individui il loro “inserimen-to” nella vita sociale a prescindere dal loro stato sociale, culturale ed econo-mico. Tra quelli fondamentali emer-gono naturalmente sicurezza e salu-brità. Ovvero, la salute e l’incolumità delle persone come esigenze primarie dell’individuo. Ma nella verifica delle valenze di qualità dello spazio urba-no come si può intuire dall’indagine diretta è emersa in maniera inequivo-cabile l’importanza di tutti i fattori di qualità ambientale intrinseci e specifi-ci dello spazio fisico (con attenzione ai fattori naturalistici, storici e culturali e con rilevanza particolare dei fattori climatici).Così si spiega come Cagliari, pur pe-nalizzata dall’essere una città insu-

lare e da una manifesta carenza cul-turale (nel senso del sapere comune sull’educazione e sulla cultura am-bientale) che si riflette sull’urbanisti-ca, sulla qualità architetture, sulla carenza degli interventi di restauro, venga comunque ritenuta, nella per-cezione generale, una città di altissi-ma qualità ambientale.Nei requisiti esigenziali si rileva la ri-correnza di carenze nel sistema del verde, nel degrado di alcuni quartieri, nella qualità dei linguaggi architetto-nici, nell’efficienza dei servizi, nel si-stema della ricettività e dell’accoglien-za. Dai dati della rilevazione diretta e del monitoraggio ambientale , per un corretto approccio alla progettazione ambientale ovvero per l’avvio di pro-cessi di sviluppo sostenibile suppor-tati da dati fondamentali che consen-tano di ragionare su nuovi livelli di qualità degli spazi di vita sia privati che di relazione si sono approfonditi i futuri scenari possibili e/o probabili nel medio periodo.Nel tentativo di focalizzare le proble-matiche contestuali, abbiamo preso come riferimento i dati di medio trend, di rilevanza nazionale, inerenti la real-tà urbana contemporanea che defi-niscono, con attendibilità le principali tendenze ed i probabili scenari futuri.Distinguendo gli scenari, come mo-dalità complessive legate all’abitare e relativamente stabili nel medio e nel lungo periodo, dalle tendenze intese più mutevoli, vicine alle oscillazio-

ni delle mode e del gusto e soggette alle proposte del mercato siamo an-dati a leggere ed interpretare i “Living Trends” ovvero le tendenze a medio temine in atto nelle città Italiane del meridione, che possiamo sintetizzare come segue:Crescita zero; invecchiamento della popolazione; aumento del tempo libe-ro; incremento del settore dei servizi; incremento del terziario (sociale mer-cantile avanzato); incremento del set-tore tecnologico.Con attenzione naturalmente ai gran-di temi della tutela degli ecosistemi e dello sviluppo sostenibile, credia-mo siano questi i punti cruciali del odierno dibattito perché dalla corretta interpretazione degli scenari e delle tendenze dipende essenzialmente la qualità della nostra vita futura ed è questa è la base di partenza che ri-teniamo di approfondire nella fase di elaborazione di prospettive nuove per una città di grandi potenzialità che intenda sviluppare in maniera intelli-gente le proprie risorse.Se questi con-cetti possono sembrare scontati ricor-diamo tuttavia che la qualità non si raggiunge una volta per tutte, è una conquista fragile che richiede cure in-cessanti e dedizione tenace.Per raggiungere alti livelli di qualità della vita occorre uno sviluppo cultu-rale sensibile e l’azione congiunta di molti fattori:Occorre un’esatta e intelligente in-terpretazione degli scenari futuri per i quali è forse necessaria anche una buona dose di intuito e fantasia che sono sintesi magica della creatività con cui produciamo idee e della con-cretezza con cui riusciamo a realizzar-le. Occorre la capacità di raggiungere una dimensione globale ma di conser-vare la dimensione locale per mante-nere intatto il genius loci, quello spiri-to dei luoghi che caratterizza e rende unici i diversi spazi, Occorre unire l’etica con l’estetica per avere condivisione e sicurezzaOccorre avere un alto livello di cultu-ra diffusa ed un sano rapporto con il tempo per essere in grado di evocare il passato anticipando il futuro.

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lizziamo». Senza contare che i progetti si contraddicono tra loro: la Regione vorrebbe una metropolitana leggera e ha commissionato uno studio di fatti-bilità all’impresa d’Apollonia, mentre il sindaco Emilio Floris sostiene vigo-rosamente la metro sotterranea.I soldi restano comunque il problema principale e non solo nella realizza-zione di nuovi progetti. Il direttore del Ctm Ezio Castagna ha lanciato l’allar-me: sono probabili dei tagli nelle cor-se tra 2011 e 2012. «L’ex assessore ai Trasporti Liliana Lorettu ci convocò e ci preannunciò un taglio del 10 per cento. Non ho mai capito se si trat-tasse di un annuncio di riduzione dei contributi regionali o se intendesse dire che dobbiamo tagliare il 10 per cento dei chilometri percorsi dai no-stri autobus», ha spiegato, «se devo risparmiare il 10 per cento vuol dire che se oggi facciamo circa 12 milioni di chilometri all’anno, ne devo tagliare 1,2». E si chiede: «abbiamo comprato in tuta l’Isola 290 autobus nuovi e ora che facciamo, li tagliamo? Sarebbe pa-radossale, soprattutto in una regione dove i trasporti hanno grossi problemi e nella quale molti comuni chiedono al Ctm di gestire il trasporto pubbli-co su tratte brevi». Ma se così fosse la metropolitana, leggera o sotterranea, sarebbe l’ultimo dei problemi dei tra-sporti pubblici cagliaritani.

P iù ci si allontana dal centro di Cagliari, più si respira un’aria di calma e umiltà. Almeno questo si percepisce

attraversando le strade di periferia, ascoltando stralci di discorsi della gente che passeggia, guardandosi at-torno senza andare troppo in profon-dità.La realtà è che la crisi ha colpito an-che e soprattutto i piccoli centri, che le persone ricercano ovunque le solu-zioni ai medesimi problemi.La crescita demografica è uno dei primi fattori che ha contribuito al cambiamento del volto dell’area del cagliaritano, un’area che sempre più affannosamente cerca di avere le sem-bianze di una grande città, di essere all’altezza della modernità e del pro-

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«In metropolitana da piazza Repubblica a via Roma entro il 2012», aveva af-fermato Giovanni Caria, il presidente dell’Arst, l’azienda unica dei trasporti che ha unito all’Arst le Fms e le Fds. Ma è un’utopia almeno per ora, ha poi ritrattato. Per ora è stata appaltata la tratta Gottardo-Policlinico ed è stata indetta la gara per quella Gottardo-Settimo San Pietro, ma non ci sono i soldi per i percorsi cittadini. Di quei 320 milioni di euro stanziati dalla Giunta Soru per realizzare la rete me-trotranviaria nel 2008 non è rimasto nulla. Si sperava nell’utilizzo dei binari del vecchio tram per realizzare la pro-messa di Caria ma neanche i 22 milioni di euro necessari ci sono. Il presidente Cappellacci aveva addirittura firmato un’intesa con il Governo che garanti-va uno finanziamento di 740 milioni di euro per la realizzazione della linea sotterranea e delle maggior parte delle tratte di superficie che avrebbero do-vuto collegare Cagliari all’hinterland, e anche di quei soldi neanche l’ombra. Angelo Carta, l’assessore regionale ai Trasporti, ha affermato: «lo Stato ci deve 1,6 miliardi di entrate fiscali, 2,2 di fondi Fas e ci impone il blocco del-la spesa a causa del patto di stabilità. Bisogna battere cassa con il governo amico, che fino ad oggi tanto amico non è stato, per ottenere i soldi che ci devono. Altrimenti i progetti non li rea-

LA METRO DI VIA ROMA QUI QUARTU, SELARGIUS E QUARTUCCIU

S

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AREA VASTA

gresso sognato.I fatti testimoniano una lenta ma continua migrazione dei residenti da Cagliari verso i comuni dell’hinter-land, comuni che offrono spazi ancora non congestionati e case a prezzi più accessibili rispetto a quelle del capo-luogo. Dati che risalgono al 2006 ci di-cono che tra i lavoratori dell’area vasta cagliaritana ben il 62,5% è pendolare e si sposta nel capoluogo per lavora-re. Si può facilmente immaginare che con la crisi degli ultimi anni questa percentuale non possa che essere au-mentata. L’ingresso giornaliero di vet-ture a Cagliari è passato dalle 50.000 unità del 2001, che si sommavano alle 100.000 auto dei residenti, alla cifra di 170.000 vetture al giorno nel 2010.È chiaro che si voglia trovare una

soluzione a tutto questo, con la pro-gettazione di continui miglioramenti al trasporto pubblico e la creazione di una rete estesa di metrò elettrici, nonché con l’assegnazione di maggiori funzioni di servizio ai comuni dell’hin-terland.Ciò che sicuramente non manca sono proprio i progetti. I comuni dell’area vasta, e qui parlerò di Selargius, Quartucciu e Sinnai, non stanno cer-to sonnecchiando, sono propositivi e attivi e non rassegnati ai problemi vecchi e nuovi a cui devono far fronte.A partire dai bisogni più semplici, quasi primari: si pensa a ristruttu-rare strade, impianti elettrici, edifici, soprattutto asili, scuole e palestre, a riqualificare aree ambientali, a sorve-gliare, a valorizzare.

Gran parte dei finanziamenti, il comu-ne di Selargius li utilizzerebbe per il settore socio assistenziale e culturale, per i servizi ambientali e tecnologici e, ovviamente, per le opere pubbliche.Si fa riferimento soprattutto al recupe-ro funzionale, architettonico e sociale, di strutture già esistenti; alla riquali-ficazione del Riu Saliu, della sistema-zione a verde del parco San Lussorio e dei lavori in piazza Si’e Boi; del mante-nimento dei livelli di raccolta differen-ziata e della tutela delle aree soggette ad abbandono indiscriminato di rifiu-ti, tramite videosorveglianza e pulizia ad opera del cantiere “Sardegna fatti bella”. Senza dimenticare tutti quei lavori di manutenzione degli impianti elettrici, termici, antincendio e di si-curezza.

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QUI QUARTU, SELARGIUS E QUARTUCCIU

SOGNI E BISOGNI Fotoservizio di Alessandra Scifoni

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Il sindaco di Quartucciu tende a met-tere in evidenza l’impegno nel non lasciare abbandonate a loro stesse aree della città non ancora inglobate nel tessuto urbano. A questo scopo si stanno cercando di portare avanti di-versi lavori per migliorare la viabilità e la generale condizione di lottizzazioni come La Freccia Verde, e della località di Sant’Isidoro.Anche Sinnai deve fare i conti con diverse ristrutturazioni: dalla chie-sa di Santa Barbara e quella di San Giuseppe a Solanas, al Municipio e alla Pinacoteca, senza contare il di-scorso “depuratore” che, a causa dei tempi lunghi derivati dalla gestio-ne congiunta di Regione, comuni e Abbanoa, non è ancora stato risolto.Il problema più diffuso e anche più sentito dalla cittadinanza, è sicura-mente quello del lavoro.Come ho già detto, la crisi di questi ul-timi tempi, non ha fatto altro che ag-gravare una situazione già difficile nei paesi e ora ampiamente diffusa anche nelle grandi città, non solo italiane.Ciò che mi sembra importante sot-tolineare è la lunga strada che deve percorrere l’abitante dell’hinterland cagliaritano, non solo in senso lette-rale: la lunga strada verso una buona formazione, verso la realizzazione del-le proprie aspirazioni e potenzialità.Non solo esistono ancora giovani che non sanno cosa sia un curriculum in formato europeo, ma addirittura alcu-ni non hanno la minima idea di come si possa e si debba redigerne uno, in modo da valorizzare le proprie qualità e competenze.Per questo c’è da augurarsi che pro-getti di formazione affianchino sempre

di più quelli riguardanti l’occupazio-ne, ai quali si stanno dedicando un po’ tutte le amministrazioni dell’area vasta.“Io lavoro”, progetto promosso dall’As-sessorato attività produttive e poli-tiche del lavoro di Selargius, dal Csl di Quartu Sant’Elena e dall’Agenzia regionale per il lavoro, è riservato ai residenti di Selargius, e offrirà la pos-sibilità a 86 disoccupati o inoccupa-ti di svolgere un tirocinio retribuito presso aziende dello stesso comune, per un periodo che potrà raggiungere i 6 mesi. Certo il numero dei richiedenti è stato circa quattro volte superiore a quello dei tirocini offerti, ma è comun-que un’opportunità, un primo passo da non sottovalutare.Qualcosa di simile farà il comune di Quartucciu, che darà lavoro ad un certo numero di giovani per almeno quattro mesi.Sinnai, come altre cittadine del ca-gliaritano, si impegna nell’offrire lavo-ri di pubblica utilità, in primo luogo alle famiglie o ai singoli in difficoltà che ne facciano richiesta. Ma non solo: si preoccupa di favorire le nuo-ve imprese, nonostante la riluttanza, non sempre ingiustificata, dei giovani. Così, ad esempio, è nata una coope-rativa sociale che si occupa di giardi-naggio, e saranno attive a breve diver-se botteghe artigiane nella piazza di Sant’Isidoro.Un’attenzione particolare è data, no-nostante i continui tagli ai finanzia-menti, all’ambito culturale.Questi comuni contano un numero di associazioni molto alto. Selargius, ad esempio, ha 105 associazioni, la maggior parte delle quali sportive, ma

anche quelle di carattere culturale, come quelle musicali e folkloristiche, nonché quelle dedite al volontariato sociale, sono molto attive.Obiettivo del comune è quello di so-stenere tutte queste associazioni; mira alla “privatizzazione” delle strut-ture sportive, tramite la concessione in gestione, e al mantenimento delle tradizioni locali, in particolare alla valorizzazione dell’Antico Matrimonio Selargino.Stesse speranze nutrono i quartuc-ciai, che aspettano cambiamenti e migliorie sia nel centro sportivo “Le Serre”, sia nella biblioteca comunale “Francesca Sanna Sulis”.Ancora a Quartucciu ci si sta dando da fare per rendere operativi spazi e strutture del nuovo parco intitolato a Sergio Atzeni e si conta di fare lo stes-so col parco archeologico Pill’ ‘e Mata, nella zona industriale. A marzo di quest’anno c’era stata l’inaugurazione sia del museo che del parco archeolo-gico e una mostra, “Luce sul Tempo”, era stata allestita presso il centro cul-turale DoMusArt, meglio noto come ex Casa Angioni. Questo spazio è da molto tempo utilizzato da numerose e diverse associazioni per la realizzazio-ne di manifestazioni di carattere cul-turale, spesso a sfondo benefico.Anche la promozione e la valorizza-zione della cultura e della lingua sar-da, sono tra i principali obiettivi del-le amministrazioni dell’area vasta di Cagliari e della stessa Provincia.Una testimonianza tra tante è il con-corso di poesia “Quartucciu”, giunto quest’anno alla sua terza edizione, che comprende, oltre alla sezione in lingua italiana, una doppia sezione

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in sardo, rima e verso libero. Questo concorso, come pure altre manifesta-zioni e feste, ha visto una buona par-tecipazione di pubblico.Altrettanto attivo e partecipativo è il popolo di Sinnai, ricco di associazioni sportive, cooperative o semplici grup-pi di appassionati, che si occupano di mantenere vive le tradizioni locali e di promuovere i diversi aspetti culturali e ambientali del luogo. La cooperati-va Bios, ad esempio, gestisce il Civico

Museo Archeologico e la Pinacoteca, il Museo del Cervo Sardo e il Giardino Botanico di Maidopis, e si occupa di percorsi didattici teorico-pratici ed escursioni per scolaresche e comi-tive. Non dimentichiamo poi la pre-senza della Scuola Civica di Musica, gestita dall’associazione musicale “G.Verdi”, che richiama l’attenzione ben al di fuori dell’area sinnaese. Molto successo ha inoltre ottenuto quest’estate la rassegna teatrale “Il colore rosa”, organizzata, come nei passati cinque anni, dall’Effime-ro Meraviglioso; la mostra sull’ar-cheologia subacquea e quella sulla navigazione nuragica, tenutesi nel Centro di Educazione Ambientale di Solanas; nonché l’ormai famosa ma-nifestazione Monumenti Aperti, che coinvolge molti comuni in tutta la Sardegna.Qui, forse più che altrove, il comune cerca di valorizzare il proprio patri-monio storico-artistico, favorendo l’organizzazione di seminari, mostre e conferenze, adatte sia ad un ap-

profondimento specialistico, sia alla semplice e suggestiva conoscenza del passato di questa cittadina e delle sue antiche e ancora vive risorse. Viene da chiedersi se i giovani dell’area vasta cagliaritana, come gli stessi del-la “grande città”, non sentano invece più forte il bisogno di modernità e in-novazione, la volontà di sentirsi pro-iettati in una realtà europea, forti del-la propria identità, ma non per questo meno interessati al cambiamento.Nonostante le innumerevoli difficol-tà di tutte le amministrazioni comu-nali, aggravate dal Patto di Stabilità, colpisce positivamente la volontà di ognuna di loro di informare il cittadi-no, renderlo partecipe dei meccanismi di progettazione, gestione e attuazio-ne, coinvolgerlo nelle varie attività. Cittadini, sappiatelo, è vostro diritto partecipare ed essere informati dal-le istituzioni, magari alcune risposte non vi piaceranno o non vi aiuteranno ad avere una soluzione facile ai vostri problemi, ma almeno sarete consape-voli. Ed è questo il primo passo per realizzare i propri sogni.

AREA VASTA

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AREA VASTA

FERTILISSIMA SESTU di Lorelyse Pinna

Sestu è conosciuto soprattutto per la sua vocazione agricola e probabilmente in pochi san-no che è attualmente il paese

in Sardegna con l’età media più bas-sa, 36,7 anni, e con il più alto tasso di natalità. Un dato che non dovreb-be stupire se si considera che questo paese, come tutti quelli del circondario di Cagliari, è entrato a far parte del-le ambizioni abitative dei cagliaritani, soprattutto dei giovani che cercano di comprare casa, un sogno ormai pres-soché irrealizzabile nel capoluogo. La sua popolazione è passata dai poco più di 15 mila abitanti del 2001, ai quasi 20 mila del 2009: una crescita sup-portata dal sorgere di nuovi complessi residenziali, quasi tutti integrati nel tessuto del paese. Le scuole elementari occupano tre edifici e le scuole medie due, la biblioteca comunale è ben for-nita e divisa in due settori, ragazzi e adulti. Molte anche le piazze e gli spazi verdi.«È una realtà viva ed economicamente solida», sostiene il vice-presidente del Consiglio Regionale Michele Cossa, avvantaggiata dalla sua posizione strategica, riconosciuta sin da tempi antichissimi: le origini di Sestu infatti risalgono ai tempi dei cartaginesi (III millennio a.C.) e il suo nome, come quello di Quartu e altri paesi, deriva proprio da “Ad sextum lapide”, l’indi-cazione della posizione del paese lun-go la strada romana che da Cagliari portava a Porto Torres. Il ritrovamento di alcuni reperti di epoca imperiale e i documenti di epoca giudicale e feudale dimostrano la sua vitalità lungo tutto il corso della storia sarda. Oggi si trova

circondato dalle principali arterie di accesso al capoluogo, da cui lo sepa-rano solo pochi chilometri, per la mag-gior parte quindi rapidamente percor-ribili. Per non parlare della vicinanza con la nuova Cittadella Universitaria e con il Policlinico e i grossi centri com-merciali che lo circondano, prima fra tutti “La città del sole” con il suo cine-ma multisala.Nonostante questa crescita è rimasta una realtà a misura d’uomo. Le perso-ne si conoscono e si raccontano le ulti-me lungo strada e nei negozi, d’estate si siedono fuori dai portoni delle case a prendere il fresco, i ragazzini girano per le strade in bicicletta…Insomma a Sestu si vive ancora e bene. Come afferma categorico il vice-presidente Cossa, «non è di sicuro un “paese dor-mitorio”».Anche se bisogna ammettere che per qualcuno ci si dorme soltanto. Molti dei nuovi abitanti infatti non si sono integrati nella vita del paese, ci tor-nano solo la sera dopo la giornata di lavoro passata a Cagliari e si sento-no fondamentalmente cittadini. Come gli abitanti del nuovo complesso di Cortexandra, una serie di palazzi co-struiti fuori dal centro abitato lungo la ex-131, che niente hanno a che vedere con la vita quotidiana sestese, perchè neanche attraversano le vie del paese.Sestu vive dunque una doppia di-mensione di paese ancora molto vivo e di nascente “dormitorio”. «Sono state fatte molte promesse durante la campagna elettorale», denuncia il vice-presidente, «ma i nuovi abitanti lamentano una scarsa considerazione da parte della amministrazione comu-

nale». Si pensi che nella cooperativa “Dedalo”, abitata fin dal 2000, non è possibile avere il telefono fisso perché non sono stati ancora passati i cavi… «Soprattutto i giovani lamentano la scarsità di proposte che li coinvolgano e li trattengano in paese», conclude. Molte pizzerie e pochi pub o locali in cui passare una serata con gli amici senza necessariamente spostarsi in auto, feste patronali e paesane ma po-chi eventi dedicati ai giovani che ren-dano il paese un polo di attrazione non solo per la sua tranquillità, ma anche per le possibilità che offre. Proprio queste nuove esigenze potrebbero di-ventare la spinta e il terreno fertile sul quale costruire una nuova immagine di Sestu, senza che per questo si deb-bano abbandonare le tradizioni e le “care vecchie abitudini”.

QUI I RECORD DELL’ORTOFRUTTA E DELLA NATALITÀ

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Ripensare la città, la sua identità e il suo destino: per renderla più moder-na, più dinamica e più competitiva. Fare di Cagliari una città leader per i servizi di eccellenza che sia in grado

di offrire - ad un’area sempre più vasta - universi-tà, teatro, porto, aeroporto, ospedali. Individuare, in altri termini, nuove strategie e nuovi modelli dello sviluppo urbano che consentano un diverso approccio col territorio regionale e con la comuni-tà che ne è interprete.In questa prospettiva “Cagliari capitale” dunque non è né uno slogan né un blasone acquisito per decreto. Costituisce sempre più una realtà opera-tiva in quanto la città rappresenta, già oggi, una porta dell’internazionalizzazione dei territori cir-costanti, vale a dire uno dei luoghi in cui nasce e si sviluppa - soprattutto attraverso l’Università ed i centri della ricerca scientifica e tecnologica avan-zata - la conoscenza, la modernità, l’innovazione e la creatività.La città del futuro dovrà essere quindi un milieu di conoscenza (formazione, cultura, ricerca, scienza e tecnologia) integrato col mondo delle professioni e dell’impresa. In altri termini, Cagliari dovrà es-sere il motore del progresso sociale e della cresci-ta economica e civile di una vastissima area della Sardegna.La Cagliari del futuro - di cui oggi si pongono solide basi - dovrà essere una moderna città internazio-nale, protagonista in Sardegna, nel Mediterraneo e in Europa. A tal fine occorre innanzitutto raf-forzare il sistema portuale nell’ambito delle “au-tostrade del mare”. Seguendo tale prospettiva si ribalta l’orientamento nord-sud, ancora prevalen-te, alla luce di una più approfondita analisi quan-titativa e qualitativa dei traffici marittimi attuali e potenziali. E’ in questo rinnovato scenario globale che, tra l’altro, le “autostrade del mare” sono sta-te riconosciute come un asse strategico del siste-ma infrastrutturale e trasportistico europeo, così come nei rapporti di prossimità con l’Est Europeo, i Balcani, il Nord Africa, il Caucaso ed il Medio Oriente.In particolare l’area mediterranea dovrà costitui-re un luogo privilegiato ed esemplare di relazioni di scambio e cooperazione dirette verso obiettivi comuni di solidarietà e di sviluppo pacifico: qui sorgono città che hanno avuto e tuttora hanno, specie come città-porto, un grande ruolo nella storia e nella vita del Mediterraneo.Le città del Mediterraneo testimoniano millenni di storia comune delle rive e recano ancora i segni di imperi tramontati e di egemonie scomparse, in ogni caso di culture stratificate. Ancora oggi in-

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LA CAGLIARI DEL FUTURO

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AREA VASTA

LA CAGLIARI DEL FUTUROdi Antonello Angioni

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torno a questo mare ed ai suoi spazi continentali più profondi emergono e si manifestano forme nuove di con-tatto e di dialogo culturale, flussi di popolazione, convergenze di interes-si, integrazioni di fattori produttivi e si sviluppano scambi che tendono ad intensificarsi e a dar luogo ad un vero e proprio processo di interdipendenza e, al limite, di integrazione e unifica-zione.Il Mediterraneo non è soltanto il gran-de mare interno su cui si affacciano i Paesi rivieraschi - sedi di alcune delle più antiche e suggestive civiltà uma-ne, oggi raccolte in importanti e vaste comunità politiche, culturali e religio-se di popoli e di Stati - ma è anche lo spazio di contiguità fisica tra i gran-di continenti dell’antichità: l’Europa, l’Africa rivierasca ed il vicino Medio Oriente. Nasce proprio da questa primaria e oggettiva connotazione geofisica e geopolitica - in un mondo che, come detto, procede verso l’interdipendenza e l’integrazione - la consapevolezza, sempre più chiara e diffusa, che gli interessi e i destini sono comuni per cui vi è l’esigenza di saggiare la pos-sibilità e i modi di un approccio glo-bale ai temi della cooperazione e dello sviluppo comune. In questi anni sono stati fatti notevoli progressi nel senso della presa di coscienza dell’unitarietà e globalità del problema dello svilup-po dell’area mediterranea considerata

nel suo complesso ma molto resta an-cora da fare. In tale ambito l’Università di Cagliari dovrà sempre più affermarsi come punto di riferimento qualificato del sapere e della ricerca scientifica per i Paesi del Mediterraneo. L’Area vasta dovrà polarizzare nuovi investimenti, in particolare nella “filiera del mare”, attraverso l’integrazione di portualità, attività della pesca, turismo crocieri-stico, nautico, culturale e congressua-le. Ma anche nei settori della cantieri-stica, del rimessaggio e delle esposi-zioni fieristiche legate al mare.Una città che vuole affermare la sua leadership non può vivere di sussi-di. Dovrà essere elaborato un piano straordinario per l’occupazione come grande occasione di crescita economi-ca e civile. Il lavoro non deve mancare, soprattutto alle giovani generazioni che costituiscono il motore del rinno-vamento della comunità urbana.Grande impulso dovrà essere assi-curato per la salvaguardia dei parchi ambientali, culturali e turistici. Tutte le città a vocazione internazionale le-gano l’ambiente naturale e storico al turismo e agli eventi culturali. In tale prospettiva anche la “città della mu-sica” - in corso di ultimazione - dovrà assolvere un ruolo fondamentale.Ora non vi è dubbio che la Cagliari del futuro dovrà costituire una sinte-si impegnativa tra la memoria storica (sedimento d’identità e luogo ove af-

fondano le nostre radici individuali e collettive) ed i processi di cambiamen-to e modernizzazione in atto nella so-cietà. Cagliari - città di sole e di pietra, levigata dal maestrale e dalla salsedi-ne, che dal respiro del mare ha saputo trarre linfa vitale nel corso dei secoli - deve dunque, sempre più, essere in grado di coniugare il suo passato con le prospettive future.Perché c’è ancora la Cagliari dei pa-lazzi bui, dei vicoli e degli angoli na-scosti, dei tanti misteri tutti ancora da decifrare, ricca di umanità, odori, suoni, colori. Ma c’è anche la Cagliari dei commerci, delle industrie, dello sviluppo turistico e mercantile, del porto-container, della cultura moder-na e della ricerca scientifica e tecno-logica. Due mondi apparentemente diversi e distanti ma, tra loro, contigui e complementari.Del resto la “continuità” rappresenta una costante che permea la storia e la cultura della società sarda, dove il “nuovo” nasce sempre sulle fonda-menta del “vecchio”. In questo conte-sto, la Cagliari del futuro - frutto di una lenta evoluzione maturata sia pur tra significative “rotture” - costituisce la risultante delle stratificazioni for-mate dal tempo e nel tempo ma sem-pre modellate dall’azione dell’uomo.La città - sintesi di storia, arte e na-tura - è oggi un crocevia privilegiato tra l’opera dell’individuo e l’organizza-zione pubblica. A quanti la amano è affidato il compito - arduo ma affasci-nante - di decifrare non solo gli enigmi del passato ma anche di tracciare le prospettive per il futuro.

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“Quartu è una città dor-mitorio, che non rie-sce a trovare una sua identità e collocazione

nell’Area vasta di Cagliari”. Lo diceva Giuseppe Atzeri del Psd’Az a maggio durante l’ultima campagna elettorale che ha visto come coalizione vincente quella di centro destra guidata dall’at-tuale primo cittadino Mauro Contini. Un problema attuale, attualissimo, trattato da sindaci di entrambi gli schieramenti e da tutti i partiti, ormai da decenni, che non riesce a trovare una soluzione. C’era una volta un tratto di costa a sei metri dal livello del mare che sorgeva a pochi chilometri da Cagliari. I primi a insediarsi sono i fenici. Tantissime località come la stessa Geremeas lo di-mostrano, sono infatti parole di origi-ne fenicia. Come i tantissimi cognomi quartesi che hanno la particolarità del tz per il suono di doppia z, che anco-ra oggi sono presenti in modo molto più frequente in questa parte di costa che in tutta l’isola. I romani la usarono come riserva per gli schiavi. Un luogo abbastanza vicino a Cagliari per essere controllati, ma altrettanto lontano per non disturbare la città “vera”, Caralis, Cagliari. Solo negli anni della domina-zione pisana i villaggi collocati nell’at-tuale città diventano un centro urbano unico e autonomo. Siamo nel 1070. La città ha avuto una storia identi-

ca a quella di Cagliari, stesse domi-nazioni, sempre all’ombra del centro urbano più importante dell’isola. In fondo a fregare Quartu Sant’Elena è lo stesso nome che deriva dal latino Cuartu, quarto di miglio da Cagliari. Quattro scritto in caratteri romani IV è inciso nella pietra miliare in basso alle due spade incrociate, nello stem-ma della città. La sua identità inizia a svilupparsi con la nascita di strutture come la cantina sociale, le fornaci di laterizi Picci e quelle di Maxia, la sta-zione tranviaria, la caserma dei cara-binieri, il pastificio Rosas, la distilleria Cabras, la cartiera Perra. Siamo nel ‘900 ormai, e con lo sviluppo di una economia propria, si pone la necessità di dare autonomia amministrativa a un territorio che di fatto è già diviso da Cagliari. È il 1959 quando Quartu diviene città grazie a un decreto del presidente del-la Repubblica Giovanni Gronchi. “Per le sue tradizioni storiche e per i meri-ti acquisiti dalla sua Comunità” . La vera crescita demografica vertiginosa, 10 mila abitanti in più in poco tempo, avviene negli anni “70. Ma perché in questi 50 anni la città viene ancora percepita come un satel-lite, un dormitorio, una città insomma ancora “da fare”? La posizione geografica non facilita assolutamente la possibilità di di-staccarsi facilmente dal capoluogo.

La presenza di una spiaggia impor-tante come il Poetto e lo stagno di Molentargius, all’interno del cen-tro urbano, vanno “condivise” con Cagliari. Un matrimonio territoriale scomodo che ha reso fin ora impos-sibile rilanciare l’identità e l’economia quartese svincolandola del tutto dalla cugina confinante. Più la popolazione di Quartu cresce – 70mila abitanti oggi – più quella di Cagliari diminuisce o tenta di resta-re immutata grazie alla percentuale crescente di immigrati. Una città si-curamente giovane ormai abitata da tantissimi cagliaritani che abbando-nano la loro residenza per compra-re casa qui dove i prezzi sono senza dubbio più bassi. Una Quartu che si cagliaritanizza, al punto da rendere ancora più vero l’epiteto di dormito-rio. I motivi sono ovvi e risiedono nei servizi e nelle possibilità lavorative che il capoluogo offre, sia nei centri di impiego statale, assessorati, regione, provincia, e così via, sia nel commer-cio, sono molte di più le aree in cui si concentrano i negozi. Senza par-lare di tutte le altre strutture priva-te che hanno i loro locali a Cagliari. L’esodo lo si può vedere dalla prima mattina. Tantissimi gli interventi nel viale Marconi che collega l’hinterland al capoluogo per tentare di risolvere il problema del traffico. Da dieci anni a questa parte l’ultimo progetto, quello

QUARTUPULSANTE

NON PIÚ CITTÀ DORMITORIO

di Claudia Sarritzu

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de “Is Pontis Paris,”sembra aver migliorato la situazione, soprattutto nelle ore più a rischio, la mattina presto e la sera. Ma questo esodo e controesodo è la prova di quanto la terza città più grande della Sardegna sia poco at-trattiva. Una forza centrifuga che tenta, no-nostante le ovvie difficoltà che ha un grosso centro abitato al fianco di un capoluogo, la via dell’alternativa a Cagliari anche grazie all’of-ferta scolastica. Pensiamo al polo del Brotzu. Un Liceo Classico e delle Scienze Sociali, un Liceo Scientifico, l’Istituto tecnico industria-le, il Primo Levi. Tante realtà che riescono ad attirare studenti dall’hinterland che preferi-scono queste scuole rispetto alle cagliarita-ne. Anche la Casa di Cura Polispecialistica Sant’Elena situata all’ingresso della città fra il viale Marconi e il viale Colombo è una struttu-ra sanitaria molto frequentata dagli stessi ca-gliaritani che scelgono questa clinica rispetto alle tante realtà presenti a Cagliari. Lo stesso centro commerciale le Vele con la multisala del Millenium e il Carrefour hanno in questi anni attirato verso Quartu tantissi-

mi cagliaritani. Un problema che con il tempo si sta atte-nuando anche grazie all’idea di un capoluogo più decen-trato che attraverso lo sviluppo di un Area vasta sta dan-do rilevo ai tanti comuni che confinano con il capoluogo. Quartu è anche la città, da un po’ di anni a questa parte, dello sport. Il litorale offre un area pedonale praticabile a chi vuole fare footing e una pista ciclabile. La piscina comunale, i campi di basket presenti in tutto il centro ur-bano, senza parlare dei numerosissimi impianti sportivi che sorgono in tutto il comune.Il sindaco Mauro Contini ha affermato che il rilancio della città passerà anche da uno sfruttamento di risorse come il Poetto che ancora oggi, secondo il primo cittadino, non è stato sfruttato al meglio. “La spiaggia di Quartu ha un potenziale che deve essere valorizzato, dalla prossima sta-gione balneare punteremo moltissimo sul nostro litorale, facendo sì che Quartu diventi una città di mare alterna-tiva a Cagliari e che possa essere scelta anche da chi non è residente.”Una frase che dimostra quanto la città, anche fra i giova-nissimi, sta acquistando una sua identità è quella che ci è stata detta da Andrea, 22enne che vive a Quartu, stu-dente di Lingue all’Ateneo di Cagliari. “Io sono di Quartu, a Cagliari ci lavoro e studio.”

Da SeverinoIl vecchio

La tradizione è servitaVIA KENNEDY, 1 - ORTACESUS (CA) - TEL. 070 9804197

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La dirigente comunale ha raccontato in un convegno dell’Unesco i risulta-ti raggiunti e le sfide che aspettano la città. E il sindaco Emilio Floris preme per il riconoscimento della sagra di Sant’Efisio come Patrimonio dell’Uma-nità“Lo stadio deve rimanere a Cagliari, non possiamo permetterci di perder-lo a favore di Elmas”: l’ha dichiarato Ada Lai, dirigente dell’area Servizi al Cittadino del Comune, nel corso di un convegno organizzato al Lazzaretto di Sant’Elia dal Club Unesco cittadino. La dirigente, in qualità di vice presi-dente del Club, ha ripercorso le tappe del suo impegno per la città, illustran-do i successi raggiunti e i progetti per il futuro di Cagliari.La rinascita della città deve venire dal mare: per Ada Lai la crescita econo-mica passa attraverso il turismo e il

commercio. Quindi dal porto, “uno dei punti critici, ancora da migliora-re”, la vita notturna, “su cui occorre investire”, nonostante la mancanza di un vero lungomare che vada da via Roma a Sant’Elia. Sbagliato, però, de-legare ogni cosa al Comune: “Abbiamo una mentalità imprenditoriale un po’ vecchia, bisogna capire che dobbiamo darci da fare tutti, anche i privati”, ha sottolineato. La dirigente, indica-ta come uno dei nomi in corsa per la poltrona di sindaco (sarebbe la pri-ma donna nella storia della città), ha elencato le potenzialità del territorio: i beni militari dismessi, “che possono diventare alberghi o strutture turisti-che”, il quartiere di Castello, “che va reso accessibile, con altri ascensori o strutture meccanizzate”, e il Parco della Musica. “È un intero quartiere, che avrà all’interno un teatro da mille

posti, offrirà vari servizi e darà tanto lavoro con la produzione di multime-dialità artistiche”. Una città solidale e multietnica, quella descritta da Ada Lai, “che di fronte alla crisi non si è degradata”.All’incontro, dal titolo “Cagliari città mediterranea”, è intervenuto anche il sindaco Emilio Floris, particolarmen-te legato a questo tema. “Diventare capitale del Mediterraneo è un obiet-tivo che si può raggiungere, nono-stante la concorrenza nazionale e internazionale: le basi le abbiamo poste”. Floris ha ricordato al presi-dente dell’Unesco Antonio Vernier la domanda per il riconoscimento della sagra di Sant’Efisio come Patrimonio dell’Umanità. “Sono convinto che en-tro il prossimo anno vinceremo la con-correnza e riusciremo ad ottenerlo”, ha garantito Vernier. Il sindaco ha poi discusso di un altro riconoscimento, quello di Cagliari come città metropo-litana. “Spero che anche la Regione, oltre che la legge, lo recepisca prima della fine del mio mandato: significhe-rebbe ricevere risorse e partecipare a bandi europei senza passare dalla Regione o dallo Stato. Allora sì che po-tremo essere competitivi”.

di Francesco Fuggetta

Ada Lai.

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SU FASTIGGIU DE UNA BORTA E CUSSU DE OISu tempus de su fastiggiu fiat

importanti meda po is picio-cus e is piciocas de una borta. Oi puru est importanti, po-

neus is cosas beni in craru, ma est bi-viu in manera totu difarenti. Is piciocus oi s’atobiant cun prus naturalesa, pas-sant is oras aundi bolint, impari cun is atrus o a solus. Tenint prus libertadi de si movi po contu insoru, de s’aga-tai cun chini aggradessint. Doncas, si ddis acucat, fastiggiant puru, mancai anant’ ‘e totus, si lassant, ndi pigant un’atru o un’atra, certant, torrant im-pari; est totu unu durci avolotu chi est parti de sa giovunesa, s’edadi prus bel-la de sa vida, prena coment’est de bisus e de pagus pensamentus e no ancora de cuddus grais e leggius. Is babbus e is mamas billant, cunsillant, circant de sighiri cun atentzioni. A is bortas ci ar-rennescint, atras prus pagu. Una cosa, perou, est sigura. Candu is piciocus de oi lompint a sa coia si connoscint giai meda beni, no si depint scoberri casi po nudda.Ma una borta no fiat aici. Su fastiggiu fiat sempri fatu a sa scusi. Cumentzàt apustis de unu tempus longu prenu de castiadas e de oghiadas prus de totu in ocasioni de is passilladas de su do-minigu, a mengianu e a merì, chi fiant su momentu mellus po is piciocas e is piciocus po biri e si fai biri. Passendi e torrendi a passai po oras interas in su propiu logu, donnia borta chi s’ato-biàt sa picioca chi praxiat, tocàt a si ddu fai cumprendi, ma fendi atentzio-ni meda chi nemus si nd’acatessit, e, prus de totu, is mamas chi fiant sem-pri atzudas e prontas a sculai calisi-siat principiu de trassa. E doncas fiant prus de totu is ogus a intrai in giogu! Cumentzànt is piciocus. Chini sciat fai is ogus de triglia, fiat fortunau e favoressiu. Is atrus s’arrangiànt fendi s’oghitu o, mancai, serrendi e oberendi de pressi is pibiristas. Su sinnali lom-piat de siguru. Sceti chi sa picioca no

podiat currespundi fendi s’oghitu issa puru, poita totus dd’iant essi pigada po una femina mala. Prus a prestu depiat s’amostai gratziosa e de acordiu, cun d’unu arrisixeddu meda meda piticu. Ma candu, invecis, su piciocu no ddi praxiat, bastàt a ddi fai sa faci trota, seria seria, o castiai de s’atra parti po ddi fai cumprendi de dd’acabai luegu. Candu is oghiadas e is castiadas pro-mitiant beni, intzandus su piciocu si fiat atriviu e passàt in s’arruga aundi biviat sa bella, sperendi de dda biri a sa fentana o in su corridoriu. E aici podiant sighiri cun is castiadas donnia dì, no sceti su dominigu, e mancai cun calincunu sinnali nou, ma fatu sem-pri a sa scusi. Is prus abilis imperànt s’alfabbetu po is surdus e is mudus e aici arrennesciant a si fueddai de ate-su. Medas atrus pigànt dus botixed-dus sentz’ ‘e cobercu ni fundu e ddus serrànt de una parti cun peddecaminu chi, apoi, uniant cun d’unu spaghi-xeddu istirau. Una spetzia de telefonu. Aici puru si chistionànt de atesu: issa in su corridoriu o a sa fentana e issu a suta, in s’arruga. Castiendi sempri a susu, su tzugu ddi depiat doli. Ma ndi baliat sa pena. Unu segament’ ‘e conca po is fastiggia-doris fiant is bixinus de domu, totus atrupeliaus a scuciai. Prus de totus is crastualas chi aturendi cuadas a pa-las de sa fentana insoru, no si perdiant nudda, nimancu s’espressioni prus pi-tica e, s’incrasi, dd’andànt a iscoviai a is amigas. Aici ddu beniat a isciri sa famiglia puru de sa picioca chi luegu cumentzàt a scrucullai po cumprendi si su piciocu fiat unu bonu partidu. Ma no sempri sa picioca teniat is infor-matzionis chi abisongiànt. Intzandus su babu e sa mama preguntànt gen-ti meda po nd’isciri de prus. Candu donnia isfortzu no portàt a nudda, su babbu decidiat de firmai su piciocu e de ddi ponni calancuna domandedda.A Casteddu si contat ancora chi unu

babbu, arrosciu de s’agatai a donnia ora in mesu a is peis unu piciocu chi iat oghiau sa filla, una dì, tot’in d’unu, dd’iat domandau de chini fiat fillu e cantu gadangiàt a su mesi. Apenas dd’iat scipiu, dd’iat castiau mali e dd’iat nau: “O schillellè, tzaca stradoni e de pressi puru; a filla mia cussu tanti no dd’abbastat mancu po si comporai su paper’ ‘e si strexi!”. A su piciocheddu no fiat abarrau atru sceru chi nai a sa picioca, candu si fiant torra atobiaus, no prus fueddus de amori comenti sa dì prima, ma sceti diaici: “Baidindi, ca-gona”. E totu fiat acabau inguni. Ma po fortuna in atras mill’ istorias s’amori binciat totu e sempri, impari a sa firmesa e a … su dolor’ ‘e tzugu. Importanti fiat, intzandus, sa prima presentada de su piciocu in domu de sa picioca po fai sa connoscentzia cun sa familia de issa. Su piciocu beniat cumbidau a prandi e totus ci teniant a si presentai in sa mellus manera po fai bella figura: totus allichidius, cun sa bistimenta bona, is pilus beni se-gaus po is mascus e arrubieddu in cantidadi po is feminas. Totus genaus in su momentu de si setzi po papai e, prus de totu, imperendi sa cullera, sa fruchita e su corteddu. Abisongiàt fai biri d’essi sennoris. Mancai apustis de is malloreddus cun sartitzu, sa conno-scentzia fiat giai a bonu puntu e totu cumentzàt a si sciolli e essi prus fatzili. Candu lompiant is durcis e su prangiu fiat casi acabendi, s’aria fiat giai de al-lirghia manna e tocàt a su babbu de sa picioca a si ndi pesai cun d’una tass’ ‘e binu in manu e donai is norabonas. Ma no sempri su primu cumbidu acabàt beni. A is bortas pariat chi ci fessit su tiaulu a si ponni de trevessu. Comenti candu una bella picioca, ma de gent’ ‘e botu, iat cumbidau in domu sua su piciocu po ddu fai connosci a totu sa familia. Su piciocu fiat dotori in mexina e beniat de una familia de sen-noris connota meda in Casteddu. Sa

di Giampaolo Lallai

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picioca fiat abetendi de meda custu momentu, un’amori tor-rau. E no biat s’ora de ci lompi poita cun su piciocu fiant giai chistionendi de coia. Ma in su propiu tempus timiat de ci ar-ribai, connoscendi beni is ma-neras bastaxinas de sa familia sua. Teniat brigungia. Po cussu iat passau una cida intera a ddi nai comenti si depiat cumportai e a ddi fai biri comenti papai, comenti pigai su corteddu e sa fruchita, comenti bufai, comen-ti surbiri su brodu cun sa cul-lera sentz’ ‘ e fai murigus e arre-morius leggius cun sa buca. Ma prus de totu iat arregumandau de chistionai pagu o nudda po no nai sciollorius o zunghent-zias. Su prangiu fiat andendi beni meda, casi unu miragulu po sa picioca, candu tot’in d’unu unu fradi iat pigau sa fruchita e iat cumentzau a si forrogai is den-tis po ndi bogai un’arroghedd’ ‘e petza arresciu. Sa sorri, totu atzicada, dd’iat tzacau luegu una puntad’ ‘e pei a sut’ ‘e sa mesa. Ma issu iat sighiu cun strufuddu e a sa noa puntad’ ‘e pei de sa sorri, dd’iat nau cla-ru e tundu: “Ma no est mancu merda!”. Sa mama luegu, fint-zas a cuddu momentu siddia, iat nau: “A propositu de merda, chin’est chi s’est istrexiu su pa-neri cun s’asciugamanu?”. Su babbu, issu puru abarrau sem-pri citiu fintzas a intzandus, iat arrespundiu: “Deu no seu iste-tiu, seu tres dìs chi no cagu!”. Unu sciacu mannu repentinu! Sa picioca, scedada, si ndi fiat pesada e si fiat inserrada in s’aposentu suu a prangi disi-sperada. Su piciocu si ndi fiat fuiu tot’atzicau. Cudd’amori puru fiat acabau mali po curpa de sa familia scurregìa i aresti. Candu, invecis, sa prima pre-sentada andàt beni e su picio-cu fiat istetiu aggradessiu de totu sa familia de sa picioca, boliat nai chi is fastiggiadoris podiant pensai a si fai isposus e a sa coia etotu. Fiant adere-tura liberus de bessiri impari, andai a su cinema o a passil-lai, ma mai ancora a solus ma, prus a prestu, in cumpangia de calincunu de sa familia de issa, mancai unu fradixeddu o una sorrixedda chi depiant aguan-

tai candela, po iscoviai co-menti si cumportànt is inna-moraus foras de domu. A sa coia arribànt in prena castidadi, cun calincunu ba-sideddu ma sempri donau a sa scusi. Apoi ci fiat chini si chesciàt chi sa primu noti de coiantza ci at a essi bofiu unu decespugliadori po ndi segai totu su pilu burdu! Custu mundu immoi est sparessiu. Is piciocus e is piciocas de oi, comenti femu nendi in su cumintzu, si ca-stiant, si pigant, s’impras-sant, si passant friga-friga, tenint tempus po si fueddai e po si connosci beni atu-rendi acanta e no atesu. No c’est prus perunu misteriu. Si connoscint tanti beni chi candu arribant a sa coia, cussus chi ci arribant, pen-sant, prus de totu is feminas, a spantai su sposu fendisì donai de su chirurgu un’aria noa, mancai prus simbillanti a sa “velina” de moda in sa televisioni. Calincuna po sa dì de sa coia si fai cambiai su nasu, sa buca o atras partis de su corpu po aparri prus bella e prus ermosa: unu sinu prus mannu permitit de portai mellus su bistiri biancu de isposa. Ma is omi-nis puru disigiant cambiai calincuna cosa, comenti sa brenti, candu est tropu lada. Is isposus chi oi lompint a sa coia tenint un’edadi prus manna meda de cussa de una borta e doncas is pri-mas frungias o is atrus sin-nalis de su tempus podint fai curri and’‘e su chirurgu, po-nendi mancai s’operatzioni in sa lista de is arregalus chi ddis arrechedint, impari cun pratus, cafeteras, sprigus, ainas de coxina, mantas, lentzorus, arrellogius e totus is atras cosas chi serbint. Nosu custa moda noa da connosceus pagu. In America e in is atras partis de s’Europa, invecis, est giai meda sighia. Bolit nai chi dd’eus a ponni infatu, ma arregordendi is oghiadas e is castiadas de una borta.

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Ogliastra, terra dolcissima, po-etica, modellata dal Creatore secondo il suo estro e ridipin-

ta dalla forza della natura cpm colo-ri variegati ed impreziosita da tutta una serie di costruzioni straordinarie (torri,fortilizi, “tonneri”) in cui la roc-cia, elemento apparentemente statico, sembra assumere aromaticità polie-driche e variegate che finiscono, ine-vitabilmente per rendere il nostro pa-esaggio il più bello ed interessante di tutta l’Isola. Su tutto questo immenso anfiteatro di tonneri, di torri e fortilizi

naturali, che esplodono nudi e caldi di colore dalle loro basi gonfie di mac-chie mediterranee e selve, sembrano voler cingere,a mò di abbraccio, tutta l’Ogliastra e slanciarsi, contro un mare adamantino e trasparente che sembra non conoscere alcun limite e si perde all’orizzonte. Su queste formidabili co-struzioni, che mai genio umano potrà eguagliare nelle forme e nello spazio, spicca altissimo il torrione di Perda Liana (1293 mt.) luogo esoterico, per alcuni, ma sacro e baluardo difensivo per i nostri progenitori che, spesso e

volentieri, dovevano tenere a bada gli invasori di turno. Come un’assise di giganti dall’aria sorniona, questi stalli di roccia, che celano nel cuore molte grotte inesplorate e congiunte d una trama indecifrabile di meandri, im-provvisamente (e dolcemente) degra-dano verso la marina; così la vegeta-zione, corollario unitario di una natu-ra feconda, adegua questo declinare ritmico e muta veste lungo il tragitto. Ecco che l’Ogliastra, con sorpresa generale, ci propone una policroma polifonia di foreste d’elci, querce, ca-

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L’OGLIASTRA CHE TI AVVINCEN

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stagni. Se ciò non bastasse a placare la curiosità degli osservatori, potremo notare i filari di ciliegi, mandorli, pe-schi, ulivi, avellani, nonché miti pen-tagrammi di vigne ed orti distribuiti, razionalmente, su gradinate di terraz-ze. Ma questa fiumana verdeggiante, come per mangia, pian piano, decli-nando verso valle, diventa gracile ed aspra, con i cisti ad orlare i frangenti di alcune colline, vinta interamente dal rosso cupo e dal viola di quelle al-ture di sasso. La dolce rigogliosità am-bientale ed una visuale moderna del progresso umano (strade, aeroporto ecc.) compaiono all’improvviso e ven-gono a integrarsi nella piana di Tortolì e che paiono avocare a loro quell’oa-si lussureggiante costituita dai tanti orti e giardini che circondano la cit-tadina costiera e creare, di fatto, un collage omogeneo con il blù del mare e le acque dello stagno. Al di là delle suggestive immagini, quasi a comple-tamento della prospettiva teatrale del paesaggio, ecco apparirci il golfo di Arbatax inquadrato dalle quinte del Monte Santo e di Capo Bellavista, che spalanca il suo boccascena d’acqua

cristallina ed azzurrissima dove un isolotto di porfido affiora con le sue guglie vermiglie, come una cattedrale dalle navate sommerse. Questa è una panoramica che l’Ogliastra ci offre da quasi tutti i paesi: da Villagrande, da Arzana, da Ibono, Elini, da Glassai e da Ierzu, così come da Baunei. Ma lo scenario più variegato ed aperto lo si può cogliere da Lanusei perché da questa cittadina, in una sola vol-ta, potete abbracciare, senza scher-mi, la vallata più ampia. Salendo sui punti più alti di questa realtà urbana ogliastrina, ricca peraltro di storia e monumenti preistorici (basti citare il villaggio nuragico di Selene), potrete gustare la freschezza dell’aria mon-tano l’allegria di quella marina. Ma l’Ogliastra, come abbiamo sottolinea-to, è una sorpresa continua che vale la pena di scoprire in tutta la bellezza dei boschi (Arquerì, Idolo, S. Barabara di Villagrande, Selene, Tricoli, l’alto-piano di Baunei, Urzulei e Taluna), del mare (Tortolì, Lotzorai, Girasole, S. Maria Navarrese, Barisardo, Cardedu e Tertenia), della collina (Lanusei, Elini, Ilbono, Gairo, Ussassai,

Loceri, Jerzu, Glassai, Triei, Arzana, Villagrande e Villanova), del lago (il Flumendosa), delle grotte (Glassai e Gairo)e dei siti preistorici (presenti nei territori comunali). Questo rincorrer-si di panorami mozzafiato (altopiano di Baunei, Silvana, Talan, Urzulei, Ierzu, Perdasdefogu, la Glassai-Ierzu, la Lanusei-bivio Carmine e in direzio-ne Ussassai e Osini) rappresentano un biglietto da visita (gratuito) di tutto rispetto e che certamente contribuisce a dare una concreta e positiva imma-gine della bellezza unica, a volte sel-vaggia, di questo lembo di terra sarda. Se un intero paese (Perdasdefogu) può definirsi esempio mirabile di convi-venza tra militari e civili, altri comuni (Baunei, Urzulei, Taluna, Villagrande, Arzana, ecc.) possono, a buon diritto rivendicare, non senza orgoglio, vere e proprie perle naturali come Gorropu (Urzulei), il Golgo (Baunei), i resti di antichi insediamenti (Villagrande, Arzana) e via discorrendo. Una Ogliastra da visitare e da gustare in tutta la sua tradizionale ospitalità attraverso anche i prodotti tipici (cu-lurgiones, prosciutti, vini, dolci) o le sagre tradizionali. Se è vero, come in-fatti parelo sia, che esista un mal di Sardegna, noi ci auguriamo che possa verificarsi un uguale male, stavolta in stile ogliastrino, dal quale ci si può guarire soltanto facendovi ritorno.

Nelle tradizioni popolari, ma non solo della nostra Ogliastra, certi luoghi (pic-chi, castelli ecc.) hanno dato

la stura a racconti fiabeschi o leggen-de, dove, come nella buona tradizio-ne, diavoli, streghe, fate e compagnia, danzano o vengono a contatto con la realtà popolare e con i bisogni di un futuro meno incerto. Vediamo alcuni esempi di questa saga, talora conser-vata nella memoria dei più anziani, ma che in fondo, come tutte le altre fiabe, nascondono insegnamenti o raccomandazioni morali. Secondo un’antica leggenda, probabilmente mutate nei secoli e ricordo di aspre lotte combattute dai nostri progeni-tori contro gli invasori, Perda Liana, la punta calcarea (1293 mt.) sita tra i Comuni di Gairo e Seui, sarebbe stato un luogo prediletto da demoni e stre-ghe e dove, nella notte di plenilunio,

sarebbe stato possibile ottenere quello che si desiderava. “A sa Perda ‘e Liana su hi heres ti dana” (trad. A perda Liana ti danno ciò che vuoi), un pa-store di Oliena, povero in canna, vi si recò una notte di plenilunio e d invocò il diavolo perché lo facesse diventare ricco; in cambio gli avrebbe venduto l’anima. A mezzanotte, accompagnati da strepiti di ogni sorta, ecco appari-re la demoniaca congrega con a capo un diavolo di notevoli proporzioni che si divertiva a far girare attorno a sé un somaro che portava sul dorso due grossi sacchi pieni di monete sonanti. Il giovane si sentiva già contento; ma non appena il falò infernale illuminò il volto del demonio il giovane si spaven-tò ed urlando pronunciò questa in-vocazione: “Josef, Maria cum Gesus, itt’est custa camarada! Santa Guglia avocada, miche vochet dae mesus” (Giuseppe con Maria e Gesù/ cos’è

mai questa congrega!Santa Giulia av-vocata/mi porti via di qui”). A questa invocazione i demoni scomparvero ra-pidamente, come inghiottiti, ma il gio-vane rimase per tutta la vita più pove-ro di prima. Altre leggende ogliastrine indicano nel monte Arquerì (Seui) una delle sedi preferite dal diavolo. Ma senza scomodare troppi demoni, altre leggende ogliastrine parlano di tesori favolosi esistiti nel castello di Navarra (Lotzorai), di persone trasformate in sassi per la durezza del loro cuore (leggenda di Maria Etili di Baunei), di misteriosi serpenti che ingurgitavano ragazze (Baunei-Urzulei). Al di là del-la fantasia e degli inevitabili insegna-menti morali, questi racconti, sotto sotto, sono uno strumento in più, non foss’altro che per la curiosità di sco-prire questi posti, per invitare la gente a venire in Ogliastra.Roberto Piras

Fiabe e leggende ogliastrine

OGLIASTRA CHE TI AVVINCE di Roberto Piras

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