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Guidare è servire Le Onde IL BOLLETTINO DEL PONTIFICIO COLLEGIO SAN PIETRO APOSTOLO IN QUESTO NUMERO Editoriale Il servizio dimenticato Dal cuore La maschera del personaggio ? Pellegrinaggio a Siena La Festa Patronale Essendo Nuovo 1 3 4 Arrivederci.... La mia vita a Roma 6 7 8 Era metà mattina e con il mio Vescovo, che era in visita a Roma, sono andato a pranzo presto al Gianicolo. Come ci siamo seduti al tavolo, il cassiere ci è venuto incontro e ci ha fatto una domanda: "Che cosa succede se il Papa si dimette?" Ci siamo guardati in faccia e io ho risposto: " il Diritto Canonico prevede questa possibilità. Se lo farà, i cardinali eleggeranno un nuovo papa. Il Papa dimissionario vivrà una vita nascosta, molto probabilmente una vita monastica. Ho poi continuato: "Perché ci fa questa domanda ?". Il cassiere ha risposto: "Tredici minuti fa, Papa Benedetto XVI ha dichiarato che si dimetterà il 28 febbraio 2013." Allora perché il Papa si dimette? La motivazione razionale per i servi Le dimissioni del Papa, credo, verranno ricordate come il più grande evento nella storia moderna della Chiesa cattolica del nostro tempo. Penso che la decisione di Papa Benedetto sia qualcosa di "nuovo", eroico e maturo. Con questa decisione Papa Benedetto ha dato una nuova visione e ci ha ricordato che nella nostra epoca i Papi non devono morire per essere cambiati. La conseguenza più importante di questa decisione è che la leadership nella Chiesa non è una questione di potere ma di servizio. Infatti, Papa Benedetto, il servo dei servi, ha ribadito nella sua ultima Udienza Generale del 27 febbraio 2013, "Sono consapevole della novità e la gravità del mio gesto, ma lo faccio per il bene della Chiesa e non per il mio bene, non sto abbandonando la croce, rimango attaccato ad essa in contemplazione.” Una tale decisione è possibile solo con una profonda spiritualità. Con questa decisione, Papa Benedetto ha imitato Cristo che, quando era nel cenacolo, si vedeva come un servo dei servi. È molto incoraggiante in realtà un ricordo, quando Papa Francesco ha spiegato ulteriormente la comprensione del servo….. in chiesa. Nella sua omelia inaugurale, ha detto: “Il papato mi dà un po' di potenza, ma che tipo di potere? É il potere di servire”. Ha continuato, come se il servire non fosse sufficiente, e ha sottolineato la necessità di una stretta identificazione con le persone che serviamo, quando ha detto: "Come pastori dobbiamo portare su di noi l'odore delle pecore." I servi sono quei capi che servono identificando se stessi con quelli che servono. Questo, per Papa Francesco, è il segno distintivo di un leader servo. Solo tali servitori sapranno dare liberamente la loro vita per il loro popolo, se è necessario. Un servo è utile solo finché serve. Provocati per riflettere Queste sono potenti testimonianze di persone che guidano il nostro tempo. Come guide, ci viene ricordato che la nostra preoccupazione dovrebbe essere la "grande gloria di Dio" in qualsiasi cosa facciamo. Questi eventi mi hanno spinto a fare una domanda inquietante: "Se i Papi si vedono come servi, che dire di me?" Quindi, rifletto su questa questione. (Cont. pagina 2) VOLUME 03 N° 02 * EDIZIONE ITALIANA * MAGGIO 2013 Dal Rettore Guidare è servire 2 7 8 POTERE POTERE POTERE POTERE E E E E SERVIZO SERVIZO SERVIZO SERVIZO 6 Una domanda 4 Dopo lo studio, 5

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Guidare è servire

Le Onde IL BOLLETTINO DEL PONTIFICIO COLLEGIO SAN PIETRO APOSTOLO

IN QUESTO NUMERO

Editoriale

Il servizio dimenticato

Dal cuore

La maschera del

personaggio ?

Pellegrinaggio a

Siena

La Festa Patronale

Essendo Nuovo

1

3

4

Arrivederci....

La mia vita a Roma

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Era metà mattina e con il mio Vescovo, che era in visita a Roma, sono andato a pranzo presto al Gianicolo. Come ci siamo seduti al tavolo, il cassiere ci è venuto incontro e ci ha fatto una domanda: "Che cosa succede se il Papa si dimette?" Ci siamo guardati in faccia e io ho risposto: " il Diritto Canonico prevede questa possibilità. Se lo farà, i cardinali eleggeranno un nuovo papa. Il Papa dimissionario vivrà una vita nascosta, molto probabilmente una vita monastica. Ho poi continuato: "Perché ci fa questa domanda ?". Il cassiere ha risposto: "Tredici minuti fa, Papa Benedetto XVI ha dichiarato che si dimetterà il 28 febbraio 2013." Allora perché il Papa si dimette?

La motivazione razionale per i servi

Le dimissioni del Papa, credo, verranno ricordate come il più grande evento nella storia moderna della Chiesa cattolica del nostro tempo. Penso che la decisione di Papa Benedetto sia qualcosa di "nuovo", eroico e maturo. Con questa decisione Papa Benedetto ha dato una nuova visione e ci ha ricordato che nella nostra epoca i Papi non devono morire per essere cambiati. La conseguenza più importante di questa decisione è che la leadership nella Chiesa non è una questione di potere ma di servizio. Infatti, Papa Benedetto, il servo dei servi, ha ribadito nella sua ultima Udienza Generale del 27 febbraio 2013, "Sono consapevole della novità e la gravità del mio gesto, ma lo faccio per il bene della Chiesa e non per il mio bene, non sto abbandonando la croce, rimango attaccato ad essa in contemplazione.” Una tale decisione è possibile solo con una profonda spiritualità. Con questa decisione, Papa

Benedetto ha imitato Cristo che, quando era nel cenacolo, si vedeva come un servo dei servi. È molto incoraggiante in realtà un ricordo, quando Papa Francesco ha spiegato ulteriormente la comprensione del servo….. in chiesa. Nella sua omelia inaugurale, ha detto: “Il papato mi dà un po' di potenza, ma che tipo di potere? É il potere di servire”. Ha continuato, come se il servire non fosse sufficiente, e ha sottolineato la necessità di una stretta identificazione con le persone che serviamo, quando ha detto: "Come pastori dobbiamo portare su di noi l'odore delle pecore." I servi sono quei capi che servono identificando se stessi con quelli che servono. Questo, per Papa Francesco, è il segno distintivo di un leader servo. Solo tali servitori sapranno dare liberamente la loro vita per il loro popolo, se è necessario. Un servo è utile solo finché serve.

P r o v o c a t i p e r r i f l e t t e r e Queste sono potenti testimonianze di persone che guidano il nostro tempo. Come guide, ci viene ricordato che la nostra preoccupazione dovrebbe essere la "grande gloria di Dio" in qualsiasi cosa facciamo. Questi eventi mi hanno spinto a fare una domanda inquietante: "Se i Papi si vedono come servi, che dire di me?" Quindi, rifletto su questa questione. (Cont.

pagina 2)

V O L U M E 0 3 N ° 0 2 * E D I Z I O N E I T A L I A N A * M A G G I O 2 0 1 3

Dal Rettore

Guidare è servire

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Il messaggio del Rettore

Autorità e Servizio nella Chiesa

In teoria, dovrebbero essere due facce della

stessa medaglia nella Chiesa. L’autorità è conferita dal servizio. È stato voluto così dal Creatore della vita e così vissuto da suo Figlio. La Santa Madre Chiesa è sempre stata simbolo del servizio nei confronti dell’umanità sofferente. L’abuso di potere è tuttavia sempre coesistito ed è inevitabile. “Se arriva l’inverno, può essere la primavera così lontana? “

Nella nostra situazione personale, che è quella di tutto il clero, chi non ha mai provato gli alti e bassi dell’autorità? L’autorità ci è conferita in differenti periodi di tempo. Non ci è data per dominare sugli altri, ma per servire. Svuotarsi di se stesse per un servizio amorevole nei confronti degli altri è la missione che ci è stata affidata da nostro Signore: un vero discepolo è colui che segue il Maestro. Attraverso numerosi segni e simboli, il Santo Padre Francesco sta vivendo questa missione come un vero discepolo del Maestro, un servo modello fino in fondo.

A volte ci si chiede perché il messaggio del Vangelo possa essere interpretato in modi così diversi da alcuni! L’immensa possibilità di diversità aumenta la forza e la ricchezza del messaggio, ma lo spirito dello stesso non dovrebbe essere diluito. Non dovrebbe mai essere un calice diverso. Camminare insieme rimane tuttora un modello di servizio. Fare regole ed essere in testa a comandare è un’ombra dei tempi passati. L’autorità oggi è aiutare l’altro a fare le cose piuttosto che fare tutto da sé. “Lui deve crescere ed io decrescere” è il modello di Vangelo che dovrebbe ispirarci. La leadership e l’autorità nella Chiesa sono finalizzate a costruire gli

altri, relegando se stessi nella zona meno c o n f o r t e v o l e . Evidentemente, l’egocentrismo è un enorme ostacolo che fa inciampare nella via del modello di s e r v i z i o . Prendere il posto più basso è semplice per chi ama veramente, ed il suo servizio sarà privo di ipocrisia.

È con profonda gioia e soddisfazione che vedo molti giovani sacerdoti dedicarsi volontariamente al servizio della comunità, a dispetto dei loro pesanti piani di studio. Lo fanno con gioia e senza alcuna costrizione morale: sono, infatti, momenti che possono alleviare Ie scosse e le debolezze presenti nell’arco della vita accademica. 57 dei residenti hanno conseguito con successo la propria Licenza o Dottorato e lasceranno la casa per la loro missione futura. Il C.S.P. è profondamente grato al Padre Spirituale P.Sylvwester Pajak ed al Vice Rettore P. Paolo Tolo che lasceranno i propri incarichi: entrambi hanno fatto parte del Collegio rispettivamente per 18 e 6 anni. Li ringraziamo per tutto quello che sono stati per noi e auguriamo loro le migliori benedizioni del Signore per i loro futuri incarichi.

Per concludere, non esitiamo mai a servire. Idealmente, dovrebbe essere la seconda natura di ognuno di noi. E comunque ci possono essere enormi ostacoli da superare perfino nel mettersi al servizio degli altri, ma ricordiamoci che è meglio non essere amati per quel che si è piuttosto che essere amati per quel che non si è.

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Una cosa è certa, ci deve essere una differenza tra la leadership nella Chiesa e quella politica mondana. Come guide religiose, si presuppone che siamo servi. Questa domanda ha generato più domande: io sono un tipo diverso dai leader? Devo dare il buon esempio? Sono disposto a essere un servo? Posso lasciare la mia zona di comfort al fine di identificarmi con le persone a me affidate? Posso dare le dimissioni quando sarà il momento? Queste domande sono solo la punta dell'iceberg della leadership di servizio. Spero di essere coraggioso, come i nostri Papi, per affrontare e vivere queste domande, poiché sono anch’io chiamato a eccellere nella leadership di servizio.

Paul Peter ROM

Guidare è servire

Potere Potere Potere Potere

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Thomas PERINGALLOOR

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Il Pontificio Collegio di San Pietro ha dedicato

questo numero de “Le Onde” al tema “Potere e Servizio” per offrire un contributo alla riflessione sul modo di intendere l’autorità nella Chiesa.

“Munus” della missione

Potere, autorità e servizio sono le tre parole usate dagli evangelisti per descrivere i momenti in cui Gesù invia in missione i suoi discepoli, a operare in suo nome. Per gli evangelizzatori, il successo di una missione dipende, di questo siamo certi, da quanto il discepolo ha meditato e assimilato queste parole di Gesù. Una conoscenza vitale se un discepolo desidera trovare un senso, il “successo” e glorificare il suo Maestro con la propria missione. La mancanza di una tale consapevolezza rende il discepolo nocivo per se stesso, dannoso per gli altri e di ostacolo per il suo Maestro.

Potere, autorità e servizio

Noi possiamo affermare, senza paura di essere smentiti, che questi munus sono pienamente vissuti da Gesù. Egli è il nostro modello per

eccellenza. Attraverso di lui possiamo conoscere i “perché” e i “come” dei munus. In Lui vediamo che i munus sono sempre al servizio della volontà del Padre. Le Sue azioni più efficaci, quella suprema sulla Croce, sono atti di obbedienza al Padre. Egli esercita la sua autorità, contrassegnandola con alcune caratteristiche qualità. Ammiro in modo speciale la sua prontezza nel perdonare, la sua battaglia per liberare il popolo da ogni genere di schiavitù, spirituale, fisica, ideologica e culturale. Il suo ministero è un’opzione, anzi un’opzione preferenziale per gli anawim, i senza voce, gli abbandonati e i dimenticati.

Meditare sui munus

Tutti e tre i munus devono essere considerati nel contesto della relazione maestro-discepolo. Quando il discepolo fa questo egli/ella arriva a conoscere che i munus per natura sono ricevuti. Più un discepolo riflette su questo dinamismo, più aspirerà e desidererà una relazione più profonda, intima e fedele con il Maestro piuttosto che ricercare i munus stessi. Così facendo il discepolo si conforma al Maestro. Il discepolo diventa “l’immagine viva” del Maestro stesso. Quindi solo

conoscendo il Maestro un discepolo sarà in grado di agire come il Maestro.

Questa meditazione tuttavia non è facile. Essa chiede purificazione, illuminazione e unione della mente e del cuore del discepolo con gli insegnamenti del Maestro. Questo processo può durare tutta la vita e necessita che si “faccia la verità” dentro se stessi, si rinneghi il proprio io e si purifichino le proprie motivazioni. Solo il discepolo che persiste pazientemente e con tutta la sua volontà in questo cammino cresce nella conoscenza di se stesso e nella vera comprensione dell’amore. Credo che Santa Benedetta della Croce riassuma questo molto bene quando dice “la sola via … è quella di sentire tutto il peso della croce --- dal profondo del mio cuore ho detto: Ave crux, spes unica”.

Il discepolo segnato dai munus

Il discepolo caratterizzato dai munus “matura” una personalità che non può non includere l’obbedienza. Non un’obbedienza imposta, ma

un’obbedienza libera e cordiale. In tal modo, coloro che sono guidati da un discepolo di Gesù dotato di queste caratteristiche non si sentiranno mai costretti, oppressi o obbligati. Piuttosto sperimenteranno il vero significato della libertà, della vita e dell’amore. Questo comporta una risposta alla missione senza compromessi,

appassionata e piena di carità. Essi saranno realmente testimoni ed esperimenteranno la presenza del potere, dell’autorità e del servizio del Maestro attraverso la missione del discepolo.

Testimoniare i munus

Quindi, come discepoli del Maestro, dobbiamo impegnarci in una meditazione introspettiva più che retrospettiva. Non dobbiamo aspettarci nulla dagli altri e neppure chiedergli nulla. Anzi, cominciamo a verificarci come discepoli, attraverso una riflessione trasparente, su quanto fedelmente, semplicemente e fruttuosamente abbiamo assimilato e vissuto questi munus. Infatti, la testimonianza inizia proprio da noi in quanto discepoli del Signore.

Le sfide di potere e servizio

Editoriale

Joaquim GRACIAS

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P A G E 4

Il termine servizio ha tanti significati quante

sono le parole che lo servono di sinonimi. Si può trattare di un lavoro fatto, di un aiuto dato, di un ascolto, di un consiglio, di una funzione. Il servizio indica il fatto di essere a diposizione di qualcuno nel fare ciò che gli è utile. È un termine che appartiene al vocabolario del vivere insieme, di un’organizzazione, di un’impresa, di una famiglia, di una comunità. Servire è un fatto sociale umano. È la vocazione di ogni persona, anche rivestita di un potere. Infatti, il potere è questa capacità di influire sulle opinioni e decisioni degli altri essendo un leader, un presidente o un pastore a cui è affidata una parrocchia, una comunità cristiana, una istituzione. Tuttavia il potere, che dovrebbe essere servizio, è spesso una trappola nella nostra vita sacerdotale quando dimentichiamo che siamo servitori. Il mondo attuale in tutti i campi, sia politico che religioso, non ha più bisogno di despoti e di dittatori. Occorre lodare la comprensione di tanti uomini e donne che hanno capito questo modo di esercitare un potere essendo servitori.

A noi sacerdoti certamente è posta una sfida in questo campo. Infatti, la nostra vocazione è proprio il servizio poiché Gesù, il nostro Maestro, ha fatto della sua vita un servizio totale

fino alla morte, dando così la salvezza al mondo intero. Il potere sacerdotale deve dunque esprimersi in fede e amore. Ora chi ama il Signore serve il Signore nel prossimo, nel cristiano, nel parrocchiano, in chiunque altro abbia bisogno di aiuto o di essere ascoltato. Dunque, la pastorale non può essere che servizio. Siamo, infatti, consacrati e cosi dedicati alla disponibilità, a “lavare i piedi del

prossimo”, a “mangiare con i poveri”, a “curare gli ammalati” , a “moltiplicare il pane”, a dare il nostro tempo alle persone. Non lo si può fare senza un cuore pieno dell’amore di Gesù. Solo l’amore è fecondo! Di solito, dalle nostre bocche esce l’arroganza, che è frutto di superbia che non costruisce ma scoraggia la “pecora” che cerca una parola di speranza, di consolazione e di gioia. Del nostro potere sacerdotale abusiamo spesso. Ricordiamo che il servizio è anche rispetto del prossimo in cui Gesù si trova. Non

possiamo neanche lasciarci prendere da un familismo amorale e da una brama di profitto. Il mondo ha bisogno di un servizio di qualità che è espressione d’amore. Dunque non dimentichiamo mai queste parole di Gesù che dobbiamo sempre fare nostre: “sono in mezzo a voi come colui che serve”. Lc 22,27

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Il servizio dimenticatoIl servizio dimenticatoIl servizio dimenticatoIl servizio dimenticato

Pascal SENE

Dal cuore

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«Noi compriamo l’esperienza per niente studiando la vita degli altri», disse

Max Müller. Vere sono queste parole quando rifletto sul mio soggiorno di tre

anni a Roma. Questo periodo è stato formativo e prezioso. Gli studi all’università,

la vita comunitaria in collegio, l’esperienza pastorale, hanno aperto gli orizzonti

della mente per riflettere su diversi aspetti della vita. Quest’opportunità mi porta

a dire, «c’è molto più da imparare nella vita». Vorrei ringraziare il Signore per

quest’opportunità e per quanti mi hanno accompagnato. Rajesh Rosario

Grazie

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Vorrei cominciare dicendo che, quando ho

pensato a questo soggetto, non c'era ancora Papa Francesco, che certamente é stato un dono per tutti noi, per tutta la Chiesa e per il mondo intero. In questi mesi del suo ministero petrino, ci ha fatto riflettere sull'importanza del servizio e dell'umiltà nell’annunciare il Cristo, come vero potere capace di attirare gli uomini a Dio. Per alcuni di noi, sacerdoti residenti nel Collegio San Pietro che in questo semestre stiamo concludendo la licenza o il dottorato, si avvicina il momento della partenza e del rientro nelle nostre Diocesi. Portiamo con noi un titolo, che prova che abbiamo acquisito una preparazione accademica in una delle aree specifiche del sapere teologico o filosofico. Questo vuol dire che abbiamo una competitività, o meglio "un certo potere", che possiamo utilizzare per aiutare nella crescita le nostre giovani Chiese, nella formazione sia dei futuri presbiteri come dei laici. Sarebbe uno sbaglio da parte nostra approfittare della nostra preparazione, per interessi personali, cercando un posto vantaggioso o di prestigio. Non c'è nessun problema ad avere delle grandi aspirazioni, il problema è volerle soddisfare ad ogni costo. Dice Gesù, "colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo" (Mt 20, 26-27). In queste parole il servizio come umiltà e il potere come grandezza non si contrappongono, tutto al contrario,

entrambe si richiamano a vicenda. La vera grandezza dell’uomo è vivere la sua umanità promuovendo la d i g n i t à d e l l ' a l t r o . Non possiamo dimenticare le vere ragioni per le quali siamo stati inviati a studiare; dobbiamo ricordare sempre che abbiamo potuto fare i nostri studi a Roma, grazie alla collaborazione materiale e spirituale di tante persone che, in nome della Chiesa,

sono state disponibili per questo. Alla fine, è stata la Chiesa stessa a offrirci un tempo per la nostra c r e s c i t a u m a n a , intellettuale, spirituale e pastorale. La nostra preparazione accademica è un vero "dono" ricevuto, che chiede a noi una risposta, che possiamo tradurre in disponibilità nell'esercizio s a c e r d o t a l e . Essere contrari a questo "dono" sarebbe voler fare c a r r i e r a , strumentalizzando quello che ci è stato donato. La

domanda su che cosa faremo dopo il nostro studio, se servizio o potere?, ognuno di noi deve rispondere per se stesso. Un segno di maturità nella vita cristiana e ministeriale è avere capito di vivere l'invito di Gesù, "chi è più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve" (Lc 22, 27)

Direttore: Thomas PERINGALLOOR SVD

Capo Editore: Joaquim Savio Neto GRACIAS

Editore edizione Inglese : Paul Peter ROM

Editori edizione Francese: Pascal SENE; Georges Pompidou EKO

Editore edizione Spagnolo: Edwin Casadiego ORTEGA

Editore edizione Portughese : Marcos Baliu SIBANDIO

Redazione

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Dopo lo studio, servizio o potere?

Edwin Casadiego ORTEGA

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Viviamo in una cultura della cura dell’immagine,

dell’ostentazione, dello show, il mondo delle star

che vivono nella finzione, giocano ai personaggi e cambiano faccia, maschera a seconda del ruolo che non è sempre lo stesso, è come a carnevale. Il pericolo è che il sacerdote, il religioso o tout court il cristiano, vivendo in quest’ambiente, si lasci ingannare dalla doppiezza di vita, la vita del camaleonte che cambia colore secondo l’ambiente e quello che lo circonda. Non si può essere un po’ cristiano, un po’ sacerdote, un po’ religioso. O lo siamo totalmente o non lo siamo affatto. Non vi è negoziazione, non c’è metà e metà, è la totalità! A spingerci a questa doppiezza di vita sono i nostri idoli, piccoli e grandi, che ciascuno di noi ha e nei quali, secondo le parole di Papa Francesco, “ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e mettiamo tante volte la nostra sicurezza. Sono questi idoli che teniamo nascosti, possono essere ambizione, gusto del successo, il mettere se stesso al centro, la tendenza a voler comandare e dominare gli altri, la presunzione di

essere padroni della nostra vita”. Occorre, dunque, che riscopriamo continuamente il fondamento della nostra vita di fede che non è un’ideologia ma la persona vivente di Gesù Cristo. È il suo modo di vivere, di pensare, di parlare e dire, agire, che modella la nostra spiritualità e alimenta la nostra vita. Con la sua semplicità, umiltà, e autenticità di vita nel servizio amoroso ha attirato molti a Lui. Se vogliamo essere credibili nel nostro mondo come cristiani, sacerdoti, religiosi, dobbiamo togliere le nostre maschere di personaggi e indossare il volto autentico di Cristo per diventare, secondo le parole di don Tonino BELLO, “la Chiesa del grembiule, l’unico ornamento liturgico che sappiamo che Gesù ha usato” per mostrare ai suoi discepoli la sua maestà e grandezza nel servizio gratuito, concreto e umile. Così, e soltanto così, possiamo essere presenza effettiva di Cristo oggi.

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La maschera del personaggio ?La maschera del personaggio ?La maschera del personaggio ?La maschera del personaggio ?

Pellegrinaggio a Siena

Georges Pompidou EKO

Riguardo al punto di vista spirituale del

pellegrinaggio a Siena, ho osservato l’atmosfera dei Sacerdoti con i quali eravamo insieme, erano felici di avere l’opportunità di visitare questo luogo molto importante sia per l’ITALIA che per l’EUROPA. Durante il nostro pellegrinaggio abbiamo avuto la fortuna di avere tre guide per spiegarci alcune cose sulla vita di Santa Caterina: il Sacerdote Dominicano, una Suora Dominicana, e un laico incaricato di dare le informazioni necessarie sull’aspetto spirituale e politico di quel luogo. Caterina da Siena ha ben capito il messaggio del Vangelo nella sua vita: ha avuto la visione a sei anni. Ma una cosa molto importante per la quale Lei è conosciuta, è il modo in cui ha saputo convincere i due Papi a non provocare divisioni nella Chiesa, cercando di riappacificarli, perché uno era a Avignone l’altro a Roma. Fortunatamente è riuscita a convincere il Papa a rimanere a Roma come luogo centrale per la Chiesa Universale.

Questa Santa è molto conosciuta grazie a tante lettere scritte ai diversi responsabili della Chiesa per l’armonia della nostra vita spirituale finora, così Santa Caterina da Siena è fra i Dottori della Chiesa e la terza donna dottore della Chiesa.

Durante il pellegrinaggio cerchiamo di seguire l’esempio del santo come riferimento spirituale. Questa santa ha potuto mostrare la differenza tra la politica e il senso della Chiesa. La responsabilità della Chiesa è rendere servizio ai bisognosi e ai sofferenti, la politica si occupa del potere per gli interessi personali o del gruppo specifico nel nome del popolo, mostrando che lavorano per tutti ma guadagnano loro di più nel nome della maggioranza. Senza dimenticare che il potere c’è

comunque in un certo modo, perché senza risorse economiche sarebbe stato difficile fare questo pellegrinaggio, che molte persone povere vorrebbero fare ma non possono permetterselo.

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Servizo Servizo Servizo Servizo

Salvator BIZINDAVYI

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“La festa della Cattedra di San Pietro il 22

febbraio, in uso a Roma già nel 336, anche se la sua origine e celebrazione non hanno alcun riferimento alla cattedra materiale, esprimeva, ed esprime tuttora, la potestà di Pietro, radicata in Roma e lasciata ai suoi successori: la sede di Pietro è principio e fondamento visibile dell'unità della Chiesa”. Questa è, infatti, la festa del nostro collegio, che quest’anno, a causa degli impegni del nostro prefetto, è stata celebrata il giorno 23 febbraio 2013. Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Fernando Filoni ha presieduto l’Eucaristia. Ma che senso ha la festa della cattedra di colui che Gesù ha detto: “a te darò le chiavi del regno dei cieli...” (Mt 16,19)? Essa ha senso nella misura in cui non celebriamo la cattedra materiale, né l’autorità di Pietro, ma l’autorità come servizio e l’unità di tutta la Chiesa in due momenti: l’agape insieme, segno del vincolo di unione fraterna fra lo Staff della Propaganda Fide, i Sacerdoti del Collegio e i Dipendenti, e la celebrazione del pane spezzato, sangue versato e la parola proclamata che è quel momento di crescere insieme nella fede, meditando su quel mistero e sulle parole che Gesù ha detto a Pietro: “ a te darò le chiavi del regno dei cieli ...”( Mt 16,19) e quelle di Pietro stesso : “... pascete il gregge di Dio che vi è affidato... non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del

gregge” (1Pt 5, 2-3), che parlano della donazione totale per amore e del potere. Ma di che tipo di donazione e e di che tipo di potere? Si parla del potere come donazione di sé. L'autorità (potere) che viene da Cristo, significa servizio e guida al bene comune. Dunque, ci richiama a vivere e a realizzare sempre, in qualsiasi responsabilità affidataci, il grande passaggio dalla logica del potere alla logica del servizio con fede e amore. Alla celebrazione d’inizio del suo pontificato, il 19 marzo 2013, il Papa Francesco dice: “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede”. Questo ci fa capire che il successo della testimonianza sacerdotale, cristiana e di ogni uomo e donna di buona volontà, non è fondato sulla grandezza, potere, avere, o forza, ma sulla capacità di trasformare tutto ciò in un servizio d'amore reciproco. Il potere è istrumento di servizio, e grembiule di ogni sacerdote, consacrato/a e cristiano nella Chiesa e nella società. Siamo infine consapevoli che il passaggio dalla logica del potere alla logica del servizio è un processo arduo, mai terminato, che deve essere comunque perseguito in ogni tempo e in ogni occasione, finché c’è vita sulla terra.

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La Festa Patronale del Pontefico Collegio San Pietro Apostolo

Marcos SIBANDIO

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C’è un tempo per tutte le cose dice l’uomo

saggio. Un tempo per venire e un tempo per partire. Tre anni fa, tutto era nuovo. Tre anni dopo, tutto è ancora nuovo ma devo partire. Devo ritornare nella mia patria. Se sei nuovo, non ti preoccupare perché partirai anche te c’è lo voi. Siamo come i cacciatori che devono portare a casa la caccia altrimenti muore di fame la famiglia. Molti mi chiedono, “Ma non sei contento qua in Italia? Abbiamo tutto qui; perché torni nella miseria dell’Africa? Perche non rimani con noi? Cerco sempre di essere gentile di non dirgli che, “Sono venuto dalla ‘miseria’ e nella ‘miseria’ ritornerò.” Ma dico sempre a loro: “La missione

sarà compiuta con il mio ritorno.” Il benessere della Chiesa locale è più importante della mia felicità. Sono venuto straniero, ho vissuto da straniero e ritorno straniero. Ci sono migliaia di belle cose da ricordare, tante altre cose da dimenticare. Dobbiamo ritornare, fratelli e sorelle. Arrivederci! Me ne vado!

Essendo Nuovo: Arrivederci! Mene vado!

Paul Peter ROM

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“Qui, sul Gianicolo, in faccia alla Sede si Pietro, Propaganda vuole formare un manipolo di apostolic per le lontane terre di Missione ripetendo agli alunni le parole di S. Partizio: ut christiani sitis et romani!”

• Parole del S.E. Celso Costantini (Il Fondatore del Collegio San Pietro, 1946)

LE ONDE

Il Bollettino del Pontificio Collegio San Pietro Apostolo

Viale delle Mura Aurelie, 4, 00152 Roma, Italia

Tel. (+39) 06 39 874 1 • Fax: (+39) 06 393 763 51 • E-mail: [email protected]

È già quasi ora di andare, un poco e non [vi vedremo] più, un poco ancora [vi vedremo]...

Per diciotto anni

abbiamo avuto la grazia della presenza in mezzo a noi del padre spirituale nella persona di P.

Sylwester Pajak, e per sei anni il padre vice rettore nella persona di P. Paulus

Tolo. Ognuno di loro ha partecipato secondo le sue qualità, ruolo e carattere alle diverse realizzazioni del nostro collegio. Qualcuno diceva: "Ogni persona che passa nella nostra vita passa

da sola, perché ogni persona è unica e nessuna

sostituisce l’altra! Ogni persona che passa nella

nostra vita passa da sola e non ci lascia vuoti

perché lascia un po' di se stesso e porta un po’ di

noi. Questa è la più bella responsabilità della vita

e la prova che le persone non sono per caso ". D’altra parte siamo spesso sorpresi dagli eventi che accadono nella nostra vita indipendentemente dalla nostra volontà o desiderio. Tuttavia quando abbiamo una missione da compiere, dobbiamo accettarla come parte dei disegni di Dio. Perciò, reverendissimi, vi siamo profondamente grati per questo. Non vi diremo addio, ma arrivederci, che Dio vi benedica nella vostra nuova missione. Pregheremo sempre e faremo il tifo per il vostro successo.

Arrivederci… Arrivederci… Arrivederci

P. Sylwester Pajak

P. Paulus Tolo

Potere Potere Potere Potere

e e e e

Servizo Servizo Servizo Servizo

La mia vita a Roma

Essendo alla fine dei tre anni del mio soggiorno

in Italia, in particolare a Roma «città eterna», il collegio San Pietro Apostolo mi ha chiesto di descrivere in poche righe la mia esperienza di vita a Roma, ma soprattutto quello che ho vissuto in questo collegio.

Ogni volta che si va in un paese sconosciuto, c’è la sensazione di paura e d’incertezza, perché non si sa mai ciò che succederà in questo paese. È normale per un essere umano. Questo non è un’eccezione per me. Confesso onestamente che, ho avuto paura e incertezze nei primi giorni quando mi hanno annunciato che doveva andare a Roma per gli studi!

Comunque quando sono arrivato a Roma, ho trovato un mondo completamente diverso da quello al quale mi sono abituato in Mozambico, il mio paese di origine. A Roma, in particolare nel collegio San Pietro Apostolo mi sono trovato in un «mondo in miniatura», dato che ci sono rappresentati i cinque continenti del mondo.

È stata bella per me, l’esperienza cristiana e

sacerdotale fatta in una comunità costituita dagli africani, asiatici, latino-americani, europei e aceaniani, adorando e lodando lo stesso Dio che, con le sue meraviglie ha creato il mondo salvandolo in Gesù Cristo suo Figlio!

L’esperienza è stata così intensa che mi ha fatto sentire come un «cittadino del mondo», in modo che la paura e l’incertezza sono trasformate nella gioia e soddisfazione! In consonanza con il salmista posso cantare: «chi semina nelle lacrime

mieterà nella gioia. Nell’andare, se ne va

piangendo, portando la semente da gettare, ma

nel tornare, viene con gioia portando i suoi

covoni»(Sal 126, 5-6).

All’inizio, questa esperienza è stata piena di sfide e poi si è trasformata nella gioia e soddisfazione. Io ritorno al mio paese arricchito di nuovi modi di essere cristiano e sacerdote! Vale la pena aver trascorso questi anni qui a Roma.

Inácio Mole

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