Il Bilancio Partecipativo di Porto Alegre. Pablo Barone, Forlí 2005 -

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IL BILANCIO PARTECIPATIVO DI PORTO ALEGRE. MARZO 2005, FORLÍ PABLO BARONE. TESI DI LAUREA IN SCIENZE INTERNAZIONALI E DIPLOMATICHE CORSO IN POLITICHE DI SVILUPPO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA, SEDE DE FORLÌ FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE “ROBERTO RUFFILLI” QUEST' OPERA È DISTRIBUITA CON LICENZA CREATIVE COMMONS ATTRIBUZIONE - NON COMMERCIALE - NON OPERE DERIVATE 3.0 UNPORTED

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IL BILANCIO PARTECIPATIVO

DI PORTO ALEGRE.

MARZO 2005, FORLÍ

PABLO BARONE.

TESI DI LAUREA IN SCIENZE INTERNAZIONALI E DIPLOMATICHE

CORSO IN POLITICHE DI SVILUPPO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA, SEDE DE FORLÌ

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE “ROBERTO RUFFILLI”

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INDICE

PARTE PRIMA ............................................. 7

CAPITOLO 1 ........................................................................................ 7

LA DEMOCRAZIA E IL SUO CONSOLIDAMENTO IN AMERICA LATINA. ...... 7

CAPITOLO 2 ......................................................................................23

IL PATRIMONIALISMO IN BRASILE. .......................................................23

PARTE SECONDA ..................................... 50

CAPITOLO 3. .....................................................................................50

PORTO ALEGRE: DALLA CITTÀ “BIPARTITA”

ALL‟ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE. ......50

3.1. Origini storiche della città “bipartita” in Brasile. ..................51

3.2. La “favelizzazione” di Porto Alegre. .......................................53

3.3. La distensione e la conflagrazione del Movimento

Comunitario. ....................................................................................56

3.4. Verso nuove forme di partecipazione .......................................59

3.5. 1989. Il primo ciclo di Orçamento Participativo. ....................61

3.6. Direttrici di sviluppo dell‟Orçamento Participativo. ..............63

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3.7. Influenza dell‟Orçamento Participativo sulle politiche

pubbliche. ........................................................................................66

CAPITOLO 4. .....................................................................................70

FUNZIONAMENTO ATTUALE DELL‟ORÇAMENTO PARTICIPATIVO DI

PORTO ALEGRE. ...................................................................................70

4.1. Le istanze dell‟Orçamento Participativo. ................................70

4.2. Il ciclo annuale di discussione del Bilancio. ............................75

CAPITOLO 5. .....................................................................................82

L‟OP E IL QUADRO NORMATIVO. ..........................................................82

CONCLUSIONI .......................................... 88

BIBLIOGRAFIA ......................................... 97

BIBLIOGRAFIA ON-LINE ....................... 99

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INTRODUZIONE

Il Bilancio Partecipativo di Porto Alegre, è uno strumento di gestione

pubblica che si basa sulla partecipazione ripetuta, frequente e volontaria della

cittadinanza, nelle diverse fasi di discussione, elaborazione ed esecuzione del

Bilancio Comunale, particolarmente in ciò che concerne la definizione delle

priorità per l‟allocazione di risorse e investimenti pubblici. La partecipazione,

formalmente di carattere consultivo, è organizzata secondo un criterio misto

che prevede momenti di coinvolgimento diretto e altri mediati tramite

rappresentanza.

Instituito nel 1989 dalla gestione Frente Popular1 di Olivio Dutra, passando

per numerosi adattamenti alla complessità dello scenario socio–politico

locale, sostenuto da quattro mandati consecutivi all‟Esecutivo del PT, il

Bilancio Partecipativo è tuttora vigente.

La relativa maturità di quest‟esperienza rispetto alla giovane democrazia

brasiliana, il radicalismo dell‟idea di partecipazione politica che la anima e

l‟abilità delle amministrazioni che si sono susseguite finora nell‟incassare

consenso e approvazione a livello nazionale e internazionale, sono stati, a mio

avviso, fattori importanti nell‟attivare un interesse diffuso e vivace verso

l‟esperienza in atto a Porto Alegre, oggi emulata nei più disparati contesti.

Attualmente altri 103 Municipi brasiliani stanno sperimentando strumenti

amministrativi che si ispirano o ricalcano il modello attuato a Porto Alegre; in

Europa i comuni che lo replicano più fedelmente sono Manchester e Bobigny

(Paris) e in Italia gli enti locali che stanno attuando esperienze di Bilancio

Partecipativo sono: il Municipio XI del Comune di Roma (140.000 abitanti

circa), il Comune di Pieve Emanuele (MI)(18.000 ab.circa); il Comune di

Grottammare (AP)(14.000 ab.circa). Ad oggi la pratica di gestione del

Bilancio Partecipativo ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, fra

1 Coalizione partitica di sinistra che ha governato Porto Alegre dall‟1989 al 2004, il cui partito

egemone è il PT.

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i quali il più importante è probabilmente quello ottenuto nella Seconda

Conferenza Mondiale Sugli Insediamenti Umani dell‟Organizzazione delle

Nazioni Unite – Habitat II. In questa occasione il Bilancio Partecipativodi

Porto Alegre viene selezionato dal Comitato Tecnico della conferenza, come

una delle 42 migliori pratiche di gestione urbana al mondo; inoltre la Sezione

per l‟America Latina, del Programma di Gestione Urbana dell‟ONU, riceve il

riconoscimento come una delle 22 esperienze di gestione pubblica più

efficienti.2

Altro importante elemento di risonanza è stato fornito dal Forum Sociale

Mondiale ospitato più volte dalla città di Porto Alegre. In questa sede entità

della società civile e delegazioni di partiti, sindacati ed enti locali, provenienti

da tutto il mondo, hanno potuto conoscere la natura innovativa dell‟esperienza

in atto nella città. Numerosi i workshop e conferenze su partecipazione

politica, governo locale e sviluppo sostenibile in cui il Bilancio Partecipativo

è stato approfonditamente “pubblicizzato”; efficace è anche l‟attività di

“sponsorizzazione” stimolata dall‟Amministrazione, tramite la diffusione di

abbondante materiale pubblicitario sulla peculiare gestione urbana di Porto

Alegre, come fiore all‟occhiello del PT, e contemporaneamente, grazie al

vigoroso impegno, nel risaltare agli occhi degli ospiti, l‟immagine di una città

sviluppata e accogliente, dotata di servizi e infrastrutture efficienti.

La mia tesi non si inserisce nel dibattito sulla replicabilità di questa esperienza

in ambiti diversi, né tanto meno si addentra nella contrapposizione teorica tra

sostenitori della democrazia diretta, o partecipativa, e i difensori dei sistemi

democratici rappresentativi; ambisce, piuttosto, ad approfondire il significato

dell‟istituzionalizzazione della partecipazione cittadina alla definizione della

programmazione di bilancio, nel caso specifico della metropoli brasiliana di

Porto Alegre. Un‟analisi, quindi, che necessariamente parte dalla descrizione

del consolidamento delle democrazie latino-americane della terza ondata, per

giungere all‟individuazione, nel caso specifico del Brasile, dei principali

2 Habitat II si è tenuta nel giugno 1996 a Istambul, Turchia. Porto Alegre ha partecipato con una

delegazione dell‟allora Prefetto Tarso Genro (PT). Argomento della conferenza era le

interconnessioni tra disuguaglianze e urbanizzazione.

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ostacoli all‟istituzionalizzazione della democrazia come “only game in town”.

In particolare, per quanto riguarda il Brasile, individuo nella struttura

marcatamente patrimonialista–clientelare delle relazioni tra società e Stato,

una spiegazione saliente del tratto autoritario dello sviluppo culturale–politico

di questo paese, corresponsabile della proliferazione di fenomeni di

marginalizzazione sociale, drammaticamente iscritti nella fisionomia delle

metropoli brasiliane.

Una volta rintracciati i macro–fenomeni individuati a livello nazionale nella

storia di Porto Alegre, passo a descrivere la “genesi” e l‟evoluzione

dell‟esperienza del Bilancio Partecipativo, offrendo un‟interpretazione delle

dinamiche politiche attraverso cui si è giunti ad attivare la sua

sperimentazione, e di quelle che ne hanno determinato il consolidamento.

Buona parte del materiale consultato è in lingua Portoghese, quindi ho

pensato fosse utile tradurre le citazioni nel testo. Le citazioni nelle note a piè

di pagina ,invece, ho preferito lasciarle in lingua originale, dato che spesso si

tratta di dichiarazioni riportate integralmente, che perderebbero „colore‟ se

tradotte dilettantisticamente. Rimangono in lingua originale anche le diciture

tecniche, come i nomi di istituzioni e organizzazioni politiche, per la praticità

di utilizzare le sigle corrispondenti. Ad esempio il termine „Bilancio

Partecipativo‟ verrà utilizzato nella sua traduzione in portoghese „Orçamento

Participativo‟, a cui è agevolmente riconducibile la sigla ricorrente „OP‟.

La mia curiosità per quest‟esperienza è nata da letture occasionali circa

cinque anni fa, successivamente, nell‟anno 2002, sono entrato in possesso di

materiale irreperibile in Italia, che mi ha procurato un amico di ritorno dal

Brasile. Nel 2003, trovandomi personalmente a Porto Alegre per altre

ricerche, ho avuto occasione di fare alcune interviste a personaggi coinvolti

nella costruzione dell‟OP, tra i quali il prof. Rodrigo Stumpf Gonzalez,

docente dell‟ Universidade do Vale do Rio dos Sinos, che ha partecipato

attivamente all‟evoluzione dell‟OP.

Forlí, Marzo 2005.

Pablo Barone

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PARTE PRIMA

CAPITOLO 1

La democrazia e il suo consolidamento in America Latina.

In questo primo capitolo mi pongo l‟obiettivo di introdurre alcune peculiarità

del caso latino-americano, in relazione ad uno dei processi più studiati della

scienza politica contemporanea: il consolidamento democratico. Se lo studio

di questo fenomeno, come si vedrà in seguito, ha portato a conclusioni

discordanti, a proposito della definizione di democrazia, invece, è stato

raggiunto, se pure probabilmente provvisorio,3 un generale consenso. Col

dissolvimento delle correnti teoriche partecipazioniste dei movimenti di

contestazione di fine ‟60, e con il crollo dell‟URSS alla fine degli anni ‟80,

che seppellisce con sé l‟ideale della “democrazia popolare”, oggi più che mai,

il termine democrazia è utilizzato prevalentemente per designare la forma di

governo democratica rappresentativa moderna, storicamente affermatasi nel

XX secolo. In altri termini l‟eterogeneità delle definizioni di cosa dovrebbe

essere la democrazia, originata dalla molteplicità di possibili interpretazioni

della sua dimensione normativa – democrazia intesa come “orizzonte

dell‟uguaglianza e dell‟inclusione”4 – ha ceduto il passo all‟esigenza di

3 La “nascita” della democrazia è comunemente individuata come sua prima manifestazione nel

governo della polis ateniese del V sec. a. C. , scompare dal lessico politico con la fine dell‟esperienza

periclea, per riemergere soltanto con le, e rivoluzioni settecentesche e fino ai giorni nostri, in base

alle aspettative su ciò che da essa sia legittimo aspettarsi, si è vista attribuire diversi significati. Per

questo ipotizzo che il generale consenso su una definizione di democrazia come quella forma

governo democratico rappresentativa, storicamente ralizzatasi nel XX , derivi da particolari

contingenze storiche, e che, quindi in futuro, sarà probabilmente soggettaad ulteriori

concettualizzazioni. D‟altronde lo stesso Robert Dahl, scrive “in molti paesi il compito è quello di

portare la democratizzazione al livello della democrazia poliarchica. Ma la sfida per i cittadini delle

democrazie consolidate è scoprire come realizzare un livello di democratizzazione ancora superiore”.

Robert Dahl, On Democracy, Yale University, 1998, trad.it. , Sulla Democrazia, ed. Laterza, Roma-

Bari, 2002, pag. 106. 4 Edoardo Greblo, Democrazia, Il Mulino, Bologna, 2000, pag. 15

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descrivere, tra le forme di governo che gli uomini si sono dati nella storia,

quella che più rispetta l‟ethos egualitaristico essenziale, minimo, implicito

nell‟etimologia stessa della parola democrazia5: “l‟idea che i cittadini debbano

essere trattati come politicamente uguali nella partecipazione al governo”.6 Se

la democrazia diretta come governo del popolo non può esistere, se non

relegata alle anguste condizioni già dettate da Jean-Jaques Rosseau7, e quella

“popolare” non è mai stata ciò che idealmente pretendeva di essere8, la

democrazia rappresentativa si impone come verdetto della storia. La

democrazia rappresentativa è definibile, nella sua formulazione minima, come

“una procedura in base alla quale i leader competono sul piano elettorale per

ottenere la necessaria investitura popolare”,9 definizione, quindi, meramente

5 Gli etimi dal Greco del termine sono demos (potere) e kratia (popolo), una derivazione letterale del

senso di democrazia come potere del popolo lascia spazio a una varietà di interpretazioni

difficilmente semplificabile, come ad esempio illustra Giovani Sartori in Democrazia: cosa è? (BUR

edizioni, Milano, 2000, pag. 21-22), che individua almeno 6 significati di “popolo”, tra cui il più utile

sarebbe il popolo inteso come “principio maggioritario temperato”, quindi come “unità operativa

qualificata dalle sue regole decisionali”. Malgrado la difficoltà di derivare una formula descrittiva di

democrazia dall‟etimologia della parola, è possibile ricavare un principio prescrittivo che consiste

nell‟uguaglianza politica delle unità che compongono il soggetto titolare della sovranità popolare:

l‟idea di “uguaglianza intrinseca” che ho inteso esprimere secondo la definizione di Robert Dahl che

segue nel testo. 6 Robert Dahl, op. cit. , pag. 67

7 Nel Contratto Sociale la “vera democrazia” che “non è mai esistita, né mai esisterà”

7 si riferisce al

modello della democrazia diretta, ed è intesa in netta contrapposizione a quella rappresentativa :“La

sovranità non può essere rappresentata […]; essa consiste essenzialmente nella volontà generale, e la

volontà generale non si rappresenta. […] Il popolo inglese crede di essere libero ma si sbaglia di

grosso; lo è soltanto durante l‟elezione dei membri del parlamento; appena questi sono eletti, esso

torna schiavo, non è più niente.” Se la democrazia rappresentativa non è un traguardo auspicabile,

quella diretta è presentata come irrealizzabile, per le condizioni difficilmente raggiungibili che

richiede: “uno Stato molto piccolo, in cui al popolo sia facile riunirsi, ed ogni cittadino possa

facilmente riconoscere tutti gli altri”;“ una grande semplicità di costumi, che impedisca il

moltiplicarsi degli affari e le discussioni spinose”; “una grande eguaglianza di condizioni e di

fortune”(Jean Jaques Rosseau, Du Contrait Social, ou principes du droit politique, Trad.It. Il contatto

sociale, a cura di Jole Bertolazzi, Feltrinelli, Milano, 2003).Queste indicazioni ci appaiono, anche

intuitivamente, tuttora ragionevoli; pur considerando le capacità tecnologiche di cui dispongono le

società avanzate, non riusciamo a concepire un‟organizzazione capace di gestire, anche solo

logisticamente, la partecipazione popolare diretta nella attività legislativa; non abbiamo referente

empirico di un tipo di società strutturata secondo “ una grande semplicità di costumi”, in cui i

“cittadini magistrati” in grado governare siano più dei “cittadini semplici privati”, nella quale si sia

raggiunta “una grande eguaglianza di condizioni e di fortune”. 8 Sartori, op. cit, pag. 12.

9 Edoardo Greblo, op. cit. , pag. 145. Ho scelto questa formula utilizzata da Greblo per parafrasare la

celebre definizione procedurale di Shumpeter secondo cui “il metodo democratico è

quell‟accorgimento istituzionale per arrivare a decisioni politiche, nel quale alcune persone

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procedurale che permette già di individuare le due dimensioni fondanti dei

sistemi democratici rappresentativi (partecipazione – contraddittorio),

utilizzati successivamente da Robert Dahl per individuare la combinazione

ottimale tra questi, tale dare luogo ad una poliarchia. Una “democrazia

«poliarchica»”10

è quella che presenta tutte le 6 istituzioni che nelle

democrazie rappresentative moderne, garantiscono una “partecipazione

allargata alla vita politica”11

:

a) amministratori eletti; b) libere, eque e frequenti elezioni; c) libertà di

espressione; d) accesso a fonti alternative di d‟informazione; e) autonomia

associativa; f) cittadinanza allargata.12

In definitiva, il consenso sulla

definizione di democrazia, a cui alludo all‟inizio del capitolo, risiede proprio

nella generale accettazione dell‟idea che una democrazia, per essere

considerata tale, debba rispondere ai criteri, empiricamente verificabili, di una

poliarchia, modello di forma di governo democratico rappresentativo

affermatasi storicamente nel XX secolo. Utilizzando quindi la celebre

espressione di Giovanni Sartori: “La deontologia postula un governo del

popolo, l‟accertamento postula un governo delle minoranze; la democrazia

vorrebbe essere un sistema di autogoverno, riesce ad essere una poliarchia.”13

Avendo definito “cosa” debba consolidarsi, posso ora addentrarmi in

specifico nello studio del consolidamento delle democrazie latino-americane

interessate dai processi di transizione della terza ondata, argomento rispetto al

quale l‟analisi è stata condotta da prospettive differenti. Alcuni hanno

individuato una relazione positiva tra il livello di consolidamento raggiunto

dalle istituzioni democratiche e le chance di durata di queste democrazie. Altri

acquistano il potere di decidere mediante una lotta competitiva per il voto popolare”. Definizione di

Shumpeter tratta da in Sartori, op. cit. , pag. 107 10

Robert Dahl, op. cit. , pag. 96. 11

Ibidem, pag. 97. 12

Ibidem, pag. 96. Il nesso logico tra la formulazione di democrazia shumpeteriana, strettamente

procedurale, e quella estensiva di Robert Dahl, è spiegata in maniera esemplare da Giovanni Sartori:

la prima costituirebbe “il meccanismo che genera una poliarchia aperta la cui competizione nel

mercato elettorale attribuisce potere al popolo, e specificamente impone la responsività degli eletti nei

confronti dei loro elettori”, in questo senso la definizione procedurale “coglie la democrazia in

fabbricazione, non in attuazione”. Giovanni Sartori, op. cit. , pag. 108. 13

Giovanni Sartori, Democrazia e definizioni, Il Mulino, Bologna 1969, pag. 65.

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hanno posto delle condizioni a questa correlazione, asserendo che

parallelamente all‟istituzionalizzazione della democrazia, caratteristiche

antidemocratiche e longeve, proprie dello sviluppo delle istituzioni politico–

sociali e della cultura politica latino-americana, trovano il loro

“consolidamento”, privando di importanti fattori di legittimazione il regime

democratico nascente.

Questo secondo approccio, attraverso un‟attenta osservazione empirica dei

meccanismi di regolazione delle interazioni tra Stato, sistema politico e

società, perviene ad una valutazione normativa della specificità dello

sviluppo democratico latino-americano, il cui elemento caratterizzante

sarebbe una tensione irriducibile tra elementi democratici formali e altri

informali, particolaristici e autoritari. L‟analisi del consolidamento non

dovrebbe quindi limitarsi a quantificare il livello d‟istituzionalizzazione della

democrazia e tentare in base ad esso una previsione circa la sua possibile

durata, ma valutare qualitativamente che tipo di democrazia si sta

consolidando, ed individuare con precisione gli “effetti extrapoliarchici”14

della persistenza di caratteristiche strutturali antidemocratiche, sulle capacità

di sopravvivenza del regime stesso.

L‟idea che il livello di consolidamento delle procedure democratiche per la

selezione dei governanti costituisca l‟elemento discriminante per valutare la

riuscita del processo di consolidamento, viene espressa in maniera esemplare

Juan J. Linz, secondo cui una democrazia consolidata è quella in cui “[…]

nessuno dei maggiori attori politici, partiti, o interessi organizzati, forze o

istituzioni ritiene che ci sia alcuna alternativa al processo democratico per

ottenere il potere, e nessuna istituzione politica o gruppo ha il diritto di porre

14

Termine utilizzato da O‟Donnell per designare quella serie di effetti, approfonditi in seguito, che

nonstante sfuggano ad una rilevazione effettuata attraverso i parametri forniti dalla definizione delle

poliarchie di Dahl (menzionata nel primo capitolo del presente elaborato), esercitano un importante

influenza sulle capacità di autolegittimazione dei regimi democratici in quanto ne alterano,

informalmente ma effettivamente, il funzionamento e quindi la natura e le prerogative. Termine

utilizzato in Guillermo O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, pubblicato in Guillermo

O‟Donnell, Counterpoints. Selected Essays on Authoritarianism and Democratization, University of

Notre Dame Press, Notre Dame, 1999.

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il veto all‟azione dei dirigenti democraticamente eletti. In parole povere la

democrazia dovrebbe essere vista come the only game in town”.15

Segue

questo approccio Samuel Huntington, secondo cui “una democrazia può

essere considerata consolidata quando il partito che ha vinto le prime elezioni

della transizione, viene sconfitto nella seconda tornata elettorale e sostituito

da una formazione alternativa, e quest‟ultima cede a sua volta il potere in

modo pacifico ai vincitori di una successiva elezione”.16

Questo sarebbe un

indicatore empirico possibile dell‟accettazione delle regole del gioco

democratico, da parte delle élite, nella misura in cui consentono che il potere

gli venga consegnato e sottratto tramite i processi elettorali, e da parte dei

cittadini, che riescono a distinguere tra forma di governo e governanti,

attribuendo a questi ultimi le responsabilità della loro insoddisfazione

piuttosto che al tipo di regime, e, in definitiva, acconsentendo a sostituirli

tramite le elezioni17

.

Se l‟istituzionalizzazione del meccanismo elettorale è ritenuta essere il

principale indicatore del consolidamento democratico, tra i fattori che lo

ostacolano, secondo Huntinghton, è possibile operare una distinzione: alcuni

sono di tipo “sistemico”, inerenti cioè alla forma di governo democratica18

,

altri “contestuali”, preesistenti alla democrazia e che difficilmente verranno

da questa risolti. Tra i problemi “contestuali” ereditati dalle democrazie della

terza ondata i più gravi sono la povertà, l‟ineguaglianza socioeconomica,

l‟inflazione, il debito esterno, e i bassi tassi di crescita19

. Nel momento in cui i

cittadini realizzano che tali problemi “contestuali” non sono risolvibili con

15

Juan J. Linz “Transition to Democracy” Washington Quarterly 1990 pag 156, citato in Guillermo

O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, op. cit.. Il senso della celebre espressione “the only

game in town” verrà ulteriormente approfondito Juan J. Linz & Alfred Stepan, Problems of

democratic transitions and consolidations, The Jhons Hopkins University Press, Baltimore, Maryland,

1996.pag. 7-16. 16

Samuel P. Huntington, The third wave. Democratization in the Late Twentieth Centurry, Norman

University of Oklahoma Press, 1993 trad. it. La terza ondata, a cura di Giovanni Dognini, Il Mulino,

Bologna ,1995; pag. 285 17

“le democrazie si consolidano quando le persone imparano che il sistema democratico risolve il

problema della tirannide, non tutti gli altri.”; ibidem, pag. 281. 18

Ibidem, pag. 231. I problemi “sistemici” delle democrazie individuati da Huntington sono: la

possibilità di situazioni di stallo, l‟incapacità di raggiungere delle decisioni, la suscettibilità alla

demagogia, il dominio da parte di “certi interessi economici”.

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l‟instaurazione della democrazia, può sopraggiungere un effetto collettivo di

“disillusione”, che, soprattutto nel caso latino-americano, ha provocato

risposte anti–istituzionali (es. Collor in Brasile, Fujimori in Perù)20

.

Huntington ammette che in questi contesti, ad un dato momento, potrebbero

esaurirsi le alternative democratiche interne al sistema, e a quel punto

l‟opinione pubblica poterebbe rivolgere la propria disaffezione proprio al

sistema democratico, optando per candidati “populisti carismatici”.21

Sebbene l‟autore riconosca l‟esistenza di problemi strutturali che preesistono

alla transizione democratica, non sembra contemplare l‟ipotesi che alcuni

Stati, interessati dai processi di democratizzazione della terza ondata,

possano mantenere importanti caratteristiche non democratiche, nonostante al

loro interno venga adottata una forma di governo democratico. Tra gli autori

che, invece, si soffermano sulle contraddizioni che affliggono le democrazie

latino-americane Guillelmo O‟Donnell è generalmente ritenuto una fonte

imprescindibile.

Secondo quest‟autore, lo Stato, nel caso latino-americano, continua a

manifestarsi attraverso istituzioni informali antidemocratiche nonostante il

solo criterio organizzativo formalmente riconosciuto sia di tipo legale

democratico.22

Lo Stato è prima di tutto un corpus di relazioni sociali tra cui

esso stabilisce un certo ordine23

, e quest‟ordine può essere basato anche solo

parzialmente sull‟ordinamento giuridico a cui è affidata la formalizzazione

della forma di governo.24

In esso operano istituzioni definibili come un“[…]

modello regolarizzato di interazione che è conosciuto, praticato, ed accettato

(se non necessariamente approvate) da attori che si aspettano di continuare ad

19

Ibidem, pag. 230. 20

Ibidem, pag. 284. 21

Ibidem, pag. 287. 22

Ibidem, pag. 142. 23

Oltre ad essere, naturalmente, l‟aggregato delle burocrazie pubbliche tramite cui esercita in prima

istanza il monopolio legittimo dell‟uso della forza. 24

“The effectiveness of the law over a given territory consists of innumerable habituated behaviors

that (consciously or not) are usually consistent with the prescriptions of the law.”; in Guillermo

O‟Donnell, “On the State, Democratization, and Some Conceptual Problems: A Latin American

View with Glances at Some Postcommunist Countries”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell, op.cit. ,

pag.135.

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interagire sotto le regole sanzionate e sostenute da quel modello”: queste

possono essere regolate da una esplicita e precisa formalizzazione, ma

possono essere anche del tutto informali.25

In questo senso, per O‟Donnell, le

istituzioni democratiche formalmente regolamentate, tra cui la principale è

rappresentata dalle elezioni, possono consolidarsi al pari di altre istituzioni

informali molto meno consone ad una effettiva democrazia. Ne segue che, se

lo studio del consolidamento democratico consiste in una “misurazione” del

livello di istituzionalizzazione dei criteri di una poliarchia, l‟analisi di questo

processo può rivelare ben poco a proposito delle chance di sopravvivenza

della democrazia in America Latina:26

può anche consolidarsi, ma “non è

detto che essa duri”, dal momento che effetti “extra-poliarchici” del

consolidamento di istituzioni informali antidemocratiche, possono snaturare la

sua essenza, e limitare le sue prerogative intrinseche. In definitiva, secondo

l‟approccio proposto da O‟Donnell, porsi il problema sulle probabilità di

sopravvivenza delle democrazie latino-americane, dovrebbe comportare, non

tanto, o quantomeno non solo, una valutazione del processo di

consolidamento delle istituzioni democratiche, quanto, piuttosto,

l‟identificazione del tipo di democrazie che si sviluppano in contesti in cui

permane una tensione irriducibile tra istituzioni democratiche formalizzate e

altre, informali e antidemocratiche: l‟uguaglianza giuridica dei cittadini

contro la sistematica disparità di accesso ai diritti formalmente garantiti,

l‟universalistica orientazione verso il bene pubblico a cui la democrazia

vincola l‟esercizio del potere di fronte al particolarismo che contraddistingue

la prassi empiricamente osservabile nell‟esercizio delle funzioni pubbliche,27

il potere Esecutivo esercitato secondo il vincolo rappresentativo contro una

concezione prevalentemente delegativa del mandato.

25

“Sometimes, -institutions become complex organizations: they are supposed to operate under highly

formalized and explicit rules, and materialize in buildings, rituals, and officials. These are the

institutions on which both “prebehavioral” and most of contemporary neoinstitutionalist political

science focus”. Le elezioni sono un esempio di istituzione altamente formalizzata e regolamentata,

ma altri percorsi regolarizzati di interazione altamente informali possono essere parimenti considerati

istituzioni. Ibidem, pag. 178. 26

Ibidem, pag. 180.

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Riguardo alla non omogeneità dello status di cittadinanza, la tensione con le

prerogative democratiche è lampante.28

Questa caratteristica deriva da una

deficienza strutturale dello Stato: la non uniforme effettività della legge, in

senso spaziale (da regione a regione del territorio nazionale), e sociale

(secondo l‟appartenenza a gruppi sociali). Se l‟ordinamento giuridico è uno

dei principi in base al quale può essere organizzato lo Stato, la forma di

governo democratica è, per eccellenza, quella che si basa su uno Stato in cui

“l‟espressione organizzativa […] altamente ritualizzata e istituzionalizzata”29

predominante è quella legale. In un ordinamento democratico vige un tipo di

legalità universalistica – può essere invocata da tutti, indipendentemente dalla

posizione sociale, su tutto il territorio in cui vige tale ordinamento30

; che tipo

di democrazia si sviluppa in uno Stato dove l‟effettività della legge non è

uniforme? Rimane una democrazia, nella misura in cui soddisfa i parametri

delle poliarchie, ma al suo interno avviene un depotenziamento di una

dimensione costitutiva della democrazia: lo status di cittadinanza, inteso come

un congiunto di diritti civili, politici e sociali la cui titolarità, in uno Stato di

diritto democratico, è universalmente attribuita a tutti i cittadini. La non

uniforme effettività della legge, caratteristica del caso latino-americano, rende

l‟accesso ai diritti di cittadinanza intermittente, “a bassa intensità”.

“contadini, abitanti dei bassifondi, popolazioni indigene, donne, ecc. si

vedono spesso preclusa la possibilità di ricevere un trattamento equo nei

tribunali, o di ottenere dalle agenzie pubbliche i servizi di cui hanno

diritto, o di essere al sicuro dalla violenza della polizia, ecc. Queste sono

restrizioni "extrapoliarchiche" ma tuttavia politicamente rilevanti;

comportano l'inefficacia della stato di diritto, l‟abbattimento di diritti e

27

Guillermo O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell,

op.cit. ; pag.180-181. 28

“The effectiveness of the law over a given territory consists of innumerable habituated behaviors

that (consciously or not) are usually consistent with thse prescriptions of the law.”, in Guillermo

O‟Donnell, “On the State, Democratization, and Some Conceptual Problems: A Latin American

View with Glances at Some Postcommunist Countries”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell, op.cit. ,

pag. 135. 29

Ibidem.

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garanzie che, tanto quanto votare senza coercizione, sono costitutive della

cittadinanza. Da ciò deriva una curiosa scissione: […] i diritti democratici

di partecipazione della poliarchia sono rispettati. Ma la componente

liberale della democrazia è violata sistematicamente”.31

Il secondo fattore antidemocratico menzionato è quello relativo alla

privatizzazione della politica e al particolarismo nell‟esercizio delle funzioni e

dei potere pubblici, pratiche che vanno ad incidere negativamente sul

principio di rappresentanza politica32

. Se in democrazia coloro che vengono

eletti sono autorizzati legalmente a rappresentare la collettività negli organi

preposti, la legittimazione legale del poteri ad essi conferiti consiste tanto nel

rispetto delle procedure con cui avviene la scelta dei rappresentanti, quanto

nell‟adempimento della funzione che essi sono chiamati a svolgere: governare

nell‟interesse pubblico secondo i criteri imposti dalla legge. Al contrario,

sostiene O‟Donnell operando una generalizzazione a proposito delle

democrazie latino-americane, gli organi rappresentativi e amministrativi,

sviluppano interessi propri e nel perseguirli esercitano il potere secondo criteri

particolaristici. La prassi empiricamente osservabile consiste in forme

neopatrimoniali di appropriazione privata di posizioni, risorse e potere

pubblico, che perdurano e si riproducono in funzione di una fitta rete di

relazioni particolaristiche informali tra cui pratiche clientelari, nepotistiche e

di patronato politico33

.

“In generale, gli interessi dei […] legislatori sono piuttosto limitati: a

sostenere il sistema di dominazione privata che li ha eletti, e a

canalizzare verso quel sistema più risorse statali possibili. La tendenza

del loro voto è, quindi, conservatrice ed opportunistica. Per il loro

successo dipendono dallo scambio di "favori" con l‟esecutivo e con le

30

Ibidem, pag. 141. 31

Ibidem, pag. 143. 32

Ibidem, pag. 141. 33

Guillermo O‟Donnell in “Illusions about Consolidation”, pubblicato in Guillermo O‟Donnell,

op.cit. , pag. 181.

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varie burocrazie statali e, sotto deboli esecutivi che hanno bisogno di

qualche genere di appoggio parlamentare, spesso ottengono il controllo

delle agenzie statali che forniscono quelle risorse”.34

E‟ a livello locale che si assiste ad una endemica appropriazione privata del

potere che da luogo a frequenti “fenomeni come il personalismo, il

familismo, il prebendalismo”35

, e la connessione tra uso privato del potere

pubblico locale e la politica nazionale, è evidente considerando che le

regioni in cui queste pratiche sono più diffuse risultano, generalmente,

“sovrarappresentati” nel Legislativo nazionale36

.

Terzo fattore snaturante nel processo di consolidamento democratico, tra

quelli individuati da O‟Donnell che qui riporto, è l‟affermarsi di una

concezione spiccatamente delegativa del mandato rappresentativo, rilevabile

nelle attitudini cesaristiche con cui alcuni Esecutivi delle democrazie latino-

americane,37

esercitano la pubblica autorità. A proposito di questa tendenza

l‟autore arriva ad ipotizzare che ci si trovi di fronte ad un nuovo tipo di

democrazia non ancora individuato dalla teoria democratica, ancora

incentrata sullo sviluppo democratico dei paesi capitalisti occidentali.

Democrazie recenti come quella argentina, brasiliana e peruviana,

rispondono ai criteri di definizione di una poliarchia, ma non si sono

consolidate come democrazie rappresentative proprio a causa della natura

delegativa che il concetto di mandato rappresentativo ha assunto; queste

potrebbero essere definite, secondo l‟autore, democrazie deleganti.38

Gli

aspetti empiricamente osservabili, di questo tipo di democrazia, attengono in

parte alle modalità di esercizio della funzione esecutiva e in parte al rapporto

tra le diverse istituzioni democratiche.

34

Ibidem, pag. 140. 35

Ibidem. 36

Ibidem. 37

Alfonsin in Argentina, Collor in Brasile e Garcia in Argentina sono gli esempi più calzanti a cui

O‟Donnell fa riferimento.

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Riguardo al primo aspetto, nelle democrazie deleganti, il Presidente eletto è

concepito come il “l‟incarnazione della nazione”, il “custode” dell‟interesse

nazionale che a lui compete definire39

; cerca come base politica il

Movimento come superamento del fazionalismo partitico, dato che

quest‟ultimo è contrario alla concezione organicista Hobbesiana della

costituzione del potere, a cui tale interpretazione del mandato presidenziale

sembra ispirarsi.40

Le tendenze cesaristiche dell‟Esecutivo appaiono

particolarmente evidenti nel modo in cui esso affronta le crisi economiche

finanziare ereditate dal regime autoritario: la strategia privilegiata sembra

essere l‟adozione non negoziata di drastici pacchetti di stabilizzazione ,

predisposti dall‟entourage di tecnici che costituisce il referente privilegiato

del Presidente. L‟adozione di queste “dure medicine” aliena l‟appoggio

politico del Congresso e delle organizzazioni di interessi lese

dall‟implementazione di queste misure, il Presidente diviene l‟unico

responsabile del fallimento delle sue politiche,41

e la prosecuzione del suo

mandato si ispira sempre più a quella modalità di governo autoreferenziale

definita decretismo che, se da una parte svuota le funzioni degli altri organi

rappresentativi, dall‟altra non può aspirare a riforme efficaci, per la

mancanza di appoggio da parte delle principali istituzioni politiche e dei più

importanti settori sociali42

. L‟autore non ritiene che il nesso tra crisi

economica e concezione delegativa della funzione esecutiva sia di tipo

causale deterministico, sottolinea, infatti, che altre democrazie latino-

americane con problematiche economico-finanziarie simili hanno adottato

con successo strategie negoziate e incrementali. Caso emblematico è la

condotta del Presidente Sanguinetti in Uruguay.43

La spiegazione della diversità delle strategie, se non può essere fatta risalire

a differenze di condizioni economiche, è da ricercare nel secondo aspetto

38

Guillermo O‟Donnell in “Delegative Democracy”, pubblicto in Gillermo O‟Donnell, op. cit. , pag.

160 39

Ibidem, pag. 164. 40

Ibidem. 41

Ibidem, pag. 165. 42

Ibidem, pag. 170.

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che ho anticipato a proposito delle democrazie deleganti, il particolare

rapporto tra le diverse istituzioni democratiche. In particolare, in queste

democrazie manca un principio di responsabilità orizzontale tra poteri

relativamente autonomi, che imponga all‟Esecutivo un policymaking più

prudente e negoziato, la cui implementazione e responsabilità sia condivisa

da una fitta rete di istituzioni di rappresentanza politica e organizzazioni di

interessi44

. Nelle democrazie in cui la responsabilità orizzontale è resa

effettiva, dall‟alta istituzionalizzazione del Legislativo, da dispositivi

costituzionali vincolanti o da prassi concertative storicamente affermatesi,

come nel caso dell‟Uruguay, le decisioni sono immunizzate dai “grandi

errori”; nella misura in cui questa modalità di relazione tra istituzioni

rappresentative garantisce il principio di rappresentanza, queste democrazie

possono essere definite democrazie rappresentative. Dove questa fitta rete di

poteri relativamente autonomi non è abbastanza equilibrata da rendere

effettiva un tipo di responsabilità orizzontale, il principio della delega

prevale su quello della rappresentanza, e l‟Esecutivo divincolato e isolato,

ha più probabilità di incorrere in scelte azzardate e nefaste; in questi casi,

secondo O‟Donnell, ci si trova di fronte a democrazie delegative.

Riassumendo, per O‟Donnell il processo di consolidamento democratico

risulta poco utile a formulare previsioni sulla durata delle democrazie latino-

americane, nella misura in cui parallelamente al consolidamento delle

istituzioni democratiche formali, altre non democratiche, informali ed

evidentemente longeve impongono la loro sopravvivenza. La perseveranza

irriducibile di “modelli regolarizzati di interazione” organizzati secondo

principi antidemocratici, dequalifica prerogative fondamentali della

democrazia, in base alle quali essa è ritenuta comunemente un regime

preferibile:

43

Ibidem, pag. 167. 44

Ibidem, pag. 166.

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la non uniforme effettività della legge45

rende intermittente l‟accesso ai

più fondamentali diritti la cui fruizione in democrazia dovrebbe essere

universale per tutti i cittadini46

;

la sistematica privatizzazione dell‟autorità e delle risorse pubbliche, e la

rete, ad essa funzionale, di relazioni gerarchiche e particolaristiche tra

Stato e società, intessuta da politici, funzionari e interessi privati, negano

il presupposto democratico dell‟universale orientamento al “bene

collettivo”47

come vincolo all‟esercizio del potere concesso dal popolo

sovrano;

il disequilibrio tra istituzioni rappresentative, contraddistinto dall'assenza

di responsabilità orizzontale tra di esse, è causa permissiva della

concezione delegativa della rappresentanza da parte dell‟Esecutivo, che

assume un condotta definibile come cesaristica.

45

Provo ad offrire un chiarimento su questo punto di cui mi assumo le responsabilità: si potrebbe

obbiettare che la non uniformità della legge non è un‟istituzione proprio perché, essendo un

fenomeno per definizione non uniforme, non presenta quei requisiti di regolarità che un‟istituzione

implica. Si potrebbe rispondere che la sistematica ripetizione del fenomeno è particolarmente

incidente nelle aree rurali a svantaggio del campesinado, o che favorisce quei settori che riescono ad

esercitare un maggiore peso contrattuale nelle relazioni particolaristiche che le istituzioni politiche e

le burocrazie pubbliche instaurano con la società, oppure asserire, con un apparente gioco di parole,

che proprio la costante verificabilità di tale non uniformità costituisce l‟elemento di prevedibilità che

nelle istituzioni forgia le aspettative degli attori coinvolti. Ma in definitiva, anche non volendo

conferire la definizione di istituzione a questo fenomeno, negli ambiti, geografici e sociali, in cui si

verifica, tale disparità di accesso ai diritti non sta indicare la semplice assenza di uguaglianza, ma

segnala esplicitamente la discrezionalità dell‟attività degli organi che dovrebbero garantirli (ad es. i

tribunali per i diritti civili, gli organi rappresentativi locali e nazionali in rapporto alle istanze dei

cittadini riguardo ai diritti politici, gli istituti pubblici che dispensano i servizi per i diritti sociali)

Questa discrezionalità in sé rappresenta l‟altro “modello regolarizzato di interazione”, l‟istituzione

antidemocratica. Vista da questa prospettiva la non uniformità della legge, se non la si vuole

accogliere come ”modello regolarizzato di interazione” informale in sè, rimane comunque un effetto

di un‟altra istituzione informale che è il particolarismo nell‟esercizio della pubblica autorità. A

prescindere dal legame logico consequenziale che si intende dare ai fattori, la non omogeneità

dell‟effettività della legge determina il carattere intermittente, depotenziato, della cittadinanza. 46

Guillermo O‟Donnell, “On the State, Democratization, and Some Conceptual Problems: A Latin

American View with Glances at Some Postcommunist Countries”, pubblicato in Guillermo

O‟Donnell, op.cit. , pag. 140. 47

Ovviamente in democrazia rappresentativa vige la regola maggioritaria, ma gli eletti rappresentano

il popolo sovrano nella sua interezza, e l‟interesse supremo che guida la loro azione è quello

nazionale. Questo il motivo per cui nella maggioranza degli ordinamenti costituzionali delle

democratizie rappresentative non compare il mandato imperativo per gli eletti, dispositivo che invece

contraddistingue l‟altro tipo di rappresentanza conosciuta, quella di interessi. Per un esposizione

sintetica ma puntuale di questi concetti si può consultare Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia,

1991, Einaudi, Torino, pag. 8-15.

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Gli effetti “extra-poliarchici” sulle performance democratiche sono

rispettivamente:

il configurarsi di una “cittadinanza a bassa intensità” in base alle

dinamiche sopra menzionate;

la “scarsa responsivness” della policymaking, nella misura in cui buona

parte delle attenzione dei suoi responsabili sono dedicate “ a sostenere il

sistema di dominazione privata che li ha eletti, e a canalizzare verso quel

sistema più risorse statali possibili ”;48

lo snaturamento del principio di rappresentanza che perde la sua

componente di responsabilità orizzontale; l‟assenza di meccanismi che

impediscano o riducano la possibilità di commettere grandi errori nella

policymaking presidenziale; l‟ostacolo all‟istituzionalizzazione della

pratica concertativa; l‟estrema volatilità della popolarità presidenziale, e

quindi la cronica instabilità del sistema stesso49

.

48

Vedi nota 20. 49

A proposito del rapporto tra democrazie deleganti e consolidamento, O‟Donnell aggiunge

considerazioni importanti: le democrazie deleganti sono democrazie in un fase di stallo, non

sembrano tendere verso un risvolto espressamente autoritario, ma non accenneranno nemmeno a

dirigersi verso una forma di democrazia rappresentativa. L‟autore perviene ad ipotizzare che

all‟instaurazione di un governo eletto debba seguire una “seconda transizione” ad un consolidato ed

istituzionalizzato regime democratico. Sarebbe in questa fase, il cui superamento non è affatto

garantito dall‟istituzionalizzazione del solo meccanismo elettorale, che possono affermarsi le

democrazie deleganti. Il superamento della seconda transizione, e quindi il passaggio ad una

democrazia rappresentativa consolidata, dipende dal rafforzamento delle istituzioni democratiche

rappresentative, il cui equilibrio di poteri rende effettiva la responsabilità orizzontale di cui ho

parlato.( Vd. Guillermo O‟Donnell in “Delegative Democracy”, pubblicto in Gillermo O‟Donnell, op.

cit. , pag. 160). La riflessione implicita mi sembra essere la seguente: la forma di governo

democratico viene formalizzata in ordinamenti costituzionali e in compendi giuridici che regolano,

fra le altra cose, i rapporti di potere tra istituzioni e organi pubblici, in maniera da garantire il

principio di rappresentanza della sovranità popolare come legittimazione dell‟esercizio della pubblica

autorità; ma la configurazione dei rapporti tra organi di rappresentanza politica, come quelli che

intercorrono tra l‟Esecutivo e il Legislativo, e dei rapporti tra organi di rappresentanza politica e

organizzazioni di rappresentanza di interessi, come ad esempio tra il l‟Esecutivo e le organizzazioni

di categoria e i sindacati, non è garantita totalmente dalla formulazione legale della costituzione e

dell‟ordinamento giuridico, anche se queste, a seconda delle varianti adottate, possono produrre una

gamma importante di effetti diversi. L‟equilibrio dei poteri, e in definitiva l‟esistenza di una

responsabilità orizzontale, dipende in larga misura dallo svilupparsi delle capacità operative di tutte le

istituzioni democratiche che rappresentano la vita materiale della democrazia e

dall‟istituzionalizzazione di prassi concertative tra di esse. Solo quando le istituzioni democratiche

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La relazione negativa tra il consolidamento di siffatte democrazie e le

chance di durata della forma di governo democratica, mi sembra auto–

evidente. Le deficienze fin qui prese in considerazione, vengono percepite a

livello di sistema complessivo, non vengono cioè attribuite dai cittadini ai

governanti in carica, dal momento che le alternative possibili si rivelano,

comunque, sottostanti ad un tipo di regolazione della attività politica che è

intrinsecamente particolaristico e autoritario. In questo senso il virtuoso

assorbimento del dissenso tramite la periodica sostituzione dei governanti

mediante le elezioni perde notevolmente efficacia; in altri termini la

legittimazione procedurale della democrazia viene notevolmente

depotenziata, fenomeno questo che difficilmente può essere considerato

irrilevante nell‟ipotizzare scenari futuri.50

Un‟interpretazione alternativa delle sfide cui si trova di fronte

l‟istituzionalizzazione della democrazia in America latina è quella proposta

da Giorgio Alberti, che individua come principale ostacolo alla riuscita di

questo processo, la tensione antagonistica tra la logica movimentista

raggiungono un certo grado di autonomia e di collaborazione, i meccanismi di garanzia del principio

di rappresentanza democratica, quelli predisposti dall‟ingegneria costituzionale, nella legislazione

ordinaria che la implementa, e quelli intrinseci delle prassi concertative, possono assolvere alle loro

funzioni sostanziali. 50

Loris Zanatta, ad esempio, nel prospettare il rischio di un riflusso populista – autoritario, individua

come cause, sia problemi contestuali, come le performance deludenti dei governi democratici

nell‟affrontare i problemi dello sviluppo, della diseguaglianza sociale e della violenza, sia privata che

pubblica, o come l‟unilateralismo statunitense, sia le deficienze strutturali sottolineate da O‟Donnell e

riportate in questo studio; tra queste, per la precisione, nel saggio di Loris Zanatta a cui faccio

riferimento, trova maggiore riscontro quella relativa alla non uniformità dell‟effettività della legge: “ la democrazia non ha impedito che lo stato di diritto restasse spesso una formula vuota, o peggio

ancora una realtà valida per una parte della popolazione ma non per un‟altra, spesso la maggioranza,

e che la legge si applicasse in forma intermittente e distorta, specie in talune aree dove vigono codici

criminali di tipo mafioso. In tale contesto, i più poveri, le minoranze, o anche le donne, sono stati

ridotti a «cittadini di bassa intensità», a persone non solo materialmente, ma anche «legalmente»

povere, dato che i loro diritti civili sono perlopiù soggetti all‟arbitrio dell‟autorità di turno. A

proposito di tutti costoro è lecito e doveroso chiedersi perché dovrebbero sentirsi legate da un patto di

fedeltà e fiducia nei confronti di un regime politico dei cui benefici non godono.” In Loris Zanatta

“Tra Crisi di Legittimità e populismo”, pubblicato nella rivista: Il Mulino, n. 402, anno LI (4/2002),

il Mulino, Bologna, 2002, pagg. 738-746.

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dominante nella cultura politica latino-americana e le istituzioni.51

Il

movimentismo e l‟istituzione sono da intendersi come due aspetti

contraddittori della vita sociale: mentre il primo prevede una modalità di

conflitto totale con chi è esterno e quindi ad esso nemico, la seconda, come

modello regolarizzato delle interazioni sociali, definisce le regole del gioco,

tra i diversi attori nel perseguire i loro specifici interessi, quindi stabilisce

cosa può essere fatto o meno, non solo all'interno di un gruppo, ma anche tra

gruppi diversi52

. Nel caso latino-americano il movimentismo ha

rappresentato la principale logica di espressione, aggregazione e

articolazione di interessi ed identità, rintracciabile nella tendenza totalitaria

alla sovrapposizione tra Stato, sistema politico e società, sotto la guida della

leadership movimentista. Lo Stato è quindi coinciso alternativamente o con

l‟establishment del movimento, o con le forze anti-movimento che hanno

sconfitto, di volta in volta, sia lo Stato che il sistema politico precedenti53

.

In questo scontro totale, quindi, non ci sono istituzioni che si possano

consolidare, perché entrambi i differenti livelli in cui esse si formano –

Stato, sistema politico e società civile - sono fusi in un entità unica, che

viene stravolta ad ogni cambio di regime.

Il movimentismo , in quanto tratto caratterizzante della cultura politica

latino-americana, ha radici storiche lontane54

e tende a riproporsi nonostante

il variare dei contesti politici e sociali. Durante le transizioni della terza

51

Giorgio Alberti, “Movimentismo” and democracy: an analitical framwork and the peruvian case

study, (paper preparedo for the international confernce on the CHALLENG OF DEMOCRACY IN

LATIN AMERICA: RETHINKING STATE/SOCIETY RELATIONS, Rio de Janeiro, October 4-6,

1995.), CESDE, Università di Bologna, pag. 8. 52

Ibidem, pag. 7. 53

Ibidem, pag. 5-6. 54

Se le condizioni strutturali favorevoli alla la nascita del movimentismo sono state l‟elevata

instabilità istituzionale che ha caratterizzato la successione di svariati tipi di regimi, che si sono

susseguiti dalla crisi del sistema oligarchico intorno al primo trentennio del secolo agli anni ‟80

senza produrre un nuovo ordine stabile, la causa storica fondamentale della affermazione del

movimentismo è fatta risalire alle modalità di allargamento dell‟arena politica. In particolare lo

scontro fra le espressioni dell‟identità e dell‟articolazione delle nuove forze sociali generate dal

capitalismo e la resistenza dell‟istituzione decadente dell‟ordine oligarchico, assume

progressivamente una logica antiistituzionale movimentista, caratterizzata dall‟ambizione egemonica,

sia da parte delle fazioni includenti nuovi settori, che da parte di quelle che perseguono una

restrizione della partecipazione. Ibidem. pag. 5.

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ondata la sua manifestazione moderata è consistita nel movimento

democratico di opposizione ai regimi autoritari. Nella sua versione totalitaria

e propriamente anti–istituzionale, il movimentismo si ripropone come

caratteristica della propaganda e della policymaking dei Presidenti di parte

consistente delle neonate democrazie latino-americane. All‟indomani delle

prime elezioni democratiche, la crisi economica-finanziaria, la disgregazione

e la frammentazione della società civile, la commistione di parte del sistema

partitico con il precedente regime, e la disarticolazione dei partiti nuovi,

producono una spiccata volatilità elettorale che diminuisce la già scarsa

governabilità. Il generale scetticismo verso il complesso delle alternative

partitiche lascia spazio a nuovi leader e apparenti outsider che basano la loro

propaganda sulla demonizzazione dei partiti e dei politici in generale. Come

base di appoggio puntano ad aggregare consensi attorno al movimento cui

fanno capo; questo ben si presta all‟ostentazione del distanziamento col

panorama politico istituzionale e all‟instaurazione del necessario rapporto

immediato leader – masse. Come dimostra l‟elezione di Collor in Brasile e

quella di Fujimori in Perù, l‟elettorato di questi paesi è tutt‟altro che

immune alla mobilitazione movimentista. Coerentemente alle premesse

propagandistiche, le modalità caratteristiche con cui questi hanno esercitato

il mandato presidenziale, sono sostanzialmente quelle evidenziate da

O‟Donnell in Delegative Democracy, sintetizzabili nella prevaricazione

delle principali istituzioni democratiche.

CAPITOLO 2

Il patrimonialismo in Brasile.

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Nella tipologia dei poteri di Max Weber il potere patrimoniale appartiene al

tipo tradizionale. La sua legittimità si basa, quindi, sulla “credenza quotidiana

nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre, e nella legittimità di

coloro che sono chiamati a rivestire una autorità”55

e l‟arbitrio nell‟esercizio

di tale potere è libero. A differenza dei tipi primari del potere tradizionale -

gerontocrazia e patriarcalismo originario - in cui l‟esercizio del potere non è

un diritto di cui si appropria il detentore, ma al contrario una funzione che si

esercita nell‟interesse dei “consociati”, nel patrimonialismo il diritto di

detenere il potere diventa diritto personale “allo stesso modo di qualsiasi

oggetto suscettibile di possesso e quindi, in linea di principio, realizzabile nel

suo valore (vendibile, ipotecabile, ereditabile) come qualsiasi altro bene

economico”56

.

In antitesi al potere tradizionale, il potere razionale, che “poggia sulla

credenza nella legalità degli ordinamenti statuiti, e del diritto di comando di

coloro che sono chiamati ad esercitare il potere […] in base ad essi”57

, si

esercita : 1)in virtù e nei limiti di un “cosmo di regole astratte” che vincolano

tutti i “consociati” come lo stesso detentore del potere; 2) in funzione della

“cura razionale degli interessi prescritti dagli ordinamenti del gruppo”; 3) in

virtù di una competenza effettiva nel suo esercizio.58

L‟evoluzione da stato patrimoniale a stato razionale–legale non è un processo

in sé necessario, automatico. Al contrario si tratta di uno sviluppo

inizialmente circoscritto all‟Europa occidentale e stimolato da precise

contingenze storiche. In primo luogo la componente contrattualistica implicita

nell‟organizzazione feudale ha conferito all‟organizzazione burocratica

patrimoniale caratteristiche di razionalità e prevedibilità che porta weber a

considerare gli ordinamenti interessati dal feudalesimo casi limite di

patrimonialismo. In secondo luogo, nell‟alleanza dello stato assoluto europeo

con la borghesia ascendente, finalizzata all‟espropriazione del potere nobiliare

55

Max Weber, Wirtschaft und gesellschaft, Mohr, Tubinga, 1922, trad. it. Economia e Società,

edizioni Comunità, Milano, 1995, vol. I, pag. 210. 56

Ibidem, pag. 226-227. 57

Ibidem, pag. 210. 58

Ibidem, pag. 212-213.

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concorrente, l‟esercizio del potere viene difatti immerso in una dimensione

contrattuale. Saranno poi le trasformazioni sociali generate dal capitalismo, e

rivoluzione borghese e ad imporre l‟istituzionalizzazione della dominazione

razionale–legale: quindi, questa in definitiva si rivela “un‟inevitabile

fenomeno collaterale della moderna democrazia di massa […]; e ciò in primo

luogo come conseguenza del suo principio caratteristico, cioè l‟astratto

vincolo alla regola dell‟esercizio del potere. Questo deriva infatti dalla pretesa

di «eguaglianza giuridica» in senso personale e oggettivo, che aborre il

«privilegio»”59

.

Il passaggio da Stato patrimoniale a Stato razionale–legale avviene quindi

attraverso precise dinamiche politiche, ma come la storia ha mostrato, lo

sviluppo politico non ha seguito medesimi percorsi ovunque, in particolare la

configurazione la configurazione dei rapporti di forza tra i vari gruppi sociali

varia da contesto a contesto, tanto che su scala globale, il modello di sviluppo

dello Stato razionale–legale promosso dalla borghesia capitalista, risulterebbe

appena un‟eccezione. Partendo da questa considerazione, in sé abbastanza

ovvia, gli autori sui cui mi sono basato per l‟elaborazione di questo capitolo,

hanno tentato di rispondere ad alcuni interrogativi che la sociologia e la teoria

democratica incentrate sullo sviluppo politico occidentale non si

dimostravano in grado di affrontare, applicando al caso brasiliano in maniera

più o meno ortodossa le categorie sociologiche weberiane. Che caratteristiche

assume uno Stato come quello brasiliano, che si sviluppa in assenza di una

borghesia forte e numerosa come quella Europea?60

In altri termini, in

59

Ibidem, vol. IV, pag. 83. 60

Parlando di “assenza di una borghesia forte e numerosa” propongo una drastica semplificazione ai

fini della fluidità del discorso. Un analisi più approfondiata è quella proposta da O‟Donnell che

evidenzia come la borghesia brasiliana sia un soggetto sociale e politico che è si è costituito avendo

come interlocutore quasi esclusivo l‟apparato statale dispotico, senza quell‟alleanza con le classi

lavoratrici che in Europa ha fatto giocoforza nella disputa contro lo Stato per la democratizzazione

delle relazioni dei vari soggetti sociali con lo Stato, per l‟universalizzazione dei diritti, e per la

regolamentazione dei rapporti produttivi. La borghesia brasiliana quindi “não foi submetida à

experiência civilizatória de ter que se defrontar e negociar com a sua controparte de classe”; il suo

relativo elitismo dipende prevalentemente dall‟autoritarismo delle relazioni con lo Stato in cui essa ha

rappresentato l‟attore “socialmente inferiore”, dall‟eredità culturale dello schiavismo e dagli arcaici

rapporti produttivi che esso ha implicato. La tendenza che differenzia lo sviluppo di società dove vige

una forma di dominazione prevalentemente patrimonialista come nel caso brasiliano, da quello che

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presenza di una società civile debole e poco articolata, impossibilitata a

garantirsi contro l‟arbitrarietà del potere vincolando il suo uso legittimo alla

legalità , che caratteristiche assume lo sviluppo giuridico–istituzionale verso

ordinamenti democratici rappresentativi per eccellenza basati sul principio di

legalità universalistica ed impersonale?

Relativamente al caso brasiliano, la tesi centrale di questo capitolo è che

l‟effetto principale del disequilibrio di forze a favore dello Stato in rapporto

alla società, sia rintracciabile nella tendenza autoritaria che storicamente ha

caratterizzato l‟organizzazione degli ambiti di interazione tra Stato, sistema

politico e società civile, consolidando istituzioni politiche e sociali, informali,

antidemocratiche; tra queste il patrimonialismo, inteso come sistematica

privatizzazione del politico ad opera di settori dello Stato stesso, e le pratiche

ad esso connesse, di gestione particolaristica del potere e delle risorse

pubbliche, avrebbero impedito che la legalità universalistica e impersonale

dello Stato razionale-legale giungesse a rappresentare qualcosa di più che un

vuoto artifizio. Parallelamente alla razionalizzazione tecnica dell‟apparato

burocratico e all‟implementazione intermittente di dispositivi giuridico–

istituzionali consoni ai moderni ordinamenti democratici, la regolazione del

diritto di partecipazione ai processi decisionali e alla riallocazione delle

risorse collettive, sarebbe rimasta una prerogativa costantemente sottoposta

alla manipolazione arbitraria e informale di settori della burocrazia statale che

gestiscono posizioni governative e funzioni pubbliche come strumento

privato per conservarsi al potere. In un contesto simile il gioco politico non

sarebbe consistito tanto in una libera competizione realmente concorrenziale,

in cui ogni gruppo o classe sociale ambisce alla massima rappresentazione dei

propri interessi nei luoghi di direzione dello Stato, quanto, piuttosto, in una

interessa società caratterizzate dalla presenza di importanti relazioni contrattuali e che, quindi,

evolvono verso ordinamenti razionali-legali, consiste nell‟assenza di “uma conduta pluralista (embora

não necessariamente democrãtica) do reconhecimento da legitimidade da diferença, da aceitaçao, do

outro como sujeito de direitos e interesses válidos mais além da vontade do ego. Esse outro da

burguesia tende, precisamente para poder se afirmar enquanto outro, a se constituir como sujeito

coletivo”. In Guilhermo O‟Donnell, “Hiatos, instituições e perspectivas democráticas” publicato in

Reis, O‟Donnell, A Democracia no Brasil dilemas e perspectivas, ed. Vértice, São Paulo, 1988,

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“negoziazione continua tra lo Stato e tutti i tipi di settori sociali”61

, per

ottenere la sua tutela e l‟accesso alle risorse da esso controllate. In altre parole

la sistematica appropriazione privata dell‟autorità e delle risorse pubbliche, e

la rete di relazioni gerarchiche e particolaristiche grazie a cui tale

privatizzazione del pubblico si riproduce, permetterebbero che la burocrazia

statale sviluppi e persegua interessi propri, negando il presupposto

democratico dell‟universale orientamento al bene collettivo come vincolo

all‟esercizio del mandato di rappresentanza politica; parallelamente in un

contesto in cui la legalità universalistica e impersonale che contraddistingue

lo Stato di diritto non raggiunge un‟effettività uniforme, la titolarità dei diritti

civili, politici e sociali della cittadinanza democratica, non è intesa come

appartenente de iure alla totalità dei cittadini, ma, de facto, come un

beneficio concesso dall‟alto e arbitrariamente revocabile, secondo strategie

d‟opportunità, atte a mantenere il sistema di dominio dello Stato sulla società.

In definitiva l‟approccio proposto individua nella formazione patrimonialista

delle principali istituzioni politico–sociali, una causa fondamentale del

rapporto gerarchico e particolaristico tra Stato, sistema politico e società

civile, caratteristica ampiamente attribuita allo sviluppo politico brasiliano,

riscontrabile nelle consistenti esperienze autoritarie della storia di questo

paese, e nei macroscopici fenomeni di esclusione di ampi strati della società.

Porre l‟accento sulla costante supremazia dello Stato sulla società e sulla

ripetitività dei fenomeni di privatizzazione della politica non implica

trascurare il progressivo allargamento dell‟arena politica e l‟assimilazione di

istituzioni di regolazione politico-sociale sempre più universalistiche e

liberali; questo percorso, sebbene discontinuo, sembra comunque orientato

verso il raggiungimento di standard democratici sempre più significativi.

pagg.76-79 citato in Luciano Fedozzi (2001), Orçamento participativo. Reflexões sobre a experiência

de Porto Alegre, 3a ed. ,Tomo editorial, Porto Alegre, 2001, pagg. 83-85.

61 Riguardo all‟esistenza di relazioni diadiche tra Stato con caratteristiche patrimoniali e gruppi

sociali è un tipo di analisi che si è inteso estendere a tutta l‟America Latina, si veda ad es. Morse,

Richard M. "The heritage of Latin America.", in: Hartz, Louis, The foundation of new societies,

Harcourt, New York, 1964, pag.173-76, citato in Simon Schrtwartzman, op. cit., pag. 39 : ”i popoli

latino-americani sembra preferiscano alienare, e non delegare, poteri ai loro leader scelti o

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Riconoscere, però, che questo sviluppo presenti aspetti quanto meno ambigui,

implica necessariamente indagare l‟origine dei fenomeni politico–sociali che

limitano, nella realtà empiricamente osservabile, le prerogative democratiche

sancite dai dispositivi giuridico–istituzionali formali. L‟individuazione delle

strategie di adattamento delle istituzioni informali antidemocratiche

all‟evoluzione dei rapporti di forza tra Stato e società, dei punti nevralgici in

cui si insinuano e delle dinamiche storiche che le indeboliscono, permette di

leggere il contesto politico-sociale brasiliano andando oltre le sue

manifestazioni esteriori contingenti e, in ultima istanza, di individuare i

parametri attraverso cui approssimare una valutazione sul senso e sull‟utilità,

dell‟esperienza del Bilancio Partecipativo di Porto Alegre, in particolare

comprendere se questo strumento di partecipazione comporti continuità o

rottura col modello di dominazione patrimonialistra.

L‟analisi storico–sociologica che propongo in questo capitolo dovrebbe

rivelarsi utile sia a tracciare una valutazione normativa sugli effetti del forte

cuneo patrimonialista attraverso cui si forgiano lo Stato e la società brasiliani,

sia ad individuare alcune manifestazioni empiriche che confermino la

ripetitività storica di questo modello particolaristico di relazioni. Al fine di

orientare l‟approccio agli autori che presento a seguire in ordine cronologico,

può essere utile anticipare i principali tratti della cultura politica brasiliana,

che mi sembra essi riconducano al modello patrimonialista di formazione

politica e sociale, e che di questo contribuiscono a garantire la sopravvivenza.

a) la concezione tutelare del potere che, in virtù della supremazia dello Stato

patrimonialista sulla società, impone, come unica alternativa all‟esclusione e

alla marginalizzazione, la cooptazione intesa come la rinuncia all‟autonomia

da parte delle aggregazioni di interessi emergenti, in cambio della tutela

statale. “Un sistema di partecipazione politica debole, dipendente, controllato

accettati.(…) La società è percepita in America Latina come composta da parti che si relazionano

attraverso un centro patrimoniale e simbolico, prima che direttamente le une alle altre.”

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gerarchicamente dall‟alto”62

che ostacola il consolidamento di istituzioni

democratiche di rappresentanza politica e di interessi autonome.

b)la non distinzione tra pubblico e privato, a vantaggio di settori della

burocrazia statale che consolidano un possesso di tipo privato su posizioni di

potere e beni pubblici, mantenuto grazie alla regolazione particolarista–

clientelare dell‟accesso dei vari gruppi sociali alla tutela e alle risorse statali.

La privatizzazione sistematica del pubblico incoraggia la concezione diffusa

della politica come “coisa dos outros” che “dissipa l‟idea di accountability

e/o di controllo dei governanti da parte dei governati come principi basilari

della cittadinanza e della democrazia”63

;

c)la dualità contraddittoria tra governo degli uomini e governo delle leggi,

determinata dalla predominanza del sistema informale di relazioni

particolaristiche, su quello formale di relazioni impersonali regolato dalla

legge. Di fatto, nell‟immaginario collettivo brasiliano, l‟individuo si afferma

come soggetto normativo, il cui valore si misura sulla base dell‟abilità con cui

riesce a “driblare le norme, conferendogli qualità umane, senza aprire un

conflitto diretto con esse, allo scopo di ottenere ciò che desidera.”64

L‟interpretazione antropologica più comune di questa contraddizione

caratteristica, la definisce come il risvolto inevitabile della storica difficoltà,

della cultura politica brasiliana, ad assimilare il principio borghese

fondamentale dell‟isonomia giuridico-politica, intesa come eguaglianza

universale davanti alla legge65

.

d)l‟assenza della nozione del contratto sociale nei modelli di relzione degli

ordinamenti sociali e politici, che comporta il mancato riconoscimento

62

“A expressão "cooptação política" é sugerida para referir-se a um sistema de participação política

débil, dependente, controlado hierarquicamente, de cima para baixo”, in Simon Schwartzman , Bases

do autoritarismo brasilero, Editoria Campus, 3a ed. rivista ed ampliata 1988. pag. 18. Per maggiori

inidicazioni bibliografiche vedi bibliografia o più avanti nella sezione nei paragrafi dedicati

all‟autore. 63

Luciano Fedozzi (2001), op.cit. , pag. 90. 64

Ibidem, pag. 91. 65

Ibidem, pag. 90.

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dell‟altro come soggetto portatore di diritto, quindi il disconoscimento

dell‟ideale egualitario alla base della democrazia.66

Presenterò brevemente due studi classici della formazione politico-sociale

brasiliana, rispettivamente a cura di Sérgio Buarque de Hollanda e Raymundo

Faoro; dedicherò maggiore spazio all‟analisi proposta da Simon Schwartzman

per la relativa attualità e completezza di strumenti metodologici che vanta

rispetto a primi due.

Il primo autore ad utilizzare le categorie sociologiche weberiane per

analizzare la formazione storica e culturale del Brasile è Sérgio Buarque de

Hollanda. Scrive negli anni „30 quello che diventerà un classico della

letteratura che ha contribuito ad interpretare l‟identità nazionale di questo

paese: Raízes do Brasil67

. L‟attenzione dell‟autore non è rivolta al passato in

uno slancio celebrativo, piuttosto emerge chiaramente l‟interesse ad

approfondire la consapevolezza di quegli aspetti culturali ereditati dalla

colonizzazione lusitana, che ostacolano il progresso verso una società

moderna, razionale e democratica. In questo senso, utilizzando molteplici

fonti teoriche - la sociologia, lo storicismo, il culturalismo, la psicologia e

l‟etnologia - l‟autore ritrae diversi aspetti della vita sociale e politica

brasiliana risaltandone la contraddittorietà con le attitudini di un sistema

sociale in cui vigono ordinamenti basati sul tipo di legalità universalistica a

cui si ispirano le democrazie: la modalità dominante di interazione sociale

particolaristico–familista che segue l‟impulso affettivo e le forme di relazione

“cordiali”,68

a dispetto dell‟impersonalità delle norme astratte, della disciplina

e della gerarchia; la preponderanza del tradizionalismo del modello rurale

patriarcale rispetto alla moderna razionalità di quello urbano; le attitudini

caudilliste della politica oligarchica camuffate da un liberalismo formale

66

Ibidem, pag. 75. 67

Sérgio Buarque de Hollanda, Raízes do Brasil, 1936, trad.it, Le radici del Brasile, a cura di Nello

Avella, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2000. 68

La caratterizzazione della “cordialità brasiliana” è uno degli aspetti più celebri e controversi

dell‟analisi di Buarque de Hollanda. Come precisa l‟autore questa qualità non comporta affatto un

giudizio etico riguardo alla bontà, né tanto meno si riferisce ad un convenzionalismo sociale di

cortesia formale, in quanto la cordialità, nell‟accezione qui presa in considerazione, sta ad indicare la

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contro una reale politica rappresentativa; lo spirito d‟avventura come ricerca

di prosperità immediata senza costo contro la costanza abitudinaria del lavoro.

La fusione tra l‟eredità della cultura politica iberica, identificata con la

spiccata tendenza al personalismo e l‟avversione per la disciplina e per la

gerarchia, e l‟affermazione dei modelli di interazione sociale imposte dal

predominio del mondo rurale, come la concezione paternalista dell‟autorità e

le relazioni familistiche di tipo particolaristico-antipolitico, conduce ad “una

invasione del pubblico da parte del privato, dello Stato da parte della

famiglia”.69

In questo contesto l‟affermazione di attività produttive che hanno

modernizzato i rapporti di produzione come quella caffetalera, i processi di

urbanizzazione e di prima industrializzazione, il repubblicanesimo che pose

termine all‟Impero, hanno via via indebolito il predominio dell‟oligarchia

rurale tradizionale e la struttura di dominio che essa rappresentava, senza,

però, riuscire ad affermare alternative istituzionali realmente democratiche.

Con la Prima Repubblica i principi incorporati nell‟ordinamento giuridico e il

ritualismo del cerimoniale politico, appaiono come la rappresentazione di un

vuoto “sistema logico, omogeneo e astorico”70

, totalmente divincolato dalla

vita sociale materiale del paese, e che serve, sostanzialmente, a garantire una

parvenza razionale–legale e democratica, ad una società prevalentemente

organizzata secondo modelli di dominazione tradizionale particolaristica e

autoritaria.

Se Sérgio Buarque de Hollanda individua una sostanziale dualità tra

l‟esteriorità giuridico–istituzionale come dimensione meramente formale, e

l‟arbitrarietà particolaristica in base a cui funziona l‟intero sistema sociale

come realtà effettiva, sarà solo con Raymundo Faoro che la categoria

sociologica del patrimonialismo verrà utilizzata come modello esplicativo

dello specifico rapporto gerarchico tra Stato e società, e tra potere centrale e

predisposizione a relazionarsi secondo moti che provengono dalla sfera dell‟intimità, dal cuore

appunto. In Sergio Buarque de Hollanda, op. cit. , pagg. 161-163. 69

Ibidem, pag. 94. 70

Ibidem, pag. 193.

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autonomie locali, aspetto sostanzialmente accennato nell‟analisi

prevalentemente sociologico–antropologica di Buarque de Hollanda.

La tesi fondamentale sostenuta Raymundo Faoro in Os donos do poder è che

lo Stato brasiliano sia dominato da una burocrazia dispotica e accentratrice,

che dispone privatamente di funzioni, organi e risorse pubbliche, e che questa

forma moderna di dominio patrimoniale sia stata ereditata, tramite la

colonizzazione, dal retaggio politico Portoghese.

“La differenza strutturale tra le due colonizzazioni americane [quella

portoghese e quella inglese] derivava dalla diversa costituzione dell‟ Stato,

in una e nell‟altra nazione. Il Portogallo, nel „600, si era già consolidato

come Stato assoluto, governato da un estamento burocrático, accentratore.

L‟Inghilterra, al contrario, differenziandosi dall‟orientazione storica

continentale, si definì in una transizione capitalista industriale e feudale,

rifuggendo la centralizzazione burocratica.”71

In Portogallo la forma di dominio patrimonialista originaria di tipo nobiliare,

si sarebbe trasformata nella sua forma burocratica moderna, definita

dall‟autore “estamento burocrático”, quando venne espropriata l‟autonomia

dell‟ordinamento nobiliare tradizionale, ad opera dell‟alleanza tra lo Stato

assoluto, che si afferma con la dinastia de Avis,72

e la borghesia; questa classe

sociale emergente, per lo più composta dal ceto mercantile e quello artigianale

e urbano, assimilò i tratti culturali tradizionali della nobiltà e non elaborò

quell‟istanza di auto–affermazione che più tardi avrebbe sviluppato la

borghesia industriale inglese nel limitare il potere monarchico. La

configurazione socio–politica portoghese, in definitiva, influenza l‟evoluzione

della forma di dominio conferendo allo Stato burocratico nascente un

carattere, assoluto, accentrato e dispotico: esiste solo il potere del sovrano

71

Raymundo Faoro, Os donos do poder - Formação do patronato político brasileiro, Editora Globo,

Porto Alegre, 1958., pag. 53/65 citato in Luciano Fedozzi (2001), op.cit. pag. 67. 72

Dinastia che inizia con Mestre de Avis che sale al trono di Portogallo, sotto il nome di Don João I,

dopo la crisi del 1383-1385.

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attorniato da un ceto burocratico che dispone delle risorse dell‟apparato che

gestisce, il potere non è immerso in una dimensione contrattuale, e non sono

tollerate autonomie decentrate e concorrenti. Il Brasile avrebbe ereditato

questo modello autoritario di relazione tra Stato e società, e lo avrebbe

mantenuto ben oltre l‟indipendenza. Coerentemente Faoro non concorda con

l‟interpretazione in voga al tempo in cui scrive, secondo cui sarebbe possibile

stabilire una comparazione fra il rapporto intercorrente tra autorità centrale e

poteri periferici nei periodi coloniale ed imperiale in Brasile, e quello di

relativa autonomia tra centri di potere di un sistema di sistema di tipo feudale.

Seppure le autonomie coloniali e le successive Province dell‟Impero sono

stati nuclei di potere periferici, ha prevalso sempre il potere accentrato e

dispotico della madrepatria prima, e della burocrazia imperiale poi: l‟idea di

contratto implicita nel feudalesimo non ha mai fatto breccia.73

Il passaggio alla Prima Repubblica, per quanto concerne i rapporti tra Stato e

gruppi sociali, non ha portato cambiamenti sostanziali: “lo Stato è rimasto il

titolare della sovranità”, nella misura in cui settori dell‟apparato burocratico

persistente e i nuovi gruppi oligarchici che vi hanno acceduto, hanno

annullato l‟incertezza del meccanismo elettorale, attuando strategie di

“patronato e di clientelismo politico”,74

necessarie a consolidare il controllo

sulle posizioni di potere e sulle risorse pubbliche.

Il percorso suggerito da Faoro permette di individuare nell‟assenza di centri di

potere e di articolazione di interessi concorrenti, la causa permissiva dello lo

sviluppo di un Stato burocratico, centralizzato e divincolato da significative

forme di contratto sociale, e di contestualizzare l‟origine storica delle

caratteristiche strutturali menzionate, come eredità trasmessa tramite un

sistema coloniale coerente alla natura del retaggio politico–culturale dalla

73

“Efteitos inevitáveis, decorrentes do isolamento geográfico, da extensão da costa, capazes de gerar

núcleos de autoridade social, sem que a administração real permitisse a consolidação da autonomia

Política . Tudo está longe do feudalismo, da aristocracia territorial, dos monarcas latifundiários.

Olhos vigilantes, desconfiados cuidavam para que o mundo americano não esquecesse o cordão

umbilical, que lhe transmitia a força de trabalho e lhe absorvia a riqueza, O rei estava atento ao seu

negócio”. Ryamundo Faoro, op. cit. citazione tratta da un articolo di Simon Schwartzman dedicato a

Faoro in DADOS-Revista de Ciéncias Sociais, Rio de Janeiro, Vol.46, n.2, 2003, pp.207-213. 74

Luciano Fedozzi (2001), op.cit. , pag. 76.

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madrepatria. Tuttavia la connotazione statica dell‟ “estamento burocrático”,

non si adatta alla dinamicità delle diverse forme che l‟essenza patrimonialista

della cultura politica brasiliana assume, al variare dei contesti storici. Come

sarebbe possibile, ad esempio, individuare l‟esistenza di una burocrazia

accentratrice, e dispotica, in un sistema democratico rappresentativo, basato

su un‟effettiva autonomia locale di Stati e Comuni, come è stato quello della

Seconda Repubblica, senza ammettere che le modalità di esercizio del

dominio patrimoniale mutano in reazione ai cambiamenti contesto politico

istituzionale? Il contributo più rilevante ad un‟elaborazione più “versatile”

della categoria weberiana della dominazione patrimoniale applicata al

rapporto tra Stato, sistema politico e società civile, è quello dato da Simon

Schwartzman in Bases do autoritarismo Brasilero. 75

Giungeremo alla definizione della forma di dominio “neopatrimoniale”, come

Schwartzman la intende, seguendo la rilettura che l‟autore suggerisce della

sociologia weberiana, in seguito procederemo ad alcune rilevazioni empiriche

nella storia brasililiana che, sempre secondo l‟autore, evidenziano

l‟importanza e la persistenza di questa forma di dominio.

L‟autore suggerisce due prospettive attraverso cui guardare ai modelli di

dominio proposti da Werber:

una consiste nella relazione tra dominazione patrimonale tradizionale e

patrimonialismo burocratico, che secondo l‟autore deve essere intesa come

opposta a quella tra feudalesimo e dominazione razionale–legale. Tra le

due relazioni individuate, la prima è tra due forme di dominio in cui “il

potere centrale è assoluto e incontestabile”76

, la seconda tra organizzazioni

75

Simon Schwartzman, Bases do autoritarismo brasilero, Editoria Campus, 3a ed. rivista ed ampliata

1988. Il testo in questione è disponibile gratuitamente, tutelato da Creative Common License, presso

la pagina: www.schwartzman.org.br\simon\bases\bases.htm . Per praticità di chi legge nel rintracciare

le citazioni, ho provveduto a convertire il testo scaricato da internet in un unico file di testo, in cui ho

inserito la numerazione progressiva delle pagine – cosa assente nella versione on-line per le

caratterictiche del il tipo di output informatico. Il file del testo è disponibile nella sezione allegati in

cd-rom sotto il nome file di : S.Bases do autoritarismo brasilero. Simon Schrtwartzman è Presidente

dell‟Istituto Brasilero de Geografia e Estatistica (IBGE), tra il 1999 e il 2002, è stato Direttore per il

Brasile dell‟American Institute of Research. 76

Simon Schrtwartzman, op. cit. , pag. 34.

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35

in cui esistono “relazioni contrattuali stabilite tra unità relativamente

autonome”77

.

L‟altra prospettiva permette di accomunare, da una parte, patrimonialismo

tradizionale e feudalesimo come due forme di dominio tradizionale, e

dall‟altra, il patrimonialismo burocratico e lo Stato razionale–legale come

forme moderne di dominio basate su apparati burocratici tecnicamente

razionali.78

La complementarità di queste prospettive consiste nella possibilità di costruire

una tipologia dei tipi di dominazione politica in cui la discriminante non è

unicamente l‟esistenza apparati burocratici basati su una razionalità tecnico–

giuridica, ma anche la presenza di una dimensione consensuale che contempla

relazioni tra “unità relativamente autonome”, nel definire il tipo di contratto

su cui si basa la legittimità dell‟uso del potere.

Quadro 5. Tipologia de dominação política em Weber

Relação de poder

absoluta contratual

Sistema

normativo

Tradicional patrimonialismo feudalismo

Moderno patrimonialismo

burocrático

(neopatrimonialismo)

dominação racional-

legal

Fonte : Simon Schwartzman, op. cit. pag. 35

La concezione di un vincolo contrattuale alla costituzione e all‟esercizio del

potere, come evidenzia Weber stesso, implicita nella forma di dominio

razionale–legale, per quanto riguarda l‟Europa occidentale, proviene

storicamente dal retaggio feudale e dall‟incisiva affermazione della borghesia

capitalista. In questo senso la nascita di forme di dominio razionali–legali non

è “il semplice risultato di un processo di sviluppo della scienza

77

Ibidem.

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amministrativa”, ma rappresenta anche “una dinamica chiaramente

politica”.79

I governi assolutisti si alleano alla borghesia ascendente per

ridimensionare il potere e le pretese di vassalli e funzionari. Dal “matrimonio

tra il patrimonialismo dei regimi assolutisti e la borghesia emergente”80

nasce

la forma di dominazione politica razionale–legale: “[…] una forma a di

dominio su base contrattuale, sufficientemente efficiente e adeguata alle

necessità del capitalismo moderno.”81

Ma nei paesi dove questa dimensione contrattuale non ha avuto un‟incisività

determinante sui processi politici – dove le relazioni contrattuali del

feudalesimo e la borghesia ascendente non hanno avuto forza e importanza

così influenti come in Europa Occidentale –, l‟evoluzione della forma di

dominazione patrimoniale avrebbe comportato una razionalizzazione

prevalentemente tecnica; la razionalità legale intesa come garanzia di

universalità e impersonalità contro l‟arbitrarietà dell‟uso del potere, e di

uguaglianza di fronte alla legge, è stata solo marginalmente coinvolta.

Questa forma di dominio patrimoniale, perde i suoi elementi di tradizionalità,

sviluppando apparati burocratici avanzati e multifunzionali fino ad assimilare

strutture giuridiche complesse di ispirazione democratica, relega

nell‟informalità la privatizzazione del pubblico senza privarla dello status

d‟istituzione più efficiente ed effettiva. Secondo Schwartzman questo sarebbe

forma di dominazione non ancora teorizzata che definisce

“neopatrimonialismo”. Consisterebbe in una modalità informale di

organizzazione del corpus di relazioni sociali la cui regolazione compete allo

Stato, che prevede l‟appropriazione privata di quegli organi, risorse e potere

tramite cui viene attuata tale regolazione, da parte di un ceto di funzionari e

politici che finiscono per adoperarle per mantenersi al potere. Questa

caratteristica strutturale si afferma in contesti in cui lo sviluppo di un moderno

apparato amministrativo centralizzato avviene in assenza di una classe media

78

Simon Schrtwartzman, op. cit. , pag. 37 79

Ibidem, pag. 35. 80

Ibidem. 81

Ibidem.

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numerosa e influente, che possa imporre l‟incorporazione del vincolo alla

legalità universalistica dello stato di diritto, come sua fonte di legittimazione.

L‟elemento ereditato dal patrimonialismo tradizionale è la privatizzazione del

potere, la non distinzione tra pubblico e privato; il carattere moderno invece è

dato dalla multifunzionalità dell‟apparato burocratico e dall‟elevata

razionalizzazione tecnica che può giungere all‟implementazione di dispositivi

giuridico–istituzionali consoni ai moderni ordinamenti democratici, senza

che questo alteri i criteri informali, autoritari e particolaristici attraverso cui lo

Stato si relazione alla società.

Il neopatrimonialismo è una caratteristica strutturale dello Stato, nel senso che

costituisce un criterio organizzativo con il quale lo Stato struttura le relazioni

sociali di sua competenza, ma presuppone anche una traduzione politica: le

modalità con cui viene riconosciuto, ai diversi gruppi sociali, il diritto di

partecipazione ai processi decisionali sulla distribuzione sociale delle risorse,

in un sistema caratterizzato dalla presenza di organi statali di riallocazione

che sono in parte, di fatto, privatizzati. I confini dell‟inclusione nella arena

politica sono tracciati “de cima para baixo” (dall‟alto verso il basso), tramite

la pratica della cooptazione, definita come un sistema di partecipazione

debole, dipendente, gerarchicamente controllato, la cui prerogativa

fondamentale è instaurare vincoli di dipendenza tra chi detiene il potere e le

leadership politiche emergenti. In questi contesti la partecipazione politica

non è un diritto ma un beneficio concesso e revocabile. L‟esclusione di settori

sociali, invece, avviene prevalentemente attraverso la marginalizzazione e la

repressione82

.

L‟analisi di Schwartzman si concentra sulla formazione neopatrimonialista

del Brasile, che dall‟indipendenza alla Prima Repubblica presenterebbe

significative regolarità. Lo Stato Brasiliano si configura in buona parte come

“proprietà“ di una burocrazia dispotica, calata in una società civile debole e

82

Ibidem. pag. 18.

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poco articolata:83

organi e risorse pubbliche sarebbero in buona parte sotto il

controllo di un gruppo autoreferenziale di funzionari che del potere politico

hanno fatto “un affare”. Il gioco politico che ne consegue, non consiste tanto

in una competizione in cui ogni gruppo o classe sociale ambisce alla massima

rappresentazione dei propri interessi nei luoghi di direzione dello Stato,

quanto, piuttosto, in una “negoziazione continua tra lo Stato neopatrimoniale

e tutti i tipi di settori sociali”84

, per ottenere la sua tutela e l‟accesso alle

risorse da esso controllate.85

Le élite che gestiscono gli ambiti produttivi e

gruppi sociali più organizzati sono in continua negoziazione con lo Stato per

l‟ottenimento di benefici che solo la sua tutela può offrire, non raggiungono

mai un controllo effettivo e stabile su di esso. Il meccanismo di

„addomesticamento‟ delle forme autonome di articolazione politica è la

cooptazione, modalità di partecipazione limitata e condizionata dall‟alto

grazie alla quale l‟establishment si immunizza da ogni tipo di concorrenza e

ostilità politica. Non ci sono alternative al gioco cooptazione – esclusione: la

partecipazione mediante rappresentanza non è compatibile con questo sistema

in quanto presuppone che chi sta al vertice, esercita il potere per la tutela degli

interessi della maggioranza alla base, la cooptazione si basa sul presupposto

opposto che, chi alla base è ammesso dal vertice a partecipare, ottiene un

privilegio che pagherà con la soggiacenza al sistema imposto. Se la

“cooptazione” è la prassi sistematica attraverso cui “lo Stato sottomette alla

sua tutela forme autonome di partecipazione”,86

la marginalizzazione è

l‟alternativa che ad essa si pone. Il gioco di inclusione/esclusione avviene

secondo cleavages sociali e territoriali; in un territorio esteso ed eterogeneo

come quello brasiliano nemmeno la società è distribuita uniformamente,

83

Ibidem, pag. 17 84

Riguardo all‟esistenza di relazioni diadiche tra Stato con caratteristiche patrimoniali e gruppi

sociali è un tipo di analisi che si è inteso estendere a tutta l‟America Latina, si veda ad es. Morse,

Richard M. "The heritage of Latin America.", in: Hartz, Louis, The foundation of new societies,

Harcourt, New York, 1964, pag.173-76, citato in Simon Schrtwartzman, op. cit., pag. 39 : ”i popoli

latino-americani sembra preferiscano alienare, e non delegare, poteri ai loro leader scelti o

accettati.(…) La società è percepita in America Latina come composta da parti che si relazionano

attraverso un centro patrimoniale e simbolico, prima che direttamente le une alle altre.” 85

Simon Schwartzman, op. cit., pag. 4. 86

Ibidem, pag. 34

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quindi da stato a stato la partecipazione al sistema politico nazionale è

condizionata in base al tipo di élite e di settori sociali organizzati che

prevalgono a livello locale. La caratteristica ampiamente generalizzabile,

invece, è che la società sia debole87

e fortemente dipendente dal tipo di

relazione che ha con lo Stato. Da una parte tele dipendenza si instaura con la

continua negoziazione per l‟ottenimento di tutela e benefici88

, dall‟altra, la

pretesa statale di controllare più attività possibili senza potervi efficacemente

riuscire, provoca l‟articolarsi di un complesso ambito sociale informale.89

L‟espressione più autoritaria delle tendenze conservatrici del sistema si rivela

in tutta la sua determinazione a fronte dei cambiamenti strutturali che si

producono durante il XX sec. La modernizzazione e l‟espansione economica

richiedono infrastrutture, una regolazione del sistema finanziario e una

distribuzione di incentivi efficienti, ma la gestione patrimoniale è tutt‟altro

che efficiente, orientata ad una distribuzione delle risorse complessivamente

irrazionale, finalizzata al mantenimento di fitte reti clientelari. La vertiginosa

urbanizzazione, l‟importanza crescente dei settori medi urbani e operai e il

progressivo allargarsi dell‟arena politica a fronte di una più complessa

articolazione sociale, producono una pressione politica progressivamente più

diversificata e radicale. Il sistema di cooptazione ed esclusione

dell‟organizzazione corporativa tradizionale è instabile. La soluzione

repressiva autoritaria può essere considerata, in parte, un aggiustamento

energico interno ad un sistema di dominio neopatrimoniale–oligarchico

vacillante.

Se questa è la „sintomatologia strutturale‟ della forma di dominio

neopatrimoniale individuata dall‟autore nel caso brasiliano, per confermare la

„diagnosi‟ rimane da individuare storicamente il manifestarsi dei „sintomi‟.

87

Se le forme di partecipazione sono sottomesse alla tutela di uno Stato forte e di tipo patrimoniale,

necessariamente la società sarà più debole. Un argomento di questo tipo è stato utilizzato a proposito

della Russia Zarista e della Germania Orientale in Bendix, Reinhard, Max Weber - an intellectual

portrait. Doubleday, New York, 1960, pag. 463. 88

Quali sovvenzioni, regolamentazioni favorevoli, concessioni e licenze, impiego, servizi, etc. 89

Economia informale, insediamento abusivo, manifestazioni private del potere e privatizzazione del

ricorso alla forza, associazioni clandestine urbane, crimine organizzato, religioni popolari, etc.

Ibidem. Simon Schwartzman, op. cit.

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Tra le contestualizzazione storiche suggerite da Schwartzman singolare è la

lettura dell‟epoca della Prima Repubblica che l‟autore propone. Sebbene egli

non contraddica l‟opinione diffusa, secondo cui la Prima Repubblica

rappresenterebbe l‟epoca in cui le élite agrarie degli stati più potenti

assumono il controllo dello Stato, Schwartzman ritiene che la portata

esplicativa di tale interpretazione sia limitata, in quanto, per lo meno, non è in

grado di spiegare un dato storico importante: la relativa emarginazione dalla

politica nazionale proprio dello Stato che allora possedeva il settore agro–

export più sviluppato di tutto il paese - lo Stato di São Paulo90

. Non si

spiegherebbe, ad esempio, il numero di presidenti e ministri91

ottenuti dallo

Stato di São Paulo, rispetto a quelli espressi da Minas Gerais, dal momento

che il primo è interessato, in quel periodo, da uno sviluppo economico e

demografico di gran lunga più importante del secondo. Anche la politica

fiscale era particolarmente squilibrata in senso sfavorevole a São Paulo. Fino

al 1929 il Governo federale ricavava dal 40 al 50% delle sue entrate dai dazi

sulle importazioni, queste ultime erano prerogativa degli Stati che più

esportavano, tra cui São Paulo. L‟effetto penalizzante si produceva nella

90

Ibidem. pag 71. A proposito della “sottorappresentazione” politica di São Paulo nella Prima

Repubblica si consideri il tentativo di rivolta militare del ‟24. Un documento che rende l‟idea di come

veniva percepita la propria posizione dalla classe dirigente di São Paulo rispetto al contesto nazionale

è il discorso alla Camera di Commercio di S.P., di José Carlos de Macedo Soares, l‟allora Presidente

della Camera di Commercio, ente che appoggiò la rivolta: “Tinha São Paulo o direito de abandonar a

Federação ao domínio - por vezes exclusivo - de estadistas menos adiantados, de permitir a

politicagem utilitária do empreguismo desanimando todas as coragens cívicas, pelo apoio sistemático

aos mandões regionais pela expropriação injusta dos mandatos? Pois bem a abstenção de São Paulo

não se limitou aos cargos de nomear, que tem constituído o alvo e a ambição dc quase todos os

homens públicos do país. Perdemos totalmente a influência legislativa, tanto na Câmara federal

quanto no Senado. Fomos completamente excluídos de um dos poderes da República pois no

Supremo Tribunal Federal, a esta hora, não ha um único juiz de São Paulo. Entretanto deles dizia Rui

Barbosa: podemo-nos consolar da fraqueza de seus políticos, ao menos, com a serenidade impoluta

dos seus magistrados. Não temos um só representante no Conselho Superior do Comércio. Na

Diplomacia, como na Magistratura, na Marinha, como no Exército, nos poderes do Estado, por toda

parte, em todos os postos de influência e de autoridade, São Paulo está sistematicamente excluído.”

In, José Carlos de Macedo Soares, Justiça - A revolta militar em São Paulo., Imprimérie Paul Dupont,

Paris, 1925 cit.in. Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 71.

91 Dal 1989 al 1910 e dal 1910 al 1930 gli anni di ministero occupati da Minas Gerais sono

rispettivamente 12,64 e 16,09; da Rio Grande do Sul 2,65 e 18,13; da São Paulo 9,02 e 12,37. Se

consideriamo soltanto i ministeri più importanti – Fazenda, Transporte e Justiça- nel periodo dal 1989

al 1930 habbiamo 15,45 anni di ministero per Minas Gerais, 15,14 per Rio Grande do Sul e solo

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ridistribuzione delle risorse federali dove São Paulo, tra i principali

foraggiatori del bilancio centrale, veniva trascurato rispetto a Minas Gerais.92

Sicuramente non si può affermare che lo Stato federale non sia intervenuto

per attutire gli effetti del crollo del prezzo del caffè beneficiando

principalmente i produttori paulisti93

; questo però non sembra alterare il dato

fondamentale: l‟emarginazione politica di São Paulo, Stato che produce più

della metà del caffè brasiliano, sta a indicare che la concentrazione del potere

in ambito federale è più divincolata dall‟influenza dell‟élite agro–

esportatrice94

, di quanto si pensi. La coalizão conservadora95

tra i produttori

di caffè e lo Stato federale, quindi, pare una determinante attendibile del

sistema politico della Prima Repubblica, ma nient‟affatto esaustiva.

Altro elemento che in parte smentisce la teoria secondo cui il potere centrale

deriva principalmente dalle élite agrarie, sono le peculiarità dell‟élite di Minas

Gerais. Secondo l‟autore questa è rappresentata da una trentina di famiglie i

cui membri avevano sì vincoli con il mondo rurale, ma vivevano nelle città,

erano istruiti, vantavano una consolidata esperienza politica e nell‟attività

amministrativa implementavano politiche spesso non gradite alle oligarchie

rurali96

. L‟emarginazione di São Paulo, quindi, verrebbe in parte spiegata

12,37 per nativi di São Paulo. Dati provenienti da Joseph Love, 0 regionalismo gaúcho e as origens

da revolução de 1930. São Paulo, Perspectiva, 1975 citato in Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 70.

92 Nel periodo 1922-24 la partecipazione federale alle spese per trasporti, salute ed educazione è

molto più forte in Minas Gerais che São Paulo. Per quanto riguarda il sistema ferroviario ad esempio

il 70 % per cento della rete ferroviaria di Minas Gerais era a carico del Governo federale, mentre São

Paulo si sobbarcava l‟80 % del proprio tracciato. Dati riproposti da Simon Schwartzman in op. cit.

pag. 71, ricavati in, Manuel Olympio Romeiro. São Paulo e Minas na economia nacional, , Revista

dos Tribunais, São Paulo, 1930.

93 Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 56. 94

Ovviamente non è solo in São Paulo che si produce il caffè, una quota rilevante ad esempio è

prodotta in Rio de Janeiro. 95

Coerentemente a quanto detto in merito al processo di rappresentazione degli interessi in seno allo

Stato, che in Brasile si ridurrebbe ad una negoziazione tra lo Stato neopatrimoniale e i gruppi sociali

più influenti, l‟autore sottolinea come la predisposizione di Istituti federali per la stabilizzazione dei

prezzi del caffè fu una richiesta dei produttori paulisti, non un‟iniziativa del governo federale. Simon

Schwartzman, op. cit. , pag. 71. La coalizão conservadora, per Schwartzman, non rappresenta affatto

la “subordinazione della politica federale agli interessi del caffè, ma, al contrario, la progressiva

dipendenza degli interessi del caffè in relazione al governo di Rio de Janeiro” (ibidem, pag. 60). 96

Proprio la dipendenza dalle risorse del potere centrale avrebbe fatto si che l‟élite mineira si

specializzasse nell‟attività politica. Per l‟autore, in definitiva, l‟intraprendenza economica delle élite

di São Paulo e la relativa indipendenza dal Governo centrale, spiegano la differenza di approccio alla

politica rispetto alle élite degli altri Stati: “ Para os paulistas, a política era uma forma de melhorar

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dall‟esistenza di una classe politica, che dominava il processo politico

centrale, che si rapportava opportunisticamente ai gruppi sociali che

disponevano di una base produttiva autonoma; questa classe politica, fulcro

del sistema neopatrimoniale, era, in parte, composta da élite che si

garantivano posti di potere, non tanto grazie ai legami col settore rurale

locale, ma principalmente all‟abilità di intermediazione politica a livello

statale e nazionale (come i membri dell‟élite di Minas Gerais). In sintesi,

secondo Schwartzman, ogni rappresentazione della vita politica della Prima

Republica, che la riduca a mera risultante dell‟equilibrio tra le forze delle élite

agrarie, e che non consideri l‟influenza della burocrazia centrale come settore

politico a sé stante - che più che dipendere dai gruppi sociali più attivi, li

rende dipendenti dalla sua collaborazione - non rispetta la complessità del

sistema politico brasiliano e non è adatta a spiegare il suo carattere autoritario,

costante riproposta dalla storia di questo paese.97

Quando finalmente l‟egemonia paulista si concretizza con le elezioni

consecutive di Washington Luis e Julio Prestes, il sistema della “politica dei

governatori” attraverso cui si conservava l‟élite neopatrimoniale centrale dava

già evidenti segni di crisi, tra cui l‟insoddisfazione di Minas Gerais e Rio

Grande do Sul che vedevano diminuire la loro influenza98

, e l‟apertura di più

seus negócios; para quase todos os outros, a política era o seu negócio. E é nisto que reside a

diferença e, em última análise, a marginalidade política daquele estado [São Paulo]. ”, op. cit, pag 72.

A proposito di questa descrizione dell‟élite di Minas Gerais, Simon Schwartzman, in op. cit. , Pag.

72, si rifà a John D. Wirth, Minas Gerais and the Brazilian federation, 1889-1937. , Stanford

University Press, Stanford, California, 1977; Martins Filho, Amílcar Vianna. Minas Gerais e São

Paulo na Primeira República Brasileira: A política café com leite(1900-1930) (tese de mestrado).

UFMG, 1978. 97

A proposito del sistema della “politica dei governatori” basata sul sistema del coronelismo è

opportuno ricordare che se il sostegno elettorale era garantito dalle autonomie municipali e dai

signori del latifondo, il rapporto di forza era comunque sbilanciato dalla parte dei politici che in

ultima istanza detenevano l‟accesso alle risorse in base alla quale gestivano le clientele. Vd. Simon

Schwartzman, op. cit. , pag. 18; o anche in Sales Teresa, “Raizes da desigualedade na cultura politìca

brasilera”, pubblicato in Revista Brasilera de Ciências Sociais, v. 9, n. 25 Giugno 1994, pag. 26-37,

in cui l‟autrice definisce il comporomesso coronelista come un “sistema de reciprocidade em que, de

um lado, estão os chefes municipais e os coronéis com seus currais eleitorais, e, de outro, a situação

política dominante do Estado, que dispõe do erário, dos empregos, dos favores, e da força policial”. 98

Antonio Carlos di Minas Gerais reclamava la presidenza dopo Washington Luis.

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fronti dissidenti sul piano politico nazionale99

. Elemento che rivela la crisi è

l‟insolita competitività delle elezioni del 1930: contrariamente alla tendenza

generale delle elezioni nella Prima Repubblica che vedono una distribuzione

dei voti sostanzialmente uniforme verso il “candidato ufficiale”, nel 1930,

invece, il candidato vincitore vince solo in 9 Stati, e la media percentuale dei

voti ottenuti dal candidato perdente negli Stati dove ha vinto è del 84,8%.100

La deposizione di Julio Prestes a favore di Getulio Vargas marca, una volta

ancora,101

l‟attivismo della corporazione civile militare di Rio Grande do Sul,

ideologicamente distinta dal Repubblicanesimo paulista, imbevuta dei più

autoritari principi positivisti: controllo politico accentrato ed effettivo e

concezione organicistica–corporativa dello Stato. L‟accentramento del potere

sotto Vargas viene imposto col sistema degli interventores, con la nuova

Costituzione che imponeva restrizioni all‟autonomia degli stati e con la mera

repressione armata102

. Durante l‟Estado Novo il progetto neocorporativo

raggiunge la sua massima effettività, nella misura in cui la tutela di sindacati,

associazioni imprenditoriali, e categorie professionali viene sottomessa allo

Stato; infine, nell‟epilogo populista, Vargas tenta una delle più esplicite

manovre di cooptazione politica della storia brasiliana, cercando di costruire

con l‟appoggio della classe operaia urbana una nuova base di sostegno al suo

regime.

Se si è definita, come condizione dello sviluppo della forma di dominio

neopatrimoniale, l‟esistenza di una società civile debole e poco articolata,

durante la Seconda Repubblica tale requisito, in parte, non è più soddisfatto.

99

Ad esempio la presenza di Aliança Liberal che esercita una critica radicale alle oligarchie Statali e

all‟inefficienza del governo. 100

Dati ricavati dal “quadro 9” in Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 75 101

Già Deodoro de Fonseca, il maresciallo di ferro gaucho, aveva condotto la ribellione coll‟impero

nel 1989 e per tutta la Prima Repubblica il potere civile riograndense, indissolubilmente legato a

quello militare in questo stato di frontiera, aveva influenzato la politica nazionale; si veda a proposito

alla nota n.20 la crescente rappresentazione in ambito ministeriale. Secondo l‟autore l‟importanza

riconosciuta a Rio Grande do Sul nella Prima Repubblica, sproporzionata rispetto al suo sviluppo

economico, si spiega prendendo in considerazione efficacia dell‟élite civile militare nel pretendere

una rappresentazione in politica nazionale commisurata all‟importanza militare strategica dello Stato,

e alla capacità di mobilitare consensi elettorali uniformi all‟interno del fitto sistema caudillesco

gaucho. 102

vd. repressione della Rivoluzione Costituzionalista di São Paulo.

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Industrializzazione, diversificazione produttiva e urbanizzazione accrescono

le dimensioni e l‟importanza del settore medio urbano e della classe operaia103

(specialmente in São Paulo). In questo nuovo contesto il sistema politico

diventa più complesso. Operando una drastica semplificazione si poterebbero

evidenziare due tipi fondamentali di articolazione politica. Uno rappresenta la

continuità col sistema neopatrimoniale in cui i partiti, interessati a controllare

lo Stato in sé, non mobilitano consensi su piattaforme politiche precise ma

basano la loro forza sulla disponibilità di clientele politiche e gestiscono la

partecipazione di gruppi sociali attivi tramite la cooptazione politica104

.

L‟altro rappresenta la novità: si fanno strada partiti con programmi politici

che rivendicano la tutela degli interessi di determinati settori sociali

candidandosi a rappresentarli105

, e organizzazioni sindacali autonome . In

103

Prova ne sia che alle elezioni del 1945 il candidato presidenziale del Partito Comunista riceve il

10% dei voti. 104

Schwartzman identifica questo gruppo con l‟asse PDS-PTB. Il PDS nasce dall‟iniziativa di

interventores e prefeitos provenienti dall‟epoca di Vargas e dell‟Estado Novo. (Figura emblematica è

Benedito Valdares leader nazionale del PDS. Fu governatore di Minas Gerais, l‟unico ad essere

riconfermato come interventor da Vargas. Partecipò alla repressione della ribellione paulista del ‟32 e

accrebbe il suo potere politico sotto l‟ombra di Vargas coltivando l‟ambizione di divenire Presidente

nell‟elezione programmata per il ‟38; quando fu dichiarato l‟Estado Novo non esito ad appoggiarlo.

Agente del potere centrale in Minas Gerais contrastò le spinte centrifughe autonomiste del suo stesso

Stato.) Il PTB, invece, è inizialmente composto da burocrati dei sindacati e del Sistema di Previdenza

Sociale dell‟Estado Novo. Il PTB è un partito “govenamentale di cooptazione”, che malgrado la sua

inspirazione trabalhista, non può accettare al suo interno un settore operaio e sindacale forte e

strutturato come quello che andava formandosi in São Paulo. Come nota Fernando Henrique

Cardoso: “o controle do trabalhismo por Getúlio Vargas e depois por João Goulart requeria na luta

interna do PTB uma seção paulista relativamente fraca […].Foi neste contexto de marginalização dos

setores ideológicos que poderiam influenciar o comportamento das massas, do populismo e da

falência partidária do trabalhismo por causa de interesses de grupos que lutavam pelo controle

nacional do PTB, que se desenvolveu o processo eleitoral paulista.” Cit. in Fernando Henrique

Cardoso " Partidos políticos e deputados em São Paulo: o voto e a representação política". ln:

Fernando Henrique Cardoso.- & Lamounier Bolivar, Os partidos e as eleições no Brasil., Paz e

Terra, Rio de Janeiro, 1975, citato in Simon Schwartzman, op.cit. pag. 95.Ciò che accomuna PDS e

PTB è definito chiaramente da Schwartzman in questi termini: “…estes foram partidos de "posições",

partidos de governo, que funcionavam combinando recursos do poder com capacidade de cooptar as

lideranças locais e sindicais ascendentes. Em ambos os partidos, o poder eleitoral derivava do acesso

a posições governamentais e centros de decisão. Geralmente os temas ideológicos ou de princípio

eram secundários, e os interesses defendidos pelas lideranças se relacionavam com a distribuição de

posições, sinecuras ou facilidades e privilégios de tipo político. Eram partidos que dependiam

essencialmente, para subsistir, da companhia do poder, e que se desagregaram tão logo perderam o

controle do Estado.” In Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 84. 105

Essenzialmente il Partito Comunista, il Partito Socialista, e i partiti Statali come ad esempio i

paulisti Partito Democratico Cristiano e l‟MTR.

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sintesi si verifica una contrapposizione tra due concezioni opposte del

rapporto tra società e istituzioni politiche: la cooptazione e la rappresentanza.

Parallelamente accresce la polarizzazione dello scontro ideologico sinistra -

destra. Ripropongo qui uno schema tramite cui l‟autore intende semplificare il

sistema politico della Seconda Repubblica. L‟ungo l‟asse orizzontale sono

collocati i partiti in base alla prevalenza del ricorso a meccanismi politici di

cooptazione o di rappresentazione; lungo l‟asse verticale l‟ordine rispecchia il

diverso grado di mobilitazione che i partiti stimolano, semplificabile, in

questa contingenza storica, con il continuum sinistra – destra106

.

Fonte: Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 89.

Se l‟aggregazione PSD-PTD domina il processo elettorale a livello nazionale

durante quasi tutta la Seconda Repubblica, l‟elezione presidenziale del 1960

rappresenta la crisi del sistema di cooptazione. Jânio Quadros è un uomo

politico paulista che fa carriera senza appoggi partitici, valendosi

106

La posizione centrale del Partito Comunista è dovuta al fatto in esso operano entrambe le due

tendenze (cooptazione e rappresentazione). Per una più precisa descrizione vedere Simon

Schwartzman, op.cit. , pag.89.

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prevalentemente di una forte vocazione personalistica; alle presidenziali del

‟60 si candida con UDN, e vince contro schieramento PSD-PTB. Il fatto che

un politico locale di São Paulo, Stato relativamente escluso dal dominio

neopatrimoniale, raccoglie intorno a se l‟opposizione all‟egemonia PDS-PTB,

travalicando le frontiere statali e vincendo le elezioni, rappresenta, secondo

l‟autore un segno di mobilitazione crescente e di nazionalizzazione della

politica. In quest‟occasione due elementi strutturali, fra di loro collegati, su

cui si regge il sistema di dominio neopatrimoniale che irradia dal centro,

vengono meno: la passività della società verso i meccanismi di cooptazione

politica e il confine locale delle forze di opposizione che, non beneficiando

del potere centrale, rimangono da esso relegate a livello statale.

La radicalizzazione del conflitto e la nascita di forme autonome di

articolazione politica, come le corporazioni di classe media e il “novo

sindacalismo” sottratto alla tutela del Ministero del Lavoro, segnano la crisi

del sistema di cooptazione e concorrono a determinare l‟intervento repressivo

dei militari. La radicalizzazione responsabile della degenerazione autoritaria

andrebbe letta quindi non solo come il fisiologico effetto di una grave crisi

congiunturale, ma anche come la reazione generata dal deterioramento del

sistema di cooptazione, ormai impossibilitato ad aggirare la richiesta di

partecipazione autonoma proveniente da diversi settori della società.

L‟ultima edizione del libro di Schwartzman, quella a cui si fa riferimento in

questo capitolo è datata al 1988, anno di approvazione della nuova

Costituzione, in generale un momento storico in cui le prospettive della

neonata democrazia erano difficilmente determinabili. Tuttavia nelle

conclusioni l‟autore fissa alcune condizioni affinché l‟eredita politica lasciata

dalla formazione neopatrimoniale dello Stato brasiliano esaurisca le sue

prerogative particolaristiche e autoritarie per lasciare il posto al

consolidamento di una reale democrazia rappresentativa. L‟autore ritiene

essenziale che i partiti, ormai protagonisti indiscussi dell‟articolazione

politica, superino la concezione privatistica della rappresentanza come

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strumento finalizzato all‟ottenimento e mantenimento della propria posizione

di rappresentanti, in relazione alle capacità di tutelare una clientela di interessi

privati strettamente delimitati. Il sistema politico in generale, inteso come

espressione, articolazione e mediazione delle domande particolaristiche di una

società civile differenziata107

, deve “ricercare obbiettivi globali a lungo

periodo” ed essere appoggiato da un sostegno sociale diffuso. Solo allora lo

Stato, inteso come istituzioni di governo e organi amministrativi, cessa di

essere “una burocrazia patrimonialista preoccupata essenzialmente per la sua

sopravvivenza e si trasforma in un agente effettivo e responsabile di ampi

interessi sociali ”.108

Un‟analisi più recente, relativa al fenomeno del clientelismo politico in

Brasile nella “Nuova Repubblica”, dimostra che il sistema partitico brasiliano

non ha ancora raggiunto i requisiti auspicati da Schwartzman. Secondo lo

studio di George A. Filho, l‟attività politica dei Deputati è sostanzialmente

divincolata dalla direzione dei partiti, nella misura in cui le caratteristiche del

sistema elettorale e le norme che disciplinano la selezione dei candidati alle

elezioni per il Legislativo statale e nazionale all‟interno dei partiti,

consentono che la competizione elettorale109

riguardi maggiormente la

concorrenza individuale tra candidati, anche all‟interno del loro stesso partito,

che tra le opzioni politico–programmatiche dei partiti. In particolare essi

costruiscono il loro sostegno a livello locale, cercando di monopolizzare i

distretti elettorali in cui il loro partito ha più riscontro, tramite il trasferimento

del maggior numero di risorse possibili in favore dei governi locali in cui la

loro affiliazione politica è più influente.110

Questa pratica clientelare con cui i

politici cercano di garantirsi il sostegno, paradossalmente aumenta la volatilità

107

definizione tratta da Giorgio Alberti, op. cit. , pag. 4. 108

Simon Schwartzman, op. cit. , pag. 99. 109

George A. Filho, “Clientelismo e Política no Brasil - Revisitando Velhos Problemas”, pubblicato

nella rivista Novos Estudos, n. 38 anno 1994, pag. 232. 110

La Lei Orgãnica dos Partidos Politicos n. 5.682 del 21.7.71 stabilisce che i le sezioni di partito dei

Comuni esprimono un numero di rappresentanti alla Convenzione statale che sceglie i candidati a

Deputato statale e federale, Senatore e Esecutivo statale del partito, proporzionale a favore del partito

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elettorale, in quanto tale comportamento politico è riscontrabile in tutti i

partiti, tanto da renderli pressoché identici agli occhi dell‟elettorato. Quindi,

contrariamente all‟interpretazione del clientelismo politico come di una

pratica efficiente che consente ai politici di mantenere la propria posizione di

potere tramite la distribuzione particolaristica di benefici, Filho individua

proprio nell‟incertezza e imprevedibilità del comportamento elettorale gli

effetti di questa pratica111

. Il sistema partitico diventa una struttura di

articolazione e rappresentanza politica poco credibile nella misura in cui: il

fenomeno del clientelismo è trasversale a tutti i partiti che non vengono più

percepiti come reali “alternative di governo”; non sussiste una apprezzabile

collaborazione interna al partito per l‟elaborazione e l‟implementazione di

proposte politiche di ampio respiro nitidamente distinguibili, dal momento

che i suoi dirigenti impiegano buona parte delle loro risorse nel mantenimento

delle proprie clientele in una dinamica di competizione esasperata anche

all‟interno del partito stesso; la disciplina di partito assai blanda permette il

verificarsi di frequenti comportamenti opportunistici come lo scambio di voti

e il sistematico cambio di partito, che ne sminuiscono ulteriormente

l‟affidabilità.. La classe politica si presenta, quindi, come un‟oligarchia che

tutela prioritariamente la propria conservazione al potere subordinando il

perseguimento dell‟interesse collettivo mediante policymaking di lungo

periodo e utilità diffusa, alle attività di soddisfacimento della limitata rete di

clientele grazie alla quale mobilita consensi; l‟inaffidabilità e inefficienza

sono le conseguenze sul piano operativo di questa concezione distorta della

rappresentanza politica; esse contribuiscono ad alimentare un diffuso

“cinismo” nell‟elettorato che si traduce nel fenomeno dell‟estrema volatilità

elettorale ed astensionismo; in un contesto simile l‟elevata precarietà della

ai voti provenienti dai vari comuni, nell‟ultima elezione alla Camera dei Deputati. Cit. in George A.

Filho, op. cit. pag. 237. 111

L‟autore riporta i dati sulle percentuali di rielezione alla Camera, sia quella federale che quelle

statali; il tasso medio di rielezione dal 1978 al 1990 diminuisce del 50% circa raggiungendo nelle

ultime elezioni percentuali irrisorie: questo sta a indicare che le elezioni comportano realmente un

alto livello di incertezza, dato che di per se sarebbe positivo. L‟aspetto preoccupante di tale

imprevedibilità si delinea una volta che questa viene interpretata come volatilità elettorale dovuta alla

scarsa accountability del sistema partitico brasiliano. George A. Filho, op. cit. , pag. 234.

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classe politica ostacola la governance complessiva e “l‟istituzionalizzazione

dello stesso Congresso”. In definitiva l‟analisi del sistema partitico brasiliano

proposta da Filho sembra confermare la tesi proposta Schwartzman secondo

cui la concezione privatistica del potere e l‟assunzione di criteri personalistici

e arbitrari nell‟esercizio delle funzioni pubbliche, consolidate nella

formazione politica patrimonialista del Brasile, si evolvono e continuano ad

ostacolare il consolidamento di istituzioni politico–rappresentative affidabili

ed efficienti.112

In definitiva in questo capitolo:

- sono state esplicitate alcune importanti connessioni tra la formazione

patrimonialista delle principali istituzioni politico-sociali brasiliane e il

rapporto autoritario e particolaristico tra Stato, sistema politico e società

civile, inteso come principale ostacolo alla realizzazione di una effettiva

cittadinanza democratica in Brasile;

- sono state individuate empiricamente le principali evoluzioni, in

adattamento al variare dei rapporti di forza tra Stato e società e dei contesti

politico-istituzionali, della privatizzazione patrimonialista del pubblico e

delle prassi di relazioni particolaristiche grazie a cui si riproduce, sia le

dinamiche storiche che al contrario le hanno indebolite113

;

- sono stati evinti i principali tratti della cultura politica brasiliana

riconducibili al modello patrimonialista di formazione politica e sociale,

che ne permettono la sopravvivenza: a) la concezione tutelare del potere,

112

Lo studio di George A. Filho è incentrato sulle modalità con cui la pratica clientelare si adatta al

contesto istituzionale democratico-rappresentativo, ma il nesso logico tra clinetelismo e

patrimonialismo rimane abbastanza ovvio nella misura in cui il primo implica un l‟allocazione

arbitraria di risorse pubbliche, sottratte alla pubblica utilità e di fatto privatizzate, da parte di

funzionari e politici, come merce di scambio per il perseguimento di scopi privati come il

consolidamento del possesso della stessa posizione di potere grazie a cui accedono al controllo di tali

risorse. In altri termini la privatizzazione del pubblico come caratteristica intrinsecamente

patrimonialista è l‟aspetto strutturale della regolazione particolaristica dell‟accesso alle risorse e alla

tutela dello Stato basata sulla relazione della clientela. 113

In particolare tramite l‟analisi proposta da Schwartzman.

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b) la non distinzione tra pubblico e privato, c) la dualità contraddittoria tra

governo degli uomini e governo delle leggi, d) l‟assenza della nozione del

contratto sociale.

Nel capitolo quinto prenderò come riferimento queste “attitudini

antidemocratiche” del comportamento politico brasiliano per valutare se

l‟impatto dei processi di apprendimento che hanno coinvolto la società civile

e la classe politica nell‟esperienza del Bilancio Partecipativo di Porto Alegre,

abbiano comportato continuità o rottura col modello di dominazione

patrimonialistra.

PARTE SECONDA

CAPITOLO 3.

Porto Alegre: dalla città “bipartita”

all’istituzionalizzazione della partecipazione popolare.

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3.1. Origini storiche della città “bipartita”114

in Brasile.

In Brasile, tra gli anni ‟50 e ‟80 del XX secolo, l‟industrializzazione e

l‟urbanizzazione incontrollata a fronte di un massiccio e costante esodo

rurale, si impongono come processi caratteristici della trasformazione

economica e sociale in atto, ascrivibile al fenomeno della modernizzazione. In

questo periodo la popolazione urbana aumenta di 60 milioni di persone, 29

delle quali soltanto negli anni ‟80, e arriva a coprire i due terzi dell‟intera

popolazione nazionale. In questi processi, stimolati dalla modernização

conservadora del periodo 1930-50 e intensificati durante il regime dittatoriale

iniziato nel 1964, viene assecondata una concentrazione marcatamente

sperequativa della ricchezza115

, che nei grandi centri urbani nascenti, si

traduce in un divario tangibile, inscritto nella fisionomia delle città, per

quanto concerne le possibilità di accesso ai servizi abitativi, alle infrastrutture

pubbliche e ai servizi sociali, dando luogo ad una vera e propria “apartheid

social” nei confronti della popolazione meno abbiente, che vive in condizioni

di precarietà, degrado e violenza. La crisi sociale, combinata all‟intransigenza

del modello autoritario di sviluppo, si aggravò a partire dalla défaillance

economica e dalla recessione di inizio anni ‟80, conducendo ad un

irrefrenabile deterioramento delle condizioni di vita per la maggioranza della

popolazione brasiliana, constatabile nel vertiginoso calo dei redditi, nel

collasso delle politiche della sanità, dell‟educazione, e del finanziamento per

114

Termine utilizzato da Giovanni Allegretti, per menzionare la duplice realtà urbana delle metropoli

brasiliane, quella ufficiale e, quella informale altrettanto reale ma disconosciuta. In Giovanni

Allegretti, L‟insegnamento di Porto Alegre. Autoporgettualità come paradigma urbano, Alinea

editrice, Firenze, 2003, pag. 47. 115

Un riferimento implicito alle nozioni fondamentali della teoria della modernizzazione, influente

sulle avanguardie tecnocratiche, che contemplano come pre-requisito del decollo (take-off)

dell‟industrializzazione un‟estrema concentrazione di capitale. Il divario nella distribuzione del

reddito si sarebbe via, via attutito, parallelamente al rafforzamento e alla modernizzazione del sistema

produttivo, tramite l‟aumento progressivo dei salari, necessario per l‟attivazione del mercato di

consumo interno.

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52

l‟edilizia popolare, nel degrado ambientale e nell‟elevato tasso di violenza116

.

All‟indomani della transizione, la cronica crisi economico-finanziaria, la

monopolizzazione e oligopolizzazione dell‟economia, la pressoché totale

sottomissione delle politiche economiche al capitale finanziario

internazionale, la debolezza delle neonate istituzioni democratiche e la

perseveranza delle pratiche patrimonialiste-clientelari di appropriazione

particolaristica dello Stato radicate nelle attitudini della cultura politica del

Brasile, concorsero a decretare l‟inettitudine della nuova classe dirigente che

“non riuscì ad apparire come un istanza politica con credibilità minima in

grado di dirimere i conflitti più ampi della società, e di comporre gli interessi

in gioco, come fallì anche nell‟organizzare efficacemente e razionalmente il

funzionamento stesso dello Stato.”117

Nel contempo i processi di

ristrutturazione produttiva nell‟ambito dei fenomeni della globalizzazione dei

mercati imposero, da un lato una progressiva “dissociazione profonda tra la

riproduzione di capitale e un vasto contingente di popolazione la cui qualifica

non lo abilita ad entrare nel nuovo sistema produttivo, sfidando i paradigmi di

gestione locale a fare fronte a nuove forma di esclusione sociale”,118

e,

dall‟altro, un agenda neoliberale di politiche di smantellamento del settore

pubblico e di precarizzazione dei rapporti di lavoro. In questo quadro di

debolezza estrema del potere pubblico, di grave crisi economica, e di elevata

precarietà sociale, la marginalizzazione di ampi strati della popolazione,

acquisisce proporzioni maggioritarie; nel corso degli anni „80 gran parte dei

settori sociali più deboli passa da una situazione strutturale di sfruttamento

come manodopera urbana a basso costo, ad una “posizione strutturale di

irrilevanza”, ossia una forma di esclusione sociale che configura “una nuova

categoria di povertà urbana le cui implicazioni sociali, politiche e culturali

116

A proposito della crisi sociale negli anni ‟80, ho visto Luciano Fedozzi, O poder da aldeia. Gênese

e historia do Orçamento Participativo de Porto Alegre, Tomo Editorial, Porto Alegre, 2000, pag. 17-

19, e Thomas E. Skidmore, Brazil. Five centuries of change, Oxford University Press, New York,

1999. pag. 194-201. 117

Maria Célia Paoli. “Movimentos sociai; cidadania e espaço público”, pubblicato in Umanidade,

v.8 del 1990, n.4, pag. 495-504, Brasilia, 1992, citato in Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 18.

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sono imprevedibili.”119

Il riflesso dei macrofenomeni menzionati,

sull‟organizzazione della vita sociale nel contesto urbano, assume i tratti

caratteristici dei fenomeni di autorganizzazione informale della società, come

la diffusione endemica della fruizione abusiva degli spazi urbani e delle

infrastrutture pubbliche, e delle attività lavorative e commerciali ai margini

della legalità. In particolare la fisionomia delle città viene rimodellata

attraverso il processo di favelizzazione degli agglomerati metropolitani, intesa

come una crescita spontanea, irregolare ed esclusa dalla pianificazione

pubblica della copertura di infrastrutture e servizi, degli insediamenti

residenziali informali, abitati prevalentemente da persone a basso reddito e

disoccupati “strutturali”. Questo fenomeno, foriero di conseguenze nefaste

sulla vivibilità, funzionalità ed esteticità dell‟intero assetto urbano, è prima di

tutto responsabile dell‟estrema insostenibilità delle condizioni di vita e del

degradamento della status civile cui la popolazione che vi risiede è sottoposta.

Ad incentivare l‟informalità insediativa concorre il caratteristico “modello

escludente dei processi di sviluppo, pianificazione, normazione e gestione del

territorio”, orientato ad una valorizzazione fondiaria intransigente, non di rado

oltre i limiti della speculazione, caratterizzato da legami clientelari tra

pubbliche amministrazioni e potentati economici locali, agevolati da regimi

giuridici elitisti, inaccessibili per parte della maggioranza dei cittadini,

peraltro largamente a digiuno di informazione ed educazione civica

basilare.120

3.2. La “favelizzazione” di Porto Alegre.

118

Luis Cézar de Queiroz Ribeiro e Orlando Alves Santos Junior, Globalização, fragmentação, e

reforma urbana: o futuro das cidades brasileras na crise, Civilização brasilere ed. , Rio de Janeiro,

1994, citato in Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 18. 119

Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 19. 120

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 48.

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Benché la crescita urbana di Porto Alegre abbia costantemente dimostrato una

sostenibilità superiore rispetto alla media degli insediamenti urbani del

paese121

, i flussi migratori interni allo Stato dio Rio Grande do Sul, che la

capitale si è trovata ad accogliere specialmente dagli anni ‟60 in poi,122

ne

hanno fatto una “città bipartita”, interessata dai medesimi fenomeni di

sviluppo schizofrenico e di degrado sociale caratteristici delle altre grandi città

brasiliane. Il processo di favelizzazione a Porto Alegre è cresciuto

inarrestabile, soprattutto dagli anni ‟50 in poi: come si vede dalla tabella in

figura 1, all‟inizio degli anni ‟70 si contavano ben 124 “vilas de

subabitações” (agglomerati residenziali informali), in cui viveva l‟11,4 %

della popolazione, all‟inizio degli anni ‟90 queste erano cresciute ad un

numero di 212 unità in cui viveva il 28, 32 % del totale degli abitanti, e ad

arrivare al solo 1991 il tasso di crescita aumenta vertiginosamente.

Figura 1- Dati sul processo di “favelizzazione” di Porto Alegre.

121

Indicatori di paragone con Rio San e Paolo…. 122

La percentuale di popolazione residente a Porto Alegre rispetto a quella totale dello Stato di Rio

Grande do Sul è del 18,9 % nel 1960, del 31,5 % nel 1985, del 41,66 % nel 1991. Rilevamento IBGE

del 1991 citato in Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 19. L‟esodo rurale verso la capitale in

questo Stato comincia intorno alla fine degli anni ‟40 prevalentemente a causa della trasformazione

dei rapporti di lavoro nel campo, dovuti a trasformazioni dell‟attività rurale d‟allevamento, che libera

una sempre maggiore quantità di manodopera dal minifondo e dal latifondo e richiede concentrazione

fondiaria crescente.

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Fonte: Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 22.

Inizialmente l‟Amministrazione tenta soluzioni emergenziali, istituendo aree

ad uso abitativo secondo una pianificazione improvvisata, promettendo una

successiva copertura di servizi e infrastrutture, nel frattempo, come si è visto,

l‟insediamento informale era tutt‟altro che arginato da queste misure.123

Dopo

il colpo di stato del 1964 gli amministratori cominciano ad essere nominati

dal governo militare, e la politica comunale si intreccia con gli interessi

imprenditoriali, investendo in aree già strutturate della città, dove abitava la

classe media e alta,124

tanto che all‟inizio degli anni ‟80 il 41,88 % della

capitale era di possesso delle principali imprese costruttrici, e i 100 maggiori

proprietari terrieri possedevano 47,67 % dei terreni edificabili liberi della

città. La tendenza autoritaria nella gestione della pianificazione urbana di

questo periodo si palesa, sia nelle massicce campagne di rimozione forzata e

trasferimento coatto di interi nuclei residenziali informali verso zone

periferiche prive di infrastrutture, che nella sistematica minimizzazione

dell‟entità del fenomeno dell‟informalità urbana, ottenuta tramite la

falsificazione dei dati ad opera delle agenzie di rilevamento censitario, e

finalizzata a costruire una parvenza fittizia di efficienza e praticabilità a piani

regolatori ipocritamente ambiziosi.125

123

Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 21. 124

Ibidem. 125

Ibidem, pag. 25.

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3.3. La distensione e la conflagrazione del Movimento Comunitario.

Dalla metà degli anni ‟70 la ricerca di legittimazione per establishment del

regime non può più basarsi sul successo del modello economico desarollista,

ma ambisce piuttosto al perseguimento di un consenso di tipo elettorale; in

questa congiuntura nazionale di decompressione politica, si assiste ad una

progressiva apertura dell‟arena politica alle articolazioni partitiche e a nuovi

attori sociali che nel contesto di Porto Alegre, influisce, da una parte, sulla

politica dell‟Amministrazione, che riduce notevolmente le misure di

rimozione coatta dei nuclei informali, dall‟altra, sulle possibilità di

espressione del malcontento dei settori popolari. È alla fine degi anni ‟70,

infatti, che conflagrano a Porto Alegre i movimenti sociali dei residenti delle

aree informali, denominati, nell‟insieme eterogeneo, Movimento Comunitario;

le loro principali rivendicazione erano l‟ottenimento di suolo edificabile, la

possibilità di fruire di servizi e infrastrutture pubbliche essenziali, e la

riconquista dell‟autonomia da parte delle organizzazioni sindacali dei

residenti, uniche aggregazione associative sopravvissute durante il ventennio,

in parte compromesse dai nessi clientelari con cui il regime si prodigava a

cooptarle. La mobilitazione movimentista, quindi, vivifica e ridisegna il

panorama delle organizzazioni degli abitanti delle aree abitative informali,

articolate in differenti unità d‟aggregazione. Le Associações de Moradores

riuniscono un numero variabile di abitanti di uno stesso nucleo residenziale

clandestino o irregolare; nel primo caso la mobilitazione è mirata

prevalentemente ad ottenere la legalizzazione del loro stanziamento, nel

secondo si sollecita la fornitura di infrastrutture di base, come la

pavimentazione delle strade, la costruzione degli impianti di scarico fognario

e di pubblica illuminazione, ecc. Elemento politico comune è la

rivendicazione collettiva di dignità, spesso negata dalle campagne

denigratorie della stampa legata agli interessi imprenditoriali, in merito alla

presunta marginalità del fenomeno dell‟insediamento informale: in questo

percorso di riscatto sociale i residenti dei nuclei di sub-abitazione si

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richiamavano frequentemente al loro status di lavoratori regolari,126

rifiutando

l‟assimilazione della loro situazione a fenomeni di devianza e attribuendone la

causa all‟ingiustizia del sistema particolaristico e autoritario su cui si regge la

politica amministrativa. Le modalità di mobilitazione variavano dalle raccolte

di firme, alle lettere aperte affidate alle testate giornalistiche più aperte, alle

barricate lungo le strade e i picchetti davanti all‟edificio del Comune.

Caratteristico della cultura politica dell‟auto-organizzazione popolare, che

andava via, via ad affermarsi tra le varie aggregazioni di mobilitazione

urbana, era la pratica dimostrativa del mutirão:127

la costruzione collettiva e

volontaria di opere e la costituzione di cooperative di volontariato per servizi,

indipendenti dalla pianificazione e dai finanziamenti Comunali, destinate alla

pubblica fruizione.128

Forme di aggregazione a carattere emergenziale si

costituivano di fronte ad esigenze improvvise, come ad esempio la resistenza

di fronte ad uno sgombero imminente, dove le Associazioni dei Residenti non

avevano ancora uno status legale o le loro leadership risultavano complici

dell‟Amministrazione; queste prendono il nome di Commissioni di Residenti.

I Comitati d‟Appoggio, invece, erano organizzazioni trasversali composte da

studenti, ONG‟s, associazioni di categoria e consulenti volontari che si

costituivano in sostegno dei residenti degli insediamenti informali nel

confronto col potere pubblico.129

In generale i Movimenti Comunitari agivano in sinergia con le Associações

de Moradores e spesso ne costituivano la base di sostegno, ma mentre i primi

seguivano modalità di aggregazione e mobilitazione spontanee e non

necessariamente si identificavano con un soggetto politico definito, le seconde

erano sovente contraddistinte dal carattere relativamente strutturato

dell‟organizzazione, dalla connotazione classista della soggettività politica,

126

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 102. 127

Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 46. 128

Esemplare è il ponte di passaggio pedonale e dei mezzi pubblici auto-costruito dalle Associazioni

dei Residenti di Campo da Tuca e inaugurato nel 1978. Riporto qui il passaggio del discorso di

inaugurazione fatto da uno dei militanti “O prefeito e os políticos somente pensam em nós em época

de eleições (...) Somos marginalizados e não marginais ..... Isto [l‟esecuzione del ponte] não é resultado

de promessas de políticos. Isto é resultado da nossa unidade”; quotidiano locale Zero Hora del

31/7/78, citato in Luciano Fedozzi, (2000), op. cit. , pag. 37.

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dall‟elitarismo avanguardista delle leadership. Questa differenza si spiega col

fatto che a seguito della riattivazione del sistema partitico nella fase di

apertura, la propaganda dei partiti d‟opposizione al regime, prevalentemente

di quelli di sinistra, aveva trovato terreno fertile nella mobilitazione

comunitaria, cooptandone le leadership e influenzandole ideologicamente, e le

entità più vicine alla modalità sindacale di articolazione di interessi, in

definitiva più suscettibili alla concezione avanguardista leninista della

militanza, erano le Associazioni dei Residenti, tanto che agli inizi degli anni

„80 un terzo di esse erano collegate a partiti di sinistra130

.

Un‟evoluzione significativa di questo complesso movimento popolare è

consistita nel progressivo superamento delle rivendicazioni particolaristiche

dei singoli insediamenti, in funzione di più ampie articolazioni - le Uniões de

Vilas - che coordinavano le Associações de Moradores di macro-aree di sub-

abitazione, suddivise secondo una “mappatura interna della città prodotta a

partire dalla particolare lettura dello spazio urbano che proposero i nuovi

movimenti sociali.”131

Nel 1983 nasce la UAMPA, una struttura di

coordinamento cittadino che contava l‟adesione di un ottantina di Associações

de Moradores. Nelle risoluzioni del suo primo congresso (1985), cui

partecipano circa 300 delegati, emergono le diverse sensibilità politiche che

contraddistinguono il variegato Movimento Comunitario. Il richiamo all‟unità

del movimento costituiva un chiaro riflesso dell‟esigenza trasversale ai partiti

di opposizione al regime, fortemente influenti sulle leadership delle

Associações de Moradores, di costituire un fronte unito nel delicato processo

di transizione in atto; l‟enfasi sull‟indipendenza dallo Stato del Movimento,

può essere letta come l‟espressione dell‟attitudine anti-istituzionale della

cultura politica dei settori popolari, che si era andata sviluppando come forma

reazione al modello autoritario e particolarista con cui il potere pubblico si

era da sempre relazionato alla società; la rivendicazione del riconoscimento di

129

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 103. 130

Luciano Fedozzi, op. cit. (2000), pag. 45. 131

E.M. Menegat, “Coragem de mudar”, fios condutores da partecipação popular na gestão urbana

em Porto Alegre, tesi di “Maestrado”, Universidade Federal do Rio de Janeiro, citato in Giovanni

Allegretti, op. cit. , pag. 102.

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nuclei di potere decisionale che fossero espressione delle leadership

comunitarie, esterna alle istituzioni rappresentative, rispecchiava il mito

leninista della costituzione del potere operaio nei soviet come premessa della

rivoluzione socialista contro il capitalismo e il suo Stato borghese, ambizione,

questa, fortemente radicata nell‟immaginario politico dei partiti di sinistra

maggiormente influenti tra le avanguardie del Movimento, il Partido dos

Trabalhadores (PT) e il Partido Comunista Brasilero (PCB).

3.4. Verso nuove forme di partecipazione

Alle prime elezioni comunali libere dopo la dittatura (1985), vince il

candidato Alceu Collares, del Partito Democratico Laburista (PDT). La

politica attuata dall‟Amministrazione PDT rispetto alla mobilitazione

comunitaria si presenta di difficile interpretazione; se da una parte Collares si

fa promotore di un ambizioso progetto di apertura di canali di partecipazione

delle leadership comunitarie nei processi decisionali locali tramite la proposta

di legge sull‟istituzione di appositi Conselhos Populares (organi assembleari a

partecipazione mista tra rappresentanti delle Associações de Moradores, dei

sindacati, e delle organizzazioni di categoria), dall‟altra si rifiuta di prendere

in considerazione le garanzie ritenute necessarie dai soggetti politici

coinvolti132

, affinché le forme dei nuovi ambiti di partecipazione, risultassero

coerenti con gli intenti dichiarati nella riforma proposta. La politica di

privatizzazione del suolo urbano e di appoggio agli investimenti degli

oligopoli di costruttori e di speculatori immobiliari, e le pratiche clientelari

con cui l‟Esecutivo ha cercato di cooptare le leadership delle Associações de

Moradores, hanno contribuito a compromettere la fluidità dell‟interazione tra

il Movimento e l‟Amministrazione.133

La relativa apertura delle istituzioni alle

132

La UAMPA chiedeva, ad esempio, che i Conselhos Populares fossero composti da membri

interamente scelti dalla società civile, investiti di un mandato revocabile e non retribuiti. Vedi

Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 50. 133

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 107.

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istanza della società civile mette comunque in crisi la politica del Movimento

Comunitario che fino ad allora aveva identificato lo Stato come un avversario

da affrontare con atteggiamento rivendicativo e conflittuale. In particolare le

potenzialità prospettate dal progetto Collares stimolano un ampliamento

dell‟orizzonte propositivo dell‟avanguardia dei movimenti popolari, che

cominciano a valutare l‟importanza di partecipare ad ambiti di co-gestione

istituzionalizzati dei processi decisionali, piuttosto che continuare a

perseguire l‟istituzione di nuclei di potere popolare esterni e concorrenti a

quello dello Stato. Un segnale esemplare di questa maturazione politica

emerge durante il secondo congresso della UAMPA (1986), da cui scaturisce

come prerogativa auspicata dello sviluppo delle forme di partecipazione,

l‟avvio di un percorso di “con-discussione del bilancio comunale tra le

istituzioni e le organizzazioni comunitarie, ritenuto il punto di svolta

necessario ad un rinnovamento delle politiche urbane.”134

Il progetto di legge dei Conselhos Populares trova comunque l‟opposizione al

Legislativo Comunale, anche tra le fila della stessa maggioranza PDT, tanto

che Collares decide di ritirarlo prima della votazione. La legge terminerà il

suo iter approvativo solo l‟ultimo giorno di mandato dell‟Esecutivo uscente, e

la sua approvazione repentina non lascia dubbi sull‟interpretazione di questo

atto come di una “vendetta postuma” di Collares contro gli avversari politici.

Il PDT, passato all‟opposizione in Consiglio Comunale, non esiterà ad

incalzare da subito la nuova maggioranza rispetto all‟implementazione della

controversa e radicale riforma amministrativa.

Nel 1989 Frente Popular, la coalizione tra il PT e il PCB, vince le elezioni, e

la nuova Amministrazione guidata dal sindaco petista Olívio Dutra affronta

da subito una complessa discussione su come regolamentare gli ambiti di

partecipazione introdotti dall‟Amministrazione Collares. Tra i militanti del

PT, l‟istituzione dei Conselho Populares era stata accolta con un generale

entusiasmo, nella misura in cui si riteneva che questi potessero costituire un

embrionale costituzione del potere della classe lavoratrice, concorrente alle

134

Ibidem, pag. 106.

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istituzioni borghesi, ma all‟atto pratico il progetto di Collares risultava

totalmente anacronistico rispetto alle reali capacità di comprensione e

controllo, da parte della società civile, della molteplicità di rapporti di causa-

effetto che la pianificazione dell‟azione amministrativa comporta135

. In

definitiva, il prevalere dell‟opinione secondo cui il progetto di Collares fosse

essenzialmente scollato da un percorso di capacitazione tecnica progressiva

della società civile, indispensabile per avviare qualsiasi processo di co-

gestione dell‟indirizzo politico-amministrativo pubblico, spinse

l‟Administração Popular136

a sperimentare, come alternativa ai Conselhos

Populares, un percorso incrementale di coinvolgimento della cittadinanza, in

quello che era già stato individuato dall‟UAMPA nel suo secondo congresso,

come l‟ambito vitale della policymaking amministrativa: la discussione e

definizione del Bilancio Comunale e del Piano degli Investimenti.

3.5. 1989. Il primo ciclo di Orçamento Participativo.

135

Secondo quanto ho rilevato dai testi consultato, il progetto dei Conselhos Populares la

strutturazione burocratica monopolistica della partecipazione comunitaria limitata alle

rappresentanze Associações de Moradores nei Conselhos Populares, rischiava di frustrare gli ambiti

allargati di discussione orizzontale delle priorità collettive, modalità di partecipazione che aveva

portato ossigeno alle organizzazione comunitarie uscite sclerotizzate dal ventennio del regime.

D‟altronde neanche la UAMPA, l‟organizzazione più capillare delle leadership comunitarie, era in

grado rappresentare l‟universo sociale popolare di Porto Alegre nella sua complessità: ad esempio i

circoli delle madri, quelli culturali, religiosi, ricreativi e sportivi erano per buona parte esclusi dalle

modalità di organizzazione delle Associações de Moradores ma sperimentavano svariate forme di

azione collettiva di importanza tutt‟altro che marginale nel processo di accumulazione di capitale

sociale del Movimento Comunitario e della società civile in generale. Non sorprende che le

distorsioni potenziali che l‟istituzione di Conselhos Populares monopolizzati dalle Associações de

Moradores poteva generare sul processo di apertura alla società civile, non preoccupassero tanto ai

quadri del PT; infatti questi, all‟inizio dell‟esperienza di Governo erano ancora largamente aderenti

alla concezione avanguardista e militante della partecipazione politica, cui si addiceva l‟attività di

tipo sindacale e l‟identificazione classista dalle Associações de Moradores, piuttosto che le forme

spontanee e disarticolate di mobilitazione ed espressione, tacciate di individualismo borghese. In

generale il progetto Collares si rivelava come un artifizio giuridico, calato dall‟alto, anacronistico

rispetto alle possibilità materiali di articolazione politica della società civile di quegli anni, e destinato

dalla sua propria struttura organizzativa rigida e verticistica a limitare l‟ampiezza e la fluidità della

partecipazione popolare potenziale. 136

Così venne comunemente definita l‟Amministrazione di Frente Popular.

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62

Nel agosto del 1989 il Sindaco Dutra e le varie organizzazioni comunitarie

indicono una tornata di assemblee aperte a tutta la cittadinanza per una prima

discussione della proposta del Bilancio per il 1990. La prima tornata di

assemblee si svolge in maniera caotica e l‟affluenza risulta relativamente

limitata tanto che si procede ad organizzarne una seconda per il mese di

settembre, che prevede una suddivisione del territorio urbano in 16 regioni,

stabilita di comune accordo tra le organizzazioni comunitarie e

l‟Amministrazione, secondo la geografia della distribuzione dei principali

movimenti sociali nella città. In queste assemblee si ridiscute il Bilancio per il

1990 e si eleggono i rappresentanti comunitari (1 ogni 5 partecipanti), per una

commissione che avrebbe approvato, o eventualmente emendato, la Proposta

di Bilancio da presentare al Consiglio Comunale, e, successivamente,

elaborato il Piano di Investimenti, assieme agli organismi di pianificazione

tecnica dell‟Esecutivo. Malgrado l‟entusiasmo, al limite dell‟incredulità, di

tutti i soggetti coinvolti in questo primo ciclo di Orçamento Participativo, al

suo termine gli esiti frustrarono pesantemente l‟amministrazione e delusero

amaramente le comunità che vi avevano partecipato137

. Tra i motivi di questo

fallimento senz‟altro hanno influito, sia l‟approssimazione con cui

l‟Amministração Poupular ha improvvisato questo esperimento,138

che

l‟impreparazione del Movimento Comunitario a costituirsi come interlocutore

della mediazione istituzionale per la definizione di politiche pubbliche, dovuta

137

A tal proposito riporto dei frammenti delle relazioni dei rappresentanti comunitari realtivi al

primo ciclo di OP. “Podemos dizer que nessa experiência plantamos a semente da participação,

embora nâo se tenha colhido quase nada”; “Entendemos que o movi mento não participou da

definição do orçamento para 1990 que,, no nosso entender, envolve desde a receita, passando pelas

despesas de custeio da máquina administrativa, até a distribuição dos recursos de investimentos por

setor e a definição das obras a realizar. Na realidade, o que ocorreu foi uma negociação do plano de

obras, tendo de um lado as propostas das secretarias e departamentos, que foram elaborados

setorialmente, nos moldes tradicionais e, de outro lado, as prioridades do movimento, levantadas nas

microrregiões e negociadas pela comissão de representantes.” Citate in Luciano Fedozzi, (2000), op.

cit. , pag. 61. 138

Ad esempio, a causa dell‟assenza di criteri di priorità strategiche prestabiliti, attraverso i quali

impostare una gerarchia di precedenza tra le richieste di opere e servizi, pervenute dalla cittadinanza

tramite le assemblee e i rappresentanti eletti, la Commissione dei Rappresentanti assieme ai

dipartimenti tecnici dell‟Esecutivo si è trovata ad esaminare un numero spropositato di domande

rispetto alle risorse disponibili, per giunta senza alcuno strumento di razionalizzazione. Giovanni

Allegretti, op. cit. , pag. 165.

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in parte all‟atteggiamento prevalentemente rivendicativo della sua cultura

politica, e in parte all‟oggettiva difficoltà tecnica dei linguaggi e delle

meccaniche che sottendono all‟attività amministrativa. A determinare

l‟inconsistenza del riscontro materiale dell‟utilità della partecipazione

popolare, in termini di quantità di richieste soddisfatte, in rapporto alle

aspettative delle singole comunità, ha contribuito in misura determinante, la

situazione finanziaria delle casse del Comune ereditata dall‟Amministrazione

Collares, che aveva aumentato gli stipendi dei funzionari comunali del 236,98

%, costringendo a destinare il 98% delle entrate per la spesa pubblica,

rendendo disponibile per nuovi investimenti, in definitiva, solo il 2%

dell‟intero Bilancio.139

3.6. Direttrici di sviluppo dell‟Orçamento Participativo.

I cicli successivi dell‟OP beneficeranno dell‟introduzione progressiva di

importanti innovazioni, sempre frutto della capitalizzazione degli

insegnamenti dell‟esperienze precedenti, consolidando un percorso di

interazione dialogica tra la società civile e l‟Amministrazione, che è anche e

soprattutto un processo pedagogico, in cui la prima allarga il suo orizzonte

rivendicativo e accetta di perseguirlo secondo regole del gioco

istituzionalizzate e la seconda assume il punto di vista dello stesso oggetto

della sua azione: la comunità urbana reale, definita attraverso il

riconoscimento di quella informale, storicamente occultata. Ripercorrere i 16

anni di sviluppo dell‟esperienza dell‟Orçamento Participativo di Porto Alegre,

per quanto costituisca verosimilmente il percorso di ricerca più utile a

comprendere la natura di un ibrido istituzionale così complesso e azzardare

previsioni sul suo sviluppo, comporterebbe un lungo studio, basato su

documenti in gran parte disponibili unicamente in loco, la cui articolazione

esula dalle prerogative del presente elaborato, pertanto mi limiterò ad

139

Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag. 82.

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individuare le principali direttrici attraverso cui si evolve l‟OP, dalla sua

forma embrionale del 1989, ad uno standard organizzativo simile a quello

attuale, che verrà delineandosi già nel 1994.

Nel 1990 l‟Amministrazione realizza un‟importante riforma tributaria che

introduce criteri di progressività nella fissazione dell‟Imposta Predariale e

Territoriale Urbana (IPTU), da cui deriva un aumento degli introiti, che,

sommati ai trasferimenti liberati dalla Costituzione Federale del 1988, portano

ad un incremento netto delle entrate del 22% rispetto all‟anno precedente;

questo aumento di disponibilità finanziaria permette la crescita della

percentuale di Bilancio dedicata a nuovi investimenti, che arriva al 10 % nel

1990, al 16,3 % nel 1991 e al 17 % nel 1992.140

Con le aumentate capacita di

investimento cresce l‟utilità materiale che le comunità riconoscono alla

propria partecipazione, dato riscontrabile nell‟incremento delle presenze nei

vari ambiti attraverso cui si articola l‟OP; nel 1989 partecipano circa 250 enti

e 780 persone, nel 1990 il numero arriva rispettivamente a 467 e 976, nel

1991 a 503 e 3.694, e nel 1992 a 572 e 7.610.141

La crescita progressiva della

partecipazione è comunque da ritenersi indirettamente collegata

all‟incremento delle capacità di spesa, dal momento che solo un incremento di

“responsiveness” dell‟effettiva pianificazione delle politiche pubbliche

rispetto alle istanze articolate tramite l‟OP, ha potuto giovare alla credibilità

di questo strumento, incentivando la cittadinanza ad utilizzarlo; il

raggiungimento di una relativa efficienza, in particolare, è dipeso in maniera

determinante dal potenziamento e dalla semplificazione dei processi dialogici

tra le istanze istituzionali e quelle comunitarie, dalla razionalizzazione

strutturale e organizzativa degli ambiti di partecipazione, e dalla definizione

del principio di “uguaglianza distributiva” mediante regole universalmente

accettate per l‟allocazione delle risorse pubbliche nell‟ambito dell‟OP. In

queste direzioni, tra le iniziative più significative si sono dimostrate

particolarmente rilevanti:

140

Ibidem, pag. 84. 141

Ibidem, pag. 146.

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65

l‟istituzione da parte dell‟Esecutivo di strutture tecniche destinate alla

coordinazione con gli organi di rappresentanza delle istanze popolari

nell‟elaborazione del bilancio, nella pianificazione strategica degli

investimenti, e nelle esecuzione dei lavori, quali il Gabinete de Planejamento

(GAPLAN – commissione di funzionari del Gabinetto del Sindaco che

promuove la coordinazione tra gli Assessorati e le rappresentanze comunitarie

nell‟elaborazione della Proposta di Bilancio e del Piano Annuale degli

Investimenti e dei Servizi), e la Coordenação de Relações com as Comunida-

des (CRC – struttura di tramite tra le Istituzioni, i suoi organi di pianificazione

e la cittadinanza, che segue tutti i principali momenti assembleari cittadini

previsti dall‟OP, fornendo informazioni e supporto tecnico-organizzativo);

la regolamentazione, chiara ma flessibile in merito ai principali luoghi, e alle

relative specifiche attribuzioni, della partecipazione cittadina, che dal 1990 ad

oggi si articola in: Assembléias Regionais (riunioni in ognuna delle 16 regioni

della città, aperte a tutti i privati cittadini, in cui si discute il Bilancio e il

Piano di Investimenti elaborato nel ciclo di OP precedente, si votano le

priorità di investimento per quello attuale, si raccolgono le richieste di opere e

servizi, e si votano i Delegati per i Fóruns Regionais e i Consiglieri del

Conselho do Orçamento Participativo), Fóruns Regionais ( 16 forum di

delegati, uno per ciascuana Assembléia Regional, che riordineranno le

richieste di investimenti dei cittadini per ogni regione, per consegnarle

successivamente al alle strutture di pianificazione istituzionali e comunitarie),

e nel Conselho do Orçamento Participativo (COP – organo collegiale

ristretto, i cui membri sono eletti dalle Assembléias Regionais, che funge da

“centrale di processamento” delle istanza comunitarie, approva la proposta di

Bilancio del Esecutivo, da sottoporre al vaglio del Consiglio Comunale ed

elabora, in coordinazione con le strutture di pianificazione del Comune, e

approva, il Piano di Investimenti); dal 1994 per superare il “localismo” delle

istanze prodotte nelle Assembléias Regionais, ciascuna delle quali tende a

rivendicare investimenti per opere e servizi che interessano la regione a cui fa

capo, vengono istituite le Plenárias Temáticas, assemblee che si tengono in

parallelo a quelle regionali e hanno il compito di elaborare direttrici generali

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di sviluppo di politiche settoriali (come l‟istruzione, la sanità, lo sport, ecc.), e

globali (che riguardano investimenti per opere che coinvolgono tutta la città o

più regioni, come la realizzazione della tangenziale o la ristrutturazione del

patrimonio architettonico storico). L‟introduzione di questi ulteriori ambiti di

partecipazione, che come le Assemblee Regionali esprimono 2 consiglieri per

il COP ciascuna, e quindi partecipano alla definizione del Piano degli

Investimenti, ha permesso di includere nel processo partecipativo movimenti,

segmenti sociali e organizzazioni di interesse che fino ad allora non trovavano

canali idonei di espressione (ad esempio i sindacati, le organizzazioni

imprenditoriali, i movimenti ecologisti, studenteschi, etnici, le ONG,

eccetera).

un‟evoluzione nella pianificazione dello sviluppo urbano attuata tramite l‟OP,

verso una razionalità strategica sempre più ispirata ad un principio di equità

distributiva, si compie nella formulazione definitiva, tuttora vigente, dei

criteri di priorità in base ai quali, di anno in anno, si decide di soddisfare

determinate richieste di infrastrutture e servizi, e di procrastinarne altre. Nel

ciclo di elaborazione del Bilancio per il 1992, il Conselho do Orçamento

Participativo, con approvazione dell'Esecutivo, stabilisce che l‟ordine di

priorità, attraverso cui l‟insieme delle richieste di investimento pubblico

verranno classificate, dovrà basarsi su precisi parametri empiricamente

misurabili, tra i quali: il livello di carenza dell‟infrastruttura o servizio

richiesto, la popolazione totale della regione in cui viene richiesta, la

corrispondenza tra le priorità individuate dalla regione e quelle scelte a livello

cittadino.

3.7. Influenza dell‟Orçamento Participativo sulle politiche pubbliche.

Se tra i fattori che hanno reso praticabile e sostanziale la prerogativa

prioritaria dell‟OP di offrirsi come strumento di democratizzazione

dell‟amministrazione pubblica, ho indicato come essenziali, se pure affatto

esaustivi, le migliorie organizzative e tecniche apportate negli anni al suo

funzionamento, rimane da stabilire se la partecipazione cittadina tramite i

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canali offerti, abbia realmente promosso politiche pubbliche orientate alla

compensazione delle diseguaglianze sociali, in termini di una

razionalizzazione progressiva dell‟intervento pubblico, che garantisca un

accesso alle sue risorse proporzionato al bisogno. Per verificare una tale

tendenza di massima, mi accingo ora ad elaborare alcune interpretazioni delle

statistiche economico-sociali disponibili. Dando inizialmente per scontato che

la fruizione degli strumenti di partecipazione forniti dall‟OP, si traduca

tendenzialmente in maggiori probabilità di ottenere risorse pubbliche, in

termini di infrastrutture e servizi, mi sembra legittimo ipotizzare che ad

organizzarsi per essere rappresentati negli ambiti di partecipazione, abbiano

maggiore interesse le comunità dei ceti meno abbienti. I risultati delle

indagini conoscitive a proposito della composizione sociale dei partecipanti

alle varie strutture dell‟OP, indicano che nel 1995 la percentuale di coloro che

detenevano un reddito familiare inferiore a 4 Salari Minimi si aggirava

intorno al 61,9%,142

nel 1995 questo gruppo scende al 55,8%,143

e nel 2000 al

54,2%144

; considerando che in questo intervallo di tempo il reddito familiare

medio oscilla tra gli 8 e 10 Salari Minimi si deduce, con un buon margine di

certezza, che all‟interno dell‟OP i settori popolari organizzati abbiano

costituito il gruppo maggioritario, che l‟OP sia uno strumento la cui fruibilità

non è strettamente correlata alle disponibilità economiche,145

e che i ceti meno

abbienti abbiano trovato motivi ragionevoli per continuare a parteciparvi.

Assodato che l‟OP ha visto una partecipazione maggioritaria dei settori

popolari organizzati, e tenendo conto che questi si distribuiscono in maniera

disomogenea nel territorio di Porto Alegre, le regioni della città popolate a

maggioranza da comunità povere, dovrebbero avere ricevuto finanziamenti

142

Sérgio Baierle, “Democracia radical e cidadania: a "economia moral" dos sujeitos”. In: Século

XXI: qual conhecimento? qual currículo?, Editora Vozes, Petrópolis, 1999; citato in Adalmir

Marquetti, op. cit. 143

Ibidem. 144

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 202. 145

La possibilità materiale di partecipare ad ambiti di partecipazione politica, assolutamente non

retribuiti, e comunque impegnativi viene dall‟alto livello di organizzazione ed efficienza delle

Associações de Moradores, dato riscontrabile ad esempio sull‟indagine tra la composizione della

partecipazione al ciclo dell‟OP del 1995: ben il 61% dei partecipanti faceva parte in diversa misura di

Associações de Moradores. Luciano Fedozzi, (2001), op. cit. pag.141.

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pubblici per opere e servizi maggiori rispetto a quelle dove risiede

mediamente più popolazione benestante. Per verificare questa ipotesi

ripropongo le argomentazioni di Adalmir Marquetti, tratte da uno studio teso a

dimostrare che l‟OP sia stato uno strumento che ha modificato in senso

egualitario l‟allocazione delle risorse pubbliche, distribuendo gli investimenti

tra le comunità, proporzionalmente al livello di disagio socio-economico di

ciascuna.146

Figura 2. Numero degli abitanti, dei Salari Minimi medi, percentuale dei domicili

situati in aree irregolari e percentuale di madri con primo ciclo scolastico

interrotto, per ogni regione di Porto Alegre.

Fonte: Adalmir Marquetti, op. cit.

La tabella in figura 2 fornisce la media dei dati tra il 1991, il 1996, e il 1998,

relativamente alla popolazione, al numero medio di Salari Minimi per capo

famiglia, alla percentuale di nuclei abitativi in insediamenti irregolari e alla

percentuale di madri con primo ciclo di istruzione interrotto e figli nati nel

146

Adalmir Marquetti, O Orçamento Participativo Como Uma Política Redistributiva em Porto

Alegre, Departamento de Economia, Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul –

PUCRS. Il documento è disponibile nell‟archivio on-line della “Fundação de Economia e Estatística

Siegfried Emanuel Heuser”, presso l‟indirizzo internet: www.fee.tche.br/sitefee/

download/eeg/1/mesa_9_marquetti.pdf. Adalmir Marquetti, è responsabile del dipartimento

economico della Pontificia Universidade do Rio Grande do Sul.

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1998, per ognuna delle 16 regioni di Porto Alegre. Come risulta evidente

scorrendo i dati della tabella, vi sono differenze notevoli tra regione e regione,

ad esempio la regione Nordeste si presenta come la più povera in tutti gli

indicatori proposti, mentre la regione Centro appare la più ricca.

La tabella in figura 3 mostra le percentuali dei fondi del Piano di Investimenti

destinate per la realizzazione di opere e servizi in ogni regione, e quelle per

lavori che riguardano tutta la città dal 1992 al 2000, ove la media delle prime

in questo intervallo di tempo è di circa il 35%, e la media delle seconde è il

65% del totale.

Figura 3. Percentuale di investimenti ricevuti per opere in ogni regione e per tutta la

città dal 1992 al 2000.

Fonte: Adalmir Marquetti, op. cit.

Figura 4. Grafici di correlazione tra l’investimento procapite medio per ogni regione

e i principali indicatori di povertà.

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70

Fonte: Adalmir Marquetti, op. cit.

I grafici della figura 4 sono ottenuti calcolando, in base ai dati della

popolazione della tabella in figura 2, e ai dati della ripartizione degli

investimenti per regione della tabella in figura 3, la percentuale di

investimento pro-capite, che risulta essere positivamente correlata e agli

indicatori di povertà: alla ristrettezza del reddito nominale, al numero di madri

con primo ciclo di studi interrotto e figli a carico e alla percentuale di abitanti.

La distribuzione degli investimenti, quindi, ha favorito le regioni dove vivono

i gruppi sociali più deboli, sembra quindi legittimo assumere che l‟influenza

dell‟istanza prodotta dalla partecipazione cittadina in seno all‟OP, sulla

gestione dello sviluppo urbano in 15 anni di Amministrazione Frente

Popular, abbia contribuito ad istituire il principio dell‟equità distributiva come

criterio per l‟allocazione delle risorse pubbliche.

CAPITOLO 4.

Funzionamento attuale dell’Orçamento Participativo di

Porto Alegre.

4.1. Le istanze dell‟Orçamento Participativo.

L‟OP è strutturato essenzialmente intorno a tre istanze che contribuiscono a

realizzare il processo di mediazione tra Esecutivo e abitanti della città, queste

sono:

- Istanze espresse da unità amministrative e organi interni all‟Esecutivo

Comunale incaricati della conduzione del processo tecnico–politico della

discussione del bilancio con i cittadini: il GAPLAN (Gabinete de Plane-

jamento),147

la CRC (Coordenação de Relações com as Comunidades),148

147

Commissione di funzionari del Gabinetto del Sindaco che promuove la coordinazione tra gli

Assessorati e le rappresentanze comunitarie nell‟elaborazione della Proposta di Bilancio e del Piano

Annuale degli Investimenti e dei Servizi.

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il Fórum das Assessorias Comunitárias (FASCOM), i Coordenadores

Regionais do Orçamento Participativo (CROPs) e i Coordenadores

Temáticos (CTs).

- Istanze comunitarie, autonome rispetto all‟Amministrazione comunale,

organizzate su base regionale, che articolano la partecipazione dei cittadini

e guidano la scelta delle priorità delle regioni della città. In quanto

autonome, la loro efficienza, la loro organizzazione e funzionamento

dipendono dal grado di mobilitazione degli abitanti della regione cui fanno

capo; non tutte le regioni ne possiedono una. (es. Conselhos Populares,

União de Vilas e Articulações Regionais).

- Istanze istituzionali permanenti di partecipazione comunitaria incaricate

di rendere effettiva la co–gestione delle risorse pubbliche mediante: a) la

sintesi delle domande provenienti dalla comunità e le prerogative

istituzionali, b) la “rendicontazione” delle decisioni dell‟esecutivo

nell‟allocazione delle risorse di Bilancio. Questi sono: il Conselho do

Plano de Governo e Orçamento (Conselho do Orçamento Participativo -

COP),149

le Assembléias Regionais,150

il Fórum Regional do Orça-

mento,151

le Plenárias Temáticas152

e il Fórum Temático do Orçamento.

148

Struttura di tramite tra le Istituzioni, i suoi organi di pianificazione e la cittadinanza, che segue

tutti i principali momenti assembleari cittadini previsti dall‟OP, fornendo informazioni e supporto

tecnico–organizzativo. 149

Organo collegiale ristretto, i cui membri sono eletti dalle Assembléias Regionais, che funge da

“centrale di processamento” delle istanze comunitarie, approva la proposta di Bilancio del Esecutivo,

da sottoporre al vaglio del Consiglio Comunale ed elabora, in coordinazione con le strutture di

pianificazione del Comune, e approva, il Piano di Investimenti 150

Riunioni in ognuna delle 16 regioni della città, aperte a tutti i privati cittadini, in cui si discute il

Bilancio e il Piano di Investimenti elaborato nel ciclo di OP precedente, si votano le priorità di

investimento per quello attuale, si raccolgono le richieste di opere e servizi, e si votano i Delegati per

i Fóruns Regionais e i Consiglieri del Conselho do Orçamento Participativo 151

16 forum di delegati, uno per ciascun‟ Assembléia Regional, che riordineranno le richieste di

investimenti dei cittadini per ogni regione, per consegnarle successivamente al alle strutture di

pianificazione istituzionali e comunitarie. 152

Riunione degli interessati alla discussione e alla definizione delle azioni, delle politiche settoriali e

delle opere di un dato tema e delle direttrici globali per la città.

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Seguono due tabelle in cui riporto la composizione dei membri e le principali

attribuzioni, rispettivamente, delle strutture interne all‟Esecutivo Comunale

incaricate della conduzione del processo tecnico-politico della discussione del

bilancio, e dei principali ambiti di partecipazione diretta e degli organi di

rappresentanza della cittadinanza nell‟OP, la cui trattazione discorsiva, per

quanto stilisticamente più coerente coll‟insieme del presente elaborato,

verrebbe a discapito di una agevole consultazione.

Figura 5. Scheda illustrativa delle strutture di pianificazione e coordinamento

dell’esecutivo.

GA.PLAN

Gabinetto di

Pianificazione

C.R.C

Coordinamento

delle Relazioni con

la Comunità

F.AS.COM.

Forum degli

Assessorati

Comunitari

C.R.O.Ps

Coordinatori

Regionali dell‟O.P.

C.Ts

Coordinatori

Tematici

Data istituzione 1990 (informale)-

1994 (formale)

1981 – dal 1989 si

vincola al

Gabinetto del

Prefetto

1990 1992 1994

Partecipanti Assessori e

funzionari della

P.M153

.

Assessori e

funzionari della

P.M.

Assessori

comunitari delle

segreterie e degli

organi.

Assessori

comunitari del

C.R.C. e delle

segreterie

Assessori del

C.R.C. e delle

segreterie

Attribuzioni - Coordina la

pianificazione

strategica in tutte

le sue fasi.

- Gestisce

l‟esecuzione del

Piano di

Investimenti.

- Coordina

l‟elaborazione

della Griglia di

Bilancio e della

Prorposta di

Bilancio.

- Articola le

relazioni con la

comunità tramite i

Coord. Regionali.

(C.R.O.P.s).

- Coordina le

riunioni della 1a e

2 a tornata

dell‟O.P.

- Coordina le

riunioni del del

Consiglio di

Bilancio (C.O.P.).

- Discute e

propone politiche

di partecipazione

popolare,

articolando il

lavoro delle

segreterie e dei

consiglieri

comunitari.

- Sono subordinati

al C.R.C.

- Ognuna delle 16

regioni possiede un

C.R.O.P che

accompagna tutto

il processo di

elaborazione del

Bilancio (di fatto

un rappresentante

della Prefettura per

ogni regione)

- Ognuna delle 5

Aree Tematiche

possiede un CT

che accompagna

il processo di

discussione nelle

plenarie.

Periodicità Permanente. Permanente. Settimanale. Permanente. Permanente.

Coordinazione Indicazione del

Prefetto

Indicazione del

Prefetto

Indicazione delle

segreterie

Indicazione del

C.R.C.

Indicazione del

C.R.C.

153

Prefettura Municipale, gli organi tecnici e gli Assessorati dell‟Esecutivo Comunale

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Municipale154

. Municipale. municipali.

154

È il Sindaco.

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Figura 6. Scheda degli ambiti di partecipazione.

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Questi attori collaborano nella realizzazione di un percorso interazioni

dialogiche tra le istanze popolari e quelle istituzionali, che si articola in

tappe progressive, in sinergia con le scadenze improrogabili della tempistica

istituzionale, dura un anno e si conclude con l‟elaborazione consensuale dei

principali documenti di programmazione economica per l‟anno a venire.

4.2. Il ciclo annuale di discussione del Bilancio.

É possibile distinguere precisamente due fasi differenti nel ciclo annuale

dell‟OP:

La prima fase (marzo-giugno) è contraddistinta dall‟intensa mobilitazione

della cittadinanza, in molteplici ambiti di partecipazione diretta.

L‟Amministrazione sottopone l‟esito delle deliberazioni precedenti e lo stato

della loro implementazione alla pubblica discussione e, parallelamente, i

cittadini riuniti in assemblea raccolgono le priorità per l‟anno a venire ed

eleggono rappresentanti revocabili che articoleranno, durante il ciclo nascente

di „co–gestione‟, le nuove istanze.

Durante la seconda fase, strutture dell‟esecutivo Esecutivo dedicate, sono

impegnate in un intenso lavoro di “traduzione in dati numerici” delle priorità

espresse “in forma narrativa” dalla comunità durante la prima fase, e di

compatibilizzazione di queste istanze con quelle istituzionali; inizia così un

percorso di interazione dialogica, tra gli organi di pianificazione interni

all‟Esecutivo e il massimo organo di rappresentanza popolare (COP), che

passando per l‟elaborazione di una Proposta di Bilancio condivisa, da

sottoporre al vaglio degli organi elettivi “convenzionali”(la Giunta e il

Consiglio Comunale), culmina nell‟elaborazione dettagliata di un Piano di

Investimenti per l‟anno a venire, il più possibile coerente con le richieste

puntuali espresse dai cittadini. Le deliberazioni raggiunte vengono poi

sottoposte alla pubblica discussione mediante le riunioni della prima fase del

nuovo ciclo di bilancio.

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1. PRIMA FASE

Si apre a marzo con la convocazione della prima tornata ufficiale delle 16

Assemblee Regionali e delle 6 Plenarie Tematiche. In questo ciclo, detto delle

“Riunioni Preparatorie”, il Comune presenta ai cittadini, regione per regione,

il rendiconto di esercizio concluso, il Piano degli Investimenti e Servizi (PI)

approvato dal COP vigente, e eventuali modifiche apportate al Regolamento

Interno dell‟OP, riguardo ai criteri di distribuzione dei fondi e alle regole per

l‟elezione dei rappresentanti popolari dei prossimi turni di assemblee.

Parallelamente, in via informale e indipendente dagli ambiti istituzionali,

nelle microregioni si possono organizzare assemblee in cui le comunità

cominciano a discutere le loro richieste per il ciclo successivo.

Da metà marzo a metà aprile si tiene la seconda tornata ufficiale delle

Assemblee Regionali e delle Plenarie Tematiche dove: a) si discute e si vota

l‟ordine di priorità della regione in merito a 14 diverse aree di intervento e

investimento, predefinite come prerogative del Piano degli Investimenti e

Servizi; b) si votano 2 Consiglieri e 2 supplenti per il nuovo Conselho do

Orçamento Participativo (COP), per ognuna delle 16 Assemblee Regionali e

delle 6 Plenarie Tematiche; c) si registrano e si conteggiano i partecipanti per

stabilire quanti Delegati ogni quartiere o comunità della regione esprimerà per

il proprio Fórum Regional do Orçamento e quanti ogni ente partecipante alla

Plenaria Tematica per il relativo Fórum Temático do Orçamento.

Tra maggio e luglio si tengono svariate assemblee autogestite nelle

microregioni e nei singoli quartieri, in cui si eleggono, proporzionalmente al

numero di presenze di ognuna di queste comunità registrato nel secondo turno

ufficiale di Assemblee, i Delegati per il Fórum Regional do Orçamento.

Sempre in questo ciclo autogestito ed eterogeneo di assemblee, le singole

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comunità discutono e individuano le richieste di opere e servizi precisi che

verranno strutturate in una scala di priorità regionale dal Fórum Regional do

Orçamento. Le microregioni e i quartieri, che hanno partecipato in maggior

numero al secondo ciclo dell‟Assemblea Regionale avranno, quindi, maggiori

occasioni di far valere, a livello di priorità regionali, le proprie richieste di

opere, nella misura in cui il numero dei Delegati per il Fórum Regional do

Orçamento, espressi da queste comunità, è maggiore. Sempre in queste

assemblee, i cittadini ricevono informazioni tecniche tramite il supporto dei

Coordenadores Regionais do Orçamento Participativo (CROPs) e si

costituiscono Commissioni di Strada e di Accompagnamento dei Lavori.

2. SECONDA FASE

La prima fase termina con un evento pubblico, la “Giornata della

Democrazia”, che sta a simboleggiare la conclusione del periodo di ampia

mobilitazione e deliberazione assembleare e l‟avvio degli ambiti di

negoziazione tra l‟Amministrazione e i rappresentanti popolari eletti nelle

assemblee. In quest‟occasione vengono presentati i 48 nuovi Consiglieri del

COP e avviene la rituale consegna, da parte dei vecchi Consiglieri, delle liste

di richieste di opere e sevizi pervenute nel ciclo attuale di Bilancio,

previamente riorganizzate e gerarchizzate dai Forum dei Delegati (Regionali e

Tematici). Altro momento importante di questo evento è la pubblica

presentazione del Bilancio Previsionale155

a cura del GAPLAN e

dell‟Assessorato alle Finanza (SMF).

Questa seconda fase comincia con l‟attività di “traduzione in dati numerici”

delle priorità espresse “in forma narrativa” dalla comunità, e di

compatibilizzazione di queste istanze con quelle istituzionali. Il GAPLAN

raccoglie l‟ordine di priorità delle aree di intervento votato dai cittadini

regione per regione, passa al vaglio tecnico, legale e finanziario tutte le

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richieste di opere e servizi presentate dai cittadini nelle assemblee di

microregioni/quartieri/comunità, riordinate in scala di priorità dai Forum

Regionali dei Delegati, e le direttrici di intervento strutturale settoriale

pervenute dai Forum Tematici156

. In seguito questo spoglio di dati il

GAPLAN elabora la Prima Matrice di Bilancio che si presenta come una

griglia di ripartizione di fondi tra i vari Assessorati e Enti pubblici, senza

menzione della distribuzione territoriale delle specifiche opere e servizi cui

verranno destinati. Gli indicatori di cui i tecnici del GAPLAN tengono conto

sono: a) preventivi di spesa per opere e servizi nelle aree di intervento

evidenziate come prioritarie dai cittadini b) le risorse per l‟implementazione

delle politiche settoriali e dei progetti strutturali di lungo periodo selezionati

dalle Plenarie Tematiche c) le necessita rilevate dalla Giunta per le spese fisse

di mantenimento delle normali prestazioni di servizio della Pubblica

Amministrazione.

Alla fine di agosto il GAPLAN elabora la Griglia di Bilancio, documento che

il frutto della compatibilizzazione della Prima Matrice di Bilancio, con le

proposte di bilancio provenienti da vari organismi comunali. La Griglia di

Bilancio viene sottoposta alla discussione ed approvazione, dalle strutture di

pianificazione dell‟Esecutivo.157

Il testo approvato, o modificato, passa, a

fine settembre, all‟approvazione, o eventuale modifica, del COP, che ne

verifica la coerenza con le priorità espresse dalla cittadinanza. Basandosi sul

documento approvato dal COP, il GAPLAN redige la Proposta di Bilancio

che viene consegnata al consiglio comunale entro il 30 Novembre, come lo

Statuto Comunale prevede.

A Bilancio approvato, da ottobre ed entro il 30 di dicembre, il COP in

collaborazione con gli Assessorati, il CRC e il GAPLAN, si riunisce per

155

Una stima forfetaria, incrementale e di massima sul rapporto tra entrate e uscite previsto per

l‟anno successivo. 156

Tutte le richieste sono raccolte e smistate tramite un sistema integrato on-line (GPR) che collega

tutti i Dipertimenti e gli Assessorati del comune. Ogni richiesta è classificata secondo un codice

informatico, cosa che permette la registrazione delle richieste disattese in un ciclo di bilancio, che

possono essere così facilmente ripescate nel ciclo successivo, o di effettuare rapide ricerche

automatiche per l‟ottenimento di informazione sullo stato di realizzazione delle richieste approvate. 157

Giunta Finanziaria, dal Coordinamento di Governo e dal Plenum degli Assessori.

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elaborare in dettaglio il Piano degli Investimenti (PI) in opere e servizi

dell‟anno a venire. I Consiglieri dell‟OP eletti nelle assemblee, con l‟apporto

dei tecnici delle strutture di pianificazione del comune, gestiscono, quindi, il

100% della parte del bilancio destinata a nuove opere, ripartendola tra gli

investimenti necessari per l‟implementazione delle politiche settoriali scelte

dalle Plenarie Tematiche e gli investimenti dettagliati ripartiti tra le varie

regioni secondo criteri che riporto qui nall‟ordine del peso relativo, che hanno

nella valutazione ponderata complessiva:

1. Il livello di corrispondenza tra le 4 aree di intervento indicate come

prioritarie da una data regione, e la loro posizione nella graduatoria delle

3 principali priorità, risultante dalla somma delle priorità espresse da tutte

le regioni.158

Un esempio potrebbe essere chiarificatore: se dalle votazioni

sulle priorità di intervento emerse dalla prima tornata di Assemblee

Regionali risulta che tra le 16 Regioni di Porto Alegre, le prime 3 aree di

intervento reclamate sono in ordine decrescente 1) pavimentazione, 2)

soluzioni abitative, 3) risanamento, le regioni che le hanno indicate come

prima, seconda, terza, o quarta scelta hanno più probabilità di vedere

soddisfatte le loro richieste di opere specifiche in quegli ambiti di

intervento, piuttosto che le regioni che come priorità hanno indicato, ad

esempio, trasporti pubblici, educazione, salute e regolarizzazione

fondiaria. Tra due regioni in cui la prima abbia come prima preferenza

l‟intervento per soluzioni abitative e come seconda la pavimentazione,

mentre la seconda regione contempli le medesime esigenze tra le due

prime preferenze ma in ordine inverso, la maggiore quantità di risorse

verrà destinata alle opere di pavimentazione, perché è la prima priorità

cittadina, della seconda regione che l‟ha indicata come sua prima priorità;

a seguire la pavimentazione della prima regione; poi le soluzioni abitative

158

Si ricorda che nella seconda tornata di Assemblee Regionali i cittadini partecipanti, oltre ad

eleggere consiglieri del COP, hanno anche votato a maggioranza le aree di intervento ritenute

maggiormente prioritarie per la loro regione, tra le 14 contemplate (es. pavimentazione,

regolarizzazione fondiaria, educazione, salute, trasporti, etc.) dall‟elenco degli interventi spettanti

all‟Amministrazione e ai suoi Enti.

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sempre della prima regione che l‟ha indicata come prima priorità e poi

quelle della seconda regione. All‟infuori delle 3 priorità cittadine per le

altre aree di intervento la definizione degli investimenti è maggiormente

indeterminata e vede un ruolo più influente delle indicazioni dei vari

Assessorati sulle scelte dei Consiglieri, in questo ambito esiste, quindi, un

margine di manovra arbitrario nei criteri di deliberazione, e ambiguo

rispetto all‟equilibrio tra le istanze comunitarie e quelle istituzionali.159

2. Il secondo criterio è quello relativo al grado di carenza dei servizi e delle

infrastrutture richieste.

3. Il terzo criterio è la quantità di popolazione della regione.

Questi tre indicatori sono parametrizzati mediante una scala definita di valori

numerici e il peso relativo tra questi criteri nella valutazione complessiva

delle richieste di intervento, è indicato mediante una moltiplicazione di questi

valori, per i coefficienti fissi assegnati ad ogni criterio. Il livello di

corrispondenza delle preferenze di intervento regionali con quelle cittadine

esprime valori da 1 a 4 moltiplicati per 5, la carenza di infrastrutture e servizi

per le opere è divisa in quattro fasce a cui sono assegnati valori da 1 a 4 che

sono moltiplicati per 4, la stessa suddivisione avviene per le soglie di

popolazione che esprimono sempre valori da 1 a 4, ma moltiplicati per 2.

159

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 223. D‟altronde se i criteri di allocazione degli investimenti si

offrono come strumento efficace per “gerarchizzare” , in termini equi, le richieste prodotte in seno

all‟OP, la pianificazione dell‟intervento pubblico implica variabili tecniche e politiche intervenienti,

da valutare di volta in volta, per questo le scelte non possono essere affidate in maniera univoca

all‟elaborazione matematica delle istanze prodotte negli ambiti parziali e informali di partecipazione

assembleare dell‟OP, successivamente tradotte in dati.

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Figura 2. Schema dei criteri di assegnazione di priorità da parte del COP alle

richieste di intervento delle varie regioni. In Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 157.

Se l‟alto moltiplicatore assegnato al primo criterio - il livello di

corrispondenza delle priorità regionali con quelle cittadine - risalta il valore

attribuito all‟elemento politico della scelta autonoma dei cittadini, la

consapevolezza che la determinazione delle aree di intervento prioritarie a

livello cittadino è funzione della capacità organizzative di partecipazione

quantitativa agli ambiti dell‟OP, porta ad affidarsi anche agli altri 2 criteri,

che si ispirano ad una razionalità egualitaristica nella distribuzione delle

risorse. Partendo dall‟ipotesi che determinati gruppi non riescano ad imporre

le loro priorità a livello regionale o cittadino, per l‟incapacità o impossibilità

di organizzare la loro partecipazione agli ambiti assembleari dell‟OP, la

rilevanza delle loro istanze viene recuperate se dimostrano un‟elevata

deficienza infrastrutturale tramite il secondo criterio. O ancora, determinate

regioni poco popolate potrebbero vantare leadership comunitarie ampie ed

efficienti grazie a cui ottenere un importante rappresentazione nella

rivendicazione di priorità di intervento, e magari altre regioni più popolate ma

con una mobilitazione meno importante non riescono a perseguire opere che

riguardano una collettività più estesa, perché la loro istanza non viene

adeguatamente rappresentata nelle assemblee. A questa eventualità può in

parte rispondere il terzo criterio.

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Ultimato il Piano degli Investimenti questo viene sottoposto all‟approvazione

dei Forum dei Delegati e presentato nella prima tornata di Assemblee

Regionali e Plenarie Tematiche del ciclo successivo dell‟OP. Parallelamente,

da dicembre fino a febbraio sempre il COP sostiene la discussione annuale sul

Regolamento Interno, che modificato o lasciato intatto viene pubblicato a

spese del Comune e distribuito assieme al Piano degli Investimenti.

CAPITOLO 5.

L’OP e il quadro normativo.

L‟Orçamento Participativo di Porto Alegre non è espressamente formalizzato

nell‟ordinamento giuridico locale, eppure condiziona in maniera determinante

la policymaking dell‟Amministrazione, attraverso un percorso regolarizzato di

interazione dialogica con le strutture tecniche di pianificazione dell‟Esecutivo

dedicate, attraverso tappe regolari e prevedibili, coordinate con la tempistica

istituzionale dell‟elaborazione dei principali documenti di programmazione

finanziaria. Attraverso un esame delle Carte Costituzionali federali e statuali,

e dello Statuto della città di Porto Alegre, si può risalire agli ambiti di

flessibilità interpretativa con cui si giustifica l‟esistenza di questo esperimento

istituzionale, e comprendere quindi la sua natura giuridica.

La Costituzione federale del 1988 riconosce direttamente ai Comuni la facoltà

di esercitare autonomia politica, amministrativa e finanziaria nei limiti

consentiti dalla Costituzione federale e di quella statale160

, e di dotarsi di una

sorta di Statuto (Lei Orgânica)161

. La Costituzione dello Stato di Rio Grande

do Sul designa esplicitamente il Comune come titolare di autonomia politica,

160

Ttitolo III, capitolo I, art. 18 della Constitução da Reública Federativa do Brasil, il 5 ottobre 1988

a Brasilia; consultabile presso il sito del Senato federale:

http://www2.senado.gov.br/sf/legislacao/const/ 161

Ibidem; titolo III, capitolo IV, art. 29.

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amministrativa e finanziaria162

. Lo Statuto Comunale Porto Alegre sancisce

come impegno fondamentale del Comune la promozione della

“partecipazione popolare nelle decisioni”163

, e la “garantisce” nell‟attività di

pianificazione finanziaria, area di competenza dell‟Esecutivo.

“Rimane garantita la partecipazione della comunità, a partire dalle regioni

del municipio, nelle tappe di elaborazione, definizione e

accompagnamento dell‟esecuzione del piano pluriennale, delle direttrici di

bilancio, e del bilancio annuale.”164

In questo senso, viste le norme fin qui citate e considerando che la

Costituzione federale, quella statale e lo Statuto Comunale Lei Orgânica,

attribuiscono all‟Esecutivo la competenza di proporre la Legge di Bilancio, il

Governo locale risulta abilitato, in forza dell‟autonomia di cui gode, a creare

strutture volte ad adempiere alla funzione di programmazione economica, che

al contempo garantiscano la prerogativa di favorire la partecipazione della

comunità, sancita dalla disposizione dello Statuto Comunale citata. Questo è

sostanzialmente l‟unico ambito di interpretazione giuridica in cui si legittima

l‟esistenza dell‟OP; non esiste alcuna legge comunale che lo istituisca

formalmente, che ne regolamenti il funzionamento e che garantisca il

carattere vincolante delle istanze di partecipazione popolare da esso articolate,

in questi termini l‟OP risulta nulla di più che uno strumento amministrativo,

atto ad ampliare la partecipazione consultiva diretta della comunità nel

processo di programmazione finanziaria, creato, ed in qualsiasi momento

revocabile, dal Potere Esecutivo. Quest‟ultimo è rappresentato dalle figure del

162

Titolo II, capitolo II, sezione I, art.8, Constitução do Estado do Rio Grande do Sul, attualizzata

fino all‟ Emenda Constitucional nº 46, dell‟11 agosto 2004. Consultabile presso il sito governativo:

http://www.al.rs.gov.br/frameset.asp?txtURL=Legis/index.htm cost fed. 163

Titolo I, capitolo I, art. 6, comma III, della Lei Orgânica do Município de Porto Alegre,

promulgata dalla Câmara Municipal de Porto Alegre, il 12 dicembre 2001.

Consultabile presso la pagina del Centro de Estudos de Direito Municipal:

http://www.portoalegre.rs.gov.br/cedim/usu_doc/Lei_Organica.pdf 164

Ibidem; titolo II, capitolo I, Sezione II ,capitolo III, art. 116.

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Sindaco e del suo vice, cariche elettive165

, che trovano la loro legittimazione

attraverso il metodo rappresentativo. Ne viene che, anche ammettendo che gli

ambiti di partecipazione diretta dell‟OP influiscano in maniera determinante

sulla policymaking dell‟Amministrazione, l‟esercizio fondamentale di

sovranità popolare si attiene alle forme e alle procedure previste nel modello

democratico rappresentativo.

Resta, comunque, il fatto che l‟Esecutivo e le sue strutture di pianificazione

impegnano dal 1989 risorse economiche, professionali e logistiche per

articolare la partecipazione cittadini, in un complesso percorso di co–gestione

dell‟elaborazione del bilancio. Se da un punto di vista formale l‟Esecutivo

potrebbe sbarazzarsi in qualsiasi momento degli ingombranti ambiti di

partecipazione dell‟OP, è facile comprendere che, in termini concreti, una

volta dato il varo ad un importante progetto di coinvolgimento dei cittadini

nei processi decisionali, è impossibile retrocedere senza pagare lo scotto di

una rilevante alienazione di consensi elettorali. Come non considerare,

d‟altronde, la straordinaria costanza della riconferma al potere del PT a Porto

Alegre, come un riflesso del simbolismo politico “rivoluzionario”166

intrinseco nell‟esperimento dell‟OP? Chiaramente le performance delle

Amministrazioni che si sono susseguite hanno indubbiamente inciso in

maniera preponderante nel determinare la permanenza del PT al potere,

tuttavia mi sembra pertinente individuare nel processo innescato di

valorizzazione dello status di cittadinanza, via, via arricchito di valore

simbolico e sostanziale nell‟intensificarsi dell‟interazione dialogica tra

istituzioni e cittadini, un importante fattore di fidelizzazione elettorale verso il

partito promotore di questa riforma politica. Alla luce di queste

considerazioni è possibile anche azzardare una spiegazione della mancata

formalizzazione legale dell‟OP, come di una strategia di partito atta a

165

Ibidem; titolo I, capitolo I, art. 7, comma II,. 166

E‟un termine forte e costantemente usurpato, ma se si considera come condizione di partenza lo

status di cittadinanza a bassa intensità che, come si argomentato nei precedenti capitoli, definirebbe la

passività della condizione di cittadino nel contesto latino-americano, mi sembra un aggettivo

abbastanza calzante per definire l‟inversione “copernicana” della concezione dei diritti e doveri della

persona in rapporto allo Stato e alla società.

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massimizzare la capitalizzazione del consenso politico, che suggerisca

implicitamente uno stretto nesso causale tra la riconferma al potere della

coalizione che ha dato vita all‟OP, e il mantenimento delle opportunità di

partecipazione da esso aperte. Nel 1992 Frente Popular167

incentra la sua

campagna elettorale su un Progetto di Legge di Iniziativa Popolare con cui si

propone di regolamentare ufficialmente l‟OP, ma, nonostante la raccolta di

firme proseguisse alacremente, quando la nuova Giunta petista di Tarso

Genro si insedia, Frente Popular ritira il suo appoggio all‟iniziativa e propone

l‟adozione di un Regolamento Interno, nell‟ambito delle competenze tecniche

dell‟Esecutivo, che rispecchi i principi organizzativi contemplati nel Progetto

di Regolamentazione, che inizialmente si voleva fare passare come Progetto

di Legge di Iniziativa Popolare168

. Da allora non si sono mai più verificate

iniziative rilevanti per muovere verso una qualche forma di regolamentazione

legale dell‟OP. Sebbene esista una convinzione diffusa che l‟elevato grado

d‟informalità sia una garanzia indispensabile per la fluidità dello sviluppo di

questa esperienza di partecipazione, e che anzi un adeguamento agli

ordinamenti giuridici vigenti decreterebbe l‟abolizione dei suoi principi

organizzativi più radicali e significativi, rimane forte l‟interpretazione di

questa strategia come di una scelta politica utilitaristica, ovvero come “la

necessita della coalizione [Frente Popular] di legarsi a doppio filo con il suo

fiore all‟occhiello per garantirsi contro un eventuale cambio di maggioranza

percepibile come fattore di rischio per un processo mantenuto fragile da

questa „informalità‟”.169

La posizione favorevole ad una regolamentazione

dell‟OP riscuote comunque consensi tra giuristi e amministratori progressisti,

ed “è destinata a guadagnare terreno anche tra i cittadini dopo che

l‟esperienza di 4 anni di Bilancio Partecipativo Statale nel Rio Grande do Sul

è stata interrotta dopo la sconfitta dell‟Amministrazione Popolare nelle

elezioni dell‟ottobre 2002, usando „l‟appiglio‟ della „non esistenza‟ formale

167

Coalizione partitica di sinistra capeggiata dal PT (Partido dos Trabalhadores). 168

Luciano Fedozzi, op. cit. , (2000), pag.142-143. 169

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 194.

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del processo.”170

A questo punto dovrebbe essere chiaro che la liceità e la

“cogenza” delle istanze di partecipazione diretta, interne all‟OP di Porto

Alegre, non vanno ricercate nella forza delle leggi, ma nelle dinamiche

politiche che ne hanno permesso l‟esistenza e la sopravvivenza. In definitiva,

formalmente non è niente di più che un ambito consultivo di partecipazione

popolare alla discussione delle direttrici delle politiche pubbliche in seno

all‟Amministrazione, nella misura in cui non contempla una funzione

deliberativa legalmente riconosciuta e regolamentata; nella sostanza ci si

trova di fronte ad un istituzione informale di partecipazione democratica

diretta ai processi decisionali, ove il comportamento politico dell‟Esecutivo

riproduce regolarmente l‟effettività di un vicolo rispetto alle istanze prodotte

in assemblee cittadine.

Delineata la cornice giuridica dell‟OP, il Regolamento Interno171

adottato dal

1991, e modificato di anno in anno, su proposta del COP e parere favorevole

dell‟Esecutivo, si configura come uno strumento organizzativo che permette

di sedimentare il know-how progressivamente accumulato, e di stabilire un

minimo di prevedibilità sul comportamento degli attori. Stabilisce

sostanzialmente le principali attribuzioni dei diversi ambiti di partecipazione

previsti dall‟OP, specifica la composizione degli organi assembleari, indica i

requisiti per l‟elezione e le modalità della revoca dei Consiglieri del

Conselho do Orçamento Participativo e dei Delegati dei Forum Regionali e

Tematici, coordina la tempistica dell‟articolazione delle domande cittadine

con quella improrogabile dell‟iter istituzionale dell‟elaborazione del Bilancio,

e suggerisce i criteri per la selezione delle richieste di opere interne alle

regioni.

Una sezione speciale è dedicata alle istruzioni per la formulazione delle

domande e ai criteri di priorità in base a cui saranno selezionate e soddisfatte

alcune richieste e altre, inevitabilmente, disattese. In questa parte del RI

emerge l‟intento pedagogico, affidato alla comunicazione politica affinata

170

Ibidem. 171

Il Regolamento Interno per il 1995 è disponibilie presso la pagina internet:

http://lproweb.procempa.com.br/pmpa/prefpoa/op/usu_doc/regimento_interno_2004.pdf

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negli anni dalle strutture di coordinamento tra istituzioni e rappresentanze

comunitarie; sforzo che può essere colto, ad esempio, nella formulazione dei

criteri di ammissibilità delle domande, marcatamente orientata alla

spiegazione del nesso causale tra ingiunzioni e divieti e l‟utilità collettiva,

piuttosto che basarsi sulla mera espressione di tassatività delle norme, o

ancora negli articoli rivolti agli abitanti degli insediamenti informali, che

evitano di discriminare l‟illegalità della loro situazione, e puntano piuttosto ad

instaurare una collaborazione con questi soggetti, per attuare strategie

efficienti e condivise di reinserimento nella pianificazione complessiva dei

servizi e delle infrastrutture.

Altro elemento caratteristico, e inevitabile, di questo ibrido giuridico, è che il

RI attribuisce esplicitamente facoltà decisionali in merito ai principali

documenti di programmazione economica, ai massimi organi di

rappresentanza popolare dell‟OP, ma non indica una procedura per affrontare

l‟eventualità di una ripetuto e irrisolvibile disaccordo tra questi e

l‟Amministrazione. In altre parole il RI non stabilisce una gerarchia tra le

istanze di partecipazione popolare e quella della Giunta Comunale,172

ma al

tempo stesso la previsione di facoltà deliberative per le istanze dell‟OP fa

pensare ad una situazione di concorrenza tra il loro potere e quello

dell‟Esecutivo. Questa ambiguità normativa rispecchia consapevolmente il

patto politico implicito dell‟OP: da una parte l‟Amministrazione mantiene la

facoltà di sottrarsi alle decisione prese nell‟OP173

, d‟altra è intenzionata a

suggerire un impegno effettivo e vincolante rispetto agli orientamenti che

nascono negli ambiti dell‟OP, creando la suggestione che la partecipazione

civile ai processi decisionali sia un diritto riconosciuto e sancito, più che

concesso (come di fatto è).

172

E d‟altronde, vale la pena ribadirlo, non un regolamento interno ma solo una legge approvata dal

Consiglio Comunale potrebbe istituirla. 173

Come istituzione democratica rappresentativa, il Governo non può esimersi dal governare

nell‟interesse collettivo, quindi deve necessariamente prevedere il caso ipotetico in cui le istanze

prodotte dall‟OP si rivelassero contrarie a questa prerogativa, riservandosi in il potere di decisione

d‟ultima istanza.

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Conclusioni

Nel secondo capitolo ho reso esplicite alcune importanti connessioni tra la

formazione patrimonialista delle principali istituzioni politico–sociali

brasiliane e il rapporto autoritario e particolaristico tra Stato, sistema politico

e società civile, inteso come principale ostacolo alla realizzazione di una

effettiva cittadinanza democratica in Brasile. In particolare, ho supposto che il

modello patrimonialista promuova una cultura politica sfavorevole alla

democrazia, esemplificabile nei tratti caratteristici che ripropongo a seguire:

- la concezione tutelare del potere che, in virtù della supremazia dello Stato

patrimonialista sulla società, impone, come unica alternativa all‟esclusione

e alla marginalizzazione, la cooptazione intesa come la rinuncia

all‟autonomia da parte delle aggregazioni di interessi emergenti, in cambio

della tutela statale.

- la non distinzione tra pubblico e privato, a vantaggio di settori della

burocrazia statale che consolidano un possesso di tipo privato su posizioni

di potere e beni pubblici, mantenuto grazie alla regolazione

particolaristica–clientelare dell‟accesso dei vari gruppi sociali alla tutela e

alle risorse statali. La privatizzazione sistematica del pubblico incoraggia

la concezione diffusa della politica come “cosa d‟altri” che “dissipa l‟idea

di accountability e/o di controllo dei governanti da parte dei governati

come principi basilari della cittadinanza e della democrazia”174

;

- la dualità contraddittoria tra governo degli uomini e governo delle leggi,

determinata dalla predominanza del sistema informale di relazioni

particolaristiche, su quello formale di relazioni impersonali regolato dalla

legge;

- l‟assenza della nozione del contratto sociale nei modelli di relzione degli

ordinamenti sociali e politici, che comporta il mancato riconoscimento

174

Luciano Fedozzi, (2001), op.cit. , pag. 90.

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dell‟altro come soggetto portatore di diritto, quindi il disconoscimento

dell‟ideale egualitario alla base della democrazia.175

In questa sede mi propongo di approsimare una valutazione a proposito

dell‟impatto che ha avuto l‟intiuzionalizzazione dell‟OP, sulla gestione

patrimonilista delle risorse pubbliche, verificando se abbia alterato, e come, le

modalità di relazione tra Stato e società. Prima, però, è opportuno sottolineare

l‟importanza del processo di programmazione finanziaria, per la riproduzione

delle pratiche clientelari connesse al sistema patrimoniale di appropriazione

privata delle risorse pubbliche. La legislazione brasiliana riconosce

all‟Esecutivo, sia nazionale, che statale e municipale, una notevole autonomia

rispetto alla gestione del bilancio, che consiste principalmente nella possibilità

di sottoporre all‟approvazione del legislativo, sia specifiche spese d‟ordinaria

amministrazione (come gli stipendi dei funzionari, e i costi di prestazione dei

servizi), sia investimenti precisi in nuove opere e servizi, sia generici tetti di

spesa per progetti non ancora articolati nel dettaglio; quest‟ultima voce di

spesa, spesso la più consistente per quanto riguarda nuove opere e servizi, è

definita a bilancio approvato, in corso d‟opera. È in questo margine

d‟indeterminatezza che avviene lo scambio di favori tra Esecutivo e il

Legislativo, ove quest‟ultimo fa da intermediario tra i gruppi sociali in lizza

per ottenere concessioni e tutela pubbliche, da ricambiare con appoggio

elettorale. È, quindi, prevalentemente nell‟ambito dell‟attuazione del bilancio,

e maggiormente nel margine di discrezionalità concesso all‟Esecutivo, che si

riproducono le pratiche particolaristiche di gestione del potere e delle risorse

pubbliche, utilizzate dalla classe politica come patrimonio proprio, per

conservarsi al potere.176

175

Ibidem, pag. 75. 176

Riporto qui il discorso di un deputato del PSD, pronunciato alla Camera dei Deputati, nel 1961 in

occasione di uno scandalo finanziario che colpi la Commissione Mista del Congresso Nazionale

incaricata della recisione del Bilancio Nazionale: “não é mistério para nenhum de nás queparcelapon-

derável da representação desta casa […] mantém suas posições à custa da política de clientela isto è, à

custa daquela política que se faz em duas faixas: a faixa do emprego, dos favores pessoais; e a faixa

de verbas que não têm primeira essencialidade no elenco dos problemas nacionais; mas têm primeira

essencialidade diante do quadro municipal, e às vezes distrital, que vai decidir a sorte do Deputado,

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90

Si può comprendere, quindi, come l‟istituzionalizzazione di un canale di

partecipazione nella definizione ed attuazione del Bilancio, aperto ai settori

tradizionalmente esclusi dagli ambiti di contrattazione clientelare con le

istituzioni, possa avere giovato alla razionalizzazione e alla

democratizzazione del governo locale. Ho spiegato nei capitoli 4 e 5 come

l‟OP abbia introdotto un quadro di regole universali, formalizzate in un

regolamento amministrativo e stabilite di comune accordo tra l‟Esecutivo e gli

organi elettivi dell‟OP stesso, in merito all‟articolazione della partecipazione

cittadini, alle attribuzioni delle diverse istanze che interagiscono al suo

interno, e in relazione ai criteri di allocazione delle risorse. In questo senso il

l‟OP, tramite il suo Regolamento Interno, razionalizza (in senso weberiano) e

democratizza, la dimensione istituzionale pubblica, nella misura in cui vincola

le interazioni tra lo Stato e la società a comportamenti uniformi e prevedibili

definiti da regole: esplicite, in quanto formalizzate e divulgate; impersonali,

nella misura fissano standard di relazioni tra i ruoli, indipendentemente da chi

li interpreta; universali, dato che chiunque può ad esse appellarsi, come ad un

criterio univoco e uguale per tutti; democratiche, visto che alla loro

definizione partecipano cittadini ed istituzioni.

In questo modo l‟OP riqualifica le risorse pubbliche come un bene da

amministrare secondo esplicite regole, sottraendole dalla disponibilità di tipo

privato di cui la classe politica aveva sempre goduto; in questo senso marca

una separazione netta tra ciò che è pubblico e ciò che è privato, distinzione

che, come si è detto, vedeva sfumare i sui contorni nel modello di

dominazione patrimonialista. Inoltre l‟interazione dialogica continua tra

istituzioni e cittadinanza, che ha accompagnato il processo di elaborazione e

attuazione del Bilancio anno dopo anno, ha moltiplicato gli ambiti di

controllo dei governati sui governanti, riqualificando il concetto di

accountability delle istituzioni pubbliche di governo.

do Senador, do Vereador ou do Governador […] O orçamento, via de regra, é retrato de corpo inteiro

dessa política de clientela, que nos transforma em despachantes de luxo”.

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Per quanto riguarda una valutazione complessiva del significato politico

dell‟esperienza, è imprescindibile il giudizio positivo, pressoché unanime tra

gli studiosi delle forme di Bilancio Partecipativo,177

e rafforzato da importanti

riconoscimenti internazionali178

secondo cui, dall‟introduzione dell‟OP, a

Porto Algre, la politica tradizionale di esclusione dei ceti meno abbienti dalla

fruizione del diritto “alla città”, ha subito un‟inversione significativa di

coordinate, orientandosi verso una concezione radicale del ruolo della

partecipazione democratica nell‟individuazione degli obbiettivi delle politiche

pubbliche, che ha qualitativamente ridefinito le direttrici di sviluppo della

città, ponendo come priorità centrale il riconoscimento, il sostegno e il

recupero alla città formale, dei settori sociali urbani maggioritari,

storicamente emarginati.

Occorre precisare, però, che se il riorientamento radicale della policymaking

locale, in favore dei gruppi sociali più deboli, ha inizialmente comportato

momenti di frizione con i gruppi tecnocratici dell‟apparato amministrativo,

con le organizzazioni di interessi imprenditoriali,179

e con i ceti medi e alto–

177

Tra gli studiosi che concordano con una valutazione tendenzialmente positiva, a proposito degli

effetti dell‟OP sulla qualità delle politiche pubbliche, vi sono gli autori su cui mi sono

prevalentemente basato nell‟elaborazione di questa tesi: Luciano Fedozzi, docente di Sociologia

all‟Universidade Federal do Rio Grande do Sul, coordinatore del GAPLAN nella Amministrazione

Olívio Dutra (1989-1992), è stato un personaggio di rilievo nella costruzione dell‟OP e le sue

ricerche in materia sono imprescindibili, citate nella maggioranza degli studi sull‟argomento;

Giovanni Allegretti, docente di Gestione Urbana presso la Facoltà di Architettura dell‟Università di

Firenze, massimo esperto di Bilancio Partecipativo in Italia, conduce da vent‟anni ricerche nella

metropoli Brasiliana. 178

Tra i quali il più illustre è avvenuto presso la Seconda Conferenza Mondiale Sugli Insediamenti

Umani dell‟Organizzazione delle Nazioni Unite – Habitat II (1996). In questa occasione l‟OP di

Porto Alegre è stato selezionato dal Comitato Tecnico della conferenza come una delle 42 migliori

pratiche di gestione urbana al mondo, inoltre la Sezione per l‟America Latina, del Programma di

Gestione Urbana dell‟ONU, riceve il riconoscimento come una delle 22 esperienze di gestione

pubblica più efficienti. Orçamento Participativo. A experiência de Porto Alegre, Terso Genero e

Ubiratan de Souza, Editoria Fundação Perseu Abramo, 1997, pag. 37. 179

Le politiche di regolarizzazione fondiaria dell‟Amministrazione Popolare, hanno incentivato il

recupero di aree di insediamento informale anche nelle zone centrali della città, abdicando alla pratica

di trasferimento verso le zone periferiche di questi nuclei residenziali, impedendo ai monopoli edili

di realizzare profitti dall‟acquisto, riedificazione, e rivendita del suolo o dalla valorizzazione

fondiaria speculativa. Tra gli episodi citati da Giovanni Allegretti, esemplare è quello del recupero

della baraccopoli di Vila Planetario, un insediamento informale di 475 persone proprio nella regione

Centro. La determinazione dell‟Amministrazione a costruirvi un plesso residenziale da affidare alle

stesse famiglie che si erano insediate abusivamente in quell‟area, si scontrò duramente, anche con

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borghesi, la gestione politica di questo processo, praticamente monopolizzata

dai quadri locali del PT, ha presto individuato come prerogativa parallela il

raggiungimento di un esteso “patto sociale”:180

guadagnare, in sostanza,

appoggio e credibilità presso parte dei settori accantonati dalla

sperimentazione, inizialmente ideologico–classista, dell‟OP. Mi è risultato

difficile individuare una chiara ed esplicita strategia politica, che potesse

spiegare come una classe dirigente promotrice di riforme istituzionali e

politiche pubbliche progressiste, abbia potuto ottenere un consenso diffuso, in

un contesto sociale e politico in cui era consolidato il “patto” clientelare

conservatore tra le istituzioni e interessi economici emergenti. Tuttavia è

possibile ripercorrerete alcune delle dinamiche attraverso cui

l‟Amministrazione Popolare ha attratto a se diversi attori, aggregando quella

che è stata definita la “coalizione alternativa”.181

Ad esempio, se parte del

settore imprenditoriale legato alla speculazione edilizia, viene danneggiato

dall‟interruzione della simbiosi clientelare con la politica, altri comparti

dell‟imprenditoria privata trovano vantaggi nel potenziamento delle

infrastrutture che le prime Amministrazioni Popolari riescono ad attuare,

grazie al risanamento della situazione finanziaria del

Comune.182

Contemporaneamente, l‟aumento della spesa per servizi, e le

generose politiche salariali per i funzionari, mantengono un settore

impiegatizio sviluppato e professionalizzato, la cui relativa soddisfazione si

traduce in un generale appoggio all‟amministrazione. Inoltre,

dall‟introduzione delle Plenárias Temáticas, una pluralità di enti estranei alla

strutture di pianificazione urbanistiche del Comune, e con Assessorati della stessa maggioranza. Vedi

Giovanni Allegretti, op. cit. pag. 256.

Inoltre la riforma tributaria della IPTU (cfr. cap. 3.6) vide una forte resistenza dell‟opposizione al

Legislativo (PST-PDT) e delle organizzazioni imprenditoriali, nella misura in cui introduceva la

progressività del imposta sulle proprietà urbane e rurali, che, tra le altre cose, scoraggiava

l‟accumulazione di terra tramite cui i monopoli edili urbani e rurali valorizzavano artificialmente le

quotazioni dei terreni, a scopi speculativi. Cfr. Luciano Fedozzi, (2000), op, cit., pag. 83. 180

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 229. 181

R. Abers, Practicing Radical Democracy – Lessons from Brazil, pubblicato in “Plurimondi”, n.2,

2000, citato in Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 231. 182

Ad esempio l‟ottima riorganizzazione della copertura dei trasporti pubblici (1994), fiore

all‟occhiello di Porto Alegre, ha creato importanti opportunità economiche anche per il settore

privato.

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mobilitazione comunitaria, come organizzazioni di categoria, sindacati,

movimenti ecologisti, studenteschi, artistici, ONG, associazioni di

volontariato per l‟assistenza ai bambini, associazioni di personale del mondo

dell‟istruzione, e altre forme di aggregazione più vicine agli interessi e alle

sensibilità politiche della classe medio–alto borghese, trovano un canale di

partecipazione effettivo nella definizione delle politiche di investimento del

Comune. L‟istituzione di queste aree a tema di discussione del Bilancio, è

servito a coinvolgere una pluralità di soggetti sociali, in precedenza

scoraggiati a partecipare all‟OP,183

su ambiti di intervento pubblico che non

venivano percepiti come immediatamente prioritari dai settori sociali più

deboli, ma che, comunque, costituiscono aspetti imprescindibili dell‟azione

Amministrativa per lo sviluppo locale. In particolare hanno visto un trend di

crescita costante, come percentuale sul totale dei fondi di Piani di

Investimenti,184

politiche settoriali specifiche come ad esempio: il

finanziamento allo sviluppo economico (gli incentivi alla impresa privata

come la ristrutturazione del mercato di „Bom Fim‟ nel 1998),185

la riqualifica

dell‟istruzione (mediante il potenziamento dei corsi di formazione e

qualificazione professionale per il personale) e la promozione dei luoghi di

aggregazione sociale (tramite, ad esempio, le richieste crescenti di costruzione

di piazze pubbliche).186

Oltre a questo processo di coinvolgimento diffuso e

differenziato della società nelle arene di partecipazione dell‟OP, altre mere

“accortezze” dell‟Amministrazione nei confronti della classe media, hanno

contribuito notevolmente a mantenerla mansueta; come sostiene, ad esempio,

Giovanni Allegretti citando Abers l‟appoggio della classe media “[…] è stato

183

Il settore medio, in quanto minoritario, vedeva il proprio ingresso agli ambiti di partecipazione

dell‟OP, scoraggiato dai principi tendenzialmente maggioritari in base a cui erano strutturati: come

spiegato nel capitolo 4.2, le probabilità per una regione di vedere soddisfatte le proprie richieste di

opere e sevizi sono positivamente correlate alla corrispondenza tra le aree di intervento che ha votato

come prioritarie, e quelle maggiormente votate a livello cittadino. Le priorità delle poche regioni

benestanti, non sarebbero mai state, ovviamente, quelle selezionate dalla maggioranza delle regioni

povere, quindi eventuali richieste di opere e sevizi dei settori medi di tutte le regioni sarebbero state

sistematicamente penalizzate nel punteggio. 184

Dallo studio di Adalmir Marquetti, cfr. cap. 3.7. 185

Mercato centrale della città. 186

Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 224.

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direttamente stimolato dal Comune con un‟accorta politica di manutenzione

di servizi di alta qualità nel centro cittadino e nei quartieri borghesi (trasporti

pubblici, raccolta dei rifiuti - inclusa quella differenziata che oggi tocca il

90% della città – manutenzione delle strade e del verde pubblico), che le ha

permesso di offrire all‟opinione pubblica un immagine di „efficienza e

competenza‟… giovandosi dell‟anelito a politiche „democratiche‟,

„trasparenti‟ e „socialmente giuste‟ emerso in corrispondenza dello scandalo

che nel ‟92 portò all‟impeachment del Presidente Collor ”.187

In definitiva, alla luce di queste considerazioni, sembra evidente che lo

sviluppo e l‟esistenza stessa dell‟OP, come strumento di riequilibrio dei divari

sociali nella città, è dipeso in larga misura dall‟abilità della classe politica al

potere, nel ricomporre intorno ad esso universi sociali configgenti, nell‟

indurli a considerarsi reciprocamente come soggetti diversi, titolari dello

stesso diritto a partecipare allo sviluppo di un territorio comune, processo non

più inteso come conflitto a somma zero, ma come un gioco di collaborazione,

in cui tutti possono guadagnare qualcosa dalla cooperazione. L‟effetto più

ambiguo delle strategie affinate nel tempo dalle Amministrazioni Popolari,

che complica la valutazione politica del significato dell‟esperienza dell‟OP,

consiste forse nel fatto sorprendente che, progressivamente, le voci di spesa

del Piano deli Investimenti hanno visto aumentare i fondi destinati a servizi e

opere di importanza sentita come trascurabile dai settori meno abbienti, e che

parte di queste spese sono state avvallate nelle sedi dell‟OP, vale a dire

proprio negli ambiti dove questi gruppi sociali, maggiormente rappresentati,

avrebbero potuto opporvisi. Ci si potrebbe chiedere, allora, se e il grado di

legittimazione spendibile nell‟implementazione di scelte politiche

convenzionali,188

che l‟amministrazione ha capitalizzato mediante l‟apertura

di canali di partecipazione ai settori popolari,189

non sia stato un obiettivo

187

R. Abers, Practicing Radical Democracy – Lessons from Brazil, pubblicato in “Plurimondi”, n.2,

2000, citato in Giovanni Allegretti, op. cit. , pag. 233. 188

Come la tutela degli interessi dell‟imprenditoria privata e in generale della classe media. 189

Ho individuato un riferimento teorico utile a questa interpretazione dell‟allargamento della

partecipazione come strumento di legittimazione del potere pubblico, nel testo di Niklas Luhmann,

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politico intenzionale, tanto quanto, o ancora più che, l‟ambizione dichiarata di

consegnare uno strumento di promozione radicale della cittadinanza a coloro

cui era materialmente preclusa. Tuttavia mi sembra inutile contrapporre

dialetticamente le due prospettive, vale a dire cercare di stabilire se l‟apertura

della partecipazione attiva ai settori più deboli, sia stata uno strumento

destinato al riequilibrio delle disparità d‟accesso ai servizi e alle infrastrutture

urbane, o se sia stata prevalentemente una strategia di Frente Popular, per

„educare‟ e vincolare il Movimento Comunitario ad una politica

„convenzionale‟- che non può, cioè, prescindere dall‟appoggio dei settori

economicamente più attivi ed influenti; l‟idea che mi sono fatto tramite gli

studi effettuati per la realizzazione di questo elaborato è, infatti, che

Legitimation durch Verfahren, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1983, trad. It., Procedimenti

giuridici e legittimazione sociale, a cura di Alberto Febbrajo, Giuffrè, Milano, 1995. In merito al

tema introdotto ciò che mi sembra rilevante dell‟analisi di Luhmann, è la ricerca di una spiegazione

della legittimità intesa “come disponibilità generalizzata ad accettare entro determinati limiti di

tolleranza decisioni ancora indeterminate nel contenuto.” Né le basi metafisiche del giusnaturalismo,

né la forza del diritto frutto di decisioni del positivismo giuridico, né tantomeno il concetto weberiano

di obbedienza alla legittimità razionale basata sulla convinzione della legalità degli ordinamenti,

bastano a spiegare il perché della accettazione generalizzata degli effetti delle decisioni basate sul

diritto (procedimenti giuridici). Da questa lacuna delle scienze sociologico–giuridiche Luhmann

perviene al concetto di “legittimazione mediante procedimento”. Il procedimento giuridico è qui

inteso come un sistema sociale in cui “ogni decisione parziale dei singoli partecipanti si trasforma in

un fatto, ponendo le premesse decisionali per gli altri partecipanti, e strutturando quindi la situazione

comune, senza però generare meccanicamente ciò che si verificherà successivamente.” La struttura

del sistema è data da “norme giuridiche generali” come “le regole che riguardano la rilevanza,

l‟ammissione di persone e l‟introduzione di temi , la traduzione e la definizione di ciò che perturba o

addirittura distrugge il sistema”; la sua funzione è quella di semplificare il mondo reale e limitare le

possibilità di azione dentro il sistema: “una matrice di eventi possibili”.

A tutti i partecipanti è riconosciuto un ruolo in virtù di questa flessibilità ma se “i procedimenti sono

strutturalmente organizzati in maniera da non determinare l‟agire”, essi “sono inseriti in una

determinata prospettiva funzionale”. In pratica la legittimazione mediante procedimento si alimenta

con l‟attribuzione di un ruolo attivo e determinante ai partecipanti, in un gioco in cui i risultati

possibili sono già stati determinati: la possibilità di determinare i risultati consentiti rappresenta la

“determinata prospettiva funzionale”, obiettivo attorno al quale si vuole costruire una legittimità

sociale, generata dal progressivo vincolarsi dei partecipanti, mediante la stessa partecipazione. Nel

procedimento elettorale, ad esempio, la legittimità sociale di un sistema democratico rappresentativo,

non si basa esclusivamente sul diritto di voto la cui attuazione “è praticamente priva di conseguenze”

sul sistema politico. Sta, infatti, alla comunicazione politica, che si serve di “valori astratti ed

identificazioni simboliche” riconsegnare all‟elettore un ruolo che lo motivi ad “integrarsi nel

procedimento”e, quindi, a legittimarlo.

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l‟esperienza dell‟OP abbia un significato polivalente, secondo cui le due

interpretazioni sopra proposte non si escludono necessariamente a vicenda.

D‟altronde se da una parte l‟OP ha comportato il riorientamento delle

politiche di allocazione delle risorse pubbliche in direzione di una sostanziale

equità distributiva, attuato mediante la valorizzazione della partecipazione

nella pianificazione urbana, dei settori sociali più deboli e storicamente

esclusi, difficilmente questo strumento amministrativo avrebbe potuto

consolidarsi come istituzione democratica se non si fosse progressivamente

trasformato, da “cavallo di Troia” dei ceti meno abbienti nelle istituzioni

pubbliche, in ambito aperto ed effettivamente fruibile per la partecipazione

di una ampia pluralità di soggetti sociali e politici.

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www.schwartzman.org.br\simon\bases\bases.htm . Per praticità di chi

legge nel rintracciare le citazioni, ho provveduto a convertire il testo

scaricato da internet in un unico file di testo, in cui ho inserito la

numerazione progressiva delle pagine – cosa assente nella versione on-line

per le caratterictiche del il tipo di output informatico. Il file del testo è

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disponibile nella sezione allegati in cd-rom sotto il nome file di : S.Bases

do autoritarismo brasilero.doc.