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il battito di ciò che siamo L’A R T E I N A S C O LTO T R A L E M U R A D E L L’O S P E DA L E

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il battito di ciò che siamoL ’ A R T E I N A S C O L T O T R A L E M U R A D E L L ’ O S P E D A L E

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L’ospedale è il luogo perfetto per ragionare della vita, qui si nasce e si muore, si attraversa il viaggio della malattia, si guarisce, ci si accorge di cosa conta davvero. Crediamo che, in questi tempi di velocità e disattenzione, avere uno spazio dove fermarsi a guardare, a riflettere, a comprendere qualcosa del mondo e di se stessi, sia opportuno anzi necessario. In questo l’arte può aiutarci, in quanto strumento che riesce a mettere a fuoco chi siamo, a dare attenzione agli altri, a tirare fuori cose che altrimenti resterebbero inespresse. Per questo abbiamo deciso di realizzare Degenze Artistiche, un progetto di residenza artistica all’interno del Policlinico. La call pubblica lanciata per scegliere gli artisti under 35 ha avuto subito molto riscontro, una commissione formata da Valerio Grutt (poeta e ideatore del progetto), Luigi Bartolomei (architetto), Andrea Chiesi (pittore), Francesca D’Agnano (organizzatrice culturale), Elena Di Gioia (produttrice teatrale) e Pierfrancesco Pacoda (giornalista musicale), ha selezionato i partecipanti che, tra settembre e ottobre 2019, hanno frequentato quotidianamente i reparti, entrando in relazione con pazienti e familiari, medici e infermieri, operatori e volontari. Questa esperienza ha dato loro la possibilità di elaborare una serie di opere che sono state esposte e messe in scena in occasione di una prima restituzione pubblica il 18 ottobre 2019, quando oltre alla visione delle opere degli artisti visivi era possibile partecipare alla performance “7_Il corpo degli altri” dei danzatori Elena Di Gioia e Gianluca Pavone e allo studio-spettacolo “Assenza sparsa” di Jacopo Bottani e Luca Oldani. Per Art City 2020, la Fondazione Policlinico Sant’Orsola apre di nuovo le porte dell’ospedale, ospitando all’interno del padiglione 7 le mostre di Sara Savini, Greta Di Poce e Filomena Maietta artiste del progetto Degenze Artistiche e due opere di due amici della Fondazione, artisti già noti nel mondo dell’arte contemporanea: Andrea Chiesi e Nicola Evangelisti. Grazie a questo progetto è venuto fuori tanto: visioni, emozioni, il valore dello scambio vero e sincero, un percorso di gioia e dolore, di umanità, restituito alle persone.

Giacomo FaldellaPresidente Fondazione Policlinico Sant’Orsola ONLUS

L’ospedale come luogod’arte e di incontro

“La vita quando è in pericolo o è fragile perché appena nata, batte più forte. L’arte può mettersi in ascolto di questo battito.

Può captare, trasmettere e condividere ciò che spesso non si riesce a dire e rimane nascosto.

Può accendere una luce, aprire uno spazio dove comprendere qualcosa in più del mondo e di se stessi”.

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Il battito di ciò che siamo è un suono preciso, che batte all’unisono per tutti e ci parla di noi. Può capitare di sentirlo nell’attimo prima di addormentarsi, di percepirlo sull’autobus mentre un bambino cerca per caso il nostro sguardo, di sentirlo arrivare nell’aria di una cerimonia, di una meditazione. Risuona nelle nostre dichiarazioni più sincere, in una frase letta per sbaglio su un cartellone pubblicitario, nel rumore di un bicchiere che si infrange come nell’esplosione di una stella lontana. Ci parla di un mistero che sta dentro la vita, della vita stessa con la sua forza. Solo facendo attenzione alla parte profonda di noi possiamo ascoltarlo, solo porgendo l’orecchio all’altro, nei momenti in cui la vita ci dà uno spazio di immersione o di volo. In ospedale sono diverse le occasioni per sentirlo. Il viaggio della malattia ci pone spesso in una posizione di ascolto, spogliandoci del ruolo, delle armature, mettendoci faccia a faccia con ciò che siamo davvero. Ma non resta, non si fa catturare facilmente, non è sempre nitida la sua frequenza. L’arte può mettersi in ascolto di questo battito, può canalizzarlo, trasformarlo in un’opera, in esperienza comune. Il progetto Degenze Artistiche della Fondazione Policlinico Sant’Orsola, ha dato la possibilità a sette giovani artisti di fare proprio questo: mettersi in ascolto del battito per fermarlo, invitarlo a restare, dargli una forma. Dopo circa un mese di ricerca, di lacrime e risate, confronti ed esperimenti, il Policlinico è diventato una galleria, un teatro, una piazza filosofica dove ragionare della vita e della morte. Dove incontrarsi per condividere la felicità e le paure dell’esperienza umana.Il percorso espositivo si è arricchito poi dell’intervento di altri due artisti che hanno sentito vicina la nostra ricerca e hanno così contribuito con le loro opere ad andare ancora più in profondità, per aiutarci a sentire il battito e la salvezza che porta.

Valerio GruttDirettore artistico Degenze Artistiche

Un mistero che stadentro la vita

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“Invisibile” di Sara Savini, mostra fotografica

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“Invisibile” di Sara Savini, mostra fotografica

Sara Savini (Giulianova, 1996), ha frequentato il reparto di Oftalmologia, realizzando il progetto fotografico “Invisibile” che propone immagini ottenute tramite sofisticati apparecchi che hanno fotografato il fondo oculare dove il mondo si rispecchia in forme e linee astratte ed eteree, lasciandoci immaginare paesaggi e visioni.

“Mi sono focalizzata sulle immagini che gli apparecchi ospedalieri producono per analizzare l’interno dell’occhio dei pazienti. Essi, attraverso onde elettromagnetiche differenti dalla luce visibile permettono di vedere il mondo microscopico ed invisibile che ognuno ha nel proprio interno. Ho deciso di utilizzare queste immagini, nate con il fine di essere analisi, documenti e oggetto di studio e trasformarle in fotografie attraverso un processo off-camera, parte fondamentale di questa documentazione”.

Sara Savini

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“Codice bianco” di Greta Di Poce olio, pastelli e vernice su carta150x400 cm

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“Senza titolo”di Filomena Maiettaolio, acrilico, inchiostro, penna, pastelli su carta200x400 cm

Greta Di Poce (Pontecorvo, 1997) e Filomena Maietta (Pomigliano D’Arco, 1998) hanno frequentato il reparto di Geriatria e realizzato, alternando pittura ad elementi multimediali, alcune installazioni ispirate agli incontri con i pazienti, le loro storie, le emozioni, i segni che lascia la vita.

“Quando si ascolta si è sempre su una soglia tra il proprio io e la superficie dell’altro, la sua epidermide comunicante. Sempre in punta di piedi, ho teso la mia pelle verso le rughe di un altro, rughe come dighe della memoria, umori acquei persi verso il retroscena della vita. L’ospedale e l’arte hanno un nodo comune, la verità del corpo e del sentire.L’esperienza di queste verità, quella del dolore e della nostalgia, come della speranza e del soffio vitale che non abbandona mai nessuna stanchezza, mi hanno dato l’impulso a sopravvivere sempre in qualità d’artista, nonostante ogni fallimento dell’opera, nonostante ogni tentativo di dare materia all’indicibile del sentire e del condividere.Cerco di far mappa del mondo e del senso, ma cade tutto”.

Greta Di Poce

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“Diario clinico” di Greta Di Poce, tecnica mista su carta

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Manca bio

“I miei occhi sono le mie mani. I miei occhi sono le mie gambe. I miei occhi sono la mia voce. I miei occhi non vedono ciò che vedo. Ho provato a distendere le mie pieghe, ma ho riavvolto, piegato e ripiegato la mia carne. La mia carne che è memoria, trascinata in una danza, immobilizzata, riflessa, abbandonata, ridotta attraverso il fondo di se stessa ad una piccola ridondante pulsazione del fuori e del dentro”.

Filomena Maietta

“Liquor, a Silvia” di Greta di Poce, installazione

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“Partes extra partes (a Gino)” di Filomena Maietta, installazione video

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1918

Andrea Chiesi (Modena, 1966), formatosi frequentando la scena della controcultura punk dei primi anni ‘80, ha poi sviluppato una lunga ricerca sul paesaggio contemporaneo, attraverso una pittura lenta e rigorosa. È entrato in contatto con la Fondazione Policlinico Sant’Orsola grazie al progetto Degenze Artistiche al quale ha preso parte come membro dell’equipe per la scelta dei giovani artisti partecipanti.

L’opera Too Drunk è stata esposta nei Chiostri di San Pietro in Reggio Emilia nel 1998 durante la mostra - performance L’Apocalisse di Giovanni, realizzata con Giovanni Lindo Ferretti e il Consorzio Suonatori Indipendenti.Il titolo è la citazione di una canzone del gruppo punk Dead Kennedys, e si tratta di una grande composizione (140x300 cm) di sei fogli disegnati a inchiostro su carta incollata su tela. Riprende il tema della deposizione classica sotto uno sguardo alternativo: sdraiate su una diagonale che attraversa lo spazio oscuro del dipinto, due figure illuminate dall’interno cercano un conforto e una cura vicendevole. La scena, anche se misteriosa e un po’ inquietante, evoca serenità e a suo modo dolcezza. Le mani e le dita si moltiplicano, si muovono alla ricerca di una carezza, di un tocco che guarisce, di una salvezza.

Andrea Chiesi

“Too Drunk” 1996 di Andrea Chiesi inchiostro su carta telata 140x300 cm

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Nicola Evangelisti (Bologna, 1972), diplomato in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dalla fine degli anni novanta ha sviluppato un percorso artistico caratterizzato dall’uso della luce artificiale e incentrato su temi scientifici e cosmologici. Proprio sulla base di questi interessi nasce la collaborazione con la Fondazione Policlinico Sant’Orsola in occasione di Art City 2020.

Il progetto “Mapping the brain” tramite la realizzazione di installazioni luminescenti site specific per il Policlinico Sant’Orsola, è ispirato al concetto di “topologia della mente”; all’idea di mondo delle idee come spazio abitabile e percorribile.

Nicola Evangelisti

“Sinapsi” 2010di Nicola Evangelisti

acrilico fosforescente su carta montata su alluminio

70x100 cm

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Fondazione Policlinico Sant'Orsola ONLUS

Via Albertoni, 15 | 40138 BolognaStanza 35, 1° piano, padiglione 3

Tel. 051 21 41 23 7 | Cell. 366 20 27 289

www.fondazionesantorsola.it

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