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Il bagno pubblico: un’infrastruttura scomparsa per cittadini e turisti Il bagno pubblico, nel lungo periodo, ha sempre rivestito grande importanza all’interno della città. Legato al sistema igienico e alla modernizzazione della vita come infrastruttura, ha assunto fin dalla sua comparsa il ruolo di servizio affiancandosi ad altri con la capacità di attrarne di nuovi, come nel caso romano della Casa del Passeggero. Il bagno pubblico è stato luogo di incontri e intreccio di storie ben rappresentate nell’arte, nella letteratura, persino nella cinematografia. Segno di civiltà, esso rappresenta una interessante prospettiva di analisi della città anche contemporanea poiché la sua scomparsa e il suo essere oggetto di studio da parte di architetti e artisti ne attesta il ruolo cruciale non solo in campo urbanistico ma anche per quanto riguarda i mutamenti della società. Gli scritti che seguono indagano, in maniera interdisciplinare, il bagno pubblico come nucleo essenziale della città, come infrastruttura, come potenziale da sviluppare anche nella costruzione di itinerari turistici, nella programmazione di grandi eventi e come elemento di integrazione tra le diverse culture che convivono sul suolo urbano. Maria Spina, Emma Tagliacollo 1815

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Il bagno pubblico: un’infrastruttura scomparsa per cittadini e turisti

Il bagno pubblico, nel lungo periodo, ha sempre rivestito grande importanza all’interno della città. Legato al sistema igienico e alla modernizzazione della vita come infrastruttura, ha assunto fin dalla sua comparsa il ruolo di servizio affiancandosi ad altri con la capacità di attrarne di nuovi, come nel caso romano della Casa del Passeggero. Il bagno pubblico è stato luogo di incontri e intreccio di storie ben rappresentate nell’arte, nella letteratura, persino nella cinematografia. Segno di civiltà, esso rappresenta una interessante prospettiva di analisi della città anche contemporanea poiché la sua scomparsa e il suo essere oggetto di studio da parte di architetti e artisti ne attesta il ruolo cruciale non solo in campo urbanistico ma anche per quanto riguarda i mutamenti della società. Gli scritti che seguono indagano, in maniera interdisciplinare, il bagno pubblico come nucleo essenziale della città, come infrastruttura, come potenziale da sviluppare anche nella costruzione di itinerari turistici, nella programmazione di grandi eventi e come elemento di integrazione tra le diverse culture che convivono sul suolo urbano.

Maria Spina, Emma Tagliacollo

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Bagno pubblico e bene comune: il patto di collaborazione come opportunità per il decoro, la salute e la qualità

urbana. Il caso di Bologna Elio Trusiani

Università di Camerino – Ascoli Piceno – Italia Parole chiave: bagno pubblico, bene comune, cittadinanza attiva, patto di collaborazione, quartiere.

1. Cenni introduttivi Lo spunto è tratto da una storia recente a scala di quartiere: la ristrutturazione del bagno pubblico all’interno del parco in via dei Giardini, nel quartiere Navile, per opera dell’associazione di volontariato Ca’ Bura di Bologna. Tale iniziativa è occasione per raccontare una forma inedita di partecipazione basata sulla co-progettazione e l’assunzione di responsabilità da parte dei cittadini nella gestione di un bene comune della città nello specifico, un WC pubblico. Aldilà della descrizione tecnica dell’intervento di ristrutturazione – che prevede il ripristino dei vespasiani, la copertura dello scolo di scarico sul retro del muro del vespasiano (lato orto), il rifacimento del pavimento e dello scarico della fontana posta a fianco dei bagni, e le forme di sostegno garantite dall’Amministrazione – questo resoconto intende mettere in evidenza le seguenti questioni: a) gli elementi fondamentali del patto di collaborazione, attraverso una sintesi del documento organizzata in una checklist di domanda/risposta riguardante lo strumento, i contenuti, i principi regolatori della partnership, la validità temporale del patto; b) il ruolo del Comune come promotore di forme di cittadinanza attiva per interventi di cura e di rigenerazione dei beni comuni urbani, operati dai cittadini come singoli o attraverso formazioni sociali stabilmente organizzate; c) il ruolo dei cittadini come co-progettisti, superando la fase della partecipazione dei post it; d) il ruolo dell’Ufficio Promozione della Cittadinanza Attiva che cura insieme ai quartieri i rapporti con i cittadini e i quartieri stessi, e/o gli altri uffici. Da questa esperienza sembrano trasparire rinnovate forme di urbanistica bottom up: tattiche e strategie di microplanning, pur sempre sotto la regia dell’organo centrale, che trovano nel quartiere l’unità progettuale e sperimentale di riferimento.

2. Lo strumento e l’intervento Qual è lo strumento utilizzato e i relativi contenuti? Il Patto di Collaborazione (PC) che definisce e disciplina le modalità di collaborazione tra il Comune e il Proponente per la realizzazione delle attività e degli interventi concordati in fase di co-progettazione: questa potrà essere riaperta anche in corso di realizzazione delle attività, al fine di concordare gli eventuali adeguamenti necessari emersi. Il Patto di Collaborazione, come si legge all’articolo 5 del Regolamento dei Beni comuni1, è «lo strumento con cui Comune e cittadini attivi concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura e rigenerazione dei beni comuni. […] Il contenuto del patto varia in relazione al grado di complessità degli interventi concordati e della durata della collaborazione». La proposta per la ristrutturazione del bagno pubblico all’interno del “Parco dei Giardini” al Navile si sviluppa nei seguenti tre interventi: ripristino dei vespasiani, copertura dello scolo di scarico sul retro del muro del vespasiano e rifacimento del pavimento e dello scarico della fontana posta a fianco dei bagni. Le attività proposte sono svolte a titolo di volontariato e sono sostenute secondo quanto stabilito dal patto stesso; questo è il frutto di

1 Il 19 maggio 2014, il Comune di Bologna ha approvato il regolamento sulle forme di collaborazione, tra cittadini e Amministrazione, per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani. Consultare il sito http://comunita.comune.bologna.it/beni-comuni.

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un lavoro di dialogo e di confronto, nel quale confluiscono i contenuti, gli interventi e le regole concordate in fase di co-progettazione Quali sono i principi che regolano la partnership? Nella realizzazione dell’opera il Comune e l’associazione Ca’ Bura si impegnano a operare in uno spirito di leale collaborazione per la migliore realizzazione delle attività, secondo i principi di sussidiarietà, efficienza, economicità e trasparenza; come si legge nel PC le parti si impegnano a scambiarsi tutte le informazioni utili per il proficuo svolgimento delle attività anche mediante il coinvolgimento di altri Settori e Servizi interni ed esterni all’Amministrazione comunale ispirandosi ai principi di fiducia reciproca, responsabilità, sostenibilità, proporzionalità, piena e tempestiva circolarità delle informazioni, valorizzando il pregio della partecipazione; infine si impegnano a svolgere le attività concordate nel rispetto dei principi del Regolamento sui Beni Comuni. Al termine degli interventi la ditta esecutrice sarà tenuta a presentare una certificazione di corretta esecuzione dei lavori. Quali sono gli impegni delle parti? Da parte sua il proponente si impegna a utilizzare il logo “Collaborare è Bologna” e il logo del quartiere sul materiale eventualmente prodotto nell’ambito delle attività previste mentre il Comune si impegna a valutare, anche su segnalazione del proponente, gli adeguamenti necessari per rendere maggiormente efficaci le azioni previste nell’interesse della cittadinanza pur sempre nei limiti delle risorse disponibili e nel rispetto delle priorità di intervento del Comune. Al termine dei lavori, il Proponente dovrà fornire al Comune una relazione finale illustrativa delle attività svolte, secondo lo schema allegato al relativo patto di collaborazione, e il Comune si adopererà a: 1) promuovere, nelle forme ritenute più opportune, un’adeguata informazione alla cittadinanza sull’attività svolta dall’Associazione nell’ambito della collaborazione con il Comune e, più in generale, sui contenuti e le finalità del progetto; 2) rendere pubblici, nelle forme ritenute più opportune, i materiali promozionali e di rendicontazione prodotti dal proponente in relazione alle attività previste nel patto. Il Comune, tuttavia, si riserva la facoltà di effettuare le opportune valutazioni sulla realizzazione delle attività tramite sopralluoghi specifici. Qual è l’impegno economico dell’Amministrazione pubblica? Il Comune, come accennato precedentemente e come concordato in fase di coprogettazione, sostiene la realizzazione delle attività previste, secondo quanto previsto dal regolamento per la cura dei beni comuni (art. 24) attraverso un contributo di carattere finanziario a parziale copertura dei costi da sostenere per far fronte a necessità non affrontabili con sostegni in natura, nel limite massimo di 1.800,00 euro: in particolare il contributo può essere utilizzato per sostener tipologie di costi come: canala con griglia zincata, lamiera in acciaio, controtelaio. I costi da sostenere, preventivamente stimati, andranno dettagliatamente rendicontati e documentati al Comune, allegando allo schema di rendicontazione gli scontrini e le fatture attestanti le spese effettivamente sostenute. Qual è la validità del Patto di Collaborazione? Il patto di collaborazione ha validità dalla data di sottoscrizione al 31 dicembre 2016; all’interno dei reciproci compiti, è onere dell’associazione Ca’ Bura dare immediata comunicazione di eventuali interruzioni o cessazioni delle attività o iniziative e di ogni evento che possa incidere su quanto concordato. Il Comune, per motivi di interesse generale, può disporre la revoca del patto di collaborazione; va segnalato, infine, che la responsabilità e la vigilanza, ai sensi degli art. 31 e 32 del regolamento sui beni comuni, sono in carico al proponente.

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3. Considerazioni L’esperienza della ristrutturazione del bagno pubblico del “Parco dei Giardini” nel quartiere del Navile è il pretesto per riflettere attorno al tema di un bene comune, quale il bagno pubblico, e approfondire le nuove forme di partecipazione proposte. Prima di tutto va posto l’accento sul Regolamento dei Beni Comuni e i patti di collaborazione previsti dallo stesso: si tratta di un’innovazione fondamentale nella tradizionale pratica partecipativa che, oltre a rafforzare un percorso consolidato e pluriennale nell’esperienza bolognese, diviene la base per la fattibilità degli interventi favorendo la partecipazione, l’inclusione e il coinvolgimento dei cittadini nell’ottica di una presa di coscienza e responsabilità rinnovata, nella forma e nelle azioni. È in questo che si realizza il passaggio dalla partecipazione dei post it all’assunzione di responsabilità (Rizzo Nervo, 2017) ed è qui che risiede la forza sperimentale del patto di collaborazione: questo è il frutto di un lavoro di dialogo e di confronto, nel quale confluiscono i contenuti, gli interventi e le regole concordate in fase di co-progettazione. Inoltre, va sottolineato il ruolo del Comune come promotore e valorizzatore di forme di cittadinanza attiva per gli interventi di cura, manutenzione e rigenerazione dei beni comuni urbani, operati dai singoli cittadini o attraverso formazioni sociali stabilmente organizzate. Si propone una partnership che non si basa sul rapporto pubblico/privato così come inteso nelle forme pattizie degli anni ’90 e le successive sperimentazioni che facevano leva sulla sostenibilità/fattibilità economica, bensì sulla sostenibilità sociale degli interventi e la responsabilità condivisa tra gli attori del patto. Co-responsabilità nella co-progettazione e nella condivisione delle forme gestionali, della manutenzione e del monitoraggio. Entrambe le parti, infatti, sono chiamate a svolgere un ruolo attivo in tutte le fasi del processo decisionale e progettuale, alternando forme di collaborazione e reciproco controllo. In questo scenario, il ruolo dei cittadini cambia: adesso sono co-progettisti e non più un pubblico passivo di processi partecipativi avviati, in molti casi, su una rosa di progetti scelti dall’ente pubblico e realizzata in fase intermedia e/o finale del processo decisionale. Nel caso del Patto di Collaborazione è il proponente che si fa portavoce di un’esigenza e di un progetto da condividere con l’amministrazione. Naturalmente si trattano di piccoli interventi2 per la gestione e manutenzione dello spazio quotidiano di vita e non di grandi opere, ma rappresenta un significativo passo in avanti nel processo di responsabilizzazione del proponente nonché di educazione alla cura e alla gestione dello spazio pubblico e della cosa pubblica. Da questo punto di vista è fondamentale, nel caso di Bologna, il ruolo ricoperto dall’Ufficio Promozione della Cittadinanza Attiva che cura, insieme ai quartieri3, i rapporti con i cittadini e i quartieri stessi, e/o con gli altri uffici. Nell’esperienza bolognese, il quartiere torna protagonista come entità sociale, fisica e spaziale nel quale le forme partecipative “rinnovate” trovano un fertile campo di applicazione per gli interventi di microplanning. Il quartiere, con il suo significato di micro società locale, di unità di vicinato, di luogo dove si addomestica o si esalta la complessità urbana e sociale nonché per la sua dimensione limitata, che ne fa un

2 I patti di collaborazione riguardano molte aree della città; qui di seguito una breve rassegna che restituisce dimensione, oggetto e categorie di intervento diversificate per ogni area in oggetto: Interventi di cura, manutenzione e tutela igienica del Centro Civico W. Michelini – Quartiere Navile; Il giardino polivalente – Quartiere Savena; Riqualificazione piazzetta Morandi – Quartiere Santo Stefano; Manutenzione e tutela igienica dell'area antistante l’ingresso del Teatro San Leonardo – Quartiere Santo Stefano; Irma Bandiera Memoria Resistenza e Street Art – Quartiere Porto-Saragozza; Welfare di comunità nel giardino Sara Jay – Quartiere Navile; Gestione dei campi sportivi situati presso i Giardini Margherita – Quartiere Santo Stefano; Mens sana in corpore sano? – Quartiere Savena. 3 Ai quartieri sono delegate funzioni in materia di: servizi sociali, minori e famiglie, disabili, adulti, anziani, servizi educativi e scolastici, servizi sportivi, attività culturali, anche rivolte ai giovani e rapporti con le associazioni, assetto del territorio, servizi demografici. Consultare il sito http://www.comune.bologna.it/comune/settori/17:1083/5112.

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tassello controllabile/monitorabile del mosaico urbano, diviene il campo d’azione privilegiato. A Bologna, così come in tante altre realtà, soprattutto estere4 quali Londra, Glasgow, Copenaghen e Malmö, solo per citarne alcune, il quartiere viene assunto come unità progettuale all’interno del quale avviare processi e progetti per la rigenerazione urbana a partire dai bisogni primari della popolazione: messa in sicurezza, sostenibilità sociale, qualità della vita, prevenzione dei rischi e resilienza, sicurezza sociale, equità, applicazione dei principi di città sana. In tal senso l’intervento bolognese assume notevole rilevanza perchè ribadisce l’importanza del WC pubblico come dotazione imprescindibile non solo per un quartiere – esistente e di nuova progettazione –, ma soprattutto per quegli spazi della città che, oggi come non mai, rappresentano luoghi di socialità e aggregazione5. Le azioni di microplanning sollecitate dai patti di collaborazione si fondano sull’azione quotidiana dei cittadini e dell’amministrazione nella quale il patrimonio pubblico è considerato una risorsa di sviluppo della comunità e alla quale rispondono precisi campi di azione: salute e benessere, diffusione di luoghi di opportunità e spazi collaborativi, inclusione sociale, educazione, diritti e pari opportunità, attrattività ed economia di prossimità, ecc.

Bibliografia R. D’Onofrio, E. Trusiani, Città, salute e benessere. Nuovi percorsi per l’urbanistica, Milano, FrancoAngeli, 2017. L. Rizzo Nervo, «Bologna Healthy Citiy: social sustainability, urban projects and innovations in agreement», in R. D’Onofrio, E. Trusiani, Urban Planning for Healthy European Cities, Springer publisher, (2017, in pubblicazione). Sitografia Approvazione del Patto di Collaborazione con l’associazione Ca’ Bura per la realizzazione di interventi sussidiari all’attività dell’Amministrazione comunale (Codice CIG: Z551B33015), consultabile al sito: http://atti.comune.bologna.it/atti/determine.nsf/dettaglio.xsp?documentId=8A0D42B5ED80967AC125803C003489FB&action=openDocument&SessionID=EIVNPDUUPG. V. Merola, Questa è la Bologna che mi piace, consultabile al sito: https://www.virginiomerola.it/30/03/2016/iniziative/questa-e-la-bologna-che-mi-piace www.comune.bologna.it/ http://www.comune.bologna.it/politiche/cura-della-citta www.comune.bologna.it/news/regole-nuove-comune-unamministrazione-condivisa http://comunita.comune.bologna.it/beni-comuni http://www.comune.bologna.it/quartierenavile/contenuti/148:11551/

4 A tale proposito vale la pena ricordare il percorso “Collaborare è Bologna”, realizzato a partire dall’ottobre del 2015 e conclusosi nel maggio 2016, che ha visto la partecipazione di sei quartieri e oltre 1200 cittadini. «“Collaborare è Bologna” è la politica del Comune di Bologna per favorire la collaborazione civica attraverso strumenti materiali e immateriali […]. Grazie a questi strumenti l’amministrazione bolognese innova e rinnova l’identità della città costruendo sulla tradizione della sussidiarietà e del decentramento dell’azione amministrativa un nuovo modello di coinvolgimento dei cittadini». Consultare il sito http://www.comune.bologna.it/collaborarebologna/collaborare/ 5 Valga per tutti l’esempio dei Centri estivi comunali per l’infanzia istituiti, di norma, nei parchi urbani.

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Nuova frontiera: il ritorno dei bagni pubblici Ambra Benvenuto

Università di Napoli Federico II – Napoli – Italia Parole chiave: bagno pubblico, gente dei bagni, restroom competition, turismo, accoglienza, arredo urbano.

1. Un’assenza percepibile Nell’ultimo decennio le città che hanno voluto rilanciarsi turisticamente hanno puntato su una maggiore valorizzazione di beni culturali paesaggistici e non, contando sull’ausilio di determinati tipi di strutture come garanzia di un certo ritorno economico: esemplari i casi di chioschetti in cui acquistare souvenir o dove potersi alimentare velocemente. Nel caso della città di Napoli, sono proprio questi i luoghi che con l’incremento del turismo sono comparsi massivamente al posto di librerie e botteghe1. Nonostante l’attenzione alle fonti di guadagno che il turismo può portare, manca un elemento fondamentale che ha molto a che vedere con la serena permanenza in un qualsiasi luogo: il bagno pubblico. In questo contesto ci si riferisce al bagno pubblico come un servizio realmente accessibile a tutti e con costi non eccessivi rispetto a quanto offerto. Se in alcuni contesti il prezzo può essere giustificato dalla possibilità di lavarsi totalmente, in altri in cui è possibile rispondere solo ad urgenze fisiologiche il costo risulta essere sproporzionato, come dimostrato dalle polemiche riguardanti i bagni presenti all’interno delle stazioni ferroviarie2. Dall’altro lato, l’Art. 187 del Regolamento del Testo Unico delle Leggi sulla Pubblica Sicurezza3, non obbliga nessun esercizio commerciale a dover mettere a disposizione gratuitamente i propri servizi. Al turista o al residente che desidera trattenersi più a lungo lontano da casa viene resa ardua l’operazione di poterci riuscire conservando la tranquillità di poter usufruire di servizi basilari4. 1.2. Un nascondimento culturale

Oltre alla questione del giusto prezzo per l’accesso ad un bagno pubblico, se ne solleva un’altra molto più profonda. Si tratta di un aspetto portato alla luce da un’intervistata circa la situazione dei bagni della stazione ferroviaria di Mestre: «Ogni tanto mi ritrovo alle sei di pomeriggio in stazione con mia figlia e i bagni pubblici in posizioni nascoste mi mettono inquietudine»5. La frase riportata non porta a riflettere tanto sulla questione della sicurezza che può essere soggettiva quanto sulla posizione cui vengono relegati i bagni pubblici. Nella stragrande maggioranza delle architetture destinate alle masse (dalle stazioni ai musei, dai

1 Per approfondire, si leggano gli articoli di A. Mastrogiacomo sull’argomento pubblicati su NapoliMonitor. Dal libro al fritto, una passeggiata lungo via Mezzocannone, http://napolimonitor.it/dal-libro-al-fritto-una-passeggiata-lungo-via-mezzocannone/, e L’aria che si respira in via dei Tribunali, http://napolimonitor.it/laria-si-respira-via-tribunali/. 2 Articoli giornalistici che riportano polemiche in tal senso sono di facile consultazione. Digitando su un qualsiasi motore di ricerca “stazione bagno a pagamento” si va incontro a testimonianze provenienti da tutta Italia. 3 Art. 187 del R.D. 6.5.1940 n.635, paragrafo 15 del Regolamento disponibile al sito www.sanzioni amministrative.it . 4 Episodi preoccupanti si sono svolti anche recentemente, come testimoniato dall’articolo Positano e Amalfi, emergenza bagni pubblici: centinaia di turisti a disagio, pubblicato su Positano News http://www.positanonews.it/articolo/3193261/positano-amalfi-emergenza-bagni-pubblici-centinaia-turisti-disagio. 5 Intervista contenuta nell’articolo Bagni a pagamento in Stazione: 1 euro ed è polemica sui social del giornale online Trieste Prima, http://www.triesteprima.it/cronaca/bagni-pagamento-stazione-polemica-social-01-febbraio-2017.html.

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cinema alle scuole) i bagni sono in una posizione nascosta6. Conseguentemente, durante le lezioni di composizione architettonica, tra gli insegnamenti ci sono quelli riguardanti il nascondimento del bagno alla vista immediata7 o la porta che non può assolutamente aprirsi sui sanitari ma è preferibile si apra sul lavabo. Più tranquillizzante ancora è l’eventualità di un antibagno, in barba a soluzioni come il lavabo esterno agli ambienti del bagno a piano terra di Ville Savoye8. Il nascondimento del bagno è insito nella nostra cultura. Oltre alla posizione di servizi del genere nei progetti architettonici l’idea di frequentare un bagno pubblico sembra essere per la maggior parte delle masse tanto una necessità quanto qualcosa di terrorizzante, come dimostrato da numerosi prontuari online che provano ad arginare il senso di disagio che si può avvertire in ambienti del genere9. Si tratta di sensazioni negative che permangono nonostante i bagni siano stati scenari di film e documentari che avrebbero dovuto smorzare tale aura. È il caso di La ragazza del bagno di J. Skolimowski, classe 1970, in cui il bagno pubblico si rivela essere un set non meno adatto di altri per raccontare una storia d’amore, e Gente dei bagni, di Stefania Bona e Francesca Scalisi, 2015. Quest’ultimo lavoro, un documentario, mostra cosa accade quando è possibile contare su un bagno pubblico che funziona. 1.3 Una presenza accogliente Gente dei bagni è un documentario che mostra l’attività svolta all’interno dei bagni municipali della città di Torino. La diversità rispetto ad altri edifici del genere appare lampante già dalla struttura dell’edificio in mattoni rossi la cui presenza è segnalata da una scritta al neon con la dicitura “bagni”. Nell’edificio tutt’altro che nascosto ma interamente dedicato a chi ha necessità di utilizzare i servizi all’interno si accede ai bagni mediante un pagamento di pochi euro. Nonostante i servizi siano quanto mai spartani, il costo è giustificato dalla continua manutenzione, dalla possibilità di usufruire di spogliatoi e armadietti per potersi concedere una doccia fredda o calda a seconda del prezzo. Ciò che emerge dal documentario in questione è che la struttura è utilizzata da ogni tipo di persona, anche dai meno abbienti e i senza fissa dimora. Grazie al bagno pubblico tutti possono permettersi di avere la possibilità di curare il proprio corpo, senza essere costretti a rimanere per giorni in condizioni poco dignitose. Trattandosi di servizi atti a soddisfare funzioni corporee avvertite da qualsiasi essere umano, il film mostra quanto all’interno della struttura tutti siano in una condizione di uguaglianza di fronte allo stesso bisogno. Viene aperto uno spiraglio di speranza proprio in riferimento al peso dell’aspetto culturale di cui sopra. Dietro la presenza e il corretto funzionamento di un bagno pubblico vi è una cultura evoluta, mirata all’inclusione dell’altro senza timore che si venga privati di qualcosa, puntando almeno ad una pari dignità. Gente dei bagni rappresenta quel che se da un lato è una situazione esistente, dall’altro è l’attuale utopia della maggioranza delle città.

2. Sensibilizzazione e competizione Al fine di liberare il discorso sui bagni pubblici dalla condizione di tabù e mirando a sensibilizzare progettisti e organizzatori di grandi eventi sull’argomento, sono stati istituiti numerosi concorsi sul tema. Alcuni esempi sono la KOLO Competition, l’Eco Tourist Public 6 Per approfondire, consultare i diversi manuali dell’architetto in circolazione come quello di B. Zevi, Il Nuovissimo Manuale dell’Architetto, Roma, Mancosu, 2008. Concetti del genere sono tramandati anche in contesti non scientifici, come nel caso dei consigli sulla ristrutturazione del bagno elargiti sul sito www.ristrutturazionepratica.it, alla pagina https://www.ristrutturazionepratica.it/ristrutturare-bagno-una-guida-pratica-per-non-sbagliare/. 7 Il bagno viene correlato a una dimensione intima che va tenuta privata a tutti costi, allontanando sempre più tale ambiente dall’immagine di qualcosa di naturale e riguardante qualsiasi persona. 8 F. Tentori e R. De Simone, Le Corbusier, Bari, Laterza, 2006, p. 71. 9 Un esempio è La psicologia dei WC pubblici, su IlPost, http://www.ilpost.it/2014/04/23/psicologia-wc-pubblici/.

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Toilet Competition e, probabilmente il più celebre, l’American Best Restroom. Oltre a sensibilizzare sull’urgenza dell’inserimento di bagni pubblici nel tessuto urbano, i servizi igienici pubblici stanno acquisendo sempre più attenzione agli occhi di chi li progetta e di chi vorrebbe utilizzarli, diventando motivo di competizione tra le più grandi città. Offrire un bagno pubblico serenamente utilizzabile o con elementi funzionali all’avanguardia è motivo di vanto tanto dal punto di vista tecnologico quanto dal punto di vista culturale. 2.1 Dal Giappone all’Italia Gli ultimi progetti di diversi bagni pubblici provano a mettere maggiormente in evidenza tali servizi rendendoli più accattivanti da un punto di vista visivo o coniugandoli con delle attrazioni. Nel primo caso rientrano i bagni pubblici presenti nella città di Hiroshima, progettati da Future Studio. Le 17 strutture ravvivano la città con le loro coperture colorate e richiamano la cultura della nazione avendo una forma liberamente ispirata agli origami10. L’inglobamento della cultura nel bagno pubblico è avvenuto anche al bagno pubblico cittadino della capitale di Malta, Valletta, dove grazie al progetto firmato dallo studio dell’architetto Chris Biffra sono state incluse nella struttura delle opere di arte contemporanea11. A Lisbona, l’aspetto spartano del bagno pubblico in Praça do Comércio è stato contrastato con la possibilità di utilizzare carta igienica del colore che più si preferisce. In tal caso, l’operazione voluta dalla azienda Renova è strettamente connessa a una manovra economica, poiché all’interno della struttura sono in vendita altri oggetti prodotti dalla stessa12. Bagni pubblici del genere finiscono per aggiudicarsi addirittura una pagina su TripAdvisor13, aggiudicandosi lo status di attrazione turistica per la quale vale la pena pagare. Altro che tabù. In Italia la questione sui bagni pubblici risulta essere ancora in stato di arretratezza rispetto ad altri Paesi che ne provano a fare ulteriore testimonianza di civiltà, architettura e design. La popolazione della penisola sembra dividersi tra chi guarda al passato, concentrando l’attenzione sulle antiche latrine romane e chi ha il merito di interessarsi approfonditamente dei servizi igienici attuali. Purtroppo, anche chi guarda all’attualità si concentra soprattutto su aspetti soprattutto tecnologici ed è difficile incappare in progetti che guardino al bagno pubblico come qualcosa di più che luogo dove passare rapidamente momenti sgradevoli a causa del proprio corpo. L’accento viene posto soprattutto sulla questione della pulizia, con aziende concentrate a fare dell’autopulizia il punto di forza dei propri prodotti14 e applicazioni per smartphone in cui gli utenti possono rassicurarsi a vicenda circa le condizioni dei bagni, oltre che segnalarsi quali sono i migliori in cui recarsi15.

3. Conclusione La ricomparsa del bagno pubblico in Italia si pone come nuova frontiera per diversi motivi. In primo luogo, si tratta della possibilità di progettare bagni pubblici da posizionare nei luoghi più frequentati di paesi e città, servizi ben lontani da quelli chimici, che mettono effettivamente in una condizione di disagio sia per la difficoltà di mantenerne intatta l’igiene che per il difficile accesso a chi ha problemi di mobilità. La restaurazione dell’immagine del

10 Foto ed elaborati di progetto visibili alla pagina https://www.dezeen.com/2011/05/23/hiroshima-park-restrooms-by-future-studios/. 11 Foto ed elaborati di progetto visibili alla pagina http://chrisbriffa.com/projects/strait-street-public-toilet-2010/. 12 Foto visibili alla pagina https://www.myrenova.com/news/26/the-sexiest-wc-on-earth-lisbon 13 È il caso dei bagni pubblici di Lisbona: https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review-g189158-d3387921-Reviews-The_Sexiest_WC_on_Earth-Lisbon_Lisbon_District_Central_Portugal.html . 14 Esemplare è la PTmatic, come si evince dal sito web dell’azienda http://www.ptmatic.it/. 15 È il caso di TripToilet, un vero e proprio TripAdvisor dei bagni pubblici, http://m.triptoilet.com/.

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bagno pubblico come un elemento di vanto architettonico16 si configura come reale gesto di accoglienza del turista e permette una fruizione più serena degli stessi luoghi anche da parte dei residenti – senza dimenticare l’insegnamento torinese sulla riscoperta di quel tipo di cultura che rende possibile l’offerta di aiuto a chi è in una condizione di disagio.

Bibliografia F. Schianchi e M. Farinatti, BagnòPoli, il bagno pubblico come luogo della progettazione e della creatività, Bologna, Libraccio Editore, 2017. F. Tentori e R. De Simone, Le Corbusier, Bari, Laterza, 2006. B. Zevi, Il Nuovissimo Manuale dell’Architetto, Roma, Mancosu, 2008.

Sitografia America’s Best Restroom, www.bestrestroom.com, consultato il 08/07/2017. Chrisbriffa.com, Strait Street Public Toilet, http://chrisbriffa.com/projects/strait-street-public-toilet-2010/, consultato il 07/07/2017. Dezeen.com, Hiroshima Park Restrooms by Future Studio, https://www.dezeen.com/2011/05/23/hiroshima-park-restrooms-by-future-studios/, consultato il 07/07/2017. IlPost.it, La psicologia dei WC pubblici, http://www.ilpost.it/2014/04/23/psicologia-wc-pubblici/, consultato il 07/07/2017. MyRenova.com, The Sexiest WC on Heart, https://www.myrenova.com/news/26/the-sexiest-wc-on-earth-lisbon, consultato il 07/07/2017. NapoliMonitor, Dal libro al fritto, una passeggiata lungo via Mezzocannone e L’aria che si respira in via dei tribunali di A. Mastrogiacomo, http://napolimonitor.it/dal-libro-al-fritto-una-passeggiata-lungo-via-mezzocannone/ e http://napolimonitor.it/laria-si-respira-via-tribunali, consultati il 07/07/2017. PositanoNews, Positano e Amalfi, emergenza bagni pubblici: centinaia di turisti a disagio, http://www.positanonews.it/articolo/3193261/positano-amalfi-emergenza-bagni-pubblici-centinaia-turisti-disagio, consultato il 07/07/2017. PTmatic.it, www.ptmatic.it, consultato il 07/07/2017. RistrutturazionePratica.it, https://www.ristrutturazionepratica.it/ristrutturare-bagno-una-guida-pratica-per-non-sbagliare/, consultato il 08/07/2017. SanzioniAmministrative.it, www.sanzioniamministrative.it, consultato il 07/07/2017; TriestePrima, Bagni a pagamento in stazione: 1 euro ed è polemica sui social, http://www.triesteprima.it/cronaca/bagni-pagamento-stazione-polemica-social-01-febbraio-2017.html, consultato il 07/07/2017. TripAdvisor.it, The Sexiest WC on Heart Lisbon District Central Portugual, https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review-g189158-d3387921-Reviews-The_Sexiest_WC_on_Earth-Lisbon_Lisbon_District_Central_Portugal.html, consultato il 07/07/2017. TripToilet.com, m.triptoilet.com, consultato il 07/07/2017.

Filmografia Gente dei bagni, S. Bona e F. Scalisi, 2015. La ragazza del bagno, J. Skolimowski, 1970.

16 Idea alla base del testo di F. Schianchi e M. Farinatti, BagnòPoli, il bagno pubblico come luogo della progettazione e della creatività, Bologna, Libraccio Editore, 2017.

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Brasile e Italia, emergenze urbane e sociali a confronto Gabriella Restaino

Universidade Federal de Alagoas – Maceiò – Brasile Parole chiave: Brasile, Italia, emergenze urbane, emergenze sociali, degrado urbano, servizi pubblici.

1. Brasile e Italia: il problema dei servizi igienici privati e pubblici In Italia e in Brasile la mancanza di servizi igienici pubblici nei centri urbani ha ragioni storiche e sociali, ma mentre in Europa nel 1960 si viveva il boom economico proprio nelle città, negli stessi anni in Brasile la maggior parte della popolazione viveva in aree rurali e le città erano meno popolate. Come nei piccoli centri storici italiani, anche le piccole cidades o le villas o gli ancora più piccoli povoados brasliani non avevano e non hanno necessità di servizi igienici pubblici; i tempi di percorrenza da una casa all’altra o da un bar o da una lanchonete sono molto brevi ed è facile usufruire di servizi igienici privati, anche se, secondo il censimento IBGE 2010, pochi anni fa cerano ancora 3,5 milioni di case che non disponevano di un bagno. Inoltre, in Brasile la mancanza di raccolta e trattamento delle acque reflue è ancora un grave problema ambientale. I grandi centri come Sao Paulo e Rio de Janeiro, che hanno visto la loro popolazione crescere in maniera esponenziale negli ultimi 50 o 60 anni, improvvisano soluzioni installando, all’occorrenza, bagni chimici mobili insalubri. I pochi servizi igienici pubblici a disposizione sono negli aeroporti, centri commerciali, stazioni di autobus e stazioni della metropolitana, ma spesso lontano da dove circola la maggior parte della popolazione. L’o perazione “xixi ao ar livre” nel 2014 a Sao Paulo ne è un esempio: bagni chimici di vari colori (fig. 1) sono stati installati nell’area del Parque da Luz durante l’evento Virada Cultural (soluzione proposta anche per il problema della xixi nas ruas nel periodo del Carnevale), per le quali sono predisposti i soliti bagni chimici, scomodi e antigienici. Secondo Ricardo Ernesto Rose (giornalista e scrittore, specializzato nella gestione ambientale e in sociologia) “Il governo ha l’obbligo di garantire la salute e il benessere della popolazione, almeno questo è ciò che accade in un paese civile e moderno”1. Anche a Brasilia la situazione non cambia, secondo un articolo di aprile 20152, la città, con una popolazione di 2,8 milioni di abitanti, mette a disposizione solo sette bagni pubblici funzionanti, mentre nel Distretto Federale sono otto, di cui solo cinque funzionanti. I servizi igienici che erano stati previsti in una delle strade principali del Piano Pilota, dietro le edicole, ora sono bloccati e utilizzati per altri scopi, come puxadinhos e servizi per calzolai, fabbri e professionisti che forniscono servizi in generale. In città, abitanti e turisti reclamano a causa della mancanza di bagni pubblici, in particolare (secondo un articolo di marzo 2016 di Manuela Rolim, Jornal de Brasilia) presso la Orla da Ponte JK e la Esplanada dos Ministérios, luoghi con grande potenzialità di valorizzazione turistica che non possono affidarsi più di tanto ai bar e ristoranti vicini. Il viaggiatore che non si affida agli autobus provvisti di bagno unisex, può sempre usufruire fuori città di un bosco, un bordo fiume o di un luogo appartato e in città di ogni angolo buio disponibile, proprio come a Roma, spesso fuggendo dalle pessime condizioni igieniche dei pochi bagni pubblici a disposizione in costante degrado e abbandono.

1 http://www.danaturezaedacultura.blogspot.com.br. 2 http://jornalismo.iesb.br/2015/04/22/brasilia-tem-apenas-sete-banheiros-publicos-em-funcionamento.

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2. I “moradores de rua” e i “senza tetto”: emergenze sociali e urbane Ma il problema non è solo dei turisti o dei cittadini residenti, infatti, una emergenza sociale e urbana di grade portata in Brasile è quella dei “moradores de rua”, che può essere paragonato al problema dei “senza tetto” italiani e dei migranti senza assistenza. Importanti sono tutte le iniziative sociali messe in campo, purtroppo e sempre, dagli stessi cittadini. In particolare si segnala il progetto del 2015 Banho Solidário (fig. 2), pensato da un imprenditore privato per offrire un servizio ai moradores de rua di Vitória da Conquista, conosciuta come la “Suiça baiana”, una delle città più fredde dello Stato di Bahia, localizzata nell’area geografica a sud-ovest con temperature invernali sotto i zero gradi centigradi. Proprio passando un notte d’Inverno per la avenida Rio Bahia, sensibilizzato dalla vista di vari moradores de rua privi di ogni assistenza, Claudio Lacerda ideò il Banho Solidário (“e ngenhoca”: dois banheiros móveis adaptados a um reboque, com bomba pressurizada e aquecidos a gás) per poter essere d’aiuto in qualche modo. Parlando con loro si rese conto che, oltre alle esigenze primarie di sussistenza (vestiti, coperte e cibo), desideravano potersi lavare! Così decise di costruire due docce mobili – comprensive di prodotti per l’igiene e asciugamani – e tornò per le strade per dare un sollievo ai “dimenticati da tutti”, oltre a questo “ele espera que a ideia inspire pessoas de toda parte a contribuir na formação de uma sociedade melhor”.

Fig. 1. (foto://www1.folha.uol.com.br/cotidiano/2014/05/1456447-banheiro-quimico-usado- na-virada-cultural-permite-xixi-ao-ar-livre.shtml)

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Fig. 2. (Foto://esplanadagora.com.br/empresario-cria-banho-solidario-e-proporciona-momentos- de-higiene-a-moradores-de-rua-na-bahia)

3. Brasile vs Italia: l’identità di genere Altro problema di grande attualità è quello dell’u so dei bagni pubblici da parte di utenti non eterosessuali. Il giornale Folha de Sao Paulo ad ottobre 2015 dedica un articolo3 alla questione in favore dell’uso dei bagni pubblici femminili da parte di persone transessuali. Il Folha pubblica la sentenza emessa dal Tribunal de Justiça dello Stato di Santa Catarina che ha considerato “violenza” impedire l’uso del bagno femminile a una persona che si sente donna e si identifica come tale; secondo il Procuratore generale della Repubblica Rodrigo Janot “l’orientazione sessuale e l’identità di genere sono essenziali per la dignità e umanità di ogni persona e non devono essere motivo di discriminazione o abuso”, inoltre “non è possibile che una persona sia trattata socialmente come se appartenesse a un sesso diverso da quello in cui si identifica e si presenta pubblicamente, poiché l’identità sessuale è protetta dai diritti della personalità e della dignità della persona umana previsti nella Costituzione Federale”.

3http://www1.folha.uol.com.br/cotidiano/2015/10/1697132-procuradoria-defende-que-transexuais-usem-banheiros-publicos-femininos.shtml.

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Fig. 3. (Foto://dialogospoliticos.wordpress.com/category/atualidades/page/220).

La comunità LGBT (o LGBTTIS, sigla che designa collettivamente la comunità di Lésbicas, Gays, Bissexuais, Transgéneros, Transexuais, Intersexuais, molto forte e rappresentativa in Brasile, difende la tesi dell’uso libero del bagno che più rappresenta la persona e si oppone fermamente alla predisposizione di bagni differenziati per genere femminile, maschile e altro. Una iniziativa importante è quella messa in atto a maggio 2016 Dalla Universidade Federal de Vicosa, nel Departamento de Ciências Sociais, che inaugura i bagni senza indicazione di genere proprio nella settimana in cui si celebra il Dia Internacional de Combate à LGBTfobia. I nuovi bagni universitari possono essere usati da tutti, indipendentemente dal “gênero feminino, masculino ou não-binário” identificati solo con simboli e la scritta “Xixi livre”. È importante ricordare che a marzo 2015 il Diário Oficial da União ha pubblicato due risoluzioni – considerate un grande progresso per la comunità LGBT brasiliana – con l’obiettivo di garantire condizioni di accesso a “todas aquelas que tenham sua identidade de gênero não reconhecida em diferentes espaços sociais” nelle istituzioni scolastiche e universitarie, permettendo quindi agli alunni di usare il bagno in accordo con il proprio orientamento sessuale. Le due risoluzioni seguono la disposizione per cui è previsto l’uso del “nome sociale”, scelto in accordo con la propria identità, per i procedimenti di selezione, iscrizione, immatricolazione e altre forme di valutazioni simili. In Italia, su questo tema è da segnalare una delle opere esposte in occasione della mostra realizzata nell’ambito del World Toilet Day del 19 novembre 2015 a Roma4; una specie di insegna per l'indicazione del genere per i bagni: donne con freccia verso una porta, uomini con freccia verso un’altra porta, mix in posizione centrale tra i due generi e con due frecce verso entrambe le porte, forse questa sarebbe la soluzione più naturale. Il mondo non eterosessuale è molto variegato, quindi è logico poter effettuare la scelta della direzione più

4 Per informazioni vedere il sito ufficiale: www.worldtoiletday.info.

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rappresentativa della persona, senza che sia previsto un luogo specifico, a meno che non sia espressamente richiesto da una comunità che ne rappresenti volontà e diritti. Ad oggi però, si ha notizia solo di pochi gruppi di persone che rifiutino in maniera assoluta la creazione di luoghi distinti (fatta eccezione, ovviamente, per chi esclude a priori la possibilità di riconoscere i diritti di tutti, indistintamente) e l’idea di differenziare i luoghi a seconda delle varie personalità specifiche. Anche se l’Italia non è ancora pronta per molte cose, sembra arrivato il momento che le persone si abituino a convivere con le variegate realtà presenti in natura, a cominciare dalla condivisione dei bagni, che non sono luogo di sesso o droga, ma di altro, ossia di esigenze naturali che necessitano di intimità e riservatezza, per tutti, adulti e bambini; il problema, semmai dovrebbe essere quello di garantirne la necessaria sicurezza. In Brasile, in particolare nel Nordeste, l’area geografica più povera della grande federazione di Stati, inaspettatamente si segnala una soluzione molto intelligente: il terzo bagno per i bambini, il banheiro familia. Lì tutto è in miniatura e concepito come un momento anche di gioco, ma questo tipo di bagno dedicato ai bambini, purtroppo, si può trovare solo nei luoghi molto cari (per il Brasile sono gli Shopping Center, grandi centri commerciali, o i Supermercado, supermercati di enormi dimensioni) e non nelle lanchonete piú comuni. I banheiro familia sono generalmente frequentati da donne e bimbi, ma si possono incontrare giovani padri con figli al seguito o famiglie variamente composte (in Brasile da anni è prevista l’unione civile non eterosessuale e la possibilità di adozione anche da parte dei single); in genere all’interno gli arredi sono tutti ad altezza bambino e in fondo ci sono due porte colorate affiancate con disegni di animali o di personaggi che ricordano i due mondi, maschile e femminile, i bambini scelgono naturalmente quello che più li attira e se vuole possono usarli tutti indistintamente.

Fig. 4. (Foto://disneybabble.uol.com.br/br/rede-babble/fam%C3%ADlia/os-passeios-e-os

-banheiros-familiares)

Forse una soluzione logica potrebbe essere quella di differenziare solo tra bagni per i grandi e bagni per i piccoli – tutti privi di distinzione di genere –, accompagnati da chiunque ne abbia la tutela in quel momento, ancora una volta senza distinzione.

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Bibliografia L. Anderson, Desafortunados: um estudo sobre o povo da rua, Petrópolis, Vozes, 1998. M. Bursztyn (a cura di), No meio da rua, Rio de Janeiro, Editora Garamond, 2000. R. Castel, Da indigência à exclusão, a desfiliação. Precariedade do trabalho e vulnerabilidade relacional, in: A. Lancetti (a cura di) Saúde Loucura, n. 4, São Paulo, Hucitec, 1994, pp. 21-48. S. Escorel, Vidas ao Léu: trajetórias de exclusão social, Rio de Janeiro, FIOCRUZ, 1999. C. P. Pereira, Rua sem Saída: Um estudo sobre a relação entre o Estado e a População de Rua de Brasília, Brasilia, ÍCONE, 2009. G. Restaino, «Brasile: il “nuovo” mondo con i problemi del “vecchio”», in “World Toilet Day”, Gruppo italiano (a cura di), Roma Public Toilet. Per una nuova cultura del bagno pubblico a Roma, Roma, Ermes edizioni scientifiche, 2016, pp. 26-29. J. G. Simões Jr., Moradores de rua, n. 7-1992, São Paulo, Polis, 1992. A. M. de Souza Alvarez, A Resiliência e o Morar na Rua: Estudo com Moradores de Rua - crianças e adultos - na Cidade de São Paulo, Mestrado, Faculdade de Saúde Pública, São Paulo, USP, 1998. A. M. de Souza Alvarez, Transormações Humanas: Encontros, Amor Ágape e Resiliência, São Paulo, EDUSP, 2011. M. Spina, G. Restaino, «La “Capitale” oggi (mappatura dell’e sistente, tipologie e stato di manutenzione)», in “World Toilet Day”, Gruppo italiano (a cura di), Roma Public Toilet. Per una nuova cultura del bagno pubblico a Roma, Roma, Ermes edizioni scientifiche, 2016, pp. 15-18. M. A. C. Vieira, E. M. R. Bezerra, C.M.M. ROSA, População de rua: quem é, como vive, como é vista. São Paulo, Hucitec, 1992. “World Toilet Day”, Gruppo italiano (a cura di), Roma Public Toilet. Per una nuova cultura del bagno pubblico a Roma, Roma, Ermes edizioni scientifiche, 2016.

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I bagni pubblici nelle fotografie inglesi e americane Adriana De Angelis

Università Roma Tre – Roma – Italia Parole chiave: Architettura, Fotografia, Storia, Città, Sociologia, Igiene, Attività ricreative, Patrimonio culturale. 1. Un antico luogo di aggregazione: il bagno pubblico

Al 2500 a. C. e alla “Civiltà della valle dell’Indo” viene fatto risalire il primo bagno pubblico1. Nei secoli, un’utopica idea di uguaglianza tra le varie classi sociali e tra i sessi ha contraddistinto i bagni pubblici di tutte le latitudini. Esempio fondamentale sono le terme romane, le stesse che, rinvenute dagli Arabi nella Siria conquistata nel VII secolo, influenzarono la costruzione degli Hammam ancora in uso in Turchia. Dedicati al ristoro di cittadini e viaggiatori, sebbene ancora presenti in alcune realtà geografiche, i bagni pubblici risultano dismessi pressoché ovunque, Italia compresa, dove gli “Alberghi diurni” si rifacevano ai lussuosi modelli inglesi. 2. Il bagno pubblico nella realtà anglosassone

Aquae Sulis era un piccolo centro della Britannia romana, corrispondente all’attuale città di Bath. Qui, nel 60 d. C., sorsero delle terme, abbandonate dopo la partenza dei Romani e tornate in auge dal 1755 in poi2. Nel 1829, rispondendo ad una comune richiesta di miglioramento delle condizioni sanitarie, venne inaugurato a Liverpool il primo bagno pubblico dell’era moderna a cui fece seguito, nel 1847, il primo bagno pubblico londinese che diede il via ad una tradizione che si radicò profondamente nella realtà culturale inglese3. L’Inghilterra vittoriana, magnificamente narrata da Charles Dickens, presentava due realtà assolutamente inconciliabili: le classi ricche e nobili, espressione del potere mondiale raggiunto dal Paese in quegli anni, e le classi povere, risultato della spropositata crescita delle città che aveva portato alla nascita di quartieri dove gli esseri umani toccavano livelli indicibili di degrado. Erano quelli i primi anni della fotografia, mezzo che andava man mano affermandosi per le sue caratteristiche di resa puntuale; le immagini, con la loro innegabile immediatezza, furono, quindi, usate per raccontare e, nei casi più

1 M. Jansen, Κ. Fescher, J. Pieper, Architektur des indischen Subkontinents, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1987, pp. 40-45. 2 B. Cunliffe, The City of Bath, Gloucester, Alan Sutton Publishing Ltd, 1986, pp. 16–21. 3 Cfr. A. S. Wohl, Endangered lives: public health in Victorian Britain, Oxford, Taylor & Francis, 1984.

Bagno pubblico di Frederick Street a Liverpool,

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gravi, denunciare ingiustizie sociali, affiancando o sostituendo gli scritti. I bagni pubblici, nati per la mancanza di servizi igienici nelle workhouses

4, furono oggetto di attenzione da parte dei fotografi che testimoniavano la spaventosa situazione di degrado in cui si dibattevano le classi meno agiate nella più completa indifferenza di quelle nobili. Dalla consapevolezza che dai bagni pubblici è nata l’Inghilterra moderna, derivano i “Baths and Washhouses Storical Archives” dove è possibile reperire informazioni sulle persone che li frequentavano e sui luoghi dove sorsero, sugli architetti e gli ingegneri che si occuparono delle costruzioni, sui politici che si batterono per la loro edificazione e sulle pubblicazioni riguardanti ogni tipo di bagno pubblico, da quello più semplice a quello più ricco e sofisticato, dalle rudimentali vasche per nuotare alle piscine più lussuose, dalle lavanderie pubbliche dove donne lavavano e stiravano senza posa alle più ricercate e fastose saune russe o bagni turchi. Che fossero basilari strutture igieniche o super eleganti stabilimenti disegnati da noti architetti e resi preziosi da materiali ed arredi di gran pregio, i bagni pubblici furono importantissimi punti di aggregazione dove, a qualunque livello, si trovava non solo giovamento fisico, ma anche psichico e mentale e,

proprio per questo, restano un imprescindibile elemento del patrimonio culturale inglese5. Malgrado l’alto valore storico, la maggior parte dei bagni pubblici dell’Inghilterra sono ora dismessi attirando fotografi di architetture abbandonate e in rovina. Particolare è il caso dei Victoria Baths di Manchester che, dopo il restauro del 2007, sono tornati ad essere protagonisti di scatti fotografici di professionisti e dilettanti. 3. I bagni pubblici di New York

I problemi igienici della Londra vittoriana interessarono anche la città di New York, a seguito della forte immigrazione che nel XIX secolo la vide protagonista. Gli immigrati, giunti dai più disparati

4 Cfr. R. Richardson, Dickens and the Workhouse: Oliver Twist and the London Poor, Oxford, Oxford University Press, 2012. 5 Cfr. M. Shifrin, Victorian Turkish Baths, Chicago, Chicago University Press, 2016.

I Victoria Baths di Manchester (foto Matt Verrill)

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luoghi del mondo e del Paese vivevano in abitazioni sprovviste di servizi, reperibili in impianti privati dai costi eccessivi6. Nel 1851 venne aperto il primo bagno pubblico a prezzo controllato seguito, nel 1901, da un altro ad ingresso gratuito, il primo di una ragguardevole rete. Luoghi di svago e raduno oltre che di igiene, alcuni di questi locali divennero ritrovo per omosessuali venendo, perciò, chiusi; gli antichi bagni pubblici aperti a scopo religioso, invece, non hanno mai smesso di funzionare7. Gli Asser Levy Public Baths, costruiti nel 1903 dal gruppo Brunner & Aiken8 in stile Neoromanico e ispirati al movimento “City Beautiful”9 sono tuttora in uso. Prendono il nome da Asser Levy, un

avvocato ebreo che si batté per i diritti civili. Restaurati tra il 1988 e il 1990, possono essere considerati il monumento che New York ha voluto erigere per celebrare il raggiungimento di un importante traguardo. Malgrado, infatti, l’approvazione, nel 1895, di una legge nazionale che prevedeva la costruzione a carico delle istituzioni locali di bagni pubblici gratuiti, l’amministrazione newyorkese attese fino al 1901 per aprirne uno sulla Rivington Street. Gli Asser

Levy Public Baths, con la loro monumentale e imponente struttura Beaux-arts che ricorda quella dei

6 Cfr. R. Stern, New York 1880: Architecture and Urbanism in the Gilded Age, New York, Monacelli Press, 1999. 7 Vedi i bagni rituali ebraici o mikveh. 8 Arnold W. Brunner (New York, 1857-1925) e William Martin Aiken (Charleston, 1855 – New York, 1905) furono entrambi architetti di grande fama. 9 Il “City beautiful” fu un movimento filosofico che interessò l’architettura del Nord America nell’ultimo decennio del IX secolo. Per una storia del movimento Cfr. W. H. Wilson, The City Beautiful Movement, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1989 e per una sua critica Cfr. J. Jacobs, The Death and Life of Great American Cities, New York, Random House, 1961.

Gli Asser Levy Public Baths

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padiglioni della White city dell’Esposizione Universale di Chicago10, sono il simbolo di quella conquista sociale11. La storia urbana di New York è contraddistinta da una particolare caratteristica: ancor più che essere scritta è stata fotografata. New York non a caso è ritenuta “la città più fotografata del pianeta”; il suo sviluppo come città simbolo del “mondo nuovo” che i Padri Fondatori si erano

proposti di creare Oltreoceano è andato di pari passo con la storia della fotografia e il suo essere riconosciuta come espressione artistica. Solo la fotografia (e in fase più avanzata, il cinema), infatti, poteva esprimere al meglio quel continuo ed inarrestabile cambiamento che ha contraddistinto questa metropoli dall’inizio del ’900 agli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale in cui è andata sviluppando la sua caratteristica forma architettonica che ha influenzato e continua ad influenzare le città di mezzo mondo. A riprova di quanto qui affermato, nel 1935, nell’ambito del New Deal, promosso da Franklin Delano Roosevelt12, venne proposto un progetto mirato ad impiegare, nel pieno rispetto delle loro capacità e specializzazioni, i milioni di persone rimaste senza lavoro a seguito della “Grande Depressione” che aveva colpito gli Stati Uniti dopo il crollo di Wall Street del ’29. A questo scopo, si varò un programma denominato, dal 1935 al 1939, “Works Progress Administration” e, dal 1939 al 1943, “Work Projects Administration”, entrambi noti sotto la sigla WPA. Il “Federal Art Project” (FAP) era parte del WPA e prevedeva l’impiego di artisti, attori, musicisti, scrittori, fotografi per creare opere d’arte, insegnare musica e formare gruppi musicali, scrivere guide turistiche e lavorare alla salvaguardia del patrimonio culturale nazionale anche attraveso la fotografia.

Nell’ambito di questo programma, tra il 1938 e il 1943, vennero scattate da fotografi di vaglia ben 720.000 fotografie in bianco e nero, note come “tax photographs”, riproducenti tutti gli edifici dell’intero agglomerato newyorkese, a fini catastali. Sorta di “Google street view” ante litteram, quelle immagini di case, scuole, chiese, edifici governativi e bagni pubblici danno tuttora un’idea puntuale della città dell’epoca.

10 Organizzata nel 1893 per celebrare i 400 anni dalla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, la World’s Columbian Exposition è considerata una pietra miliare nella storia dell’architettura nord americana. 11 Cfr. F. G. Bauman, R. Biles, K. M. Szylvian (a cura di), From Tenements to the Taylor Homes: In Search of an

Urban Housing Policy in Twentieth-Century America, Philadelphia, Pennsylvania State University Press, 2000. 12 Cfr. G. Otis L., Jr. and M. R. Wander. Franklin D. Roosevelt, His Life and Times, New York, Da Capo Press, 1985.

“Tax photograph” (riconoscibile dal numero d’ordine in primo piano) dei bagni pubblici di Huron Street a New York negli anni ’40 (gentile concessione

degli Archivi Municipali della città di New York), Brooklynrelics.com

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Nel 1935, la fotografa Berenice Abbott13 aveva già proposto al FAP il suo Changing New York, ispirato alle fotografie di Eugène Atget14 sulla Parigi che andava scomparendo e volto a documentare, a fini artistici e attraverso il mezzo fotografico, le trasformazioni della città “che non dorme mai”15. Da questa idea, seguita poi dalle “tax photographs”, risultò il libro Changing New

York16

, pubblicato nel 1939, poco prima della New York World’s Fair. Nota come la più grande esposizione universale pensata dopo la Prima guerra mondiale e mirata ad indagare il mondo futuro, questa fiera internazionale è conosciuta anche con il nome di “Il mondo di domani” o “Alba di un nuovo giorno”. Le 302 foto scattate dalla Abbott in bianco e nero di esterni di edifici furono distribuite nelle scuole, nelle biblioteche e in tutte le sedi delle istituzioni pubbliche oltre che nella Biblioteca Nazionale di Albany. La raccolta è ora conservata negli archivi digitali della Biblioteca Pubblica di New York. Nel 1999, il fotografo newyorkese Douglas Levere decise di rivisitare 100 dei luoghi ripresi dalla Abbott usando lo stesso tipo di camera fotografica, riprendendo alla stessa ora del giorno e nello stesso periodo dell’anno gli stessi dettagli che avevano attratto la fotografa più di 60 anni prima; New York changing

17 ne è il risultato. Anche per le “tax photographs”18 c’è stata una nuova edizione. Nel 1980, la città di New York decise, sempre a fini catastali, di ripetere l’esperimento effettuato sotto l’egida del WAP ricorrendo all’opera di volontari delle più disparate estrazioni, non necessariamente fotografi professionisti, che hanno prodotto più di 800.000 fotografie di tutti gli edifici cittadini. Queste possono essere viste e confrontate con le precedenti eseguite negli anni ’30/’40 presso gli Archivi Municipali della città di New York per avere un quadro preciso dell’evoluzione a cui è andata incontro sia la città nel suo insieme sia qualunque suo edificio, bagni pubblici compresi, fornendo, così, un valido aiuto per chi si occupa dell’edilizia cittadina e del problema della salvaguardia dei monumenti di pregio o che ricoprono un importante valore storico/culturale di cui, senza dubbio, le architetture dei bagni pubblici newyorkesi fanno parte. Bibliografia

B. Abbott, Changing New York, New York, E.P. Dutton, 1939. B. Abbott, E. McCausland, New York in the Thirties, Mineola, Dover Publications, 1973. F. G. Bauman, R. Biles, K. M. Szylvian (a cura di), From Tenements to the Taylor Homes: In Searchof an Urban Housing Policy in Twentieth-Century America, Philadelphia, Pennsylvania State University Press, 2000. B. Cunliffe, The City of Bath, Gloucester, Alan Sutton Publishing Ltd, 1986, pp. 16–21. J. Jacobs, The Death and Life of Great American Cities, New York, Random House, 1961. [trad. it.: Vita e morte delle grandi città, trad. G. Scattone, Torino, Einaudi, 2009]. M. Jansen, Κ. Fescher, J. Pieper, Architektur des indischen Subkontinents, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1987, pp. 40-45. D. Levere, New York Changing: Revisiting Berenice Abbott’s New York, Princeton, Princeton Architectural Press, 2004.

13 Berenice Abbott (1898-1991) è nota per diversi progetti fotografici di cui Changing New York è sicuramente il più famoso. 14 Eugène Atget (Libourne, 1857- Parigi, 1927) fu un pioniere della fotografia. 15 “The city that never sleeps” è uno dei soprannomi dati a New York, ricordato nella canzone tema del film New York,

New York, del 1977. 16B. Abbott, Changing New York, New York, E.P. Dutton, 1939 ha avuto una nuova edizione: B. Abbott, E. McCausland, New York in the Thirties, Mineola, Dover Publications, 1973. 17 D. Levere, New York Changing: Revisiting Berenice Abbott’s New York, Princeton, Princeton Architectural Press, 2004. 18 “Tax photograph” dei bagni pubblici di Huron Street, costruiti nel 1903 in stile neoclassico dagli architetti Louis H. Voss (di cui ben poco si sa) e Peter J. Lauritzen (Copenaghen, 1847-1934), questi bagni pubblici, divenuti proprietà privata nel 1964, ospitano attualmente laboratori di artigiani ed artisti.

1835

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G. Otis L., Jr. and M. R. Wander, Franklin D. Roosevelt, His Life and Times, New York, Da Capo Press, 1985. R. Richardson, Dickens and the Workhouse: Oliver Twist and the London Poor, Oxford, Oxford University Press, 2012. M. Shifrin, Victorian Turkish Baths, Chicago, Chicago University Press, 2016. W. H. Wilson, The City Beautiful Movement, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1989. R. Stern, New York 1880: Architecture and Urbanism in the Gilded Age, New York, Monacelli Press, 1999. A. S. Wohl, Endangered lives: public health in Victorian Britain, Oxford, Taylor & Francis, 1984.

1836

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I Volksbad di primo Novecento in Renania Settentrionale-Vestfalia. Architetture pubbliche della modernità tra

conoscenza e valorizzazione Ilaria Pontillo

Università della Campania Luigi Vanvitelli – Aversa – Italia Parole chiave: Novecento, igiene, Germania, esposizioni, Volksbad, Stadtbad, Solingen, Oer-Erkenschwick, Duisburg-Hamborn, Essen-Altessen.

1. Introduzione Il saggio intende documentare l’architettura dei bagni pubblici realizzati nei primi trent’anni del Novecento in Germania, con l’analisi di alcuni casi studio nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia, in relazione alle coordinate culturali che contraddistinsero il dibattito del movimento igienista a partire dalla fine del XIX secolo, quando, a seguito delle devastanti epidemie di colera in tutta Europa, i governi locali si fecero promotori attivi di interventi rivolti alla popolazione e al territorio nel suo complesso. La pioneristica attività legislativa inglese, che, avviata negli anni Quaranta dell’Ottocento per far fronte ai problemi legati allo smaltimento dei liquami, alla sporcizia e alla mancanza di acqua pulita nelle grandi città industrializzate, aveva sancito, con il Public Health Act del 1848, il potere delle municipalità su quanto concerneva l’igiene pubblica, individuale e collettiva, attraverso misure di polizia medica, la costituzione di specifiche burocrazie tecniche e finanziamenti per la costruzione di bagni pubblici, aveva avuto un’eco profondissima nel vecchio continente durante tutto il secolo. In particolare, a partire dagli anni Settanta, la Germania, raggiunta l’unità politica, iniziò a porsi tra le nazioni più avanzate e progressiste del mondo occidentale nel campo della sperimentazione medica e tecnologica. Gli studi clinici di Max von Pettenkofer sulla Physiologie der Umwelt (Fisiologia dell’ambiente), enfatizzando l’importanza delle tipologie abitative e della qualità dell’aria nella definizione della salubrità dell’ambiente urbano, diedero un contributo significativo al processo di mappatura di alcune tra le principali relazioni causali tra architettura e Sozialhygiene1.

2. Bagni e architettura sanitaria: il contributo delle esposizioni nazionali Moderna tipologia edilizia in grado di tradurre in spazi costruiti gli assunti della scienza dell’igiene, il bagno pubblico fu oggetto di sperimentazione continua in Germania, sia in età guglielmina (1890-1918), come ampliamento degli spazi domestici per sopperire al deficit infrastrutturale delle abitazioni della classe operaia, sia nell’era di Weimar (1919-1933), quando la sua progettazione, quale struttura indipendente collocata nel più ampio contesto urbano, fu particolarmente significativa nel processo di trasformazione della città moderna. Il ruolo sociale dei Volksbad e degli Stadtbad nella riforma della salute pubblica fu esplorato in occasione di importanti esposizioni nazionali a tema. Le idee sull’architettura e la città, promosse in occasione di questi grandi eventi, contribuirono alla costruzione di bagni

1 Cfr., tra gli altri, F. Brockington, Public health in the nineteenth century, Edinburgh-London, Livingstone Ltd., 1965; A. S. Wohl, Endangered lives: public health in Victorian Britain, Cambridge, MA, Harvard University Press, 1983; R. Evans, Death in Hamburg. Society and politics in the Cholera years, New York, Oxford University Press, 1987, M. Frey, Der Reinliche Bürger. Kritische Studien zur Geschichtswissenschaft, Göttingen Vandenhoeck & Ruprecht, 1997; R. Spree, Health and social class in Imperial Germany. A social study of mortality, morbidity and inequality, Oxford, Oxford University Press, 1988; G. Zucconi, La città contesa. Dagli ingegneri sanitari agli urbanisti (1885-1942), Milano, Jaca Book, 1988; P. Baldwin, Contagion and the State in Europe 1830-1890, Cambridge, Cambridge University Press, 1999; J. R. Skoski, Public baths and washhouses in Victorian Britain 1842-1914, Bloomington, IN, Indiana University Press, 2000.

1837

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comunali in quasi tutte le grandi città della regione in esame, da Düsseldorf a Essen, da Duisburg a Solingen, da Hagen a Hürth. A partire dagli anni Ottanta del XIX secolo le esposizioni sull’igiene furono lo strumento privilegiato di promozione della specifica traiettoria culturale della Germania, tesa a rivendicare le conquiste della nazione nel campo della ricerca medica, ingegneristica e delle moderne infrastrutture sanitarie. Con un focus tematico molto caratterizzante, tali eventi furono parte integrante di un preciso progetto biopolitico di educazione degli esperti, dei funzionari statali e delle masse alle regole igieniche, per contribuire al miglioramento e allo sviluppo della società civile tedesca. In tale ottica, i bagni pubblici furono intesi quali complessi esempi di architettura attivamente funzionale al benessere pubblico e, come tali, particolarmente studiati e pubblicizzati nell’ambito delle attività fieristiche2. Nel 1876 la Deutsche Gesellschaft für Öffentliche Gesundheit (Società tedesca per la salute pubblica) avviò l’attività di promozione della mostra Allgemeine Deutsche Ausstellung auf dem Gebiete der Hygiene und des Rettungswesens (Esposizione generale tedesca dei servizi di igiene e di soccorso), da allestire a Berlino nel 18823. Il comitato organizzativo, composto da medici, architetti, ingegneri, ufficiali civili e imprenditori, strutturò l’evento in modo tale da illustrare i progressi tecnologici nel settore delle infrastrutture urbane4. La sezione maggiormente interessante fu quella dedicata alla presentazione del modello, in scala reale, della Volksbrausebad (doccia per la popolazione) del dermatologo Oscar Lassar. La struttura, un blocco rettangolare in ferro con una decina di cabine-doccia all’interno, ciascuna provvista di spazi destinati allo spogliatoio, si configurò come nuovo modello antitetico alle grandi e monumentali bathhouses inglesi: finalmente i bagni potevano essere assemblati e disassemblati ovunque e con grande facilità, erano flessibili e moderni, economici e riproducibili5. Analizzando la mostra nel suo complesso, la Allgemeine Deutsche Ausstellung del 1883 fu il momento rappresentativo dell’autorevolezza della medicina sociale tedesca, finalmente in grado di competere con la supremazia britannica e di ridefinire i termini della modernità e del progresso tecnologico in Europa. Una posizione di autorevolezza scientifica che la Germania mantenne anche durante gli anni compresi tra il 1890 e il 1930, quando la cultura igienista, già caratterizzata dalle pratiche di “medicalizzazione” della società, promosse dalla medicina tradizionale, fu influenzata anche dalle tesi riformiste del movimento Lebensreform (Riforma della vita)6. La mostra

2 Cfr. W. Mattäi, Die Allgemeine Deutsche Ausstellung für Hygiene und Rettungswesen in Berlin 1883 und das Berliner Hygiene-Museum. Ein Beitrag zur Geschichte der Hygiene in Deutschland, Tesi di laurea, Berlino, Humboldt-Universität, 1962; G. Schaible, Sozial und Hygiene Ausstellungen: Objekpräsentationen im Industrialisierungsprozeß Deutschlands, Tesi di laurea, Tübingen, Universität Tübingen, 1999. 3 Il nome ufficiale della mostra è Allgemeine Deutsche Ausstellung auf dem Gebiete der Hygiene und des Rettungswesens 1882/1883. Allestita nel 1882 in strutture lignee temporanee, distrutte da un improvviso incendio quattro giorni prima dell’inaugurazione, l’esposizione fu presentata a Berlino l’anno seguente. Cfr. «Die Hygiene Ausstellung in Berlin», Über Land und Meer. Allgemeine Illustrierte Zeitung, 25, 1883, pp. 739‐ 740; Officieller Katalog für die Allgemeine Deutsche Ausstellung auf dem Gebiete der Hygiene und des Rettungswesens 1882/1883, Berlin, Julius Springer & Kassel, 1883. 4 Furono presentati disegni e descrizioni dei primi bagni costruiti in Germania e in Austria in quegli anni, come il Barmen Badeanstalt (1881-1882), i bagni di Hamburg-Altona (1881) e l’Esterhazybad di Vienna. Accanto a questi esempi di strutture municipali, vi furono anche modelli di bagni per lavoratori, realizzati da industriali filantropi, e patenti e brevetti di nuove tecnologie da utilizzare nella costruzione di impianti sanitari e docce. 5 O. Lassar, Die Kultur Aufgabe der Volksbäder. Rede gehalten am 18. Sept 1888 in der ersten allgemeinen Sitzung der 61 Versammlung deutsche Naturforscher und Ärtze zu Köln, Berlin, Berliner Verein für Volksbäder, 1889. 6 Per approfondimenti si vedano, tra altri, W. R. Krabbe, Gesellschaftsveränderung durch Lebensreform: Strukturmerkmale einer sozialreformischen Bewegung im Deutschland der Industrialisierungsperiode, Göttingen, Vandenhoek & Ruprecht, 1974; J. A. Williams, Turning to nature in Germany. Hiking, nudism and

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International Hygienische Ausstellung, allestita a Dresda nel 1911, si aprì a un pubblico molto più vasto, in modo interattivo, attraverso l’utilizzo di differenti media, che, lontani dal voler essere esclusivo appannaggio della parte più colta della società, avevano il compito di disvelare i misteri della scienza dell’igiene a tutto il popolo7. In particolar modo, grande rilevanza fu data alla corretta pratica architettonica, enfatizzata quale strumento indispensabile del processo di rigenerazione urbana8. Accanto a tipi funzionali di piscine all’aperto, furono esposti disegni, fotografie e piante dei bagni municipali costruiti su grande scala in Germania, a partire dal 1900, sul modello dell’Hallenbad, una grande struttura balneare costituita da una piscina centrale e ambienti destinati alla sauna, al bagno turco, alle acque termali, agli esercizi fisici. L’International Hygienische Ausstellung del 1911 e la conseguente azione promozionale del Deutsches Hygiene Museum, fondato dal curatore della mostra, Karl Lingner, contribuirono allo sviluppo della Körperkultur negli anni Venti del Novecento9. In tale contesto, l’esposizione Düsseldorf Großausstellung zu Gesundheitpflege, sozial Fürsorge and Leibesübungen (Grande esibizione sull’igiene, l’assistenza sociale e lo sport di Düsseldorf) del 1926, nota come GESOLEI, divenne uno dei più grandi e popolari eventi dell’era di Weimar, grazie all’enfasi data, in un crescendo esponenziale, a tutte le molteplici e differenti discipline, sociali e tecniche, legate alla scienza dell’igiene, e alla definizione degli specifici tratti - culturali, estetici e tecnologici - delle architetture pubbliche10. Le esposizioni nazionali cui si è fatto breve cenno consacrarono i Volksbad come tra i più rappresentativi e funzionali monumenti dei moderni programmi socio-politici tedeschi.

3. Alcuni casi studio 3.1. Städtische Badeanstalt a Solingen La città di Solingen ospita due stabilimenti balneari d’inizio Novecento, oggi non più fruibili e in attesa di compratori che possano attivare progetti di rifunzionalizzazione delle strutture dismesse. Il primo si trova in Birkerstrasse ed è tra i più antichi della regione. La sua costruzione, prevista lì dove un tempo vi erano gli edifici del vecchio macello comunale, risale al 1903 ed è contemporanea a quella di un’altra importante struttura per la fornitura di acqua potabile in città, la diga Sengbach. L’edificio è stato ampliato nel 1927 con il Planschetarium, una piscina per bambini all’aperto. I bagni pubblici nel distretto di Solingen-Ohligs, opera dell’architetto Kurt Wüstermann, sono invece riferibili agli anni compresi tra il 1928 e il 1933, sebbene la loro storia abbia inizio nel 1896 e sia caratterizzata da periodi di stasi e di ripresa dei lavori durante le prime due decadi conservation 1900–1940, Stanford, Stanford University Press, 2007; T. Carstensen, e M. Schmid, Die Literatur der Lebensreform. Kulturkritik und Aufbruchstimmung um 1900, Bielefeld, Transcript Verlag, 2016. 7 Il corpo sociale cui l’esposizione fu dedicata venne simbolicamente rappresentato nella figura del Mensch, un uomo nudo in bronzo, che, con le braccia rivolte verso l’alto, indicava il trionfo della salute e dell’igiene sulla malattia. Cfr. Offizieller Führer durch die Internationale Hygiene-Ausstellung Dresden 1911 und durch Dresden und Umgebung, Berlin, Rudolf Mosse, 1911; P. Wolf, «Die Internationale Hygiene-Ausstellung in Dresden 1930», Deutsche Bauzeitung, 64, 1930, pp. 57-58; International Hygiene Ausstellung Dresden 1911 und die Rolle Karl August Lingners, Dresden, Deutsches Hygiene Museum, 1987; K. Vogel ed., Das Deutsche Hygiene Museum Dresden 1911–1990, Dresden, Stiftung Deutsches Hygiene Museum, 2003. 8 L’importanza dell’architettura fu enfatizzata dall’immagine scelta per il poster promozionale dell’esposizione, nota come Hygiene Eye, del pittore simbolista Franz van Stuck, ove si vede il grande occhio dell’igiene riflettere uno spazio architettonico, definito da un colonnato ionico. 9 Per approfondimenti cfr. M. Vogel, «Das Deutsche Hygiene Museum als Zentralinstitut für Volksgesundheitspflege», Zeitschrift f. Desinfektion und Gesundheitswesen, 5, 1930; T. Bennett, The Birth of the Museum, London, Routledge, 1995. 10 J. Wiener ed., Die Gesolei und die Düsseldorfer Architektur der 20er Jahre, Köln, J.P. Bachem Verlag, 2001; H. Körner, e A. Stercken eds., Gesolei: Kunst, Sport und Körper, 3 vol., Ostfildern Ruit, Hatje Cantz Verlag, 2002.

1839

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del XX secolo. Il progetto originario, affidato nel 1914 al tecnico comunale Daniel Happe e mai realizzato per lo scoppio della prima guerra mondiale, prevedeva una piscina al piano terra, spogliatoi, bagni romano-irlandesi, bagno turco e docce. Finalmente, nel 1927, un concorso nazionale, indetto dal sindaco dopo una visita alla GESOLEI di Düsseldorf e rivolto esclusivamente ad architetti di cittadinanza tedesca con regolare residenza nei distretti municipali di Köln, Aachen, Düsseldorf, Münster e Arnsberg, premia la proposta di Wüstermann e avvia la costruzione dei bagni pubblici. Tra il 1969 e il 1971 l’edificio subisce il primo, importante restauro con la ricollocazione degli ambienti destinati a spogliatoio e la costruzione di una rampa di scale. Inserito nella lista dei monumenti di Solingen nel 1987, la Städtische Badeanstalt di Solingen-Ohligs viene periodicamente chiusa al pubblico per lavori e solo momentaneamente destinata alle attività di club e associazioni privati. L’attuale struttura con facciata in mattoni consiste in un’ala principale semicurva a tre piani, un’ala laterale a due piani, una torre per la raccolta dell’acqua e una piscina con copertura a lucernario11.

11 Per approfondimenti cfr. A. Vietze, «Die städtische Badeanstalt in Solingen-Ohligs», Bauwarte, 18, 1930, pp. 1-12; H. Rosenthal, Solingen: Geschichte einer Stadt, Duisburg, Walter Braun Verlag, 1975; R. Rogge, Ohligs wie es früher war, Gudensberg-Gleichen, Wartberg, 2001; R. Meyer-Kahrweg, Architekten, Bauingenieure, Baumeister, Bauträger und ihre Bauten in Wuppertal, Wuppertal, Pies, 2003; A. Birkenbeul, Alt-Solingen und Dorp, Erfurt, Sutton Verlag, 2013, pp. 69-70.

Solingen, Städtische Badeanstalt in Birkerstrasse, Planschetarium, 1930 ca (Stadtarchiv Solingen, Bildarchiv foto 19678)

1840

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Solingen-Ohligs, Städtische Badeanstalt, 1930 (Stadtarchiv Solingen, Bildarchiv foto 2121) 3.2. Stadtbad a Oer-Erkenschwick

La costruzione, avviata nell’agosto del 1929 su progetto dell’architetto comunale Hermann Vorläufer e inaugurata solo un anno dopo con l’introduzione di lezioni di nuoto per la popolazione, subisce ingenti danni durante la seconda guerra mondiale ed è sottoposta a interventi di riparazione e rifunzionalizzazione tra il 1949 e il 1955. Negli anni Sessanta del secolo scorso l’amministrazione comunale provvede all’ammodernamento della piscina interna e alla costruzione di un nuovo edificio per gli spogliatoi, progettato dall’ingegnere Friedhelm Krieger. Dopo un lungo periodo di chiusura, dovuto agli alti costi di manutenzione e caratterizzato da frequenti atti di vandalismo, i bagni di Oer-Erkenschwick sono stati demoliti nel 2014. L’edificio, con facciata principale in mattoni rossi e composto di un corpo a tre piani e piscina interna, aveva i bagni di vapore e le installazioni tecniche nel seminterrato, una hall di accoglienza ospiti al piano terra, appartamenti per il personale ai piani superiori. La piscina era coperta da un tetto a due falde leggermente inclinate, con lucernario; le restanti parti dell’edificio avevano copertura piana. Collocato in posizione arretrata rispetto alla strada, l’ingresso ai bagni, segnalato dall’iscrizione Badeanstalt, era preceduto da una scala e sistemato tra pareti in pietra12.

12 Per approfondimenti cfr. «Baunachrichten Erkenschwick», Das Bad. Zeitschrift für das Badewesen, 10, 1929, p. 172; P. Kamp, «Neuzeitliche Bäder und Bäderbaukosten», Das Bad. Zeitschrift für das Badewesen, 3, 1938, pp. 29-32; Stadtverwaltung Oer-Erkenschwick, e Geiger Druck GmbH, eds., Oer-Erkenschwick: Die 50er und 60er Jahre. Deutschland im Aufbruch, Horb am Neckar, 2005; E. Scholz, «„Vati “Bach und „Tante Pullefass”: Das älteste Hallenbad des Kreises steht (noch) in Oer-Erkenschwick», Vestischer Kalender, 80, 2009, pp. 211-219; B. Lenhert, e E. Scholz, Oer-Erkenschwick. Stadt im Wandel, Erfurt, Sutton Verlag GmbH, 2010.

1841

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Oer-Erkenschwick, Stadtbad, 1929, pianta pianterreno (Stadtarchiv Oer-Erkenschwick, STA I)

Oer-Erkenschwick, Stadtbad, 1929, prospetto laterale (Stadtarchiv Oer-Erkenschwick, STA I)

1842

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3.3. Stadtbad a Duisburg-Hamborn

La storia dei bagni ha inizio nel 1906, quando il distretto di Duisburg-Hamborn decide di dotarsi di una moderna struttura balneare con piscina interna. A un primo progetto, in stile neoclassico, presentato dal tecnico comunale Alfred Spelsberg nel 1921 e caratterizzato da ambienti con piscine e docce, viene preferita, quattro anni dopo, la soluzione di Franz Steinhauer, comprendente un edificio strutturato con spazi e vasche da destinare simmetricamente a uomini e donne. I lavori di costruzione dei bagni pubblici iniziano ufficialmente nel 1929 ma si caratterizzano, fin da subito, per rallentamenti dovuti alla Grande Depressione, che, di fatto, ne impediscono il completamento fino al 1933, quando, dopo l’edificazione di quattro appartamenti per il personale e la messa in opera degli infissi e dei pavimenti, viene ultimata anche la facciata. Tra il 1937 e il 1938 è costruita la piscina maschile e inaugurata con competizioni atletiche. Gravemente danneggiati durante la seconda guerra mondiale, i bagni di Duisburg-Hamborn vengono sequestrati nel 1945 dal governo militare britannico e utilizzati come Bunker Bathhouse. Dopo il completamento della piscina femminile nel 1953, la struttura balneare inizia a configurarsi, nel suo complesso, come vero e proprio centro polisportivo comunale. Finalmente nell’ottobre del 1956 vengono riaperti alle manifestazioni di nuoto agonistico e negli anni Sessanta il corpo centrale è interessato da sostanziali interventi di ricostruzione, completamento e rinforzo statico. I lavori sono sovrintesi dall’architetto Karl Dieler, che provvede anche alla progettazione degli spazi da destinare all’installazione della sauna, dei bagni di vapore e dei bagni romano-irlandesi. La struttura risulta attiva fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, quando alla chiusura delle piscine, per pericolo di crollo del soffitto, fa seguito la chiusura della sauna per gli alti costi di manutenzione. Nonostante l’inserimento nella lista dei monumenti della città di Duisburg nel 2005, i bagni oggi sono in disuso13. 3.4. Badeanstalt a Essen-Altenessen

Nel 1907 il consiglio comunale di Essen-Altenessen decreta l’istituzione di un bagno pubblico al servizio della popolazione e dopo circa tre anni approva il progetto preliminare di una struttura con spazi distinti per uomini e donne, comprendenti una piscina, aule per le visite mediche, bagni di vapore, docce, spogliatoi e lavanderia. Nonostante l’impegno, preso nel 1914, di provvedere alla costruzione, nell’arco di due anni, di un edificio balneare nel centro della città, è solo nel maggio del 1919 che il Dipartimento pubblico preposto elabora il progetto di un edificio neoclassico, sprovvisto di piscina. Sotto la spinta promotrice di associazioni cittadine, nel 1926 l’architetto assessore Ernst Bode viene incaricato della progettazione di un nuovo stabilimento, con palestra e piscina di 30x100 m. L’edificio, in mattoni, tetto piano e finestre a nastro, viene inaugurato nell’estate di quell’anno e di fatto rappresenta la più grande infrastruttura che un distretto industriale come Altenessen può offrire ai suoi cittadini per rigenerare corpo e mente dopo estenuanti giornate lavorative. Tra marzo e giugno 1928 Bode si occupa anche della costruzione della piscina interna, dei bagni romani-irlandesi, degli angoli per l’idromassaggio, le visite mediche, le docce e degli spazi destinati allo staff. Dopo bruschi rallentamenti tra l’inverno e l’estate successiva, solo il 23 luglio 1930 i lavori possono dirsi completati. La struttura, che subisce ingenti danni durante la seconda guerra mondiale, quando l’onda d’urto causata dalla detonazione di una mina ne deforma la facciata su Vogelheimer Strasse, viene sottoposta a restauro nel 1946 e riaperta al pubblico quale unico stabilimento balneare 13 Cfr. A. Jung, «Das neue Doppelhallenschwimmbad in Duisburg-Hamborn», Das Deutsche Badewesen, 7, 1939, pp. 159-161; «Badewesen in Duisburg nach dem Krieg», Archiv des Badewesens, 9, 1949, p. 95; S. Hausstein, e J. Milz, Architektur in Duisburg, Duisburg, Mercator, 1994, p. 42; H. Trost, «Das Hallenbad in Duisburg-Hamborn», Denkmalpflege im Rheinland, 4, 1998, pp. 174-179.

1843

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della conurbazione di Essen. Entrata nella lista dei monumenti cittadini nel 1987, la Badeanstalt è oggi un importante polo per lo sport, il fitness e il benessere14. Bibliografia

Bezirksamt Neukölln-Berlin, ed., Das Stadtbad Neukölln 1914 und 1984: Zur Wiedereröffnung des Stadtbades in der Ganghoferstraße am 10. Mai 1984, Berlin, Krämer Druck, 1984. F. de Bonneville, Das Buch vom Bad, Münich, Rolf Heyne GmbH & Co., 1998. K. Döhmer, In welchem Style sollen wir bauen? Architekturtheorie zwischen Klassizismus und Jugendstil, Münich, Prestel, 1976. C. Flötotto, «Building the new, hygienic, healthy man in modern architecture: Friedrich Wolf and the “Neues Bauen”», Edinburgh Architecture Research, 27, 2000, pp. 87-99. V. Hammerschmidt, Anspruch und Ausdruck in der Architektur des späten Historismus in Deutschland 1860–1914, Frankfurt, Peter Lang, 1985. B. Hartmann, Das Müller'sche Volksbad in München, Münich, Tuduv-Verlag, 1987. M. Hau, The cult of health and beauty in Germany: a social history 1890-1930, Chicago, University of Chicago Press, 2003. B. Ladd, «Public baths and civic improvement in 19th century German cities», Journal of Urban History, 14, 3, 1988, pp. 372-393. D. Leistner, H. E. Hess, K. Feireiss, e D. Meyhöfer, Badetempel: Volksbäder aus der Gründerzeit und Jugendstil, Ernst & Sohn, Verlag für Architektur und technische Wissenschaften, 1993. J. V. Maciuika, Before the Bauhaus: architecture, politics and the Germany State 1890-1920, Cambridge, Cambridge University Press, 2005. J. Reed Dillon, Modernity, sanitation and the public bath. Berlin 1896-1930, as archetype, Tesi di Dottorato, Durham, NC, Duke University, 2007. Y. Renges, Die Stadtbäder der Goldenen Zwanziger. Kommunale Prestigearchitektur zwischen Tradition und Moderne, Tesi di Dottorato, Köln, Universität zu Köln, 2015. C. Ross, Naked Germany: health, race and the Nation, New York, Berg, 2005. S. Schilf et al., Stadtbad Oderberger Strasse: Porträt eines historisches Bades, Berlin, Saladruck, 2001. P. Weindling, Health, race, and German politics between national unification and Nazism, 1870-1945, Cambridge, Cambridge University Press, 1989. M. T. Williams, Washing “the Great Unwashed”, Columbus, OH, Ohio State University Press, 1991.

14 Per approfondimenti si vedano, tra altri, E. Bode, «Städtische Badeanstalt Essen-Altenessen», Bauwarte, 51, 1930, pp. 552-555; Idem, «Badeanstalt in Essen-Altenessen», Zentralblatt der Bauverwaltung, 3, 1931, pp. 32-39; T. Ebers, «Ernst Bode 1878-1944», Deutsches Architektenblatt, 4, 29, 1997, pp. 505-507; D. Feige, «Essen – die Schwimmsportstadt», Archiv des Badewesens, 10, 2009, pp. 540-546.

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Bagni pubblici nella città post-industriale. Valorizzazione storica e innovazione

Rossella Maspoli Politecnico di Torino – Torino – Italia

Parole chiave: bagni pubblici, storia, evoluzione tecnologica, innovazione servizio, ruolo urbano, industria creativa. 1. Ruolo e struttura dei bagni pubblici nella città occidentale moderna

Nell’Europa occidentale bagni, docce, stabilimenti balneari sono il supporto alla residenzialità per l’igiene urbana, sviluppando precipue tipologie architettoniche e tecnologie, dagli stabilimenti di fine ’800 agli impianti degli anni ’30 e ’50. Il confronto interdisciplinare affronta il tema dei “bains-douches” in due città emblematiche, Parigi e Torino, nelle prospettive della conoscenza socio-culturale e tipologico-costruttiva e del contemporaneo1, fra continuità e trasformazioni funzionali, con l’emergere di nuovi ruoli e della valorizzazione culturale. Il confronto Torino – Parigi è significativo non solo per la cultura legata alla residenzialità dell’industria, ma anche per le origini. Negli anni ’60 dell’800, il municipio di Torino assume a modello quello di Parigi con la formazione del Consiglio di pubblica igiene e sanità, secondo un movimento culturale e di pianificazione coerente all’assunto positivista dell’igiene pubblica2. Lo sviluppo dei bagni municipali nella città industriale di inizio ’900 risponde all’esigenza di utilità pubblica per l’educazione, la salute e l’igiene. Agli inizi del ’900 le case dell’edilizia popolare, pubblica e privata, sono dotate di servizi igienici, esterni e collettivi, ma non dispongono di bagni. La prospettiva è non solo di lotta alle malattie infettive, ma di risposta complessiva all’emergere della questione sociale, che in Italia si traduce nella prima legge sanitaria del 1888 e nello sviluppo di nuovo tipi di servizi e infrastrutture municipali per la prevenzione, quali bagni pubblici, lavatoi, moderne fognature e acquedotti, regolamenti edilizi contro gli edifici insalubri, politiche di risanamento igienico dei quartieri storici e di sanità per i piani di infrastrutturazione nelle espansioni urbane.

1.1. Torino. La cultura igienista e i servizi negli ampliamenti urbani

I bagni municipali a Torino hanno tre epoche prevalenti di sviluppo, ad inizio ’900, negli anni ’30 e negli anni ’50. Le localizzazioni di inizio ’900 rispondono alla crescita urbana oltre al Cinta daziaria del 1852, determinando – a differenza di altre città italiane – un modello di investimento municipale. Un nuovo modello architettonico, tipologico e tecnico, è messo a punto dall’Ufficio Tecnico Comunale, diretto da Camillo Dolza. È basato sul decoro delle facciate riferito allo stile liberty, sul lay-out funzionale articolato in uno spazio principale di accesso di più alta immagine, che distribuisce ai corridoi delle sezioni degli spogliatoi e dei box con vasca-doccia indipendenti, e sulla qualità di finiture e arredi standardizzati in

1 L’approccio riguarda la fase preparatoria della ricerca “THERMAPOLIS. An original public service between past and future: Public baths in France and Western Europe”, proposta all’Agence Nationale de la Recherche (ANR), Francia, aprile 2017. Per il caso francese si fa riferimento all’apporto documentario del gruppo di ricerca costituito da Lucie Bony (CNRS), Sophie Fesdjian (UMR Lavue), Claire Levy-Vroelant (Université Paris 8). 2 S. Nonnis Vigilante, Igiene pubblica e sanità municipale, in U. Levra (a cura di), Storia di Torino. Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), Torino, Einaudi, 2001, pp. 365-399.

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graniglia e lapidei, mentre sovente separato è il volume tecnico minore, con la produzione a carbone delle caldaie a vapore di riscaldamento dell’acqua3. Da inizio del ’900, “i […] bagni pubblici si rendevano […] “fabbricati completamente necessari”, promossi da un’amministrazione “benemerita” e richiesti a gran voce dalla popolazione, destinati a diventare non di rado punto di raccolta di movimenti operai o di senso di appartenenza di una distinta identità sociale”4. Il ruolo, oltre la funzione igienica, è di inclusione sociale in relazione alla frequenza e al valore di simbolo urbano nelle periferie. 1.2. Parigi. La cultura igienista e i nuovi servizi di balneazione

La città anticipatrice nel dibattito di fine ’800 sull’igiene urbana, sede del secondo Congresso internazionale di igiene (1878), costruisce un sistema dei bagni municipali efficiente e diffusa solo negli anni ’20. Fra fine ’800 e inizio ’900, le “bains douches” di Parigi sono sia servizi in edifici scolastici, produttivi e residenziali collettivi – come nella “Maison des Dames de la Poste”, 1905 - su iniziativa imprenditoriale e caritatevole. Come in altre città francesi i bagni municipali rappresentano l’adesione ad un nuovo modello culturale, igienista e del tempo libero. Gli “établissements balnéaires” privati – come i “Bains Guerbois” (1885), poi discoteca e albergo di elitè – sono dotati anche di piscina, bagni turchi e russi, docce al vapore di zolfo. I sistemi funzionali municipali – come i “Grands Bains Parisiens Oberkampf” (1886) – possono contenere anche fumigazione, idroterapia, docce medicali. I primi tre stabilimenti di piscina e bagni municipali, edificati fra 1890 e 1895, e i primi due di soli bagni in struttura fissa hanno però infrastrutture igieniche ancora rudimentali. Nella fase precedente il servizio popolare di bagno e doccia è, invece, con stabilimenti lungo la Senna, che ne sfruttano le acque. Negli anni ’20-30 sono costruiti 18 nuovi impianti fissi dotati di centrali termiche, di sterilizzazione e filtraggio, con strutture in cemento armato e un’organizzazione funzionale a percorrenze obbligate, secondo il programma del 1921. Ne deriva una crescita esponenziale della domanda, fino ai due milioni di utenze del 1934, giustificando altre nuove localizzazioni alla fine degli anni ’30 5. I nuovi “établissements municipaux” ospitano diverse funzioni di balneazione, esprimono una cultura architettonica di rilievo, fondata su un ornato art decò con la preminenza della rappresentatività degli ingressi – a motivi decorativi geometrici in laterizio e ceramica come Haies (1928) –, sull’attenzione al disegno plurifunzionale – come Molitor (1929) – e la sperimentazione tecnologica del cemento armato e delle vetrature – come Pontoise (1934). 2. Mutamenti della domanda e della cultura urbana e dismissione

L’innovazione tecnologica nel modello dei servizi abitativi determina il declinare della domanda dagli anni ’70, prima con la diminuzione dei cicli manutentivi e condizioni di obsolescenza e degrado, poi con i processi di dismissione, riuso e trasformazioni e/o demolizione. In altre realtà europee come la Gran Bretagna, le campagne di riforma sanitaria di inizio „900 hanno determinato la diffusione dell’offerta di “public baths” e di “wash-houses” nelle città in

3 F. Montalenti, Stabilimenti di bagni e lavatoi pubblici in Torino, in “Rivista di Ingegneria Sanitaria e di Edilizia Moderna”, anno VIII, n. 21, 15 novembre 1912, pp. 294 sgg 4 C. Devoti, Il prevalere dell’igiene: origine e localizzazione dei bagni pubblici a Torino, in Ananke, vol. 62, 2011, pp. 72-5. 5 M.M. Garnier, L’effort. Au point de vue balnéaire de la Municipalité parisienne depuis 1920, in Le plus grand Paris. Revue illustrée d’information et documentation, mars – avril 1938, BA, Parigi.

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già in antecedenza al primo confitto mondiale, ma con la perdita del servizio negli anni ’80, come risultato della crescente compromissione della sanità per i limiti della finanza locale6. La dismissione dei bagni pubblici è un processo differenziato negli esiti e nella temporalità nelle due realtà confrontate. 2.1. Torino. La cultura della permanenza nei nuovi servizi

A Torino, all’inizio degli anni ’40, sono attivi 10 stabilimenti, distribuiti nei quartieri delle periferie di fine ’800 e inizio ’900 – San Paolo, San Salvario, San Secondo, Vanchiglia, Crocetta, Barriera di Milano, Regio Parco, Molinette, San Donato, Cavoretto7 –, negli anni ’80, gli stabilimenti sono scesi a 8, le utenze annuali da 493.000 a 150.000, con il passaggio ad un’utenza di senza fissa dimora, recenti immigrati e anziani. La dismissione dei servizi è parallela e coeva a quella industriale, alla crisi occupazionale e all’inizio di politiche sociali comunali per il decentramento dei servizi nei quartieri8. Il recupero degli edifici preesistenti, con servizi obsoleti, per nuovi usi funzionali di tipo comunitario riguarda sia il potenziamento di attività tradizionali – vigilanza urbana, anagrafe e biblioteche – sia la promozione di nuove, come centri sociali e d’informazione. Al 2003, 6 bagni pubblici sono riutilizzati per servizi circoscrizionali e, al 2017, 5 hanno ancora almeno parzialmente l’utilizzo – San Paolo, Campidoglio, Barriera di Milano, Vanchiglia, Molinette – in prevalenza con gestione in concessione. I primi riusi municipali degli anni ’80 – Crocetta e San Donato – sono oggetto di ulteriore adeguamento funzionale negli anni ’10 del 2000, in relazione alla critica efficienza economica del decentramento e alla domanda di utilizzo di associazioni e cooperative del territorio, per lo sviluppo di attività culturali e inclusive. Il nuovo “Regolamento” (n. 348, 2012), prospetta che “i bagni pubblici siano inseriti all’interno di strutture diversificate e multifunzionali che tengano conto non solo delle necessità igieniche e sanitarie ma, anche, di quelle legate al ritrovo ed alla aggregazione sociale”. In termini di attenzione alla memoria storico-testimoniale e alla conservazione materiale, gli interventi di ristrutturazione hanno mirato al mantenimento dei volumi e delle strutture, che non presentavano problemi statici, e alla riqualificazione interna, rimuovendo elementi e segni della funzione originaria, con generale restauro delle facciate, sovente sacrificando serramenti e chiusure, alterando la percezione dei prospetti. La sostanziale conservazione è il risultato di un difficile processo di appropriazione identitaria che ha interessato il patrimonio dismesso dell’industria e dei servizi, a partire dal riconoscimento dell’interesse culturale. All’inizio di una nuova complessa fase di pianificazione urbanistica, questo interesse si traduce prima nella catalogazione e schedatura, poi nel delineamento di indirizzi di intervento attenti ai caratteri del costruito con indicazioni delle categorie intervento di restauro e risanamento conservativo9. Il dibattito dell’ultimo quarantennio ha portato all’attenzione il patrimonio architettonico e infrastrutturale come connotante dell’identità urbana, il ruolo di testimonialità della cultura materiale e delle sue tracce, e la prospettiva di risparmio sostenibile di suolo.

6 S. Sheard, Profit is a Dirty Word: The Development of Public Baths and Wash-houses in Britain 1847–1915, in Social History of Medicine n. 13, 2000, pp. 63-86. 7 I bagni municipali. La moderna attrezzatura dei dieci stabilimenti …, in La stampa, 11 marzo, 1941. 8 G. Locatelli, P. L. Farò, Bagni e lavatoi: due interventi nei quartieri Crocetta e San Donato, in “Atti e Rassegna Tecnica”, Società degli Ingegneri e degli Architetti in, Torino, n. 3-4, 1980, pp. 119-130. 9 Fasi fondamentali del processo sono l’adozione del Progetto preliminare di Piano Regolatore della Città di Torino (1980) e la sistematica schedatura dei beni in: Politecnico di Torino, Dipartimento Casa Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, a cura di V. Comoli, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, 2 voll., Torino, 1984.

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In una città media la cultura del patrimonio, tangibile e intangibile, ha avuto un’affermazione non trascurabile, coerente al ri-costruzione – pur nella continuità dei cicli migratori – del senso di appartenenza ai luoghi dell’abitare. Questo processo è emblematico in relazione ai bagni pubblici, sostenuto dalla diffusione delle fonti documentarie svolto dalla città10, e ha prodotto una presa di coscienza e un attaccamento che emergono nel web11.

2.2. Parigi. La domanda di servizi e le trasformazioni urbane

Alla modernizzazione e ulteriore estensione dei bagni municipali negli anni ’50, in presenza degli elevati flussi migratori e di instabilità abitativa, corrisponde la decrescita della domanda dagli anni ’70, il sottouso e la chiusura di strutture dagli anni ’80. I grandi “établissements municipaux” sono in diversi casi oggetto di riconoscimento e tutela – Butte-aux-Cailles, Georges-Vallerey, Haies, Molitor, Pontoise – per l’elevata qualità architettonica e anche per il ruolo nell’immaginario urbano, motivandone il riuso e la conservazione, orientati all’evoluzione della concessione per sport, tempo libero e spettacolo, superando la funzione tradizionale di igiene pubblica. Il processo si inverte per i 19 stabilimenti di Parigi, con la crescita a 900.000 utenze nel 2004 contro 300.000 nel 1999, legata alla povertà che raggiunge strati sociali e quartieri precedentemente risparmiati12. Nelle diverse realtà, le utenze emergono come costituite prima principalmente da abitanti in condizioni di degrado - lavoratori poveri e famiglie - poi da disoccupati, nomadi, recenti immigrati, sans papier e senza casa, ma anche anziani non sono in grado di utilizzare in sicurezza il servizio privato. Sociologicamente, i bagni pubblici sono luogo di sollievo, ma profondamente vulnerabile, regolato da tensioni tra tre poli: anonimato, ospitalità e ostilità13.

10 In particolare il piano dell’“Ecomuseo urbano di Torino” (EUT) esteso nei quartieri (2004) e la disponibilità delle fonti riassunta in MuseoTorino (www.museotorino.it/), il sito del museo urbano (2011). 11 In questa prospettiva: http://labbreakfast.wixsite.com/bagnipubblici, il progetto di un “Centro di documentazione” dell’Associazione Piemonte Cultura (2014). 12 Association APNÉE, Bains-douches municipaux: +200% de fréquentation, Actuchomage, 7.10.2006, Report. 13 C. Lévy-Vroelant, Se mouiller au propre comme au figuré. De l’observation à l’ethnographie dans les bains-douches parisiens, in Espaces et sociétés, 2016/1, n. 164-5, pp. 127-142.

Bagni municipali a Torino. Usi originari e successivi

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Emergono come essenziali la qualità di accoglienza dello spazio e del servizio, la capacità di trasmettere la sensazione dell’ospitalità e dell’interazione sociale.

3. Mixitè e innovazione funzionale

L’approccio ai bagni come spazio collettivo-privato pone la contrapposizione fra presenze indesiderate – coerenti a un senso di vergogna e disagio, che sovente motiva l’ingresso non da soli – e potenziale solidarietà, costruita nel tempo attraverso la fidelizzazione al luogo di resilienza alla marginalità urbana. Le strutture hanno una vocazione a coniugare l’igiene con altre funzioni, di accoglienza e informazione degli abitanti marginali, e la promozione di servizi sensibili alla globalizzazione e all’accrescimento del potenziale creativo. Casi emblematici delineano la transizione verso nuovi modelli. A Parigi, la vocazione all’uso plurale emerge nella contiguità fra servizio del bagno pubblico e altre destinazioni di sport e loisir, contrapponendo alla crescente domanda e efficienza del servizio l’affidamento alla gestione in concessione esterna dei grandi stabilimenti, riconosciuti di valore architettonico, trasformati per una nuova domanda e valorizzati. I tempi della dismissione, a rischio di demolizione, hanno costituito – nel caso di Castagnary – l’occasione di sperimentare usi temporanei rivolti a innovazione sociale e creatività collettiva. Il Municipio di Parigi ha adottato dal 2001 la forma della “convention d’objectifs” temporanea, per sviluppare attività di animazione con attori locali e rendere spazi disponibili per lavoro e residenza d’artista, garantendone mantenimento e sorveglianza.

Bagni municipali a Parigi. Usi originari e successivi

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A Torino, la Casa del Quartiere di San Salvario è esempio di sostituzione della funzione di bagno pubblico con quella di laboratorio sociale, luogo per l’incontro, aperto e multiculturale, che coinvolge nel progetto e nella gestione Città e associazioni, cittadini, facilitatori, operatori artistici e culturali. I bagni pubblici municipali di via Agliè riaprono, invece, per rispondere alla pressione della domanda, integrando l’offerta con servizi di integrazione. Il completamento della ristrutturazione scandisce la transizione a Casa del Quartiere e polo di promozione interculturale, ma con il mantenimento dell’uso originario. Elementi di memoria e di valorizzazione sono i box dei bagni dismessi e le loro tracce, simbolo di una ri-appartenenza più che stratificazione di segni e arredi per connotare luoghi emergenti. In questi processi, emergono come fattori fondamentali la qualità e la capacità di adeguamento della gestione in forma cooperativa, la continuità di cofinanziamento delle Fondazioni private e la manifestazione dell’accessibile e del solidale nella sistemazione degli spazi.

Il patrimonio dei bagni pubblici emerge sottoposto a dinamiche contrapposte, di ricerca di qualità nel servizio per l’inclusione e di potenziale supporto ad attività creativo-culturali, di luogo di identità da ri-simbolizzare e sottoposto alle pressioni del mercato immobiliare. Bibliografia

P. Bourdelais, Les hygiénistes: enjeux modèles et pratiques, Paris, Belin, 2001. P. Cingolani, Sapone, spugna e vapori. Cento anni di bagni pubblici e di immigrazione a Torino, in «Turin. Storia e storie della città», A. III, n. 7, 2014, Torino, pp. 36-41. M. Naretto, I bagni pubblici di Torino: identità, memoria e riuso, in Ananke, vol. 62, 2011, pp. 88-91.

Bagni municipali a Parigi (2016). Castagnary (in attesa), Blomet, Haies, Pyrénées

Bagni municipali e Casa del Quartiere, via Agliè 9 a Torino (2016).

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Rigenerazione urbana: da nuovi servizi al nuovo turismo. I Bagni Pubblici di via Agliè a Torino

Alice Giani Politecnico di Torino – Torino – Italia

Parole chiave: rigenerazione urbana, bagni pubblici, casa del quartiere, servizi sociali.

1. Introduzione Le istanze igieniste di metà Ottocento trovarono a Torino un terreno particolarmente fertile con una diffusione precoce di politiche orientate in tal senso; un processo di modernizzazione della città (anche in risposta alla perdita del ruolo di capitale) accompagnato dall’apertura nel 1865 dell’Ufficio di Igiene1 e, al fine di limitare la diffusione di epidemie, dalla progressiva dotazione di strutture specifiche (bagni e lavatoi). Le prime strutture riconducibili ai presupposti igienisti furono i lavatoi comuni realizzati sulle sponde fluviali (Po e Dora) a metà ’800. Sulla sponda sinistra del Po, a monte del Ponte Isabella, tale struttura venne trasformata in vera e propria struttura balneare passando dall’iniziale funzione igienico-sanitaria a quella di loisir. Furono quindi previste, a fine Ottocento, delle strutture in legno, ben presto sostituite da quelle in muratura per un utilizzo continuativo durante l’anno2. A partire dagli anni ’70 del Novecento, con l’introduzione dei servizi igienici all’interno delle abitazioni, i bagni pubblici videro affievolire in modo consistente il bacino d’utenza e si andò verso dismissione di numerose strutture. Nella città di Torino, sette strutture furono demolite3, altre sette sono state rifunzionalizzate (una in bagno turco, altre in Case del Quartiere o servizi al cittadino) e una è in disuso (in Borgo Vittoria). Sono ancora cinque i bagni pubblici attualmente in funzione, di cui due hanno affiancato a quella storica nuove funzioni, diventando Case del Quartiere: il primo esempio si ha con i Bagni Pubblici di via Agliè (zona nord), seguiti da quelli di via Cherasco (zona sud, rinominati Barrito).

2. I Bagni Pubblici di via Agliè L’area su cui sorgono i Bagni Pubblici di via Agliè fu acquistata dal Comune di Torino a inizio Novecento (1907) per costruirvi un lavatoio pubblico a vasca unica. Terminato nel 1916 restò in esercizio fino a metà Novecento quando ne fu deliberata la demolizione (1955) per la costruzione di un nuovo edificio a due piani fuori terra, dall’architettura lineare, in mattoni faccia a vista con basamento in pietra e tetto piano4, comprendente i lavatoi al piano seminterrato e i reparti femminili (piano terra rialzato) e maschili (secondo piano) dei bagni pubblici. Il lavatoio, caduto in disuso, fu chiuso nel 1974 mentre il servizio bagni mantenne la funzione. L’edificio, di proprietà comunale, nel 2006 venne dato in gestione al Consorzio di Cooperative sociali Kairos5 (tramite concorso pubblico). Furono quindi riaperti i bagni municipali dopo circa 15 anni di chiusura, in seguito ad un importante intervento di manutenzione straordinaria. Il progetto si evolse velocemente iniziando ad accogliere nuove funzioni ed eventi: nel 2008 divenne un centro culturale e nel 2012 una “Casa del Quartiere”6. Nel 2014 un intervento di riqualificazione

1 C. Devoti, «Il prevalere dell’igiene: origine e localizzazione dei bagni pubblici a Torino», in Ananke, 62, Gennaio 2011, p. 72. 2 Anche annesse alle cucine popolari per sfruttarne le caldaie per il riscaldamento dell’acqua. 3 A. Giachetti, K. R. Ierardi, Bagni e lavatoi pubblici in Torino, rel. M. Viglino, S. Pagliolico, Politecnico di Torino, vol. 2, 2003, pp. 255-275. 4 Elemento distintivo in un contesto urbano di assoluta preminenza della copertura a doppia falda. 5 Consorzio nato nel 2001 dalla coesione di sei cooperative operanti nel territorio di Torino e provincia; oggi ne raggruppa quindici. 6 Il progetto di rigenerazione urbana Urban 2 (2000-2006 a Mirafiori Nord) contemplò il recupero di una cascina abbandonata nella periferia sud di Torino e la sua riconversione nella prima “Casa del Quartiere” della città: Cascina

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complessiva della struttura7 (riorganizzazione, manutenzione e messa a norma) portò lo spostamento delle docce al solo piano superiore (16 di cui una accessibile ai diversamente abili), all’ampliamento degli spazi dedicati alle attività culturali e all’apertura di un servizio di ristorazione. 2.1. Le nuove funzioni e l’utenza I lavori del 2014 hanno conservato gran parte dei box doccia del piano terra, trasformati in piccoli laboratori e spazi espositivi. Questo piano è stato interamente dedicato alle attività culturali (esposizioni, laboratori, concerti, la sede di PAC8 e una sartoria), ai servizi sociali (sportello di segretariato sociale e mediazione culturale) e dal 2015 è stato aperto il bistrot “Acqua Alta”. Per quanto riguarda le attività di pubblica utilità, i Bagni svolgono la funzione di presidio territoriale anche tramite la presenza di uno sportello che eroga servizi tipo CAF, legati al tema lavorativo o a quello dell’abitazione e di orientamento ai servizi presenti sul territorio. Al piano seminterrato è inoltre stato attivato un servizio di guardaroba per persone senza fissa dimora (150 beneficiari, in aumento). Gli ultimi dati disponibili9 sono andati a definire gli utenti del servizio docce: si evince quindi un’assoluta preminenza di utenti di provenienza magrebina (60%) che in gran parte risiede in Italia da più di sette anni (solo il 3% da meno di un anno), seguiti da persone di nazionalità italiana (28%). Circa la metà degli utenti è di età adulta, in gran parte residenti del quartiere Barriera di Milano (63%), mentre il 10% è costituito da senza fissa dimora. Considerando inoltre la situazione lavorativa degli utenti viene rilevato che il 48% è disoccupato mentre la restante percentuale si divide equamente tra lavoro autonomo, dipendente, in nero, saltuario e in pensione. Quest’ultima categoria, composta da una popolazione anziana (talvolta sola) che potrebbe necessitare di assistenza, è in aumento: motivata dalla presenza di personale addetto al servizio docce o per il difficile utilizzo dei sanitari dell’abitazione in seguito a sopraggiunte ridotte capacità motorie. La maggioranza degli utenti (30%) è però spinta all’utilizzo del servizio docce in quanto l’unità immobiliare in cui dimora presenta un servizio igienico inadeguato o ne è completamente sprovvisto (18%). Si rileva inoltre una nuova categoria di fruitori legati al settore circense (giovani iscritti alla numerose scuole torinesi) che vivono in unità mobili (camper) e che usufruiscono del servizio temporaneamente. La doppia funzione svolta dai Bagni Pubblici di via Agliè (servizi sociali e culturali) ha radicato notevolmente la struttura nel territorio e contemporaneamente aperta anche al resto della città. 3. Il contesto

I Bagni Pubblici di via Agliè sono situati nella borgata Monterosa, nel quartiere Barriera di Milano, settore nord di Torino fortemente multietnico, tra i meno abbienti della città.

3.1. Barriera di Milano La Gran Carta degli Stati Sardi10 mostra l’area su cui sorge l’attuale quartiere Barriera di Milano in prevalenza rurale, con la presenza di disseminati manufatti edilizi e alcune vie di comunicazione tra cui le importanti direttrici in direzione di Regio Parco e di Milano. Roccafranca. Il progetto aveva quale obiettivo l’incentivazione della cittadinanza attiva dotando la città di nuovi spazi. Ad oggi il progetto si è ampliato e in Torino esistono otto “Case del Quartiere”, sorte in aree per lo più periferiche, che nel 2012 hanno creato una struttura di coordinamento per il loro sviluppo futuro: la Rete delle Case del Quartiere. 7 Finanziati dal progetto Urban Barriera per un valore complessivo di 210 mila €. In «Novità in arrivo ai bagni pubblici», in Il Corriere di Barriera, 9, Urban Barriera di Milano, aprile 2013, pp. 4-5. 8 Presidio Artistico Circolare: collettivo di artisti per la diffusione dell’arte nel quartiere attraverso corsi, laboratori e eventi nello spazio pubblico. 9 Forniti dai Bagni Pubblici di via Agliè e riferiti all’anno 2016. 10 Corpo Reale dello Stato Maggiore, Carta Topografica / degli / Stati in Terraferma / di / S.M. Il Re Di Sardegna / Alla Scala Di 1. A 50,000. / Opera Del Corpo Reale Dello Stato Maggiore"; "Foglio N.° XLV" - "Cirié", “Foglio N.° XLVI” – “Chivasso”, 1852-1862. ASTo, Corte, Carte topografiche segrete, B5-bis nero.

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Tale paesaggio sarebbe però mutato assai velocemente: contribuì in tal senso nel 1853 la costruzione della cinta daziaria, comprendente un’area estremamente vasta (circa cinque volte superiore a quella effettivamente edificata) e l’aumento demografico spinto dal processo di industrializzazione di fine ’80011. «Di tipo speculativo risultavano […] diversi insediamenti residenziali sorti oltre le barriere della cinta daziaria»12. In effetti intorno alla barriera di Milano13 vi fu, in un’area non soggetta a controlli e a imposizioni fiscali, lo sviluppo delle borgate Monterosa e Montebianco che oggi costituiscono l’area chiamata Barriera di Milano14. La cinta daziaria, il cui tracciato è estremamente visibile nel disegno urbano15, nel settore settentrionale correva lungo l’attuale corso Novara da cui si dirama via Agliè. Una via residenziale di circa 110 metri di lunghezza al cui fondo (angolo con via Barbania) sorgono i bagni municipali in un’area costituita per la maggior parte da piccole vie e bassi edifici. Con l’approvazione nel 1908 del Piano Unico Regolatore e di Ampliamento e nel 1912 con l’abolizione della cinta daziaria, l’amministrazione comunale si iniziò ad occupare più propriamente di quei borghi sfuggiti alla stretta regolamentazione, intervenendo anche sulla dotazione delle infrastrutture pubbliche. Dopo l’imponente ondata migratoria che coinvolse Torino nella seconda metà del Novecento (raddoppiò la popolazione in un decennio), oggi ne sta avvenendo una seconda, la cui dimensione è notevolmente inferiore e la provenienza mutata. Negli ultimi dieci anni, a fronte di una diminuzione complessiva della popolazione di Torino del 2% si è verificato un aumento della popolazione straniera del 3.5%. Nel quartiere di Barriera di Milano, nello stesso arco temporale, la popolazione è aumentata quasi del 2% e quella straniera del 10% (in leggera decrescita negli ultimi tre anni), costituendo nel 2017 circa 1/3 della popolazione del quartiere (percentuale doppia rispetto alla media cittadina)16. Questi numeri fanno quindi intuire la necessità di strutture e spazi in grado di incentivare l’integrazione e l’incontro delle diverse comunità e che possano svolgere funzione di presidio territoriale e animazione sociale. A metà degli anni ’90 il Comune di Torino sviluppò politiche e programmi di intervento per le aree più critiche della città tra cui progetti di rigenerazione urbana con fondi europei di sviluppo regionale (Fesr) i cui primi esempi interessarono l’area di Porta Palazzo (The Gate), di Mirafiori Nord (Urban 2) e più recentemente Barriera di Milano.

3.2. Rigenerazione urbana - Urban Barriera Il programma Urban Barriera (2011-2015) è stato finanziato dal Comune di Torino, dalla Regione Piemonte e dalla Comunità Europea per un totale di 35 milioni di euro17 per la realizzazione di oltre 30 progetti organizzati in quattro assi di azioni: fisico-ambientale, economico-occupazionale, socio-culturale e accompagnamento. Tra i progetti più apprezzati vi è B.ART-Arte in Barriera (2014): un bando internazionale per la realizzazione di opere d’arte pubblica con il quale sono state trasformate tredici facciate cieche di edifici del quartiere. Un progetto realizzato tramite un importante processo partecipato e che ha

11 Riconversione che si era dimostrata necessaria in seguito allo spostamento della capitale da Torino per contrastare i collegati effetti negativi: «un settimo della popolazione era infatti direttamente o indirettamente interessato alle attività governative» in V. Comoli Mandracci, Torino, «Le città nella storia d’Italia», Roma-Bari, Laterza, 1983, p. 191. 12 Ibidem, p. 216-217. 13 Varco d’accesso alla cinta daziaria posto nell’attuale piazza Crispi, sulla direttrice rivolta verso Milano. 14 P. Davico, C. Devoti, G. M. Lupo, M. Viglino, La storia della città per capire, il rilievo urbano per conoscere: borghi e borgate di Torino, Politecnico di Torino, 2014, pp. 328, 330. 15 Il tracciato viario che correva lungo il muro di cinta oggi è quasi interamente percorribile; oltre ad essere riscontrabili i diversi caratteri architettonici tra i manufatti sorti internamente e esternamente la cinta. 16 Ufficio di Statistica della Città di Torino: www.comune.torino.it/statistica/dati/stranieriterr.htm (consultato il 10/05/2017). 17 www.comune.torino.it/urbanbarriera/progetto/index.shtml (consultato il 20/06/2017)

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Page 40: Il bagno pubblico: un’infrastruttura scomparsa per …...Il bagno pubblico: un’infrastruttura scomparsa per cittadini e turisti Il bagno pubblico, nel lungo periodo, ha sempre

riacceso l’attenzione e la curiosità della popolazione, tant’è che sono state numerose le visite guidate, organizzate dal Comitato Urban, alla scoperta delle opere. Itinerari che hanno portato per la prima volta dei visitatori in Barriera e in seguito ai quali è stata realizzata la guida turistica Arte in Barriera - la mappa. A questa prima esperienza è seguita la realizzazione di una più ampia guida turistica (realizzata dal Comitato Urban insieme ai Bagni Pubblici di via Agliè e altre importanti realtà del territorio): a BARRIERA c’è il mare. Risultato, anche in questo caso, di un processo partecipato che ha portato all’individuazione di 70 luoghi del quartiere (da visitare, da vivere), localizzati in una mappa turistica18. I Bagni sono quindi stati interessati da Urban sia con gli interventi del 2014, sia con gli interventi di messa a sistema e valorizzazione, permettendo così un sempre maggiore radicamento nel quartiere.

4. Conclusioni La drastica riduzione d’utilizzo dei bagni pubblici ha portato l’amministrazione a interrogarsi sul futuro di queste infrastrutture: dismissione o mantenimento della funzione? I Bagni Pubblici di via Agliè hanno individuato una soluzione intermedia, mantenendo la destinazione d’uso originaria19 e introducendovene di nuove. Il progetto Urban ha riqualificato molte aree del quartiere tramite interventi sullo spazio fisico e sul tessuto sociale. Ciò non vuol dire aver risolto tutte le criticità ma marcato un punto iniziale e indicato una direzione: la creazione di spazi d’incontro, necessari soprattutto in quei quartieri dove appare prioritario rimarginare passate conflittualità o dove più facilmente potrebbero scaturirne di nuove. Non si sottovaluti infine che la riconversione di queste infrastrutture permette la conservazione di un patrimonio storico-culturale che ha contribuito alla costruzione del tessuto urbano e sociale della città20.

Bibliografia C. Avenati, La cultura igienista applicata alla città: il caso dei bagni e lavatoi pubblici a Torino, rel. A. Dameri, Politecnico di Torino, 2 vv, 2015. V. Comoli Mandracci, Torino, «Le città nella storia d’Italia», Roma-Bari, Laterza, 1983. P. Davico, C. Devoti, G. M. Lupo, M. Viglino, La storia della città per capire, il rilievo urbano per conoscere: borghi e borgate di Torino, Politecnico di Torino, 2014, C. Devoti, «Il prevalere dell’igiene: origine e localizzazione dei bagni pubblici a Torino», in Ananke, 62, Gennaio 2011, pp. 72-75. A. Giachetti, K. R. Ierardi, Bagni e lavatoi pubblici in Torino, rel. M. Viglino, S. Pagliolico Politecnico di Torino, 2vv, 2003. M. Naretto, «I Bagni pubblici di Torino: identità, memoria e riuso», in Ananke, 62, Gennaio 2011, pp. 88-91. http://www.turinbarriera.it/it/il-quartiere https://bagnipubblici.wordpress.com/ http://www.comune.torino.it/statistica/dati/stranieriterr.htm http://www.comune.torino.it/urbanbarriera/index.shtml

18 Oltre la creazione di un sito internet: www.turinbarriera.it 19 I circa 550 passaggi mensili (media del 2015 con prevalenza nel periodo invernale) confermano la necessità della funzione igienico-sanitaria. 20 Luoghi che rappresentano l’articolato sistema dei servizi pubblici della città di inizio Novecento e che hanno costituito un occasione di incontro e socializzazione per consistenti parti della popolazione.

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