Il 2015 al Parlamento Europeo

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Una rassegna dei tanti temi trattati e che più mi hanno vista conivolta in queto anno di attività parlamentare tra Bruxelles e Strasburgo.

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Introduzione Parlamento europeo e Parlamento italiano a confronto

MATERIALI Commissione INTA (Commercio internazionale) Trade for all: la strategia commerciale della Commissione europea

Gli accordi tra Unione Europea e gli Stati terzi Market Economy Status (MES) alla Cina L’accordo di libero scambio fra Unione Europea e Corea del Sud Conclusione dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Vietnam L’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada Il negoziato commerciale con il Giappone

Conoscere il TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti) Risoluzione delle controversie tra Stato e Investitore: una proposta di riforma TTIP: qualche informazione sul Rapporto Lange (voto previsto il 10 giugno 2015) TTIP: chiarimenti e aggiornamenti sul negoziato (18 maggio 2015) Aggiornamenti sui negoziati sul Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (17 marzo 2015) Informazioni e dettagli sul TTIP (21 ottobre 2014)

Il TPP (TransPacific Partnership) TransPacific Partnership: la conclusione dei negoziati (6 ottobre 2015)

Altri ambiti di interesse della Commissione INTA Accordi di Parternariato Economico (EPA) Il commercio internazionale nel settore vinicolo EGA (Environmental Goods Agreement): per l’abbassamento delle tariffe doganali per i prodotti ambientali I conflict minerals (minerali estratti in terre “di guerra”) e l’Europa Iindicazioni Geografiche (IG): perché sono importanti Gli IPR (diritti di proprietà intellettuale) negli accordi tra Paesi europei e Stati terzi

MATERIALI Commissione ECON (problemi economici e monetari) CMU: L’unione dei Mercati dei Capitali Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS o EFSI) Il Rapporto Giegold Il Semestre europeo

Cosa si intende per “flessibilità”

Schede di approfondimento La strategia europea per un mercato unico digitale (Digital Single Market) L’Unione Energetica Europea COP21 Immigrazione

Equità di genere in Europa 2015”The Digital Single Market: a révolution en rose?”, Milano, 5 novembre 2015: Convegno 5 novembre 2015: ATTI “Europe: feminine plural”, Bruxelles, 9 dicembre 2014: ATTI Women & Digital (scheda)

INDICE

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INTRODUZIONE

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Poteri e strumenti

Il Parlamento europeo

1. non ha potere di iniziativa legislativa;2. ha dei limiti sulle materie di competenza;3. non esprime, con una sua maggioranza, un esecutivo di governo.

Queste le principali differenze tra le due istituzioni, e questi anche i motivi per cui si considera generalmente il Parlamento europeo un parlamento di serie B.La questione è, però, più articolata. Intanto, le evoluzioni delle istituzioni comunitarie sono rapidissime e il PE sta continuamente accrescendo il proprio ruolo.In secondo luogo, i margini di esercizio effettivo dei poteri possono essere larghissimi, sia in positivo sia in negativo.

Andando in ordine per fare chiarezza, dunque:

1. È vero che il PE non ha potere di iniziativa legislativa, ma ha alcuni strumenti, come i rapporti di iniziativa e le risoluzioni parlamentari, con cui indirizzare le azioni della Commissione. In più, questo limite non va sovrastimato: sapete, infatti, quante delle leggi italiane sono effettivamente di iniziativa parlamentare? Nel mio caso, sono riuscita a portarne ad approvazione ben due (la legge n. 120/2011, che istituisce quote di genere nei cda, e la legge n. 238/2010, chiamata anche “Controesodo”) ma come potrete vedere dai numeri non è un fenomeno tanto frequente.

2. Sulle materie di competenza, è vero che sono limitate. Ad esempio, su alcuni argomenti di forte attualità, come le migrazioni, la politica estera, l’occupazione e il fisco non abbiamo poteri effettivi. Possiamo, tuttavia, svolgere un’azione di pressione e sensibilizzazione sulla Commissione - ad esempio con lo strumento della risoluzione parlamentare, così come abbiamo recentemente fatto proprio in merito alla risposta europea alle tragedie del Mediterraneo.

3. Il Parlamento europeo, secondo i trattati, non nomina un esecutivo (che nel sistema comunitario è la Commissione) attraverso l’espressione di una maggioranza. Tuttavia, in occasione delle scorse elezioni europee, con una scelta politica si è deciso che i gruppi politici maggiori individuassero un candidato (“Spitzenkandidaten”), che sarebbe stato il Presidente della Commissione. Il PPE (Partito Popolare Europeo) propose Jean-Claude Juncker, S&D (Socialisti & Democratici) Martin Schulz. Anche se nessun gruppo ha ottenuto una maggioranza e si è dovuta creare una grande coalizione tra i maggiori gruppi (S&D, PPE, ALDE - Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa) il principio è rimasto valido e il Presidente della Commissione è diventato Juncker, perché candidato del partito che ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti in tutta Europa. Questo rende la Commissione più “politica” e meno tecnica perché deve rispondere a una maggioranza parlamentare. Il risultato è che il Parlamento europeo ha un potere maggiore di influenza sulle scelte del “governo”, anche se non ha modificato formalmente i suoi poteri.

Parlamento europeo e Parlamento italiano a confrontoBruxelles, 25 giugno 2015

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Composizione e organizzazione

La più grande differenza tra il Parlamento europeo e il Parlamento nazionale è relativa all’organizzazione del lavoro, aspetto che sembra di forma ma che, in realtà, diventa di sostanza, perché determina la qualità e la rapidità delle decisioni. Per prima cosa, abbiamo un calendario con indicate le settimane di lavoro di commissione a Bruxelles, di voto in plenaria a Strasburgo e di rapporti col collegio. Un calendario così preciso crea diversi vantaggi: in primo luogo, la possibilità di prepararsi con anticipo sulle questioni che verranno affrontate. In più, c’è una regola che trovo particolarmente giusta (un principio che è stato alla base anche di alcune mie battaglie, come quella sullo smartworking): oltre all’orario di inizio delle riunioni è sempre previsto e rispettato anche l’orario di fine. Questo banale accorgimento consente una migliore conciliazione tra vita professionale e familiare e migliora notevolmente la produttività.

Altri due aspetti di efficienza: in primo luogo, le plenarie sono solo una piccola parte del nostro impegno. Gran parte delle decisioni viene discussa e presa nelle commissioni e nei gruppi di lavoro e questo consente una minore dispersione di attenzione e di energie. Il secondo punto è che i dossier sono allocati ai gruppi proporzionalmente. Il gruppo che ottiene il dossier designa il relatore (e questo avviene anche nel Parlamento italiano) ma anche tutti gli altri gruppi nominano un proprio responsabile per quello stesso dossier, chiamato “relatore ombra”, formalmente incaricato di seguire tutto il procedimento. Questo rende chiari i ruoli e le responsabilità.

Ovviamente, non è tutto rose e fiori e sono molti i margini di miglioramento. Il mio messaggio complessivo è, però, un invito ad avere il coraggio di non fermarsi alla superficie di ciò che viene spesso raccontato sull’Europa. Sono convinta che, se la si conoscesse un po’ di più, la si criticherebbe un po’ di meno.

Alessia Mosca, MEP

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MATERIALI Commissione INTA (Commercio internazionale)

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Il 14 ottobre 2015, la Commissaria al commercio, Cecilia Malmstrom, ha presentato il documento strategico su cui dovrà basarsi la politica commerciale dell’UE. Questo testo, che prende le mosse dal dibattito suscitato attorno al tema del TTIP, disegna una politica commerciale meno orientata al business e più attenta ai temi della trasparenza, della sostenibilità.

Negli ultimi anni l’interesse per le politiche commerciali si è intensificato. Un pubblico sempre più ampio guarda con attenzione alla politica commerciale e si preoccupa dell’impatto che questa può avere sulle regole in materia di protezione dei consumatori o sul mercato del lavoro.Va considerato inoltre che il commercio è uno dei pochi strumenti disponibili per stimolare l’economia senza aumento della spesa pubblica. L’Unione Europea è il principale partner commerciale di circa 80 paesi al mondo ed il secondo di altri 40. Il sistema economico attuale, che è sempre più globale e digitale, si basa su catene sovranazionali di produzione, che prevedono lo svolgersi delle fasi d’ideazione, progettazione, fabbricazione, assemblaggio, confezionamento e vendita attraverso diversi paesi nel mondo. Per questo motivo l’impatto delle politiche commerciali ha ripercussioni sul panorama geopolitico, e viceversa. Inoltre, la politica commerciale, abbinata alla cooperazione allo sviluppo, è un importante strumento per stimolare crescita e riforme nei paesi meno sviluppati o in via di sviluppo. Infine, la politica commerciale ha un ruolo anche nel rafforzare il funzionamento del mercato interno, favorendo il collegamento tra questo e le regole del sistema globale del commercio e degli investimenti.

Circa il 90% della crescita economica globale nei prossimi 15 anni verrà generata al di fuori della UE; allo stesso tempo, in Europa, 30 milioni di posti di lavoro (1 su 7) sono legati al commercio internazionale. Proprio per queste due ragioni la politica commerciale è vitale per mantenere e migliorare il ruolo dell’Europa nel panorama internazionale.Per stimolare la capacità dell’UE di beneficiare dal commercio e dagli investimenti, la Commissione Europea ha sviluppato un’ambiziosa agenda di negoziati bilaterali, contemporaneamente al suo impegno in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio, WTO. L’Accordo di Libero Scambio, FTA, con la Corea del Sud è il primo esempio di accordo di nuova generazione che l’UE ha scelto di negoziare. Eliminando circa il 99% delle barriere tariffarie e occupandosi anche di barriere non-tariffarie, in quattro anni, le esportazioni europee sono cresciute del 55%. Quelle di automobili sono addirittura triplicate. E, nonostante la quota di importazioni dalla Corea sia cresciuta dal 9 al 13%, il tradizionale segno meno sulla bilancia dei pagamenti si è trasformato in un surplus commerciale.

La politica commerciale ha dunque allargato il suo campo di applicazione. Al settore esclusivamente tariffario ha aggiunto un approccio olistico che include intese, tra le tante, sul settore degli appalti pubblici, sulla concorrenza, sui sussidi statali, e sulle barriere sanitarie e fitosanitarie, sul commercio in servizi e su quello digitale, sulla mobilità dei lavoratori qualificati, sull’accesso alle materie prime, sull’innovazione e sulla gestione delle dogane.Il settore dei servizi rappresenta il 70% del PIL europeo. Per questa ragione è sempre più importante migliorare l’accesso a questo settore nei mercati internazionali, così come l’attrazione di investimenti esteri. L’UE è, infatti, uno dei 25 membri del WTO che sta negoziando il TiSA, un accordo sul commercio di servizi. Nonostante ciò, la posizione europea sui servizi pubblici resta quella secondo cui nessun accordo internazionale può restringere il diritto degli stati di legiferare nell’interesse dei propri cittadini.Per quanto riguarda l’economia digitale, si registra la formazione di nuove tipologie di ostacoli agli scambi. La strategia per il Digital Single Market affronta molte di queste frammentazioni all’interno dell’UE. Quello che, invece, la politica commerciale può fare è la creazione di una parità di condizioni al livello globale.

TRADE FOR ALLVerso una politica per il commercio e gli investimenti più responsabile

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L’Unione Europea ha concluso o sta negoziando il maggior numero al mondo di FTA, la sfida è dunque di fare in modo che questi siano efficaci e portino benefici per tutti. L’UE dovrà assicurarsi che i propri partner rispettino gli impegni presi, che tutti gli Stati membri siano in grado di beneficiare delle opportunità create, infine, che le aziende si impegnino ad evitare pratiche scorrette, dal punto di vista sociale e ambientale, quando operano al di fuori dalla UE.La riduzione delle asimmetrie informative, specialmente per le PMI, è un altro degli obiettivi che la Commissione si è posta. Sono, infatti, gli attori economici più piccoli quelli che incontrano maggiori difficoltà ad accedere ai mercati internazionali. Seguendo la stessa filosofia, si provvederà ad una revisione del funzionamento del Fondo Europeo di Adeguamento alla Globalizzazione per offrire soluzioni efficaci per i lavoratori di quei settori che potrebbero risentire negativamente dell’apertura dei mercati.

Trasparenza e partecipazione sono altri due temi che la Commissione ha voluto ribadire nella sua strategia per il 2016. L’obiettivo è dunque quello di aumentare i momenti di confronto con il Parlamento Europeo, gli Stati membri e la società civile in ogni fase dei negoziati commerciali. Inoltre, si stabilisce che per ogni nuova iniziativa di una certa rilevanza si effettuino valutazioni d’impatto.Questo nuovo spirito di partecipazione e trasparenza dovrebbe portare maggiore fiducia tra i cittadini rispetto all’impegno che non si modifichino in negativo gli standard di protezione dei consumatori, dei lavoratori e dell’ambiente, che nessun meccanismo di protezione degli investimenti possa danneggiare il diritto degli Stati di legiferare nel pubblico interesse e che si promuovano nei paesi terzi politiche concrete per lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, il buon governo e una crescita inclusiva.

Infine, l’idea è di proseguire nella fitta attività di negoziati internazionali seguendo due direttrici parallele. Da un lato, rilanciare il sistema multilaterale, proponendo alla conferenza di Nairobi che in ambito WTO si possano creare dei gruppi ristretti che vadano avanti nell’integrazione su specifiche materie; dall’altro, proseguire nei negoziati bilaterali di nuova generazione, prevedendo che possano essere estesi ad altri partner a livello regionale.

Di seguito l’agenda dei negoziati bilaterali previsti nella strategia commerciale.

Negoziati FTA da aprire Negoziati FTA da rilanciareAustralia EU-india

Nuova Zelanda EU-Malesia

Filippine EU-Tailandia

Indonesia

Negoziati FTA e investimenti da concludereFTA da modernizzare TTIP

Messico EU-Giappone

Cile EU-Cina (solo investimenti)

Turchia (Unione doganale) Mercosur

FTA da modificare Negoziati e investimenti da aprireCorea del Sud Hong Kong

(inserimento di un capitolo sugli investimenti) Taiwan

Conclusione delle procedure di approvazioneCETA

EU-Singapore

EU-Vietnam

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 27 novembre 2015

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Gli accordi tra UE e stati terzi

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Che cos’è il MES?Dal 2001 la Repubblica Popolare Cinese è membro del WTO, Organizzazione Mondiale del Commercio, con lo status di “economia in fase di transizione” e, dunque, non ancora avente diritto allo status di economia di mercato (MES, market economy status). Nello specifico di quanto richiesto dall’Unione europea per il riconoscimento del MES, devono essere soddisfatti cinque criteri. Secondo l’ultima analisi condotta dalla Commissione nel 2008, la Repubblica Popolare ne soddisfa solo uno, ossia l’assenza di distorsioni da parte dello Stato sull’allocazione delle risorse e le decisioni delle imprese. Gli altri criteri richiesti sono:

⇒ scarsa ingerenza del governo, specie in termini di discriminazione fiscale;

⇒ adeguati sistemi per la corporate governance;

⇒ regolamentazione chiara a garanzia dei diritti di proprietà e dell’applicazione di un regime fallimentare;

⇒ un settore fiscale che operi indipendentemente dallo Stato.

Tali criteri, tuttavia, non rilevano a livello normativo poiché il riconoscimento del MES è regolato all’interno del WTO, organismo multilaterale. In caso, quindi, di lettera di quest’ultimo che riconosce lo status di economia di mercato a Pechino, l’Unione europea non potrebbe far valere il mancato rispetto dei criteri di cui sopra per contestare tale decisione.

Dal punto di vista della difesa commerciale, il sistema cinese è in generale inadeguato al riconoscimento del MES. Il governo centrale dirige l’economia con l’intento di creare dei campioni nazionali. I piani quinquennali garantiscono a imprese, spesso sotto controllo statale, materie prime e capitali a basso costo, oltre ad alterare i flussi commerciali e l’ambiente competitivo.

Pratiche sleali sono condotte a supporto delle aziende cinesi e delle loro esportazioni, a cui è concesso l’accesso privilegiato a fattori produttivi e a finanziamenti.

Il riconoscimento dello status di economia di mercato (MES) influisce in modo rilevante sull’applicabilità degli strumenti di TDI, modificando i criteri delle misure anti-dumping.

Market Economy StatusIl riconoscimento del Market Economy Status alla Cina (MES): le eventuali conseguenze sulla difesa commerciale e i possibili rischi per l’economia dell’UE

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Cosa sono e a cosa servono gli strumenti di difesa commerciale (TDI)Gli strumenti di difesa commerciale (TDI) contrastano pratiche di concorrenza sleale provate e identificate, garantendo la parità di condizioni competitive tra le aziende di Paesi terzi e quelle europee. In particolare, i TDI giocano un ruolo cruciale nella tutela di settori chiave dell’industria manifatturiera che contribuiscono in maniera fondamentale alla crescita, all’innovazione e all’occupazione negli Stati Membri.

Si parla di dumping di un prodotto quando il suo prezzo di esportazione è più basso rispetto al “normal value”, il prezzo di vendita appropriato sul mercato domestico. Le norme anti-dumping prevedono l’imposizione di dazi che vadano a compensare il vantaggio competitivo così ingiustamente creato.

Per le nazioni a cui è riconosciuto il MES, il “normal value” viene calcolato a partire dai costi di produzione e dal prezzo reale di vendita del paese stesso, prezzo che è soggetto a dinamiche di mercato. L’utilizzo di un simile approccio si rivela ovviamente fallimentare con economie non di mercato (NME), caratterizzate da un’ingerenza statale massiccia e dove pertanto i prezzi risultano distorti e non soggetti alle dinamiche tipiche della domanda e dell’offerta. In questo caso, il “normal value” è ottenuto partendo dal prezzo di vendita del prodotto in uno stato terzo dotato di un’economia di mercato funzionante.

Qual è la controversia?Negli ultimi anni, la Cina ha ripetutamente dichiarato che il Protocollo d’accesso al WTO le garantirebbe il riconoscimento automatico del MES da parte degli Stati membri allo scattare dei 15 anni dall’ingresso nell’organizzazione, l’11 dicembre 2016. L’ultima consultazione con la Cina riguardo all’argomento del riconoscimento risale al giugno 2012 e la Repubblica Popolare non ha fornito prove, confidando nella propria interpretazione del protocollo.L’interpretazione cinese non è però condivisa da tutti i membri del WTO. Coloro che credono che non sussista un obbligo legale a concedere il MES alla Cina, partendo dalla lettera del protocollo d’accesso, giudicano la posizione cinese in contrasto con i dettami interpretativi applicati solitamente dal WTO e con gli interessi degli Stati membri al momento della stesura dell’accordo.

L’art. 15 (d) del protocollo d’accesso, infatti, recita: “Una volta che la Cina avrà dimostrato, secondo le leggi degli stati importatori membri del WTO, che è un’economia di mercato, le previsioni del comma (a) (cioè l’utilizzo di prezzi non cinesi per determinare il normal value NdA) smetteranno di essere in vigore”.

L’Unione Europea è l’unico partner a dover adottare un atto formale prima della scadenza del dicembre 2016, per esplicitare il nuovo status che intende riconoscere alla Cina. Questo significa che nei prossimi mesi Commissione, Parlamento e Consiglio dovranno decidere che posizione prendere, per poi tradurla in un atto legislativo. Gli USA hanno già dichiarato che non riconosceranno lo status di economia di mercato alla Cina nel 2016 e sembra chiaro che Brasile, India, Messico, Canada e molti altri saranno sulla stessa linea. Sarebbe opportuno che il riconoscimento avvenisse soltanto previo coordinamento con i maggiori partner commerciali, in primis gli USA. Se l’Unione Europea fosse l’unica grande realtà economica a garantire il MES, le esportazioni cinesi verso gli altri partner commerciali sarebbero deviate verso l’UE, con effetti ancora non prevedibili per la nostra economia. Si tratta di una faccenda estremamente delicata, dove la nostra priorità è la tutela delle imprese e dei lavoratori europei. La Cina, infatti, non operando in condizioni di libero mercato, ha una politica di prezzi alla vendita molto aggressiva, con la quale i nostri produttori, che rispettano una serie di standard e regole, non potrebbero competere.

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Questo è la prima e più importante conseguenza negativa che dobbiamo scongiurare. Allo stesso tempo, non si può ignorare la fortissima presenza cinese nei maggiori fondi di investimento europei e, dunque, è necessario scongiurare anche un eventuale loro ritiro che potrebbe accadere in caso di chiusura totale alle loro richieste. I prossimi mesi vedranno un grande lavoro su questo tema, che ci auguriamo possa vedere una stretta collaborazione di Commissione, Parlamento e, soprattutto, i Governi degli Stati membri.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 27 novembre 2015

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A 5 anni dalla firma del trattato di libero scambio con la Repubblica di Corea, il primo ottobre scorso, l’Unione Europea ha concluso, in seguito all’approvazione dei diversi parlamenti nazionali, la procedura di ratifica dell’accordo, nonostante il regime previsto dall’accordo fosse stato applicato in maniera provvisoria dal 2011. Con un piano di attuazione particolarmente rapido, l’accordo ha determinato l’eliminazione di tutte le barriere tariffarie sui prodotti industriali e parzialmente rimosso quelle sui beni agricoli. Con beneficio dei settori automobilistico, farmaceutico, elettronico e medico, si è provveduto anche alla cancellazione d’importanti barriere non tariffarie. Il trattato ha, infine, migliorato l’accesso al mercato dei servizi e agli investimenti andando anche a coprire diritto alla proprietà intellettuale, appalti pubblici e politiche di garanzia alla competizione.L’FTA con la Corea del Sud, essendo molto esteso per scopo e portata, è il primo accordo commerciale di nuova generazione siglato dall’Unione Europea ed il primo con un partner asiatico. La Corea del Sud, dopo uno sviluppo ventennale che l’ha posizionata al quinto posto a livello mondiale per esportazioni ed importazioni, si è attestata come una delle maggiori economie orientali. I flussi commerciali europei e coreani sono molto simili per le categorie di prodotti scambiati. Con circa l’80% sul totale, a dominare le transazioni internazionali di entrambi sono, infatti, i prodotti industriali. I settori prevalenti sono quelli della produzione di veicoli ed equipaggiamenti per i traporti ed il comparto chimico.

I risultati dei primi 4 anniLa Commissaria al Commercio UE, Cecilia Malmstrom, ha definito l’accordo come un “esempio da seguire”, una storia di successo che è possibile replicare con gli accordi attualmente in cantiere. Il rapporto di Marzo della Commissione Europea mostra, infatti, un aumento delle esportazioni verso la Corea del 35% rispetto al 2011, determinando un aumento del 3% della quota europea sul totale delle importazioni Coreane (JAP -3%, USA +0%). Nel 2013, l’Unione ha, per la prima volta, registrato un surplus della bilancia commerciale con il partner asiatico. Se, infatti, le esportazioni sono cresciute velocemente, le importazioni dalla Corea sono rimaste stabili. Sebbene nell’ultimo anno, complice l’inizio della ripresa economica europea, l’import dalla Corea abbia conosciuto un aumento del 6%, il dato rimane comunque inferiore alla crescita media annua del 9% registrata dall’export nostrano. Nonostante gli iniziali scetticismi da parte dei rappresentanti del settore, l’industria ad aver maggiormente beneficiato dell’accordo, con un aumento del 90% delle esportazioni negli ultimi tre anni, è stata quella automobilistica. Quest’ultima, infatti, ha potuto, tramite le equiparazioni degli standard europei a quelli coreani, godere dell’eliminazione di importanti barriere non tariffare. Seguono gli equipaggiamenti del settore dei trasporti con un aumento del 56%, i servizi che, con un incremento del 20%, confermano l’UE come esportatore netto, ed i prodotti chimici (+10%). Anche il settore degli investimenti ha beneficiato di una crescita relativamente stabile classificando l’UE come la maggiore fonte di FDIs (Foreign Direct Investments) per la Corea del Sud.

L’accordo di libero scambio (FTA) fra UE e Corea del Sud

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La revisione dell’accordoIn ottobre, la Commissione Europa ha ufficialmente proposto una revisione dell’accordo alla controparte sudcoreana. In particolare, l’ipotesi di modifica riguarderebbe l’estensione del regime di non tassazione a tutti quei beni che rientrano in Corea dopo un periodo di manutenzione in Europa. I negoziatori europei proporranno, poi, un emendamento alla clausola di trasporto diretto. Infatti, il trattamento preferenziale è, al momento, riservato alle sole merci che giungono direttamente dall’UE escludendo, quindi, tutti i prodotti che transitano attraverso i porti del sud est asiatico. I nuovi negoziati dovranno, inoltre, predisporre l’abbattimento delle barriere non tariffarie emerse durante gli anni di applicazione dell’accordo. Infine, la controparte coreana ha proposto l’inserimento di norme volte alla protezione degli investimenti. Al momento delle negoziazioni, infatti, la Commissione Europea non disponeva del mandato, ottenuto con il Trattato di Lisbona, necessario per disporre di questa questione.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 14 dicembre 2015

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Il 2 dicembre 2015, l’Unione Europea e il Vietnam hanno annunciato di aver concluso un accordo di libero scambio. I negoziati per un FTA, che fosse ambizioso e a vasto raggio, sono stati lanciati nel giugno 2012, al fine di creare un clima favorevole allo sviluppo di relazioni commerciali e di flussi d’investimenti.

I prossimi passi che l’Unione europea e il Vietnam dovranno intraprendere sono la finalizzazione del testo giuridico, nella prima metà del 2016, e la traduzione dell’accordo in tutte le lingue ufficiali dell’UE, nella seconda metà. Una volta concluse queste operazioni, l’accordo dovrà essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento.

L’accordo conterrà una correlazione giuridicamente vincolante con il dettato dell’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC), che attualmente regola le relazioni generali tra l’Unione Europea e il Vietnam.

Questo accordo rimuoverà quasi tutte le tariffe sui beni oggetto di scambi tra le due economie. Si parla, infatti, di una cifra vicina al 99% di tutti beni in commercio, con un periodo di transizione di 10 anni per i vietnamiti e di 7 per l’UE. Per quanto riguarda il settore delle auto, il periodo di transizione sarà per entrambi di 10 anni.

L’accordo prevede anche un meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore straniero. A seguito delle pressioni della società civile e del Parlamento europeo, la Commissione ha ridisegnato questo meccanismo, migliorando quello che si era utilizzato in quasi tutti i precedenti accordi commerciali, l’Investor-to-State Dispute Settlement, ISDS.

L’Investment Court System, ICS, si differenzia dall’ISDS prevedendo la creazione di una corte permanente formata da giudici professionisti e iscritti ad un albo. Inoltre, gli atti processuali saranno pubblici, vi sarà la possibilità di adire ad una corte d’appello. Infine, vi è esplicita menzione del diritto assoluto degli Stati di legiferare nell’interesse dei cittadini e sono inserite misure particolari per permettere anche alle piccole e medie imprese di chiedere con facilità il giudizio dell’ICS.

Per quanto riguarda le regole per definire l’origine dei prodotti del settore tessile il Vietnam ha accettato il principio della doppia trasformazione. Questo eviterà che prodotti essenzialmente cinesi entrino in Europa con l’etichetta made in Vietnam avendo subito in quel paese solo una trasformazione. Per essere ancora più chiari, i vietnamiti potranno comprare filati cinesi ma poi dovranno loro stessi provvedere alla tessitura e al confezionamento del capo. Prima bastava solo il confezionamento per il riconoscimento dell’origine vietnamita del capo.

In materia di Indicazioni Geografiche per gli alimenti e le bevande, ci si è accordati per un riconoscimento in generale del sistema delle IG europee, compresa la possibilità dell’inserimento di

Conclusione del FTA UE-Vietnam

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nuove denominazioni, anche se la protezione verrà accordata, inizialmente, solo a 171 (nell’accordo con il Canada si era ottenuta protezione solo per 145 IG). Le IG, i cui nomi sono marchi d’impresa precedentemente registrati nel paese, potranno mantenere la propria denominazione, così come gli omonimi marchi d’impresa. Per quanto riguarda i nomi di alcuni formaggi (ad es. Asiago, Gorgonzola e Fontina) che nel lessico vietnamita sono diventati nomi comuni, questi potranno continuare ad essere usati ma in buona fede, in altre parole senza aggiungere riferimenti fuorvianti al ‘presunto’ paese d’origine (bandiere italiane, immagini del Colosseo o associarli a località italiane, tipo ‘Gorgonzola Milano’).

Sembra inoltre che a proposito delle importazioni europee di riso ci sarà solo un lieve aumento delle attuali quote, ma non una liberalizzazione dell’accesso del riso vietnamita in Europa. Il problema però potrebbe riproporsi con gli accordi di partenariato economico (gli EPA sono molto simili a forme di assistenza alle economie meno sviluppate) con Cambogia e Myanmar.

A proposito dell’accesso al mercato degli appalti pubblici vietnamiti, sono stati fatti importanti passi avanti per quanto riguarda gli appalti gestiti dal governo centrale e dalle municipalità di Hanoi e Ho Chi Minh City (circa il 50% del totale). Ma gli ultimi dettagli tecnici sono ancora da limare. Si è riusciti, inoltre, ad assicurare un livello di concorrenza accettabile con le aziende pubbliche locali.

Per quanto riguarda il capitolo su Commercio e Sviluppo Sostenibile, TSD, ci si impegna al rispetto dei principi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui diritti fondamentali dei lavoratori. Saranno presenti, inoltre, impegni per quanto riguarda la protezione e l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali. Altri accenni interessanti sono quelli alla Responsabilità Sociale d’Impresa e al commercio equo ed etico.

Nel testo dell’accordo saranno descritte anche le strutture dedicate a garantire la piena attuazione del capitolo TSD, compresi i meccanismi per garantire la partecipazione della società civile. Infine, la clausola di collegamento con il PCA servirà a garantire che i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto rappresentino elementi essenziali delle relazioni commerciali tra UE e Vietnam.

Infine, nei primi mesi del 2017, il testo dell’accordo verrà inviato al Parlamento Europeo e al Consiglio che dovranno esprimere con una procedura legislativa l’approvazione o il rifiuto dell’accordo.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 04 dicembre 2015

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In queste settimane si parla sempre più spesso di TTIP, in particolare dopo la proposta della Commissaria Malmstrom di una corte permanente per la risoluzione delle controversie nel settore degli investimenti esteri, ma soprattutto dopo che i governi di USA, Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam hanno raggiunto uno storico accordo per la conclusione della Trans-Pacific Partnership.L’UE è impegnata in ben 18 negoziati commerciali. Uno dei più importanti è il Comprehensive Economic Trade Agreement (CETA) tra UE e Canada, firmato il 26 settembre 2014, a Ottawa. Sarà il primo accordo dell’UE per facilitare l’acceso al mercato per beni, servizi e investimenti con un altro paese altamente industrializzato, il primo con un ambizioso capitolo sulla protezione degli investimenti, infine, il primo che includa la protezione di 145 alimenti a Indicazione Geografica (IG). Le elezioni politiche canadesi del 19-20 ottobre 2015 hanno dato la maggioranza al Liberal Party di Justin Trudeau, convinto sostenitore degli accordi di libero scambio. Trudeau, pur essendo molto favorevole al CETA, ha espresso in campagna elettorale alcune preoccupazioni sulla mancanza di un dibattito pubblico sia in Europa sia in Canada sull’argomento. Il neo Primo Ministro si era inoltre schierato a favore delle province, contro il governo federale, per chiedere maggiori fondi per fare fronte alle perdite che potrebbe dover affrontare il settore della pesca.

Principali benefici del CETADal 1994 il Canada accorda un trattamento preferenziale alle aziende dei paesi firmatari del NAFTA (l’accordo di libero scambio tra USA, Messico e il Canada). Il CETA ridarà parità di trattamento alle aziende europee. Il capitolo sulla riduzione dei dazi doganali è il più importante che l’Europa abbia mai raggiunto. Per quanto riguarda servizi e investimenti, il CETA da alle aziende europee un trattamento addirittura migliore di quelle dei partner del NAFTA. Inoltre, le PMI beneficeranno del reciproco riconoscimento delle valutazioni di conformità.

Ecco i principali benefici per le imprese:

⇒ Quasi il 92% dei prodotti agricoli e alimentari dell’UE verrà esportato in Canada senza dazi doganali. Per i beni industriali gli esportatori europei risparmieranno circa €470 milioni all’anno. Dopo sette anni, infatti, non vi saranno più dazi tra l’UE e il Canada su questi ultimi.

⇒ Nel mercato degli appalti pubblici, per la prima volta viene liberalizzato l’accesso anche alle gare bandite dagli enti locali canadesi. Ad esempio, nel 2011 gli appalti aggiudicati dalle amministrazioni comunali canadesi ammontavano a circa €82 miliardi. Il Canada creerà inoltre un sito web unico sugli appalti per garantire che le imprese dell’UE possano trarre vantaggio da queste nuove opportunità.

L’accordo UE-Canada

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⇒ Il reciproco riconoscimento delle valutazioni di conformità eviterà di testare sia in Europa sia in Canada la conformità di un prodotto agli standard di legge. Questa misura, permettendo di ridurre i costi, potrebbe generare un aumento del PIL fino a €2,9 miliardi l’anno per l’UE.

⇒ Infine, le PMI potranno beneficiare della protezione accordata dal Canada a una lista di 145 alimenti a Indicazione Geografica, di cui 41 italiani, tra questi la Bresaola della Valtellina, il Taleggio e il Grana Padano. L’accordo prevede anche la possibilità di aggiungere in futuro altre denominazioni di prodotti all’elenco. Inoltre, alcune IG famose dell’UE, come prosciutto di Parma, saranno autorizzate a utilizzare la propria denominazione, anche se questa è già registrata in Canada come marchio d’impresa.

Effetti economici del CETACi si attende che il CETA possa aumentare i flussi commerciali in beni e servizi tra Europa e Canada di quasi il 25%. Inoltre ci si aspetta che la produzione europea possa crescere di €12 miliardi l’anno. Uno studio, europeo e canadese, prevede un generale guadagno in termini di benessere, PIL, esportazioni e salari, nel lungo periodo. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la maggior parte dei settori potrebbe avvantaggiarsene, mentre una minoranza risentirà delle maggiori pressioni competitive. Per questo sarà importante istituire meccanismi adeguati di aggiustamento, come, per esempio, il Fondo Europeo per la Globalizzazione, che mira a ridurre l’impatto negativo dei cambiamenti di produzione.

Servizi PubbliciNel CETA, come negli altri accordi commerciali, l’UE non ha preso nessun impegno sulla gestione dei beni e dei servizi pubblici. Gli Stati membri potranno continuare a gestire in piena autonomia, ed eventualmente anche in monopolio, la fornitura di beni e servizi pubblici ai propri cittadini. Il CETA, quindi, non impone nessun obbligo di privatizzare o liberalizzare i servizi di fornitura dell’acqua, l’istruzione o il servizio sanitario nazionale.

Rispetto degli standard europei e sviluppo sostenibileGli standard europei non saranno modificati dall’entrata in vigore del CETA. Questo significa che ogni importazione proveniente dal Canada dovrà soddisfare le regole stabilite dall’UE. Non esiste quindi il rischio che arrivino sulle nostre tavole polli alla clorina o bistecche di manzo trattato con gli ormoni. Al contrario, in previsione dell’entrata in vigore del trattato, il Canada ha iniziato a produrre manzo hormones-free, dal momento che per i suoi allevatori l’UE è un mercato molto interessante. Come negli altri accordi commerciali di nuova generazione che l’UE ha sottoscritto (con Corea del Sud, Colombia e Perù), anche il CETA ha un capitolo sullo sviluppo sostenibile. Inoltre, il Canada, di solito restio a questo genere di discussioni, si è impegnato ad applicare le convezioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui diritti dei lavoratori.

Meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore straniero

Il CETA prevede al suo interno anche un meccanismo per risolvere le dispute tra Stato e investitore (investor-to-state dispute settlement, ISDS), basato sul sistema dell’arbitrato. Non esiste un modello unico di ISDS; dal 1959 a oggi, gli Stati dell’UE hanno già firmato circa 1400 accordi con l’inclusione di un ISDS. Questo meccanismo era nato, nel contesto della decolonizzazione, per tutelare l’investitore straniero in caso di atti discriminatori o arbitrari dello Stato. Il sistema mancava, però, di legittimità democratica e di trasparenza e gli arbitri si trovavano spesso in posizioni di conflitto d’interessi. Oggi non potremmo più accettare questo tipo di sistema. L’ISDS del CETA rappresenta un passo avanti e, diversamente dagli accordi precedenti, prevede: un codice etico e di condotta per gli arbitri e gli

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avvocati; una lista predefinita di arbitri qualificati; la trasparenza degli atti processuali; il rispetto dei principi del “chi perde paga” e dell’impossibilità di rivolgersi ad un tribunale nazionale se il processo è in corso con l’ISDS, e viceversa; infine, il diritto esclusivo degli Stati di legiferare nell’interesse dei cittadini, dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.

Bisognerà, inoltre, capire se la Commissione Europea riuscirà a convincere i partner canadesi a riaprire questo capitolo per sostituire l’ISDS con l’ICS. L’Investment Court System, proposto dalla Commissaria Malmstrom come strumento per la risoluzione delle controversie nel TTIP, è una vera e propria corte permanente per gli investimenti, con giudici di carriera, esplicita menzione del right to regulate degli Stati e un meccanismo d’appello, maggiormente in grado di soddisfare quel bisogno di trasparenza e legittimità richiesta dal Parlamento e dall’opinione pubblica.

Prossimi passi e giudizio complessivoIl Parlamento Europeo sarà chiamato, entro due anni dalla firma dell’accordo, ad approvare il CETA. In questo momento gli esperti legali della Commissione Europea stanno eseguendo il legal scrubbing, uno studio approfondito per eliminare ogni possibile incongruenza tra l’accordo e i trattati europei. Terminata questa fase, i servizi di traduzione renderanno disponibile il testo in tutte le 24 lingue ufficiali dell’UE e inizierà la fase dei lavori parlamentari.

Nel caso in cui i negoziatori europei volessero tentare una riapertura dei negoziati per sostituire l’ISDS con l’ICS, bisognerà attendere l’esito delle elezioni politiche in Canada del 19 Ottobre. Il CETA ha la possibilità di creare benefici concreti per entrambe le economie. Anche se gli effetti saranno limitati, viste le dimensioni tutto sommato ridotte degli scambi fra UE e Canda, l’accordo ci da la possibilità di creare un modello per altre trattative commerciali. Infine, gli importanti risultati ottenuti su IG e appalti pubblici rafforzeranno la nostra posizione nei negoziati ancora in corso.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Strasburgo, 26 novembre 2015

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QUADRO GENERALEFra le 17 trattative commerciali aperte dall’Unione Europea, quella con il Giappone è una fra le più avanzate, nonostante i negoziati siano cominciati ufficialmente solo nel marzo del 2013.Sono già stati condotti sette round negoziali, l’ottavo è in programma per la metà di dicembre e altri cinque sono già stati previsti per il 2015. A contribuire alla velocità delle

trattative sono una convergenza di vedute che va oltre le aspettative iniziali e la forte volontà del Primo Ministro giapponese Shinzo Abe di chiudere entro la fine del suo mandato, prevista per la metà del 2016, almeno uno dei due grandi dossier (l’altro è il TransPacific Partnership con gli Stati Uniti) di politica commerciale, elemento chiave della cosiddetta Abenomics. L’obiettivo della Commissione è di fare entrare in vigore il trattato prima della fine del periodo legislativo dell’attuale Parlamento Europeo, che scade nel 2019.Ciò nonostante questo non implica che i negoziatori europei si accontenteranno di un accordo veloce. Infatti, come recentemente sottolineato dal capo negoziatore Mauro Petriccione, l’Unione Europea non cambierà la propria posizione per chiudere le trattative in tempi brevi sacrificando la sostanza a discapito della rapidità.È evidente però che si è aperta una nuova fase negoziale in cui la forte volontà politica delle due parti sta accelerando notevolmente le trattative.Il principale nodo al momento è legato alle barriere tariffarie e non tariffarie, con il Giappone che tende a spingere per evitare una piena liberalizzazione prendendo così le distanze dalla posizione europea.

LE OPPORTUNITÀ PER L’EUROPA E PER L’ITALIADal punto di vista economico, l’accordo permetterebbe ai produttori europei di accedere per la prima volta a un mercato chiuso come quello giapponese, privilegiando peraltro alcuni tra i settori, in primis quello agroalimentare, fra i più sviluppati in Italia.Sfruttando l’atmosfera costruttiva, i negoziatori europei hanno insistito sulla necessità

di abbassare le barriere al momento esistenti per alcuni prodotti agricoli, piuttosto sensibili per i giapponesi, fra i quali carne di maiale e manzo, prodotti lattiero-caseari, amido, frumento e riso.Per il nostro settore agro-alimentare il mercato giapponese è decisamente interessante, e sono state avanzate richieste da parte europea per aprire il negoziato a prodotti agricoli trasformati, come vino e salumi e per ridurre il periodo di transizione che porterebbe in un futuro all’eliminazione di barriere tariffarie sulle importazioni di vini e liquori.

La trattativa commerciale con il Giappone: la più avanzata tra i 17 negoziati aperti dall’UE

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Per quanto riguarda le Indicazioni Geografiche, al momento la legislazione giapponese prevede protezione solo nel settore vini e liquori (il cosiddetto Liquor Act), mentre un provvedimento più comprensivo legato a cibo e prodotti agricoli è attualmente in preparazione al Parlamento giapponese, dove si prevede che la regolamentazione veda la luce entro i primi sei mesi del 2015.

Per questa ragione, i negoziatori giapponesi preferiscono attendere il termine dell’iter legislativo interno prima di includere il tema nelle trattative.

LE CRITICITÀDa parte giapponese le spinte maggiori verso un abbassamento delle tariffe si registrano nel settore automobilistico, con i negoziatori comunitari decisamente chiusi su questo punto, soprattutto per una mancata reciprocità nei regolamenti relativi alla messa in circolazione (molto più stringenti in Giappone). Di fatto, una riduzione delle tariffe

comporterebbe un aumento delle importazioni di auto giapponesi in Europa senza reciprocità, in virtù dei blocchi in entrata al mercato giapponese causati dalle barriere di natura non tariffaria.

Per quanto riguarda l’accesso al mercato, il Giappone ha criticato l’eccessivo numero di categorie di merci che l’UE vorrebbe introdurre nelle trattative; di contro per i negoziatori comunitari sono troppe le categorie di prodotto fuori dall’accordo (intorno al 12%) ed è eccessiva la durata del periodo transitorio che anticipa l’entrata in

vigore dell’abbassamento tariffario, come proposto dalla controparte giapponese.Inoltre, poiché le negoziazioni stanno procedendo parallelamente a quelle del Trans Pacific Partnership, sarà importante mantenere alta la pressione sul Giappone per quanto riguarda le Indicazioni Geografiche. Su questo punto infatti gli Stati Uniti stanno premendo per arrivare ad una loro esclusione dall’accordo, influenzando così in maniera indiretta anche gli altri trattati commerciali al momento negoziati dal Giappone.

CONCLUSIONIIl negoziato fra Unione Europea e Giappone è ad oggi una delle trattative cruciali, sia economicamente che politicamente. Nonostante le trattative stiano procedendo piuttosto velocemente, si può ancora lavorare per cercare di influenzare il negoziato. Proprio per questo motivo è necessario che le preoccupazioni e le esperienze concrete vengano espresse in modo chiaro e deciso in tempi brevi.

D’altra parte sarà mio impegno come parlamentare cercare di individuare forme di promozione e sostegno soprattutto nei confronti dei settori che hanno potenzialmente più opportunità di entrare nel mercato giapponese.È necessario infatti non solo essere coscienti delle opportunità che si potrebbero aprire, ma anche essere attrezzati per quando queste opportunità si saranno effettivamente aperte.

È forte la richiesta e la voglia di prodotti italiani, non solo nell’agro-alimentare, ed è fondamentale che il nostro Paese agisca sistematicamente per lanciare i prodotti più richiesti e dare sostegno a quelli in difficoltà.Il “Sistema Italia” ha le potenzialità per aiutare le imprese e il supporto alla promozione dei nostri prodotti deve essere una delle principali priorità.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 14 novembre 2014

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Conoscere il TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti con gli Stati Uniti)

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Il 16 settembre la Commissione Europea ha reso pubblico un documento molto dettagliato che esprime le idee, venute fuori dal dibattito nella società civile e al Parlamento Europeo, su come riformare il meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore straniero. Il meccanismo, noto come ISDS, era il punto più critico delle discussioni sul trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, TTIP.

Un nome nuovo per l’ISDSPer allontanare anche il minimo ricordo del tanto criticato ISDS, la Commissione ha dato un nuovo nome al meccanismo di risoluzione delle controversie: Sistema Giudiziario per gli Investimenti (Investment Court System, ICS), composto da un tribunale di prima istanza e una corte d’appello.

Una struttura permanente con veri giudiciSi parla, quindi, di una corte permanente, piuttosto che di arbitri convocati ad hoc per ogni controversia, dedicata al trattato transatlantico. Nello specifico la proposta prevede una corte con 15 giudici (5 europei, 5 statunitensi e 5 da paesi terzi) con un mandato di 6 anni. I giudici verrebbero pagati da una cassa comune tra UE e USA, quindi non dalle parti in causa. La nomina a giudice di questa nuova corte sarebbe subordinata al possesso del titolo di giudice nel paese di provenienza e/o all’essere un giurista di fama comprovata in materia di diritto internazionale privato e del commercio. Con queste accortezze si potrà evitare che avvocati d’affari facciano da arbitri in cause in cui potrebbero avere dei conflitti d’interesse.

All’insorgere di ogni nuova controversia si costituirà una corte giudicante di tre giudici (uno europeo, uno americano e uno terzo) estratti a sorte tra i quindici. In questo modo si prova a mantenere al massimo il livello d’imparzialità del tribunale.

Un meccanismo d’appelloLa proposta della Commissione permetterebbe, inoltre, al TTIP di essere il primo accordo commerciale della storia ad avere anche un meccanismo d’appello in secondo grado.

La corte d’appello ricalcherebbe perfettamente il tribunale di prima istanza, ma con sei giudici (2 USA, 2 UE e 2 terzi), piuttosto che quindici. Potrà adire alla corte ognuna delle parti e la sentenza di primo grado potrà essere modificata o completamente ribaltata dal giudizio di secondo.

Alcune precisazioniNel preambolo, inoltre, la Commissione accoglie una preoccupazione molto forte venuta dal Parlamento Europeo e dalla società civile ed inserisce un passo che ribadisce il diritto degli Stati di legiferare per attuare obiettivi legittimi di politica pubblica.

La formulazione seppur vaga è comunque un’importante vittoria di chi temeva che le multinazionali potessero piegare le legislazioni nazionali ai propri interessi, attraverso l’ISDS. Si precisa, inoltre, che non può considerarsi legittima alcuna pretesa degli investitori che le legislazioni restino immutate nel tempo.

Risoluzione delle controversie tra Stato e Investitore: una proposta di riforma

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Altre due importanti disposizioni prevedrebbero che eventuali ristrutturazioni del debito pubblico non possano essere contestate e che gli Stati mantengano il loro diritto di sospendere o eliminare gli aiuti di Stato per le aziende.

Infine, sono state previste alcune clausole per favorire l’utilizzo di questo nuovo sistema anche da parte delle PMI. Nello specifico, tempi certi per la conclusione dei procedimenti (18 mesi per il primo grado e 6 mesi per l’appello), un meccanismo volontario di mediazione per risolvere la disputa prima che si apra il procedimento presso la corte e la previsione che alcune categorie di PMI, in caso di giudizio avverso dei giudici, non siano costrette a pagare tutte le spese processuali, ma soltanto una quota.

Cosa manca ancoraIl documento pubblicato è solo la posizione della Commissione Europea e prima di diventare realtà dovrà essere approvato dal Consiglio e negoziato con gli americani, nel contesto di tutto il TTIP. Superati tutti questi scogli il trattato nel suo complesso dovrà essere firmato e ratificato da tutte le parti.

Nonostante ciò la proposta della Commissione, seppure in ritardo e su pressioni non indifferenti del Parlamento Europeo e della società civile, rappresenta un progresso incontestabile e una rivoluzione copernicana nell’approccio europeo alla politica commerciale.

Manca soltanto un meccanismo di dissuasione, ad esempio un disincentivo finanziario, dall’adire alla corte per controversie palesemente infondate.

La Commissione, inoltre, non ha ritenuto di accogliere la proposta di introdurre anche un periodo di “quarantena” di 5 anni prima e dopo il mandato di giudice per evitare commistioni di carriera con gli avvocati d’affari internazionali.

Infine restano ancora due interrogativi. Il sistema ICS verrà integrato nell’accordo già concluso con il Canada e a che condizioni? La Commissione lavorerà attivamente perchè il sistema ICS possa diventare la prassi anche negli altri trattati bilaterali e multilaterali, invece che soltanto tra USA e UE?

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 16 novembre 2015

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Il 28 maggio scorso la Commissione Commercio internazionale (INTA) del Parlamento europeo ha approvato, con 28 voti a favore e 13 contrari, il progetto di relazione sul Trattato sul Commercio e gli Investimenti tra Unione europea e Stati Uniti (TTIP), di cui è relatore Bernd Lange (S&D, Germania).

Con questa risoluzione il Parlamento, che sarà chiamato a votare in sessione plenaria la settimana dell’8 giugno, fornisce delle indicazioni riguardanti il proseguimento dei negoziati: cosa, per l’assemblea eletta dai cittadini europei, è auspicabile e cosa è considerato inaccettabile.Si tratta di uno strumento molto importante perché rappresenta un segnale politico forte di cui la Commissione dovrà tenere conto nel proseguimento dei negoziati: una sorta di avvertimento che, se rimarrà disatteso, potrebbe portare anche alla conseguenza estrema della bocciatura dell’intero accordo.

Il Gruppo S&D ha fortemente voluto questa risoluzione proprio perché espressione concreta del potere di controllo che detiene il Parlamento e dunque, attraverso di esso, i cittadini.

Mi preme, prima di tutto, chiarire la situazione riguardo un argomento molto dibattuto, il cosiddetto “ISDS” (sistema di risoluzione delle controversie tra Stato e Investitore). L’attuale struttura di questo “tribunale privato” che risale al periodo post-coloniale presenta, infatti, numerose falle dal punto di vista della trasparenza e della garanzia democratica del sistema. Nonostante questo, si tratta di uno strumento presente nella stragrande maggioranza degli accordi commerciali tutt’oggi negoziati e firmati ed è per questo che la decisione sulla sua esclusione o il suo inserimento è stata, da subito, la leva su cui – da diverse parti e con diverse motivazioni – in molti hanno insistito, spesso nel tentativo di far saltare l’intero accordo.Il Gruppo dei Socialisti & Democratici ha avuto, in questo caso in modo particolare, un ruolo centrale: ha, infatti, svolto una profonda azione di mediazione, ascoltando le preoccupazioni e le richieste di cittadini da una parte e cercando, dall’altra, di trovare una soluzione che non compromettesse la realizzazione di un trattato con grandi potenzialità di crescita e sviluppo, in primo luogo per gli Stati europei.

Il compromesso trovato prevede – ed è importante che questo sia chiaro – l’abbandono dell’ ISDS così come conosciuto finora: il Parlamento, infatti, chiede alla Commissione di proporre una soluzione permanente per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, soggetta al controllo e ai princìpi democratici, in cui i casi siano trattati in modo trasparente da giudici indipendenti e nominati pubblicamente, in audizioni, anch’esse, pubbliche. Dovrà, inoltre, essere previsto un meccanismo di appello, dove sia garantita la coerenza delle decisioni giudiziarie e dove sia rispettata la giurisdizione dei tribunali europei e degli Stati membri. Una proposta, avanzata in maniera esplicita nel documento, per affrontare nel medio termine le controversie aventi oggetto gli investimenti, è la creazione di una Corte Internazionale degli Investimenti, i cui lavori abbiano garanzia di pubblicità.

Tra le altre indicazioni che, con questo testo, il Parlamento presenta alla Commissione, rivestono particolare importanza le seguenti:

⇒ Trasparenza: pur riconoscendo la necessità di un certo livello di riservatezza, vengono richieste trasparenza e accesso ai documenti dei negoziati.

⇒ Servizi Pubblici: viene richiesta una esplicita esclusione dei servizi pubblici dalle materie del negoziato.

TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti con gli Stati Uniti): qualche informazione su Rapporto Lange, al voto il 10/06

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⇒ Mantenimento degli standard: non negoziabilità degli standard relativi a sicurezza degli alimenti, benessere, salute degli animali, protezione dei lavoratori, dell’ambiente, dei dati personali e delle diversità culturali.

⇒ Sostegno alla crescita: creazione di nuove opportunità di sviluppo per le aziende europee, in particolare le PMI, e creazione di nuovi posti di lavoro qualificati.

⇒ Globalizzazione 2.0: viene chiesto che il TTIP sia un’opportunità per dare una forma più democratica e inclusiva alla globalizzazione.

⇒ Piena sovranità degli Stati: deve essere salvaguardato il diritto degli stati, della pubblica amministrazione e degli enti locali di introdurre, adottare, mantenere o abrogare qualsiasi misura nell’interesse del bene pubblico.

⇒ Piena mobilità dei lavoratori: il TTIP dovrebbe accelerare il mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali e una piena reciprocità nella politica di concessione dei visti, in modo da facilitare la mobilità di investitori, professionisti, tecnici e lavoratori qualificati tra le due sponde dell’Atlantico.

⇒ Appalti pubblici: questi devono avere un pari livello di apertura in Europa e negli Stati Uniti.

⇒ Protezione dati personali: il riferimento indicato a questo riguardo è l’articolo XIV del GATS, che corrisponde pienamente all’attuale sistema di tutela previsto dall’Unione europea.

⇒ Diversità culturale: il Parlamento chiede che vengano garantite la protezione e la promozione della diversità culturale, riconoscendo alle parti di adottare qualsiasi misura necessaria alla promozione della diversità linguistica e culturale.

⇒ Energia: con le minacce che l’Europa ha subito quest’anno, in merito alla fornitura di energia, non sorprende che la relazione chieda specificamente che i negoziati si occupino anche di trovare soluzioni per facilitare la diversificazione degli approvvigionamenti energetici.

⇒ Proprietà intellettuale e certificazioni alimentari: l’accordo dovrà assicurare un’adeguata protezione dei diritti di proprietà intellettuale, includendo un pieno riconoscimento del sistema europeo delle Indicazioni Geografiche degli alimenti e dell’Indicazione di Origine dei prodotti.

⇒ Lavoro e diritti: il Parlamento chiede un impegno, da parte degli Stati Uniti, a ratificare e applicare le convenzioni ILO sui diritti e la sicurezza dei lavoratori.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 1 giugno 2015

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L’Unione Europea deve affrontare grandi sfide, tra le quali far ripartire l’economia e ripensarsi sforzandosi di migliorare i livelli di diritti e benessere di tutti i cittadini. Il TTIP, così come tutti gli altri accordi commerciali che si stanno negoziando in questo momento tra cui quelli con il Canada, il Giappone, Singapore e il Vietnam, può essere uno strumento utile per affrontare più efficacemente queste sfide. In Europa, l’accordo con gli USA potrebbe generare crescita e nuovi posti di lavoro, nonché un calo dei prezzi per i consumatori, legato all’aumento della concorrenza e della possibilità di scegliere fra più prodotti e servizi. Il TTIP potrebbe inoltre aumentare l’influenza europea nel mondo, attraendo una quota maggiore di investimenti e creando nuovi standard nel commercio mondiale, che siano ispirati ai nostri valori. Il trattato transatlantico darebbe inoltre la possibilità alle PMI di accedere al mercato statunitense, eliminando doppi, e non necessari, controlli e creando regole più semplici e giuste per importare ed esportare tra le due sponde dell’Atlantico.

Questi sviluppi rilevanti per l’economia e per il ruolo dell’UE nel nuovo scenario della globalizzazione non devono, però, essere raggiunti ad ogni costo e senza considerare quali sono le nostre priorità. Il TTIP, pertanto, dovrà salvaguardare i nostri alti standard di sicurezza dei prodotti e dei lavoratori, proteggere e rafforzare la potestà legislativa e regolamentare dello Stato e della P.A., tutelare il patrimonio delle diversità culturali dell’UE e assicurare trasparenza, sostenibilità e crescita in Europa, negli USA e nel resto del mondo.

Il negoziato sul TTIP è ancora in corso e, grazie alle pressioni del Parlamento Europeo e di molti Governi e ONG, è più trasparente rispetto agli accordi del passato. Tutti i cittadini hanno il diritto/dovere di informarsi e farsi un’opinione, ma la decisione finale andrà presa quando avremo a disposizione il testo definitivo del trattato e i nuovi studi di impatto, che verranno fatti proprio sulla lettera dell’accordo definitivo.Già oggi, però, in base alla declassificazione del mandato negoziale e di molti documenti su cui si sta negoziando, oltre alle posizioni ripetutamente espresse dal Parlamento Europeo, dai negoziatori del TTIP e dalla Commissaria al Commercio, Cecilia Malmström, alcuni chiarimenti e rassicurazioni sono già disponibili.

⇒ Il TTIP indebolirà gli stringenti standard europei che proteggono i lavoratori e l’ambiente?Secondo il mandato negoziale, gli standard non fanno parte delle materie del negoziato. Sia l’UE che gli Stati uniti hanno regole che impongono determinati livelli di sicurezza dei lavoratori e ambientale. Questo significa che il TTIP dovrà aiutare a ridurre i costi per le esportazioni quando, a parità di standard, si potranno armonizzare le regole. Tutto ciò senza intaccare il diritto di legiferare degli Stati e il principio di precauzione tipico dell’approccio europeo. Inoltre, il TTIP avrà un capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile che dovrebbe includere impegni a ratificare e implementare le convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e delle competenti agenzie dell’ONU in materia di diritti dei lavoratori, salvaguardia della flora e della fauna e dell’utilizzo di tecnologie verdi e delle rinnovabili. La “precarizzazione” del mercato del lavoro è, purtroppo, un fenomeno che ha cause molteplici, a cui si sta cercando di porre rimedio. Non si può pensare che sarà, quindi, il TTIP la causa della precarietà.

⇒ Il TTIP abbasserà gli standard di sicurezza alimentare?Sia in Europa sia negli USA c’è una domanda crescente di cibo di qualità. I cittadini europei, così come quelli americani peraltro, non accetterebbero di compromettere gli standard raggiunti in questo senso. Il modo in cui ci occupiamo di sicurezza alimentare o OGM resterà uguale. Il TTIP non imporrà all’UE di modificare la propria normativa in materia, o riguardo al manzo agli ormoni o alle carni di animali clonate o trattati con la clorina. Il trattato però punterà a migliorare la collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico. In passato, per affrontare l’emergenza ‘mucca

TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti con gli Stati Uniti): chiarimenti e aggiornamenti sul negoziato

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pazza’ gli USA hanno bandito le importazioni della carne europea per molti anni e oggi ancora molti salumi e insaccati non possono penetrare il suolo statunitense. In questo senso il TTIP aiuterà a gestire in maniera scientificamente più razionale questioni di questo genere, a tutto vantaggio dei nostri produttori di qualità.

⇒ Il TTIP è solo un pretesto per affievolire le norme europee, dato che i dazi doganali tra UE e USA sono già molto bassi.È vero che i dazi sono già bassi, ma questo non vuol dire che non abbiano un effetto. La media delle tariffe si aggira attorno al 4%, ma alcuni settori come l’alimentare e il tessile - strategici per le esportazioni italiane - sono gravati da dazi ben più alti, con picchi rispettivamente del 35% e del 27%. Questa situazione rende i prodotti europei meno competitivi sul mercato americano. Il TTIP ridurrà sensibilmente quasi tutti i dazi rimasti producendo risparmi per i produttori e ampliando il potere di scelta dei consumatori.

⇒ Il TTIP permetterà alle grandi multinazionali di citare in giudizio gli Stati?La questione dell’ISDS (il meccanismo arbitrale di garanzia per gli investimenti) è di certo La questione dell’ISDS, il meccanismo arbitrale di garanzia per gli investimenti, è di certo la più dibattuta. I paesi dell’UE hanno già firmato oltre 1400 accordi commerciali che prevedono un meccanismo di ISDS, in modo da incoraggiare gli investimenti diretti dall’estero. È vero che questi accordi nascevano in un contesto completamente diverso, ed è vero anche che l’ISDS ha in alcuni casi (ad onor del vero una esigua minoranza) portato ad abusi. Per questa ragione, si sta studiando un meccanismo che possa tutelare gli investimenti, ma al tempo stesso eliminare ogni possibilità di trattamento iniquo. Intanto limitando i casi per i quali si possa adire a tale corte ai soli episodi di esproprio, rendendo più trasparente tutto il processo, predisponendo un registro di arbitri che non possono contemporaneamente esercitare come avvocati, e aggiungendo la possibilità di un meccanismo di appello. Questo sistema non potrà inoltre in alcun modo influenzare la potestà legislativa dello Stato. Nella ultima proposta della Commissione si individua anche un percorso di medio periodo, con l’obiettivo di costituire una corte permanente.

⇒ Il TTIP obbligherà i governi europei a privatizzare i servizi pubblici?In ogni accordo commerciale l’UE lascia in capo agli Stati membri di decidere come gestire al meglio per i propri cittadini i servizi pubblici, come scuole, ospedali, distribuzione dell’acqua. Questa garanzia è espressamente prevista nei testi dei vari accordi e noi stiamo chiedendo che lo sia anche nel TTIP. Dopo la firma del trattato, gli Stati saranno titolati senza limitazione a decidere la definizione di servizi pubblici, a mantenere pubblico il monopolio della fornitura di un determinato servizio, a rinazionalizzare un servizio precedentemente privatizzato o a non rinnovare, senza pericolo di essere citato in giudizio, i contratti stipulati con società private per l’esternalizzazione di determinati servizi pubblici.

⇒ Il TTIP è stato chiesto dalle multinazionali e i cittadini e i governi non sanno nulla di quanto stanno discutendo i negoziatori.I negoziati sul TTIP sono i più trasparenti di sempre e i Parlamenti nazionali e il Parlamento Europeo sono attori cruciali in questa partita poiché dovranno approvare o respingere la ratifica dell’accordo. La Commissione Europea ha reso pubblico il mandato negoziale (votato all’unanimità dei ventotto Stati membri dell’UE), divulga regolarmente un resoconto dei round negoziali e i testi delle proprie proposte, produce documenti esplicativi e infografiche sui vari capitoli dell’accordo, infine rende disponibili per tutti i membri del Parlamento Europeo, in apposite “reading room”, i documenti considerati riservati. Inoltre la Commissione organizza innumerevoli incontri con i rappresentati delle aziende, delle associazioni dei consumatori, i sindacati, le ONG, governi e parlamenti nazionali e gli eurodeputati per discutere degli ultimi sviluppi e ascoltare il punto di vista di ognuno.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Strasburgo, 18 maggio 2015

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Le novità dopo l’ottavo round negoziale

Il 6 febbraio si è concluso l’ottavo round negoziale del TTIP, alla presenza del capo negoziatore europeo, Ignacio Garcia-Bercero, e della controparte americana, Dan Mullaney. Ecco alcuni aggiornamenti rispetto alla trattativa che si sta tenendo in Europa e negli USA. Le discussioni hanno fatto perno sulla cooperazione regolamentare, elemento fondamentale per semplificare gli scambi tra le due sponde dell’Atlantico. Una cooperazione in questo settore permetterebbe, per esempio, che le automobili non debbano superare due volte, in Europa e negli USA, la prova del crash test o essere prodotte con le frecce arancioni per il mercato americano e con le frecce rosse per circolare nell’UE.

Queste le principali novità:

⇒ Le parti hanno rimarcato l’intenzione di eliminare ogni tipologia di barriera tariffaria al momento esistente tra le due sponde dell’Atlantico.

⇒ In merito ai servizi, come ad esempio i trasporti e le telecomunicazioni, le delegazioni hanno continuato la discussione ma senza ancora giungere a una conclusione.

⇒ Sull’accesso alle gare per gli appalti pubblici americani vi è stato un dialogo approfondito, anche se le distanze rimangono consistenti.

⇒ Per quanto concerne gli aspetti regolamentari, i negoziati hanno riguardato i seguenti settori: chimico, farmaceutico, automobile, motoristica, facilitazioni commerciali, diritti di proprietà intellettuale (tra cui indicazioni geografiche), energia e materie prime, PMI. L’UE ha dunque presentato un suo testo generale sulla cooperazione regolamentare.

⇒ Sulle questioni sanitarie e fitosanitarie le parti hanno discusso il testo americano già presentato allo scorso round negoziale e inizieranno a lavorare su un testo di compromesso.

⇒ Riguardo le barriere tecniche al commercio, ovvero i differenti sistemi di omologazione, di etichettatura o di collaudo, la discussione è andata avanti nei settori chimico e delle automobili, ma esistono ancora divergenze da colmare.

I negoziatori si rincontreranno altre due volte prima della pausa estiva per portare avanti le discussioni in corso.

Altri aggiornamenti: il contesto

La vittoria dei Repubblicani al Senato degli Stati Uniti non sembra avere influito sulla previsione di concludere l’accordo nella seconda metà del 2016. La Commissaria Malmström ha già incontrato a dicembre e a gennaio la sua controparte americana, l’ambasciatore Mike Fromann, e i due si rincontreranno nella seconda metà di

marzo. Inoltre i presidenti, repubblicani, delle commissioni Commercio delle due Camere statunitensi considerano il TTIP una priorità bipartisan per gli USA. La Commissione Europea, al momento, ritiene la prospettiva di siglare l’accordo prima delle presidenziali americane realistica, seppur ambiziosa.

Aggiornamenti sui negoziati sul Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP)

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A seguito della pubblicazione del mandato negoziale e dell’iniziativa sulla trasparenza, imposta dalla Commissaria Malmström, è certo che OGM, misure relative al sostegno del settore culturale, diritti dei lavoratori, regole ambientali e gestioni dei beni e servizi pubblici non saranno oggetto dei negoziati. È importante, su questo punto, essere chiari

per non alimentare paure infondate. Dopo la puntata di Report del 19 ottobre, infatti, ancora il 10 marzo un servizio di Ballarò faceva riferimento a una possibile un’invasione di coltivazioni OGM a seguito della conclusione del TTIP.

Resta la questione spinosa del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore straniero e Stato, meglio noto come ISDS. La consultazione pubblica lanciata dalla Commissione ha visto la partecipazione di 150.000 soggetti ed un 88% di pareri contrari all’ISDS. Inoltre, il 92% delle opinioni è arrivato da Gran Bretagna, Austria,

Germania Francia e Belgio (dall’Italia solo 222). Negli ultimi 50 anni i governi europei hanno già firmato più di 1400 accordi con meccanismi di ISDS. La posizione della delegazione italiana ha riconosciuto fin dall’inizio dei negoziati la necessità di prevedere un sistema quanto più trasparente e democratico possibile, la riduzione al minimo della possibilità di adire a tale organo e la creazione di un meccanismo di appello, sulla scia dei miglioramenti già raggiunti nell’accordo con il Canada. Tuttavia, la delegazione è contraria ad assumere una posizione intransigentemente contraria all’ISDS, poiché diminuirebbe la forza negoziale del Parlamento nei confronti della Commissione e dell’UE nei confronti degli USA.

Infine, il 9 Febbraio, il presidente della commissione Commercio Internazionale del Parlamento Europeo e relatore sul TTIP, il socialista Bernd Lange, ha pubblicato un documento di lavoro in vista dell’elaborazione di raccomandazioni da fare alla Commissione sul negoziato TTIP. Definendo il trattato uno strumento potenziale di

sviluppo e ribadendo a gran voce la necessità di trasparenza nei negoziati, Lange sottolinea nel suo testo l’importanza della tutela delle indicazioni geografiche, dell’inclusione dei livelli sub-federali nelle previsioni sugli appalti pubblici, del rispetto del principio di precauzione e della ratifica e piena applicazione, da parte degli Stati Uniti, dei trattati internazionali in materia di ambiente e diritti dei lavoratori.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 17 marzo 2015

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Il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) è un accordo commerciale attualmente in corso di negoziato tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Ha l’obiettivo primario di rimuovere le barriere commerciali, tariffarie e non tariffarie, in un ampio numero di settori economici per facilitare l’acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti. Il dibattito, molto articolato in altri Paesi, sta iniziando a svilupparsi anche in Italia, sebbene poco ancora si conosca nel merito.

La puntata di Report di domenica scorsa ha raccolto alcune testimonianze e dato inizio a un dibattito più ampio, il che è molto positivo e ci dovrebbe portare a raccogliere quanti più elementi possibili per potervi partecipare nel merito, anche vista la scarsità di informazioni facilmente reperibili, specialmente in italiano.

L’accordo è ancora lontano dall’essere concluso. Per una volta dovremmo tentare di non farci costringere dalla modalità comunicativa semplificatoria di schierarci, come tifosi, pro o contro in modo acritico. Abbiamo tempo e modi per sviluppare il dibattito e per costruire una posizione motivata. Questo mio documento vuole essere un contributo a tale scopo.

Le criticitàIntanto, i tempi. Al momento non esiste un testo dell’accordo, in quanto i negoziati sono ancora in corso. Infatti, nonostante i sette round negoziali alle spalle, il TTIP non è ancora concluso, come anticipato, e le posizioni delle controparti sono ancora relativamente distanti. In più, due prossimi avvenimenti rappresentano un’incognita sul proseguimento dei negoziati: da parte europea, l’entrata in carica della nuova Commissione e, da parte statunitense, le imminenti elezioni per il rinnovo del Senato (4 novembre) - che potrebbero portare a una Camera Alta a maggioranza repubblicana. Verosimilmente, la prima finestra per un eventuale raggiungimento di un accordo potrebbe aprirsi dopo le elezioni statunitensi per poi chiudersi nella seconda metà del 2016, con la campagna elettorale per le Presidenziali USA.

Ciò che si conosce per certo è il contenuto del mandato negoziale della Commissione europea, reso pubblico grazie alle pressioni del nostro vice-ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Il mandato negoziale rappresenta i confini all’interno dei quali si può muovere la stessa Commissione durante i negoziati: cosa può accettare e cosa no, innanzitutto. Quando il testo è stato messo a disposizione di tutti, dunque, è stato possibile accertare, senza timore di fraintendimento, che non saranno oggetto dei negoziati gli OGM, le misure relative al sostegno del settore culturale, il livello di diritti dei lavoratori e delle regole ambientali, la gestione dei beni pubblici (pp. 4, 6, 8, 11).

Il mandato, quindi, prevede:

⇒ la riduzione a zero delle barriere tariffarie;

⇒ l’allineamento delle regolamentazioni tecniche (come per esempio i crash test per le autovetture: nonostante gli standard di sicurezza siano elevati e simili nei due Paesi, per poter esportare le loro macchine i produttori devono rifare i test per soddisfare gli standard di misurazione del Paese importatore. Se USA e UE riconoscessero i crash test e i relativi standard gli uni degli altri, le stime dicono che il risparmio sul prezzo finale dell’auto potrebbe arrivare sino al 7 per cento);

⇒ l’apertura del mercato degli appalti pubblici, superando così il Buy American Act (una legge risalente alla presidenza Roosevelt e ancora in vigore, volta a proteggere le imprese manifatturiere nazionali limitando l’acquisto di prodotti finiti stranieri per commesse pubbliche all’interno del territorio nazionale);

Informazioni e dettagli sul Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti con gli Stati Uniti (TTIP)

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⇒ la promozione di uno sviluppo sostenibile;

⇒ il sostegno alle piccole e medie imprese, fino ad oggi troppo deboli per poter affrontare il commercio internazionale;

⇒ la creazione di un mercato unico dell’energia.

La parte più delicata riguarda le barriere non tariffarie in materia di produzione agroalimentare. Su questo punto è fondamentale porre la massima attenzione per non ridurre in alcun modo gli standard qualitativi. In particolare, il riconoscimento delle indicazioni geografiche, punto su cui gli Stati Uniti hanno una posizione piuttosto negativa, rappresenta uno dei principali obiettivi italiani, date le evidenti ricadute positive che queste comporterebbero per i produttori nostrani.

Infine, fra le questioni più spinose resta la presenza nell’accordo dell’ISDS (Investor-State Dispute Settlement), un meccanismo di risoluzione delle controversie su investimenti distinto rispetto alle Corti dei Paesi coinvolti, da alcuni accusato di essere uno strumento in mano alle multinazionali. La posizione italiana ha riconosciuto fin dall’inizio dei negoziati la necessità di prevedere un sistema quanto più trasparente e democratico possibile, la riduzione al minimo dei casi in cui sia possibile adire a tale organo e altre disposizioni che stanno emergendo da un’ampia consultazione pubblica, proprio su questo tema, che la Commissione ha recentemente lanciato. Anche su questo punto, gli avanzamenti ottenuti nell’accordo con il Canada potrebbero essere una strada perseguibile.

I possibili vantaggi

⇒ Il TTIP rappresenta allo stesso tempo un’opportunità economica e una sfida per la politica commerciale dell’Unione Europea, con evidenti implicazioni geopolitiche,

⇒ la creazione di un mercato unico fra UE e USA porterebbe a un aumento del PIL comunitario stimato intorno allo 0.5% circa (media fra le previsioni di impatto di Bertelsmann Foundation, CEPR e ECIPE), con punte particolarmente positive per i settori meccanico e manifatturiero, fra le eccellenze del sistema produttivo del nostro Paese.

⇒ L’Italia – al momento uno dei Paesi maggiormente colpiti dalle barriere tariffarie e non tariffarie degli Stati Uniti – sarebbe, sempre secondo studi di impatto, uno dei Paesi europei maggiormente favoriti da un accordo che darebbe alle piccole e medie imprese la possibilità di accedere al mercato statunitense, al momento caratterizzato da alte barriere tariffarie e, specialmente, non tariffarie (basti pensare che nonostante gli evidenti ostacoli rappresentati dalle divergenti disposizioni regolamentari, l’Italia è il 13° fornitore e il 23° cliente degli USA, mentre gli USA sono l’8° fornitore e il 3°cliente del nostro Paese - Osservatorio Economico Mise).

Il nostro impegno sulle IGCome più volte ricordato, non c’è ancora niente di chiuso, per cui sarà nostro impegno insistere con grande forza sul punto del riconoscimento delle indicazioni geografiche. La nostra speranza è quella di poter ottenere un risultato simile a quello raggiunto nell’accordo recentemente concluso (e in corso di verifica) con il Canada, dove l’Unione europea ha ottenuto il riconoscimento di quasi 200 prodotti con indicazione geografica.

Il nostro lavoro sarà focalizzato anche sul contrasto al fenomeno dell’Italian sounding, ossia l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per la promozione e la commercializzazione di prodotti in realtà per niente riconducibili al nostro Paese.

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⇒ La crisi ucraina ha comportato un danno ingente, specialmente ai produttori italiani, che, con l’apertura di nuovi sbocchi commerciali, potrebbero avere un bilanciamento delle perdite subite.

Il Meeting ASEM che si è svolto a Milano la scorsa settimana ha dimostrato che siamo in una fase in cui c’è spazio per nuove opportunità di scambio e confronto con Paesi che nella percezione tradizionale erano finora visti come lontani o pericolosi per il nostro sistema commerciale e che, oggi, invece rappresentano una risorsa importante.

ConclusioniResta prioritario lavorare perché non venga in alcun modo indebolita la politica commerciale comune dell’Unione Europea, che alcuni vorrebbero addirittura smantellare per tornare ad accordi bilaterali dei singoli Paesi membri: uno scenario in cui l’Italia si troverebbe ad affrontare, sola, la Cina o gli Stati Uniti in un tavolo negoziale. I nostri produttori sanno bene che non possiamo permetterci di rinunciare all’export come canale di crescita, ancora non completamente sviluppato se consideriamo quanto forte sia la domanda di Made in Italy in tutto il mondo.

Per questo dobbiamo adoperarci per contribuire a rendere quanto più concrete possibili e prive di rischi le opportunità che ci si presentano in questi anni e nel prossimo futuro, preservando ovviamente il controllo costante sul fatto che le premesse di un buon accordo per l’Europa e gli europei vengano mantenute. Dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che ha dato vita alla politica commerciale comune rendendola di competenza dell’Unione europea e non più dei singoli Stati membri, la Commissione porta avanti i negoziati commerciali ma il Parlamento europeo ha il potere di confermare o rifiutare il testo dell’accordo: potere che intendiamo esercitare pienamente.

Per esempio, uno degli sforzi che ancora non sono stati compiuti sino in fondo, e su cui il Parlamento europeo potrebbe fare la differenza, è quello di raccogliere dati utili a ottenere valutazioni di impatto occupazionale e sulla competitività relativamente ai diversi settori merceologici, che siano quanto più accurate possibile, in modo da poter prevedere aggiustamenti e sostegni mirati ai settori o alle regioni più deboli, attraverso una nuova e più adeguata allocazione delle risorse.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Strasburgo, 21 ottobre 2014

Alcuni esempi praticiI prodotti italiani di tecnologia avanzata (ATP) nel 2012 hanno coperto il 10% delle importazioni USA con un valore di 3,9 miliardi di dollari (+17% rispetto al 2011) ma ancora con grandi potenzialità di crescita; per il comparto italiano della nautica da diporto gli USA rappresentano un mercato ben più rilevante di quello domestico (l’Italia è il secondo fornitore dopo il Canada, con esportazioni per 271 milioni di dollari nel 2012, in crescita del 38% su base annua).

Per quanto riguarda le barriere tariffarie, al momento sono alte nel settore delle infrastrutture e in particolare delle ferrovie, dell’acciaio di elevata qualità, ma anche dove le PMI italiane sono forti come nel settore tessile, abbigliamento e calzature, alcuni tipi di veicoli, delle turbine e alimenti come le marmellate, il cioccolato e i prodotti caseari.

L’incremento di costo dovuto all’esistenza di barriere non tariffarie ha valori significativi: oltre ai macchinari e alle biotecnologie, all’edilizia, ai prodotti chimici (+19,1%), farmaceutici e cosmetici, anche in settori come l’aeronautico/aerospaziale che per noi è particolarmente importante.

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TPP (TransPacific Partnership)

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Ieri, lunedì 5 ottobre 2015, è stato annunciato l’accordo fra le dodici parti contraenti del TransPacific Partnership (TPP). I 12 paesi che hanno preso parte ai negoziati, durati cinque anni, sono Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico,  Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti, e valgono complessivamente il 40% del PIL globale. La portata dell’accordo è straordinaria e avrà importanti ricadute sia sullo scena commerciale che su quella geo-politica.

Il TPP è un trattato commerciale che punta all’eliminazione o all’abbassamento delle tariffe doganali fra i paesi partecipanti, a stabilire una regolamentazione comune sul diritto di proprietà intellettuale, ad aumentare gli standard in materia ambientale e del lavoro, e ad istituire un meccanismo di risoluzione delle controversie fra stato ed investitori. Oltre a rispondere alle esigenze di crescita economica e aumento dell’occupazione, l’accordo riconosce la centralità assunta dai mercati dei paesi affacciati sul Pacifico rispetto ai più tradizionali scambi transatlantici. Il trattato commerciale, includendo norme in materia ambientale e di diritti umani e regolando i più moderni comparti dell’industria globale come telecomunicazioni, commercio elettronico e trattamento dei dati, costituisce un’innovazione rispetto agli accordi già in essere e contribuirà in maniera sostanziale a rimodellare le dinamiche e i canoni del commercio globale. L’accordo costituisce un importante tentativo di regolamentare la globalizzazione mondiale ponendo le basi per il rispetto di alcuni principi, anticipando e catalizzando la crescita degli scambi fra le due sponde del Pacifico.

TPP ed effetti per le parti contraenti

La portata dell’accordo è notevole: oltre all’abbattimento di più di 18000 dazi doganali e all’inclusione di prodotti industriali tradizionali, come quelli dei settori automobilistico, chimico, farmaceutico e cinematografico, vengono inclusi i servizi e nuove norme regolamentari. Oltre agli standard ambientali e lavorativi, la cui violazione provocherà sanzioni commerciali, il trattato promuoverà e proteggerà la competizione. Il testo sarà disponibile a breve, di conseguenza la formulazione di numeri e previsioni sugli effetti dell’accordo potrebbe essere illusoria. L’Istituto Peterson per l’Economia Internazionale stima, tuttavia, che il trattato, a regime, sosterrà annualmente le esportazioni americane per quasi $ 125 miliardi. L’effetto immediato più prevedibile sarà una maggiore complementarità ed integrazione delle diverse catene di produzione. L’agevolazione al commercio avrà anche ripercussioni sui rapporti geo-politici nella regione. A questo scopo è utile ricordare che la Cina non ha partecipato ai negoziati e che il dichiarato scopo dell’iniziativa commerciale da parte delle amministrazioni Bush e Obama rientra nella più ampia strategia di re-focalizzazione della politica estera americana. L’accordo, oltre che incontrare l’entusiasmo di Obama, è un pilastro dell’ampio progetto politico del primo ministro giapponese Shinzo Abe: dalle riforme atte alla crescita (“Abenomics”) alla nuova disciplina in materia di difesa adottata dal parlamento giapponese in settembre. È, infine, il primo accordo ampio e profondo che include sia il Giappone che gli Stati Uniti in materia commerciale.

Prossimi passi del TPP

Con alcuni dei più importanti attori dell’accordo alla vigilia delle elezioni, Canada e Stati Uniti in particolare, la ratifica del trattato potrebbe incontrare alcune difficoltà. Negli Stati Uniti, l’accordo dovrà passare al vaglio di un congresso molto diviso e polarizzato. Obama, che si è definito molto soddisfatto

TransPacific Partnership (TPP): la conclusione dei negoziati

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dell’esito dei negoziati, dovrà, inoltre, affrontare lo scetticismo da parte di alcuni democratici, Hillary Clinton compresa. In ogni caso, per la portata dell’accordo e il numero dei paesi partecipanti la più ottimistica delle previsioni indica gennaio 2017 come mese di probabile entra in vigore del trattato.

L’Unione Europea e il TPP

La Commissione ha accolto favorevolmente la conclusione dell’accordo. Cecilia Malmstrom, commissaria europeo al commercio internazionale, ha sottolineato che il raggiungimento dell’accordo favorirà le trattative europee. L’Unione sta, infatti, negoziando accordi di libero scambio con molti parti contraenti del TPP, fra cui Stati Uniti, Giappone e Vietnam, che, ora, potranno concentrarsi più attivamente sulla definizione di un’intesa. D’altra parte il TPP, garantendo un migliore accesso alle piazze asiatiche, modificherà l’equilibrio competitivo fra le aziende europee e quelle americane. Questa considerazione appare particolarmente importante considerando che l’Asia sarà nei prossimi anni il mercato che crescerà più velocemente e che una fetta sempre maggiore della produzione globale si concentrerà in questa regione.

L’accordo, secondo un recente studio di Kawasaki, potrebbe causare una perdita pari allo 0,1% del PIL europeo. Il trattato, per le sue enormi dimensioni, sarà, infatti, il primo ad avere un effetto considerevolmente negativo sull’economia comunitaria. Per effetto dei diminuiti costi di transazione e per la maggiore integrazione delle economie coperte dal TTP, la regione attirerà nuovi investimenti. Le aziende europee presenti su questi mercati, inoltre, saranno incoraggiate da questa nuova competitività del mercato a subappaltare in loco la produzione di beni e la prestazione di servizi, andando quindi ad incrementare i propri investimenti nella regione.

Alcune considerazioni

Alla luce di questi elementi, è necessario riconsiderare le politiche commerciali dell’Unione.Diventa anzitutto urgente chiarire come poter proseguire il negoziato con gli USA (TTIP). Parallelamente si deve rafforzare l’impegno nelle trattative con quei paesi con cui gli accordi commerciali sono già conclusi ma non ancora ratificati (Canada, Singapore) o molto vicini alla conclusione (Vietnam, Giappone). Solo così sarà possibile recuperare la centralità europea riducendo l’impatto economico negativo che l’entrata in vigore del TPP potrebbe determinare.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 06 ottobre 2015

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Altri ambiti di interesse della Commissione INTA

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Gli Accordi di Partenariato Economico (APE) sono accordi commerciali, miranti allo sviluppo, negoziati dall’Unione Europea e i paesi delle regioni africana, caraibica e pacifica (ACP). Gli accordi hanno l’obiettivo di promuovere un modello di crescita sostenibile e di ridurre il livello di povertà tramite lo sviluppo dei flussi commerciali e l’aumento degli investimenti. Il volume delle importazioni e delle esportazioni con i paesi ACP rappresenta il 5% del totale degli scambi europei. L’Europa è la principale destinazione dei prodotti manifatturieri e agricoli dei partner ACP. L’UE è, infatti, l’unico mercato che garantisce l’assenza di dazi su tutti i prodotti provenienti da questi paesi. Gli accordi mirano a una diversificazione delle importazioni dagli ACP, tradizionalmente dipendenti dalle esportazioni di materie prime, che promuova, quindi, lo scambio di beni e servizi con un valore aggiunto superiore. L’obiettivo finale è, dunque, quello di favorire gli individui e le imprese, facilitando le esportazioni e incentivando i flussi d’investimenti. Per promuovere l’integrazione regionale dei partner, gli APE sono conclusi o negoziati dall’UE e dalle comunità economiche regionali, come ECOWAS e CARIFORUM.

La Convenzione di CotonouLa Convenzione di Cotonou è l’ultimo e il più comprensivo trattato di sviluppo siglato dall’UE e da 78 paesi provenienti dalle regioni di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP), nonché il più ampio accordo quadro a disciplina dei rapporti fra sud e nord del mondo. La convenzione è figlia del Trattato di Roma del 1957 e dei successivi accordi di sviluppo e, in particolare, sostituisce il regime impostato dalla Convenzione di Lomé. La collaborazione e il sostegno ai paesi ACP sono, infatti, uno dei principali e più vecchi pilastri dell’azione esterna dell’Unione Europea. Nata come forma di partenariato post coloniale, la collaborazione si è, sin da principio, basata su una nuova forma di parità delle parti e sulla commistione di aiuti economici e forme di cooperazione commerciale, finanziaria e politica con l’obiettivo di ridurre il livello di povertà. La Convenzione di Cotonou, in accordo con gli obiettivi di sviluppo del Millennio, è stata firmata nel 2000 e regolerà i rapporti fra UE e ACP fino al 2020. Il tratto, prevedendo un meccanismo si revisione quinquennale, è da considerarsi vivente.

Ambito politicoLa forte dimensione politica degli accordi, spesso tramite l’applicazione della Convenzione di Cotonou, si traduce nella cooperazione su un ampio spettro di questioni e nella previsione di procedure sanzionatorie, fino alla completa sospensione degli accordi, nel caso di gravi violazioni in materia di diritti umani e buon governo, termine che definisce chiaramente le linee rosse sulla conduzione degli affari pubblici. Un grave caso di corruzione può, ad esempio, determinare l’interruzione del trattato. L’accordo promuove, inoltre, un regolare dialogo politico volto a rafforzare il multilateralismo e la concertazione con le parti sociali. Attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni regionali e internazionali, come l’Unione Africana e la Corte Penale Internazionale, Cotonou promuove la pace e la stabilità dei paesi ACP.

OMS (Organizzazione Mondiale del Commercio) e reciprocità commercialeLa riforma del regime disegnato dalla Convenzione di Lomé si è resa necessaria a causa dei modesti risultati economici e per l’incompatibilità del regime commerciale con i regolamenti, momentaneamente derogati, dell’OMS, che prevedono una maggiore reciprocità delle liberalizzazioni. Fino al varo dei nuovi EPA, infatti, l’azzeramento dei dazi doganali era unilaterale e favoriva unicamente l’import dai paesi ACP. Gli EPA, quindi, predispongono una maggiore reciprocità nello smantellamento delle barriere tariffarie e, essendo aperti per ulteriori adesioni, non sono discriminatori. Il processo di abbassamento tariffario prevede la tutela dei settori sensibili dei partner ACP e punta a rendere

Accordi di Partenariato Economico

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la tecnologia europea maggiormente accessibile per il settore industriale. Le temute perdite fiscali, dovute all’abbassamento dei dazi, sono state molto contenute e hanno determinato una maggiore disponibilità economica da parte dei consumatori e dei produttori. Infine, l’invasione dei beni europei non si è, ad oggi, verificata a causa della bassissima elasticità di questi mercati.

Accordi asimmetrici Al fine di garantire accordi su misura rispetto alle diverse esigenze e ai vari contesti dei partner, non esiste un modello unico di partenariato economico. Tutti gli accordi, tuttavia, sono rigorosamente asimmetrici e prevedono pacchetti di aiuti finanziari che ne facilitino l’implementazione, per esempio migliorando le infrastrutture e fornendo consulenza alle imprese. Fra il 2008 e il 2013, i fondi destinati agli ACP hanno raggiunto i 20 miliardi di euro. In primo luogo, gli accordi favoriscono, infatti, lo sviluppo economico-sociale della controparte. Gli accordi prevedono un’apertura immediata ed integrale del mercato unico ma, al contrario, stabiliscono una parziale e graduale liberalizzazione delle economie ACP, che provveda un’adeguata protezione ai settori sensibili. Gli accordi prevedono, inoltre, la creazione di istituzioni comuni che ne monitorino l’implementazione, che stabiliscano una cooperazione di ampia portata sull’armonizzazione di standard, ad esempio sanitari e qualitativi, e che promuovano una governance economico-giuridica che favorisca l’afflusso di investimenti esteri e la crescita interna. Gli APE prevedono, infatti, specifiche clausole su protezione della proprietà intellettuale, assicurazione degli investimenti ed equa competizione.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 2 novembre 2015

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Il vino, un interesse offensivo per l’Unione EuropeaRappresentando il 45% delle coltivazioni di vite, il 65% della produzione, il 57% del consumo e il 70% del totale delle esportazioni, l’Unione Europea è il leader mondiale nel settore vinicolo. La viticoltura, come pilastro dell’economia agricola europea e come custode di valori e tecniche produttive tradizionali, svolge un ruolo socioeconomico importante.

Nel 2014, il peso del settore vitivinicolo sul totale della produzione agricola europea si è attestato al 5,4%. In Italia, il settore contribuisce con il 10% circa al totale realizzato dall’industria agroalimentare. Con una bilancia commerciale nettamente positiva, le esportazioni di vino rappresentano il 16% circa delle esportazioni del settore agro.

In Europa, la coltivazione e la produzione coinvolgono tre milioni di persone, pari al 20% della forza lavoro impiegata nel comparto agricolo. Il settore, soprattutto nel nostro paese, appare particolarmente frammentato. Le microimprese, quelle aziende con meno di nove dipendenti, rappresentano, infatti, l’87% del totale. La struttura delle microimprese, spesso a gestione familiare, favorisce la valorizzazione delle tradizioni e dei metodi produttivi locali, ma costituisce un ostacolo per le esportazioni. Le stesse realizzano, infatti, solo il 7% del loro fatturato grazie alle esportazioni contro il 26% delle grandi imprese e il 23% delle piccole e medie imprese (PMI).

In quest’ottica, i principali ostacoli al commercio sono rappresentati dalle barriere non tariffarie e dalla struttura della grande distribuzione. L’incertezza, le lungaggini burocratiche e l’aggravio dei costi dovuti alle diverse certificazioni e procedure doganali richieste, rappresentano, infatti, un grande deterrente, spesso decisivo, per le piccole aziende che dispongono di ridotte risorse umane e personale non qualificato a livello amministrativo-internazionale.

Un ulteriore svantaggio competitivo è causato dalle dimensioni delle aziende, spesso anglosassoni, del settore distributivo. La macrostruttura nella quale operano le spinge, infatti, a un rapporto privilegiato con i grandi gruppi agroindustriali dei nuovi paesi produttori, come Cile, California e Australia. Gli stessi, poi, realizzando imponenti economie di scala godono di una maggiore disponibilità per le campagne marketing. Inoltre, la protezione dei grandi marchi risulta, a livello legale, di più facile applicazione rispetto a quella delle indicazioni geografiche. La frammentazione del settore garantisce, però, un’alta differenziazione dei prodotti, che, forte di una qualità in grado di resistere al susseguirsi delle mode, si rivolge ad una clientela ad alta capacità di spesa. In questo contesto, emerge, quindi, l’importanza di una politica commerciale orientata alla protezione della micro, piccola e media impresa. La tutela delle indicazioni geografiche e l’abbattimento delle barriere non tariffarie sono, quindi, i principali obbiettivi della strategia commerciale europea in materia.

Vino e commercio

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Le Indicazioni Geografiche e gli accordi internazionaliLe indicazioni geografiche identificano il legame fra un prodotto e la sua area di produzione. Il legame abbraccia uno spettro molto ampio di aspetti che non si limita alla mera indicazione del luogo di origine. Le identificazioni geografiche richiamano, infatti, alla storia, al valore, alla tradizione e al metodo produttivo di un bene agroalimentare rappresentando, quindi, un marchio d’indisputata qualità. A livello commerciale, le IG proteggono la reputazione e le fasce di mercato che i prodotti protetti si sono guadagnati nella storia.

Le ricadute di questa tutela sono molto importanti anche a livello sociale. Esse, infatti, garantiscono il sostentamento e la continuità culturale delle comunità rurali. Le ricadute, enormemente positive, dell’istituzione e della protezione delle indicazioni geografiche a livello europeo, hanno indicato la strada per una loro internazionalizzazione. Nel 2010 le esportazioni europee di prodotti a indicazione geografica protetta si sono attestate a 11,5 miliardi di euro. Il settore vinicolo ha contribuito alla metà di questa cifra.

L’UE mira, quindi, a estendere, tramite trattative bilaterali e multilaterali, con una o più controparti, la protezione delle indicazioni al resto del mondo. L’accordo multilaterale di maggiore rilevanza per le indicazioni geografiche è l’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, noto con l’acronimo inglese TRIPS. L’accordo, oltre che dare una definizione del termine indicazione geografica, impone ai produttori dei paesi firmatari il divieto dell’uso di etichette ingannevoli, che, cioè, identificano un’area di produzione non veritiera, come, ad esempio, un vino rosso della Napa Valley etichettato come Barbera d’Asti. Oltre a essere una pratica ingannevole e permettere lo sfruttamento illecito delle attività di promozione svolte dai consorzi delle IG, l’uso improprio delle indicazioni può arrecare un grave danno reputazionale al prodotto ed eroderne la fascia di mercato. L’accordo prevede, poi, un’ulteriore garanzia per il settore vinicolo. In particolare, esso istituisce degli strumenti giuridici, utilizzabili dalle parti interessate, per prevenire, rifiutare o invalidare la registrazione di marchi e indicazioni geografiche fallaci. Il costo di eventuali azioni legali è, tuttavia, insostenibile per le PMI. Gli ulteriori accordi in materia mirano, quindi, a un maggior coinvolgimento delle autorità pubbliche, in modo che prevengano, tramite i controlli doganali e un maggiore controllo sulle registrazione dei marchi, le azioni di tutela di iniziativa privata. Un’ulteriore sfida legata alla protezione delle indicazioni geografiche riguarda internet. Se, infatti, i marchi registrati godono della necessaria tutela, l’utilizzo delle indicazioni geografiche non è disciplinato da alcun accordo o norma internazionale. Questa mancanza appare particolarmente grave considerata la grande potenzialità dell’e-commerce, che fornendo un rapporto diretto produttore-consumatore garantisce una grande ottimizzazione dei costi per le piccole imprese. Solo l’anno scorso, infatti, le vendite di vino online sono cresciute del 30%. L’UE dovrà, quindi, battersi affinché una norma internazionale definisca le basi per un commercio virtuale equo e rispettoso nei confronti di consumatori e produttori.

L’Unione Europea continua a essere la più strenua sostenitrice delle trattative sulle IG nella cornice dell’Agenda di Doha, l’attuale round negoziale fra i membri del WTO. Nonostante gli scarsi progressi, causati dalla riluttanza dei partner internazionali, i negoziatori europei spingono per l’istituzione di una lista multilaterale che garantisca un ampio riconoscimento delle indicazioni in essa inserite.

Il Parlamento Europeo ha supportato l’inclusione di un capitolo sulle indicazioni geografiche in ogni trattato commerciale, dalle negoziazioni sul TTIP, il trattato in fase di trattativa con gli USA, e CETA, con il Canada, a quelle con Vietnam e Singapore. Al momento l’Unione Europea ha all’attivo 17 trattati commerciali, oltre ai molti in fase di negoziazione, che includono paragrafi o capitoli sulle indicazioni geografiche.

Corea del SudL’accordo di libero scambio con la Corea del Sud ha permesso, dal primo giorno d’implementazione, l’abbattimento di tutti i dazi applicati sui prodotti vinicoli e la protezione di 60 indicazioni geografiche europee, come lo Champagne e il Prosciutto di Parma. Le esportazioni dei prodotti, la cui tariffazione è stata eliminata, vino compreso,

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sono cresciute, nel primo anno di implementazione (2011-2012), del 46%. Rimangono alcune barriere non tariffarie. In particolare, le procedure doganali coreane comportano un alto dispendio temporale per gli esportatori europei.

SingaporeL’accordo di libero scambio con Singapore, principale porto d’ingresso per le esportazioni verso i paesi ASEAN, come Malesia, Indonesia o Vietnam, è particolarmente importante per la protezione delle indicazioni. Singapore è dopo gli Stati Uniti, il primo mercato, soprattutto a causa dei transiti, dei prodotti a indicazione geografica protetta. I controlli doganali garantiranno la protezione di 196 indicazioni, come Chianti, Asti e Barolo, su tutta la merce in ingresso e in transito.

VietmanIl Vietnam, con cui l’UE ha raggiunto un accordo di massima sul lancio di una area di libero scambio, applica una tariffazione del 50% sul vino. L’accordo commerciale, avendo come obiettivo l’abbattimento del 50% del livello dei dazi sui prodotti vinicoli, aumenterebbe la competitività europea rispetto ai concorrenti di Cile e Australia, che, avendo ottenuto riduzioni tariffarie, godono di un accesso privilegiato al mercato. L’accordo prevede, inoltre, il riconoscimento e la protezione di 169 indicazioni geografiche europee, come Prosecco di Valdobbiadene, Franciacorta o Barbaresco. In aggiunta, un meccanismo di revisione permetterà l’inclusione di ulteriori indicazioni.

CanadaCon grande soddisfazione da parte dei gruppi d’interesse, il CETA, l’accordo commerciale fra UE e Canada che consolida i risultati, ottenuti con l’accordo sul Vino del 2004, eliminerà tutti i dazi sulle importazioni di vino, smantellerà le principali barriere non tariffarie e confermerà il riconoscimento di tutte le indicazioni geografiche vinicole. Considerando i volumi coinvolti, l’accordo sarà particolarmente benefico. Quello canadese è, infatti, il quarto mercato d’esportazione per i vini europei. Nel 2013 il giro di affari si è attestato a 768 milioni di euro registrando una crescita del 27% rispetto al 2007.

Stati UnitiOggi, i riflettori sono puntati sul TTIP. Per i prodotti vinicoli europei, gli Stati Uniti sono il primo mercato di esportazione, il 28% del totale. Il vino è, infatti, al secondo posto, dopo i superalcolici, fra i prodotti agroalimentari più esportati, e il suo consumo, negli USA, è in continua crescita.

Nel 2005, Stati Uniti e UE hanno firmato un accordo sul commercio di vino. È stato il primo passo verso l’ottenimento di maggiori garanzie, come il riconoscimento dei rispettivi metodi produttivi, per gli esportatori europei. Lo stesso, tuttavia, presenta evidenti difetti, in particolare riguardo al riconoscimento delle indicazioni geografiche. Le denominazioni europee sono, infatti, considerate dai legislatori americani come semi-generiche. Il risultato è che, oggi, un produttore della Napa Valley può produrre e commercializzare vini come lo Champagne Californiano o il Chianti di Napa, arrecando un evidente pregiudizio agli interessi dei produttori europei.

Un’azione che può essere intrapresa dai consorzi produttori è la registrazione di un

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marchio, omonimo rispetto all’indicazione, presso le autorità americane. La misura, oltre che essere molto costosa, non garantisce un livello di effettività e protezione sufficiente. Inoltre, mentre la tariffazione media sulla totalità dei prodotti scambiati fra le due sponde dell’atlantico è relativamente bassa, i dazi sui prodotti agroalimentari sono nettamente più alti. La tariffazione su questa gamma di prodotti, variabile per paese di provenienza e tipologia, raggiunge, infatti, il 25%.

Tuttavia, sono le barriere non tariffarie, come le diverse licenze d’importazione richieste, a ostacolare maggiormente gli scambi. La complicata architettura delle autorizzazioni, richieste a ogni livello di distribuzione e diverse fra stato e stato, favorisce la grande distribuzione, che è sostanzialmente inaccessibile alla piccola e media impresa. Le grosse catene chiedono, infatti, all’importatore un contributo minimo per le spese di promozione alla vendita, che possono arrivare, per una distribuzione nazionale, anche a novantamila dollari annui.

Per via della grande quantità di punti vendita, le grandi aziende del settore trattano enormi quantitativi di vino, la cui soglia minima, che varia attorno alle quattrocentomila bottiglie l’anno, non è, spesso, raggiunta dai piccoli produttori. Il settore più svantaggiato è, quindi, quello delle piccole e medie imprese, che è predominante nel settore produttivo nostrano e che, a causa della piccola scala, fatica ad adeguarsi ad ulteriori standard produttivi. Il TTIP, il tratto di libero scambio con la controparte americana, è ancora in fase di trattativa. Lo scopo dei negoziatori europei è, tuttavia, proprio quello di intensificare la protezione delle indicazioni geografiche e l’abbassamento delle barriere commerciali.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 03 dicembre 2015

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Introduzione e Contesto

Commercio e Ambiente sono strettamente collegati: il rapporto fra i due ambiti non è, però, univoco. Si potrebbe, per esempio, argomentare che l’espansione degli scambi internazionali e la crescita dei paesi in via di sviluppo sia causa fondamentale del riscaldamento globale. È, tuttavia, necessario riconoscere alla globalizzazione il merito di aver favorito la diffusione delle tecnologie a basso impatto ambientale e ad averne conseguentemente abbassato il prezzo. L’urgenza di un’azione concreta contro il cambiamento climatico non può, quindi, non coinvolgere il settore del commercio. In vista della conferenza del clima di Parigi, l’Europa, insieme a sedici partner internazionali, si sta muovendo per promuovere un accordo internazionale che punti all’eliminazione, o per lo meno all’abbassamento, dei dazi doganali sui prodotti e servizi che possano contribuire alla guerra contro il riscaldamento globale, alla protezione ambientale e alle misure di adattamento al cambiamento climatico orientate alla difesa della popolazione. L’argomento è stato inizialmente trattato alla conferenza del WTO a Doha nel 2001, ma solo nel 2014, al forum di Davos, sono state gettate le fondamenta per l’inizio della fase negoziale. Le trattative, con un gruppo più ristretto, sono effettivamente iniziate nel luglio dello stesso anno. Ai negoziati partecipano, tra gli altri, Unione Europea, Stati Uniti e Cina. Il commercio fra i diciassette partecipanti, essendo i maggiori esportatori e importatori mondiali, rappresenta una percentuale dei flussi che si attesterebbe intorno al 70% sul totale. L’obiettivo è, però, quello di coinvolgere l’intera comunità del WTO, India, Brasile e Sud-Africa in testa.

Un’opportunità per l’Europa, un’opportunità per l’Italia

Le stime indicano che il mercato dei prodotti ambientali nel 2011 abbia raggiunto un giro di affari pari a € 777 miliardi. Le previsioni per il 2020 indicano una forte crescita che determinerebbe un volume commerciale pari a € 1700 miliardi. Nel 2013 le esportazioni europee del settore, raggiungendo € 146 miliardi, hanno rappresentato il 9% dell’export comunitario. L’Europa, con € 70 miliardi d’importazioni nello stesso periodo è leader tecnologico ed esportatore netto. Nonostante la recessione, il settore, con un’evidente ricaduta occupazionale positiva, registra tassi di crescita annui pari al 10%. Essendo uno dei cinque maggiori esportatori a livello globale, l’Italia sortirebbe importanti effetti nel caso l’accordo entrasse in vigore. Nonostante il regime di tassazione doganale, in Europa e Stati Uniti, sia già a un livello tendenzialmente basso, circa l’1,5% del valore del bene importato, sullo scenario globale la tariffazione dei green good

EGA – Environmental Goods Agreement: un accordo commerciale per l’abbassamento delle tariffe doganali per i prodotti ambientali.

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è mediamente tre volte superiore a quella applicata agli altri beni. In Cina, per esempio, la tassazione doganale si attesta al 5,3%. Un accordo, quindi, andrebbe nella direzione di aumentare la competitività delle aziende nostrane rendendo allo stesso tempo più accessibili ed economiche le tecnologie e i prodotti più avanzati.Tuttavia, i dazi non costituiscono l’unico ostacolo alla diffusione di tecnologie pulite. Le cosiddette barriere non tariffarie potrebbero costituire un fortissimo disincentivo alle importazioni anche in assenza di tassazione sull’import. Ad esempio, la percentuale della tariffa doganale indiana sul valore di una lampadina a bassi consumi rappresenta circa il 30% del suo prezzo, la stessa percentuale riferita alle barriere non tariffarie corrisponde al 106%. Questo tipo di ostacolo può assumere diverse forme, come sussidi all’industria nazionale, differenze normative, diversi regolamenti riguardanti l’imballaggio o misure di protezione come l’antidumping. Al momento i negoziati si sono limitati all’aspetto tariffario e, in particolare, alla redazione di una lista dei beni da includere nel trattato. È, tuttavia, necessario che l’accordo, affinché ne sia garantita l’effettività, anche con riferimento al risultato ambientale, preveda un impegno relativo all’eliminazione di queste ostruzioni e all’inclusione dei servizi. Questi ultimi, infatti, costituiscono una larga percentuale del costo effettivo dei beni ambientali. Ad esempio, i costi di manutenzione di un impianto eolico corrispondono al 40% del suo costo effettivo. L’UE, sin dall’inizio dei negoziati, si è battuta affinché questi venissero inclusi già nella prima bozza. Purtroppo, non ottenendo il sostegno delle controparti, l’argomento sarà discusso nella seconda fase delle negoziazioni.

Cos’è un bene ambientale?

Purtroppo manca una definizione generalmente accettata anche a livello normativo. Le incognite sono innumerevoli. Ad esempio una tubatura potrebbe essere utilizzata sia per la gestione consapevole dei liquami sia per un oleodotto. Fino a che punto, poi, la lista dei prodotti deve essere inclusiva? La definizione data dall’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), per l’individuazione del settore industriale di riferimento, postula che il comparto ambientale comprenda quelle aziende che forniscono beni e servizi che misurino, prevengano, limitino, o correggano i rischi connessi all’ambiente, riducano l’inquinamento e lo sfruttamento di risorse naturali. La parte iniziale delle trattative è proprio volta a rispondere al quesito. Al momento, infatti, le parti hanno deciso di includere nel trattato esclusivamente i prodotti connessi alle seguenti categorie:

» Gestione dei rifiuti.

» Controllo dell’inquinamento aereo.

» Gestione e trattamento delle acque.

» Energia pulita e rinnovabile.

» Prodotti e tecnologie energeticamente efficienti.

» Abbattimento dell’inquinamento rumoroso.

» Bonifica dei terreni e delle acque.

» Strumenti di monitoraggio ambientali.

Criticità

Al loro sesto incontro, le parti hanno contribuito alla definizione della bozza di un elenco di oltre 650 prodotti la cui inclusione sarà oggetto di discussione e mediazione. A destare alcune preoccupazioni è la presenza di diversi beni di disputato interesse ambientale fra cui: turbine a gas, bacchette di bambù, reattori nucleari e condizionatori. La categoria “prodotti e tecnologie energeticamente efficienti” è, infatti, ambigua. Oltre a incorporare quei beni volti a un miglioramento dell’efficienza energetica, include, invero, articoli preferibili ad altri perché più efficienti (la turbina di un jet rispetto a un’altra). L’inserimento a cascata di questi elementi costituisce una fonte di forte preoccupazione per le industrie pesanti, tradizionalmente sensibili al problema della delocalizzazione. Come già citato in precedenza,

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affinché i mercati si aprano effettivamente al commercio dei beni ambientali, è necessario che siano presi seri impegni circa l’abbattimento delle barriere non tariffarie. L’Europa non può, infatti, permettersi di aumentare la propria esposizione alla competizione internazionale sul mercato domestico se non ottenendo eguale accesso ai mercati esteri. Le varie proposte saranno oggetto delle negoziazioni, ed è, quindi, troppo presto per formulare un giudizio a riguardo. A tal scopo, però, sarebbe sicuramente utile coinvolgere attori non governativi come rappresentanti del comparto industriale e ONG.

Stato dei negoziati

Nell’ultimo round dei negoziati, tenutosi fra il 16 e il 22 settembre, le parti hanno analizzato la lista dei 460 prodotti la cui inclusione gode di un supporto diffuso. Una seconda lista di 190-200 articoli, comprendente beni il cui scopo ambientale è maggiormente dibattuto, probabilmente non sarà considerata nella prima fase dell’accordo. Il progetto prevede, infatti, un meccanismo di revisione periodica, che dia all’accordo la necessaria dinamicità per l’inclusione di ulteriori beni, servizi e l’abrogazione di barriere non tariffarie. Per quanto il clima dei negoziati sia pervaso da un forte entusiasmo e da un clima di concordanza circa gli estremi dell’accordo, mancano, ad oggi, i dettagli. Non si è, per esempio, ancora parlato delle tempistiche relative all’eliminazione dei dazi, che probabilmente, come lo è stato per la gran parte di accordi simili, sarà graduale.La tabella di marcia è, tuttavia, serrata. L’obiettivo è, infatti, raggiungere l’implementazione nel 2017 ottenendo significativi progressi in tempo utile per la Conferenza di Parigi e l’incontro ministeriale del WTO a Nairobi. Di seguito i prossimi appuntamenti:

» 29-4 novembre: prossimo round di negoziazione

» 30-11 dicembre: Conferenza di Parigi - COP 21

» 15-18 dicembre: Incontro Ministeriale WTO a Nairobi

» 1 gennaio 2017: obbiettivo per l’entrata in vigore di EGA.

Obiettivo ambiente

L’attuale contesto ambientale indica l’imperativo categorico di un’azione concreta e globale contro il cambiamento climatico. Nell’ottica di un accordo alla conferenza di Parigi, l’EGA si pone come un tassello di una più grande presa di coscienza globale. I due ambiti sono strettamente legati e spesso convergenti. Gli obiettivi sono molto ambiziosi e il percorso è ancora lungo ma il messaggio che l’accordo deve rappresentare è che gli accordi commerciali possano avere un impatto positivo anche sotto una lente ambientale.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 21 ottobre 2015

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Cosa sono i conflict minerals

Sapete che lo smartphone che utilizzate tutti i giorni potrebbe essere costruito con minerali estratti con modalità di gravi violazioni dei più basilari diritti umani? E che i proventi del commercio di quegli stessi minerali finanziano miliziani e gruppi para-militari? Soggetti che spesso coincidono, o collaborano, con le organizzazioni terroristiche che minacciano i nostri Paesi quotidianamente.

Tutto si tiene e tutto è, purtroppo, legato: i nostri prodotti tecnologici a un estremo del filo e i gruppi armati e il terrorismo, dall’altra. Per questo è importante, per i cittadini, essere informati e, per gli organi legislativi ed esecutivi mondiali, intervenire per spezzare questa catena di finanziamento.

I minerali a cui si fa comunemente riferimento sono 4: la cassiterite (da cui viene estratto lo stagno), la wolframite (da cui deriva il tungsteno), la columbo-tantalite, o ColTan, (da cui deriva il tantalio) e l’oro.

La legislazione internazionale attualmente esistente in materia

Ben prima che l’Unione europea decidesse di agire in questo settore, altri soggetti nel mondo hanno preso una posizione chiara in materia: l’ONU e l’OCSE hanno sviluppato delle linee guida per le imprese coinvolte nell’estrazione di minerali provenienti da zone di conflitto e persino gli Stati Uniti hanno prodotto una legislazione specifica.

⇒ Le linee guida ONU sulla due diligence1

Sulla base di un mandato del 2004, il Gruppo di Esperti nella Repubblica Democratica del Congo delle Nazioni Unite (UNGoE) ha proposto un modello di due diligence in 5 fasi.

Nella risoluzione vincolante 1952(2010) sulla Repubblica Democratica del Congo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato questo modello e ha invitato tutti gli Stati a sollecitare gli importatori, le industrie di trasformazione e i consumatori di prodotti minerali congolesi a esercitare la due diligence, attraverso l’applicazione delle linee guida.

1 In questo caso, il termine “due diligence” identifica un sistema di gestione e monitoraggio della propria catena di fornitura volto a identificare e valutare i rischi legati alla possibilità di finanziamento dei gruppi armati tramite il commercio di alcuni minerali.

I conflict minerals (minerali estratti in terre “di guerra”) e l’Europa

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⇒ Le linee guida OCSE sulla due diligenceL’OCSE ha incorporato il modello in cinque fasi delle Nazioni Unite nelle sue “Linee guida sulle catene responsabili di approvvigionamento di minerali in zone colpite da conflitti e ad alto rischio”, pubblicate nel 2011. La principale differenza rispetto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza è che quest’ultima include anche il legname e il carbone, mentre l’OCSE copre solo i minerali citati, cioè tantalio, stagno, tungsteno e oro.

Le raccomandazioni sono volontarie e non vincolanti e hanno vocazione globale: non sono - dunque - limitate alla Repubblica Democratica del Congo e ai Paesi limitrofi.

⇒ Il Dodd-Frank Act statunitenseNel luglio 2010, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il Dodd-Frank Act. Anche in questo caso si fa riferimento ai soli tantalio, tungsteno, stagno e oro.

La legge statunitense prevede obblighi di informazione per tutte le società americane quotate che estraggono questi minerali nella Repubblica Democratica del Congo o nei nove Paesi confinanti.

La procedura è articolata nelle seguenti tre fasi.

1. L’esposizione ai minerali di conflitto: le aziende devono stabilire se il “material scope”, ossia i materiali interessati dalla normativa, fanno parte del loro business.

2. Ricerca ragionevole del Paese d’origine e modulo di “divulgazione specializzata” (SD): se i minerali identificati nella normativa sono presenti e necessari nella catena di fornitura aziendale, le aziende devono identificare la loro origine e rendere nota questa informazione attraverso un modulo di “divulgazione specializzata”. Se non vi è alcuna prova che i minerali utilizzati provengano dai Paesi coperti dalla normativa, il processo si conclude in questa fase.

3. Se l’indagine rivela che i minerali sono stati estratti in Paesi coperti dalla normativa, viene richiesta la presentazione di un rapporto sui minerali stessi. Questo deve includere le misure di due diligence effettuate, sia in riferimento all’estrazione dei minerali che alla relativa “catena di custodia” (le varie fasi della lavorazione del materiale). Tale report deve essere accompagnato dalla relazione di un revisore indipendente e dalla descrizione dei prodotti che sono “non conflict-free”, il loro Paese d’origine e le strutture (fonderie/raffinerie) utilizzate per trasformare i minerali.

La proposta della Commissione europea

Il 5 marzo 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta che prevede un approccio integrato per bloccare l’impiego dei profitti derivanti dal commercio di minerali per finanziare conflitti armati.

Questo pacchetto prevede, in primo luogo, un progetto di regolamento che istituisce un sistema UE di autocertificazione volontario per gli importatori di stagno, tantalio, tungsteno e oro. L’autocertificazione richiede agli importatori dell’Unione di tali metalli e dei loro minerali di osservare la due diligence, garantendo che la gestione e il monitoraggio della catena di approvvigionamento e delle vendite rispettino le cinque tappe previste dalla guida OCSE.

La proposta di regolamento è accompagnata da una “Comunicazione”, un documento che delinea una strategia globale di politica estera volta a spezzare il collegamento tra i conflitti armati e il commercio di minerali e che invita a prendere provvedimenti concreti di vario tipo - dal sostegno al dialogo sulle politiche all’impegno diplomatico nei Paesi in cui si realizza la fusione di tali risorse.

Queste le caratteristiche della proposta della Commissione:

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⇒ È su base volontaria. Si tratta di un regime di certificazione a partecipazione volontaria, aperto alle aziende (da 300 a 400 all’incirca) che importano in Europa i “3TG”.

⇒ Campo di applicazione alle aziende assai limitato. Sebbene la proposta riconosca l’importante legame esistente fra il comparto a monte (tutte le aziende che operano dalla miniera alle fonderie e alle raffinerie) e quello a valle (tutti gli importatori, i produttori, i fabbricanti ecc., che operano fra la fonderia/raffineria e l’utilizzatore finale), la Commissione si rivolge unicamente alle fonderie e raffinerie e agli importatori di materie prime. Di conseguenza, questa proposta concerne soltanto 419 aziende dell’UE che rappresentano lo 0,05% delle aziende europee che commerciano o lavorano i suddetti minerali.

Quali sono le criticità di questa proposta?

⇒ Un passo indietro: un regime su base volontaria e ristretto ai soli importatori, fonderie e raffinerie è un passo indietro rispetto alle norme internazionali sull’acquisto responsabile già esistenti (come il Dodd-Frank Act e le iniziative regionali nella regione dei Grandi Laghi).

⇒ Gli effetti negativi per le PMI: le norme volontarie creano situazioni di inefficienza del mercato, in quanto i costi di conformità saranno sempre minori per le grandi aziende rispetto a quelle piccole. Conseguentemente, gli incentivi proposti dalla Commissione – come i requisiti di conformità degli appalti pubblici – porteranno gravi svantaggi alle piccole aziende (specialmente alle micro-imprese).

La proposta del gruppo S&D

Il Gruppo dei Socialisti e Democratici sostiene la proposta di un regolamento obbligatorio che si applichi a tutta la catena di produzione (agli operatori tanto a monte quanto a valle), ma che tenga anche conto delle loro dimensioni e della loro posizione nella catena di approvvigionamento.

Questo si traduce in:

» un obbligo vincolante di due diligence – lungo tutta la catena di approvvigionamento – per tutte le aziende che fabbrichino (o appaltino la fabbricazione) utilizzando tantalio, tungsteno, stagno e oro: si tratta di un obbligo proporzionato in base alla dimensione e alla posizione nella catena di produzione;

» un meccanismo per allargare il campo di applicazione in futuro in modo che, nel caso si dimostri che un nuovo minerale o un nuovo metallo finanzi un conflitto, questo possa essere regolamentato nello stesso modo;

» un riferimento esplicito alle linee guida dell’OCSE, volto a creare condizioni di autentica parità a livello mondiale: persino la Cina sta elaborando il proprio “regolamento” avvalendosi di queste stesse linee guida;

» un periodo supplementare di “introduzione progressiva” per le aziende a valle;

» un’opzione di “esclusione” per le micro-imprese (cioè aziende con 10 o meno dipendenti e un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro).

Il dossier in Parlamento

In Parlamento, la Commissione responsabile di questo progetto di regolamento è la Commissione Commercio Internazionale (INTA) e il relatore è Iuliu Wincler, deputato del Partito Popolare Europeo. La persona responsabile per il Gruppo dei Socialisti&Democratici è Marie Arena.

La relazione di Wincler ha, di fatto, accettato in toto la proposta della Commissione apportando modifiche marginali.

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Il 14 aprile la Commissione INTA ha votato la relazione e gli emendamenti a essa presentati: il testo risultante è sostanzialmente vicino alla proposta originaria di Wincler.

Si mantiene ampiamente il carattere volontario della proposta. Viene, infatti, introdotto un obbligo di trasparenza solo per le fonderie e raffinerie dell’Unione europea (in tutto, 20).

Su scala mondiale, queste sono responsabili solo del 5% del commercio mondiale.

Regolamentare soltanto 20 fonderie e raffinerie dell’UE (sulle 450 mondiali) comporterebbe gravi risvolti negativi per l’economia europea.

Un obbligo unicamente a carico degli attori a monte (fonderie e raffinerie) rischia di:

» innescare una concorrenza sleale a danno delle fonderie e raffinerie dell’UE che subiranno una concorrenza non regolamentata, principalmente dalla Cina e dal Sud Est asiatico;

» delocalizzare alcune attività economiche a valore aggiunto, collegate alla realizzazione di componenti di produzione, a causa della pressione sull’industria metallurgica europea;

» aumentare la dipendenza dagli importatori extra-UE. La proposta creerà una maggior domanda di prodotti semilavorati, componenti e prodotti finiti esterna all’Unione europea;

» penalizzare le PMI, che si trovano tutte a valle della catena di approvvigionamento e che sarebbero, di conseguenza, colpite dalla maggior domanda di componentistica e prodotti semilavorati esteri. Inoltre, le PMI intenzionate a conformarsi su base volontaria incontreranno difficoltà maggiori rispetto alle grandi aziende. Questo a causa del fatto che la due diligence funziona quando è coinvolta una massa critica di attori lungo tutta la catena di approvvigionamento. Gli attori non conformi sarebbero esclusi di fatto dai meccanismi degli incentivi.

Il voto in plenaria

Il Parlamento riunito in seduta plenaria ha approvato, mercoledì 20 maggio, un emendamento alla proposta della Commissione, con il quale si istituisce l’obbligo di due diligence per le imprese a valle della catena di produzione: in questo modo la proposta della Commissione è stata radicalmente trasformata grazie a una forte presa di posizione che il Parlamento è riuscito ad assumere mostrando non solo la sua forza ma anche la volontà di affrontare seriamente e nella maniera più efficace le gravi violazioni dei diritti umani che l’estrazione di questi minerali comporta. Ora si avvieranno i negoziati con il Consiglio: per l’esito di questi ultimi sarà fondamentale la posizione che ogni singolo Stato membro deciderà di assumere e difendere.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Strasburgo, 22 maggio 2015

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Perché sono importanti le indicazioni Geografiche Le Indicazioni Geografiche sono state regolamentate dall’Unione europea per la prima volta nel 1970: si è iniziato con i vini per poi includere, nel 1992, tutti i prodotti agricoli e alimentari.

Una Indicazione Geografica (IG) è un nome utilizzato nei casi di beni con una determinata provenienza geografica e che possiedono delle qualità, caratteristiche o la reputazione essenzialmente attribuibili a quel luogo di origine. È, insomma, quella certificazione che ci fa essere sicuri della bontà e dell’eccellenza di un prodotto al momento dell’acquisto, come nel caso del Prosciutto di Parma o del Barbera d’Asti.

Attraverso questo sistema, i prodotti con Indicazione Geografica godono di un’ampia protezione unitaria in tutta l’Unione europea. Per dare un’idea della portata di questo settore, basta ricordare che il valore delle Indicazioni Geografiche europee nel 2010 è stato pari a € 54,3 miliardi, compresi 11,5 miliardi di prodotti esportati.

Non sorprende, evidentemente, che il sistema di protezione delle IG per i prodotti agricoli UE sia generalmente considerato un successo. Ha portato benefici tangibili per i consumatori (come ad esempio informazioni dettagliate e garanzia di qualità) e per i produttori (margini di profitto più stabili, una migliore visibilità, l’accesso a nuovi mercati, un più efficace accesso ai fondi di promozione e aiuti agli investimenti).

Differenti quadri giuridici nazionali per i prodotti non agricoliPerché un consumatore che acquista un oggetto in vetro di Murano non deve essere tutelato allo stesso modo di chi acquista il Prosciutto di Parma? E allo stesso modo, perché un produttore di “mobili della Brianza” non ha strumenti sufficientemente efficaci per difendersi dalla contraffazione e poter valorizzare il proprio prodotto di eccellenza?Al momento, infatti, per le IG non agroalimentari non vi è una legislazione europea. Le leggi degli Stati membri in materia non sono armonizzate e i quadri nazionali variano notevolmente da uno Stato all’altro. Come risultato, le IG non agricole sono soggette a diversi livelli di protezione, a seconda del loro Paese di produzione.

Le Indicazioni geografiche

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Sono 14, attualmente, gli Stati membri che hanno introdotto sistemi specifici volti a fornire la protezione delle IG per prodotti non agricoli: di conseguenza oggi, per proteggere le IG non agricole della UE, le uniche possibilità sono la registrazione del prodotto in ogni Stato membro in cui esiste tale possibilità o fare affidamento su altri strumenti come le azioni legali attraverso le autorità amministrative in caso di pratica commerciale sleale o inganno del consumatore.

La proposta del Parlamento europeoLa Commissione europea ha pubblicato, nel luglio 2014, un Libro Verde in cui pone a soggetti istituzionali e stakeholders la questione dell’eventuale allargamento del sistema di protezione delle IG anche a prodotti non agricoli.

Il Parlamento europeo, in seguito, ha presentato un rapporto di iniziativa legislativa, assegnato alla commissione giuridica ma la mia commissione, commercio internazionale, è stata chiamata a esprimere un’opinione, di cui sono relatrice: ecco il video della mia relazione.Sostengo questa posizione perché fortemente convinta che riconoscere l’immenso patrimonio di cui l’Italia dispone nella produzione di eccellenze non solo agroalimentari darebbe uno stimolo importante alla nostra economia, aiutando e valorizzando il nostro sistema di piccole e medie imprese.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 06 maggio 2015

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Page 53: Il 2015 al Parlamento Europeo

La Commissione europea, nel luglio 2014, ha pubblicato una Comunicazione sulla Strategia per la protezione e il rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale nei Paesi terzi. Con questo documento l’Esecutivo comunitario ha voluto riprendere le fila del discorso sulla proprietà intellettuale cominciato con la direttiva del 2004, rilanciando con una nuova Strategia che prendesse in considerazione tutti i cambiamenti intercorsi negli ultimi dieci anni.

Inoltre, la Comunicazione è il primo tentativo comunitario di intervento in materia dopo il fallimento di ACTA (Anti Counter Feiting Agreement), un accordo multinazionale sulla contraffazione bocciato dal Parlamento europeo nel luglio 2012.

Tra i principali obiettivi della nuova strategia: migliorare la collaborazione fra gli Stati e i vari soggetti coinvolti, rafforzare gli strumenti sia bilaterali sia multilaterali per migliorare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale in Paesi terzi.

In seguito alla pubblicazione della Comunicazione, il Parlamento ha deciso di commentare il documento attraverso un procedimento di iniziativa legislativa, di cui sono relatrice, per individuare azioni specifiche di salvaguardia nei confronti sia dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale sia dei consumatori.

Che cos’è in concreto la proprietà intellettuale

Per “proprietà intellettuale” si intendono l’insieme di diritti che tutelano le creazioni e le invenzioni. Queste possono essere suddivise in tre grandi aree:

⇒ opere dell’ingegno creativo, appartenenti al mondo dell’arte e della cultura (diritto d’autore o copyright);

⇒ segni distintivi, come il marchio e la denominazione d’origine, la cui forma di tutela è la registrazione;

⇒ innovazioni tecniche e di design, che hanno ad oggetto invenzioni, modelli industriali, varietà vegetali (brevetti).

Per ciò che concerne l’azione dell’Unione europea in merito alla proprietà intellettuale negli accordi bilaterali (settore di cui mi occupo nello specifico, lavorando nella commissione Commercio Internazionale), possiamo individuare i seguenti tratti fondamentali:

Per quanto riguarda il copyright, o diritto d’autore, lo scopo delle clausole difese dall’UE è di garantire che i cittadini europei ricevano un adeguato riconoscimento economico per le loro produzioni creative (che vanno dai brani musicali ai software agli spettacoli dal vivo), senza limitare la libertà d’espressione o ostacolare il diritto all’informazione.

I diritti di proprietà intellettuale negli accordi tra Paesi europei e Stati terzi

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All’interno dell’area dei marchi sono ricomprese anche le Indicazioni Geografiche (IIGG), tema particolarmente sentito nel nostro Paese considerando la quantità di eccellenze agroalimentari che annoveriamo nella nostra produzione. La protezione e la valorizzazione delle IIGG è da sempre una delle priorità italiane nella definizione delle politiche europee e risultati rilevanti in materia sono già stati raggiunti negli accordi bilaterali con la Corea del Sud e con il Canada. Attualmente, il lavoro che stiamo facendo su questo tema è finalizzato all’inserimento della protezione delle IIGG nei prossimi accordi commerciali (in particolare quelli con USA, Vietnam e Giappone) e alla continuazione delle trattative specifiche sul tema con la Cina, interrotte nel 2014 dopo tre round negoziali.

Nell’ambito dei medicinali l’Unione europea è da sempre molto attenta a bilanciare la necessità di garantire ai produttori un ritorno sugli investimenti e tutelare un ampio accesso ai medicinali stessi. La Commissione europea ha promosso l’accesso ai medicinali nei Paesi in via di sviluppo attraverso l’inclusione di una prospettiva legata alla salute in tutte le politiche e supporto finanziario.

Cosa contiene la Comunicazione della Commissione europea

La strategia della Commissione ha una struttura lineare e costruttiva ed è stata largamente apprezzata dai soggetti direttamente interessati, nonostante alcuni problemi dovuti a una mancata regolamentazione complessiva interna alla UE. Questi i punti principali di forza e debolezza del testo:

Elemento interessante della Strategia è il richiamo all’importanza della moral suasion nei confronti degli Stati con i quali l’Unione europea intrattiene rapporti commerciali, affinché ratifichino le principali convenzioni internazionali sul tema (come il Trademark Law Treaty sui marchi o il Protocollo di Lisbona sulle IIGG).

Uno dei principali problemi della Comunicazione è la mancata differenziazione fra beni digitali e beni fisici e, conseguentemente, fra vendita fisica e vendita digitale. E’ necessario, invece, disegnare una regolamentazione diversa per entrambi i settori, fornendo in entrambi i casi adeguate garanzie ai proprietari di marchi di proprietà intellettuale.

La Strategia promuove una coerenza maggiore tra i diritti di proprietà intellettuale e le altre politiche.

La Comunicazione stabilisce una relazione più forte tra Commissione, Stati membri e le imprese per supportare direttamente gli operatori economici in caso questi affrontino difficoltà concrete su questioni legati alla proprietà intellettuale.

Nel testo manca un riferimento alle misure da adottare nei confronti Stati che si dimostrano meno attenti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Servono azioni maggiormente incisive, volte non solo alla protezione della proprietà intellettuale ma anche alla promozione di beni tutelati da diritti di proprietà intellettuale. A tal fine, un’idea utile potrebbe essere la creazione di uno sportello per le PMI in ogni Paese, insieme alla presenza di un delegato dell’Unione europea su questo tema. Oltre a questo, la Commissione potrebbe stimolare una legislazione avanzata sul tema nei singoli Stati membri, offrendo consulenza e mettendo a disposizione degli esperti.

La mia proposta

Come già accennato, il Parlamento europeo ha deciso di promuovere una relazione di iniziativa legislativa, di cui sono relatrice, per commentare la Comunicazione della Commissione. Riassumo qui i punti principali:

⇒ Il dibattito sui diritti di proprietà intellettuale deve necessariamente partire da una

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riflessione sulle esperienze passate, mantenendo una necessaria coerenza tra aspetti interni ed esterni, distinguendo tra ambienti fisici e digitali, tenendo conto delle preoccupazioni di tutte le parti interessate, comprese le PMI e le associazioni dei consumatori. Lo scopo finale di questo mio lavoro dovrebbe essere quello di poter garantire un giusto equilibrio tra gli interessi dei titolari dei diritti e quelli degli utilizzatori finali;

⇒ Sono anche partita dalla considerazione di alcuni fenomeni molto diffusi nella società attuale: prendiamo, ad esempio, la contraffazione. Un tempo era circoscritta ai soli prodotti di lusso, oggi interessa invece anche beni di uso corrente quali giocattoli, medicinali, cosmetici e prodotti alimentari con pericolose ricadute, in termini di rischio, per la salute e la sicurezza di tutti i cittadini e consumatori europei e per la tutela dell’ambiente;

⇒ Considerando poi il crescente coinvolgimento della criminalità organizzata nel commercio di beni e merci contraffatte, ritengo sia necessario adottare una nuova strategia europea in materia di tutela dei diritti di proprietà, che sia capace di svolgere un ruolo importante nella lotta contro la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale. A questo scopo, auspico una stretta collaborazione tra le autorità doganali nell’ottica di garantire politiche coerenti di controllo alle frontiere UE;

⇒ Con lo sviluppo e la diffusione del mercato digitale, risulta quanto mai necessaria una distinzione tra la contraffazione fisica di marchi e brevetti e le violazioni dei diritti di autore;

⇒ Ritengo fondamentale lanciare un dibattito pubblico su questo tema, allo scopo di sensibilizzare i consumatori, garantire il pieno coinvolgimento di tutte le parti interessate ed ottenere il massino sostegno alle nostre proposte;

⇒ Quanto alla tutela delle indicazioni geografiche in internet, ritengo sia necessario proporre obiettivi concreti e un sistema di tutela specifico. Questo sarà possibile solo chiedendo alla Commissione Europea di collaborare con l’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) e con l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI). Si potrebbe pensare all’introduzione di un obbligo per le banche di sanzionare automaticamente le frodi in Internet;

⇒ Credo sia fondamentale favorire una convergenza tra gli interessi degli Stati membri e quelli dei Paesi terzi, favorendo la definizione di standard sempre più elevati. Per questa ragione, il testo invita la Commissione a prestare assistenza tecnica sotto forma di programmi di sensibilizzazione, assistenza sul piano legislativo e formazione dei funzionari;

⇒ Sarà necessario affrontare anche il problema complesso e multidimensionale dell’accesso ai medicinali. La relazione chiede che venga instaurato un dialogo costruttivo che coinvolga tutti i soggetti interessati: le imprese dovranno essere incoraggiate a cooperare con le autorità pubbliche. Vorrei porre l’accento sulla questione irrisolta dei medicinali generici e della difesa della ricerca farmaceutica: sarà fondamentale tutelare le imprese dell’Unione, adeguando i prezzi dei medicinali al livello economico del Paese in cui sono commercializzati e tenendo altresì conto delle distorsioni del mercato generate dalla rivendita di medicinali nei Paesi terzi;

⇒ L’Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale dovrà essere dotato delle risorse necessarie a garantire il suo pieno funzionamento e la totale indipendenza di gestione;

⇒ Per garantire una tutela internazionale dei diritti di proprietà, chiediamo alla Commissione di adoperarsi affinché nel sistema dell’Organizzazione Mondiale del Commercio siano inclusi gli accordi internazionali in materia di diritti di proprietà intellettuale che non ne sono ancora parte. Chiediamo, inoltre, che nei negoziati per gli accordi bilaterali di libero scambio sia conferita priorità ai capitoli sulla proprietà intellettuale e che le parti negoziali debbano riconoscere che la libertà d’impresa deve presupporre il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Sarebbe opportuno, quindi, istituire un centro di assistenza e di contatto che permetta, in qualsiasi Paese terzo, agli operatori economici e ai consumatori europei di ottenere un’assistenza tecnica e una protezione specifica in caso di violazione.

Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

Bruxelles, 16 marzo 2015

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Page 56: Il 2015 al Parlamento Europeo

MATERIALI Commissione ECON (problemi economici e monetari)

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Questa settimana la Commissione europea ha presentato, davanti al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria, il proprio piano d’azione per l’Unione dei mercati di capitali, che era stato reso pubblico la scorsa settimana. Ne hanno parlato molti giornali “di settore”: il tema è molto tecnico e si presta a fatica a una dibattito molto ampio. Che, tuttavia, dobbiamo cercare di stimolare il più possibile, perché questa sigla, CMU, identifica la strategia con la quale l’Unione europea conta di trovare gli investimenti necessari per l’economia reale e, dunque, per sostenere e potenziare la ripresa. E’ importante, quindi, che tutti sappiano di cosa si tratta.

Che cos’è la “Capital Market Union”?

L’Unione dei Mercati dei Capitali comprende una serie di iniziative che vogliono sviluppare il prestito non bancario (fondi assicurativi, fondi pensione, fondi speculativi...) e il finanziamento del mercato dei capitali in Europa per aiutare lo sviluppo di infrastrutture e piccole e medie imprese.

Perché è utile la sua creazione?

Gli obiettivi principali sono due: il primo è quello di ridurre il ruolo delle banche nell’erogazione di liquidità. In Europa, infatti, storicamente gli istituti bancari tradizionali hanno un ruolo preponderante nella concessione di credito e prestiti, creando di fatto uno squilibrio del sistema. Anche per questa ragione le reazioni di Stati Uniti ed Europa dopo la tremenda crisi del 2008 sono state tanto diverse: se i primi hanno potuto contare su un sistema finanziario di ampie dimensioni e fluidità, la seconda ha scontato un’eccessiva dipendenza dal sistema bancario (epicentro della crisi) che ha reso molto più difficile e lenta l’uscita dal momento di difficoltà e la creazione di una ripresa economica. Diversificare le fonti di credito aiuterà, oltre a immettere più liquidità nel sistema, anche a evitare che una situazione simile si presenti ancora.

Il secondo obiettivo è il contributo all’integrazione europea: la piena attuazione della CMU comporta l’eliminazione delle barriere nazionali e l’armonizzazione delle regole relative alla libera circolazione dei capitali. Durante questi lunghi anni di crisi abbiamo potuto toccare con mano come gli investitori e le banche stesse tendano a chiudersi all’interno dei confini nazionali, riducendo sensibilmente le possibilità di accesso al credito per cittadini e imprese. Con un Mercato Unico dei Capitali queste possibilità vengono, invece, ampliate, e in maniera stabile.

In questo video, fatto sempre dalla Commissione europea, Elena, giovane imprenditrice italiana, racconta la storia della sua startup e della necessità di finanziamenti per crearla e farla crescere.

L’Unione dei Mercati dei Capitali

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Il piano d’azione della Commissione Europea

Il 30 settembre la Commissione ha presentato il piano d’azione per la CMU, dopo una partecipata consultazione su questo tema chiusasi pochi mesi fa. Questi sono i principi fondamentali:

⇒ ampliare le opportunità per gli investitori: l’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe mobilitare capitali in Europa e convogliarli verso le imprese, tra cui le PMI, e verso i progetti infrastrutturali, che ne hanno bisogno per espandersi e creare posti di lavoro. Dovrebbe offrire alle famiglie migliori soluzioni per realizzare i loro obiettivi pensionistici;

⇒ collegare i finanziamenti all’economia reale: l’Unione dei mercati dei capitali è un classico progetto del mercato unico a beneficio di tutti i 28 Stati membri. Gli Stati membri hanno molto da guadagnare da un migliore convogliamento dei capitali e degli investimenti verso i loro progetti;

⇒ promuovere un sistema finanziario più forte e resiliente: ampliare la gamma di fonti di finanziamento e accrescere gli investimenti a lungo termine, per far sì che i cittadini e le imprese dell’UE non siano più così vulnerabili agli shock finanziari come lo sono stati durante la crisi;

⇒ approfondire l’integrazione finanziaria e aumentare la concorrenza: l’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe consentire una migliore ripartizione transfrontaliera dei rischi e mercati più liquidi, che approfondiscano l’integrazione finanziaria, riducano i costi e aumentino la competitività europea.

I rischi

Come, tra gli altri, il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha sottolineato, l’integrazione dei mercati dei capitali comporta, in sé, anche un maggior rischio di contagio. Rischio di cui l’Unione europea dovrà tenere conto e immaginare meccanismi di tutela, come la creazione di un’autorità di supervisione con poteri adeguati. Su questo e su altri nodi fondamentali relativi alla creazione e all’implementazione della CMU si è pronunciato il Parlamento europeo con una risoluzione nel luglio di quest’anno.

Alessia MoscaCommissione ECON - Problemi economici e monetari - Parlamento Europeo

Bruxelles, 08 ottobre 2015

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Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS o EFSI), che sarà istituito in stretto partenariato con la Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresenta lo strumento principale del Piano Juncker. Nato da una proposta della Commissione dello scorso 13 gennaio, entrerà in vigore già nei prossimi mesi. Accertata una generale mancanza di investimenti negli Stati Membri in seguito alla crisi economica e finanziaria degli ultimi anni, si è deciso di creare questo nuovo fondo allo scopo di rilanciare la domanda e la fiducia degli investitori privati in Europa.

Obiettivi

Saranno sostenuti soprattutto:

⇒ gli investimenti strategici, ad esempio nella banda larga e nelle reti energetiche.

⇒ le imprese di dimensioni più piccole che contano un massimo di 3.000 dipendenti.

Il Fondo, che avrà una durata di tre anni (rinnovabile), finanzierà progetti dal profilo di rischio più elevato, in modo da massimizzare l’impatto della spesa pubblica e da sbloccare gli investimenti privati (ciò a differenza dei Fondi della BEI già esistenti). Saranno finanziati, quindi, progetti infrastrutturali, progetti pilota ad alta tecnologia, sovvenzioni simili a titoli, raccolta di fondi pubblici e privati (joint-ventures), integrazione dei prestiti già forniti dalla BEI.

Strategia per progetti/piattaforma di assistenza tecnica: verrà creato un nuovo organo di assistenza tecnica che indicherà i progetti migliori da finanziare, in modo da fornire la necessaria assistenza tecnica ad enti ed autorità locali.

Approfondimento/completamento del mercato interno: i nuovi investimenti dovranno essere accompagnati da un spinta verso l’integrazione del mercato interno nel digitale, nell’energia, nella cooperazione inter-istituzionale.

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS o EFSI)

Page 60: Il 2015 al Parlamento Europeo

La proposta relativa al Fondo si basa su tre pilastri:

1. Effetto moltiplicatore: la dotazione del fondo sarà di circa 21 miliardi, di cui 16 provenienti dall’Unione europea e 5 dalla Banca Europea per gli Investimenti. Attraverso questo investimento iniziale la Commissione calcola di poter raggiungere un effetto moltiplicatore di 1 a 15 grazie all’attivazione di investimenti privati, per un totale di 315 miliardi (di cui circa 240 impiegati in investimenti a lungo termine e 75 nel finanziamento alle PMI). Sotto il profilo delle risorse il Fondo sarà basato su 16 miliardi di garanzie prese dal bilancio comunitario e da 5 miliardi della Bei, per un totale di 21 miliardi. Il denaro europeo sarà preso dal Connecting Europe facility e da Horizon 2020, i due programmi destinati alle infrastrutture e alla ricerca. Ma, per venire incontro alle richieste del Parlamento europeo, sarà integrato dai residui non spesi del bilancio annuale Ue. Questa quota avrà un peso maggiore rispetto alle attese della vigilia.

2. Il collegamento con l’economia reale: è necessario superare il problema della disinformazione e agevolare la presentazione di progetti adeguati per la richiesta di finanziamento da parte del Fondo. A questo servirà il Polo europeo di consulenza. Verrà, inoltre, istituita una riserva di progetti europei trasparente, che informerà gli investitori dei progetti esistenti disponibili e dei potenziali progetti futuri. La riserva sarà aggiornata periodicamente in modo che gli investitori dispongano di informazioni attendibili e attuali su cui basare le decisioni d’investimento. La task force congiunta Commissione-BEI per gli investimenti ha già individuato circa 2.000 potenziali progetti per un valore di 1.300 miliardi di euro;

3. Rimozione delle barriere agli investimenti: per massimizzare l’effetto del Fondo è necessario migliorare il sistema di regolazione, a tutti i livelli, e renderlo più chiaro e certo. A tal fine, è indispensabile avanzare nel processo di integrazione europea, con la piena realizzazione dell’Unione energetica, del Mercato Unico Digitale, del Mercato dei Servizi. A questo si aggiungono le riforme strutturali da attuare negli Stati membri.

Governance del fondo

Il comitato direttivo deciderà l’indirizzo generale, le linee guida d’investimento, il profilo di rischio, le politiche strategiche e l’allocazione strategica delle attività del Fondo, nel rispetto degli orientamenti politici della Commissione. Finché la BEI e la Commissione resteranno gli unici contributori al FEIS, il numero dei membri e dei voti sarà assegnato in base all’entità del rispettivo contributo e tutte le decisioni saranno adottate per consenso. Una volta che al Fondo avranno aderito altri contributori, sarà mantenuta la proporzionalità tra contributo versato e numero dei membri e dei voti e, qualora risulti impossibile raggiungere un consenso, le decisioni saranno adottate a maggioranza semplice. Nessuna decisione può essere adottata con il voto contrario della Commissione o della BEI.

Il comitato per gli investimenti, che risponderà al comitato direttivo, vaglierà i singoli progetti scegliendo quelli che otterranno il sostegno del FEIS, senza essere vincolato a contingenti geografici o settoriali. Il comitato sarà composto da sei esperti del mercato indipendenti e dall’amministratore delegato, che sarà responsabile della gestione quotidiana del FEIS. L’amministratore delegato e il suo vice saranno nominati dal comitato direttivo su proposta congiunta della Commissione e della BEI.

Bei e Commissione al centro

L’EFSI sarà istituito sotto il cappello della Banca europea per gli investimenti. Per i primi tre anni supporterà progetti in un ventaglio molto ampio di settori: trasporti, energia, Tlc, educazione, salute, ricerca, finanza, Pmi. Le sue garanzie saranno destinate a interventi dall’impatto positivo in termini economici e sociali, senza particolari vincoli predefiniti sulla distribuzione. Alla fine dei tre anni la Commissione sottoporrà agli altri organi una valutazione indipendente dei risultati raggiunti dal fondo. A quel punto, si deciderà se confermare il suo funzionamento o eliminarlo.

Page 61: Il 2015 al Parlamento Europeo

Protezione dai rischi

Il Fondo avrà una grande capacità di protezione dal rischio: il suo obiettivo sarà consentire ai privati di partecipare a operazioni che, altrimenti, sarebbero risultate finanziariamente insostenibili. In questo modo sarà raggiunto il famigerato moltiplicatore di quindici volte, che consentirà di mobilitare risorse per oltre 300 miliardi di euro.

Modalità di contribuzione

Gli Stati membri potranno contribuire al fondo in garanzie o in denaro liquido, mentre altri soggetti potranno investire solo denaro liquido. Qualsiasi forma di contribuzione non potrà influire sulle scelte dei due comitati, che resteranno completamente indipendenti. In questo contesto, potranno intervenire anche terze parti, come le banche di investimento nazionali. Importante la decisione di escludere dal Patto di Stabilità la contabilizzazione dei contributi al piano versati dagli Stati e dalle loro banche pubbliche di sviluppo, anche nel caso questi vadano non al fondo di garanzia ma alle piattaforme di investimento settoriali e nazionali.

Alessia MoscaCommissione ECON - Problemi economici e monetari - Parlamento Europeo

Bruxelles, 17 giugno 2015

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Page 62: Il 2015 al Parlamento Europeo

Il rapporto GIEGOLD

Il Regolamento (CE) n. 184/2005 relativo alle statistiche inerenti alla bilancia dei pagamenti (BdP), agli scambi internazionali di servizi (SIS) e agli investimenti diretti all'estero (IDE) fa parte del quadro generale dell'UE volto a monitorare gli sviluppi economici in ciascuno Stato membro e nell'Unione nel suo complesso. L'elaborazione di statistiche a�dabili in tali ambiti è essenziale soprattutto per veri�care aspetti chiave, quali gli sviluppi in materia di conti correnti e �ussi �nanziari all'interno e all'esterno dell'UE. Pertanto, esse contribuiscono a garantire la coerenza delle politiche economiche degli Stati membri con gli ampi orientamenti dell'Unione, come pure con gli obblighi giuridici derivanti dal quadro di governance economica dell'UE. Più in particolare, la disponibilità di statistiche attendibili è essenziale ai �ni del processo di monitoraggio istituito nell'ambito delle procedure per gli squilibri macroeconomici. Dopo l'adozione del regolamento iniziale e i successivi aggiornamenti, i �ussi �nanziari internazionali si sono intensi�cati e sono diventati più complessi. Nello speci�co, il maggiore utilizzo di società veicolo e di costruzioni giuridiche per il trasferimento di �ussi di capitali sia in entrata che in uscita ha reso più di�cile monitorare questi �ussi per garantire una loro adeguata tracciabilità ed evitare una contabilizzazione doppia o multipla, rendendo pertanto più complicata la lotta all'evasione �scale e alla piani�cazione �scale aggressiva.

In questo contesto, è opportuno riesaminare le disposizioni del regolamento (CE) n. 184/2005 in modo che soddis�no un duplice obiettivo.

In primo luogo, la revisione del regolamento (CE) n. 184/2005 rappresenta un'autentica occasione per aumentare la trasparenza e la granularità delle statistiche per quanto riguarda la BdP, il SIS e gli IDE, nonché per trarre vantaggio dalle recenti innovazioni giuridiche e rendere tali statistiche uno strumento più a�dabile ai �ni delle decisioni in materia di politica economica.

In secondo luogo, come sottolineato in e�etti dalla Commissione, il regolamento (CE) n. 184/2005 deve essere aggiornato per garantirne l'allineamento alle norme contenute nel TFUE, conferendo alla Commissione i poteri necessari per adottare atti delegati e/o di esecuzione.

Occorre, quindi, garantire:

un'adeguata tracciabilità, evitare una doppia o multipla contabilizzazione, lottare contro l'evasione �scale e la piani�cazione �scale aggressiva.

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Page 63: Il 2015 al Parlamento Europeo

SEMESTRE EUROPEO _ settembre 2015

Non è il semestre di Presidenza dell'Unione europea, diventato famoso sui giornali italiani lo scorso anno quando è toccato al nostro Paese, ma uno strumento di coordinamento economico, nato in seguito alla recente crisi economica che ha trovato l'Europa incapace di reazioni e�caci e tempestive, a causa dello stato tuttora "incompiuto" del processo di integrazione europea. Gli Stati Membri hanno, dunque, concordato di aver bisogno di una più forte governance economica e di un migliore coordinamento delle proprie politiche, per sostenere l'uscita dalla crisi e la ripresa.

Una volta condiviso l'impegno alla realizzazione degli obiettivi della "Strategia Europa 2020", gli Stati membri hanno tradotto questi ultimi in obiettivi nazionali. Tuttavia, per raggiungere la massima e�cacia, gli sforzi individuali di tutti i Paesi dovevano essere inseriti in un quadro comune ed è proprio per questo che l'Unione europea ha istituito un ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche, il semestre europeo appunto.

La base giuridica del processo è il cosiddetto "Six-Pack" - ovvero sei atti legislativi che hanno riformato l'esistente "Patto di Stabilità e Crescita". Il primo ciclo del Semestre Europeo si è svolto nel 2011. Da allora, ogni anno, la Commissione Europea compie un'analisi dettagliata dei programmi di riforma �nanziaria, macroeconomica e strutturale degli Stati membri dell'UE e rivolge a ciascuno di essi delle raccomandazioni per i successivi 12-18 mesi.

Quali politiche sono oggetto di coordinamento durante il Semestre Europeo?le riforme strutturali, con un'attenzione particolare sulla promozione della crescita e dell'occupazione in linea con la strategia Europa 2020;

le politiche di bilancio, con l'obiettivo di garantire la sostenibilità delle �nanze pubbliche in linea con il patto di stabilità e crescita;

la prevenzione degli squilibri macroeconomici eccessivi.

Quali sono gli obiettivi principali?contribuire ad assicurare convergenza e stabilità nell'UE;

contribuire ad assicurare �nanze pubbliche sane;

promuovere la crescita economica;

prevenire squilibri macroeconomici eccessivi nell'UE;

attuare la strategia Europa 2020.

Page 64: Il 2015 al Parlamento Europeo

Non è il semestre di Presidenza dell'Unione europea, diventato famoso sui giornali italiani lo scorso anno quando è toccato al nostro Paese, ma uno strumento di coordinamento economico, nato in seguito alla recente crisi economica che ha trovato l'Europa incapace di reazioni e�caci e tempestive, a causa dello stato tuttora "incompiuto" del processo di integrazione europea. Gli Stati Membri hanno, dunque, concordato di aver bisogno di una più forte governance economica e di un migliore coordinamento delle proprie politiche, per sostenere l'uscita dalla crisi e la ripresa.

Una volta condiviso l'impegno alla realizzazione degli obiettivi della "Strategia Europa 2020", gli Stati membri hanno tradotto questi ultimi in obiettivi nazionali. Tuttavia, per raggiungere la massima e�cacia, gli sforzi individuali di tutti i Paesi dovevano essere inseriti in un quadro comune ed è proprio per questo che l'Unione europea ha istituito un ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche, il semestre europeo appunto.

La base giuridica del processo è il cosiddetto "Six-Pack" - ovvero sei atti legislativi che hanno riformato l'esistente "Patto di Stabilità e Crescita". Il primo ciclo del Semestre Europeo si è svolto nel 2011. Da allora, ogni anno, la Commissione Europea compie un'analisi dettagliata dei programmi di riforma �nanziaria, macroeconomica e strutturale degli Stati membri dell'UE e rivolge a ciascuno di essi delle raccomandazioni per i successivi 12-18 mesi.

Quali politiche sono oggetto di coordinamento durante il Semestre Europeo?le riforme strutturali, con un'attenzione particolare sulla promozione della crescita e dell'occupazione in linea con la strategia Europa 2020;

le politiche di bilancio, con l'obiettivo di garantire la sostenibilità delle �nanze pubbliche in linea con il patto di stabilità e crescita;

la prevenzione degli squilibri macroeconomici eccessivi.

Quali sono gli obiettivi principali?contribuire ad assicurare convergenza e stabilità nell'UE;

contribuire ad assicurare �nanze pubbliche sane;

promuovere la crescita economica;

prevenire squilibri macroeconomici eccessivi nell'UE;

attuare la strategia Europa 2020.

Come funziona? Il calendario nel dettaglioIl Semestre Europeo inizia di solito verso la �ne dell'anno con l'adozione da parte della Commissione dell'Analisi Annuale della Crescita. Questo documento de�nisce le priorità dell’UE per stimolare la creazione di posti di lavoro e la crescita. Nello stesso periodo, nell'ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici, la Commissione pubblica una relazione in cui identi�ca gli Stati membri che richiedono un'ulteriore analisi per veri�care l'eventuale esistenza di squilibri e la loro natura.

Ad ottobre gli Stati membri presentano i documenti programmatici di bilancio per l'anno successivo. A novembre la Commissione formula un parere su ciascuno di essi e valuta se sono conformi ai requisiti del patto di stabilità e crescita.

A febbraio la Commissione pubblica una singola valutazione economica analitica per Stato membro. In questo testo vengono esaminati la situazione economica, i programmi di riforma e gli eventuali squilibri da a�rontare.

A marzo il Consiglio europeo fa il punto della situazione macroeconomica generale e dei progressi realizzati nei confronti degli obiettivi della strategia Europa 2020 ed elabora orientamenti strategici sulle riforme �nanziarie, macroeconomiche e strutturali.

Ad aprile gli Stati membri presentano i loro piani per il risanamento dei conti pubblici e le riforme e misure che intendono adottare per conseguire una crescita intelligente, sostenibile e solidale in settori come l'occupazione, l'istruzione, la ricerca, l'innovazione, l'energia o l'integrazione sociale.

A maggio la Commissione propone delle raccomandazioni speci�che per Paese che forniscono agli Stati membri indicazioni strategiche su misura in settori considerati prioritari per i successivi 12-18 mesi.

In�ne, alla �ne di giugno o all'inizio di luglio il Consiglio adotta formalmente le raccomandazioni speci�che per Paese. Ai Paesi che non vi danno seguito entro i tempi stabiliti possono essere rivolti degli avvertimenti. In caso di squilibri macroeconomici e di bilancio eccessivi, entra in gioco un sistema di incentivi e sanzioni.

Per attuare le necessarie politiche e garantire un'ampia partecipazione, viene mantenuta una stretta collaborazione con il Parlamento Europeo, gli organi consultivi dell'UE (Comitato delle regioni, Comitato economico e sociale europeo) e gli Stati membri.

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Cosa si intende per FLESSIBILITÀIl 13 gennaio la Commissione europea ha rilasciato una Comunicazione dal titolo "Making the best use of the �exibility within the existing rules of the stability and growth pact": si tratta di un chiarimento - o, meglio, un'interpretazione - di testi legislativi già esistenti e, in quanto tale, è immediatamente e�cace senza necessità di approvazione da parte di Consiglio e Parlamento.

Per poter comprendere il contenuto della Comunicazione bisogna ricordare, da una parte, che il Trattato prevede due parametri fondamentali che gli Stati membri appartenenti all'Unione Economica e Monetaria devono rispettare (un rapporto de�cit/Pil non superiore al 3% e un rapporto debito pubblico/Pil non superiore al 60%) e, dall'altra, che il Patto di Stabilità e crescita ha previsto due diverse procedure per il controllo della �nanza pubblica degli Stati membri:

Il braccio preventivo prevede la �ssazione di un obiettivo di bilancio a medio termine (OMT): gli Stati membri devono non solo raggiungere quest'ultimo ma anche muoversi in un appropriato percorso di avvicinamento (miglioramento annuo del saldo strutturale dello 0,5%). Il braccio correttivo, invece, riguarda i Paesi che non rispettano i parametri del 3% e del 60% e non mostrano una riduzione su�ciente dell'indebitamento verso di essi. Questi Paesi devono seguire un percorso di risanamento più gravoso, contenuto in una raccomandazione del Consiglio.

TRE DIVERSE FORME di �essibilitàLa prima novità sta nel fatto che l'aggiustamento �scale richiesto a ciascun Paese verso l'obiettivo a medio termine dovrà tenere conto della situazione economica: in generale, il calcolo dell'aggiustamento verrà valutato su due parametri, il quantitativo di debito pubblico accumulato (maggiore è il debito, maggiore sarà l'aggiustamento) e il raggiungimento o meno del livello di Pil previsto. Se un Paese raggiunge un Pil inferiore al suo potenziale, potrà usufruire di una correzione inferiore (al contrario, se un Paese presenta un Pil superiore al suo potenziale, dovrà fare una correzione superiore). Nel caso italiano, questo ha signi�cato un dimezzamento dello sforzo strutturale di bilancio: dallo 0,5% annuo allo 0,25%.

Il secondo punto preso in esame dalla nuova Comunicazione sulla �essibilità sono i contributi al Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (il cosiddetto Piano Juncker) e ai progetti co-�nanziati dall'Unione europea. Per quanto riguarda i Paesi compresi nella procedura del braccio preventivo, infatti:

I contributi che essi verseranno al Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici saranno esclusi dal calcolo del de�cit: se, dunque, a causa di questi contributi un Paese supera il limite del 3%, esso non sarà tuttavia sottoposto alla procedura di de�cit eccessivo da parte della Commissione;

I contributi nazionali ai progetti co-�nanziati dall'Unione europea (politiche di coesione, politiche relative ai fondi strutturali, Garanzia Giovani...) non saranno esclusi dal computo del de�cit ma i Paesi che sostengono queste spese potranno godere di una deviazione dal percorso di risanamento verso l'obiettivo di medio termine se il Paese membro registra un tasso di crescita negativo o se il suo Pil è inferiore al suo livello potenziale di almeno l'1,5%.

Anche nel caso di Paesi che si trovano in un processo di attuazione di riforme strutturali, è stata prevista una forma di �essibilità: la Commissione può, infatti, concedere una deviazione dal percorso di risanamento verso l'obiettivo a medio termine (che non deve, comunque, superare lo 0,5% del Pil né comportare il superamento del limite del 3% nel rapporto de�cit/Pil). Le riforme a cui si fa riferimento devono essere rilevanti, portate a termine entro i termini previsti e avere un impatto positivo sul bilancio pubblico di lungo periodo.

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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

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La strategia europea per un mercato unico digitale _ ottobre 2015

L'economia globale sta rapidamente diventando digitale. L'Information and Communications Technology (ICT) non rappresenta più un settore speci�co ma è il fondamento di ogni moderno e innovativo sistema economico. Questo cambiamento sta avvenendo con un ritmo tale da o�rire enormi opportunità per l'innovazione, la crescita e l'occupazione. Allo stesso modo, questo cambiamento rappresenta anche una s�da per le istituzioni pubbliche e richiede un approccio coordinato al livello di Unione Europea.Il Digital Single Market (DSM) è un mercato in cui il libero movimento dei beni, dei servizi, dei dati e dei capitali è assicurato, per gli individui e le aziende, in condizioni di concorrenza, di protezione dei consumatori e della privacy, a prescindere dalla loro nazionalità o dal luogo in cui si trovano.Barriere e frammentazioni che sono state superate dal mercato unico europeo si ripropongono in quello digitale. Eliminando questi ostacoli l'Europa potrebbe accrescere il proprio PIL di 415 miliardi, ampliando i mercati per le nostre aziende, fornendo migliori e più convenienti servizi per i consumatori e creando nuovi posti di lavoro.

La strategia per il DSM, che la Commissione Europea ha presentato a maggio 2015 (facendo seguito al discorso di insediamento del Presidente Juncker, che indicava il DSM come la seconda priorità della sua Commissione), è costruita su tre pilastri:

Migliore accesso per consumatori e aziende all'acquisto/utilizzo di beni e servizi online in ogni angolo d'Europa.

Creazione di condizioni ottimali per lo sviluppo di reti e servizi digitali.

Massimizzazione del potenziale di crescita dell'economia digitale in Europa.

La strategia e la relazione incardinata nelle commissioni parlamentari IMCO e ITRE serviranno da inquadramento generale per 16 azioni concrete che la Commissione intende portare avanti per realizzare il DSM.

Ricadono all'interno del primo pilastro, Better access for consumers and businesses to digital goods and services across Europe, 8 azioni.

Una delle ragioni per cui i consumatori o le PMI evitano di acquistare o vendere su internet in altri paesi è la complessità e la varietà delle legislazioni nazionali in materia. Alcune forme di armonizzazione esistono già, ma per alcuni beni prettamente digitali, come gli e-book, non esiste ancora nessuna normativa. Entro la �ne del 2015, la Commissione presenterà delle proposte per rendere più semplici, certe e armonizzate le normative sull'e-commerce. Allo stesso modo, e negli stessi termini, per rendere la protezione dei consumatori sempre più e�cace, anche nel mercato digitale, la Commissione proporrà delle modi�che all'attuale Regolamento in materia di Cooperazione per la Protezione del consumatore.Inoltre, spesso l'e-commerce è visto con sospetto a causa di costi di spedizione relativamente alti a fronte di ordini di piccola entità e della mancanza di trasparenza sulle condizioni e i tempi del servizio di spedizione. Nella prima metà del 2016, la Commissione attuerà delle misure per rendere più trasparente il mercato dei servizi di spedizione e avvierà delle consultazioni con le aziende del settore per vedere come poter arrivare ad o�rire dei prezzi più competitivi.

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L'economia globale sta rapidamente diventando digitale. L'Information and Communications Technology (ICT) non rappresenta più un settore speci�co ma è il fondamento di ogni moderno e innovativo sistema economico. Questo cambiamento sta avvenendo con un ritmo tale da o�rire enormi opportunità per l'innovazione, la crescita e l'occupazione. Allo stesso modo, questo cambiamento rappresenta anche una s�da per le istituzioni pubbliche e richiede un approccio coordinato al livello di Unione Europea.Il Digital Single Market (DSM) è un mercato in cui il libero movimento dei beni, dei servizi, dei dati e dei capitali è assicurato, per gli individui e le aziende, in condizioni di concorrenza, di protezione dei consumatori e della privacy, a prescindere dalla loro nazionalità o dal luogo in cui si trovano.Barriere e frammentazioni che sono state superate dal mercato unico europeo si ripropongono in quello digitale. Eliminando questi ostacoli l'Europa potrebbe accrescere il proprio PIL di 415 miliardi, ampliando i mercati per le nostre aziende, fornendo migliori e più convenienti servizi per i consumatori e creando nuovi posti di lavoro.

La strategia per il DSM, che la Commissione Europea ha presentato a maggio 2015 (facendo seguito al discorso di insediamento del Presidente Juncker, che indicava il DSM come la seconda priorità della sua Commissione), è costruita su tre pilastri:

Migliore accesso per consumatori e aziende all'acquisto/utilizzo di beni e servizi online in ogni angolo d'Europa.

Creazione di condizioni ottimali per lo sviluppo di reti e servizi digitali.

Massimizzazione del potenziale di crescita dell'economia digitale in Europa.

La strategia e la relazione incardinata nelle commissioni parlamentari IMCO e ITRE serviranno da inquadramento generale per 16 azioni concrete che la Commissione intende portare avanti per realizzare il DSM.

Ricadono all'interno del primo pilastro, Better access for consumers and businesses to digital goods and services across Europe, 8 azioni.

Una delle ragioni per cui i consumatori o le PMI evitano di acquistare o vendere su internet in altri paesi è la complessità e la varietà delle legislazioni nazionali in materia. Alcune forme di armonizzazione esistono già, ma per alcuni beni prettamente digitali, come gli e-book, non esiste ancora nessuna normativa. Entro la �ne del 2015, la Commissione presenterà delle proposte per rendere più semplici, certe e armonizzate le normative sull'e-commerce. Allo stesso modo, e negli stessi termini, per rendere la protezione dei consumatori sempre più e�cace, anche nel mercato digitale, la Commissione proporrà delle modi�che all'attuale Regolamento in materia di Cooperazione per la Protezione del consumatore.Inoltre, spesso l'e-commerce è visto con sospetto a causa di costi di spedizione relativamente alti a fronte di ordini di piccola entità e della mancanza di trasparenza sulle condizioni e i tempi del servizio di spedizione. Nella prima metà del 2016, la Commissione attuerà delle misure per rendere più trasparente il mercato dei servizi di spedizione e avvierà delle consultazioni con le aziende del settore per vedere come poter arrivare ad o�rire dei prezzi più competitivi.

Altre volte invece gli utenti non riescono neanche ad e�ettuare acquisti su siti stranieri o vengono reindirizzati su siti con prodotti o prezzi diversi. Questa pratica, spesso ingiusti�cata, si chiama geo-blocking ed è una forma di discriminazione, sulla base del paese in cui ci si trova, e serve a segmentare il mercato. La Commissione farà, nella prima metà del 2016, delle proposte legislative per porre �ne al geo-blocking ingiusti�cato. Il 56% degli Europei usa internet anche per �ni culturali e per il proprio intrattenimento. Purtroppo, però, vista la natura fortemente territoriale delle normative sui diritti d'autore e di riproduzione, molto spesso non possibile usufruire di contenuti on-demand o legalmente acquistati e scaricati al di fuori del proprio Paese. Anche questi sono considerati fenomeni di geo-blocking, legati alle normative sul copyright. La Commissione lavorerà su alcune proposte legislative per assicurare l'accessibilità e la portabilità dei contenuti legalmente acquistati.Sempre per facilitare l'accesso a contenuti digitali online la Commissione proporrà delle modi�che alla Direttiva in materia di Cavi e Satelliti per allargarne le de�nizioni e gli scopi alle trasmissioni on-line.Altrettanto gravoso, più per le aziende che per i cittadini, è l'obbligo di ottemperare agli obblighi legati alle imposte sul valore aggiunto in ognuno dei paesi in cui è stata e�ettuata una vendita. A questo proposito la Commissione studierà e proporrà nel 2016 delle misure per ridurre il carico di burocrazia riguardo al pagamento delle imposte sul valore aggiunto per le imprese che fanno e-commerce.In�ne verrà lanciata un'indagine di settore per valutare se nel mondo dell'e-commerce viga un'equa concorrenza.

Per quanto riguarda il pilastro Creating the right conditions for digital networks and services to �ourish la Commissione Europea metterà in campo 5 azioni concrete.Le infrastrutture, o reti, che permettono la trasmissione dei dati sono la spina dorsale dell'economia digitale. Questo settore, che necessità di continui e cospicui investimenti, so�re a causa della frammentazione del mercato, della poca prevedibilità e coerenza delle legislazioni nazionali e a causa dell'arretratezza delle aree periferiche. Per porre rimedio a questa situazione la Commissione proporrà l'adozione di un pacchetto sul mercato unico delle telecomunicazioni, in modo da armonizzare le legislazioni vigenti, garantire la neutralità della rete, eliminare le tari�e di roaming per il tra�co dati e favorire gli investimenti attraverso partenariati pubblico-privati.Inoltre, dall'inizio del ventunesimo secolo ad oggi, abbiamo assistito ad un profondo mutamento del settore dei media e della distribuzione di contenuti audiovisivi (tv on-demand e accessibilità da smartphone e tablet). Per garantire i consumatori e le aziende nate da questi mutamenti la Commissione rivedrà la Direttiva sui Servizi di Media Audivisivi, concentrandosi su attori, scopo della norma, protezione dei minori e regole sulla pubblicità.Oltre ai media, altri grandi attori del panorama digitale contemporaneo suono le piattaforme online (motori di ricerca, social media, piattaforme di e-commerce, app stores, piattaforme per la comparazione dei prezzi). Queste piattaforme acquisiscono e processano ogni giorno miliardi di dati, acquisendo un potere di mercato sempre più incisivo. Allo stesso tempo queste piattaforme sono uno dei motori principali della sharing economy. Per capire come regolamentare il settore, la Commissione inizierà un'analisi approfondita sul ruolo delle piattaforme online e la gestione dei contenuti illegali.Inoltre l'enorme mole di dati sensibili trasmessi attraverso la rete rende piattaforme e database dei target molto sensibili per ragioni di sicurezza. Nella prima metà del 2016 la Commissione avvierà la creazione di partenariati pubblico-privati in materia soluzioni tecnologiche per la sicurezza informatica.Contemporaneamente alla ricerca di sicurezza dalle minacce esterne si lavorerà per rendere sicuri i nostri dati anche sul fronte interno, ovvero per quanto riguarda l'acquisizione, il trattamento e la cessione. A questo proposito verrà aggiornata la Direttiva 'ePrivacy' sulla protezione della privacy nel settore delle comunicazioni elettroniche.

In�ne, a proposito del pilastro Maximising the growth potential of the Digital Economy, la Commissione Europea proporrà 3 azioni.

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Come è già stato detto, un mercato europeo frammentato in 28 piccoli mercati nazionali, così come in 28 di�erenti sistemi legali, non è un contesto favorevole agli investimenti, in particolare per quanto riguarda le tecnologie di cloud computing (che consentono di usufruire, tramite server remoto, di risorse software e hardware), i Big Data (raccolte di dati così estese in termini di volume, velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi analitici speci�ci per l'estrazione) e Internet of Things (possibile evoluzione dell'uso della Rete in cui gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri. Es. Le sveglie suonano prima in caso di tra�co, le scarpe da ginnastica trasmettono tempi, velocità e distanza per gareggiare in tempo reale con persone dall'altra parte del globo). Proprio per favorire lo sviluppo di queste applicazioni la Commissione lancerà nel 2016 un'iniziativa sulla libera circolazione dei dati ed un'iniziativa europea sui cloud, in modo da poter studiare e a�rontare le s�de del settore.Le comunicazioni tra diversi dispositivi digitali, ovvero l'interoperabilità, e l'utilizzo di standard condivisi sono elementi imprescindibili per l'ulteriore sviluppo dell'economia digitale, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo delle connessioni 5G, della sicurezza informatica, dei rapporti con la pubblica amministrazione e dei pagamenti online. Proprio per questo la Commissione sta lavorando a un piano integrato per la standardizzazione e alla revisione dello European Interoperability Framework del 2010.Sempre a proposito del rapporto con la pubblica amministrazione, seguendo il principio 'Once-only' (principio secondo cui se un documento è stato fornito già una volta ad un qualsiasi u�cio della P.A., il cittadino non è più tenuto a presentarlo ed è la P.A. a doverselo procurare dal proprio data base) la Commissione presenterà un nuovo piano d'azione per l'e-Government 2016-2020.

Tutte le 16 azioni saranno accompagnata da misure che rendano il Digital Single Market una realtà inclusiva, in cui i cittadini e le aziende possiedano le necessarie competenze per godere dei bene�ci che ne deriveranno. Pertanto un'attenzione costante sarà riservata anche all'adattamento dei sistemi di istruzione e apprendistato alla rivoluzione digitale.

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L’Unione Energetica Europea novembre 2015

IntroduzioneL’Unione Energetica Europea è la strategia presentata dalla Commissione, nel 2015, che mira a ridisegnare lo scenario energetico comunitario. Il risultato dovrebbe garantire agli stati membri un’energia pulita, competitiva, conveniente e sicura da interruzioni. L’azione dell’organo esecutivo dell’Unione Europea si concerterà su cinque diverse aree d’intervento: sicurezza nell’approvvigionamento, integrazione dei mercati nazionali, e�cienza energetica, abbattimento delle emissioni e ricerca e innovazione.

Sicurezza: armonizzazione strategica e diversi�cazioneCon 420 miliardi di euro d’importazioni complessive annue, l’Europa, parlando con una sola voce ed esercitando un fortissimo potere negoziale congiunto, sarebbe in grado di ottenere migliori condizioni dai paesi esportatori. Considerando che le strategie energetiche di un paese condizionano in modo rilevante quelle dei partner con�nanti, una migliore armonizzazione delle stesse rappresenta un evidente vantaggio sia in fase di piani�cazione sia a livello negoziale. L’istituzione di riserve energetiche comuni garantirà, nel caso occorrano shock geopolitici, una maggiore e�cienza e un incremento del livello di garanzia della fornitura agli utenti europei. Un altro obiettivo fondamentale del piano si basa sulla diversi�cazione delle fonti di approvvigionamento. L’Europa so�re, infatti, di un’elevata dipendenza dalle importazioni da paesi ad alto rischio geopolitico. Le recenti turbolenze diplomatiche con la Russia hanno, per esempio, evidenziato il rischio connesso alla sostanziale dipendenza dal gas siberiano. La strada proposta indica un aumento sostanziale della produzione di energia da fonti rinnovabili, una maggiore integrazione dei network distributivi europei e investimenti mirati all’aumento dell’e�cienza energetica. Tassello fondamentale nella diversi�cazione è il potenziamento della rete distributiva domestica. A livello intraeuropeo si registra, infatti, la presenza di colli di bottiglia infrastrutturali che inibiscono le potenzialità di una gestione europea degli approvvigionamenti. In un recente incontro presso il Parlamento Europeo, Claudio Descalzi, AD di ENI, illustrando le potenzialità energetiche del continente africano come fonte alternativa al gas russo per i paesi dell’Europa Centrale, ha rimarcato la necessità di connettere i vari gasdotti europei.

Abbattimento delle emissioni , e�cienza energetica, ricerca ed innovazionePer il 2030, i target ambientali europei �ssano al 45% il consumo di energia rinnovabile sul totale prodotto. L’ambizioso traguardo, da sostenere tramite politiche che orientino gli investimenti nel settore della green technology, vuole conciliarsi con le strategie di re-industrializzazione catalizzando la notevole crescita, nonostante la crisi, registrata dal settore. L’energia più pulita è quella che non si consuma, un miglioramento sostanziale dell’e�cienza garantirebbe un’ottimizzazione di costi e consumi generando ricadute positive in ambito sia ambientale che sociale. Investimenti pubblici volti all’isolamento termico dell’edilizia popolare s’inserirebbero, infatti, anche nella guerra alla povertà energetica.

Integrazione dei mercati nazionaliIn questo contesto si inserisce la necessità di creare uno spazio energetico unico anche a livello economico. La frammentazione dei mercati energetici europei causa grandi di�erenze fra prezzi o�erti ai diversi consumatori e industrie nazionali. La riforma si rende altresì necessaria di fronte all’inelasticità dei prezzi che ri�ette i diversi regimi �scali. La creazione di un mercato energetico unico rappresenta un’ottima opportunità anche in materia di diritti dei consumatori. L’accesso a un’o�erta più ampia assicurerebbe, infatti, un miglioramento dei prezzi e della trasparenza.

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La posizione del gruppo S&DIl gruppo dei Socialisti e dei Democratici ha accolto con entusiasmo i progetti presentati dalla commissione rimarcando i propri valori in materia di occupazione, ambiente, crescita e armonizzazione europea. Il piano dovrà rappresentare un nuovo modello energetico a livello globale.

Priorità a e�cienza e abbattimento delle emissioniD’interesse prioritario per il gruppo, nell’ottica di abbassare fabbisogno e importazioni, sono gli obbiettivi riguardanti le fonti rinnovabili e il miglioramento dell’e�cienza energetica. Gli impegni ambientali andrebbero, infatti, ra�orzati con l’obiettivo di transitare verso un’economia carbon-light nel 2050. La strategia suggerita da S&D approva l’istituzione di target d’interconnessione energetica fra stati membri, nella direzione di un’ottimizzazione della gestione di scorte e approvvigionamenti. Gli obiettivi, comportando forti investimenti infrastrutturali in smart grid1, ricerca e investimenti nel settore green, per essere credibili necessitano di immediati �nanziamenti. Questi ultimi sarebbero ottenibili tramite l’aggiornamento della lista delle opere chiave e apportando una riforma alla procedura di selezione/erogazione dei progetti. Il concetto chiave è che i costi che sosterremmo oggi rappresentano un quarto di quelli che ci si presenterebbero fra 20 anni. Considerando questi aspetti, il piano d’investimenti da 315 miliardi di euro proposto dalla Commissione appare non su�ciente. Come da precedente proposta, i socialisti e democratici auspicano la creazione di un nuovo meccanismo, l’European Investment Instrument, dotato di una capacità �nanziaria di 400 miliardi di euro da raggiungere attraverso un piano di sei anni. In questo scenario gli stati membri dovrebbero contribuire con 100 miliardi di euro, da escludere dal calcolo di de�cit e debito pubblico, e i restanti 300 miliardi potrebbero essere reperiti sui mercati attraverso l’emissione di bond.

Centralità del consumatoreNel processo di omogeneizzazione dei mercati il consumatore deve essere al centro della prospettiva: bisognerà assicurare una maggiore elasticità dei prezzi al dettaglio e un accesso trasparente alle o�erte che assicuri agli utenti la migliore tari�a disponibile. In quest’ottica la scon�tta della povertà energetica deve essere elevata a massima priorità. Recenti studi, infatti, indicano che, nei paesi membri, le fasce più vulnerabili sostengono prezzi energetici proporzionalmente più alti.

Commercio, protezione da pratiche di concorrenza sleale e condivisioneA livello industriale la posizione dei socialisti e democratici è chiara nel sostenere un ra�orzamento del segnale di prezzo del mercato ETS2. Un innalzamento in tal senso, insieme all’abolizione dei sussidi alla produzione di combustibili fossili, darebbe una chiara indicazione agli investitori andando a guidare i �ussi verso i comparti delle industrie green. Il sistema, delegando al mercato la de�nizione dei prezzi dei titoli di emissione di CO2, rappresenta la soluzione più e�ciente in materia di costi per il taglio delle emanazioni e per l’incoraggiamento al risparmio energetico.È, tuttavia, innegabile che l’industria pesante possa inizialmente so�rire della concorrenza proveniente da industrie operanti in paesi con regolamentazioni più blande. A tal scopo, il gruppo, nell’attesa che i partner internazionali s’impegnino ad adottare a loro volta politiche ambientali vincolanti, raccomanda alla commissione lo studio un meccanismo doganale di adeguamento del prezzo dei prodotti importati a protezione della concorrenza sleale, una sorta di anti-dumping ambientale. In�ne, il gruppo propone una riforma dell’impianto informativo che vada nella direzione di una maggiore condivisione strategica che ra�orzi il ruolo della commissione e indebolisca la capacità di minaccia dei paesi esportatori. In questo contesto di condivisione, l’S&D guarda ad una modi�ca del regolamento del 2010 in materia di riserve di gas, con l’obbiettivo di aumentare le riserve e istituire scorte comuni.

1. Network distributivi. 2. ETS: Emission Trading Scheme. È il sistema di controllo delle emissioni: de�nisce un tetto massimo e predispone aste e piattaforme �nanziarie per la compravendita di permessi di emissione di CO2

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Lo stato dell’Unione Energetica e i prossimi passiA nove mesi dall’adozione della strategia sull’Unione Energetica, la transizione energetica, l’armonizzazione dei mercati e dell’approvvigionamento hanno iniziato a sortire una sempre maggiore in�uenza sulle vite dei cittadini europei. A questo scopo, la Commissione Europea, in concerto con le autorità nazionali, dovrà coordinare il cambiamento avendo riguardo degli aspetti sociali. Molti lavoratori, infatti, dovranno attraversare un percorso di riquali�cazione professionale e sarà, quindi, fondamentale assicurare loro un’e�cace ricollocazione sul mercato del lavoro. A questo scopo, è già stata avviata una fase di concertazione con le parti sociali. Per quanto riguarda la povertà energetica, la Commissione Europea fornirà una più ampia consulenza ai governi centrali e alle autorità locali, soprattutto nel campo dell’e�cienza. La Commissione ha, infatti, preparato un piano europeo, denominato Smart Financing for Smart Buildings, che fornirà �nanziamenti capillari e assistenza operativa a livello locale. Una migliore e�cienza energetica nell’edilizia popolare garantirà, infatti, l’abbassamento delle bollette per le fasce più deboli. Sono, inoltre, in fase di studio ulteriori misure operative. Nell’immediato, il lavoro della Commissione Europea si focalizzerà sull’approntamento di una riforma dell’ETS, il meccanismo di limitazione delle emissioni di anidride carbonica guidato da dinamiche di mercato. Infatti, nelle prime fasi di implementazione, il sistema, non avendo garantito un segnale di prezzo adeguato, non ha catalizzato su�cientemente gli investimenti verso il settore green e la sua performance, a livello ambientale, è stata mediocre . Le riforme, come l’istituzione di un fondo di stabilità di mercato, stanno, però dando i loro frutti. In�ne, a riprova che un meccanismo di mercato sia più e�ciente rispetto alla mera tassazione, l’esperienza dell’ETS europeo è stata replicata in diversi angoli del pianeta. La fase di sperimentazione di un sistema simile in Cina è stata, infatti, condotta insieme agli esperti europei. La prossima s�da, seguendo l’esempio dato dalla connessione dei mercati di Québec e California, sarà collegare i diversi mercati dei titoli di emissione.Altro obiettivo a breve-medio termine è la progettazione del mercato unico dell’energia elettrica, e, a questo riguardo, l’attenzione è rivolta alla tutela dei consumatori. Il prossimo anno saranno implementati tre importanti pacchetti di riforme. In primavera si procederà con il varo di misure che incrementeranno la sicurezza energetica. Sarà, infatti, approntata una strategia comune per il riscaldamento, una per i processi di liquefazione e distribuzione del gas e verrà richiesta una maggiore trasparenza ai governi nazionali sui contratti di approvvigionamento energetico. In estate seguiranno le misure di limitazione delle emissioni non coperte dall’ETS che, quindi, coinvolgeranno i settori edilizio, agricolo e dei trasporti. In Ottobre vi saranno, in�ne, novità in materia di rinnovabili e uni�cazione dei mercati nazionali. All’introduzione di queste riforme, vista anche l’alta di�erenziazione dei target, dovrà seguire un impegno particolarmente serio dei governi nazionali. A questo scopo, le strategie e le di�coltà sono state studiate ed a�rontate congiuntamente dalla Commissione Europea e dai diversi organi regolatori nazionali a livello centrale e locale. Particolarmente importanti, in questa strategia, sono gli obiettivi d’interconnessione dei vari sistemi nazionali. Ogni stato membro dovrà, ad esempio, disporre di tre diversi fornitori di gas, in modo da aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento e diminuire la propria dipendenza da un unico produttore. Il progetto, che garantirà bene�ci anche a livello di prezzi, si basa sulla costruzione d’inter-connettori intraeuropei. I due nuovi gasdotti, che collegheranno il Portogallo alla Francia e la Polonia ai Balcani, sono il caposaldo della strategia. Da questo mese, la Russia, grazie all’attracco a Gdansk della prima nave cisterna di gas liquefatto saudita, non è più l’unico fornitore di gas della Polonia. Il nuovo gasdotto che collegherà la Polonia ai Balcani s’inserisce in questo scenario di di�erenziazione dei fornitori Lo stesso Ministro dell’Energia russo ha espresso preoccupazione per la possibilità di un’accresciuta competizione.

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Verso Parigi - COP 21 _ ottobre 2015

IntroduzioneIl punto di partenza è l’evidenza scienti�ca del riscaldamento globale e la responsabilità predominante dell’attività umana nel determinarlo. Mantenendo invariati gli impegni e le politiche ambientali attuali, recenti studi paventano il superamento della soglia limite dell’aumento di 2° della temperatura globale, considerato il punto di non ritorno1. Nell’attuale scenario si palesa, quindi, la necessità di un accordo ambizioso, legalmente vincolante e globale. L’obiettivo che i governi dovranno porsi a Parigi sarà l’eliminazione graduale delle emissioni di carbonio entro la �ne del secolo, l’Europa si impegnerà a ridurle almeno del 40% entro il 2030. Per raggiungere un tale risultato è fondamentale l’istituzione di un programma di lavori a partire dal 2016.

UNFC e Protocollo di KyotoLa convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è il trattato internazionale avente ad oggetto l’ambiente ad avere maggiore legittimità essendo l’adesione virtualmente globale. U�cialmente adottato nel 1992, l’accordo, prevedendo un incontro annuale fra le parti (COP-Conference of the Parties), ha funto da cornice per ogni successiva negoziazione o trattato. Come estensione dell’UNFCCC, il protocollo di Kyoto, adottato nel 1997, pone limiti vincolanti all’emissione di CO2 da parte dei �rmatari (alcuni paesi occidentali). La prima fase del protocollo si è conclusa nel 2012. La seconda fase d’impegni (2013-2020), concordata alla conferenza di Doha, non è entrata in vigore a causa del mancato raggiungimento della soglia minima di rati�che. Alla conferenza COP21 sarà, quindi, necessario che l’UE, gli stati membri e i partner internazionali s’impegnino a una più rapida diminuzione delle emissioni di gas serra rispetto a quella prevista dalle attuali politiche ambientali.

Punti ChiaveGigattonne/Emissions’ GAP: rappresenta lo scarto fra gli impegni, le norme attualmente in vigore e la regolamentazione necessaria per scongiurare un aumento della temperatura superiore ai 2° C. Nella relazione Pargneux2 viene sollecitata l’adozione a Parigi di nuove e più ambiziose misure prima del 2016. Nello scenario corrente, infatti, si prevede un innalzamento della temperatura attorno ai 3,6-4,2° C raggiungibili anche prima del termine della seconda fase di Kyoto.

Divergenza fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo: i paesi in via di sviluppo attribuiscono la responsabilità storica dell’inquinamento all’occidente. Nonostante i paesi in via di sviluppo determinino, oggi, la maggiore quota di emissioni di CO2, essi guardano con scetticismo a impegni vincolanti che possano in qualche modo limitare la loro crescita industriale. Molti di questi condizionano un loro eventuale sforzo in senso ambientale a un pacchetto di sostegno �nanziario e alla garanzia di un maggiore accesso tecnologico.

Flessibilità: l’accordo dovrà predisporre un organismo di revisione e controllo che garantisca allo stesso la necessaria dinamicità. Gli impegni assunti dovranno, infatti, essere suscettibili di modi�ca nel caso le evidenze scienti�che ne richiedano un innalzamento.

G7: per la prima volta i leader del G7 hanno riconosciuto, quest’anno, l’impegno ad eliminare il consumo di energia fossile entro la �ne di questo secolo. Gli stessi si sono, inoltre, impegnati nel �nanziamento di 100 miliardi di dollari annui del Green Climate Fund (GCF) predisposto per favorire progetti di mitigazione e adattamento3 nei paesi in via di sviluppo.

1. Un aumento superiore innescherebbe un processo irreversibile. 2. Gilles Pargneaux è il rappresentante del parlamento alla conferenza, qui troverete la sua relazione.3. Mitigazione=misure che limitano l’emissione di CO2. Adattamento=misure che limatino gli e�etti del riscaldamento globale.

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IntroduzioneIl punto di partenza è l’evidenza scienti�ca del riscaldamento globale e la responsabilità predominante dell’attività umana nel determinarlo. Mantenendo invariati gli impegni e le politiche ambientali attuali, recenti studi paventano il superamento della soglia limite dell’aumento di 2° della temperatura globale, considerato il punto di non ritorno1. Nell’attuale scenario si palesa, quindi, la necessità di un accordo ambizioso, legalmente vincolante e globale. L’obiettivo che i governi dovranno porsi a Parigi sarà l’eliminazione graduale delle emissioni di carbonio entro la �ne del secolo, l’Europa si impegnerà a ridurle almeno del 40% entro il 2030. Per raggiungere un tale risultato è fondamentale l’istituzione di un programma di lavori a partire dal 2016.

UNFC e Protocollo di KyotoLa convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è il trattato internazionale avente ad oggetto l’ambiente ad avere maggiore legittimità essendo l’adesione virtualmente globale. U�cialmente adottato nel 1992, l’accordo, prevedendo un incontro annuale fra le parti (COP-Conference of the Parties), ha funto da cornice per ogni successiva negoziazione o trattato. Come estensione dell’UNFCCC, il protocollo di Kyoto, adottato nel 1997, pone limiti vincolanti all’emissione di CO2 da parte dei �rmatari (alcuni paesi occidentali). La prima fase del protocollo si è conclusa nel 2012. La seconda fase d’impegni (2013-2020), concordata alla conferenza di Doha, non è entrata in vigore a causa del mancato raggiungimento della soglia minima di rati�che. Alla conferenza COP21 sarà, quindi, necessario che l’UE, gli stati membri e i partner internazionali s’impegnino a una più rapida diminuzione delle emissioni di gas serra rispetto a quella prevista dalle attuali politiche ambientali.

Punti ChiaveGigattonne/Emissions’ GAP: rappresenta lo scarto fra gli impegni, le norme attualmente in vigore e la regolamentazione necessaria per scongiurare un aumento della temperatura superiore ai 2° C. Nella relazione Pargneux2 viene sollecitata l’adozione a Parigi di nuove e più ambiziose misure prima del 2016. Nello scenario corrente, infatti, si prevede un innalzamento della temperatura attorno ai 3,6-4,2° C raggiungibili anche prima del termine della seconda fase di Kyoto.

Divergenza fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo: i paesi in via di sviluppo attribuiscono la responsabilità storica dell’inquinamento all’occidente. Nonostante i paesi in via di sviluppo determinino, oggi, la maggiore quota di emissioni di CO2, essi guardano con scetticismo a impegni vincolanti che possano in qualche modo limitare la loro crescita industriale. Molti di questi condizionano un loro eventuale sforzo in senso ambientale a un pacchetto di sostegno �nanziario e alla garanzia di un maggiore accesso tecnologico.

Flessibilità: l’accordo dovrà predisporre un organismo di revisione e controllo che garantisca allo stesso la necessaria dinamicità. Gli impegni assunti dovranno, infatti, essere suscettibili di modi�ca nel caso le evidenze scienti�che ne richiedano un innalzamento.

G7: per la prima volta i leader del G7 hanno riconosciuto, quest’anno, l’impegno ad eliminare il consumo di energia fossile entro la �ne di questo secolo. Gli stessi si sono, inoltre, impegnati nel �nanziamento di 100 miliardi di dollari annui del Green Climate Fund (GCF) predisposto per favorire progetti di mitigazione e adattamento3 nei paesi in via di sviluppo.

Lima COP-20 – Lima call for climate actionPur fallendo nel realizzare un accordo globale e legalmente vincolante, la conferenza di Lima è stata utile nell’elaborare una serie di punti accettati da tutte le parti che indirizzeranno la conferenza di Parigi.

CBDR: common but di�erentiated responsibilities and respective capabilities. L’accordo dovrà riconoscere le di�erenti capacità nazionali e le diverse responsabilità nei confronti del riscaldamento globale. L’accordo avrà il compito di porre un piano vincolate di lungo periodo in modo da rispondere alla tardiva responsività delle politiche di mitigazione. Lo stesso dovrà, altresì, riconoscere le diverse esigenze evolutive e le di�erenti capacità di ogni parte con il �ne ultimo di assicurare il raggiungimento dei target posti.

Pacchetto Finanziario: particolarmente caro ai “Small Island Developing States” (SIDS), la cui responsabilità nei confronti del cambiamento climatico è nulla ed i primi a doverne a�rontare gli e�etti, il fondo sarà una pietra miliare dell’accordo. Basato in Corea del Sud il fondo ha già ricevuto diversi �nanziamenti anche da 8 paesi emergenti (assente la Cina che sostiene che il fondo debba ricevere liquidità esclusivamente dalle potenze occidentali). La più grande contirbutrice è stata l’Unione attraverso investimenti operati da 12 stati membri.

INDCs: intended national determined contributions. Rappresentano le misure che i governi intendono adottare per limitare il cambiamento climatico. Impegni che devono essere più ambiziosi di quelli attuali e da sottoporre all’UNFCCC prima dell’inizio di COP 21.

OstacoliTutti gli ostacoli incontrati a Lima dipendono dalla distanza di vedute fra paesi in via di sviluppo e quelli sviluppati.

INDCs: il testo �nale della conferenza di Lima non ne chiarisce lo scopo, non �ssa una deadline formale4, non ne de�nisce la forma tecnica (sta ai singoli governi decidere cosa e come pubblicare), non predispone alcun organismo di analisi degli stessi in grado di garantire che lo sforzo globale sia su�ciente (come richiesto dal blocco dei paesi sviluppati). I paesi occidentali chiedono che gli sforzi determinati negli INDCs si riferiscano alle sole politiche di mitigazione, al contrario quelli in via di sviluppo chiedono che comprendano le politiche di adattamento e de�niscano i contributi al Green Climate Fund (GCF).

Pacchetto Finanziario: I partner occidentali chiedono risultati nell’ambito della mitigazione prima di predisporre i �ussi. Questa posizione ha minato la �ducia dei paesi in via di sviluppo su una e�ettiva erogazione degli stessi.

La posizione europea – una sola voce

Target UE 2030/Relazione Pargneaux: »» Riduzione delle emissioni di CO2 del 40% rispetto ai livelli del 19905.»» Aumento del 40% dell’e�cienza energetica (anche a livello globale).»» Aumento del 30% della produzione del consumo �nale complessivo di energia da fonti rinnovabili.»» Riduzione del 79% dell’utilizzo di idro-�uorocarburi.

Potenziamento Attività Diplomatica: Durante i negoziati è di basilare importanza che l’Europa parli con una sola voce. L’Unione deve ra�orzare gli impegni già assunti per rinvigorire la propria posizione negoziale. I contatti diplomatici con i partner internazionali dovrebbero intensi�carsi per rendere partecipi le controparti del successo Europeo: nel segmento 1990-2012 si è registrata una diminuzione del 19% delle emissioni a fronte di aumento del PIL del 40%. Questo risultato evidenzia il parallelismo fra crescita economica e miglioramento della performance ambientale.

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4. 57 piani presentati (70% delle emissioni coperte).5. Il Consiglio Europeo dell’Ambiente, sostiene che l’obbiettivo per i paesi occidentali dovrà essere una riduzione fra l’80% e il 95% entro il 2050.

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L’accordo di Parigi - COP21 _ dicembre 2015

Un fatto storicoDopo vent’anni di logoranti trattive, il 12 dicembre abbiamo assistito a un momento storico che determinerà il futuro delle prossime generazioni. Per la prima volta, infatti, i leader di 195 paesi si sono impegnati congiuntamente a contenere il cambiamento climatico, tramite il rispetto dei piani di contribuzione nazionale, e a porre le basi per la transizione dell’economia globale verso un modello più sostenibile. L’accordo ra�orza il sistema delle Nazioni Unite la cui credibilità, dopo tanti accordi falliti, era a rischio. D’altra parte, una s�da mondiale non poteva prescindere da un impegno condiviso e ambizioso. A questo scopo, le parole di Mandela, già citate dal Presidente della Conferenza, sono particolarmente signi�cative: “Nessuno di noi agendo da solo può raggiungere il successo, il successo è portato da tutte le nostre mani riunite”.I negoziatori sono riusciti a superare e ricucire le distanze e le di�erenze fra paesi sviluppati, in via di sviluppo e meno sviluppati. Il con�itto Nord-Sud era stato, infatti, determinante nel fallimento della Conferenza di Copenaghen, la cui conclusione è stata dominata da una profonda e amara delusione. Al contrario, i rappresentanti presenti a Parigi sono stati protagonisti di lunghi applausi, frutto di un accordo che lancia un messaggio di vita, particolarmente importante se ra�rontato all’orrore e al senso di morte che ha pervaso la stessa città a novembre 2015.

I dettagliL’accordo raggiunto sancisce l’impegno dell’intera comunità globale a contenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia limite di 1,5°, obiettivo molto più ambizioso rispetto ai precedentemente previsti 2°. Il testo �nale pone, poi, le basi per un modello economico, a partire dal 2050, non più dipendente dai combustibili fossili, particolarmente inquinanti e principale fonte di energia per giganti economici come Cina e India. Il superamento dei dissidi fra le parti è stato possibile, anche grazie all’istituzione di un fondo Nord-Sud per la lotta al cambiamento climatico. Il fondo, che sosterrà la battaglia al riscaldamento globale nei paesi in via di sviluppo, sarà dotato annualmente di una cifra di 100 miliardi di dollari. La cifra al momento stipulata sarà, in realtà, la base per un obiettivo �nanziario ancora più ambizioso. La convenzione sarà, infatti, dotata della dinamicità necessaria per rispondere al mutamento delle condizioni ambientali tramite un meccanismo di revisione quinquennale. Lo stesso permetterà, quindi, un confronto sui risultati raggiunti e, qualora le evidenze scienti�che lo richiedano, un eventuale innalzamento del livello di ambizione. L’accordo, molto importante per la de�nizione degli obiettivi e per gli strumenti materiali forniti alle nazioni più povere, è vincolante ma non prevede misure sanzionatorie nel caso i singoli target nazionali non siano rispettati. La mancanza di pene risponde, in parte, alla necessità dell’amministrazione Obama di evitare l’approvazione del Senato, a maggioranza repubblicana, necessaria per un trattato provvisto di strumenti di esecuzione forzata.

L’Unione Europea alla Conferenza di ParigiIn questo contesto, l’UE ha giocato un ruolo di primissimo piano, ottenendo una grande vittoria diplomatica e favorendo l’inserimento della proprie priorità, come la clausola di revisione quinquennale, nel testo �nale. Il conseguimento degli obiettivi è stato raggiunto grazie, anche, al fronte unico costituito assieme a 79 paesi delle aree africana, caraibica e del paci�co. .

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IMMIGRAZIONE _ scheda, settembre 2015

Negli ultimi 5 mesi sul fronte immigrazione e crisi dei rifugiati in Europa si sono susseguite numerose azioni, prese dalle tre istituzioni principali (Parlamento, Commissione e Consiglio), e non sempre è stato facile capire cosa stesse succedendo e cosa fosse e�ettivamente, de�nitivamente approvato.

Ci sono state due risoluzioni parlamentari, due proposte della Commissione (l'Agenda sulla migrazione di maggio e la proposta annunciata nel Discorso sullo Stato dell'Unione di Juncker a settembre) ma il luogo politico dove le cose si sono complicate (con un susseguirsi di passi avanti e indietro) è stato il Consiglio europeo, ossia il vertice di Capi di Stato e di Governo.

L'ultimo si è tenuto dopo che, durante il mese di settembre, per ben due volte si è riunito il Consiglio dei Ministri della Giustizia e A�ari Interni dell'Unione (in occasione delle quali sono state prese, di fatto, le decisioni sui ricollocamenti).

Ecco, per cercare di fare un po' di chiarezza, le decisioni prese �no a questo momento:

Trasferimento dei rifugiati"Chi non condivide i valori europei e non vuole rispettare questi principi deve porsi la questione della sua presenza in seno all'Ue" - François Hollande

A inizio settembre c'è stato l'accordo per un primo trasferimento di 40.000 migranti da Italia e Grecia verso gli altri Stati europei, a cui, due settimane dopo, è seguito il via libera per un'ulteriore quota di 120.000 ricollocamenti (in entrambi i casi senza obbligatorietà per gli Stati chiamati ad accogliere i rifugiati trasferiti). Quest'ultima decisione è stata presa non all'unanimità ma a maggioranza quali�cata, con il voto contrario di Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Condizione necessaria per l'inizio di questi trasferimenti è la creazione, negli Stati coinvolti, di hotspot di identi�cazione dei migranti.

I fondi"Sarebbe completamente sbagliato per l'Unione europea dire che non possiamo farcela. Dobbiamo impegnarci di più sul fronte esterno" - Angela Merkel

La Commissione europea ha presentato una serie di azioni prioritarie, da adottarsi nei prossimi sei mesi, che interessano sia il livello operativo sia quello �nanziario. Per quanto riguarda quest'ultimo, la Commissione ha proposto una serie di aumenti nei contributi, sia per il 2015 sia per il 2016, che dovranno essere approvati da Parlamento e Consiglio. In particolare:

l'allocazione di 1,8 miliardi di euro come capitale iniziale per la creazione di un "Fondo �duciario di emergenza per l'Africa", volto ad a�rontare alle radici le cause della migrazione irregolare proveniente da questo continente;

l'aumento di ulteriori 100 milioni del �nanziamento di emergenza per gli Stati membri più colpiti, �nanziamento che era stato già raddoppiato per l'anno 2015, rispetto alle previsioni iniziali;

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Negli ultimi 5 mesi sul fronte immigrazione e crisi dei rifugiati in Europa si sono susseguite numerose azioni, prese dalle tre istituzioni principali (Parlamento, Commissione e Consiglio), e non sempre è stato facile capire cosa stesse succedendo e cosa fosse e�ettivamente, de�nitivamente approvato.

Ci sono state due risoluzioni parlamentari, due proposte della Commissione (l'Agenda sulla migrazione di maggio e la proposta annunciata nel Discorso sullo Stato dell'Unione di Juncker a settembre) ma il luogo politico dove le cose si sono complicate (con un susseguirsi di passi avanti e indietro) è stato il Consiglio europeo, ossia il vertice di Capi di Stato e di Governo.

L'ultimo si è tenuto dopo che, durante il mese di settembre, per ben due volte si è riunito il Consiglio dei Ministri della Giustizia e A�ari Interni dell'Unione (in occasione delle quali sono state prese, di fatto, le decisioni sui ricollocamenti).

Ecco, per cercare di fare un po' di chiarezza, le decisioni prese �no a questo momento:

Trasferimento dei rifugiati"Chi non condivide i valori europei e non vuole rispettare questi principi deve porsi la questione della sua presenza in seno all'Ue" - François Hollande

A inizio settembre c'è stato l'accordo per un primo trasferimento di 40.000 migranti da Italia e Grecia verso gli altri Stati europei, a cui, due settimane dopo, è seguito il via libera per un'ulteriore quota di 120.000 ricollocamenti (in entrambi i casi senza obbligatorietà per gli Stati chiamati ad accogliere i rifugiati trasferiti). Quest'ultima decisione è stata presa non all'unanimità ma a maggioranza quali�cata, con il voto contrario di Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Condizione necessaria per l'inizio di questi trasferimenti è la creazione, negli Stati coinvolti, di hotspot di identi�cazione dei migranti.

I fondi"Sarebbe completamente sbagliato per l'Unione europea dire che non possiamo farcela. Dobbiamo impegnarci di più sul fronte esterno" - Angela Merkel

La Commissione europea ha presentato una serie di azioni prioritarie, da adottarsi nei prossimi sei mesi, che interessano sia il livello operativo sia quello �nanziario. Per quanto riguarda quest'ultimo, la Commissione ha proposto una serie di aumenti nei contributi, sia per il 2015 sia per il 2016, che dovranno essere approvati da Parlamento e Consiglio. In particolare:

l'allocazione di 1,8 miliardi di euro come capitale iniziale per la creazione di un "Fondo �duciario di emergenza per l'Africa", volto ad a�rontare alle radici le cause della migrazione irregolare proveniente da questo continente;

l'aumento di ulteriori 100 milioni del �nanziamento di emergenza per gli Stati membri più colpiti, �nanziamento che era stato già raddoppiato per l'anno 2015, rispetto alle previsioni iniziali;

l'aumento di ulteriori 200 milioni per gli aiuti umanitari (destinati a World Food Programme, Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite e altre organizzazioni impegnate nell'aiuto immediato dei rifugiati) nel 2015 e di 300 milioni nel 2016;

l'aumento del �nanziamento per tre agenzie europee (Frontex, U�cio europeo di sostegno per l'asilo - EASO, Europol) di 1,3 milioni di euro per il 2015 e di 600 milioni per il 2016;

il ra�orzamento dello European Neighbourhood Instrument (ENI) attraverso un nuovo contributo di 300 milioni per il 2015;

lo stanziamento di 1 miliardo di euro per la Turchia e di 17 milioni per Serbia e Macedonia come aiuto ai Paesi con�nanti con l'Unione europea nella gestione della crisi dei rifugiati.

Le politiche di medio e lungo periodo"Nonostante la nostra fragilità e la nostra percezione di molte debolezze, oggi è all'Europa che si guarda come un luogo di rifugio e di esilio. Questo è qualcosa di cui andare �eri, anche se non è privo di s�de" - Jean-Claude Juncker

È evidente a tutti come, parallelamente alla previsione di aiuti e stanziamenti immediati, sia necessaria una riforma profonda del sistema di asilo europeo, che preveda regole comuni e condivise. Anche su questo fronte la Commissione europea ha avanzato delle proposte concrete:

un ra�orzamento di Frontex e la creazione di una Guardia Costiera Europea (una proposta su questo sarà presentata a dicembre di quest'anno);

una proposta, che vedrà luce a marzo 2016, di un sistema permanente di ricollocamento dei migranti e di una riforma del Regolamento di Dublino;

la piena attuazione delle misure contenute nel recente piano presentato dalla Commissione in materia di rimpatrio;

l'apertura di canali legali di immigrazione, tema sul quale la Commissione prevede di avanzare una proposta (che includerà la revisione del sistema della "Blue Card") a marzo del prossimo anno.

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Equità di genere in Europa

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MILANNOVEMBER 5, 2015

The Digital Single Market: a revolution en rose?How digital tools can boost women empowerment

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Saluti istituzionali

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Valeria Fedeli

(Vice Presidente del Senato)

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La Vice Presidente del Senato della Repubblica

Sen. Valeria Fedeli

Roma, 5 novembre 2015

IL MERCATO UNICO DIGITALE - UNA RIVOLUZIONE ROSA?

COME GLI STRUMENTI DIGITALI POSSONO SPINGEREL'EMPOWERMENT FEMMINILE

Milano, 5 novembre 2015

Messaggio della Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli

Grazie,

sono onorata di portare il mio saluto a questa importante iniziativa.

L'adozione della strategia per la costruzione del digital single market e'un'ottima notizia per tutta l'Unione Europea, ha un potenziale di sviluppoincredibile e a ragione rappresenta una delle priorità del mandato di junkercome presidente della commissione.

Il lavoro da fare per l'implementazione e' molto lungo, le azioni descrittenella strategia, che intervengono sui tre pilastri sono azioni che necessitanodi un lasso di tempo abbastanza ampio, e prevedono una serie di interventidegli stati membri a supporto della costruzione sia della rete su cui ilmercato dovrà innestarsi, che del mercato stesso per adeguare normative ecreare un contesto legislativo adeguato.

E' un'urgenza lavorare su questo, l'Europa come unità politica haaccumulato un ritardo troppo grande sugli Stati Uniti e sta diventando una

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La Vice Presidente del Senato della Repubblica

Sen. Valeria Fedeli

zavorra per le tante imprese che potrebbero beneficiare di questo ma sitrovano in condizione di non poterlo fare e quindi perdono competitività.ed e' una risorsa specie per le PMI, perché le grandi aziende riescono asopportare i costi di stare sul mercato del digitale anche oggi, mentre per lealtre questi rappresentano muri difficilmente sormontabili come dimostrail dato per cui solo il 7% delle PMI europee esporta oltrefrontiera grazie almercato digitale.

Siamo all'assurdo per cui abbiamo il mercato unico delle merci, dei servizi,dei capitali, ma non del digitale.

Per un'Europa in cui la disoccupazione continua ad essere un problemagigantesco, specie per le giovani generazioni, questa sfida e' oggi strategicae deve vederci impegnati a coglierla costruendo gli strumenti più adeguatiper farlo.

Il titolo del Convegno di oggi affronta per tempo un tema, quello dellaparità di genere, che mi sta molto a cuore e che è determinante perl'effettivo e concreto risultato della strategia del digital single market.

Il fatto che lo si affronti in maniera preventiva cercando di lavorare verso laparità di genere in mezzo ad cambiamento così grande, e non a posteriori,rende onore a chi ha organizzato la discussione, e di questo e del suoimpegno quotidiano vorrei ringraziare alessia mosca.

Il mercato unico digitale sarà senz'altro una rivoluzione, dobbiamolavorare perché sia anche una rivoluzione rosa. Per aprire nuovi spazi dioccupazione, management e impegno femminile, perché non succeda comealtre volte che questi spazi verranno occupati in modo squilibrato più dauomini che da donne.

Diciamo che la partenza non e' incoraggiante: i dati sulle giovani donne e illoro rapporto col mondo dell'ICT, sia per quello che riguarda lo studio cheper quello che riguarda il lavoro, non sono rosei.

Poche ragazze si laureano in questi ambiti, poche ci lavorano e troppo altisono i tassi di abbandono del lavoro col procedere degli anni (lo dicono idati).

Ma siamo ancora in tempo per metterci al lavoro su questo e per costruirele condizioni perché si inverta la tendenza.

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La Vice Presidente del Senato della Repubblica

Sen. Valeria Fedeli

Sono due i settori su cui intervenire ma va fatto rapidamente perché itempi di realizzazione del mercato unico lasciano poco spazio alleincertezze.

Uno é quello dello smart working, tema che so essere molto caro ad alessia,prima firmataria di una legge su questo depositata lo scorso anno allacamera e che sta a cuore anche a me, da sempre impegnata sui temi dellaconciliazione, che vorrei oggi diventasse condivisione in tutti i campi comepropone il mio DDL sulla genitorialità condivisa.

Quello del digitale e ICT é infatti un settore che potenzialmente sembra ingrado di attrarre le donne in misura molto maggiore rispetto ad altriperché e' proprio nei mestieri digitali che ci sono spazi maggiori per laconciliazione/condivisione tra lavoro e famiglia anche grazie allo smart-working, su cui il governo sta intervenendo proprio in questi giorni. É untema affrontato nel titolo 2 del ddl sul lavoro autonomo che dovràcompletare il jobs act attraverso il quale si mira a offrire tutele, strumenti eincentivi per la diffusione di queste forme di lavoro che possono esseredavvero importanti per incentivare l'occupazione femminile

l'altro tema e' quello dell'educazione di genere e della rimozione deglistereotipi sedimentati, che vanno invece ad incidere sulla propensionedelle ragazze a studiare queste materie ed a costruirsi gli skill perinventarsi un'opportunità di lavoro e crescita nel settore.

Secondo l'indagine PISA dell'Oecd, i motivi per cui le ragazze non siavvicinano alle lauree e alle materie STEM non sono antropologici, ma,come sottolineato nelle conclusioni del Rapporto, dal fatto che i genitorisiano più propensi a pensare che i figli maschi, piuttosto che le figlie,lavoreranno in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico, informatico, equesti pregiudizi, assieme a quelli simili degli insegnanti, ed a un contestosociale ancora troppo segnato da stereotipi di genere per cui esisterebberomestieri da uomo e mestieri da donna, producono effetti dannosi sullepotenzialità occupazionali e di libero sviluppo delle ragazze. il rapportoPISA conclude affermando che: "l'azione concertata di genitori, insegnanti,responsabili delle politiche dell'istruzione e dei leader di opinione è necessaria perconsentire ai ragazzi e alle ragazze di sviluppare pienamente il loro potenziale e di

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La Vice Presidente del Senato della Repubblica

Sen. Valeria Fedeli

contribuire alla crescita economica e al benessere delle società in cui vivono. sichiama educazione di genere, ed e' quella che stiamo portando nelle scuole".

Quanto le donne siano un fattore centrale per la crescita del Paese,dell'Europa e del mondo e' ormai sottolineato da una serie di istituti, studi,e sembra che se ne stia acquisendo consapevolezza anche in buona partedel mondo politico. non si possono che leggere così le iniziative delGoverno, dal jobs act con le politiche per la conciliazione, al lavoro sullosmart working, all'attenzione costante al tema della parità di genere.

Siamo oggi davanti ad un settore con prospettive certe e dimensionienormi, quello del mercato unico digitale, nel quale mostrare una mutataconsapevolezza della politica, se esiste, che può spostare l'asse del suoagire dal porre rimedio a errori già fatti a impostare le condizioni perché lecose vadano diversamente.

Questa e' la sfida del Mercato Unico Digitale oggi, ed e' una partita dagiocare assieme a tutti i livelli.

Grazie e buon lavoro.

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Introduzione ai lavori

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Alessia Mosca(Membro del Parlamento europeo)

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Buongiorno a tutti,

vi ringrazio molto di essere qui oggi e in modo particolare vorrei ringraziare tutti i nostrirelatori, venuti da diverse parti d’Europa e non solo, e il Centro Congressi Stelline, che ciospita.

Internet è una tecnologia “general purpose”, come l’elettricità e il vapore: vengono chiamatecosì le tecnologie “strumentali” utilizzabili in tutti i diversi settori della produzione. Questo, amio modo di vedere, è l’elemento che più di ogni altro ci fa parlare oggi di “rivoluzione”digitale. La nascita di Internet e del digitale, in senso più ampio, e, via via, la loro sempremaggiore capillarità nelle quotidianità delle nostre vite così come nelle metodologieproduttive, ci impongono una riflessione, a cui dobbiamo fare seguire azioni concrete,coerenti e soprattutto lungimiranti.

Una rivoluzione, per definizione, è un avvenimento che cambia paradigmi e dinamiche difunzionamento di un dato sistema, per modificarlo profondamente, innovarlo. Può essere unagrande opportunità, così come un grande rischio. La differenza tra questi due esiti antiteticista in noi: nelle nostre capacità di interpretazione dell’esistente e di immaginazione delle suepotenzialità ancora inespresse e, soprattutto, nella nostra capacità di regolazione. Tutte cose,del resto, strettamente legate: non si può regolare efficacemente un fenomeno se prima non losi è compreso profondamente.

Durante questa giornata vi verranno presentati molti dati, ricerche, testimonianze direttelegate al mondo del digitale e, soprattutto, all’esperienza delle donne al suo interno.

Mi permetto di metterne sul tavolo qualcuno anche io, da offrire alla discussione: oggi, inItalia, solo il 49 per cento delle donne lavora. E’ una cifra tristemente nota, che ciclicamentericompare in un servizio al telegiornale, causata da una serie di problemi che sappiamo, di cuiabbiamo discusso molte volte.

Allo stesso tempo, e forse questa cifra la si conosce meno, attualmente nel nostro Paese il 22per cento delle posizioni aperte legate alle ICT – Information & Communications Technologies– non trova candidati all’altezza.

Nel 2020 in tutta Europa potrebbero esserci, a seconda degli scenari economici, da 730.000 aoltre 1,3 milioni di posti di lavoro vacanti.

Abbiamo un disperato bisogno di formazione, e formazione digitale in modo particolare,proprio perché questa presenza “orizzontale” di Internet nel prossimo futuro renderànecessarie le competenze digitali non solo in settori legati alle ICT ma in tutti gli ambiti dilavoro. Ecco la prima occasione che abbiamo per trasformare la rivoluzione digitale in una“rivoluzione in rosa”.

La seconda occasione, importante tanto quanto l’aumento dei posti di lavoro per le donne,riguarda quale tipo di lavoro vogliamo avere in futuro.

Fino a questo momento, gli strumenti digitali sono stati un vincolo più spesso che una risorsa:le email ci raggiungono ovunque, accade sempre più spesso che ci portiamo il lavoro a casa

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eppure, allo stesso tempo, troviamo mille ostacoli se chiediamo una giornata di lavoro da casaper esigenze personali. O si fa formale richiesta di telelavoro, con tutti gli oneri chequest’ultimo comporta, oppure si deve prendere un giorno, o mezza giornata, di ferie. Purlavorando.

E’ notizia recente la presentazione da parte del Governo di un ddl sullo smartworking.Leggendo il testo, ho notato con piacere che riprende in gran parte quello presentato da meinsieme alle colleghe Saltamartini e Tinagli nel gennaio del 2014… quasi due anni fa. Fapiacere sapere che, alla fine, le buone idee trovano sempre un’occasione di diventareconcrete!

Non solo il contenuto ma anche il metodo di quella proposta era stato innovativo. Abbiamoorganizzato dei gruppi di consultazione delle parti interessate: lavoratori, dirigenti d’azienda,avvocati di diritto del lavoro, e così via. Abbiamo ascoltato necessità e perplessità, analizzatoopportunità e rischi, per poi tradurre questo lavoro durato circa tre mesi in una proposta dilegge. Sono felice di rivedere oggi in sala alcuni dei partecipanti a questo percorso.

L’opportunità del digitale è rivoluzionaria perché ci permette, invece di cambiare singolielementi all’interno del quadro, di modificarne la cornice, di creare regole nuove che dianospazio a esigenze nuove.

L’obiettivo deve essere una società sostenibile e soprattutto inclusiva: se il digitale può esserelo strumento chiave di questa rivoluzione, non ho dubbi sul fatto che debbano essere le donne,che nell’inclusività sono maestre e dell’esclusività le prime vittime, a guidarla.

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The Long Way to a Digital SingleMarket

Panel #1

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Fabrizio Spada(Head of Milan Representation, European Commission)

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Milano, 5 Novembre 2015

“The Digital Single Market: a revoluton en rose?”

“The long way to a Digital Single Market”

Spunt per intervento: Fabrizio Spada

PREMESSA L'ICT rappresenta oggi il pilastro di qualunque sistema

economico moderno e le opportunità da esso oferte in termini di innovazione, crescita e occupazione sono enormi.

Tutavia, le barriere atualmente esistent:o limitano le possibilità dei citadini di accedere a beni e

servizi online o si traducono in orizzont limitat per lo sviluppo delle

imprese e start-up o comportano mancat benefci anche per i governi

mancato sfrutamento del pieno potenziale degli strument tecnologici.

Necessità di adeguare il mercato unico europeo all’età digitale Come? Tramite la creazione di un mercato unico digitale, una delle 10 priorità dell’atuale Commissione. Un mercato unifcato a livelloUE, con condizioni favorevoli allo sviluppo delle tecnologie digitali e a un loro utlizzo maggiore da parte di imprese e consumatori.

Page 94: Il 2015 al Parlamento Europeo

Il Mercato Unico Digitale punta ad eliminare la molteplicità di regolamentazioni vigent nell’EU (uno dei principali ostacoli alla

digitalizzazione), passando dai 28 mercat nazionali atuali ad uno solo comune.

OBIETTIVO GENERALE DEL DSM: abbatere le barriere per sbloccare nuove opportunità favorire una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva dell’area EU.

BENEFICI OTTENIBILI:

innovazione

aumento investment

aumento efcienza

diminuzione cost

concorrenza leale

modelli di business e amministratvi migliori

aumento soddisfazione consumatori (es. prezzi inferiori, maggior varietà, semplifcazione)

creazione nuovi post di lavoro

crescita economica

PRINCIPALI OSTACOLI Molteplicità normatve Disparità nelle opportunità a disposizione dei consumatori

online (v.geo-blocking, accesso a internet ecc.)

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Scarsa fducia sia da parte delle imprese sia dei consumatori verso le piataforme di e-commerce, sopratuto transfrontaliero

Limitata difusione della banda larga e delle ret di navigazione 4G e 5G

Accesso al credito poco agevole Barriere di inefcienza: geoblocking, ritardi di consegna,

burocrazia

FACTS&FIGURES:

Solo il 15% dei citadini europei acquista online da un altro Stato membro

Solo il 7% delle PMI vende all’estero

11,7 miliardi di euro il risparmio per i citadini UE se fossero liberi di acquistare da qualunque Stato Membro

Tra i 415 e i 500 miliardi di euro l’anno generabili da un mercato digitale unico pienamente funzionante

Quasi la metà della popolazione UE manca di competenze digitali adeguate

La strategia per il mercato unico digitale defnisce 16 azioni chiave, suddivise in 3 pilastri, che la Commissione atuerà entro la fne del 2016:

PILASTRO 1: Migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tuta Europa per i consumatori e le imprese

1. Norme per agevolare commercio eletronico transfrontaliero una più vasta gamma di dirit e di oferte per i consumatori,maggior facilità nelle vendite oltre frontera

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2. Atuazione più rapida ed omogenea delle norme di protezione dei consumatori maggior fducia dei consumatori, aumento volume scambi

3. Servizi di consegna dei pacchi più efcient e a prezzi accessibili

4. Eliminare il geoblocco ingiustfcato (= i venditori online che impediscono ai consumatori di un determinato Stato di accedere al loro sito Internet sulla base della loro ubicazione oppure li reindirizzano verso un sito di vendite locale che pratca prezzi diversi.

ES: Amazon, che reindirizza verso il sito nazionale oppure applica tarife di consegna partcolarmente alte per ordini efetuat sul sito di un Paese diverso dal proprio; Sky o Netlix, che impediscono la fruizione del proprio servizio in Stat diversi da quelli di stpula del contrato)

5. Norme in materia di anttrust individuare eventuali problemi di concorrenza

6. Modernizzazione legislazione sul dirito d’autore

7. Revisione diretva sulla trasmissione via satellite e via cavo

8. Semplifcazione del regime IVA

PILASTRO 2: Un contesto favorevole in cui i network e i servizi digitali possano prosperare

9. Revisione regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni (banda larga, fne roaming ecc.)

10. Adatare la normatva sui servizi di media audiovisivi ai nuovi modelli commerciali

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11. Analisi detagliata ruolo piataforme online (modo di utlizzo, scarsa trasparenza informazioni, contenut illecit ecc.)

12. Raforzare norme su tutela dat personali (negoziazioni in corso su un regolamento unico per l’UE)

13. Investre nella tecnologie ICT (es. cloud computng, big data)

PILASTRO 3: Massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale

14. Promuovere il libero fusso dei dat per facilitare gli scambi commerciali

15. Individuare le priorità normatve nei setori digitali

16. Promuovere una società digitale inclusiva eGovernment,occasioni di formazione digitale per i citadini.

La realizzazione pratca di queste azioni richiederà un costanteimpegno a livello UE e dei singoli Stat membri (nonché a livelloregionale). L’atuazione è coordinata da un gruppo di commissari,incaricat di coinvolgere gli Stat membri e il Parlamento europeonell’avanzamento dei lavori.

A CHE PUNTO SIAMO? ALCUNI ESEMPI:

Geo-blocking: la Commissione ha lanciato una consultazionepubblica, aperta fno al 28 dicembre, per analizzare lerestrizioni ingiustfcate che imprese e consumatori incontranonell’acquisto e vendita di prodot e servizi nell’area Ue.

IVA: la Commissione ha lanciato anche qui unaconsultazione, per individuare metodi che semplifchino ipagament dell'IVA sulle operazioni di e-commerce

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transfrontaliero nell'Ue, prima di elaborare le sue propostelegislatve sul tema, che verranno presentate nel 201.6

Cost di Roaming (= aumento delle tarife applicate a sms,chiamate e navigazione web per chi si trova all’estero): ilParlamento europeo ha appena votato a favore dela propostasulla fne dei cost di roaming all’interno dell’area EU entrogiugno 2017.

Due passaggi:- riduzione dei cost nel 2016- cancellazione totale nel 2017

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Josephine Wood(Political Advisor, S&D Group, European Parliament)

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Group of the Progressive Alliance of

Socialists & Democrats

in the European Parliament

MAY 2015 TOWARDS A DIGITAL UNION - OUR PROGRESSIVE VISION The European Union is undergoing a digital revolution that impacts on our daily, political, social, economic and cultural lives. As European Socialists and Democrats we welcome the opportunities this revolution offers for all European citizens and want to tackle head on any potential challenges. New technological developments must help tackle social inequalities and discrimination, create jobs, and promote openness, fairness, transparency, sustainability and accountability in our society. The internet allows more open communication and better access to information - contributing to a growing global participative community. It is no longer a mere technical platform: it drives social, cultural and technological innovation. Internet and digital policy must serve to benefit us all, increase societal and civic participation and improve our quality of life. For this reason, EU digital policies need to be reviewed carefully so that all Europeans can benefit from the growing digital economy. The European Union's ability to recover from the economic crisis and its future competitiveness will depend largely on its capacity to promote and implement an ambitious Digital Strategy and lead in the development of digital content. For most European citizens, using this form of communication and accessing new sources of information from across Europe and beyond is already an integral part of everyday life. It changes the way we live, learn, work and communicate. It is important to acknowledge positively the speed of digital and technological change, develop a better understanding about the potential risks associated with digitization, and ensure that this revolution truly serves our citizens and our economy so that everyone can benefit from it. The S&D Group wants to ensure that digitization is a tool that complies with and respects our fundamental values and in particular the protection of freedom, justice, pluralism, accessibility, and solidarity. It must develop in ways that will help communities prosper, and promote human dignity, self-determination, the rule of law, privacy, ethnic and cultural diversity, free speech and democracy. We believe that Europe needs a balanced digital policy to ensure that basic values are respected. Because of the modernising and potentially disruptive nature of digitization, digital policies need to be shaped in order to achieve Europe's true potential and ensure that the digital opportunity is accessible to all and not only reserved for the powerful and wealthy. The benefits of the digital economy must benefit all our communities collectively both in Europe and globally. We need to support weaker and non-digitally literate disadvantaged citizens in our society and increase access to digital public services in remote locations and ensure that citizens (including people with disabilities), who cannot access the internet are not left behind. Digitization is also a tool to help implement sustainability and sustainable growth. Smart Information and Communications Technology (ICT) solutions will connect countries, regions, cities, rural communities, businesses and citizens across Europe to improve the quality of lives of our citizens in resource efficient ways. As digital policies are cross-cutting and touch many policy fields, including single market and industrial policies, our Group calls on all policy makers, trade unions, social and cultural partners, civil society and entrepreneurs to work together to address the different aspects of the digital economy in line with our social democratic values and our vision. Europe's policies must reflect the latest innovations and ensure that they create the foundations to build a properly functioning, inclusive, digital society both in Europe and across the world.

S&D

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TOWARDS A DIGITAL UNION: MORE THAN JUST A MARKET OR AN AGENDA Digitization will bring new opportunities for European citizens in the form of new skills, jobs and economic growth. It could help Europe's long awaited sustainable economic recovery and enhance the EU's internal and external competitiveness. At the same time, digitization is disrupting traditional policy processes and business models. As policymakers, our Group recognises this and will fight to ensure that digitization is a tool that reinforces our values and policy priorities in order to build a fairer, more inclusive and dynamic society, where individual rights are protected. We want to see the growth of the European digital society lead to more European research and innovation, greater investment in job creation, and more creativity and businesses across the EU. Europe must use this opportunity to develop state of the art educational systems, better labour protection standards, better resource and energy efficiency, to support the Energy Union, and to promote gender equality and equal access for the marginalised and for people living with disabilities. We want to see proper support for technology developments which enable citizens to cooperate and share resources intelligently in order to build ICT tools for a better and more sustainable society. In contrast to its earlier "Digital Agenda", the Commission should not only aim at setting ambitious goals. Our Group favours a digital strategy which proposes clear legislative and financial ways and means to reach those goals to achieve a Digital Union As the digital world evolves and as policy needs updating, the S&D Group will keep its priorities and strategy under review. For now, we highlight four areas:

1. Adapting Digital Europe's changing industrial and innovative base 2. Digital jobs for all 3. Investing in a Digital Union: infrastructure, e-government, and e-skills 4. Making EU law digital, trusted, fair and responsible

1. Adapting Digital Europe's changing industrial and innovative base Europe must improve the framework conditions for innovative industries and businesses, by supporting entrepreneurship in Europe, developing the digital economy and increasing investments in enabling fixed and mobile broadband infrastructures.

The changes that the digital era brings are disrupting some traditional industries, and at the same time developing new ones. Because of this, new laws will need to be developed primarily at EU level, in order to deal with the cross border nature of the digital ecosystem and economy. The European Union need to develop industrial policy measures which support new and established European digital innovation and manufacturing. Being able to produce individualised high quality and sustainable products could be one of the keys to unlocking re-industrialisation, and in turn create jobs in Europe.

Digitization is shaking up traditional value chains and changing interactions between production and services. In order for our European players to lead in this transformation, the S&D Group would like to see additional support provided to help the digitization of traditional industries, preparing them for the tasks and demands of the future (so-called "Industry 4.0"). This support should also be focused on micro, small and medium sized enterprises (SMEs), as many of those companies are still in the adaptation phase and may need additional support.

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More digital start-ups should be created and retained in Europe, which implies creating favourable framework conditions, with new sources of financing, business support, fairer taxation, pan-European interoperability standards, strong digital competences and a wider-reaching entrepreneurial culture. Our Group will work for a closer cooperation between already established companies and new start-ups that could promote an integrated and competitive new model of "digital manufacturing". To support new start-ups, the Commission and Member States should support the development of innovative hubs, geographical locations with a rich presence of skills and businesses to create new jobs and opportunities. We must also ensure that we create the best business environment to allow start-ups and micro enterprises to scale up their businesses. Developing start-up accelerator programmes to allow start-ups the time and space to grow their business models is vital to ensuring this.

We need to turn the EU's high-level industrial and end-user protection into a real comparative advantage. Europe needs to overcome the innovation gap and promote new European industrial digital champions. Europe's businesses need to develop their knowledge base in cutting edge technologies such as the Internet of Things (IoT), big data, cloud computing and 3D printing and in game changing digital opportunities such as the digitization of our cultural heritage, media and education; e-health, and games technologies. Europe must also play a role in determining its own approach, by combining excellence in manufacturing with digital solutions that take into account data security and protection of personal data, and more generally the potential impact (positive and negative) on society of these digital innovations and industrial applications. In the ICT manufacturing sector, Europe should support innovative digital manufacturing sectors, such as the production of cable (be they copper or fibre, including the huge submarine cables), network equipment and 'chip and pin' cards, microchips which are major components of future digital machinery. Digitization is also helping to reduce the environmental footprint of what we do. It is facilitating the networks, partnerships and actions we need to work things out in a complex and connected world. Industries are developing business models that are no longer only based on physical products but also towards business models based on services. Smart solutions must be found to address the challenge of climate change, environment, and transport and energy policies to improve environmental performance, enhance energy efficiency, eradicate energy poverty and improve sustainable resource management. ICT-enabled applications for sustainable management of natural resources and materials in production, use and end-of-life phases should be actively encouraged. This principle should also apply to the footprint of ICT related materials and hardware such as data centres and smartphones. The Commission should also continue to work on creating a functioning and trusted environment for cross-border research and development (R&D) co-operation between businesses, research institutions and public bodies. European measures such as the state aid regime and the research programme "Horizon 2020" should be used carefully. Funding should be targeted to support innovative ICT solutions, especially for SMEs. Regions have to focus on their productive strengths and strengthen developments by smart specialisation, smart chains and cluster. European cooperation has to be enhanced in order to stabilize the EU-wide value chain. In addition, since industry and research is globally connected, it will require the development of new value chains between companies. Cross border industrial and intellectual property protection will need to be clarified. European companies will also need to be protected against digital industrial espionage, theft, and sabotage more than ever. Standardization of components, including strict standardisation of the data streams and processing technologies, will be also key.

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The S&D Group calls on Commission and Member States to:

seek closer cooperation between already established companies and new start-ups in Europe that could promote an integrated, sustainable and competitive new industrial model of "digital manufacturing"

promote start-up accelerator programmes to help start-ups to grow and develop

support the development of innovative cross-border European hubs, geographical locations with a rich presence of skills and businesses to create new jobs and opportunities.

create technology centres in less industrialised European regions in order to reduce regional disparities, to support the wide diffusion of innovation, and to guarantee access to information for start-ups and SMEs from regions all over Europe.

support open standards, in order to help collective work on innovation. Open source and open access accelerate innovation processes and improve research and development. Interoperability, openness, independence, technology neutrality and portability should be promoted in the development of new ideas, products or services, as a sponsor and an innovation driver.

prioritize the development of European interoperability solutions and frameworks and ensure that pan-European interoperability standards are agreed.

speed up efforts in Europe to digitize its immense capital in terms of cultural heritage and make it available to all. It is essential for the cultural sector to make use of every opportunity offered by new technologies, especially in the development of cultural products, and by using funding provided by the Creative Europe Programme (2014-2020).

ensure that ICTs promote sustainable growth, enhance quality of life, tackle climate change and energy efficiency, promote coherent environment-friendly and sustainable R&D, design, production, use and disposal of ICTs, and extend their working life wherever environmentally efficient.

2. Digital jobs for all

In the workplace, digitization is an opportunity for many new jobs and growth through innovation. Europe must become a world leader in the development of new smart and attractive workplaces where people collaborate seamlessly with ICT technologies.

But not every employee will be able to adapt quickly enough. The EU is facing continuous shifts in technology that are bringing major changes to the labour market. There is a great need for a proactive industrial policy to meet the necessary adjustments and challenges facing our labour market, in line with increasing complexity, continuing automation and robotization. Ongoing automation and robotization is impacting on our workforces directly. We must invest more in the knowledge of how automation and robotics can be used to improve quality of life and quality of employment. We should also consider how these other ICT technologies can be used to do the job better and more safely, increase productivity, and provide opportunities to replace repetitive tasks with better quality and more challenging ones both in large companies and SMEs.

The increase in new forms of employment such as information and technology (ICT) based mobile work and crowdsourcing provide an opportunity for workers since it can lead to a higher level of autonomy and flexibility to coordinate private life and work.

At the same time, the digital economy is seen by some as posing a threat to traditional jobs in the industrial and services sectors. It also makes it easier to transform secure employment into more precarious forms of

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employment and poses serious challenges for the occupational health and safety of workers. This also presents an additional new challenge for older women and men re-entering the work force in later life. We must ensure that any future policy framework takes this into account and seeks to mitigate, or at least manage, this challenge.

Because our Group wants to ensure that these technologies can help develop sustainable, quality jobs, we call on the Commission to assess the qualitative and quantitative effects of the digital economy on employment, and to take steps to shape it in a way that is beneficial for workers. In particular we call for more research on new forms of employment arrangements and how to safeguard job quality in such processes of change. We also propose a debate between Member States concerning necessary adjustments in social security systems as well as the extension of labour law to new and growing forms of employment in order to ensure high levels of protection for employees in new forms of employment. This must also involve discussions between social partners on how to modernise social dialogue and collective bargaining and adapt it to new employment arrangements.

In the long term, unless Europe's leads the way in the development of innovative employment arrangements, all these developments may put welfare systems and the quality of employment in Europe under strain by undermining existing collective bargaining practices, eroding revenues in tax and social security systems, and hollowing out worker's rights and mechanisms of worker participation.

By 2020, it is estimated that 90% of jobs will require digital skills in the EU. We call on the Commission to support and prepare our workforce, through financing training and retraining actions, to take on this new opportunity. The Commission and Member States must work to raise skill levels and increase the interest of our young people to use their new knowledge to adapt in the new workplace. Training must also include entrepreneurial skills in order encourage creative and innovative application of these skills. The revenue or 'digital dividend' created by the gains in digital productivity should be fairly shared along the value chain and reinvested and used to provide public and private investment to create employment, especially in social, health and other public services where more capacity is needed.

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

provide ongoing assessments of the qualitative and quantitative effects of the digital economy on employment - the digital dividend from gains in digital productivity should benefit all, not just the employers.

support and prepare our workforce, through financing training, retraining and life-long learning , to take on this new opportunity.

undertake more research on new forms of employment arrangements and how to safeguard job quality in such processes of change.

encourage social partners to become a bridge in this digital transformation of the economy and the workplaces, in particular by providing basic assistance and support to workers and people in need

ensure that a transition towards a digital working environment does not undermine European working and employment standards

discuss, along with social partners, appropriate ways to address new and growing forms of employment, possible adjustments to modernise social security systems, labour law, social dialogue and collective bargaining, whilst continuing to ensure high levels of protection for employees.

promote a stronger and more resilient EURES: Encourage and assist intra-EU fair mobility of workers and its benefits.

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3. Investing in a Digital Union: infrastructure, e-government, e-skills

Europe needs to invest if it is to compete at the same level as other global players in the digital economy. The Commission should connect digital policies to other strategies such as the Energy Union and European Strategic Investment Fund (EFSI). It should also require policies to support the modernisation of the infrastructure to guarantee connectivity, the modernisation of public administration and provision of digital skills.

3.1 Broadband Infrastructure deployment and investment Our Group continues to support the goal of achieving fast broadband connections for all citizens and ultra-fast connections for at least the half of all European citizens by 2020. In particular, by 2020, 30 Mbps should be available to all Europeans regardless of where they live, and particularly in our rural and peripheral communities. More than half of European households should have access to at least 100 Mbps. Europe also needs to establish EU standards for state of the art 4G+ and 5G, and make sure that the EU leads the way. The S&D Group urgently calls on the Commission to review state aid rules to allow further funds to be invested into fixed and mobile broadband and 4G deployments. We also call for more investments at EU and national level in research and development in the area of IT security, as well as modern encoding technologies. The EU must help to develop public and private investment strategies to bring coherence between national investment plans, ICT research excellence and generate a new wave of growth and jobs connected to the new digital investments.

The European Strategic Investment Fund plan is an opportunity for coordinated investments across Europe, developing a new role for Europe in digital innovation and in the market for products, operating systems (OS) and services. Investment in connectivity is potentially an instrument for convergence. It needs to be inclusive and fair and also include full coverage of rural, remote, outermost and disadvantaged areas, to ensure that high speed connectivity can be enjoyed by all EU citizens, businesses, public administrations, schools and other organisations. Where there is market failure, public support and funding should be made available via all EU instruments such as the European Strategic Investment Fund (EFSI) and the Cohesion and Investments Funds (Cohesion Fund, ERDF, EARDF, ESF).

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

prioritise the use of public and private financing for inclusive digital infrastructure allowing high speed connectivity for all, covering all parts of the European Union including rural and remote areas.

3.2 Digitally inclusive modern public administrations Our Group will push for the modernisation of national and European public administrations, starting with e-government and e-democracy, but also focusing on areas such as digital public procurement, digital healthcare, digital civil registry, public transport, electronic invoicing and digital justice at EU and Member State level. The public sector needs to develop fully open e-public administrations that should also be made available to citizens living in remote areas, and those living with disabilities. Digitization should help make government procedures and legislation more efficient, and contribute to further reducing administrative

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costs without losses for the quality of services for citizens and business. Governments and the Commission should also consider if legislation is 'digitally modern' and assess the impact if it is not. Our Group will continue to push to make e-public administration services available for citizens travelling or residing in another EU country than their own by ensuring the cross-border interoperability of electronic identification.

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

promote and encourage the re-use of public sector information

allow all European citizens to have easy and broader access to online administrative procedures and to ensure cross border interoperability of electronic identification schemes.

use the opportunities of big data technology to improve public data sources, and allow the possibility for citizens to connect with public administrations and develop smart and sustainable solutions in areas such as public transport, smart cities, agriculture and maritime policy.

encourage the use of digitization in EU and national public administrations to render them most cost-effective and digitally modern.

3.3 From school to skills - ICT life skills are for all. Our Group favours measures to combat the steadily widening digital divide in access to the internet, e-skills, and literacy, in order to include all citizens and give them the right to information, regardless of income, social situation, disability, geographical location, health, age, gender or sexual orientation. In the digital era, European citizens need to adopt 'digital worklife balance' strategies where they are able to work and live with digital technologies in a balanced and a beneficial way. The Commission and Member States should in particular set out measures and share best practice to support digital skills training for micro, small and medium sized enterprises (SMEs) and citizens (particularly for children, people with disabilities, and the elderly) and to improve e-learning models and educational platforms (with special emphasis on tools that will engage girls at an early age) . At school, digital skills and coding must be taught to all children and should be introduced into national education curricula. These skills will allow our children to be creative and be ready to operate in our digital society. And crucially, these skills will help children to protect themselves. To support access to digital skills, we want all people to have open access to digital educational media without barriers. Open educational resources and the further development of digital learning and teaching materials under free licences, could contribute decisively towards achieving equal opportunities in education. This is also strongly supported by the European Programme for Education, training, youth and sport - Erasmus+ Programme. In addition, all generations should be enabled to use the possibilities of the digital world independently, critically and responsibly and be able to protect themselves from abuses or associated risks. EU citizens have to be made aware of their digital rights. Advanced training and continuing education have become crucial because of digitization's quicker innovation cycles. Cyberbullying, fraud, online grooming, hate speech and hate crimes, and harassment present growing threats to vulnerable citizens in the online community, and in particular have made the internet an increasingly unsafe space. Online communication platforms and the wider internet should be encouraged in any future policy framework to address these issues and respond to legitimate complaints of online behaviour which threatens, bullies, or harasses.

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Finally, globally, digitization is a tool that could help developing countries out of poverty. The S&D group like to see a digital literacy development target.

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

support micro, small and medium enterprises and citizens, the elderly and people with disabilities to have access to digital services across borders

develop digital educational IT courses adapted to girls and boys

include digital skills in the school curriculum from primary level upwards

promote STEM (Science, Technology, Education and Mathematics) subjects in higher education

guarantee open access to digital education and ICT tools

work with digital companies to prevent cyberbullying and promote 'online best behaviour'

promote digital literacy development targets at global level

guarantee online protection of the vulnerable - children in particular must be a priority, especially when it comes to abuse online. An open and free Internet for all does not mean an Internet without rules. We also call for more funding to go into this aspect of digital work and more analysis of the cultural and societal impact of a digitised society on our citizens.

4. Making EU law digital, trusted, fair and responsible

Europe can add value by ensuring that digitization and the internet are allowed to develop in a space where the internet is open and safe for citizens and where companies and SMEs can use the internet to create, innovate, communicate and trade and can operate as or more effectively in the digital economy as they do in the physical world. 4.1 Establishing a trusted Digital Union It is essential to establish trust in digital solutions for citizens, consumers and companies. Europe's digital strategy must balance ICT innovation with the need to protect citizens' personal data, and privacy. We want to work with Member States to conclude negotiations on the Data Protection Package so that a final agreement with high protection standards is reached soon. All new digital technologies that collect, store and use big data (including algorithm development) must respect personal privacy, The security of electronic communications and networks is fundamental if they are to ensure that this technology is fully trusted by citizens and companies, especially SMEs. More EU coordination and operational cooperation (and swift adoption of the "cybersecurity" Directive) and European industrial leadership is also needed to prevent and counter growing cyber-attacks and to ensure high and homogeneous levels of security across the whole European territory.

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

agree the Data Protection Package which must include a high level of protection for citizens.

ensure that the use of digital technologies that enable to collect, store and use big data (including algorithm development) respects personal privacy.

build trust by guaranteeing the security of electronic communications and networks technologies, especially SMEs and micro businesses.

agree the Network Information Security (cybersecurity) directive, in order to ensure better cooperation to prevent and deal with unwanted cyber-attacks.

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4.2 Accessing an affordable open internet: Our Group wants an electronic communication network to provide services to businesses and customers that are fair, accessible (including across borders), affordable, connected and coordinated. The regulatory framework for electronic communications needs to be updated take into account digital innovation, evolving customer digital needs, updated consumer protection, cross border competition, and support Europe's digital needs.

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

put an end to retail roaming charges inside the EU including data

guarantee legal certainty for genuine net neutrality. All internet traffic should be treated equally, without discrimination, restriction or interference, irrespective of its sender, receiver, type, content, device, service or application. Traffic management should be allowed in exceptional circumstances only, and within clear limits provided by law.

improve consumer protection (including universal service provision) which must be included in electronic telecommunications framework rules.

ensure a more coordinated spectrum policy in Europe.

4.3 A fairer Digital Single Market for consumers and citizens: Consumer rules and fundamental rights for online digital provision of goods and services must be promoted, respected and defended. There should be a fair and transparent digital environment. It is crucial to combat geographical discrimination against consumers, different conditions of access based on the nationality or the place of residence of goods and service recipients within the Digital Single Market.

The S&D Group calls for Commission to:

consider reviewing the e-commerce directive and its impact on consumer protection and ensure a fairer and innovation friendly online environment.

consider introducing an e-commerce trustmark, update the enforcement directive and monitor closely the functioning of the recently implemented Consumer Rights Directive in the digital economy.

strengthen the rules on "cookies" to give consumers actual information of the possible risks so that they can provide informed consent

establish a European-wide labelling scheme to inform consumers about receiver-performance in mobile phones.

ensure that the Alternative Dispute Resolution Directive is implemented correctly by the Member States, taking into account language diversity, and set up the Online Dispute Resolution Platform as soon as possible.

propose an e-delivery services driven towards innovative and interoperable solutions for a truly European delivery market and ensure that a more transparent calculation of delivery costs while online purchasing is undertaken.

enforce EU competition rules in order to prevent excessive market concentration and abuse of dominant position, to monitor competition with regard to bundled content and services, and if necessary consider establishing a legislative framework for unbundling search engines from other commercial services.

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4.4 The online world must respect 'offline' rules: The EU needs a regulatory framework which promotes a fair, open and transparent competitive environment for all economic actors in Europe.

The S&D Group calls for Commission and Member States to:

review business practices of platforms in the so-called "sharing economy," and consider the possibility of a framework for the operation of platforms in the digital economy.

insist on the application and enforcement of existing regulation in the areas of labour law, health and safety regulations, data protection and consumer protection standards.

consider that so called 'Over The Top (OTT)' providers should be subject to the same regulation when it comes to content, access or privacy and data protection, and when they provide comparable telecoms services to those currently covered by the electronic telecommunications frameworks.

ensure a coordinated, fair and sustainable taxation policy in the digital economy

align tax rates for digital content and similar physical goods such as e-books.

4.5 Adapting legal rules to the digital world: Europe's creative and cultural industries play an essential role in promoting cultural diversity, and are a major factor of growth and job creation: they are an important player in the EU's economic recovery. The S&D Group will push for the right balance to be found between authors, artists, producers, distributors (online and offline), and users with regard to the tension between access/circulation and protection of creative content online.

Whilst EU copyright rules are central to the promotion of creativity and innovation, they also regulate access to knowledge and information to protected content. Digitization has opened up access to protected content without proper remuneration, and our Group believes that any new proposal must properly recognise the critical importance of creators' rights in guaranteeing cultural diversity and fair remuneration and in encouraging investment in the creative industries. In addition, geo-blocking in itself hampers the digital economy, but even more importantly it incites EU consumers to use circumvention tools which may push them into criminality. At the same time, exclusivity and territoriality are a fundamental part of each Member State's cultural policy, allowing equitable remuneration of right holders.

The S&D Group calls for Commission to:

review European copyright laws at EU level to ensure that they will support public access to cultural goods while finding balanced solutions to guarantee creators' rights and user access, fair remuneration and promote investment in the cultural sectors.

ensure that creative workers and artists keep hold on their intellectual property with the advancing commodification of art and culture.

review market practices that abuse dominant positions to distributing content without proper remuneration to the creators.

Solve the problem of geo-blocking fairly, a business practice which prevents access to paid content or information in another EU country. Geo-blocking in itself hampers the digital economy, but even more importantly it incites EU consumers to use circumvention tools which may push them into criminality.

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4.6 Promoting a sustainable, inclusive global digital policies The Internet is by definition global and can benefit all its citizens. Digitization is a tool that could help developing countries out of poverty. The European Union must ensure that its internal policies also reflect on global actors and partners. The issue of standards is also a key issue in global competition.

The Commission and Member States should:

promote at all levels and strengthen a more inclusive, open, transparent model of global internet governance which is multi-stakeholder and accountable. The ICANN system must be more accountable and transparent and ensure that it operates in the overall public interest and is not influenced by private or national interests.

develop a coordinated strategy to promote European standards in international standardization committees

ensure that affordable access to broadband infrastructure, access to the open internet and the provision of digital skills should be part of the UN Millennium Sustainable Development goals.

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CONCLUSIONS Digitization will bring new opportunities and challenges for European citizens in the form of new skills, jobs and economic growth, and could help Europe's long awaited economic recovery, enhance EU internal and external competitiveness, and ensure that the digital revolution promotes social cohesion and inclusion. As policymakers, our Group recognises this and will fight to ensure that digitization is a tool that can reinforce our values and policy priorities.

The S&D Group calls on the Commission and Member States to include the following points in upcoming legislative and funding proposals to ensure the completion of a Digital Union:

1. Support to adapt the EU's changing industrial and innovative base. 2. Invest in digital infrastructure, e-government, and e-skills. 3. Commit to creating jobs for all - building on the existing social and employment rules to adapt to

the new ways of working and promote funding for training and retraining. 4. Make EU law digital, trusted, fair and responsible by agreeing the data protection regulation. 5. Build trust by ensuring that citizens are protected online and there is security of electronic

communications and networks technology, especially SMEs and micro businesses. 6. Review European copyright laws at EU level to ensure that they will support public access to

cultural goods while finding balanced solutions to guarantee creators' rights and user access, fair remuneration and promote investment in the cultural sectors.

7. Find a fair EU level solution to geoblocking. 8. Propose a fair competitive and consumer friendly framework for all businesses who operate in the

European digital market. 9. Affordable and accessible connectivity for all across the whole of the European Union 10. Ensure a coordinated, fair and sustainable taxation policy in the digital economy

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Gianna Martinengo(Entrepreneur Didael KTS; Chairperson

Women&Technologies®)

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EU and Innovation: how can Europe increase its global competitiveness?

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•  Consumers and companies need CONSISTENT STANDARDS

•  Homes and Business are served by an array of

telecommunications Technologies that ar CONVERGING to

make high speed access available

•  New applications demand higher quality SERVICES

•  PRIVACY by design

•  The need for CONTINUOUS investiments

•  SMART Peolple for Smart cities

DIGITAL ECOSYSTEM OF THE FUTURE

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INNOVATION ü With innovation activities we mean all steps (scientific,

technological, organizational, financial and commercial ) enabling the implementation of innovation.

ü  Some innovation activities are themselves innovative, others are not new, but they are necessary for the implementation of innovation, such as R & D.

ü We know the importance that innovation plays in competitiveness of firms and nations. States should undertake policies to stimulate innovation processes in companies with incentives to research funding and improvement of human capital.

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CULTURE OF INNOVATION ü First, one has to adopt a culture of innovation and then

possibly think of tools of technological innovation.

ü Sometimes, the opposite occurs: positive opportunities for innovation emerge from the introduction of new technologies .

ü Inclusion, sustainable development, labor flexibility are words that identify different contexts, sometimes overlapping, each of which is essential to the development of new organizational processes appropriate to a society radically changed

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SOCIAL INNOVATION: new economy of the future

ü  New ideas (products, services and models ) that simultaneously meet social needs and create new social relationships or collaborations .

ü  A new solution to a social problem that is more effective , efficient , sustainable , or just than existing solutions and for which the value created accrues primarily to society as a whole rather than private individuals

ü  A complex process of introducing new products, processes or programs that change the basic routines, resource and authority flows, or beliefs of the social system in which the innovation occurs

Ethics is the Engine of Innovation Organize altruism & Philantropy

Page 123: Il 2015 al Parlamento Europeo

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Innovation technology and Social Innovation

ü  In my professional experience, innovation is both technological and social. ü  The concept of innovation includes principles of ethical behavior. ü  Innovation is social when it meets the social needs of a community. The

process requires agreements, collaboration, sharing, dialogue and innovative behavior on behalf of all actors.

ü  Communities can also be virtual places where people with similar interests can exchange ideas and plan, collaborate and pursue common goals.

ü  Web and information technologies have proven so far to be an antidote to the oligarchies. We must guard against possible monopolies of information exactly as we have to watch over against the misuse of any scientific discovery or new technology .

No separation between economics and ethics

Page 124: Il 2015 al Parlamento Europeo

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What are the new trends for DIGITAL JOBS ?

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Page 125: Il 2015 al Parlamento Europeo

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Digital Inclusion

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Page 126: Il 2015 al Parlamento Europeo

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Page 127: Il 2015 al Parlamento Europeo

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Women, Technologies, Work: Stereotypes

ü One of the most common” clichè” is that women are less "technical" than men ; this opinion almost automatically is redefined as a lack of professionalism in general.

ü Another stereotype is that they are more easily influenced, more emotional, sentimental, humanly fragile.

ü A third one is that they are less reliable on the job because if some unforeseen event occurs, always gives priority to the family.

Page 128: Il 2015 al Parlamento Europeo

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Women and technologies: a winning pair

ü It is not true that women are less technical than men, but even if so, this does not mean that they are less professional.

ü The jobs of the future will increasingly be linked to services and less to the products, and services are based more on "soft skills” than on technical skills.

ü “the lack of technical vocation” was considered a handicap for women only (!!!), well, the facts show that it is not true.

Page 129: Il 2015 al Parlamento Europeo

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A holistic view of solutions ü Relational and not only technical skill, a flexible and not rigid

attitude; a creative and intuitive , not only logical and rational expertise. A persistent, non-volatile mastery ; an integrated rather than sectoral professionalism .

ü  A"holistic" approach to solutions. One has to consider the psychological, linguistic and anthropological (the human component) with the same seriousness with which one considers the technological aspects (the technical component).

ü It is essential for the economy and the competitiveness to use talents, skills and abilities of men and women without prejudice or bias

Page 130: Il 2015 al Parlamento Europeo

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Women and technologies: a winning pair

ü Women design, create, "invent" the technology,

ü The opinion that HighTech is a skill predominantly “ male “ and that women are just using technologies as it were ancillary is false.

STEAM Vs STEM

Page 131: Il 2015 al Parlamento Europeo

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015

Dida

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Page 132: Il 2015 al Parlamento Europeo

Barbara Bontempi(CEO & partner DigitalBees)

Page 133: Il 2015 al Parlamento Europeo

The long way to a Digital Single Market

Centro Congressi Stelline - Milan

5th November 2015

Barbara Bontempi

Page 134: Il 2015 al Parlamento Europeo

Transilvanian WiFi

Connectivity: an index of ecosystem health

Page 135: Il 2015 al Parlamento Europeo

Milan countryside

WiFi

Connectivity: an index of ecosystem health

Page 136: Il 2015 al Parlamento Europeo

Digital Agenda Scoreboard 2015 4

Italy's performance in the DESI 2015

Italy ranks 25 among EU countries. It falls in the Low performance group of countries.

Page 137: Il 2015 al Parlamento Europeo

Adex Benchmark 2014

Italy is #4 in top ten online advertising markets

Digital advertising: another index of ecosystem health

Page 138: Il 2015 al Parlamento Europeo

Adex Benchmark 2014

Online ad spend per capita -Italy = 34€

-Europe = 42€ - France = 58€

- Germany = 65€ - Nordics & UK = > 100€

Per capita online adv spending is very different by country. Italy is quite far from best in class markets

Digital advertising: another index of ecosystem health

Page 139: Il 2015 al Parlamento Europeo

Source: ComScore MMX, December 2014

(only) Italian founded ItaliaOnline and Banzai Media are among the big 10 online properties in Italy

Rank by unique visitors

Page 140: Il 2015 al Parlamento Europeo

Source: ComScore MMX, December 2014

Rank by unique visitors

All other big italian editors/publishers are quite in the long tail…

(only) Italian founded ItaliaOnline and Banzai Media are among the big 10 online properties in Italy

Page 141: Il 2015 al Parlamento Europeo

Ecommerce in Italy 2015

Italian e-commerce shows ballance between local and global strategies

Casaleggio e Associati

Page 142: Il 2015 al Parlamento Europeo

Ecommerce in Italy 2015 Casaleggio e Associati

BUT… Italian local market is

dominated by international marketplaces

Italian e-commerce shows ballance between local and global strategies

Page 143: Il 2015 al Parlamento Europeo

Digital Single Market

Page 144: Il 2015 al Parlamento Europeo

Local rules = local biz Fragmented fund raising, inefficient start up processes Geo-block applies to consumers as well as publishers Publishers deal advertising, which is the key to unlock the market Publishers depends on content, which rights are locally managed Copyright and such norms, need proper tracking further than cross-national agreements

Page 145: Il 2015 al Parlamento Europeo

Big businesses / markeplaces

Small boundaries

Page 146: Il 2015 al Parlamento Europeo

Small businesses

Big boundaries

Page 147: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women and Digital: Where areWe?

Panel #2

Page 148: Il 2015 al Parlamento Europeo

Michele Colajanni

(Responsible for "Ragazze Digitali")

Page 149: Il 2015 al Parlamento Europeo

Progetto Ragazze Digitali

Prof. Michele Colajanni

Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari”Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla Sicurezza (CRIS)

Università di Modena e Reggio Emilia

1

Page 150: Il 2015 al Parlamento Europeo

Una delle tante motivazioni(Migliori lavori 2014 in US )

Numero 1

Creatore software

Numero 2

Commercialista e revisore

Numero 3

Analista di mercato e

specialista di marketing

Numero 4

Analista di sistemi

informatici

Numero 5

Specialista in risorse umane

e in relazioni del lavoro

Numero 6

Amministratore di

reti e di sistemi

2

Page 151: Il 2015 al Parlamento Europeo

Summer Camp Ragazze Digitali

Offerta: Informatica come CREATIVITA’ DIGITALE

(learn by doing)

Richiesta: FORTE IMPEGNO• 4 settimane (6 ore/giorno) da metà giugno

3

PercorsoAda (coding)

PercorsoHolly (Web

communication)

Percorso Lisbeth

(autodifesa)

Page 152: Il 2015 al Parlamento Europeo

Scuole di provenienza

7%

42%42%

9%

Liceo Classico

Liceo Scientifico

Istituti Tecnici indirizzo informatico

Istituti Tecnici altri indirizzi5% 8%

76%

11%

2015

2014

4

Provenienza:

• Terzo e quarto anno superiori

• Area Modena e Reggio Emilia

Page 153: Il 2015 al Parlamento Europeo

Le ragazze hanno creato

• Videogiochi per PC in Python e per smartphone

• Siti Web con Wordpress

• Video tutorial sulla privacy nei Social Network

• Logo per ciascuna edizione riprodotto sulle maglie

5

2014 2015

Page 154: Il 2015 al Parlamento Europeo

Le ragazze hanno ottenuto anche

• Networking tra ragazze attive e volitive

• Esperienza di vita universitaria dall’interno

• Possibilità di chiarire le proprie inclinazioni e di verificare la

realizzabilità (o meno) mediante l’informatica

6

Edizione 2015

Edizione 2014

Page 155: Il 2015 al Parlamento Europeo

Presente

• Estensione del format ad altri Atenei (contatti con Torino, Bologna) Concediamo tutto il materiale, ma servono

insegnati e tutor motivati

• Applicazione a progetti europei (EQUAL-IST: Gender

Equality Plans for Information Sciences and Technology

Research Institutions)

7

Futuro

• Garantito dal cofinanziamento della Regione Emilia

Romagna per il periodo 2016-2018

• Realizzare un vero camp

• Estensione del camp a ragazze provenienti da altri Paesi

europei

Page 156: Il 2015 al Parlamento Europeo

Contatti 8

http://www.ragazzedigitali.it

http://www.ragazzedigitali.it/digital-girls-2015-edition/

[email protected]

Page 157: Il 2015 al Parlamento Europeo

Antonella Ninni

(Coordinator "Eccellenze in Digitale", Chamber of

Commerce Florence)

Page 158: Il 2015 al Parlamento Europeo

The Digital Single Market: a revolution en rose? How digital tools can boost women empowerment

MILANO, 5 NOVEMBRE 2015

Antonella Ninni Coordinatrice “Eccellenze in Digitale”

Camera di Commercio di Firenze

Page 159: Il 2015 al Parlamento Europeo

Chi sonoDa Studi Internazionali al made in Italy, ho scoperto la bellezza delle piccole aziende italiane

➔ Esperta in promozione del Made in Italy e innovazione locale(Laurea Magistrale, Firenze)

➔ University College of Dublin➔ ISCTE-IUL Lisbona➔ Comune di Firenze, Tss, Monash

University➔ Consulenza e Formazione alle

imprese➔ Digitalizzatrice per Eccellenze in

Digitale 2014➔ Coordinatrice Eccellenze in Digitale

Camera di Commercio di Firenze

Page 160: Il 2015 al Parlamento Europeo

Chi siamo132 digitalizzatori / 64 città

Page 161: Il 2015 al Parlamento Europeo

Cosa fa un digitalizzatore?

➔ Studia➔ Ricerca le aziende d’eccellenza➔ Concorda un primo incontro in bottega➔ Semplifica (niente sigle e inglesismi)➔ Crea un piano di lavoro graduale e

sostenibile nel lungo termine➔ Fa da tutor con incontri 1:1➔ Misura e confronta i risultati➔ Realizza workshop tematici e

formazione di gruppo➔ Collabora con gli stakeholder locali➔ Racconta le storie degli artigiani e le

best practice via blog e social

Page 162: Il 2015 al Parlamento Europeo

Artigiani e web? Altro che !

Page 163: Il 2015 al Parlamento Europeo

La storia di Filippo, Florentine Touch

Page 164: Il 2015 al Parlamento Europeo

La storia di Silvia e DanielaLa storia di Silvia e Daniela, Nerdi Orafi Firenze

Page 165: Il 2015 al Parlamento Europeo

La storia di ChiaraLa storia di Chiara, Sbigoli Terrecotte

Page 166: Il 2015 al Parlamento Europeo

Grazie per l’attenzione

Page 167: Il 2015 al Parlamento Europeo

Anna Puccio

(Secretary General, Fondazione Italiana Accenture)

Page 168: Il 2015 al Parlamento Europeo

Anna Puccio

Segretario Generale

Page 169: Il 2015 al Parlamento Europeo

67% donne occupate nel terzo settore

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 170: Il 2015 al Parlamento Europeo

60% non profit impegnato nella digital trasformation: uso dell’ICT

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 171: Il 2015 al Parlamento Europeo

Focus Fondazione Italiana Accenture

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 172: Il 2015 al Parlamento Europeo

Più del 50% Donne nella nostra community (su 18.000 utenti registrati)

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 173: Il 2015 al Parlamento Europeo

…e ai concorsi VideomakARS & Share in Action

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 174: Il 2015 al Parlamento Europeo

900 partecipanti concorso WE-Women for Expo

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 175: Il 2015 al Parlamento Europeo

In Accenture

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 176: Il 2015 al Parlamento Europeo

100.000 donne su un totale di 358.000 dipendenti

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 177: Il 2015 al Parlamento Europeo

Gender mix 37,2 % in crescita dal 2012

The Digital Single Market: a revolution en rose? | Anna Puccio | Segretario Generale Fondazione Italiana Accenture | 5 novembre 2015

Page 178: Il 2015 al Parlamento Europeo

Best practices: What are Big DigitalCompanies doing for Women

Panel #3

Page 179: Il 2015 al Parlamento Europeo

Mina Pirovano

(President of Lombardy Committee for Female

Entrepreneurship)

Page 180: Il 2015 al Parlamento Europeo

The Digital Single

Market: a revolution

en rose?

Mina Pirovano, President of Lombardy Commitee for Female Enterpreneurship MILAN | NOVEMBER 5, 2015

How digital tools can boost

women empowerment

Page 181: Il 2015 al Parlamento Europeo

Donne, imprese e ICT: lo scenario Settore ICT in Italia

117.341 imprese: 2,3% del totale delle attive

Settore ICT in Lombardia

25.402 imprese: 3,1% del totale delle attive

Come sono coinvolte in questo settore le donne? In Italia 20.304 imprese femminili : 17,3% del totale

In Lombardia circa 4mila imprese : 15,7% del totale

Trend e potenzialità di sviluppo

Imprese femminili

+0,6% in Italia e +1,4% in Lombardia in un anno

L’ICT «rosa»

+2,3% in un anno (dato nazionale)

+3,2% (dato lombardo)

Best performer digitali femminili in Italia • Commercio all'ingrosso di

apparecchiature elettroniche per telecomunicazioni e componenti elettronici +21,3%

• Portali web +21,8% • Consulenza nel settore delle

tecnologie dell'informatica +11,6% • Riparazione di apparecchiature per

le comunicazioni +14,4%

Fonte: elaborazione dell’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza (dati settembre 2015)

Page 182: Il 2015 al Parlamento Europeo

Livello di diffusione degli strumenti

digitali nelle PMI lombarde

Fonte: Elaborazione Unioncamere Lombardia su dati Istat

Lombardia

Posta elettronica 77,4%

Microblog e blog aziendali 1,7%

Social network 9,0%

Wiki, siti web per condividere contenuti multimediali tra

gli utenti che lo utilizzano 2,7%

Blog, canali social 11,6%

Sito web 38,1%

Nessuno 3,2%

Strumenti utilizzati per comunicare, scambiare o condividere informazioni con

l'esterno nel 2011

Page 183: Il 2015 al Parlamento Europeo

Il digital divide in Italia

Focus Lombardia 43mila lombardi in digital

divide 195 comuni su 1530 (12,7%)

Digital Friends Milano Monza e Brianza (superato il divario digitale) Varese (2,9%) Como (3,2%)

%comuni da “digitalizzare” Mantova (46,4%) Pavia (28,6%) Sondrio(20,5%)

Fonte: elaborazioni dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza su dati Ministero dello Sviluppo economicoe Infratel Italia

Page 184: Il 2015 al Parlamento Europeo

ICT e PIL in Italia. Quale valore aggiunto?

0

2

4

6

8

10

12

%

Computer, electronic and optical products Software publishingTelecommunications IT and other information services

Valore aggiunto del settore ICT per Paese, dati OCSE 2013

1.Corea 10,70%

2.Giappone 7,02%

3. Irlanda 6,99%

Italia 3,72%

Quali possibilità di sviluppo per il futuro?

Page 185: Il 2015 al Parlamento Europeo

La rivoluzione digitale

Quali opportunità per le donne?

1. Creazione di nuove

professionalità nel

mercato

2. Miglior qualità del

lavoro e realizzazione

professionale

3. Strumento di work-life

balance

Page 186: Il 2015 al Parlamento Europeo

TOTALE Occupati Donne Totale % donne

Fabbricazione di computer e prodotti di

elettronica e ottica, apparecchi

elettromedicali, apparecchi di misurazione e di

orologi 36.633 116.951 31,3%

Edizione di software 762 2.742 27,8%

Telecomunicazioni 33.880 98.763 34,3%

Produzione di software, consulenza informatica

e attività connesse 73.383 256.007 28,7%

Attività dei servizi d'informazione e altri servizi

informatici 79.403 126.705 62,7%

Riparazione di computer e di beni per uso

personale e per la casa 10.143 48.012 21,1%

TOTALE 234.204 649.180 36,1%

Professioniste digitali Donne occupate nel settore ICT

36,1% in Italia

35% in Lombardia

Occupati nelle imprese dei settori ICT in Italia

Fonte: Elaborazione Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza su dati Istat - ASIA 2011

Page 187: Il 2015 al Parlamento Europeo

Genere ritenuto più adatto allo svolgimento della

professione

di cui (in %)

Assunzioni

previste uomini donne

ugualment

e adatti

TOTALE ICT 16.010 12,8 7,8 79,5

Fabbricazione di computer, unità periferiche,

componenti e schede elettroniche 1.090 38,5 6,1 55,4

Servizi informatici e delle telecomunicazioni 14.920 10,9 7,9 81,2

RIPARTIZIONE TERRITORIALE

Nord Ovest 6.050 10,7 7,2 82,1

Nord Est 3.030 14,3 11,4 74,4

Centro 4.180 18,1 5,3 76,6

Sud e Isole 2.750 7,6 8,8 83,7

CLASSE DIMENSIONALE

1-9 dipendenti 4.870 23,9 16,8 59,2

10-49 dipendenti 2.410 19,1 9,1 71,8

50-249 dipendenti 2.740 6,5 2,2 91,3

250 dipendenti e oltre 5.990 4,0 2,4 93,6

Ricerca di personale nell’ ICT

Assunzioni previste dalle imprese dell’ICT

Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2014

Il divide di genere riguarda solo il 6,4% dei nuovi assunti ICT nelle grandi imprese Il fenomeno riguarda il 40,8% per le imprese con meno di 10 addetti

Page 188: Il 2015 al Parlamento Europeo

Smart working

Nuove tecnologie

Cambiamenti sociali

Ripensamento delle politiche e dei modelli

di organizzazione

del lavoro

Miglioramento della vita e benessere collettivo

Circolo virtuoso di

comportamento

nelle imprese e

nelle persone

Page 189: Il 2015 al Parlamento Europeo

Donne ICT and empowerment

Best practice

Amadeus Italia S.P.A. IT PROVIDER di riferimento per il mercato viaggi e turismo in Italia

Nata nel 1987 da Lufthansa e Scandinavian Airlines per creare un nuovo sistema di

distribuzione globale della filiera turistica, è oggi il più grande provider europeo, impegnata nella distribuzione e nella fornitura di tecnologie avanzate per l’industria globale dei viaggi e del turismo.

Dal 2013 il numero1 della società è una donna: Francesca Benati

Tra i senior manager 1 su 5 è donna

Page 190: Il 2015 al Parlamento Europeo

Donne ICT and empowerment

Best practice Maga Animation Studio

Nata nel 1996 con lo scopo di sviluppare

nuovi linguaggi nell’animazione per Tv e

Cinema. Collabora con Disney e i maggiori

broadcast italiani.

La componente femminile, in un primo

tempo una minoranza, è oggi la parte

preponderante della compagine produttiva

della società.

Le donne all’interno della società ricoprono

ruoli chiave per l’azienda:

Production

Manager,

Art director,

Supervisor dell’animazione/regia,

Licensing manager,

Administration.

Ricerca software e d’immagine

Page 191: Il 2015 al Parlamento Europeo

“Perché limitarsi a giocare ad Angry Birds

quando lo si può progettare?”

Neelie Kroes

Vice Presidente della Commissione Europea Girls in ICT day

Page 192: Il 2015 al Parlamento Europeo

Roberta Cocco

(National Plan Director, Microsoft Western Europe)

Page 193: Il 2015 al Parlamento Europeo

Nuvola Rosa Donne, Scienza e Tecnologia

Page 194: Il 2015 al Parlamento Europeo

Roberta Cocco

National Plan Director

Microsoft Western Europe

@robi_cocco

Page 195: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 196: Il 2015 al Parlamento Europeo

Nuvola Rosa

Iniziativa socio-culturale ideata da Microsoft Italia nel 2013 Obiettivo Colmare il digital gender gap nei campi della scienza, tecnologia, matematica e ingegneria Target Ragazze italiane e straniere tra i 17 e i 24 anni

Page 197: Il 2015 al Parlamento Europeo

Scenario Entro il 2018 il settore IT potrà occupare solo la metà dei posti di lavoro esistenti

Entro il 2020 ci saranno 2 milioni di posti vacanti nel settore IT

Solo il 15% dei dirigenti nel settore ICT sono donne rispetto al 45% di donne dirigenti iin altri settori

Le donne sono solo il 30% della forza lavoro nell’IT

Solo il 19% di imprenditori nell’ICT sono donne rispetto al 40% di donne imprenditrici in altri settori

Solo il 6% di Ministri dell’Innovazione, Legislatori in ambito IT e CEO delle top 100 aziende di settore sono donne

Page 198: Il 2015 al Parlamento Europeo

Il percorso

Firenze

2013

Roma 2014

Milano 2015

Page 199: Il 2015 al Parlamento Europeo

I Partner Sinergie tra settore privato e settore pubblico

Endorsement internazionale grazie al sostegno delle principali organizzazioni internazionali

UNWomen | ITU | UNRIC | UNESCO

Page 200: Il 2015 al Parlamento Europeo

Il format

Eventi collaterali Conferenze, talk show,

hackathon, incontri

con role-model e ospiti

internazionali

Conferenza stampa

di lancio In concomitanza con

il “GIRLS in ICT Day”

promosso da ITU, per

presentare l’iniziativa alla

stampa, influencer, istituzioni

3 giorni di

formazione gratuita

sulle digital skills Cloud computing, Big Data,

IoT, coding, social media,

digital marketing

Piattaforma digitale

e campagna social Notizie sugli eventi

in programma,

approfondimenti, video

e molto altro

www.nuvolarosa.eu

Page 201: Il 2015 al Parlamento Europeo

La formazione

Page 202: Il 2015 al Parlamento Europeo

Oltre 150 workshop, tenuti da volontari Microsoft e dei partner, oltre a numerosi collaboratori e speaker internazionali

3 programmi specifici per target

Pink Teens

Coinvolgimento delle Università sia per ospitalità che per recruiting delle ragazze

Pink Academics

International Pink

La formazione

Page 203: Il 2015 al Parlamento Europeo

Firenze 2013

+ 400 ragazze

+ 1500 tweet

+ 40 corsi

Roma 2014

+ 700 ragazze

+ 7500 tweet

+ 50 corsi

Milano 2015

+ 1900 ragazze # 18 nazionalità + 11500 tweet

+ 150 corsi

+160 articoli

I risultati

Page 204: Il 2015 al Parlamento Europeo

Verso il futuro

«Computer Science

can unlock

the best opportunities

in the World»

Satya Nadella

Page 205: Il 2015 al Parlamento Europeo

Grazie!

Page 206: Il 2015 al Parlamento Europeo

Smartworking & Co-working: DigitalSolutions to Live Easier + Work better

Panel #4

Page 207: Il 2015 al Parlamento Europeo

Chiara Bisconti

(City councilor)

Page 208: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 209: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 210: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 211: Il 2015 al Parlamento Europeo
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Page 213: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 214: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 215: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 216: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 217: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 218: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 219: Il 2015 al Parlamento Europeo

© Aviva Italy - Private and confidential 12

Page 220: Il 2015 al Parlamento Europeo

© Aviva Italy - Private and confidential 13

Page 221: Il 2015 al Parlamento Europeo

© Aviva Italy - Private and confidential 14

Page 222: Il 2015 al Parlamento Europeo

18 Febbraio 2016

Page 223: Il 2015 al Parlamento Europeo

Luisa De Vita

(Research fellow, Sapienza University)

Page 224: Il 2015 al Parlamento Europeo

Verso un nuovo modo di lavorare? Sfide e

prospettive

The Digital Single Market: a revolution en rose?

How digital tools can boost women empowerment Milano, 5 Novembre 2015

Luisa De Vita [email protected]

Page 225: Il 2015 al Parlamento Europeo

Nuove esigenze: le imprese

• Flessibilità

• Innovazione

• Internazionalizzazione

• Cambiamento dei modi e dei mondi della

produzione

• Ridefinizione dei tempi e dei ritmi

Page 226: Il 2015 al Parlamento Europeo

Nuovi bisogni: i dipendenti

Complessi e multifattoriali

• Aumento età media

• Aumento instabilità lavorativa

• Aumento della vulnerabilità e delle situazioni di dipendenza

• Maggiori necessità legata alla conciliazione

In cambiamento rispetto

• Alla situazione economica, sociale, politica

• Alle caratteristiche personali e familiari

• Al momento del ciclo di vita

• Al ruolo ricoperto

Page 227: Il 2015 al Parlamento Europeo

Le risposte

1. Il welfare da costo a investimento: il cosiddetto

welfare dell’investimento sociale

2. Il sostegno alla capacitazione e attivazione dei

soggetti

Page 228: Il 2015 al Parlamento Europeo

3. Il nuovo protagonismo delle imprese che a fronte:

– di una forte contrazione delle risorse pubbliche

– e di salari mediamente più bassi rispetto all’Ue

diventano strategiche

– nella erogazione di servizi e/o dispositivi

– nella predisposizione di interventi di riorganizzazione

lavorativa: smart working e co-working

Obiettivo: coniugare competitività e solidarietà

Page 229: Il 2015 al Parlamento Europeo

Elementi di innovazione

Possibilità di ragionare:

• sul tema della qualità del lavoro

• sull’importanza di attivare politiche per il complesso dei dipendenti

riducendo:

• L’ottica quantitativa e strumentale: Es. politiche di pari opportunità che hanno promosso l’occupazione femminile

senza pero domandarsi più donne ma dove? Con quali condizioni lavorative? Supportate da chi?

• Le implicazioni di genere e l’enfasi sulla sola responsabilità individuale:

Es. politiche di conciliazione

Page 230: Il 2015 al Parlamento Europeo

Opportunità

Inquadrati in questa logica i meccanismi di

riorganizzazione dei tempi di lavoro possono

favorire:

• La definizione di politiche per il complesso dei

dipendenti

• Una maggiore flessibilità e contenimento dei costi

legati a periodi più o meno prolungati di assenza

• Nuovi meccanismi di valutazione

• Ridisegno delle prassi organizzative

Page 231: Il 2015 al Parlamento Europeo

Rischi

I rischi sono invece connessi:

• Alle differenze già esistenti tra i lavoratori

(istruzione, ruolo, tipologia di azienda….)

• Alle differenze tra territori più o meno virtuosi

• Alla tendenza a privilegiare logiche di breve periodo

• A privilegiare aspetti legati all’immagine e alla

reputazione

• Isolamento delle imprese

• Ottenimento del consenso vs qualità del lavoro

Page 232: Il 2015 al Parlamento Europeo

Prospettive future

• Regolazione anche normative (in corso)

• Il coinvolgimento delle parti sociali e dei dipendenti

analisi dei fabbisogni, attuazione, monitoraggio…)

• Predisposizione di una governance istituzionale

forte

Page 233: Il 2015 al Parlamento Europeo

Grazie per l’attenzione!!

[email protected]

Page 234: Il 2015 al Parlamento Europeo

Riccarda Zezza

(Social Entrepreneur, founder PianoC)

Page 235: Il 2015 al Parlamento Europeo

Investigating (three) words

Riccarda Zezza, Piano C

Page 236: Il 2015 al Parlamento Europeo

October 2012

Page 237: Il 2015 al Parlamento Europeo

December 2012

Page 238: Il 2015 al Parlamento Europeo

June 2013

Page 239: Il 2015 al Parlamento Europeo

Today we speak about “digital solutions to live

easier and work better”

We have them all (already).

Page 240: Il 2015 al Parlamento Europeo

So, what are we missing?

Page 241: Il 2015 al Parlamento Europeo

Word number 1 Culture = (?)

Page 242: Il 2015 al Parlamento Europeo

Culture: noun

• the beliefs, customs, arts, etc., of a particular society, group, place, or time

• a way of thinking, behaving, or working that exists in a place or organization (such as a business)

Page 243: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 244: Il 2015 al Parlamento Europeo

Culture = (?)

Page 245: Il 2015 al Parlamento Europeo

“Culture” has three divergent meanings:

• there’s culture as a process of individual enrichment, as when we say that someone is “cultured” (in 1605, Francis Bacon wrote about “the culture and manurance of minds”);

• culture as a group’s “particular way of life,” as when we talk about French culture, company culture, or multiculturalism;

• and culture as an activity, pursued by means of the museums, concerts, books, and movies that might be encouraged by a Ministry of Culture (or covered on a blog like this one).

Each time we use the word “culture,” we incline toward one or another of its aspects:

toward the “culture” that’s imbibed through osmosis or the “culture” that’s learned at museums, toward the “culture” that makes you a better a person or the “culture” that just inducts you into a group.

Critic Raymond Williams, “Keywords,”

Page 246: Il 2015 al Parlamento Europeo

Word number 2 Innovation = technology

Page 247: Il 2015 al Parlamento Europeo

Innovation: noun

1: the introduction of something new

2: a new idea, method, or device

Innovation = technology??

Page 248: Il 2015 al Parlamento Europeo

Word number 3 Technology = ?

Page 249: Il 2015 al Parlamento Europeo

Many women are driven by the desire to do work that benefits their communities.

Fewer women are pursuing careers in artificial intelligence because the field tends to de-emphasize humanistic goals.

Men tend to be more interested in questions about algorithms and mathematical properties.

Since men have come to dominate Artificial Intelligence, “research has become very narrowly focused on solving

technical problems and not on the big questions “

Quartz, “Inside the surprisingly sexist world of artificial intelligence“, October 25th 2015

Page 250: Il 2015 al Parlamento Europeo

One more reason why technology needs

women

Page 251: Il 2015 al Parlamento Europeo

1. We have a lot of technology already

2. We need to invest in culture • for the mindsets and the behaviours to be able to properly and happily USE what we have

3. And we need diversity in technology • to be less «algorithm focused» and more directed to solving real life, humanitarian problems

Riccarda Zezza, Piano C

Page 252: Il 2015 al Parlamento Europeo

Perché quella digitale può essere una revolution en roseUn aumento del PIL europeo del 5 per cento e oltre 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro: questi i bene�ci previsti, nei prossimi 8 anni, se saranno raggiunti gli obiettivi dell’Agenda Digitale europea. Una grande opportunità, dalla quale, se non cambiamo qualcosa ora, rimarrà ancora una volta esclusa la metà della popolazione mondiale: le donne.

Tra i dati relativi alla sotto-rappresentazione delle donne nel settore ICT (Information & Communication Technologies), vale la pena citare:

su 1.000 donne laureate in Europa, solo 29 hanno fatto un percorso di studi in ICT e di queste solo 4 lavorano poi e�ettivamente nel settore;

le donne lasciano il lavoro a metà della loro carriera: se, infatti, il 20 per cento delle donne di trent'anni con una laurea ICT lavora nel settore, la percentuale crolla al 9 per cento per le loro colleghe sopra i 45 anni;

questa scarsa presenza di donne nel campo ICT si rileva anche, e a maggior ragione, nei ruoli manageriali: solo il 19 per cento dei lavoratori ICT ha un capo donna.

Quali sono le cause? Tre le più rilevanti:

Tradizioni e stereotipi culturali riguardo il ruolo delle donne nella società e riguardo l'area delle nuove tecnologie.

Fattori sociopsicologici che respingono le donne dall'ambito ICT e soprattutto dalle sue posizioni apicali (barriere interne). Ad esempio: mancanza di �ducia in se stesse, di abilità di negoziazione, avversione al rischio e un atteggiamento negativo verso la competizione.

Elementi intrinsechi al settore ICT che ra�orzano il gap di genere (barriere esterne). Ad esempio: un ambiente fortemente maschile, una di�cile conciliazione tra la vita professionale e quella privata, mancanza di modelli di ruolo nel settore.

Una piena partecipazione delle donne nel mondo delle tecnologie e del digitale, tuttavia, porterebbe signi�cativi bene�ci anche per l'economia dei nostri Paesi e delle aziende. Infatti:

se le donne occupate nell'ambito ICT fossero lo stesso numero degli uomini, il PIL europeo ne guadagnerebbe 9 miliardi all'anno;

le aziende con un più alto numero di donne nel proprio livello di management raggiungono il 35 per cento in più di redditività sul capitale proprio e il 34 per cento in più del reddito totale per gli azionisti;

le donne che lavorano nelle ICT guadagnano circa il 9 per cento in più delle donne che ricoprono ruoli simili in altri settori.

Oggi, in Italia il 22% delle posizioni aperte legate alle ICT non trova candidati all’altezza. Nel 2020 in tutta Europa potrebbero esserci, a seconda degli scenari economici, da 730.000 a oltre 1,3 milioni di posti di lavoro vacanti: un'occasione unica per aggredire concretamente il fenomeno della disoccupazione femminile (ricordiamo che in Italia quasi una donna su due è senza lavoro). Dobbiamo agire ora: serve soprattutto formazione adeguata, una politica ragionata riguardo la di�usione di e-skills. Ma serve anche un sostegno all'imprenditoria femminile con linee di �nanziamento dedicate e, in�ne, sono prioritarie misure volte a cambiare la cultura e ad avvicinare le ragazze alle materie STEM, ad appassionarle al digitale e all'informatica e, soprattutto, a dimostrare loro che possono a�rontare questo mondo senza mai dover avere la paura di sentirsi inadeguate.

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Page 253: Il 2015 al Parlamento Europeo

E U R O P A : F E M M I N I L E P L U R A L EWomen on Board in Italia e in Europa

9.12.2014 | Parlamento europeo

www.alessiamosca.it - [email protected]

Evento organizzato da Alessia Mosca, MEP - coautrice della legge italiana n. 120/2011

Page 254: Il 2015 al Parlamento Europeo

Saluti istituzionali

On. Patrizia Toia - MEP On. Sylvie Goulard - MEP On. Lella Golfo - Presidente Fondazione Marisa Bellisario On. Viviane Reding - MEP

Introduzione

On. Alessia Mosca - MEP

Legge italiana e proposta europea: stato dell'arte

Monica Parrella - Dirigente, Dipartimento Pari Opportunità, Presidenza del Consiglio Paola Profeta - Professore Associato di Scienza delle Finanze, Università Bocconi

Un nuovo modello di leadership: esempi pratici su cosa fare col potere, una volta conquistato

Tommaso Arenare - Egon Zehnder Monica Pesce - Presidente PWA Milan and Associate Director VVA Europe Riccarda Zezza - Piano C, MAAM - Maternity as a master Ciro Imparato - Communication Advisor Joanna Maycock - Segretario generale European Women Lobby Cristina Rossello - Avvocato, Progetto Donne e Futuro Maria Silvia Sacchi - Giornalista, Corriere della Sera, co-fondatrice de: La 27esima Ora Patrizia Ravaioli - Direttore generale CRI - Croce Rossa Italiana

Modera: Maria Latella - Giornalista SKY

EXTRA: Quelle forzature che aiutano a realizzare (davvero) la parità, CorriereEconomia, di Maria Silvia Sacchi, 8 dic. 2014 Quote rosa, in Italia più del 24% di donne nei vertici aziendali, ma attenti all’”e�etto Norvegia”, EuNews, di Giuseppe Vargas, 10 dic. 2014

Page 255: Il 2015 al Parlamento Europeo

ALESSIA MOSCABuonasera a tutti, vedo tanti volti familiari qui, di donne che ho avuto al mio fianco in questi anni quando c’era qualche obiettivo da raggiungere e qualche tappa da conquistare.Vedo però anche degli uomini, professionisti che hanno lasciato i loro impegni per essere con noi, e parlarci della loro esperienza nel campo del diversity management e della differenza di genere nel work-life, e questo mi sembra un fatto particolarmente bello.Oggi quindi sono particolarmente felice di condividere con tutti voi qualche ora proprio qui a Bruxelles, in questa grande istituzione: una casa costruita con i mattoni della giustizia, una macchina che ha nella crescita dei diritti il suo vero carburante.Faremo insieme un bilancio dei risultati ottenuti sul fronte dei diritti femminili, ma anche un rilancio delle future tappe, verso un mercato davvero europeo delle professionalità femminili e soprattutto in direzione di un cambiamento nel modello di governance più moderno e umano, che dà spazio alle tante diversità di genere, di età, di provenienza geografica - di cui le donne siano promotrici e interpreti.Iniziamo subito, allora, perché le cose da ascoltare sono tante.

PATRIZIA TOIAVogliamo entrare in tutti i luoghi, ma allo stesso tempo in un’ottica di battaglie che riguardano posizioni di punta, non possiamo distogliere lo sguardo da realtà invece, molto diverse. Le contrarie, se così possiamo dire, che sono in mezzo a noi. Tutta la presenza delle donne immigrate rivela campi di sofferenza, a volte quasi di “schiavitù”, di arretratezza inimmaginabili ormai per la nostra società. Il nostro sguardo deve essere apparentemente strabico e andare in due direzioni molto diverse - ma molto utili per conciliare le cose. Sempre più battaglie avanzate, senza però dimenticarci delle grandi situazioni ancora proprie, e molto, dei diritti basilari che mancano anche nella nostra società. Due battaglie che trovo molto interessanti se fatte insieme. Apprezzo molto e trovo importante la seconda parte di questo incontro, accanto al tema specifico ci si chiede: cosa fanno le donne che sono arrivate? Che strategie si pongono per ricordarsi da dove sono partite? E quanta strada c’è da fare? Anche qui lo sguardo è su più piani e su tutti questi piani dobbiamo lavorare.

ALESSIA MOSCA Ringrazio Patrizia. Vorrei dare il benvenuto e dare la parola a Sylvie, un’amica con la quale abbiamo iniziato a condividere un percorso di lavoro. È una donna che stimo molto per il coraggio e la forza non solo per la battaglia che l’ha resa nota, ma per come conduce il suo lavoro e per la passione con cui porta avanti, in Commissione ECON e negli altri luoghi del parlamento, il suo impegno. Quella che abbiamo condotto in Italia è stata una battaglia portata avanti con una trasversalità che è stata la cifra del lavoro svolto e mi faceva piacere dare un senso simbolico di come sia questa una battaglia che ci accomuna e che vogliamo portare avanti insieme.

SYLVIE GOULARDGrazie Alessia. Inizio dicendo che non possiamo fare questa battaglia senza gli uomini. Ci sono due livelli. La prima ragione per cercare di raggiungere più uguaglianza è proprio il tema dei diritti, quelli della carta dei diritti fondamentali - ma non voglio sottolienarlo troppo perché è conosciuto. Non è accettabile dal punto di vista dei valori che ci siano ancora tante differenze. Non stiamo parlando di una battaglia teorica, è già nella legge europea e nazionale. Cerchiamo ora di mettere davvero la realtà su un piano legale. La seconda cosa molto importante che sottolinerei è che non è una battaglia dei diritti, ma una battaglia per la crescita e per la competitività. E questo mi sembra molto importante ripeterlo, perché se a un governo europeo dite: “Ti do una soluzione per fare crescere il tuo PIL”, ognuno dirà che sarà molto interessato: “Dimmi, come si fa? Quale piano di investimento?”No, non un piano, sono gli studi OCSE sulla mancanza di uguaglianze! Ecco cosa significa (la disuguaglianza) per la crescita, lo spreco della metà delle risorse umane in paesi europei dove queste stesse ormai sono più difficili da trovare per ragioni anche demografiche. Non dobbiamo esitare a usare questo argomento. So che in Italia c’è Valore D, organizzazione molto attiva con le imprese. Per dire in modo provocatorio: non chiediamo l’elemosina per le donne, chiediamo solo il riconoscimento del contributo possibile nella società. Per concludere: le ragioni per essere fieri della Francia in questo momento non sono tante, ma almeno su un piano è evidente un cambiamento culturale che non

Page 256: Il 2015 al Parlamento Europeo

è tanto successo in Germania e in Italia. Spesso mi si chiede: “Ah ma lei ha tre figli, come fa a farcela con tre figli?” Io trovo più facile educare tre figli rispetto a uno!Ricordo un’esponente di un partito di opposizione, affermare: “Noi per la BCE non vogliamo un esperto. Vogliamo una mamma di tre figli”. E mi domando: perché non ci sono donne competenti e che possono avere tre figli? Per me vanno bene i due modi e non vedo niente di contraddittorio. Senza portare la Francia come modello - ci sono ancora molte cose da fare - è tutto anche nella mente delle donne, come vedono il futuro. Io non mi sento meno competente né mi sento una pessima madre di tre figlie perché ho fatto quello che ho fatto! Allora: forza ragazze!

LELLA GOLFO (Presidente Fondazione Marisa Bellisario_messaggio)

Buongiorno a tutti, mi dispiace molto non poter essere lì con voi ma oggi sono a Verona per un importante convegno promosso dalla Fondazione dal titolo “L’ascensore di cristallo. Quote di genere e corporate governance nelle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni a Verona”. Ci tenevo comunque a rivolgere un mio breve saluto a un’iniziativa così importante promossa dalla collega Alessia Mosca. I temi che affronterete oggi sono quelli che hanno ispirato la XV edizione del nostro “Seminario Internazionale Donna Economia & Potere” e di cui potrete leggere nell’inserto della Fondazione Bellisario in edicola il 22 dicembre in allegato a Il Sole 24 Ore. Mentre il resto del mondo ha imboccato la strada delle pari opportunità, l’Europa è fuori dal tempo e inizia a correre ai ripari con le quote, soprattutto grazie all’ottimo e faticoso lavoro compiuto dal Commissario Reding che saluto e ringrazio per l’aiuto che ci ha dato anche per la nostra battaglia sulle quote. La Banca centrale europea ha stabilito l’obbligo entro il 2019 del 28% di donne nelle posizioni di vertice (attualmente sono il 14%). La Francia ha introdotto le quote per i vertici della Pubblica Amministrazione. Noi, per una volta, abbiamo fatto da apripista e il Presidente Renzi sta proseguendo il cammino intrapreso con la legge sulle quote, dando il giusto peso alla componente femminile nel Governo, istituzioni e aziende.

Sappiamo tutte che la legge sulle quote di genere per la quale io e Alessia Mosca abbiamo tanto lottato, ha contribuito in maniera determinante alla nascita di una nuova classe dirigente. Oggi nei

CdA delle società quotate le donne sono più che triplicate, superando il 22% mentre nelle oltre 4 mila aziende controllate, sono il 21% nei Cda rinnovati. Alessandra Ghisleri ha realizzato per noi una ricerca e i risultati sono incoraggianti perché oltre il 36% degli intervistati, uomini e donne, giudica con piacere il primato italiano sulle quote mentre quasi il 31% ne è orgoglioso! In Italia, restano due temi aperti e sui quali siamo già all’opera. Il primo è il monitoraggio sulle società controllate, a cui lavora la Presidenza del Consiglio dei Ministri e una Commissione di garanzia istituita dalla Fondazione. Il secondo, sono le posizioni di comando perché nelle quotate solo il 3,2% delle donne è Amministratore Delegato e meno del 3% Presidente. Questo vuol dire che finalmente siamo in tante ed è il momento di andare oltre…di assumere il potere di decidere e d’incidere, nelle imprese e nel Paese, di contribuire alla crescita e d’imprimere un cambiamento necessario. Non è una sfida facile e noi dobbiamo impegnarci per vincerla. Prima di tutto, scegliendo le donne più competenti e meritevoli per guadagnare in credibilità e autorevolezza. In secondo luogo, dobbiamo assumere consapevolezza del nostro valore e liberarci da ogni insicurezza, lanciarci nelle opportunità e dimostrare che abbiamo le carte in regola, non solo per partecipare ma per condurre il gioco. Il terzo passo è la condivisione, l’unica che renderà il nostro potere saldo e ci trasformerà in una vera classe dirigente. Essere più numerose non servirà se ognuna di noi si attarderà a coltivare il proprio orticello, piccolo o grande che sia. Dobbiamo imparare a mettere a fattor comune saperi e poteri con un sano spirito corporativo, fare rete. La Fondazione dal suo Seminario ha lanciato la Rete delle Leadership: con le donne entrate nei CdA, quotati, pubblici e privati; le Amministratrici Delegate e Presidenti di grandi e piccole aziende; le donne ai vertici di Istituzioni e Pubblica Amministrazione. Tutte insieme per confrontarci su idee e progetti in sintonia con il Paese. Spero che anche voi tutte presenti oggi vorrete unirvi a noi perché chi vuole andare veloce, procederà da solo ma chi vuole andare lontano deve camminare con gli altri. E noi tutte vogliamo andare lontano. Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro buon lavoro.

VIVIANE REDINGHo un problema, non parlo italiano come Sylvie, comprendo tutto e preferisco parlare un’altra lingua meno bella, ma più efficiente per me per dirvi quello che voglio dirvi.

Page 257: Il 2015 al Parlamento Europeo

I still remember this very interesting moment when you, Alessia, and Lella came to Brussels saying you had a fantastic project the project to create a law in Italy - IN ITALY! - for the equilibrium between men and women in decision making. And I saw that the image that you projected - a younger women from the socialist and one not so young anymore, from a center, conservative group doing it together, and not trying to get the political benefit to one party or another --- and these two wonderful women they got the whole Parliament with them, in Italy. And I thought that it was symbolically strong the way it was done. Not only the fact that you created the quote rosa, but also the way it was done. A young women and an older one doing it together. I was in that moment in an extraordinary battle because with many other women of my age, and we are not quota women, we have done all the political or economic or social career on our own, we saw that at the end of our career, when we reached the top, things hasn’t changed. Unfortunately. And those women who were not really willing to fight their life in order to go ahed, were not able to do it. It was not enough to be talented. Not enough to have the courage to do it. It was not enough to have made the studies - 60% of university graduates are female in Europe, and then….where are they? They are lost...somewhere. So I started by deciding that we should first put the economic development up front. And try a voluntary model. I was very lucky at that time. Even if I had not asked for it, some companies were presenting scientific analysis of what was happening at the economic private level. It was Ernst & Young, McKinsey, Deutcshe Bank, and other banking institutions - and we know that in banking women are not typically at the top. They all came to the same conclusion, with different words, and with different angles, they said: “We have analyzed companies which were led by men and women, and companies that are only lead by men. And we have seen that the companies with a mixed leadership have extraordinary better financial results.” And that was exactly the element that we needed in order to go out and looking only to the right to be recognized, not being discriminated. And that is also what I tried and why I developed the directive on the equilibrium in the boards.

What I wanted to put in the directive, was not a strict order; i.e. not “You have to chose the woman because she is a woman” But: “You have to give the chance to the women to compete!” Women and men have to be allowed to compete, and may the best win. I am persuaded that the women are able to win if you

give them the chance to compete. Then, there was also the theme if we shall do it for all the companies. I came to the conclusion to do it only for the listed companies, the big listed companies (roughly 5000 would be concerned.) In my view, even if it is not a strict quota, a quota is only an instrument in order to break through the glass ceiling. Not a goal per se. That is why I did what you really never do, I put a suspension clause in the directive saying that this directive lasts until a certain time and it is not renewed. Because we do not want to have quota for the sake of quota but in order to break the glass ceiling so that the women can do it by themselves in a natural way. All this make sense. Doesn’t It? It was the biggest ever fight in the Commission. This one was the bigger fight I had to fight.

If it had not been for the sake of José Manuel Barroso, the president of the Commission, who has been in my back like a rock and has helped me to push through…I know that many things are said about the previous President of the Commission, but I can tell to all the women that it was thanks to him that we managed in the end, after a deadly fight, to get this as a Commission, to get it out as a proposal. Then two things happened. First, in the Council there was a huge opposition agains, lead mainly by Germany and Great Britain. Whereas in the Parliament happened the same thing that happened in italy, all the parties joined their forces and voted for this directive with a huge majority. Very incredible! And not only the women of course. The man in the Parliament as well. And that I absolutely agree, you cannot change the world if only the women want to change it. We need the men as our best allies.

You know that in the Council there are still problem for this law to pass, but things have changed. Since the moment on the 14 of November of 2012, when I put this on the agenda, until now in 22 out of 28 member states, with or without law, the number of women in board position has steadily been rising. After the directive the number is growing. It was growing exponentially in those member states where there was a national law promoted --- the example of Italy where you are now at 22% when you were starting from nothing. But in the other countries where there was no law, the number went up too. The discussion about it, even in Germany, where the discussion was absolutely controversial, in the last years it went up 10%. That means that the psychological factor played

Page 258: Il 2015 al Parlamento Europeo

an extraordinary role. And there was something else, which changed in the major way; that was the networking of the women. Women were not used to create clubs, networks, but at a certain moment they became upset. And I give you the example of what happened in Germany where most of parties were agains the quota. All the women parliamentarians went to Berlin and signed the Berlin declaration. Even if their party had said that nobody has the right to go there and sign this declaration. It was an extraordinary cross party solidarity of the women. Something happened. The journalists, the female journalists, also made an analysis. They too joined forces and they created a very strong movement. The pressure was very, very strong. And this happened also in other domains. There was, for instance, another very strong gathering of the women in middle professions who also exercised a pressure on the society wherever they could and every women in her own capacity. That was one of the reason why in the end the quota solution was even forced into the CDU election. There was a very strong movement going ahed, which let to results.

There was also something else that I thought was very important. Here in Brussels, just when I was working on the new legislation, I had a dinner with leaders of business schools in Europe, mainly from British and from the French business schools. They told me: “I meet many CEOs and presidents, and they all tell me the same story: we would love to have women, but we do not find them”. I said : “Then, do your homework! Look out at what your women in MBA are doing after the MBA”: Three weeks later they came back to me. “There is a real problem, you are right. There are not enough women in MBAs to start with. But the women are doing the best MBAs. And after the MBAs the men are getting the best positions.” So business school decided to help me change this. To make the story short, from this came the movement “Board ready women”. In the beginning some European schools joined forces. Today it has become a world wide movement, and there are roughly 8000 cvs of board-ready women. So, you see along the fact that we have started something that has provoked a very strong movement. I believe you cannot stop this movement anymore. Now it is to us, women, to show that we are able to get it done to show that when we have the responsibility we care things out. And yes, we are able to be professionals and mothers at the same time.

There is something going on. We have to persuade

young women that it is necessary to fight. Because I have seen women of my age who have done it all and who have come to the conclusion that we need to help. But younger women think that things come automatically and…it does no! We have also to show by experience. Young women understand only when they arrive at the middle management position that things are not automatic at all! And when they start to be mothers also --- it is no always easy to combine the parental responsibilities with a career. I think that we will have obtained a quality if the fathers play the fathers roles. If more men play the fathers role, than it will be possible for all this talented young girls to arrive where they should, according to their talent, to their engagement, and to their wishes.

[Mi ricordo ancora quell’interessante momento quando tu, Alessia, e Lella siete venute a Bruxelles dicendo che avevate il progetto fantastico di creare una legge in Italia - IN ITALIA! - per l’equilibrio tra uomini e donne nelle posizioni di potere. E ho visto l’immagine che proiettavate, una donna più giovane del PD e una non più tanto giovane donna, del centro destra che lavoravano insieme. E non cercavano di portare del beneficio politico a un partito o all’altro. Queste due stupende donne hanno portato tutto il parlamento dalla loro parte in Italia. E ho pensato che era simbolicamente forte il modo in cui lo avevano fatto. Non solo il fatto che avete creato le quote rosa, ma anche il modo in cui lo avete ottenuto. Una donna giovane e una non più così tanto giovane che lo hanno ottenuto insieme. Ero, in quel momento, nel mezzo di una straordinaria battaglia; con molte altre donne della mia età, e non siamo donne “delle quote”, avendo fatto tutta la carriera politica o economica o sociale da sole, ci trovavamo che alla fine della nostra carriera, avendo raggiunto l’apice, le cose non erano cambiate. Sfortunatamente. E quelle donne che non avevano l’inclinazione a combattere battaglie “mortali” per andare avanti non potevano farlo. Non bastava, cioè avere talento. Non bastava avere il coraggio di provarci. Non bastava avere fatto tutti gli studi necessari - il 60% dei laureati in Europa sono donne e poi…dove sono? Si perdono da qualche parte. Quindi sono partita decidendo che dovevamo prima di tutto portare avanti un tema di sviluppo economico e sperimenttare un modello volontario. Fui molto fortunata: senza averlo chiesto, molte società presentavano analisi scientifiche su quello che stava succedendo a livello economico nel settore privato. Ernst & Young, McKinsey, Deutsche Bank, e altri istituti bancari - e sappiamo che nel settore bancario le donne non sono tipicamente ai vertici! Tutti arrivavano alla stessa conclusione, con parole diverse e con diverse prospettive.

Page 259: Il 2015 al Parlamento Europeo

“Analizzando società a guida mista di uomini e donne e società che sono guidate solo da uomini abbiamo notato che le compagnie con una leadership mista hanno risultati finanziari straordinariamente migliori”. Quello è stato l’elemento di cui avevamo bisogno per cercare il diritto di essere riconosciute e non essere discriminate. Questo è quello che ho provato ed il perché ho sviluppato la direttiva sull’equilibrio di genere nei cda. Non volevo una direttiva che imponesse un ordine rigido, non “Devi scegliere le donne perché sono donne”, piuttosto: “Devi dare la possibilità alle donne di competere”. Uomini e donne devono essere messi nella possibilità di competere. Sono certa che le donne possono vincere se si dà loro la possibilità di gareggiare. In seguito si è sollevato anche il quesito sul se dovessimo farlo per tutte le compagnie. Sono arrivata alla conclusione di proporlo solo per le società quotate, le grandi compagnie (sono circa 5000).Dal mio punto di vista, anche se non si tratta di una quota rigida, comunque una quota è solo uno strumento per rompere il soffitto di cristallo, non un obiettivo di per sé. Per questo ho fatto quello che normalmente non si fa, ho inserito una clausola di temporaneità della direttiva, dura solo un certo periodo e non è rinnovata. Questo perché non vogliamo le quote di per sé, ma per rompere il tetto di cristallo così che le donne possono fare da sé, in maniera naturale. È stata questa la più grande battaglia della Commissione, la più grande che io abbia dovuto combattere. Se non fosse stato per José Manuel Barroso, il presidente della Commissione, che è stato sempre una roccia accanto a me e mi ha aiutato a portare avanti il progetto… So che molto si dice del suo operato, ma io posso dire che è grazie a lui se potremo alla fine, dopo una battaglia all’ultimo sangue, ottenere e proporre questa direttiva come Commissione. Poi sono successe due cose. Primo, nel Consiglio si è verificata una forte opposizione, guidata principalmente da Germania e Gran Bretagna. Mentre al Parlamento è successo quello che è successo in Italia: tutti i partiti hanno unito le loro forze e hanno votato questa direttiva con grande maggioranza. Davvero incredibile! E non solo le donne, ovviamente. I parlamentari uomini anche. Concordo assolutamente sul fatto che non si può cambiare il mondo se solo le donne lo vogliono cambiare.

Come sapete al Consiglio ci sono ancora problemi per far passare questa direttiva. Ma le cose sono cambiate. Dal momento, il 14 novembre 2012, quando ho messo in agenda questa proposta fino a oggi, in 22 dei 28 stati membri, che abbiano o meno una legge nazionale, il numero delle donne nei cda sta crescendo continuamente. Dopo la direttiva il numero

sta crescendo. È cresciuto esponenzialmente in quei paesi dove è stata promossa una legge — ad esempio in Italia ora siete al 22% di donne quando partivate praticamente da nulla. Ma anche in altri paesi dove non c’è una legge i numeri sono saliti. La (sola) discussione sul tema, anche in Germania, dove è un problema molto controverso, negli ultimi anni ha portato a un +10%. Questo significa che il fattore psicologico ha giocato un ruolo straordinario. E c’è un altro aspetto che è cambiato in modo importante: il networking tra le donne. Le donne non avevano l’abitudine di creare club, network, ma a un certo momento hanno iniziato a seccarsi. E vi porto l’esempio di quello che è successo in Germania dove la maggior parte dei partiti contrastava le quote. Tutte le parlamentari donne andarono a Berlino e firmarono la Dichiarazione di Berlino, nonostante i loro partiti avessero detto di non andare e firmare questa dichiarazione. Si è trattato di una straordinaria solidarietà tra tutti i partiti e tra le donne. Successe qualcosa. Molte giornaliste analizzarono la situazione e anche loro unirono le forze e crearono un movimento molto forte. La pressione fu davvero forte. E questo successe in altri ambiti. Ci fu per esempio un altro grande compattamento tra le donne nel middle management ed esercitarono una pressione sulle società dovunque potevano, ciascuna donna secondo le sue possibilità. Questa è stata una delle ragioni per le quali la soluzione delle quote è stata forzata nelle elezioni della CDU: un forte movimento che ha portato a risultati.

C’è stato anche qualcos’altro che penso sia molto importante (ricordare). Qui a Bruxelles, proprio mentre stavo lavorando sulla nuova legislazione, mi trovai a cena con i capi delle scuole di business europee, soprattutto provenienti dall’Inghilterra e dalla Francia. Mi dissero: “Incontriamo molti CEO e presidenti e tutti raccontano la stessa storia: vorrebbero più donne, ma non le trovano!” E io dissi loro: “Beh allora fate il vostro lavoro! Guardate cosa fanno le vostre diplomate durante i loro MBA e dopo”. Settimane dopo tornano da me: “C’è un problema. Non ci sono abbastanza donne negli MBA tanto per iniziare. Ma le donne sono le migliori studenti MBA! E dopo il master gli uomini sono quelli che ottengono le posizioni migliori.” Quindi queste scuole decisero di aiutarmi a cambiare la situazione. In breve, da questo nacque il movimento “Board ready women.” All’inizio alcune scuole europee unirono le forze e oggi è diventato un movimento a livello mondiale che comprende i cv di circa 8000 donne pronte per i cda. Vedete, allora, aver iniziato qualcosa ha provocato un movimento molto forte, che credo non si possa più fermare. Ora sta a noi, donne, dimostrare che siamo capaci, mostrare che abbiamo la responsabilità e che ci

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interessiamo. E sì, essere capaci anche di essere buone professioniste e brave madri a un tempo. Qualcosa si muove. Dobbiamo convincere le donne più giovani che è necessario lottare. Ho visto donne della mia età che hanno fatto tutto da sole e sono arrivate alla conclusione che è necessario aiutare (le più giovani). Ma le donne più giovani pensano che arrivi tutto in automatico… beh non succede! Dobbiamo dare la nostra esperienza. Queste giovani capiscono le difficoltà quando arrivano alle posizioni di middle management che le cose non sono automatiche per niente! Quando poi diventano madri — non è sempre facile conciliare le responsabilità di genitore con la carriera. Penso che otterremo un ulteriore successo se i padri giocheranno il loro ruolo. Se più uomini incarneranno il ruolo di padri, allora sarà possibile per tutte queste giovani donne di talento arrivare dove dovrebbero in base al loro talento, al loro impegno, e ai loro desideri.]

ALESSIA MOSCAGrazie per il racconto di una storia che abbiamo, come avete sentito, condiviso perché tanti di questi passaggi li abbiamo vissuti in Italia, in Europa, contemporaneamente, segno che è stata davvero, è e continua a essere una battaglia da compiere a tutti i livelli. Uso questi due minuti prima di dare la parola a tutti gli altri speaker che sono previsti, per dire qualche cosa di più sul motivo che mi ha spinto a organizzare questa chiacchierata di oggi, che viene proprio da questi racconti di introduzione a questa nostra serata.

Ci troviamo adesso in un momento cruciale nel quale la direttiva europea è bloccata al Consiglio e potrebbe essere il nostro di oggi un incontro che contribuisce a portare un esempio, in questo caso di successo, di come la legge abbia avuto un effetto non solo nella percentuale di donne che sono velocemente arrivate nei luoghi di decisione, ma anche per aver impattato la governance complessiva. La nostra più grande scommessa, e l’abbiamo sempre detto, era non solo e non tanto che si arrivasse a una percentuale diversa da quella umiliante dalla quale partivamo, ma che ci fosse anche una dimostrazione pratica del fatto che la governance delle società e dei luoghi di decisione potessero influire a migliorare le performance aziendali; oggi ci pare di poter dire che questa sfida l’abbiamo non dico vinta, ma iniziata ad approcciare. Abbiamo quindi dimostrato che le quote - che non sono un fine in sé! - hanno un valore sociale, economico e di sistema, non sono solo legate a quello che significa il numero di donne presenti nei

consigli di amministrazione. E con questo passo alla seconda considerazione che voglio fare: noi oggi, anche in questa serata, dobbiamo evitare il rischio di replicare in negativo quello che è stato per tanto tempo il boys club. Non vogliamo fare un - passatemi il termine - girls club. Non lo stiamo facendo, lo dico in anticipo per evitare di cadere in questa trappola. Non dobbiamo essere un gruppo autoreferenziale di quanti hanno avuto o potrebbero avere l’opportunità di accedere a luoghi di presa di decisione e rimangono chiusi dentro questa opportunità. Uno dei motivi per il quale abbiamo deciso di organizzare questa serata con questo programma, è perché mi piaceva l’idea di farvi sentire, raccontato dalla viva voce di chi si sta impegnando in singoli progetti concreti che a loro modo evitano il rischio di creare un club chiuso. L’idea di lavorare perché davvero la presenza di donne significhi anche aprire opportunità per altre, modificare la società per tutti e non solo per una fascia elitaria e fare sì quindi che ci sia un ascensore includente, che dia l’opportunità anche ad altre, e permetta quindi che il cambiamento, la diversità di genere possa essere veicolo di altre diversità, a mio avviso questo è la vera forza. Non è la donna in quanto donna il valore, ma è un valore la diversità, la capacità di mettere insieme competenze e capacità differenti. In Europa, abbiamo una piattaforma per poter fare altro ancora, per poter spingere nella direzione di un’altra e nuova diversità, di una apertura alla capacità di complementarietà che viene anche da tradizione, da culture, da lingue e da formazioni diverse. Io credo che questa debba essere la nostra nuova sfida, derivante anche dal fatto che noi oggi siamo molto contente di raccontare un’eccellenza, possiamo infatti davvero dire che su questo l’Italia è un’eccellenza. Ma un paese che si racconta solo per le eccellenze e non guarda alle statistiche, è un paese che non ha grande futuro davanti. Noi dobbiamo fare sì che questa eccellenza sappia contaminare anche quello che eccellenza non è, sappia far sì che ci sia una contaminazione positiva, una capacità di sollevare anche le non eccellenze e fare in modo che anche le statistiche raccontino un paese migliore rispetto a quello in cui siamo oggi. Lo dico perché penso che ci sia per chi ha ruoli di presa di decisione, chiamatela come volete, responsabilità, impegno, restituzione - ci sia comunque una necessità se vogliamo dare ciascuno il nostro contributo, impegnarci perché davvero l’agenda cambi, perché ci sia una capacità di migliorare complessivamente il nostro paese.

È di qualche giorno fa una fotografia che inchioda il nostro paese su tanti capitoli e ne cito uno. Abbiamo un divario educativo, un divario scolastico --- le nostre

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scuole sono in uno stato di arretratezza rispetto anche solo a una media europea. Penso questa sia una delle questioni che dobbiamo affrontare, perché se noi vogliamo che questa legge sia sostenibile e abbia la capacità quindi di cambiare la cultura, non possiamo farlo se non alimentiamo dalle radici questo cambiamento. E se non abbiamo una scuola che è in grado di sradicare degli stereotipi che vengono spesso rinforzati nelle famiglie, noi non riusciremo a far sì che questa legge abbia tutti i frutti e possa sviluppare al massimo tutte le sue potenzialità. Quindi io credo che questo davvero debba essere il nostro impegno.

MONICA PARRELLA [slides di presentazione]

Ho il compito gradito di parlare dello stato dell’arte di una legge che sicuramente ha avuto una applicazione felice fino a questo momento e anche dare informazioni sullo stato dell’arte della proposta di direttiva che porta il nome della ex commissaria Viviane Reding, attualmente in discussione al Consiglio. Mi interessa innanzitutto dare i dati di contesto per poi sviluppare un ragionamento sui modelli di equilibrio di genere così come si sono inseriti negli ordinamenti europei e poi specificamente tratterò della legge che porta il nome della nostra ospite, Alessia Mosca, e di Lella Golfo. Infine vi parlerò degli aspetti più critici o su quelle che sono le nuove sfide che da una legge come quella delle quote potranno derivare in futuro.

Il problema della sotto rappresentazione delle donne nei luoghi decisionali dell’economia è un tema non soltanto italiano. Molti paesi sono in ritardo. L’Italia nelle ultime statistiche del World Economic Forum si colloca purtroppo ancora in posizioni poco positive, cioè al 69esimo posto di graduatoria generale, ma soprattutto 114esimo posto, su 136 paesi, per opportunità economiche e si colloca al 129esimo posto per il problema del livello salariale. I paesi nordici sono ai vertici di questa classifica, la stessa Germania è al 12esimo posto e la Francia ha registrato dei passi avanti molto significativi. In Italia i passi avanti più significativi si sono registrati in materia di opportunità nel campo politico, di empowerment politico (siamo al 37esimo posto) e, soprattutto per effetto della legge sulle quote, abbiamo registrato un incremento sostanziale nella presenza di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate più grandi. L’incremento maggiore l’ha registrato negli ultimi 6 mesi la Francia con un +18%, ma l’Italia viene subito dopo con +14% (sono statistiche queste che sono state diffuse dalla Commissione europea nel

mese di luglio di quest’anno).

Quali sono stati i modelli utilizzati nei paesi europei per riuscire a fare in modo che le donne riuscissero a entrare nei luoghi decisionali e in quelle che sono considerate le stanze dei bottoni, cioè i consigli di amministrazione delle principali società?Sono sostanzialmente tre:1) il modello basato sulle quote di genere (il modello già sperimentato in Norvegia dal 2003, il modello italiano, francese e spagnolo);2) un secondo modello è basato invece sui codici di autoregolamentazione (il modello anglosassone);3) un terzo modello, quello seguito dalla proposta di direttiva che prende il nome dalla ex commissaria Reding, fissa un obiettivo, un target del 40% o 33% del genere meno rappresentato tra i direttori esecutivi e non esecutivi, ma soprattutto individua una modalità per raggiungere questa percentuale, cioè l’utilizzo di criteri meritocratici basati sulla trasparenza.

1) Cosa dire del modello delle quote... Non è uguale in tutta Europa, sono presenti infatti modelli diversi. Quello che ho potuto registrare anche da parte degli altri stati europei è stato un grandissimo interesse per il modello italiano, modello graduale particolarmente apprezzato per come consente un ingresso non di rottura e una più facile adesione volontaria a questo cambiamento culturale e organizzativo e di governance di tante società. Ricordo che in Italia la legge si applica non solo alle società quotate come in altri paesi, ma anche alle società controllate dalle pubbliche amministrazioni - più di 4000.

2) Il modello basato sull’autoregolamentazione (modello anglosassone) era stato abbracciato anche dalla Germania, che però verificati i risultati limitati, si appresta a presentare una proposta di legge federale che prevede una quota del 30% entro il 2016. La presentazione è prevista per l’11 dicembre (2014). Ci sono state tante polemiche, ma si dovrebbe essere giunti al momento in cui anche la Germania, dopo le buone esperienze in particolare francesi e italiane, sta abbracciando l’idea che sia necessaria una rottura normativa con una quota di genere per poter superare il gap nelle presenze delle donne dei consigli di amministrazione.

3) Il modello della proposta di direttiva è al vaglio del Consiglio. Anche in quella sede ci sono state tantissime discussioni soprattutto da parte di quei paesi che non accettano l’idea che una direttiva europea si occupi di questo tema. L’Italia si è impegnata fortemente per cercare di superare le resistenze dei paesi “in bilico” e

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ha fatto della direttiva sulle quote una priorità della propria agenda del semestre di presidenza.L’11 dicembre si discute proprio della direttiva sulle quote, ma le negoziazioni sono ancora in corso: lo snodo è rappresentato dalla Germania che proprio lo stesso giorno presenterà la sua legge federale.C’è da augurarsi che questa coincidenza sia positiva e che allora si possa sbloccare il negoziato e l’Italia quindi possa raggiungere il risultato di avere la direttiva quote approvata dal Consiglio entro il suo “semestre”. Diversamente, proporrà alla prossima presidenza un dossier molto ben analizzato nei paesi membri e ci auguriamo che la direttiva diventi legge anche perché avendo un arco temporale che va oltre quello della nostra 120/2011, avrà un effetto positivo anche in Italia, pur avendo già noi una normativa sulle quote. Avendo un orizzonte temporale più lungo permetterà infatti al risultato delle quote di consolidarsi attraverso il metodo della trasparenza - che poi è quello che noi tutti ci auguriamo.

I dati precisi sulla presenza femminile nelle società saranno presentati il prossimo anno, ma ci sono già risultati interessanti in termini di miglioramento della governance aziendale a seguito dell’introduzione della legge sulle quote.Per quanto riguarda la società pubbliche un piccolo appunto sulla nostra applicazione e soprattutto sul monitoraggio che spetta alla Presidenza del Consiglio dei ministri proprio sull’applicazione delle quote di genere - per le società quotate l’autorità di vigilanza è la Consob. I risultati sono molto buoni. Non soltanto perché nei cda che hanno rinnovato la percentuale femminile è ben oltre il 20% - siamo adesso al 23,8% -, è buono soprattutto perché il sistema di enforcement della legge - questo è un altro dei complimenti che viene fatto a livello europeo - sta funzionando. Dopo l’avvio del procedimento, spesso le società si adeguano. Dopo la prima diffida abbiamo tantissime società che si adeguano. Non siamo mai giunti a dichiarare la decadenza di cda e collegi sindacali. Il che vuol dire che le società che non hanno adempiuto una volta diffidati, rientrano, ritornano sui loro passi e quindi si adeguano spontaneamente e non fanno ricorso. Questo per noi è il risultato più positivo perché quello che si vuole è l’adesione spontanea non certo combinare le sanzioni.

Infine rispetto al tema degli effetti sul sistema paese. Nel nostro paese abbiamo per la prima volta un governo paritario in questo momento. Abbiamo una percentuale di parlamentari del parlamento italiano e del parlamento europeo assolutamente non

paragonabili a quelli precedenti. 5 anni fa, ma anche 4 o 3 anni fa, avere un parlamento in cui le donne sono più del 30% era impensabile, inimmaginabile avendo delle percentuali di partenza del 6%, per essere chiari!Non dobbiamo nasconderci i rischi di un approccio troppo positivo e forse ottimista rispetto agli effetti delle quote, perché le quote non possono essere una soluzione per tutto e per tutti i problemi di scarsa rappresentazione delle donne nei luoghi decisionali. Vi ricordo soltanto che molti dei consigli di amministrazione rinnovati, in particolare delle società pubbliche, sono passati dal modello collegiale al modello dell’amministratore unico. E in questo caso le donne sono state rappresentate per un misero 4%. È evidente che ci sono dei meccanismi di ritorsione in atto. Dall’altra parte c’è l’esperienza norvegese che qualche cosa ci deve insegnare.

In Norvegia le quote che sono state introdotte 10 anni fa, non hanno prodotto più donne amministratore delegato. La quota di donne nei cda nelle società quotate è del 40%, ma abbiamo solo il 6% di donne amministratori delegati. Non si è prodotto, purtroppo, un aumento di percentuale di donne nel senior management, non ci sono state modifiche strutturali nell’organizzazione del lavoro. Sono lezioni queste importanti e significative che dobbiamo trarre per renderci conto che c’è una responsabilità in capo a chi ha adesso, come donna, all’interno dei consigli un ruolo decisionale, di portare avanti politiche per il miglioramento dell’organizzazione del lavoro e per l’empowerment femminile all’interno dell’azienda proprio per fare in modo che ci sia sempre una base che può poi passare al consiglio di amministrazione e comunque un management fatto anche di donne e non prevalentemente di uomini.

Per concludere, sicuramente c’è bisogno di una modifica nell’organizzazione del lavoro; se non ci saranno cambiamenti in questo senso e se non verranno adottati strumenti nuovi di gestire il tempo e lo spazio - la conciliazione, si dice -, se continuerà a essere il carico familiare prevalentemente sulle spalle delle donne e non si modificherà qualcosa, ma anche le stesse donne nei cda non faranno in modo che si modifichi l’organizzazione del lavoro, il rischio è che avremo tra 9 anni una situazione in cui il ricambio non sarà pronto. Quindi un’occasione che potrebbe essere definitivamente sprecata. Naturalmente siamo qui per ribadire l’importanza che uomini e donne insieme fanno crescere il paese. È importante che siano tanti gli uomini che parlano di questi temi e che siano consapevoli che insieme, donne e uomini, possono rendere il paese non

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soltanto più inclusivo, ma anche un paese che cresce, un paese migliore.

ALESSIA MOSCAContinuiamo anche oggi nella mappatura e come viene implementata la legge. Lo diciamo spesso, in Italia e anche in Europa purtroppo, non viene seguito l’iter di una legge, non si segue l’impatto che ha. In questo caso stiamo invece assistendo a un buon esempio anche in questo senso di come si possa studiare l’impatto per vedere che aggiustamenti, in caso, possano essere fatti.

PAOLA PROFETA [slides di presentazione]

Abbiamo lavorato da tanti anni sulla legge per veder soprattutto quali sono gli effetti, anche da un punto di vista dei dati, un punto di vista scientifico. Io sono un ricercatore per cui la legge rappresenta una opportunità unica per studiare questi cambiamenti e questi effetti e per vedere l’importanza che può avere una politica come quella delle quote di genere. Una politica che noi sappiamo essere controversa accompagnata sempre da argomenti a favore e contrari. Nel momento in cui viene inquadrata all’interno di un discorso economico, non semplicemente di diritti, ma appunto di convenienza economica --- sappiamo che le donne sono un valore positivo per la nostra economia e questo fa cambiare immediatamente il piano. Chiaramente quello che possiamo fare studiando l’Italia è vederla come un laboratorio di analisi, a partire dall’applicazione della legge 120/2011 che si è installata in un ambiente poco favorevole - sia per l’occupazione femminile, sia rispetto alle carriere delle donne con ampi differenziali di genere. Le tre caratteristiche proprie di questa legge sono particolarmente importanti per studiarne gli effetti. La legge è temporanea - è vista come una rottura di un equilibro che possiamo definire di monopolio maschile. Sappiamo che i monopoli non si rompono da soli, c’è bisogno di una spinta esterna. Ma probabilmente è solo una spinta quella che serve perché poi il mercato ricomincerà a funzionare, a ristabilire la competizione su delle basi più eque. È come se ci fosse un equilibrio di non perfetta concorrenza all’inizio tra uomini e donne, perché partivamo da una situazione in cui solo gli uomini erano rappresentati. Con la legge sulle quote si rompe questo equilibrio.

Il secondo elemento è questa interazione tra pubblico e privato. È importante che la legge si applichi non solo alle quotate, ma anche alle società controllate pubbliche. C’è poi un elemento di gradualismo - perché il primo target è il 20% e poi si arriva a un terzo - e, ancora, l’elemento delle sanzioni, anche questo importante perché è una legge forte che va rispettata per non arrivare alla decadenza.

Per quanto riguarda i primi risultati. Fino all’applicazione della legge, c’è un trend di crescita lentissima, quando poi invece viene introdotta c’è un salto in avanti considerevole.Per quanto riguarda le analisi più specifiche che abbiamo condotto come università e anche in collaborazione con il Dipartimento pari opportunità, vediamo alcuni effetti, ovviamente non si possono vedere subito tutti - ci vuole del tempo. Ma la situazione che abbiamo rappresenta un laboratorio ideale dal punto di vista del ricercatore, perché abbiamo un momento, elemento preciso che identifica quello che succedeva prima dell’introduzione della legge e un “dopo” con un elemento di rottura preciso. Comparando una situazione di pre e post possiamo vedere se questa misura ha avuto degli effetti. - E non è facile per un ricercatore avere esempi di questo tipo! Quello che abbiamo fatto con il progetto Progress, è stato quello di fissare un punto, che era il giugno del 2013, fissare una fotografia (del momento): avevamo a quel punto 3 gruppi di società quotate in Italia. Le società che si erano rinnovate con la legge delle quote già in atto; quelle che si erano rinnovate in una fase che chiamiamo di transizione, cioè da quando la legge era stata approvata ma non implementata - questo ci sporca un pochino l’esperimento da un punto di vista scientifico, perché è appunto una fase di transizione, ma comunque possiamo controllare lo stesso questo gruppo e vedere gli effetti; e per finire il gruppo delle aziende che avevano rinnovato precedentemente alla implementazione e approvazione della legge e quindi avevano board di una situazione antecedente. I gruppi sono più o meno bilanciati, nel senso che prendendo la fotografia al 2013 abbiamo una percentuale di 34, 24 e 41 per cento tra i tre gruppi. Confrontando questi tre gruppi, abbiamo visto, cosa succedeva, cosa cambiava passando da un gruppo all’altro.

Quello che possiamo dire è che le donne nei tre gruppi sono aumentate passando da un circa 12% come presenza femminile del gruppo che aveva rinnovato precedentemente, al 15% della fase di transizione e al 24,9% della fase con l’applicazione della legge. Questo è interessante perché guardando solo le

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aziende che dovevano rinnovare con la legge, si è addirittura superata la soglia imposta. Questo aumento numerico lo vediamo sia per i cda che per i collegi sindacali, ma si tratta di uno degli elementi che ci interessa (e contavamo di ottenere). Gli altri, quegli effetti, diciamo, collaterali, sono ancora più interessanti. -> C’è un ringiovanimento del board. Le donne sono mediamente più giovani, ma anche gli uomini mediamente hanno un’età inferiore. -> Le quote sono associate con un aumento del livello di istruzione di tutti i membri. - Per fare queste analisi abbiamo analizzato 3600 cv, uno per uno, di consiglieri di amministrazione e sindaci in questi consigli di questi tre gruppi, quindi sappiamo tutto tutte le caratteristiche. E il livello di istruzione si è innalzato non solo per le donne ma anche per gli uomini. Vuol dire che si innesca quindi un processo di selezione che non riguarda solo la migliore candidata da inserire nel board, ma anche per migliorare, forse, la qualifica degli uomini esistenti o che rimangono all’interno del board. Insomma, c’è in atto un meccanismo di selezione positivo. -> Si riducono i membri che hanno più di un board (questo vale per il gruppo dopo la quota. Non vale nel gruppo del periodo di transizione) -> Le quote non sono associate a una maggiore presenza di donne legate da legami famigliari. Questa era un’altra preoccupazione che si aveva: si temeva che dovendo inserire più donne, si attivasse la caccia ai parenti, ma non sembra questo un risultato, per lo meno in questo momento.

Se andiamo un po’ più nel dettaglio facendo delle analisi un po’ più sofisticate, il risultato che noi stiamo verificando, cioè la storia che possiamo raccontare, è che c’è stato un aumento numerico, prevalente già nel periodo di transizione; poi però quando la legge diventa matura e le società sono obbligate a rispettarla, allora lì si innesca anche il processo di selezione positivo, cioè pensare, veramente ai migliori candidati, uomini e donne. Il processo di selezione quindi ha bisogno proprio della legge “enforced”, non basta la transizione. Ora stiamo studiando il passaggio successivo, cioè come questi meccanismi si possano poi tradurre in outcome della performance aziendale, nei rendimenti, nei prezzi anche dal punto di vista dei valori di mercato (stiamo parlando di società quotate!) e possibilmente anche di effetti di feedback anche a livello manageriale.

Noi sappiamo che la relazione tra presenza femminile e performance aziendale è una relazione critica,

abbastanza controversa perché i risultati che abbiamo molto evidenti, non sono robusti, nel senso che sono basati su quelle che noi in economia chiamiamo correlazioni, ma non casualità. Invece avendo una legge sulle quote che ci permette di identificare i vari gruppi e di fare quindi un esperimento naturale, controllato, noi saremo in grado anche di dire se c’è un impatto causale. Se la legge ci permette questo, vuol dire che noi riusciamo a passare da una semplice correlazione dove “ci sono più donne e quindi c’è più performance” - che non significa una relazione di causalità perché potrebbe anche segnalare che le aziende più inclini che vanno meglio, sono quelle che prendono più donne - a identificare questo effetto.

Chiaramente le quote sono una parte. Cioè l’effetto finale è la promozione di politiche di genere che comportino una migliore uguaglianza a tutti i livelli. Quindi dalle quote scendere verso i processi manageriali e poi verso il basso. Questo è stato fatto anche, per esempio, in Norvegia. Studi più recenti basati sulla legge norvegese cercano proprio di capire se c’è un feedback effect a livello manageriale. Ed è interessante notare che la maggior parte delle evidenze trovano che gli effetti positivi sulla performance, per esempio, sono quelli che si innescano nel momento in cui c’è questa interazione: quote, quindi più donne nelle posizione di vertice, ma anche una maggiore presenza a livello manageriale. Allora è questa interazione che comporta una migliore performance. Quindi se noi riusciamo a innescare questo processo possiamo avere anche l’effetto positivo sugli outcome e sulle performance.

ALESSIA MOSCANon mi lascio sfuggire l’occasione di ringraziare Maria Latella per essere qui stasera, ma anche perché è stata accanto a questa battaglia e ha portato avanti, insieme a tanti e a tante di noi che sono qui questa sera la battaglia con grande forza. --- Viviane Reding prima parlava proprio del ruolo fondamentale che hanno avuto le giornaliste. Questo è anche un modo per dire che è stata questa una battaglia portata avanti insieme, in tante, tante categorie. E se ci sono i risultati che ci raccontava Paola è perché ci sono stati questi sforzi comuni. Abbiamo pensato a questa serata, ricordo, non come una celebrazione di un successo, bensì come un rilancio perché pensiamo che non possiamo chiuderci in un girls club, ma dobbiamo avere in mente che c’è un rilancio da fare e una nuova sfida da intraprendere.Ti lascio la parola per iniziare questa carrellata di

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esempi concreti che sono una sorta di spin off e stanno cercando di portare la legge in tanti diversi ambiti. Vi ricordo che siamo in questa casa che è la casa di tutti i cittadini europei, sono quindi doppiamente contenta di aver organizzato qui la serata e che condividiate il fatto che da qui possono partire nuove azioni e si possono lanciare nuove iniziative. Ringrazio ancora tutti di essere venuti e di aver partecipato e per quello che avete fatto e che potremo fare da qui al futuro. Grazie.

MARIA LATELLAIntanto grazie ad Alessia Mosca perché è il motore di questo incontro e ci vogliono le persone che diventano motore delle cose. Siccome abbiamo i tempi stretti e ci sono tante cose da dire, vorrei iniziare subito con Tommaso Arenare, di Egon Zhender. Dal mio punto di vista mi preme dire che le cose si fanno perché ci sono le persone che le fanno, Tommaso è uno che ha fatto sì che le cose succedessero.Quando sento dire che ci sono delle separazioni tra il modo di pensare di uomini e di donne e che sono mondi che non comunicano, io sorrido perché da 4 anni tutte noi con Tommaso comunichiamo benissimo!

TOMMASO ARENARELa prima cosa che vorrei sottolineare è che per tutti noi è fondamentale imparare a scegliere le persone superando pregiudizi inconsapevoli. Lo dico sempre, ma è fondamentale: l’essere umano ha un cervello che sceglie male, inconsapevolmente sceglie persone simili. Guarda prima di tutto a questo e lo fa perché è lo stesso cervello di quando vivevamo nelle savane in piccoli gruppi familiari ed era una questione di vita o di morte capire se avevamo di fronte una persona e se questa persona era simile a noi, o se era un animale o un’altra persona pericolosa da cui scappare. Questo è quello che ha frenato il ricorso alla diversità di genere che oggi, per fortuna, si è riusciti a cambiare. Dico “per fortuna” perché c’è voluta tanta fortuna. L’Italia era distratta e in un momento di distrazione ha fatto una legge che è un capolavoro. Ricordo che quando è stata fatta questa legge la Confindustria e l’Abi, l’associazione delle banche italiane, due grandissime istituzioni, si sono pronunciate insieme contro di essa. Non era mai successo nemmeno

col fascismo. La 120/2011 è stata promossa in Italia con l’applicazione differita di un anno, non ce ne sono altre di leggi dove questo è accaduto. Quindi c’è voluta tanta fortuna e, come ha ricordato la commissaria Reding prima, due donne diversissime — altro esempio di cosa fa la diversità: ha fatto sì che l’Italia abbia avuto una legge che senza il contributo di ciascuna delle due madri non sarebbe stata possibile.

Quando la legge è stata proposta e presentata si è iniziato a scegliere con cura, per paura, la stessa paura che fa sì che si scelgano i propri simili. “Mi si obbliga a scegliere le donne…meglio che le scelga brave!”. E quando si è cominciato a scegliere delle donne brave, ci si è accorti che forse chi era stato scelto prima non era stato scelto con lo stesso criterio che si chiama “merito”. Quindi, l’Italia ha scoperto il merito e quando si scopre il merito e la competenza…non ci si ferma più. Poi questo si trasmette nel fatto che l’Italia ha oggi il parlamento nazionale che ha di gran lunga il maggior numero di donne (oltre il 30%) del mondo cosiddetto occidentale, una delegazione europea che conta il 40% di donne. Stiamo parlando di numeri assoluti e incredibili fino a poco tempo fa. L’Europa ha beneficiato di questo fatto che le ha permesso, anche grazie a paesi come l’Italia, di diventare la guida al mondo di un fenomeno: nel mondo oggi le donne nei cda sono finalmente oltre la barriera che hanno fatto fatica a superare per anni grazie al fatto che l’Europa unita ha prodotto grandi cambiamenti. E dico unita perché anche paesi straordinari che non hanno leggi sulle quote, hanno però manifestato un fenomeno di emulazione molto forte - parlo per esempio del Regno Unito -; miracolosamente si è rimessa in cammino di nuovo la crescita. Più donne vuol dire più merito, cambiamento positivo e nella vita dei cittadini ci si accorge che l’Europa è anche questo. Adesso la sfida per tutti noi è trasportare questo cambiamento positivo dai consigli di amministrazione ai ruoli di guida operativi delle aziende. Anche qui l’Italia per varie fortune, con numeri per quanto bassi è un po’ più avanti - ci sono casi di presidenti di grandi aziende italiane che sono donne e non era obbligatorio per nessuna legge sceglierle! Io sono ottimista sempre e sono contento di essere nella casa europea di tutti, in un processo che l’Europa sta guidando nel mondo. Per una volta - ma non sarà l’ultima! - l’Italia guida e la Germania segue. Stabiliamo un esempio del quale possiamo essere molto orgogliosi.

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MARIA LATELLAVorrei che Monica Pesce ci presentasse il progetto di PWA che ha ottenuto un finanziamento importante.

MONICA PESCE [slides di presentazione]

Vi parlo di questo progetto: ME-TOTEM - MEntoring as TOol Towards Empowerment, che si muove su 3 livelli e va nella direzione di quello che è stato discusso oggi. Si è verificato quello di cui tutti noi eravamo convinti a tutti i livelli: cambiare i numeri nei board avrebbe generato un impatto sugli executive all’interno delle aziende, o quantomeno che lo avrebbe generato più velocemente. Ci siamo resi conto a partire dalla Norvegia, ma ci aspettiamo che un risultato simile si verifichi in Italia e in altri paesi europei e questo non sta accadendo perché non c’è una cinghia di trasmissione tra quello che avviene a livello di board e quello che avviene a livello di aziende. Men che meno quello che avviene a livello di ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Si laurea il 60% di donne, entra il 60% di donne nel mondo del lavoro, quando poi saliamo i numeri crollano. C’è bisogno di fare cultura, di fare role model (un tema di cui parliamo tantissimo) c’è bisogno di fare cultura nel senso di “awareness” affinché le cose cambino. Come PWA insieme al nostro network di Bruxelles e alla federazione europea, abbiamo deciso di lavorare con lo strumento del mentoring partendo dal livello dei board, cioè uomini e donne che oggi siedono in un board che si faranno sponsor di donne “ready for board but not yet in a board” e a cascata queste donne saranno mentor all’interno delle aziende per lavorare sul middle management; ancora, a loro volta queste ultime saranno mentor/sponsor delle neo laureate. Lo scopo è di cominciare a creare una cultura del percorso professionale. Altro aspetto che abbiamo verificato è che le donne non hanno l’abitudine di pianificare, di costruire un percorso professionale che punti verso una posizione di executive, una posizione di vertice, una posizione di board. L’elemento cardine è che sfruttando l’internazionalità oggi, ma soprattutto l’imprinting europeo della nostra associazione, tutto questo lo si faccia e lo vogliamo fare a livello europeo. Abbiamo lavorato tanto per la legge in Italia e per le donne nei board. Vogliamo portare quello che abbiamo imparato e stiamo imparando anche a un livello europeo. Vogliamo che questa diventi un’esperienza europea.

RICCARDA ZEZZA [slides di presentazione]

Il tema della tavola rotonda mi è piaciuto molto perché “cosa fare con il potere una volta conquistato” è un tema molto ottimista. E allora mi sono posta la domanda: cosa vuol dire potere? Sono andata a vedere il significato di “potere” e sono andata a vedere l’etimologia della parola. Nasce dal verbo potere - dal latino -, da l’idea della possibilità, potere come capacità. Poi da “capacità” si è trasformato in “forza”, in dominio, e poi un po’ alla volta è diventato “privilegio”. Quindi in realtà la parola potere per noi oggi vuol dire più privilegio che non possibilità. Siamo passati dalla possibilità di far qualcosa alla possibilità di imporsi sugli altri. Mi sono domandata se noi donne arrivando al potere non possiamo fare ritorno a quella che è l’origine etimologica del potere, che è proprio il senso di possibilità. Un ritorno indietro. Con la mia società abbiamo iniziato una ricerca 2 anni fa e abbiamo trovato uno studio su donne leader americane, un nutrito numero di donne in altissime posizioni di leadership. Si investigava il tema della leadership al femminile. Non era ricercato il tema della genitorialità però le donne hanno iniziato a parlare di leadership in un modo che non si era mai sentito prima. Vi riporto un po’ di virgolettati dove si vede per esempio che per loro la leadership è la capacità di abilitare gli altri a fare cose. Quindi vediamo che si sente un po’ come un genitore che non ti trattiene ma ti lascia libero e ti mette nelle condizioni di fare, che ti dice: “Tu puoi”.

Altro concetto che è emerso e che prima non era mai emerso associato alla leadership, è stato quello della creazione. Quindi la leadership come guida, come il potere di avere cura. Abbiamo allora iniziato a sviluppare il tema della leadership generativa, completamente diverso dal senso di potere come dominio che è quello che normalmente troviamo. Il terzo tema interessantissimo che è uscito da questa ricerca è che questo tipo di leadership queste donne americane si trovavano a praticarlo quotidianamente. Per loro la maternità, cioè trovarsi a casa, gestire i figli, marito, baby sitter eccetera, era una palestra quotidiana di leadership. Loro dicevano appunto: se sei una brava madre riesci assolutamente a gestire bene anche un gruppo di burocrati.Hanno quindi dovuto fare una seconda ricerca in cui sono andati a investigare proprio la maternità come palestra di leadership - non se l’aspettavano. Si sono accorti che quando le donne sono abbastanza importanti da permetterselo, cambiano le parole. Quindi è proprio una questione di definizione. Il potere

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diventa possibilità. Quindi la maternità è diventata per loro da una parte una palestra quotidiana, una opportunità unica di sviluppare alcune competenze che poi servono nella leadership, ma anche, ed è ancora più interessante, una metafora. Si cambia il linguaggio, il concetto di potere. Quando cambi le parole cambi anche l’immaginario e riesci a cambiare il mondo. L’ultimo pensiero ci porta sui papà. Se noi proviamo a girare il concetto di potere e lo facciamo diventare una responsabilità, se proviamo a definire il potere come una attitudine alla generazione e se diciamo che la leadership è un senso della possibilità, allora un giorno forse si dirà anche degli uomini: “È un leader bravo come un padre. In grado di mettere gli altri nelle condizioni di lavorare perché crea”.

È sull’onda di questo sogno che è nato Maternity as a Master (MAAM) che esiste da un anno ed è tre cose al momento: -> un progetto formativo che molte grandi aziende stanno acquistando per trasformare le competenze della genitorialità — in aula non abbiamo mai solo donne. Oggi ne abbiamo parlato poco, ma la cosa buffa è che di maternità si parla poco in questi contesti, mentre in realtà la maternità è uno dei grandi problemi. Tanto è vero che quando si diventa genitori avvengono due discriminazioni contemporaneamente: alle madri si chiede di diventare lavoratrici part time e ai padri si chiede di diventare padri part time. -> MAAM è un libro. Uscito 2 mesi fa è già in ristampa perché qui c’è una cultura da cambiare e va a toccare le persone. ->Il terzo è un sogno nel cassetto: un campus che possa permettere alle donne in congedo di maternità di fare formazione anche durante la maternità!

MARIA LATELLAVorrei aggiungere una cosa, sul tema del potere. Sono stata qualche giorno fa a un convegno e quando una delle manager ha parlato di potere c’è stata una sollevazione nella platea perché tutte le donne presenti rifiutavano l’idea dell’associazione tra donne e potere. Io credo che invece, come Riccarda abbia dimostrato, il potere abbia una etimologia e una chiave proprio nella nostra natura. Proporrei a Ciro Imparato di darci una delle sue chiavi…a sorpresa! Credo sia curioso vedere come un comunicatore professionale veda la leadership femminile.

CIRO IMPARATOLa leadership femminile è una nuova frontiera che può portare a una perfezione evidentemente superiore. Nella leadership femminile esiste l’intelligenza. Ho capito veramente questo aspetto quando insieme a Giampiero Quaglino ebbi la possibilità di creare un corso che si chiamava “La voce della leadership”. Che cos’è la voce della leadership? Significa che esistono dei tratti distintivi che caratterizzano uomini e donne e questi tratti distintivi una volta applicati, una volta utilizzati, sono in grado di far sì che in due maniere completamente differenti si possano guidare le persone. Perché poi al di là del potere, parliamo di leadership come guida, come gestione, come idea di far sì che le persone seguano qualcuno perché questo qualcuno è in grado di fare in modo che tutti possano credere in lui/lei. Che cos’è la leadership al femminile? È un modo diverso di ottenere l’assertività. Un modo più gentile, se vogliamo, più democratico, che tenga conto di ciò che si vuole dire e che tenga conto anche delle altre persone oltre che di quelle che guidano, perché la cosa più importante è fare in modo che si capisca l’altro. Se di diversità bisogna parlare, bisogna parlare dell’altro. Non si può far nient’altro che capire l’altra persona. Quindi prima l’empatia, la conoscenza dell’altro. Quando abbiamo negoziato le nostre specifiche diversità, allora sì che possiamo fare in modo che si possa creare qualcosa di comune. Apparentemente quindi la leadership al femminile rappresenta un lavoro in più. Ovvero tener conto non solo di chi parla ma anche di chi ci ascolta. In realtà alla lunga si tratta di un lavoro risparmiato perché consente di eliminare ogni forma di resistenza, di conflitto, di incomprensione. Quante riunioni, quanti consigli di amministrazione si fondano su un conflitto? Quanto viene perso tutti i giorni in tutta Europa perché manager uomini e donne confliggono costantemente?

Entriamo meglio in cosa possa essere questo senso di leadership al femminile. Intanto la leadership al femminile è la leadership di ogni donna? Incredibilmente e forse anche inspiegabilmente la risposta è no. Perché la leadership al femminile non è la leadership di ogni donna? Perchè il modello è quello maschile. E perché per lungo tempo per tantissime occasioni il modello di riferimento non ha potuto essere altro che quello con il quale e contro il quale combattere. Non perché le donne non abbiano il desiderio di esprimere questi tratti caratteriali e di personalità. Al contrario.

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Esistono purtroppo alcuni modelli di leadership al femminile che non sono in grado di esprimere la femminilità, ma al contrario esistono invece dei modelli maschili che esprimono perfettamente la leadership femminile, cioè questi tratti empatici e autorevoli. Tutte le possibilità che noi abbiamo avuto di poter vedere persone, uomini che hanno potuto parlare attraverso la negoziazione, rivestivano una parte che era non solo maschile ma anche femminile. Cos’è il senso di questa leadership al femminile? Capire chi è l’altro, capire cosa si può fare con l’altro, come non andare a scontrarsi con l’altro, e dopo aver compreso negoziare e fare qualcosa insieme. La leadership al femminile non solo è qualcosa che può essere vista, ma è qualcosa che può esser insegnata a uomini e donne. La capacità di parlare con il cuore, con emozione, di parlare facendo sì che l’altra persona venga veramente compresa, è l’unica possibilità che abbiamo realmente per poterci capire. Perché anche in Europa i conflitti sono accesi e le difficoltà possono essere anche insormontabili, ma non nel momento in cui possiamo essere in grado di negoziare con empatia e autorevolezza.Cuore e concretezza, quindi, sono i due tratti fondamentali della leadership al femminile che auspichiamo possano essere in un futuro prossimo acquisiti da ogni leader del mondo.

MARIA LATELLALa differenza rispetto al passato, rispetto agli anni ‘80 per esempio, è che negli anni ‘80 nessuno ci avrebbe detto che nella leadership c’è anche il cuore. Sicuramente la concretezza che viene riconosciuta ai leader di tutti i sessi. Ma che ci voglia anche il cuore è qualcosa di nuovo ed è molto bello diventi una cosa condivisa perché fa la differenza anche rispetto a una concezione che io trovo vecchia della leadership, quella tutta narcisismo per intenderci. Vorremmo ora sentire Joanna Maycock.

JOANNA MAYCOCKI am the Secretary General of the European Women’s Lobby, which is a pan-european network of women organization representing about 2500 women organizations in civil society. We work on women in leadership. First of all we need to get more women into power, but the question is what do we do when we get in power? What kind of new leadership we want to bring?I want to talk about feminist leadership - we haven’t

mentioned that word yet. I want to be quite practical. I was asked to give some practical ideas on how do we model, and promote and support feminist leadership. It is true that women are very uncomfortable about the idea of power. And often very uncomfortable even about the idea of leadership. I was recently at a meeting of women leader in civil society in Johannesburg and we were talking about how do we promote feminist leadership. In broad terms the first thing we said was that feminist leadership means that you think that my success is your success. And that your success is my success. It is not a competitive leadership, it is a caring ad inclusive leadership.

We need to broad and strengthen the pipeline of women in leadership. We need to create space and opportunities for new generation of leaders. And we need to do it in a way that it is intentional and conscious.Viviane Reding talked about the fact that young women say they do not need all of this support and this quotas. It is not what I hear. What I hear is a fantastic new generation of feminists who are pretty angry they are not getting the equality that they were promised and who are asking for support and help but are finding that older women are holding on to the limited space there is in leadership. So we need an intergenerational conversation about how we fill more leadership. I disagree with Alessia here. I think we do need to create some girls’ club and we do not need to do it in exclusion of men but we absolutely do need to create some women-only space. If you are in a leadership position I say, create a women only space in your organization, in your office, and allow women to speak to each other about the challenges they face. And you will be amazed and surprised. Let that happen first. Strengthen the networking of women within sectors, political parties, within organizations. And then network across them. We had some really powerful stories about networking between politicians and media and civil society. Another thing you can do is give younger women challenging jobs to do, challenging tasks to do and support them to succeed in doing so. I think this is underestimated and we still over stereotype the roles we give younger women as assistants. Give young women really challenging jobs but crucially help them succeed in what you have given them to do. We need also to name the issues of sexism, sexual harassment, patriarchy. We need a zero tolerance

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policy in every work place on those issues, we need to name-and-shame it. We have talked in the European Women’s Lobby about having a campaign in Brussels of zero tolerance on sexism. We have done lot of work on women in politics, and the issues around sexual harassment and sexism that women face in politics, absolutely creates a limit on women going into politics or even considering it as a career.

One last thing, this does matter because it also means that when you have got a critical mass of women in leadership raising the critical issues of gender equality and women rights, the work become easier. This is not a fluffy issue, it is a hard issue that we need to take very seriously.

[Sono il Segretario generale della European Women Lobby, che è un network paneuropeo di organizzazioni di donne che rappresenta circa 2500 organizzazioni della società civile. Prima di tutto, abbiamo bisogno di più donne al potere, ma la questione è cosa facciamo quando abbiamo quel potere? Che tipo di nuova leadership vogliamo portare? Voglio parlare di una leadership femminista - non abbiamo ancora menzionato questa parola. Voglio essere molto concreta, mi è stato chiesto di dare alcune idee su come si modella e promuove e supporta la leadership femminista. È molto vero che le donne sono a disagio parlando del potere. E spesso sono molto a disagio anche riguardo all’idea di leadership. Recentemente ero a un incontro di leader della società civile a Johannesburg e parlavano di come promuovere la leadership femminista. In termini ampi, la prima cosa che ci siamo dette è come la leadership femminista significhi pensare che il mio successo è il tuo successo. E che il tuo successo è il mio successo. Non è una leadership competitiva, ma premurosa, inclusiva. Abbiamo bisogno di allargare e rinforzare i canali che portano le donne alla leadership. Dobbiamo creare spazi e opportunità per nuove generazioni di leader. E abbiamo bisogno di farlo in un modo che sia intenzionale e cosciente. Viviane Reding ha parlato del fatto che donne più giovani dicono di non avere bisogno di questo supporto e delle quote. Non è quello che ho sentito io. Io sento di fantastiche nuove generazioni di femministe che sono molto arrabbiate di non avere la parità che gli era stata promessa e che stanno chiedendo aiuto e supporto, ma stanno anche riscontrando che donne più anziane mantengono e occupano quel poco spazio che c’è. Quindi abbiamo bisogno di un tipo di conversazione intergenerazionale su come possiamo occupare più

spazi di leadership. Non sono d’accordo con Alessia, io credo che abbiamo invece bisogno di creare qualche “club delle ragazze” e non dobbiamo farlo escludendo gli uomini, ma assolutamente abbiamo bisogno di creare qualche spazio solo per le donne.

Se siete in una posizione di leadership vi dico di creare degli spazi solo per le donne nella vostra organizzazione, nel vostro ufficio per permettere alle donne di parlare tra di loro sulle sfide che affrontano. Resterete sorprese. Bisogna rafforzare il networking tra le donne tra i diversi settori, partiti politici, le organizzazioni. Abbiamo ascoltato storie davvero importanti sul networking tra la politica, i media e la società civile. Un’altra cosa che si può fare è dare alle giovani donne dei lavori impegnativi, compiti onerosi da fare e supportiamole affinché abbiano successo nel compierli. Penso che questo sia un tema sottovalutato e ancora troppo stereotipate le figure delle assistenti giovani. Diamo alle giovani donne lavori davvero impegnativi, ma aiutiamole in modo determinante a completare con successo quello che gli abbiamo dato da fare. Abbiamo poi bisogno di sollevare il tema del sessismo, delle molestie sessuali, del “patriarcato”. Abbiamo bisogno di una politica di tolleranza zero in ogni posto di lavoro su questi temi. Abbiamo parlato nella Lobby del fare una campagna a Bruxelles di tolleranza zero al sessismo. Abbiamo fatto molto lavoro sulle donne nella politica e il tema delle molestie sessuali e del sessismo che le donne sperimentano in politica si è rivelato cruciale come limite nel farle accedere alla politica o addirittura farle considerare questa come una possibile carriera.

Un’ultima cosa, questo è importante perché vuole anche dire che quando una massa critica di donne al potere che sollevano temi cruciali di parità di genere e di diritti delle donne, il lavoro diventa più facile. Non si tratta di un tema morbido, ma di una questione importante che dobbiamo prendere molto seriamente.]

CRISTINA ROSSELLOVolevo focalizzare subito il tema della leadership e il tema della formazione e il nostro ruolo. Amo definirmi “dopo i 50”. Raggiunti i 50 magari se non hai figli ti viene ancora questa maggiore voglia di trasmettere qualcosa a chi è più giovane e anche a fartene carico. Da 5 anni ho creato questa associazione di cui Alessia è sempre stata una forte sostenitrice ed è una madrina di eccellenza perché fa tutoraggio alle nuove generazioni.

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Sul discorso della leadership femminile, alla luce di quello che anche hanno già detto gli altri qui stasera, evidenzierei alcuni aspetti. Non si tratta solo di guardare ormai a quello che è stato raggiunto grazie a questo magistrale apporto di Alessia e di Lella e poi ancora di Alessia che ha seguito anche in Europa la coltivazione di questo progetto. Adesso bisogna andare oltre. Il discorso dei commissariamenti, non è da perdere. Il commissariamento è proprio la tappa di eccellenza per noi perché siamo le uniche ad avere così tanti requisiti di professionalità e di onorabilità - anche per il fatto forse che non abbiamo ancora avuto tante opportunità di inserimento nell’ambito lavorativo - tali da poter incidere su questi temi. Il tema del commissariamento e della presenza femminile sui temi dell’antimafia, della corruzione con l’applicazione del decreto anti-corruzione, sono sicuramente temi che ci devono vedere impegnate. Altro tema sul quale posso portare una testimonianza è quello dell’Unione europea. Il tema della difficoltà della concessione del credito alle imprese, il tema della crescita. Sono temi che ci danno un peso e una responsabilità a cui non possiamo sottrarci. Ad esempio volevo fare una carrellata su alcuni esempi di leadership femminile che non sono solo le quotate o le partecipate pubbliche. La presenza nel private equity - avevamo fatto uno studio con Monica Pesce su questo e sull’apporto che le donne danno sia a livello di leadership, ma anche come concepiscono il sistema bancario, quindi l’investimento, che è visto per la crescita dei figli, per il pensionamento futuro, l’investimento al risparmio, l’attitudine a un investimento diverso, cioè l’obbligazionario anziché, ad esempio l’azionario. Ci sono una serie di attitudini alle quali non possiamo sottrarci anzi, questo discorso di tenere il genere, la complementarietà dei nostri ruoli ci dà una maturità e una importanza diversa. Un altro tema di cui non si parla mai sono i patti di famiglia. Ad esempio, nel patto di famiglia e nel trust si regolano non soltanto i patti successori per cui si ha un passaggio generazionale del potere, ma si determinano anche degli assetti - e soprattutto in un tempo moderno in cui è inevitabile parlare di due o tre matrimoni, perché la vita si allunga e perché i matrimoni sono sempre di più a breve. Anche un assetto - soprattutto parliamo di leadership e di famiglie importanti -, una distribuzione successoria e di poteri e di esercizio di potere di gruppi, non si vede soltanto negli USA con alcuni casi clamorosi, ma si vede anche in Europa e si vede nella pianificazione familiare. Sono tutti temi questi sociali, giuridici, di potere, che si assommano a quel concetto che Zezza aveva accennato prima.

MARIA LATELLAMi veniva da riflettere e citare Viviane Reding e una delle cose che ha detto: non diamo per garantito che le nostre conquiste vengano percepite dalle nuove generazioni. Forse le ragazze danno per scontato cose che vanno difese. Ed è esattamente lo stesso concetto che ho sentito oggi enunciare anche da Cristine Lagarde... Passo la parola a Maria Silvia Sacchi.

MARIA SILVIA SACCHI27esima ora... perché si dice appunto che la giornata delle donne sia di 27 ore tra quello che devono lavorare fuori casa e dentro casa. Prima Reding ricordava il ruolo della stampa. Credo che la stampa abbia auto un ruolo importante nell’approvazione della legge sulle quote di genere e il Corriere in particolare, che ha appoggiato questa legge in tempi non sospetti quando ancora cioè non si pensava che sarebbe passata. Il Corriere non ha esercitato un potere, ha fatto il suo mestiere: quello di capire quando c’è un problema, di capire perché c’è quel problema e di cercare le soluzione. Ha esercitato un potere ma allo stesso tempo ha fatto il suo mestiere. Il Corriere dal 2009 ha una donna come vicedirettrice e questo non è casuale. Sono stati gli anni dal 2007 in poi, gli anni importanti in Italia perché il discorso della questione femminile arrivasse a maturazione. Nel 2007 si è avuto per la prima volta il superamento del 5% delle donne nei cda. Quale è stato il modo in cui il Corriere ha affrontato queste tematiche… Direi che la cosa più importante è che le ha affrontate da un punto di vista economico e non di pari opportunità e credo che questo si stato un po’ il cambiamento che c’è stato in Italia. Abbiamo creato il blog, che appunto si chiama 27esima ora, che ha circa 850mila utenti unici e ha a sua volta generato una nuova iniziativa: Il tempo delle donne - tre giorni in Triennale a Milano, che ha riunito 10mila persone.

Noi abbiamo tanto sostenuto la legge sulle quote per i motivi che sono stati sottolineati prima e cioè perché ciascuna persona deve poter perseguire i proprio sogni e obiettivi. Perché non possono esistere monopoli che sono negativi e perché non si deve sprecare il talento. Noi siamo partiti dall’economia e poi abbiamo parlato di altro. Solo poi ci siamo occupati di femminicidio e

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di tutti i temi legati alle donne. Uno dei cambiamenti importanti che c’è stato dopo questo lavoro è stato direttamente sul Corriere della sera, ovvero è cambiato il modo di lavorare interno. C’è un modo di lavorare più orizzontale e non più verticale che dimostra, come diceva prima Parrella, che il tema dell’organizzazione del lavoro è il tema futuro e le riflessioni interne che portano a questi dibattiti possono effettivamente cambiare l’organizzazione del lavoro. Sono cambiamenti lenti, perché sul Corriere trovate ancora la foto per attirare i click, la differenza rispetto al passato è che adesso magari qualcuno dall’interno dice: dobbiamo tirarla via. Ecco, tutto questo prima non succedeva.

PATRIZIA RAVAIOLI [slides di presentazione]

Due parole veloci. Innanzitutto sono contenta di esser qui e ho imparato molto. Ed è molto importante per quello che si diceva prima, ci sono certi valori che vanno difesi. Io, per esempio sono molto impegnata nel lavoro e per un periodo mi sono occupata un po’ meno di queste battaglie, in cui credo moltissimo — ma un nuovo motivo nel farlo mi è venuto proprio da questi movimenti che mi hanno dato l’impressione del fatto che è proprio importante esserci. Non diamo per scontato che le conquiste che abbiamo avuto in questi anni sono acquisite! Secondo me c’è ancora tanto lavoro da fare. Anche perché certe conquiste sono economiche, e non parlo del salario - per quello c’è ancora da fare -, ma ancora non sono conquiste sociali. In questo senso c’è molto da lavorare.

Un flash sull’organizzazione che rappresento, che è Croce Rossa Italiana. Come CRI facciamo parte della federazione internazionale di Croce rossa e di Mezza luna rossa che lavora in paesi in cui la questione femminile è ancora molto forte e cerchiamo di fare il possibile anche all’interno dell’organizzazione. Abbiamo creato un gruppo di donne che cerca di portare avanti politiche positive perché anche un’organizzazione umanitaria che dovrebbe avere una grandissima sensibilità di fronte a questi temi, purtroppo invece si ritrova ad avere una presenza femminile in tutto il mondo (stiamo parlando di 198 paesi al mondo) del 23% di donne presidente e del 36% di segretari generali. Anche all’interno di realtà come questa il lavoro da fare è tanto. Stiamo cercando di inserire nello statuto della federazione delle quote, ma vi assicuro che è molto difficile.

Chiudo con due pensieri. Donne e potere: credo che il potere faccia impressione alle donne perché come la parola “patto” viene considerato un valore negativo e il temine “potere” si considera nella sua accezione solo negativa. Invece penso che il potere venga gestito dalle donne che ne sono consapevoli, con grandissima competenza, anche se interpretarlo fino in fondo in certe dinamiche organizzative è molto difficile perché il potere in certi momenti ti fa essere solo. A un certo punto tu devi decidere e decidere non significa che tu sia popolare e che tu sia amato dagli altri. In questo senso nella dinamica organizzativa dell’azienda delle volte non è facile. Mi piace pensare però che tutti uomini donne lavoriamo per un potere che porti a migliorare il mondo in cui viviamo. In questo senso, anche in una logica egoistica, se noi pensiamo sul lungo periodo, non possiamo che pensare alla necessità di usare questo potere per migliorare il mondo che ci circonda. Altrimenti vediamo una logica e un’ottica soltanto di breve periodo. E con quello non facciamo un favore a noi o ai nostri figli o comunque delle persone che ci stanno accanto.Ultimissima nota: leadership al femminile o al maschile. Devo confessare che ho avuto molti dubbi pensando se esista o non esista una leadership al femminile. A me fa un po’ venire le bolle il fatto di dire la leadership al femminile. Nel senso che leadership è leadership, alla fine. Ci sono delle caratteristiche delle persone che sono diverse e ciascuno esercita la leadership in maniera diversa. Però mi piacerebbe pensare, ma non ne sono sicura quindi condivido con voi il dubbio, che ci siano delle caratteristiche che sono extra genere, sopra il genere, oltre il genere. Non penso che sia un favore che facciamo a noi stesse dire che noi siamo più sensibili, più dolci, eccetera eccetera. Quando c’è da essere dure lo possiamo essere. Pensare a una sorta di leadership dei generi….ecco forse possiamo andare oltre questo concetto. Grazie.

MARIA LATELLAStavo facendo una riflessione. Sono le nove di sera, molti di noi hanno preso un aereo, son venuti qui, sono rimasti fino ad ora qui. Questa cosa secondo me ha un significato, un peso. Siamo qui tutti perché siamo consapevoli che non è più come prima. Occuparsi e riflettere delle cose di cui abbiamo parlato oggi qui, non è più una questione marginale o secondaria. È una Questione e quindi è un altro motivo per il quale sono molto contenta di aver preso l’aereo e di essere qui oggi. Grazie a tutte e grazie a tutti.

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UK, Europe, & ROW (excl. Australia & Canada): USA: Australia: Direct Customer Services, Palgrave Macmillan, VHPS, Customer Services, Palgrave Macmillan, 16365 James Madison Highway Palgrave Macmillan, Publishing Building, (US route 15), Gordonsville, Level 1, 15-19 Claremont St, Brunel Road, Houndmills, VA 22942, USA South Yarra Basingstoke, RG21 6XS, UK Tel: 888-330-8477 VIC 3141, Australia Tel: +44 (0)1256 302866 Fax: 800-672-2054 Tel +61 3 9811 2555 (free call) Fax: +44 (0)1256 330688 Email: [email protected] Email: [email protected] Email: [email protected]

Hardback 9781137427465 Jul 2014 £62.50

$105.00 £44.00 $73.50

224 pp 216 mm x 138 mm

Women Directors The Italian Way and Beyond Paola Profeta, Livia Amidani Aliberti, Alessandra Casarico, Marilisa D'Amico and Anna Puccio

Special Offer - 30% off with this flyer

Paola Profeta is Associate Professor of Public Economics at Università Bocconi, Italy, where she also coordinates the area of 'Gender' in the Dondena Research Center. She is a member of the monitoring team for Law 120/2011 at the Department of Equal Opportunities (Italian Presidency of Council of Ministries), coordinator of the Bocconi unit for the 'Call of Action' launched by Viviane Reding, scientific advisor of Unicredit and Universities Foundation, and associate editor of CESifo Economic Studies. Livia Amidani Aliberti is Founder of Aliberti Governance Advisors. She supports her clients as Corporate Governance consultant, and serves on listed and charity boards in Italy and the UK. Engaged in gender diversity research since 2004, Livia holds a postgraduate Level 7 Certificate of the FT, is a certified Accountant and holds a BA in Economics and Business. Alessandra Casarico is Associate Professor of Public Economics at Università Bocconi, Italy, and Director of Econpubblica, Center of Research on the Economics of the Public Sector at Università Bocconi. She is a Research Fellow of CESifo, Munich, Germany. Marilisa D'Amico is Full Professor of Constitutional Law and Constitutional Justice at the University of Milan, School of Law, Department of Public Italian and Supranational Law. She is Director of the Division of Constitutional Law. She is also Vice-President of the Council of Presidency of Administrative Justice and barrister before the Supreme Court. She is scientific coordinator of two Specialization courses at the Faculty of Law of the University of Milan: 'Equal Opportunities and Discrimination', 'Women and Corporate governance' ('Corporate governance, rules, meritocracy', Academic Year 2013/2014). Together with Professor Bianca Beccalli, she is also scientific coordinator of the course, 'Women, politics and Institutions. Marilisa was President of the Equal Opportunities Committee at the University of Milan and delegate of the Dean of the University of Milan for Disability. Anna Puccio is Senior Executive Director for multinational corporations - Microsoft, Procter and Gamble, Sony Ericsson, Accenture - internationally, in countries including the US, Italy, Germany, the UK and Switzerland. She is Secretary General of Accenture Italian Foundation, director of the board of Luxottica Group listed in Italy and Nasdaq, and director of the board of WWF Italy. She is Professor Adjunct in Women's Participation and Leadership in Economic and Political Affairs at the University of Milan, Italy.

About the book A recent Italian law mandates a temporary increased representation of women on boards of publicly-listed and state-owned companies. While traditionally a poor performer on gender issues, this new law has the potential to make Italy a prominent world player in equality between the sexes. Women Directors analyzes the Italian law on gender quotas in boards as a vital opportunity for the country and a key international case. It provides a broad perspective of the new Italian experience, which has the potential to influence the way of addressing gender quota issues worldwide. The key elements of the Italian approach, which include the interaction between public and private spheres, the prompting of an intense debate, the promotion of meritocracy consistently with the emergence of female talents, contribute to spread the impact of the Italian law beyond the country, beyond the period of implementation of the law and beyond the mere increase of the number of women in boards.

CONTENTS 1. Introduction 2. The International Scenario on Gender Gaps 3. Quotas in Boards: Evidence from the Literature 4. Gender Quotas in Boards across Countries 5. The law 120/2011 6. Key Actions and Actors leading to the Law Implementation 7. First Evidence 8. A comparative Evaluation of the Italian Experience 9. Key Learnings from Italy to Other Countries 10. What is Next?

*Special offer with this flyer valid until 31/12/2014 This price is available to individuals only. This offer is not available to our trade and library customers. Offer only valid outside Australasia & Canada. Orders must be placed direct with Palgrave Macmillan. To order your copy at this special price, visit www.palgrave.com and quote discount code PM14THIRTY, or email your order to the address below

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Monica Parrella

Director GeneralDepartment for Equal Opportunities

Presidency of the Council of Ministers Italy

December, 9 2014 Brussels

“Women on corporate boards in Italy and Europe”

Italian law and EU Proposal: the state-of-the-art

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● The contextThe context

● Gender balance modelsGender balance models

● Law Golfo-Mosca: the impact onLaw Golfo-Mosca: the impact onthe Italian contextthe Italian context

● Indirect effectsIndirect effects

Critical issuesCritical issues

ChallengesChallenges

Women on corporate boards in Italy and Europe

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

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• Women are under-represented in economic decision-making throughout Europe

• According to the 2014 Global Gender Gap index of the World Economic Forum(WEF), Italy ranks 69th out of 136 countries and, specifically:

• 37th for political empowerment

• 114th for economic opportunities

• 129th for gender pay gap

1. The context

Women in economic decision making

Women on corporate boards in Italy and Europe

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 279: Il 2015 al Parlamento Europeo

According to recent figures published by the European Commission, the presence ofwomen on the boards of the largest listed companies is increasing throughout Europe.The European average is 18.6%

Gender balance on company boards

Source: European Commission (April 2014)

Representation of women and men on the boards of larged listed companies in the EU

In 2014 the Italian performance corresponds exactly to the European average

2nd position for Italy among the countries that have registered an increase in the last six months

Women on corporate boards in Italy and Europe1. The context

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 280: Il 2015 al Parlamento Europeo

2. Gender balance Models

The main models used to deal with the women's under-representation in economicdecision making can be classified in three types:

Women on corporate boards in Italy and Europe

B. Model based on self-regulation (for example: Sweden – U.K. – Finland – Germany*)

C. Model based on transparency and merit in the selection process (no quotas) - (for example theProposal for European Directive “Women on boards”)

* Gender quotas will beintroduced by 2016

A. Model based on gender quotas (for example: Norway – Italy – France – Spain )

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 281: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women on corporate boards in Italy and Europe

2. Gender balance Models

A. Model based on gender quotas (for example: Norway – Italy – France – Spain )

Binding regulation that provide the inclusion of gender quotas on boards

Different percentages ofgender quotas

Enforcementmeasures and

sanctions

Application context

- Norway 40%

- Spain 40%

- Italy 20% first renewal

33% secondand third renewal

- France 20% by 2014 40% by 2017

- Listed companies

- State-owned companies

(in Italy both)

- Warning mechanism

- Administrative monetary penalty

- Dissolution of the boards

-Dissolution of the company

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 282: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women on corporate boards in Italy and Europe

2. Gender balance Models

B. Model based on self- regulation (For example: Sweden, United Kingdom, Finland )

Appropriate "recommendations" in their respective codes of corporategovernance

Assessed the ineffectiveness of self-regulatory codes launched years ago, on December11, 2014, Germany government will present to the Parliament a draft bill for theintroduction of 30% gender quotas by 2016

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 283: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women on corporate boards in Italy and Europe

2. Gender balance Models

• The proposal sets a minimum target of 40% of the presence of the under-represented sexamong non-executive directors of listed companies, to be achieved by 2020, or, alternatively, atarget of 33% applicable both to the executive directors and non-executive directors

• Listed companies would be obliged to work towards that objective, inter alia, by introducingprocedural rules on the selection and appointment of non-executive board members.

•The question of the presence of women on the boards of listed companies and the consequentcontinuation of the work of negotiation on the proposed Directive "Women on company boards"have been identified as one of the priorities of the activities of the Italian Presidency of the EUCouncil• •The compromise proposal presented by the Italian Presidency introduces the conditions forwhich a Member State may suspend the provisions of the Directive, being able to show thatnationally there are measures or factual conditions for as the objectives of the Directive may be,however, achieved

C. Model based on transparency and merit in the selection process (no quotas)

Proposal for European Directive “Women on boards”

(adopted by EU Commission on November 14 2012)

•The EPSCO Council could adopt the Proposal at the next 11 December European Council.Otherwise Italian Presidency will deliver a progressive report to the incoming Presidency.

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 284: Il 2015 al Parlamento Europeo

Until 2010, Italy compared to the main European countries, was characterized by a lowernumber of women on the boards of listed companies, with a share of only 6%.

3. The impact of Golfo Mosca law on the Italian context in terms of numbers

The Introduction of Law 120/2011 (or Golfo-Mosca law) hThe Introduction of Law 120/2011 (or Golfo-Mosca law) has led to a significanteas led to a significanteincrease in the percentage of female positions increase in the percentage of female positions on on listed companieslisted companies and and state - ownedstate - ownedcompaniescompanies

Women on corporate boards in Italy and Europe

Source: Consob

Female presence on boards of listed companies in Europe(2010)

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 285: Il 2015 al Parlamento Europeo

3. The impact of Golfo Mosca law on the Italian context: in terms of numbers

Source: European Commission (April 2014)

Representation of women and men on the boards of larged listed companies in the EU

In 2014 the Italian performance corresponds exactly to the European average

2nd position for Italy among the countries that have registered an increase in the last six months

Women on corporate boards in Italy and Europe

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 286: Il 2015 al Parlamento Europeo

The share of women on corporate boards of listedcompanies now is 22,67% against the 20% requiredby Golfo-Mosca law for the first renewal.

Women on corporate boards in Italy and Europe

The effects on Italian listed companies

3. The impact of Golfo-Mosca Law on the Italian context: in terms of numbers

The effects on the listed companies performance is oneof the study subjects of the research project “WomenMean Business and Economic Growth - Promoting Gender

Balance in Company Boards“.

coordinated by the Department for Equal Opportunities incollaboration with the Dondena Center of the University LuigiBocconi, Milan.

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Project website: www.womenmeanbusiness.it

@WMeanBusiness Women Mean Business Project

Page 287: Il 2015 al Parlamento Europeo

After the Golfo-Mosca Law the female presence on companyboards has increased

Women on corporate boards in Italy and Europe

The effects on Italian state-owned companies

• The share of women on boards of directors now is The share of women on boards of directors now is 19,54% 19,54% out of 4.000 public companiesout of 4.000 public companies

• The share of women on The share of women on new boards of directors after the first renewal new boards of directors after the first renewal is is 23,8%23,8%

• The share of women on boards of directors that The share of women on boards of directors that haven’t had the first renewal haven’t had the first renewal is is 13.3%13.3%

3. The impact of Golfo-Mosca Law on the Italian context

In order to reach the target of 20% of women on corporate boards that will raise to 33% bythe third renewal the state-owned companies will recruit about 2.700 more women in theirboards (boards of directors and boards of auditors) in the next years.

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 288: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women on corporate boards in Italy and Europe

Monitoring and Supervision on the law enforcement

Supervision based on the database(April 2014-October 2014)

Supervision based on reports (February 2013 - October 2014)

69 proceedings started

49 first formal notice (1°warning)

21 second formal notice (2° warning)

Results•Compliance: almost every warned company •A few companies currently under scrutiny•No cases of dissolution of the board

38 proceedings started

30 first formal notice (1° warning)

7 second formal notice (2°warning)

Results•Compliance : almost every warned company •A few companies currently under scrutiny•No cases dissolution of the board

The oversight on the observance of the national provisions on state-ownedcompanies is in charge of the Department for Equal Opportunities. This activity isbased on:- spontaneous reports - a database of the companies (built in partnership with Cerved Group)

3. The impact of Golfo-Mosca Law on the Italian context

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 289: Il 2015 al Parlamento Europeo

4. Indirect effects, critical issues, challenges

Women on corporate boards in Italy and Europe

For the first time a perfect genderequality (50-50) in the Italian Government

For the first time, two women appointedto the Constitutional Court

For the first time, two women appointedto the High Council of the Judiciary

Indirect effects

In the Italian Parliament, the share of women is now 33% in theChamber of Deputies and 30% in the Senate

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Page 290: Il 2015 al Parlamento Europeo

4. Indirect effects, critical issues, challenges

Women on corporate boards in Italy and Europe

Lessons from the Norway’sexperience

Monica Parrella – Director General, Department for Equal Opportunities http://www.pariopportunita.gov.it/

Critical issues

Gender quotas are thesolution?

Challenges

The women appointed through gender quotas should increase the female presence in top decison-making positions The women appointed through gender quotas should increase the female presence in top decison-making positions

Actions to promote women in top positions:

- A new workplace organization (smartworkig and informal flexibility)

- Combination of gender quotas with a cultural change

Actions to promote women in top positions:

- A new workplace organization (smartworkig and informal flexibility)

- Combination of gender quotas with a cultural change

No spillovers for other women

The senior managers are still mostly men

Only 6% of Norwegian listed firms had a female chief executive

in 2013

Female leadership doesn’t change the management system

Page 291: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women on corporate boards in Italy and Europe

Monica Parrella Director General

Department for Equal OpportunitiesPresidency of the Council of Ministers

[email protected]

Page 292: Il 2015 al Parlamento Europeo

Gender quotas on boards: The economic perspective

Paola ProfetaUniversità Bocconi

Bruxelles, 9 December 2014

Page 293: Il 2015 al Parlamento Europeo

Gender equality and gender quotas: The economic perspective

Gender equality is not only a matter of rights, but a key economic issue as well

Women represent a crucial positive value for the economy and they contribute substantially to business and economic growth (womenomics)

A virtuous circle may begin when more women work and are promoted to top positions

How to promote the presence of women in top positions?

Quotas are a natural, though very controversial policy

Page 294: Il 2015 al Parlamento Europeo

Pro and cons of Quotas: What the studies say

• Pros:– Equal representation. Break down men’s monopoly. A “fair”

competition. Temporary.– They were successful in several countries: example in firms’

boards. Always needed.– It is in the interest of firms to shortlist the best candidates– The array of talents is wider:

• Men are more overconfident and competitive than women, especially in mixed environments. The hesitation of women to join the competition might be reduced through the use of affirmative action (Sapienza et al. 2009; Niederle e Vesterlund, 2010, Spencer et al. 1999 sui math test). Quotas may create incentives. All talents compete.

– We need role models– Spillover effects on the share of female managers (Bell, 2005,

Matsa e Miller, 2013). But Bertrand et al. (2014).

Page 295: Il 2015 al Parlamento Europeo

• Cons:– They harm women: it is the proof that women would never

make it on their own. Negative externality on women (Coate and Loury, 1993)

– They are not based on merit, but they are just a “present” to the underrepresented. The average quality could be undermined. This has never been proved empirically.• On the contrary, in the context of politics Baltrunaite,

Bello, Casarico and Profeta (2014) showed that gender quotas may be associated with an increase of the quality of representatives, due to more qualified men

– It’s a matter of time– Negative reactions on the market if women are not experienced

(Ahern and Dittmar, 2012).

Page 296: Il 2015 al Parlamento Europeo

Female Leadership and performance

• A crucial relation: is there a relationship between more women on boards and the company’s performance? – Evidence are not uncontroversial (Adams and Ferreira, 2009)– Causality direction is difficult to identify

• Diversity is beneficial: heterogeneous context matters: decisions are different, perspectives are enlarged, innovation (Hoogendoorn et al. 2013)

• Women are more risk averse: the Lehman Sisters hypothesis (Adams e Ragunathan, 2013)

• A critical mass is needed (Schwartz-Ziv, 2012)• Interactions matter: more women on boards AND more

female managers support a better performance (Gagliarducci and Paserman, 2014; Schivardi et al., 2014)

Page 297: Il 2015 al Parlamento Europeo

Italy is a new laboratory of analysis in Europe after law 120/2011

• Women are under-represented in economic decision-making throughout Europe. Italy ranks among the worst performers, with wide gender gaps in employment, wages and careers

• Law 120/2011 is a great opportunity and a true revolution–Temporary gender quota law for boards and statutory audit

committees – Private and public Listed and state-owned companies– Gradualism– Sanctions

• Italy is a new laboratory of analysis in Europe. We can study rigorously the impact of gender quotas:– On female leadership– Diversity– Selection– Further effects on performance, governance, leadership, culture

Page 298: Il 2015 al Parlamento Europeo

1934 1951 1962 1970 1978 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 20140.00%

5.00%

10.00%

15.00%

20.00%

25.00%

Women on boards, listed companies, Italy (1934-today)

Source:From 1934 to 1998: Gamba,M. & Goldstein,A. (2009). The gender dimension of business elites: Italian women directors since 1934, Journal of Modern Italian Studies, 14(2),199-225. From 1998: Authors’ elaboration on Consob

November 2014

Law 120/2011

Page 299: Il 2015 al Parlamento Europeo

Palgrave MacMillan

Page 300: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women mean business and economic growth

• Progress project, EC DG-Justice. Italian Department of Equal Opportunities in partnership with Dondena Research Center on Social Dynamics at Bocconi University

• A picture of the boards of directors and boards of statutory auditors of the 240 companies listed on the Italian stock exchange as of 30 June 2013 (Consob)

• Information on all members, men and women, by company. We have analyzed 3170 CV.

• Information is collected and codified in a complete dataset.

• To be merged with data on each company.

Page 301: Il 2015 al Parlamento Europeo

•–

•0.242

0.412

0.346

Step 1: Selection

Page 302: Il 2015 al Parlamento Europeo

Main findings Not only the number, not only the women• Women are increasingly represented in boards (and audit

committees): More than the quota threshold!GROUP 1: 24,9%, GROUP 2: 15%, GROUP 3: 12,6%

• Board members are younger after the reform, especially women• Quotas are associated with more educated members: more

educated women AND more educated men (with post-graduate degrees)

• Members in more than one board decrease after quotas (not in group 2)

• Quotas are not associated with more female members belonging to the family (yes in group 2)

In group 2 it is important to increase the NUMBER of women, after the reform the SELECTION mechanism takes place

Page 303: Il 2015 al Parlamento Europeo

Conclusions

• The Italian gender quota law increases female presence in boards, and starts a new selection process

• Next steps: The relation between selection and outcomes– Performance of the company– Returns – Market prices– Feedback effects at the managerial level?

• Quotas should be part of a broad picture. The final goal of policies is to promote gender equality at all levels.

• Economic arguments matter.

Page 304: Il 2015 al Parlamento Europeo

PWA MilanME-TOTEM - MEntoring as a TOol Towards EMpowermen

This project is co-funded by the European Union

Page 305: Il 2015 al Parlamento Europeo

Lack of mentoring, exclusion from networks, and absence of women role models arecontinually cited as key barriers to career advancement for women.

ME-TOTEM proposes to develop three parallel and interconnected Mentoring Toolkits basedon the core concept that top level mentees (from WS 1 and WS 2) will be engaged asmentors under WS 3.

Project structure and goals

ME

NTO

RIN

G TO

OLK

IT

Awareness and dissemination through:

• Website and social media

• 2 conferences in Milan and Brussels to present the initiative and collect feedback

• 6 half day events in France, Portugal and Romania and 1 EU-wide conference to disseminate the toolkit and results of the pilot

1

2

3

4

Page 306: Il 2015 al Parlamento Europeo

WS 1 - Ready-for-board Women

mentoring and sponsoring tool The core objective of this workstream is to create a toolkit, to be spread among EuropeanPWN

City Networks, that supports the process of engaging top men around the need to increase the % of women represented on European boards

Related goals are listed below:

implement awareness raising actions on listed companies across Europe

generate a virtuous sponsoring cycle, where board men start proactively promoting board-ready women

create a culture that looks into not only gender diversity but also cultural diversity by promoting cross-country mentoring

increase a gender-supportive culture that will flow backwards into the pipeline

disseminate information and knowledge about existing databases of board-ready women profiles

Create a toolkit to be spread initially within PWN and associations and networks that wish to leverage on our experience

Page 307: Il 2015 al Parlamento Europeo

Our project aims to address the following needs in a European context: Overcome the extension to women of the “old boys’ club” approach to board

positions Increase awareness and accountability among board members and top executives

on the need to increase the number of women in executive positions Provide role models for women both in middle management and more junior positions Foster the diffusion of cross-generation dialogue and support

Our project wants to attain the following objectives: Create a direct professional relationship between qualified women and board

members through mentoring and sponsorship Mobilize board members and top executives around the need to support women’s

career paths and to always include women in recruiting processes to increase the number of women in executive positions

Make corporate diversity programs more effective through “woman to woman” mentoring and a higher engagement of top executives (usually men)

Make junior professional women aware of the importance of career planning and of finding a mentor and sponsor as soon as they start their career path and support them through role models

Needs we want to address and

objectives we want to attain

Page 308: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 309: Il 2015 al Parlamento Europeo

What is the etymology of “power”?

power (n.) c.1300: ability; ability to act or do;

strength, vigor, might, especially in batle;

efcacy; control, mastery, lordship, dominion;

legal power or authority; authorizaton;

noun use of the infnitve, "to be able," earlier podir (9c.), from

Vulgar Latn *potere

1. The possibility to do something.: having the power to change

a situaton;

2. The possibility of imposing one’s will on others, to infuence

other people’s behaviour, SIN of authority

Page 310: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 311: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 312: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 313: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 314: Il 2015 al Parlamento Europeo

Source: Wellesley (2006) Paper No. 425

Page 315: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 316: Il 2015 al Parlamento Europeo

A trainingmodel

A book

A campus

Page 317: Il 2015 al Parlamento Europeo

Background slides

Page 318: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 319: Il 2015 al Parlamento Europeo
Page 320: Il 2015 al Parlamento Europeo

"Women bring a collaborative

leadership style that benefits

boardroom dynamics by

increasing the amount of

listening, social support,

and win-win problem-

solving".

Source: Wellesley report oncritcal mass, 2006 USA

Page 321: Il 2015 al Parlamento Europeo

Women are more likely than mento ask tough questions anddemand direct and detailedanswers.

Difficult issues and problems are considerably less likelyto be ignored or brushedaside, which results in betterdecision-making

Source: Wellesley report oncritcal mass, 2006 USA

Page 322: Il 2015 al Parlamento Europeo

Passion, creativity,Passion, creativity,flexibility andflexibility and

humilty are thehumilty are thesecret ingredientssecret ingredients

for a femalefor a femaleleadership?leadership?

Patrizia Ravaioli – EUROPE:FEMALE AT PLURAL–

Woman on Board in Italy and EuropeEuropean Parlament – Bruxelles 9th December 2014

The

Leader

is…..

Page 323: Il 2015 al Parlamento Europeo

ELINA CHAUVETELINA CHAUVETTHE FIRST MEXICANTHE FIRST MEXICAN

ARTIST TELLINGARTIST TELLINGTHROUGHT THETHROUGHT THE

INVASION OF REDINVASION OF REDSHOES THESHOES THE

PHENOMENO OFPHENOMENO OFFEMINICIDEFEMINICIDE

SAMANTHA CRISTOFANETTI SAMANTHA CRISTOFANETTI THE FIRST ITALIAN ASTRONAUTTHE FIRST ITALIAN ASTRONAUT

Page 324: Il 2015 al Parlamento Europeo

“It's my birthday...I am at home with my two twins, Sofia andAdriano, and somebody rings at the door. The girl who helps me athome goes to open and then comes to me saying: “There are twopeople looking for the director.”. My mind goes straight to myhousband- director of a newspaper- and I say “Tell them Antonio isnot here”. Then a little bit curios I add “No worries, I will take care ofit” and who do I see waiting at the door?Two of my collaborators!Now it is all clear...”There are looking for me” I am also a generalDirector.

MY HISTORYMY HISTORY

““THE GENERAL DIRECTOR OF THE ITALIAN RED CROSSTHE GENERAL DIRECTOR OF THE ITALIAN RED CROSS!!!!!!””

Italian Red Cross National Society is a public enthity based on publicduty with international purposes and with the aim of health and socialassistance both in peace time both in case of confilct. Institute of highrelevance, it is under the High patronage of President of the Republicand under the survellaince of the Health Ministry, the Economic Ministryand the Defense one.The ItRC, after a process of reorganization, iscomposed by a national Headquarter and 22 Regional Branchs whichhave a public asset, 640 Provincial and Local Branches which stratingfrom January 2014 are private associations. The closed budgetapproved in 2013 has a total amount of income of € 749.344.461.

Page 325: Il 2015 al Parlamento Europeo

Capillary Present on the national territory with 661 Branches, ItRC operates thanks to the commitment of150,000 volunteers and around 3200 employees.

ITALIAN RED CROSS From the 1st January 2015 the activities carried out bythe Italian Red Cross will be moved to the new RedCross, an Association of the Italian Red Cross underestablishment, promoted by its members and it willhave a private consituted asset.ItRC is also a Memberof the Internazional Federaztion of Red Cross and RedCrescent NS with whom cooperate in internationaldisaster responses, commitment for the entireInternational Movement and fundamental historical andstrategic activity.

In particular:• Take care and protect health and lifeTake care and protect health and life• Support vulnerable people to facilitate social inclusionSupport vulnerable people to facilitate social inclusion• Community Emergency and Disaster preparednessCommunity Emergency and Disaster preparedness

IHL Dissemination and promoting International Cooperation IHL Dissemination and promoting International Cooperation • Youth Commitment in activities and initiatives aimed to facilitate social and culturalYouth Commitment in activities and initiatives aimed to facilitate social and culturalchanges within their communitieschanges within their communities

Page 326: Il 2015 al Parlamento Europeo

WOMEN ROLE IN THE ItRC

N 1 N 1 GENERAL DIRECTORGENERAL DIRECTORN. 1 N. 1 HEAD OF DEPARTMENTHEAD OF DEPARTMENT

N. 10 N. 10 HEADS OF UNITSHEADS OF UNITSN. 6 N. 6 HEALTH DIRECOTRSHEALTH DIRECOTRS

N. 1 N. 1 PRESIDENT OF THE AUDIT COMMITEEPRESIDENT OF THE AUDIT COMMITEEN. 1 N. 1 MEMBER OF THE AUDIT COMMITEEMEMBER OF THE AUDIT COMMITEE

N. 2 (for the frst tme in 2013) N. 2 (for the frst tme in 2013) VICEPRESIDENTSVICEPRESIDENTSN. 5 N. 5 REGIONAL PRESIDENTSREGIONAL PRESIDENTS

TODAYTODAY

S I N C E 1 9 8 5 T O T H I S D A Y I N T O T A L W E H A D 3 2S I N C E 1 9 8 5 T O T H I S D A Y I N T O T A L W E H A D 3 2PRESIDENTS/EXTRAORDINARY COMMISSIONER OF WHICHPRESIDENTS/EXTRAORDINARY COMMISSIONER OF WHICH

ONLY ONE WOMANONLY ONE WOMAN

S I N C E 1 9 8 5 T O T H I S D A Y I N T O T A L 2 3 G E N E R A LS I N C E 1 9 8 5 T O T H I S D A Y I N T O T A L 2 3 G E N E R A LDIRECTOR/SECRETARY GENERAL OF WHICHDIRECTOR/SECRETARY GENERAL OF WHICH ONLY THREEONLY THREE

WOMENWOMEN ( (duration:1°- duration:1°- 2 years; 2 years; 2°2° - 2 MONTHS; - 2 MONTHS; 3°3° - - 6 YEARS)6 YEARS)

Page 327: Il 2015 al Parlamento Europeo

Based on a research made in the 5 Zones(Africa, Americas, Asia/Pacific, Europe andCentral Asia, Middle East and North Afica)

only the 23% of Presidents of NationalSocieties are women and Generaldirectors are a little more than the half.

The international Federation of Red CrossThe international Federation of Red Crossand Red Crescent approved a pledge withand Red Crescent approved a pledge withthe Guide Lines on the issue of Genderthe Guide Lines on the issue of GenderBalance for the next years.Balance for the next years..

RED VIWORED VIWO is a network aimedto guarantee gender balance at allmanagement levels of IFRC and NSswith an high stratecical relevance.It is agoup of womenwho, united by a commonthought, are engaged in middle and seniorlevel management job positions withinIFRC and Nss.

Our Vision is to act as agent ofbehavioural change with the intention toreach a balanced representation atevery level.

Zone President Maschi Femmin

eNo info

Africa 81 17 2

Americas 60 32 8Asia/Pacifc 80 20 …

Europe andCentral Asia

69 31 …

Middle Eastand North

Africa

88 6 6

Totale 74 23 3

Zone SegretariGenerali

Maschi Femmine

No info

Africa 68 28 4Americas 51 49 …

Asia/Pacifc 66 34 …Europe andCentral Asia

50 46 4

Middle Eastand North

Africa

94 6 …

Totale 62 36 2

FEMALE PRESENCE IN IFRC AND ICRC

In volunteering women are moreactive then men from 14 to 17 and 25to 44 years old.In the Third Sector the womenpercentage participation as members orvolunteers is 51,2%. In Italy at all age ranges womenpresidents of volunteer association are35,4% representing the 51,2% of theoverall universe of active volunteersi.

Source: Fondazione Roma TerzoSettore

Page 328: Il 2015 al Parlamento Europeo

Volunteers most “commitmed”?Students and well-ofVolunteers most “commitmed”?Students and well-of

Figures raised up by a Research ISTAT, CSVnet- Natonal Coordinaton ofFigures raised up by a Research ISTAT, CSVnet- Natonal Coordinaton ofServices and Volunteers centers – and Volunteers and partcipatonServices and Volunteers centers – and Volunteers and partcipatonFoundaton (year 2013):Foundaton (year 2013):

• 6,63 millions Italian Volunteers

• 4,14 millions those who are actve in organized organizatons

• 3 millions individual volunteers

From the research a strong relaton between volunteering, educaton andeconomic situaton raised up

Students are most commiteed in volunteering (9,5%) and the level ofeducaton most common among volunteers is the degreee (13,6).

35,6% of volunteers trust others more than the 20,9% of common citzens.

The same trend in optmism toward the future: 30,3% optmistc volunteerscompared to 24% of the overall populaton.

VOLUNTEERING

Page 329: Il 2015 al Parlamento Europeo

European volunteer identkit: adult, educated, well-ofEuropean volunteer identkit: adult, educated, well-of

Outcome research “Partcipaton in volunteering and unpaid work” (2011)Outcome research “Partcipaton in volunteering and unpaid work” (2011)made by Eurofound,European Union Agency for work and life conditonmade by Eurofound,European Union Agency for work and life conditonimprovement:improvement:

• Medium profle Medium profle of European volunteer involved in volunteering actvites: of European volunteer involved in volunteering actvites: delvolontario europeo coinvolto in atvità di volontariato: middle aged, educated, with high income, while not relevant seem gender diversites.

• Highest level of partcipaton Highest level of partcipaton inin Denmark, Finland, Sweden, Austria e Netherland,where on the avarage more than 40 % of people older than 18 usually partcipateto volunteer actvites or charity.

• Lowest percentages Lowest percentages of partcipaton in Romania, Bulgary, Poland, Portugal andof partcipaton in Romania, Bulgary, Poland, Portugal andSoain, where the percentage of people usually dedicated to volunteer actvites orSoain, where the percentage of people usually dedicated to volunteer actvites orcharity is lower than charity is lower than 15%. Italy is at 14th place in the rankin the rank, so around theeuropean avarage 23%.

• Further the material wellness, also the general satsfacton for one's own life playsa relevant role. Volunteering contributes to generally make more satsfying lifequality of volunteers and their relatonship with neighbour and local community.

Page 330: Il 2015 al Parlamento Europeo

The frst reserch on the ItRC- Censis on ItRC volunteersResearch:Research:

Questonnaires were given in hardcopy and electonic version between June 2011 and January 2012, around 3,300 answers and dates collected wereanalyzed by Censis Research Insttute on Social Investements which accepted to cooperate with the ItRCconsidering a common interest on the issue..

Results:Results:

The reasearch raised up how the community of the ItRC volunteers is cohesive, in which volunteers fnd satsfacton and confrmaton of their choice.. Thecommitment signifcant:the avarage among those who answered is about 40 hous per month. The 80% in 10 years see themselves stll commited with theItRC. The frst approach with the ItRC is throught territory, relatves and friend.

For the 18,4% of interviewed volunteering is a way toprovide for lacks from the Governnement. The volunteer identkit raised up is the one of a ordinaryperson ( noneed of superheroes) commited to support communites and taking from the family solidarity values.

Some fgures from the ItRC

Military Corp 12,986Volunteer Nurses

11,829

Page 331: Il 2015 al Parlamento Europeo

A LONG WAY……

WILL BE REACHED IN:•2037 equality of presence of head of units in Ministries;•2052 equality of presence in universities;•2087 equality of presence in health system;•2138 equality of presence of male and female ordinary professors;

•2143 equality of presence inGoverning Boards;

•2425 equality of presence at high levels of magistrature;.•2660 eaqiality of presence at high levels of diplomacy.

Source: if how the demografst Rossella Plomba afrms in her book “ Dreaming parity”it will tale 125 years toreach it in universites and 4 centuries to reach a balance at high levelas of magistrature…..

1968 Dagenham . Sciopero delle 187 operaie alla macchina dacucire della Ford.

Page 332: Il 2015 al Parlamento Europeo

KEY ’WORD “AWARNESS”“AWARNESS”

LACK OF “AWARENESS”“AWARENESS” make me think that at home there can be only one generalmake me think that at home there can be only one generaldirector: my housbanddirector: my housband

WE NEED DO BE AWAREonly deeply knowin ourselves we can hope to give the correct value to our job keeping as polar starthe merit, without a cold andsterile egalitarianism

“the biggest inequality is the equality of unequal things” Alcide De Gasperi.

And above all:Today to recall JF Kennedy :

“We have to wonder what we as women can do for the Country and not what the Country can do forequality”

Page 333: Il 2015 al Parlamento Europeo

In Italy women rank of employment is 46,5% 46,5% (around 12 points less of the avarage ofthe 28 countries of the European Union) In 5 years (2008-2013) womwn employes

dicreased of 11,000 units (-0,1%) compared to the high dicreasing of maleemployment (-6,9%).

Increasing of families with BREADWINNER Women, where woman is the onlyemployed.

In Italy the inactvity rank beteen 15 and 64 years old is 46,1% among women,whiale is26,7% for males. The fgures doubles becasue there is not a system which supportsproperly conciliaton work/family (in italy only 18% of kids has a place in publickindergartens)

FAR AWAY FROM THE GOAL OF LISBON:reach in 2010 the emplyment rank of people between 15 and 64 years old of 70% and

generally 60% of women.

AND FROM THE EUROPEAN STRATEGY 2020:which provides to reach by 2020 an employment rank for men and women between20-65 years old of 75%

TO…..” BE MORE AND NOT AN EXCEPTION”

Page 334: Il 2015 al Parlamento Europeo

I we do not deal some battles, nobody will! I we do not deal some battles, nobody will!

To…..” BE AWARE”

RASHIDA MANJOO, special speaker at United natons on violence againstwomen recalled:

“Feminicide is a crime of State proteced by public insititutions for incapacity toprevent and protect life of women who live different types of discrimination and

violence in their lives. In Italy efforts have been done from the Governement adoptinglaws and policies, including a national Plan of Action against violence, recognizing “this

results have not takennto a dicreasing of feminicides or have been translated inimprovement of child and women life conditions impromevent”.

INSTANBUL CONVENTION (LAW N. 77 OF 27 JUNE 2013)– RATIFICTION AND ESECUTION OF THE CONVENTIONON PREVENTION AND FIGHT AGAINST VIOLENCE AGAINST WOMEN AND DOMESTIC VIOLENCE, ISTANBUL 11TH MAY2011:

RECOGNIZE VIOLENCE AGAINST WOMEN AS A VIOLATION OF HUMAN RIGHTS ANDDISCRIMINATION.

Protecton and support for child witness of violence is also providedand penalizaton for forced weddings, genitalmutlatons, aborton and forced sterilizaton.

Page 335: Il 2015 al Parlamento Europeo

THAT WE CAN CONCILIATE FAMILYTHAT WE CAN CONCILIATE FAMILYAND WORKAND WORK..

On the basis of the last Global Gender Gap of theWorld economic Forum, Italy jumped from the 71° to69° position among 142 countries for gender balance.

To…..” BE AWARE”

Page 336: Il 2015 al Parlamento Europeo

LEADERSHIP EVOLUTION: FROM PREHISTORY TO THIS DAY

IN PREHISTORY

FIRST FACTOR PHISICAL CAPACITY, MUSCLES

THEN

TRIBALISM, BELONGING TO A CLAN

MOVING FROM HUNTING TO AGRICOLTURE

FIRST FACTOR RICHNESS

ULISSE: CLEVER MAN, GREAT COMMUNICATOR AND ABLE TO TOUCH

INTELLIGENCE INTELLIGENCE

Fonte: Mark Vsn Vugt e Anjana Ahuja, Docent di Psicologia all’Università Di AmsterdamFonte: Mark Vsn Vugt e Anjana Ahuja, Docent di Psicologia all’Università Di Amsterdam

Page 337: Il 2015 al Parlamento Europeo

LEADER PERSONALITY

LEADER INVESTITURE CAN BE ANALIZED:

BOTTOM FROM THE POINT OF VIEW OF FOLLOWERS, WHO RECOGNIZE HIM/HER

COLLECTIVE MOVEMENTS IN WHICH EMERGES AND BECOMES

SPOKESPERSON

UP CONSIDERING PERSONAL SKILLS, BEHAVIOURAL, PHYCOLOGICAL, ETNOGRAFIC

WHO WILL LEAD US TOWARD THE CHANGE?WHO WILL LEAD US TOWARD THE CHANGE?

Page 338: Il 2015 al Parlamento Europeo

PACK LEADER LEADERSHIP Testosterone Kingdom

Dr ERLANDSON AND DR LUDEMAN IN THE ESSAY “LA LEADERSHIP DEL CAPOBRANCO” DRAFT THE IDENTIKIT

OF THE ALFA MALE ALFA MALE.ALFA INDICATES PACK LEADER DOMINANTALFA INDICATES PACK LEADER DOMINANT. A STRONG PERSON, AGGRESSIVE, AUTHORITATIVE.

75% OF MANAGERS ARE AFFECTED BY THIS SYNDROME75% OF MANAGERS ARE AFFECTED BY THIS SYNDROME

ALFA MALES ARE HALF SPLITTED:

POSITIVE BRAVE, TRUST IN THEMSELVES, AMBITION AND BRILLANCY IN IDEAS

NEGATIVE ARROGANT, BELLIGERANCE, COMPETION E BATTLE NO HOLDS BARRED.

4 TYPES OF ALFA MALE:

COMMANDERCOMMANDER: CARISMATIC

VISIONARYVISIONARY: ISTINTIVE

STRATEGISTSTRATEGIST: ANALIZZATOR

ESECUTOREESECUTORE:DISCIPLINATED

ALFA MALE ALFA MALE

IS A ADRENALINE ADDICTEDAND SUFFERS OFTEN OF HIGH PRESSURE AND INCONVENIENCEIS A ADRENALINE ADDICTEDAND SUFFERS OFTEN OF HIGH PRESSURE AND INCONVENIENCERELATED TO STRESSRELATED TO STRESS..

Page 339: Il 2015 al Parlamento Europeo

WHO WILL BE THE LEADER OF THE FUTURE?Contaminaton

A WOMAN AFLA WHO HAS THE SAME POWER ROLE CAN STOP ALFA MALE.

ALFA WOMEN ALFA WOMEN GET ANGRY GET ANGRY , BUT ARE LESS AGGRESSIVELESS AGGRESSIVE

ARE ATTRACTED BY POWER POSTITIONS

but are more inclined in fnding way to COOPERATE COOPERATE

THEY FIND SOLUTIONS WIN WINTHEY FIND SOLUTIONS WIN WIN

MEN ARE ATTRACTED BY COMPETITION AND ARE INCLINED TO CONSIDER THEMSELVES EXTRAORDINARYCOMPETENT

WOMEN GIVE MORE RELEVANCE TO COOPERATIVE RELATIONSHIPS

FUTURE LEADER IS A FUTURE LEADER IS A OGMOGM

IS TRANSGENDER IS TRANSGENDER + FEMALE SKILLS+ FEMALE SKILLS

- MALE SKILLS- MALE SKILLS

Page 340: Il 2015 al Parlamento Europeo

CASE STUDY IN ItRC:

HIGH DIFFICULTY IN IMPOSING A AUTHORITARYHIGH DIFFICULTY IN IMPOSING A AUTHORITARYLEADERSHIPLEADERSHIP

GovernanceGovernancestructure structure

STRATEGySTRATEGy

Administrative Structure Administrative Structure MANAGEMMANAGEMENTENT

CRITICISMCRITICISMDISPERSIVE CHAIN OF COMMANDDISPERSIVE CHAIN OF COMMAND

BUDGET AUTHONOMY OF EACH PRESIDENTBUDGET AUTHONOMY OF EACH PRESIDENTBALKANIZATION RISKBALKANIZATION RISK LIMITED RESOURCESLIMITED RESOURCES

LOW PROFESSIONALITYLOW PROFESSIONALITY

Page 341: Il 2015 al Parlamento Europeo

CASE STUDY IN ItRC:

FACILITATE ORGANIZATIONFACILITATE ORGANIZATIONDEVELOPMENT? DEVELOPMENT?

GovernanceGovernanceStructure Structure

STRATEGYSTRATEGY

Administrative structureAdministrative structure MANAGEMENTMANAGEMENT

FEMALE LEADERSHIP FACILITATEFEMALE LEADERSHIP FACILITATETHE CHANGE PROCESS? THE CHANGE PROCESS?

Page 342: Il 2015 al Parlamento Europeo

VOLUNTEER SECTIONS IN ITALIAN RED CROSS:

Regional Branches 21 –(including Trento and bolzan with regional asset)

Provincial Branches 103Local Branches 536

20092009 20102010

TERRITOR STRUCTURE:

Page 343: Il 2015 al Parlamento Europeo

TOWARD THE CHANGE……

1 JANUARY 2013 1 JANUARY 2013

ALL CONSOLIDATED BUDGET APPROVED (theywere not from 2005)BUDGET NOT APPROVED FROM 32 YEARS IN

TIMES PROVIDED BY LAW.

Page 344: Il 2015 al Parlamento Europeo

1 JANUARY 2014 1 JANUARY 2014

A MULTIDISCIPLINARY AND INTERSECTORNETWORK OF WOMEN (AND NOT NLY) WITH

THE SAME MOOD REPRESENTS A GREATRESOURCE WHICH HAS TO BE SUPPORTED

AND VALUED

Page 345: Il 2015 al Parlamento Europeo

NINA AND WOMEN RIGHTS IS A BOOK WHICH LINKSHISTORY TO A LITTLE HSISTORY OF A CHILD, NINA ANDTTHREE FEMALE GENERATIONS OF HER FAMILY.NO TODAY RIGHT HAS TO BE GIVEN FOR GRANTBECAUSE OFTEN GREAT BATTLES STAYBEYOND…………..

WOMEN AGAINSTFEMINISM

FEMINISM 2.0

Page 346: Il 2015 al Parlamento Europeo

Thanks for your atenton,

Patrizia RavaioliItalian Red Cross

General [email protected]