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1 Prof. EMILIO CHIODO ECONOMIA E GESTIONE DELL’IMPRESA AGROALIMENTARE Modulo Fondamenti di Economia e Marketing FONDAZIONE “Istituto Tecnico Superiore Nuove Tecnologie per il Made in Italy, Sistema Agroalimentare e Sistema Moda” sede principale nella Provincia di Teramo e sede secondaria nella Provincia di Pescara. Via A. De Benedictis, 1 - 64100 Teramo, Italy WEB: www.itsagroalimentarete.it E-MAIL: [email protected] [email protected] ISTITUTO DI RIFERIMENTO IIS "Alessandrini - Marino" Via S. Marino, 12 - 64100 Teramo progetto “Formare per Innovare” PO FSE Abruzzo 2007/2013 ob CRO – Piano operativo 2007/2008 - Progetto Speciale Multiasse “Reti per il rafforzamento del sistema dell’istruzione” finanziato D.D. n. 1 DL24 del 3/1/2012 CUP C92I12000000007. CUP C42I12000120007 II ANNO Economia e gestione dell’impresa agroalimentare FONDAMENTI DI ECONOMIA E MARKETING Il sistema di offerta agroalimentare Consumo e domanda alimentari Principi di microeconomia Le forme di mercato Introduzione al marketing

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Prof. EMILIO CHIODO

ECONOMIA E GESTIONE DELL’IMPRESA AGROALIMENTARE

Modulo Fondamenti di Economia e Marketing

FONDAZIONE “Istituto Tecnico Superiore Nuove Tecnologie per il Made in Italy, Sistema Agroalimentare e Sistema Moda”

sede principale nella Provincia di Teramo e sede secondaria nella Provincia di Pescara. Via A. De Benedictis, 1 - 64100 Teramo, Italy

WEB: www.itsagroalimentarete.it E-MAIL: [email protected][email protected]

ISTITUTO DI RIFERIMENTO

IIS "Alessandrini - Marino" Via S. Marino, 12 - 64100 Teramo progetto “Formare per Innovare”

PO FSE Abruzzo 2007/2013 ob CRO – Piano operativo 2007/2008 - Progetto Speciale Multiasse “Reti per il rafforzamento del sistema dell’istruzione”

finanziato D.D. n. 1 DL24 del 3/1/2012 CUP C92I12000000007.

CUP C42I12000120007II ANNO

Economia e gestione dell’impresa agroalimentare

FONDAMENTI

DI ECONOMIA

E MARKETING

Il sistema di offerta agroalimentare

Consumo e domanda alimentari

Principi di microeconomia

Le forme di mercato

Introduzione al marketing

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PRINCIPI DI

GESTIONE

AZIENDALE

L’azienda

L’organizzazione

La gestione

Il bilancio di esercizio

Economia e gestione dell’impresa agroalimentare

L’attività economica

L’attività economica� L’economia studia gli aspetti della società che

hanno a che fare con la produzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi;

� L’attività economica = è legata al binomio bisogni/mezzi � ricerca del rapporto tra bisogni illimitati e mezzi (risorse) limitati e da produrre

� Processo economico = scelta di convenienza tra possibili utilizzi di beni alternativi

� Due tipi di azioni:� Produzione di beni per l’ampliamento di risorse scarse

� Consumo di beni per il soddisfacimento dei bisogni

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L’attività economica

I beni economici� Prodotti = beni materiali

� Servizi = beni immateriali

� Beni di consumo finale = beni e servizi, output di processi produttivi, destinati al mercato o all’autoconsumo

� Beni di consumo intermedio o di produzione (fattori produttivi) = beni e servizi, output di processi di produzione e input di altri processi di produzione, necessari all’ottenimento di “nuovi beni economici”

L’attività economica

Durevolezza dei beni economici� Beni di consumo finale destinati a soddisfare

direttamente un bisogno:� ad uso durevole

� ad uso immediato

� Beni di consumo intermedio destinati a partecipare ad ulteriori processi produttivi:

� ad uso durevole (fattori produttivi strumentali)

� ad uso immediato (fattori produttivi di consumo)

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L’attività economica

� Attività di produzione = realizzazione di beni economici

� Attività di consumo = destinazione di beni economici al soddisfacimento dei bisogni umani

� Beni di consumo finale:� Destinati al mercato: l’attività economica è svolta per

soddisfare indirettamente i bisogni

� Destinati all’autoconsumo: l’attività economica è svolta per soddisfare direttamente i bisogni

L’impresa nella teoria economica

� L’impresa è l’organizzazione economica che svolge l’attività di produzione di beni e servizi

� La produzione consiste nella trasformazione di beni e servizi acquistati sul mercato (input) in altri beni e servizi ceduti sul mercato (output)

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L’impresa nella teoria economica

INPUT

(fattori

produttivi)

IMPRESA

(trasformazione)

OUTPUT

(prodotti)

Mercati dei fattori

Mercati dei prodotti

L’impresa nella teoria economica

Alcuni termini chiave:

� Mercato: è un sistema di istituzioni e infrastrutture attraverso le quali acquirenti e venditori entrano in contatto al fine di scambiare beni o servizi

� E’ un meccanismo attraverso il quale i prezzi determinano le decisioni di allocazione delle risorse da parte dei soggetti economici:

� Decisioni delle famiglie per il consumo dei beni� Decisioni delle imprese su cosa e come produrre� Decisioni degli individui su quanto e per chi

lavorare

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L’impresa nella teoria economica

Alcuni termini chiave:

� Costi: valore degli input utilizzati in un periodo nel processo di trasformazione (quantità dei fattori per il relativo prezzo unitario di acquisto)

� Ricavi: valore dell’output prodotto in un periodo (volume dei prodotti per i relativi prezzi unitari di vendita)

� Profitto: differenza tra i ricavi ed i costi in un periodo (perdita se questa differenza è negativa)

L’impresa capitalistica

� Nell’impresa capitalistica la titolarità dell’impresa (proprietà) è attribuita a coloro che forniscono il capitale di rischio o capitale proprio (i soci)

� Non è prefissata la restituzione (salvo alla cessazione dell’attività dell’impresa)

� La sua remunerazione è funzione dei risultati dell’impresa

� Alla proprietà sono associate due prerogative:� Il controllo delle risorse dell’impresa

� Il diritto al residuo (profitto) dell’attività di impresa

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Il sistema agroalimentare

� L’insieme di attività (cioè imprese e settori) tra di loro collegate da rapporti commerciali e che contribuiscono alla creazione del valore del prodotto alimentare come, infine, giunge sulla tavola del consumatore.

� E’, in sostanza, tutto ciò che interviene tra “field” (il campo coltivato) e “fork” (la forchetta, la tavola del consumatore).

� Produzione di mezzi tecnici per l’agricoltura (fertilizzanti, mangimi, ecc.)

� Agricoltura

� Industria alimentare

� Distribuzione al consumo

� Ristorazione collettiva

Il sistema agroalimentare

� Complesso agroindustriale

� Insieme delle attività alimentari e delle attività di trasformazione delle materie prime agricole a fini non alimentari (silvicoltura, industria del tabacco, cuoio e pellami, tessile, ecc.)

� Complesso agroalimentare

� Insieme delle attività che riguardano i prodotti alimentari

� Produzione (agricoltura, allevamento, pesca)

� Trasformazione (industria agroalimentare)

� Distribuzione (distribuzione alimentare, ristorazione)

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Il sistema agroalimentare

Agricoltura e allevamento

Industriaagroalimentare

Industrienon alimentari

Distribuzione Alimentare

Ristorazione

Consumatorefinale

Industrie e servizi collegati

Mercati esteri

Complesso agroalimentare

Malassis L., Ghersi G. (edited by), Introduzione all’economia agroalimentare, Il Mulino, Bologna

Complesso agroindustriale

Il sistema agroalimentare

La Filiera: � Insieme degli agenti e delle operazioni che concorrono alla

formazione ed al trasferimento di un prodotto (o di un gruppo di prodotti) allo stadio finale di utilizzazione.

Analisi di filiera� Identificazione di tutte le attività tecniche ed economiche

che intervengono nella fabbricazione di un prodotto alimentare fino alla sua commercializzazione.

� Analisi delle operazioni (dei processi produttivi) realizzati lungo la catena di trasformazione di un prodotto

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Il sistema agroalimentare

� Settore

� Insieme delle imprese che producono principalmente un dato bene o servizio (es. settore agricolo: imprese per più del 50% agricole)

� Branca

� Insieme delle attività che concorrono alla produzione di un dato bene o servizio (es. branca agricoltura: tutte le attività agricole svolte da qualsiasi impresa, anche non agricola)

Le dimensioni del sistema agroalimentare

Per il 2010, la dimensione economica del complesso è stimata in circa 246 miliardi di euro, pari al 15,9% delPIL.

Nel 2010 la spesa delle famiglie italiane per generi alimentari e bevande, incluse le alcoliche, è stata di135,5 miliardi di euro pari al 14,6%

Peso dell’agroalimentare in Italia sia per creazione di ricchezza che per quota sulla spesa delle famiglie.

Il sistema agroalimentare italiano

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L’evoluzione del sistema agroalimentare

Anno1995

La dimensione economica di questo sistema era di circa268.300 miliardi di lire pari al 15% dell’intero PIL italiano.Il sistema è cresciuto leggermente di più del restodell’economia nazionale e la quota è rimasta pressochéinalterata.

Sulla spesa familiare, nel 1996 la quota dei consumialimentari era il 17,9%.

Il sistema ha perciò perso d’importanza nei consumi dellefamiglie ma non nella creazione di ricchezza nazionale.

Il sistema agroalimentare italiano

Il sistema agroalimentare italiano

Nel 2010, agli agricoltori è andato il 10,7% della torta:

Il resto della “torta” è stato prevalentemente diviso tra: Commercio edistribuzione, con il 40,8%; Servizi di ristorazione, con il 15,3%; Industriaalimentare, con il 10,1%Al trade, quindi, cioè distribuzione commerciale + ristorazione, è andato circa il 56% del valore complessivo creato

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Il sistema agroalimentare italiano

Nel 2004, agli agricoltori è andato il 15,3% della torta (208 miliardi di euro):

Il resto della “torta” èstato prevalentementediviso tra:- Commercio e distribuzione, con il 33,9%-Servizi di ristorazione, con il 15,5%- Industria alimentare, con il 13,1%

Al trade, quindi, cioè distribuzione commerciale + ristorazione, è andato circa il 50% (precisamente, il 49,4%) del valore complessivo creato

15,3%

7,9%

33,9%13,1%

15,5%

5,6%

0,4%

8,3%

VA dell'agricoltura

Consumi intermediagricoli

Commerico edistribuzione

VA industria alimentare

VA servizi di ristorazione

Imposte dirette settoriagroindustriali

Contributi allaproduzione

Investimentiagroindustriali

Il sistema agroalimentare italiano

Nel 1995 agli agricoltori andava (in mld di Lire) il 18,2% della torta:

Il resto della “torta” era allora così diviso:- Commercio e distribuzione (che in questo caso include anche i servizi di ristorazione, quindi l’intero comparto trade), con il 47,3%- Industria alimentare, con il 15,1%

18%

7%

48%

15%

3%

9%

VA agricoltura

Consumi intermediagricoli

Commercio edistribuzione

VA industriaagroalimentare

Contributi allaproduzione agricola

Investimenti agro-industriali

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Il sistema agroalimentare italiano

Il Valore Aggiunto (VA) è un indicatore efficace della creazione di valore di un settore. Esso, infatti, è calcolato sottraendo al valore della produzione il costo dei mezzi tecnici acquistati per realizzarla.

Il VA dell’agricoltura italiana:

2002: 30.797 mio €

2003: 30.882 mio €

2004: 31.894 mio €

2005: 28.761 mio €

2006: 27.192 mio €

2007: 27.926 mio €

2008: 28.442 mio €

2009: 25.084 mio €

2010: 26.370 mio €

Il sistema agroalimentare

Valore aggiunto� E’ la misura dell'incremento di valore che si verifica nell'ambito della

produzione e distribuzione di beni e servizi finali grazie all'intervento dei fattori produttivi (capitale e lavoro) a partire da beni e risorse primarie iniziali.

� La differenza tra il valore finale dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per essere impiegati nel processo produttivo è il valore aggiunto.

� Può essere osservato in tre modi differenti, tra di loro equivalenti:� dal punto di vista della produzione, sottraendo al valore dei beni e servizi

prodotti il valore dei beni e servizi necessari per produrli;

� osservando come i redditi vengono distribuiti ai fattori della produzione;

� sommando il valore dei beni e servizi venduti al consumatore finale, osservando cioè la spesa.

� VA = Produzione – Consumi Intermedi� VA = Costo del lavoro + Oneri Finanziari + Utile + Imposte +

Ammortamenti

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La formazione del valore nel sistema agro-alimentare tende, quindi, gradualmente a spostarsi

verso i “servizi” a valle, quelli più vicini al consumatore

Sia la componente agricola che quella industriale faticano a difendere la propria quota nella creazione del valore. Le ragioni, pur con le differenze del caso,

sono in realtà comuni ai due settori.

Il sistema agroalimentare italiano

La Logistica concerne la gestione efficiente dei flussi fisici dei prodotti, al fine di minimizzare i costi e massimizzare il valore del prodotto finale. Si pensi, per esempio, ai livelli organizzativi richiesti dalla cosiddetta “Catena del freddo”.La Rintracciabilità, invece, concerne la gestione efficace dei flussi informativi connessi al prodotto tra i soggetti della filiera. Tali flussi informativi, a differenza di quelli fisici, sono bi-direzionali cioè si muovono sia dal “produttore al consumatore” che viceversa.

(Rintracciabilità)

(Logistica)

Il sistema agroalimentare italiano

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Rintracciabilità

� Rintracciabilità = la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento,

� di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta a far parte di un alimento o di un mangime

� attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione (Reg. 178/2002)

L’analisi di filiera

Tracciabilità (tracking)

� Seguire il prodotto da monte a valle della filiera

� Informazioni “lasciate” ad ogni passaggio dal prodotto

Rintracciabilità (tracing)

� Ricostruire la storia del prodotto da valle a monte

� Leggere le informazioni “lasciate” ad ogni passaggio dal prodotto

� Tracciabilità interna => tracciabilità di filiera

L’analisi di filiera

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Funzione della rintracciabilità

� Ritrovare l’origine e le caratteristiche dei prodotti in ogni punto della filiera in modo da identificare problemi di qualità (rintracciabilità ascendente)

� Localizzare i prodotti in ogni punto all’interno dei canali di distribuzione determinandone provenienze e destinazioni per gestire il loro ritiro in caso di crisi (rintracciabilità discendente)

� Agevolare l’identificazione e il controllo di effetti indesiderati e a lungo termine sull’ambiente e sulla salute di persone ed animali

� Dare informazioni e “rassicurare” il consumatore

L’analisi di filiera

Il sistema agroalimentare

Le forme di mercato

Numero aziende venditrici

Natura del prodotto

Una Poche Molte

Omogeneo Monopolio Oligopolio omogeneo

Concorrenza perfetta

Differenziato Monopolio Oligopolio differenziato

Concorrenza monopolistica

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Il sistema agroalimentare

� Concorrenza perfetta

� Impresa price-taker

� Scelta delle quantità da produrre

� Concorrenza monopolistica

� Numero elevato di imprese / prodotto differenziato

� Oligopolio

� Interdipendenza tra le decisioni di un’impresa e quelle delle altre che producono lo stesso bene

� Monopolio

� Possibilità di scegliere prezzo e quantità prodotta per massimizzare il profitto

� Impossibilità di ingresso di concorrenti (monopolio naturale e monopolio pubblico)

Effetti della dimensione economica

Grandi dimensioni di impresa consentono economie di scala e maggiori investimenti in innovazione che aumentino l’efficienza produttiva

Consentono anche, però, di esercitare un maggiore potere di mercato limitando il numero di soggetti venditori (Oligopolio e Monopolio) e compratori (Oligopsonio e Monopsonio)

Un venditore Molti compratori

MONOPOLIO

Pochi venditori Molti compratori

OLIGOPOLIO

Molti venditori Un compratore

MONOPSONIO

Molti venditoriPochi compratori

OLIGOPSONIO

Il sistema agroalimentare

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Dal questo punto di vista, il sistema agroalimentare, non solo in Italia, presenta una situazione particolarmente critica:

-Tantissimi produttori agricoli di piccole e piccolissime dimensioni

- Molte industrie alimentari di dimensione medio-piccola, anche se variabile per settore e zona

- Poche e grandi imprese della Distribuzione Organizzata (o Grande Distribuzione Organizzata, GDO)

In Italia:-Aziende agricole: 1,6 milioni (censimento 2010)

- Imprese industria alimentare: 59 mila (2009, Unioncamere)

- Supermercati: 9.481 (2009)- Ipermercati: 552 (2009)- Quota di mercato dei primi 6 gruppi della GDO (Mecades, Coop Italia, ESD Italia, Rinascente/Intermedia,

Gruppo Carrefour, Conad)= 75,6% (2003)

Il sistema agroalimentare italiano

Strategie di contrasto da parte dei

soggetti a “monte” della GDO:

- La differenziazione produttiva

- Orizzontale (varietà, branding)

- Verticale (qualità, grading)

- La riduzione della dimensione della

filiera, cioè dei soggetti coinvolti, in

particolare by-passando i soggetti capaci

di esercitare maggiore potere di mercato

(filiere corte)

-L’aggregazione (sistema cooperativo,

sistema delle denominazioni di origine)

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La differenziazione del prodotto può realizzarsi in due modi:

- In senso orizzontale, cioè aumentando la varietà dei prodotti in commercio anche mediante l’introduzione di nuovi marchi (o brand) con relative politiche commerciali (o strategie di branding)

- In senso verticale, cioè incrementando la qualità dei prodotti esistenti mediante una classificazione, o “gradazione”, della qualità stessa (o grading)

Il sistema agroalimentare italiano

Queste due diverse strategie richiedono adeguati investimenti perché tale differenziazione sia effettivamente creata e, soprattutto, comunicata al cliente/consumatore:

- Investimenti nella creazione, diffusione e controllo dello standard qualitativo, nel caso del grading

- Investimenti in promozione e pubblicità (o advertising), nel caso del branding

L’entità di tali investimenti sono tali per cui la differenziazione del prodotto non sia alla portata delle piccole dimensioni di impresa, anche laddove vi siano tutti i requisiti e le potenzialità.

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La bilancia agroalimentare italiana, cioè il saldo tra prodotti agricoli e alimentari importati ed esportati nei vari comparti, dimostra con chiarezza le difficoltà che l’Italia sta attraversando nel difendere la propria porzione di creazione di valore nell’ambito delle filiere globali.

Tale bilancia, infatti, è in rosso sia per quanto riguarda i prodotti agricoli che per quelli trasformati, ed è una voce negativa rilevante nella bilancia commerciale complessiva italiana.

Bilancia commerciale italiana, in milioni di €, 2010:AGRICOLTURA:- Import: 11.165 (nel 2008 10.646)- Export: 5.673 (nel 2008 5.285)- Saldo: -5.492 (nel 2008 -5.361)INDUSTRIA ALIMENTARE:- Import: 23.583 (nel 2008 22.285)- Export: 22.106 (nel 2008 20.601)- Saldo: -1.477 (nel 2008 -1.684)TOTALE SALDO AGROALIMENTARE: -7.045

Il sistema agroalimentare italiano

Il dato della bilancia commerciale agricola è più preoccupante, in quanto strutturale. Inoltre, le difficoltà cominciano a riguardare anche comparti in cui il paese dovrebbe essere più forte (come nel caso dell’ortofrutta)

Invece il deficit per i prodotti trasformati, anch’esso strutturale, sta migliorando negli ultimi anni. In questo modo anche la bilancia agroalimentare complessiva ha avuto un leggero miglioramento.

SALDO COMMERCIALE:

CONFRONTO 2001, 2004, 2008, 2010

Il sistema agroalimentare italiano

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Il sistema agroalimentare italiano

Nel complesso, nello scenario globale, l’Italia mostra difficoltà evidente a sviluppare le proprie potenzialità. Nel 2006, la quota italiana delle esportazioni agro-alimentari mondiali è stata del 3,1%, al 10° posto della classifica, persino dopo il Belgio:

Il sistema agroalimentare italiano

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La Grande Distribuzione Organizzata

La distribuzione moderna

� Concorrenza basata sulla riduzione dei costi dei servizi logistici (distribuzione moderna vs commercio tradizionale)

� Forme distributive despecializzate a libero servizio

� Competizione sul prezzo (economie di scala)

� Elevata concentrazione

� Nuovo modello di strutturazione dei rapporti di canale e della logistica

� Centri distribuzione

� Differenziazione nelle tipologie di esercizi (es. discount)

La Grande Distribuzione Organizzata

Grande Distribuzione Organizzata (GDO)

� GD = Grande Distribuzione

� imprese distributrici che sotto forma di unica impresa agiscono su tutto il territorio nazionale o larga parte di esso, di solito su superfici di vendita medio-grandi.

� Es. Lidl, Carrefour, Auchan, Coop e Esselunga

� DO = Distribuzione Organizzata

� forme distributive di tipo associativo o cooperativo presenti su tutto il territorio nazionale, o parte di esso, sotto forma di imprese diverse, anche con piccole superfici di vendita, ma che agiscono sotto un’unica insegna e coordinate da una sede nazionale.

� Es. Conad, Sigma, Interdis, Selex, Sisa e Despar

� La GDO indica l’insieme di queste due forme ma anche lacrescente tendenza delle due ad integrarsi in gruppi,

partnership, strategie comuni.

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Supermercato :

Esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato a libero servizio e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita compresa tra 400 e 2499 mq

Ipermercato: Esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare,

organizzato a libero servizio e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita maggiore / uguale a 2500 mq

La Grande Distribuzione Organizzata

Discount:

Esercizio di vendita al dettaglio avente una struttura a libero servizio, caratterizzato da un‘assortimento unbranded, allestimento spartano ( esposizione su pallet o direttamente in cartoni di imballaggio ) e che abbia un numero di referenze medie su un paniere predeterminato di 40 classi di prodotto inferiore a 6 .

Libero Servizio:

Esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato a libero servizio e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita compresa tra 100 e 399 mq.

La Grande Distribuzione Organizzata

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La ragione per cui la GDO ha assunto questo ruolo-chiave è principalmente costituita dal progressivo cambiamento dei comportamenti di acquisto dei prodotti alimentari da parte dei consumatori. In tutti i paesi a sviluppo avanzato, come mostra il grafico, la quota principale degli acquisti alimentari viene realizzata presso le superfici di vendita della GDO. L’Italia, sebbene si sia mossa con ritardo rispetto a questa tendenza, non fa eccezione.

Quota di mercato per tipologia di superficie commerciale in Europa

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1985 1995 2004

Ipermercati Grandi Supermercati

Piccoli Supermercati Altro

La Grande Distribuzione OrganizzataLa Grande Distribuzione Organizzata

Summary agreement

HYPER

15 POS 30 POS

AssortmentDisplay

Local Promotion

24 POS

DI PER DIPROXI

60 POS

FINIPER

GROSSHYPER

7 POS

Shipping Points

39 POS

Direct Batt / Braun 160 POS

GS SMKT

Display

Local Promotion

DC H&B

AgreementAssortmentPromotion

AgreementAssortmentDisplay & Promotion

AgreementNational Promotion

AssortmentDisplay

Promotion

SUPER

STORE

GS

FRANCHISING

GS

SMKT

GS

Assortment

CARREFOUR

WAREHOUSE 10

1 Gruppo

6 Insegne

40 Punti decisionali

143 Punti di consegna

UNES

60 POS

Display

Direct Batt / Braun

DC H&B

Assortment

Local Promotion

Direct Batt eries

DC H&B

La Grande Distribuzione Organizzata

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49

47 Hypermarkets966 Supermarkets1967 Self Service353 Discounts49 Cash & Carry

Part of MECADES with Metro, Sintesi, Sisa...

La Grande Distribuzione Organizzata

A questo cambiamento radicale e, per certi versi epocale, dei comportamenti di acquisto non poteva non corrispondere un altrettanto forte cambiamento nei rapporti di forza nelle filiere agro-alimentari.La GDO, infatti, costituisce l’intermediario pressoché obbligato (per l’85% degli acquisti a livello UE: dato 2008) tra il produttore agricolo od industriale ed il consumatore.Con il tempo, quindi, ha cercato di sviluppare strategie finalizzate a massimizzare i vantaggi di questa posizione favorevole di intermediazione.

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In primo luogo, la GDO haaccompagnato, e in parte generato,questa concentrazione degliacquisti presso le proprie superficidi vendita, attraverso unprogressivo ed incessante processodi razionalizzazione.

In particolare in Italia, ancora neglianni ’80 la rete dei supermercati eracostituita da superfici medio-piccole eda catene operanti solo su scalanazionale e, più spesso, su una limitatascala regionale o locale.

Una realtà, quindi, molto frammentata,strutturalmente debole e con fortielementi di inefficienza.

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Negli ultimi due decenni, però, diversi processi di ristrutturazione, tra di loro interrelati, hanno progressivamente interessato i paesi europei e successivamente l’Italia (prima del Nord e poi del Centro-Sud).Questi fenomeni si sono tutti mossi nella direzione di un crescente potere di mercato della GDO rispetto agli altri comparti delle filiere agro-alimentari. Si possono così sintetizzare:

- Il progressivo affermarsi della Grande Distribuzione- La de-territorializzazione- La concentrazione- L’ internazionalizzazione

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La crescita della Grande Distribuzione

La GDO è ormai sempre più caratterizzata da operatori nazionalie internazionali presenti con grandi superfici commerciali, gliipermercati. La superficie degli ipermercati per abitante èaumentata in Italia del 327% dal 1992 al 2003, mentrel’aumento è “solo” del 67% per i supermercati. Se ne contanocirca 600 oggi in Italia, erano 28 vent’anni fa (nel 1986).

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Come si vede dal grafico, alNord-Ovest la superficie divendita degli ipermercati èormai analoga a quella deisupermercati, mentre èancora in ritardo al Centro eal Sud dove, però, si registrala maggior crescita dellasuperficie per abitante nelperiodo 1992-2003 (+680%e 545%, rispettivamente).

Supermercati (2009): 8,4milioni di mq

Ipermercati: (2009): 1,8milioni di mq (alimentari)0

500000

1000000

1500000

2000000

2500000

3000000

Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole

Supermercati Ipermercati

mq

SUPERFICIE DI VENDITA IN SUPERMERCATI E IPERMERCATI (2003)

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De-territorializzazione

L’avvento degli ipermercaticorrisponde, in realtà, all’affermazionedi catene o gruppi di dimensionealmeno nazionale e ciò, a sua volta, haprodotto un ulteriore cambiamento distruttura.Infatti, fino agli anni ’80, soprattuttoin Italia, la DO aveva un forteconnotato territoriale. Era, cioè,caratterizzata da realtà commercialiche non superavano il contesto locale,regionale o, al massimo,interregionale.

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Concentrazione

La de-territorializzazione avviene sia per la progressivariduzione ed eventuale scomparsa di alcune imprese operantisolo su scala locale o, più spesso, per processi di fusione oacquisto (Acquisitions and Mergers) da parte di gruppi piùgrandi. Ne consegue, cioè, la progressiva riduzione dellecatene e dei gruppi operanti sul territorio nazionale o,comunque, la concentrazione di gran parte del volume diaffari in un numero limitato di operatori.

Nel lucido successivo si riportano le prime catene e gruppi della GDOoperanti sul territorio europeo.

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Concentrazione

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Internazionalizzazione

L’ultima fase di questo complesso econtinuo processo di ristrutturazione,non necessariamente la finale, consistenel progressivo affermarsi di gruppi oimprese o partnership internazionali. Lemodalità di internazionalizzazionepossibili, però, sono differenti. Modalitàtutte attualmente impiegate nelterritorio nazionale da gruppi stranieridella GDO, mentre, al contrario, leimprese della nostra GDO fanno fatica

ad essere presenti in altri paesi, inciascuna delle diverse modalità.

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Le forme possibili dell’internazionalizzazione sono leseguenti:

- Imprese di grandi dimensioni capaci di aprire superficicommerciali in più paesi, oltre quello di origine (peresempio, Auchan e Carrefour).- Imprese straniere che acquistano imprese o gruppinazionali e, in questo modo, cominciano ad operare nelrelativo territorio (per esempio, il Gruppo Carrefour)- Fusione o partnership di gruppi o catene di diverse nazionia formare conglomerati capaci di agire in più contestinazionali (per esempio, l’alleanza tra la nostrana Conad edil gruppo cooperativo francese Leclerc, con cui Conad stacercando di entrare nel canale Iper ove finora è stataassente)

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Potere di mercato e strategie

In realtà, i processi evolutivievidenziati non sono, in sé,le ragioni che hanno portatoal crescente potere dimercato della GDO rispettoagli altri comparti dellefiliere agro-alimentari.Piuttosto, sono questi fattoridi struttura che hanno resopossibile una serie distrategie commercialiinnovative che hannoradicalmente mutato irapporti di filiera e, questesì, generato forte potere dimercato.

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In estrema sintesi, tali strategie commerciali sono finalizzate a conquistare potere di mercato nelle due direzioni:- Verso il consumatore, alla ricerca di posizioni fortemente oligopoliste mediante la creazione delle private labels- Verso i fornitori, alla ricerca di posizioni fortemente oligopsoniste o, persino, monopsoniste mediante global sourcing, standard privati e buyers’ alliances

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Private labels (o Marche Private)

Per private labels si intendono queiprodotti recanti il marchio di unacatena della GDO ecommercializzati esclusivamentenei propri punti vendita, sebbenenormalmente realizzati da terzi.Il marchio, quindi, non si riferiscea chi concretamente produce ilbene, ma a chi lo commercializza.Il produttore finisce quindi perrealizzare un prodotto senzamarchio, senza una sua“individualità”.

Presenza delle Private Labels sul mercato italiano (non solo agro-alimentare) nel 2005:

Fatturato: 3744 milioni di €- 79% Supermercati- 21% Ipermercati- 57% del fatturato al Nord, 15% al Sud

Quota sul mercato: 11,6%Crescita nell’ultimo anno:

- In quantità: +6,6% (+3,6% per le Marche Industriali)- In valore: +5,4% (+ 2,7% per le Marche Industriali)

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L’evoluzione della marca commerciale

� Marca industriale (posizione di forza dell’industria verso la distribuzione)

� Fedeltà alla marca = funzioni di garanzia e informative verso i consumatori

� Marca commerciale

� Riconoscibile / non riconoscibile

� Imitazione prodotti leader (industriali)

� Marca dell’insegna (private labels)

� Distribuzione come garante della qualità nei confronti dei consumatori

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Importanza delle private labels

� USA la loro quota supera il 15% deltotale delle vendite presso la GDO

� Francia: 20%,

� Germania e Regno Unito: 25%.

� Italia: 11% (ma si stima un grado dipenetrazione nelle famiglie del 98%)

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Insieme ai settori del Pet-Care e Cura della Casa, il comparto agroalimentare è tra quelli più interessati dal fenomeno, soprattutto nell’ambito dei prodotti del “Fresco” e del “Freddo”, come mostrato dalla tabella.

Grado di penetrazione delle private labels in alcuni settori merceologici

Penetrazione

Pet-Care 19%

Cura Casa 15%

Alimentare-Fresco 19%

Alimentare-Freddo 13%

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� Marche Insegna: Marche Private che recano il nome della catena che le vende nei suoi punti di vendita, senza ulteriori elementi di caratterizzazione;

� Marche Premium sono marche con nomi diversi da quello della catena ma comunque vendute esclusivamente nelle sue superfici commerciali e caratterizzanti prodotti con requisiti particolari; per esempio prodotti tipici (Sapori e Dintorni di Conad, Fior Fiore Coop), prodotti biologici (Bio Auchan di Auchan), prodotti a basso prezzo (Fidel di Esselunga).

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Le Marche Insegna occupano l’85% del mercato delle private labels, anche perché alcune catene della GDO realizzano solo queste (Monobranding). Altre catene, invece, realizzano entrambe (Multibranding) come, per esempio, nel caso di Conad (Conad, Sapori e Dintorni, Bio Conad).

La Grande Distribuzione OrganizzataLa Grande Distribuzione Organizzata

Prodotti tipici e prodotti a marchio del distributore nella GDO

La Grande Distribuzione OrganizzataLa Grande Distribuzione Organizzata

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Le motivazioni dei prodotti tipici a marca del distributore (marche premium)

� Diversificare l’assortimento dei prodotti offerti (distinzione rispetto alla concorrenza)

� Sviluppare la quota di mercato delle MDD e rinforzare il controllo dello spazio a scaffale

� Creare un processo virtuoso di rinforzo del posizionamento ed identità dell’insegna

� Creare un legame forte con il mondo imprenditoriale del territorio

� Acquisire una reputazione di marca, sviluppando un’immagine di garante della sicurezza e del controllo dei prodotti

� Sviluppare innovazione di offerta e di prodotto al pari delle grandi marche industriali

Sviluppo di una strategia indipendente dai prodotti di marca (superare il posizionamento “derivato”) e vincere la competizione con gli altri distributori

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L’avvento delle private labelsha avuto alcune importanti conseguenze:

1. Ha progressivamente costretto molte imprese industriali agro-alimentari (e agricole), a divenire semplici sub-fornitori, meri esecutori senza un proprio marchio e una propria strategia commerciale, con una forte competizione interna (tra i diversi sub-fornitori).

2. Ha progressivamente trasferito nelle “mani” della GDO il controllo della progettazione del prodotto, della sua promozione commerciale, della stessa innovazione (il branding).

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3. Ha consentito di ridurre la dipendenza della GDO dai grandi marchi industriali (es. Barilla-Mulino Bianco) potendoli sostituire con marchi propri, così incrementando il potere contrattuale nei loro confronti.

4. Ha consentito alla GDO di porre sul mercato un gamma di beni alimentari (e non solo) molto vasta, fuori dalla portata di qualsiasi impresa industriale alimentare, e con grandi capacità di modulare le strategie commerciali (per esempio, le campagne promozionali).

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Global sourcing

� approvvigionamento del prodotto, spesso indifferenziato, alle condizioni migliori da fornitori di qualsiasi area geografica

� i fornitori possono essere facilmente messi in competizione e sostituiti tra loro.

Private standards

� standard qualitativi che la GDO impone ai propri fornitori per il mantenimento del rapporto commerciale

� Minimum Quality Standards (standards comuni a diversi gruppi della GDO)

� Uso promozionale nei confronti dei consumatori

� Sostituzione degli standard pubblici con standard privati

� EurepGAP, Brc, Ifis

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Queste tendenze hanno due conseguenze importanti:

� imporre una forte omologazione nelle forniture, riducendo la varietà e le possibilità di scelta e, quindi, inducendo forte omologazione nei consumi;

� sostituire progressivamente la dimensione pubblica dello standard (lo standard normativo) con quella privata, imposta dalla GDO. Il primo è di solito nazionale, il secondo è sempre più spesso internazionale; quindi in un contesto di internazionalizzazione dei mercati, il secondo

tende a prevalere sul primo.

La Grande Distribuzione Organizzata

La Grande Distribuzione OrganizzataLa Grande Distribuzione Organizzata

Alcune considerazioni di sintesi.

La GDO è oggi un operatore dominante nelle filiere agro-alimentari ma anche un vettore di straordinarie potenzialità.

In particolare, la penetrazione dei prodotti agro-alimentari italiani nei mercati esteri passa oggi attraverso due possibili strategie prevalenti:

- Accordi con la GDO straniera

- Penetrazione della GDO italiana all’estero che faccia da “traino” al prodotto nazionale.

Su entrambi questi aspetti, però, l’Italia mostra rilevanti ritardi.

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Come si vede nella tabella a fianco, l’Italia esporta i suoi prodotti agro-alimentari soprattutto in Germania, Francia ed USA. Ebbene, nell’ambito della UE (quindi, Germania e Francia) la nostra GDO è debole mentre, al contrario, molto forte è quella di Germania e Francia (per esempio, Carrefour, Auchan e Leclerc, da tempo operanti in Italia, sono tutte francesi). Questi operatori, però, tendono ancora a fornirsi in buona parte da produttori nazionali mentre i nostri prodotti faticano ad affermarsi in queste reti commerciali.

Export agro-alimentare italiano nel 2005 – Primi tre paesi di destinazione

Milioni di € Quota

Germania 4263 20,4%

Francia 2415 11,6%

USA 2114 10,1%

Totale 20900 100,0%

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76

Il mercato

� Il mercato è un sistema di istituzioni e infrastrutture

attraverso le quali acquirenti e venditori entrano in

contatto al fine di scambiare beni o servizi

� E’ un meccanismo attraverso il quale i prezzi

determinano le decisioni di allocazione delle risorse

da parte dei soggetti economici:

� Le decisioni delle famiglie circa il consumo dei beni

� Le decisioni delle imprese circa il cosa e il come produrre

� Le decisioni degli individui circa quanto e per chi lavorare

� I termini chiave del mercato

� Domanda

� Offerta

� Prezzo di equilibrio

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La domanda

� Quantità domandata:� Quantità di un bene che i consumatori

acquisterebbero ad un dato prezzo

� Curva di domanda:� Relazione fra prezzo di un bene e la quantità

domandata dello stesso (a parità di altre condizioni)

� Quantità acquistata:� Quantità effettivamente scambiata ad un certo

prezzo

78

La curva di domanda

� Le “altre condizioni”

comprendono:� I prezzi dei beni correlati

(sostituti o complementari)

� Il reddito dei consumatori

� Le preferenze dei

consumatori

� La curva di domanda

(individuale):� d = f (p) date le altre

condizioni

D

Quantità

Pre

zzo

� La curva di domanda � è la relazione fra prezzo e

quantità domandata

(a parità di altre condizioni)

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40

79

La curva di domanda di mercato

� La curva di domanda di mercato è la somma orizzontale delle curve di domanda individuali

Quantità

Pre

zzo

Quantità

Pre

zzo

Quantità

80

L’offerta

� Quantità offerta:� Quantità di un bene che i produttori (imprese)

desiderano vendere per un dato livello del prezzo

� Curva di offerta:� Relazione fra il prezzo di un bene e la quantità

offerta (a parità di altre condizioni)

� Quantità venduta:� Quantità di un bene effettivamente venduta ad un

dato prezzo

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81

La curva di offerta

� Le “altre condizioni”

comprendono:� la tecnologia

� i prezzi dei fattori produttivi

� la regolamentazione

pubblicaQuantità

s

� La curva di offerta: � relazione tra prezzo e

quantità di offerta (a parità di

altre condizioni)

82

L’equilibrio del mercato

� L’equilibrio di

mercato � si ottiene nel punto E

� punto in cui la quantità

domandata eguaglia la

quantità offerta

� il prezzo P0 e la quantità Q0

sono detti rispettivamente

prezzo e quantità di

equilibrio

D

E

Q O

P0

Pre

zzo

Quantità

S

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83

Un mercato non in equilibrio

� Se il prezzo fosse pari a P1 vi sarebbe un eccesso di offerta rispetto alla domanda

� Ciò indurrà le imprese a ridurre la quantità offerta fino a QoQ0

S

P1

P0

D S

Quantità

E

BA

84

Un mercato non in equilibrio

� Nel caso in cui il prezzo fosse pari a P1 vi sarebbe un eccesso di domanda rispetto all’offerta

� Quest’ultima tenderà a crescere fino al punto Qo

Quantità

S

D

B

E

A

Q0

P1

P0

S

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43

85

Come aumenta la domanda

� Movimenti lungo la curva di domanda dovuti alla reazione dei consumatori a un cambiamento del prezzo

Quantità

D

B

A

Q0

P1

P0

S

Q1

86

Come aumenta la domanda

� Spostamenti della curva

di domanda (da D0 a

D1) provocano un

aumento (o una

diminuzione) della

quantità domandata per

ogni livello di prezzo

� Lo spostamento può

avvenire ad es. per

aumento di prezzo di un

bene sostituto, per

aumento del reddito, ecc.Quantità

D0

A

Q0

P0

S

Q1

C

D1

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87

Spostamenti della domanda

� Lo spostamento

della curva di

domanda porterà a

un nuovo equilibrio

del mercato

E0

Q0

P0

Pre

zzo

Quantità

S

D1

D0

E1P1

Q1

88

Spostamenti dell’offerta

� Ugualmente possono

aversi spostamenti

della curva di offerta

� Per aumento dei prezzi

dei fattori produttivi, per

introduzione di una

nuova tassazione, ecc.

� Lo spostamento della

curva di offerta porterà a

un nuovo equilibrio del

mercato

E0

Q1

P0

Pre

zzo

Quantità

S0

D

D0

E1

P1

Q0

S1

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89

L’elasticità della domanda al prezzo

Misura la reattività della quantità domandata a variazioni del prezzo del bene stesso.

E’ definita come rapporto fra la variazione percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo e si indica di solito con la lettera greca eta (η)

η =∆∆∆∆ % della quantità domandata

∆∆∆∆ prezzo del bene%

90

L’elasticità della domanda al prezzo

Per variazioni discrete η =

∆QQ

∆P

P

=∆Q

∆P

P

Q

Poiché normalmente la relazione fra quantità domandata e prezzo è inversa, il valore dell’elasticità è negativo, per convenzione si considera l’elasticità in valore assoluto

∆Q P

∆P Q=η

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91

Domanda elastica

� La curva di domanda si dice “elastica” in

un punto quando:� Il valore dell’elasticità (in modulo) è η > 1

� Ossia quando la variazione % della quantità

domandata è maggiore rispetto alla variazione %

del prezzo

� Esempio: la quantità domandata si riduce del 8%

a seguito di un aumento del 5% del prezzo

l’elasticità è η = 8/5 = 1,6

92

Domanda inelastica

� La curva di domanda si dice “inelastica”

in un punto quando:� Il valore dell’elasticità (in modulo) è

� Ossia quando la variazione % della quantità

domandata è minore rispetto alla variazione % del

prezzo

� Esempio: se la quantità domandata si riduce del

3% a seguito di un aumento del prezzo del 5%

l’elasticità è η = 3 / 5 = 0,6

0 ≤ η < 1

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Domanda con elasticità unitaria

� La domanda ha un’elasticità unitaria

� Il valore dell’elasticità (in modulo) è η = 1

� Ossia quando la variazione % della quantità

domandata è uguale alla variazione % del prezzo

� Esempio: se la quantità domandata si riduce del

10% a seguito di un aumento del prezzo del 10%

l’elasticità è η = 10 / 10 = 1

94

Da che cosa dipende l’elasticità?

� L’elasticità dipende dalla facilità con cui i consumatori possono sostituire il bene

� Nel breve periodo, i consumatori possono non essere in grado di modificare le quantità domandate

� A parità di altre condizioni la domanda di un prodotto tende ad essere più elastica nel lungo periodo

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Elasticità e ricavi

Se il prezzo

aumenta

Se il prezzo

diminuisce

La domanda è elastica RT RT

La domanda ha elasticità unitaria

RT = RT =

La domanda è inelastica RT RT

I ricavi di un’impresa sono dati dai prezzi dei beni venduti moltiplicati per le

rispettive quantità (RT = P x Q)

Quando il prezzo di un bene varia, l’effetto sui ricavi totali (RT) dipenderà

dall’elasticità della domanda rispetto al prezzo

96

L’elasticità incrociata della domanda

� L’elasticità incrociata della domanda del bene i rispetto al prezzo del bene j è:

E’ positiva se i due beni sono sostituiti: per esempio carne bovina

rispetto alla carne suina

E’ negativa se i due beni sono complementari: per esempio pasta

e conserva di pomodoro

ηi j =∆Qi

∆PJ

PJ

QJ

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L’elasticità della domanda al reddito

L’elasticità della domanda al reddito misura la variazione della quantità domandata (Q) rispetto ad una variazione del reddito dei consumatori (Y):

L’elasticità della domanda al reddito può essere positiva o negativa

ηQ ,Y =∆Q

∆Y

Y

Q

98

Beni normali, inferiori e di lusso

� Un BENE NORMALE ha un’elasticità della domanda al reddito positiva

• Un aumento del reddito comporta un aumento della quantità domandata

� Un BENE INFERIORE ha un’elasticità della domanda al reddito negativa� Un aumento del reddito comporta una diminuzione della quantità

domandata

� Un BENE DI LUSSO ha un’elasticità della domanda al reddito maggiore di 1� Un aumento del reddito comporta un aumento più che

proporzionale della quantità domandata

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Consumo e domanda alimentari

� La domanda individuale di un bene

� Quantità che un consumatore è disposto a comprare secondo i diversi prezzi del bene, tenuto conto del suo reddito e delle sue preferenze

� La domanda globale di un bene

� Somma delle domande individuali di un bene in un dato insieme economico

Consumo e domanda alimentari

� L’elasticità della domanda per prodotti diversi (Italia 2005)

� Pane e cereali - 0,095� Carni - 0,355� Pesce - 0,250� Latte-Formaggi-Uova - 0,306� Oli e grassi - 0,098� Frutta ed ortaggi - 0,503� Zucchero ed altri alim. - 0,600� Bevande - 1,089

� Latte - 0,663� Altri latticini - 1,339� Formaggi DOP - 0,471� Altri formaggi - 1,357� Burro - 0,633

Fonte: Moro, Sckokai e Soregaroli

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Consumo e domanda alimentari

� L’elasticità della domanda rispetto al prezzo di un altro bene (Unione Europea 1995)

� elasticità della domanda di carne bovina rispetto al prezzo di

� carne suina + 0,25� carni avicole + 0,08� (carne bovina - 0,34)

� elasticità della domanda di carne suina rispetto al prezzo di� carne bovina + 0,19� carni avicole + 0,08� (carne suina - 0,29)

Fonte: OECD, Aglink

Consumo e domanda alimentari

� L’elasticità della domanda rispetto al reddito (Unione Europea 1995)

� cereali foraggieri + 0,20� grano 0,00� latte alimentare + 0,03� burro + 0,05� latte in polvere 0,00� formaggi + 0,67� carne bovina + 0,34� carne suina + 0,21� carni avicole + 1,33� uova + 0,32

Fonte: OECD, Aglink

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Nuove tendenze nei consumi alimentari

� Tre direzioni di evoluzione del consumo

� Naturalità: crescente ricerca di prodotti sicuri dal punto di vista sanitario, nutrizionale e organolettico in quanto tipici, a denominazione di origine, biologici

� Funzionalità: crescente ricerca di alimenti che svolgano una funzione precisa rispetto alle funzionalità dell’organismo e ad esigenze particolari dello stesso e della dieta

� Convenienza: crescente ricerca di alimenti che producano risparmi di denaro e/o di tempo nella preparazione e consumo.

L’emergere di nuovi bisogni, segmenti e comportamenti di domanda, si accompagna all’emergere di nuovi prodotti o nuovi modi di proporre sul mercato prodotti tradizionali.

In effetti, il grado di innovatività del comparto agroalimentare, la capacità di assecondare l’evoluzione sempre più rapida e articolata della domanda alimentare, è un dato solo di recente emerso, o comunque riconosciuto.

Recenti, cioè, sono l’attenzione e l’enfasi poste sulle potenzialità di innovazione tecnologica del comparto, anche perché quest’ultimo è ancora oggi considerato un settore tradizionale, low-tech e quindi, con limitato dinamismo tecnologico.

Nuove tendenze nel sistema agroalimentare

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In effetti, l’industria alimentare è un settore tipicamente a bassa intensità di ricerca, cioè con un basso rapporto tra spese in ricerca e fatturato. Ciò è vero in gran parte dei paesi industriali ove i settori cosiddetti high-tech, cioè con elevata intensità di ricerca come il farmaceutico, tendono ad avere un valore almeno cinque volte superiore a quello dell’industria alimentare. La bassa propensione alla ricerca di quest’ultima, peraltro, è ancora maggiore in Italia, paese caratterizzato da una tendenziale minore intensità di ricerca in tutti i settori (vedi tabella)

Industria Alimentare Industria Farmaceutica

Italia 0,4 2,5

Francia 1,0 7,0

Germania 0,5 11,2

Regno Unito 0,9 6,0

USA 1,2 8,0

Fonte: Foresti (2005)

Intensità di ricerca % in

alcuni settori e

paesi

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La propensione innovativa del comparto alimentare, tuttavia, non si manifesta attraverso forte intensità di ricerca. L’innovazione in questo ambito, infatti, non richiede tanto grandi investimenti in ricerca (laboratori, scienziati e ricercatori, ecc.) quanto piuttosto un continuo processo di adeguamento, di upgrading del prodotto alle nuove esigenze del consumatore. La presenza di una forte propensione innovativa, quindi, è meglio rappresentata dal numero di nuovi prodotti alimentari che ogni anno vengono messi in commercio.

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Innovazione in questo comparto significa, dunque, in primo luogo proporsi al consumatore con un nuovo prodotto, capace di soddisfare un nuovo bisogno o, in maniera nuova, vecchi bisogni (o di convincere il consumatore in tal senso). Almeno apparentemente, spesso ciò non si accompagna a rilevanti innovazioni nel processo produttivo, né a contenuti tecnologici sostanzialmente nuovi del prodotto stesso.

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Allo scopo questi nuovi prodotti vengono spesso così distinti:

� prodotti one-of-a-kind: prodotti realmente nuovi sia per l’impresa che per il mercato (quindi, per il consumatore)

� prodotti me-too: prodotti nuovi solo per l’impresa, dal momento che sono imitativi di altri già immessi sul mercato e conosciuti dal consumatore

� prodotti line-extensions: prodotti di fatto non nuovi né per l’impresa né per il mercato, ma che estendono-modificano alcune caratteristiche non fondamentali di prodotti pre-esistenti

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Sempre con riferimento ai dati statunitensi, si è stimato che dei molti nuovi prodotti alimentari immessi sul mercato, il 78% è costituito in realtà da line extensions. Solo il 22% costituito da prodotti nuovi per le imprese che le realizzano, quindi new brands. Di questi nuovi prodotti con nuovi nomi, però, solo il 14% è costituito davvero da prodotti nuovi per il mercato (one-of-a-kind), il resto sono prodotti imitativi (me-too).

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Peraltro, in questo flusso intenso e continuo di nuovi prodotti, si registra anche una forte mortalità, cioè la percentuale di prodotti che non supera il periodo di un anno di permanenza sul mercato. La mortalità è stimata a ben il 72% per le new brands e al 55% per le line-extensions, per le quali la pre-esistenza del nome del prodotto e la relativa fidelizzazione del consumatore, evidentemente, costituisce maggiore garanzia di sopravvivenza.

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Pur in questo fermento innovativo connotato da molti tentativi ed errori (trials and errors) e da relativamente pochi prodotti davvero innovativi, emergono comunque alcune tendenze destinate a segnare notevolmente lo sviluppo futuro del comparto, proprio in relazione alla combinazione tra nuove tecnologie e nuovi bisogni.

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Una prima tendenza è la nascita di nuovi segmenti del mercato in virtù della comparsa di tipologie di prodotto davvero nuove nel modo in cui soddisfano i bisogni del consumatore.

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Esempio classico è la nascita del mercato del Cibo Funzionale (o Functional Food), cioè alimenti realizzati per esercitare, oltre alla tradizionale funzione alimentare, anche una (presunta) funzione nutrizionale-terapeutica. Si parla, perciò, anche di Phood Market (combinazione tra i termini Food, cibo, e Pharma, cioè settore farmaceutico)

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Tale segmento è in forte crescita, soprattutto negli USA (vedi figura), ma anche nei paesi dell’Europa Centro-settentrionale, e riguarda in particolare il comparto dei soft-drink e dei derivati del latte (in primo luogo, yogurt), sebbene tenda ad espandersi anche ad altri tipi di prodotti, per esempio prodotti da forno.

Evoluzione del consumo di

Cibo Funzionale

negli USA (in miliardi di $)

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Una seconda tendenza è quella della capacità di offrire una crescente varietà di prodotti alimentari, sempre più orientati verso specifici segmenti di domanda, anche quelli fortemente caratterizzati in termini di naturalità e tipicità.

Tale possibilità viene anche detta Produzione Modulare o Modularità, cioè la possibilità di realizzare un prodotto combinando “moduli” e l’esistenza di un architettura-interfaccia per combinare i moduli in modo efficace ed efficiente

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