Ignazio Silone (1900-1978) · pare che anzitutto ci spetta la funzione della massaia che la sera...

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1 Ignazio Silone (19001978) G. P. Di NicolaA. Danese, Ignazio Silone. Percorsi di una coscienza inquieta, Fondazione Silone, L’Aquila 2006 “Silone visita per l’ultima volta la Marsica”. Disegno di Mimmo Emanuele (1978)

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Ignazio Silone  (1900‐1978)

G. P. Di Nicola‐A. Danese,

Ignazio Silone.Percorsi 

di 

una 

coscienza inquieta,

Fondazione  Silone, 

L’Aquila 2006“Silone visita per l’ultima volta la Marsica”.Disegno di Mimmo Emanuele (1978)

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Silone

«Il 

passato, 

con 

le 

profonde  ferite 

che 

ci 

ha 

lasciato, 

non 

deve 

essere 

per 

noi 

un  motivo 

di 

debolezza. 

Non 

dobbiamo 

lasciarci  demoralizzare 

dalle 

colpe, 

dalle  ignavie, 

dalle 

sciocchezze 

dette 

scritte. 

A  partire 

dal 

momento 

che 

la 

nostra 

volontà

è

pura, 

una  nuova 

forza 

può 

nascere 

proprio 

dal 

peggio 

di 

noi  stessi.

“Etiam

peccata”»

(US, 

878).2

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Una vita, un libro

«Se 

dipendesse 

da 

me,  passerei 

volentieri 

la 

mia 

vita 

scrivere 

e  riscrivere 

lo 

stesso 

libro: 

quell’unico 

libro  che 

ogni 

scrittore 

porta 

in 

sé, 

immagine  della 

propria 

anima, 

di 

cui 

le 

opere  pubblicate 

non 

sono 

che 

frammenti 

più

o  meno 

approssimativi»

(VP).François Bonvin, Still Life with Book, papers and Inkweel 1876, National Gallery London.

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4

Scritti e sigle I

A I

Appendice 

I, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, 

Mondadori, 

Milano 1998, 1415‐1458

A II

Appendice 

II, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, 

Mondadori, 

Milano 1999,  1439‐1604 

ABR 48  

Attraverso 

l'Italia. 

Abruzzo 

Molise, 

Touring 

Club Italiano, Milano 1948

APC

L’avventura 

di 

un 

povero 

cristiano,   in 

Romanzi 

Saggi, 

II, Mondadori, Milano 1999, 567‐

745.

BIBLBibliografia, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, 

Mondadori, 

Milano 

1999, 1607‐1665

ESN

Ed 

Egli 

si 

nascose, 

cura 

di 

B. 

Pierfederici, 

intr. 

di 

C. 

Ossola,  Città

Nuova, Roma 2000.

F

Fontamara, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, 

Mondadori, 

Milano 1998, 5‐196. 

MM

Una 

manciata 

di 

more, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, 

Mondadori, Milano 1999, 5‐280.

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5

Scritti e sigle II

I. 

Silone, 

Il 

pane 

di 

casa, 

cura 

di 

G. 

Ardrizzo, 

Minerva Italica, Bergamo 1971.

S

Severina, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, Milano 

1999, 1441‐1488.

SA I

Scritti 

autobiografici, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, 

Mondadori, 

Milano 1998, 1369‐1414.

SA II

Scritti 

autobiografici, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, 

Mondadori, 

Milano 1999, 1207‐1438.

SD

La 

scuola 

dei 

dittatori,

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, 

Mondadori, Milano 1998, 1017‐1230.

SL

Il segreto di Luca, in Romanzi e Saggi, II, Mondadori, 

Milano 1999, 281‐425.

SLI I Scritti 

sulla 

letteratura 

gli 

intellettuali,    in 

Romanzi 

Saggi, I, Mondadori, Milano 1998,1343‐1366,

SLI II

Scritti sulla letteratura e gli intellettuali,  in Romanzi 

e Saggi, II, Mondadori, Milano 1999, 1115‐

1206

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7

Scritti e sigle III

SN

Il 

seme 

sotto 

la 

neve, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, 

Mondadori, Milano 1998, 515‐1013.

SPM I 

Scritti 

politici 

morali, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, Mondadori, Milano 1998, 1231‐

1342

SPM II

Scritti 

politici 

morali, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, Mondadori, Milano 1999, 985‐1114.

RS I      

Romanzi e Saggi (1927‐1944),

a cura e con un 

saggio introduttivo di Bruno Falcetto e 

una   testimonianza di Gustav Herling,  Mondadori, Milano 1998; 

RS II Romanzi e Saggi (1945‐1978),

a cura e con un saggio 

introduttivo di Bruno Falcetto,  

Mondadori, Milano 1999.

US

Uscita 

di 

Sicurezza, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, 

Mondadori, Milano 1999, 749‐984.

VC

La 

volpe 

le 

camelie, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

II, 

Mondadori, Milano 1999, 427‐534.

VP

Vino 

Pane, 

in 

Romanzi 

Saggi, 

I, 

Mondadori, 

Milano 1998,  197‐514.

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Altre Sigle

LDE71,    L. 

D’Eramo, 

L’opera 

di  Ignazio 

Silone. 

Saggio 

critico 

guida 

bibliografica, 

Mondadori,  Milano1971 

LDE94    

L. 

D' 

Eramo,  Ignazio 

Silone,

Editori 

Riminesi 

Associati, Rimini 1994

GSM

G. 

Seidenfeld, 

Le 

tre 

sorelle,  dattiloscritto inedito, s.d.

FP 

AA.VV., 

Per 

Ignazio  Silone, 

Edizioni 

Polistampa, 

Firenze 2002   

BD  

D. Biocca, in Silone. 

La 

doppia 

vita 

di 

un 

italiano,  Rizzoli, Milano 2005.

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Il nome

Silone, 

pseudonimo 

di 

Secondino 

Tranquilli 

nasce 

Pescina

dei 

Marsi

(L'Aquila) 

il 

maggio, 

figlio 

di 

un  piccolo proprietario terriero e di una tessitrice.

Alla 

nascita, 

papà

Paolo 

si 

era 

recato 

in 

Comune 

per  registrarlo 

(aveva 

atteso 

due 

giorni 

per 

la 

coincidenza 

con    la 

Festa 

del 

lavoro) 

con 

un 

nome    risorgimentale,  del 

tipo 

“Mameli”

“Cairoli”. 

Al 

sindaco, 

che 

voleva 

nomi 

di 

santi, 

Paolo 

obiettò: 

«Se 

non 

posso 

chiamare  mio figlio come voglio io, allora mettigli il nome tuo». Si  chiamava 

Severino, 

ma 

il 

segretario 

comunale, 

Secondino, 

s’intromise 

convinse 

il 

padre 

mettergli  Secondino, 

un 

nome 

“ridicolo”

che 

23 

anni 

Silone 

abbandonerà. 

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Casa natale Pescina

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Identità da nascondere

“Silone”

si 

trova 

usato    per 

la 

prima 

volta 

in 

Spagna 

(1923) 

per 

firmare 

alcuni 

articoli 

su 

«La  Batalla», 

giornale 

legato 

ai 

comunisti 

ai 

Comitati sindacali rivoluzionari.

Il 

nuovo 

nome 

fu 

registrato 

con 

decreti 

della 

Corte 

d’Appello 

dell’Aquila 

(1946 

1947), 

dopo  che 

Silone, 

tornato 

Pescina, 

avviò 

le 

pratiche 

relative, non senza avvertire i parenti. 

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Poppedius Silo «Il 

nome 

di 

Silone 

mi 

fu 

occasionalmente 

suggerito da due motivi: esso ricordava il capo  della 

resistenza 

dei 

Marsi, 

Poppedius

Silo, 

nella 

guerra 

sociale 

contro 

Roma, 

ed 

era  quindi 

simbolo 

di 

autonomia. 

Inoltre, 

per   

un’illazione 

un 

forzata, 

poteva 

indicare 

la  simpatia 

per 

l’opposizione 

catalana 

contro 

Madrid, 

in 

armonia 

quindi 

con 

lo 

spirito 

degli  articoli 

che 

scrivevo. 

Quando, 

molti 

anni 

più

tardi, 

riesumai 

quello 

pseudonimo 

per 

uso  letterario, l’accompagnai col nome d’Ignazio… al fine di battezzare il cognome pagano».

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Tante identità

Da 

giovane‐adulto, 

al 

contatto 

con 

gli 

ambienti 

rivoluzionari 

trasgressivi, 

Silone 

si 

abituò 

ad  utilizzare 

pseudonimi 

vari, 

seguendo 

le 

peripezie 

di 

una 

vita 

clandestina, 

votata 

al 

mutamento 

delle  identità

dei 

mondi 

di 

appartenenza: 

Soriani, 

Olivetti, 

Dino, 

Grego, 

Hippolite, 

Romano 

Simone,  Sereno, 

Fritz 

Nickel, 

Pasquini

(con 

questo 

nome 

era 

conosciuto 

dai 

compagni 

quando 

venne 

espulso 

dal  PCI). 

Silvestri 

è

senz’altro 

il 

più

famoso. 

Altri 

nomi 

verranno utilizzati nei rapporti con l’OSS americano:  S. Len, Frost, Mr

Behr…

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Clandestini ieri e oggi

L’abitudine 

cambiare 

nome 

era 

dei 

militanti  socialisti e comunisti, per  sfuggire alla polizia. 

Era 

una 

sorta 

di  legittimazione 

alla 

identità

mutevole. 

I  compagni 

di 

lotta 

acquisivano 

una  maschera 

alternativa 

e  

trasgressiva 

rispetto 

alla  monotonia 

della 

routine 

quotidiana. 

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Trasposizione letteraria

Nella 

trasposizione 

letteraria 

(VP) 

Murica

racconta 

don 

Benedetto 

le 

prime 

frequentazioni 

di 

quegli 

ambienti: 

«Era  una 

specie 

di 

sogno 

settimanale, 

segreto 

proibito…

come 

il 

rito d’una religione occulta. All’infuori di quelle sedute, non  c’era 

nessun 

legame 

tra 

noi. 

Se 

per 

caso 

c’incontravamo, 

facevamo finta di non conoscerci»

In US

si racconta di militanti comunisti riuniti in incognito 

dopo 

le 

leggi 

eccezionali 

del 

fascismo: 

«Assieme 

al 

finto  pittore e a sua moglie, eravamo un finto turista spagnolo, un  finto 

dentista, 

un 

finto 

architetto 

una 

ragazza 

tedesca 

finta studentessa. Ci conoscevamo già

da un paio d’anni, ma  i 

nostri 

rapporti, 

fino 

quel 

giorno, 

erano 

stati 

esclusivamente 

di 

collaborazione 

tecnica    per 

incarico 

dei  rispettivi 

uffici 

dell’organizzazione 

cospirativa; 

non 

avevamo ancora avuto tempo e modo di stringere amicizia»

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Problemi di identità

Silone percepirà

solo più

tardi l’effetto boomerang.

«Come 

chiamarci? 

Molti 

di 

noi 

han 

dovuto 

deciderlo 

per  conto 

proprio…

il 

guaio 

è che, 

secondo 

le 

occorrenze, 

di 

nomi 

cognomi 

ne 

abbiamo 

avuti 

fin 

troppi 

qualcuno,  non il più

simpatico, ci è rimasto appiccicato alla pelle. Così

ci 

accade 

talvolta 

di 

non 

ravvisare 

in 

una 

data 

persona 

un  comune 

amico 

solo 

perché

ognuno 

di 

noi 

l’ha 

conosciuto 

sotto 

nomi 

diversi…

Ma, 

toccando 

l’identità

personale,  l’effetto 

può 

alla 

lunga 

andare 

oltre…

Dopo 

anni 

di 

un 

uso 

quotidiano 

di 

carte 

false 

nomi 

d’accatto, 

produce 

infatti  un’impressione 

strana 

riacquistare 

di 

colpo 

le 

generalità

d’origine. Può facilmente accadere che queste ci appiano più false, o almeno più

estranee delle altre»

(US). 

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La mamma

Marianna 

Delli

Quadri 

discendeva  da 

una 

famiglia 

benestante  di 

lavoratori  della 

lana. 

Alla 

morte 

del  marito 

(1911), 

si 

era 

adattata 

fare 

la  tessitrice 

la 

“tintora”

17

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Solidarietà e ospitalità

Secondino 

deve 

alla 

madre 

la 

sicurezza 

di 

un 

affetto 

che 

costituisce    l’ossatura 

fondamentale 

del 

suo  carattere, 

una 

profonda 

radice 

popolare 

abruzzese, 

connotata 

dal 

senso 

della 

solidarietà

dell’ospitalità,   il 

gusto 

del 

racconto, 

che 

si 

tratti 

di 

fiabe, 

di 

antiche 

storie 

di 

vita, 

di 

episodi 

del 

Vangelo 

della 

vita 

dei  santi.  

Gabriella 

Seidenfeld

attesta: 

«…Mi

raccontò 

subito  della sua vita dopo la morte di sua madre, madre

che 

egli 

adorava…». 

Lui 

le 

scrisse: 

“finché

io 

stetti 

a  Pescina

con mamma ero un mulo veramente coccolo, 

educato e studioso e mamma era contenta di me”.18

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La tessitora

Questa la descrizione  della tessitora, in L’avventura di un povero cristiano:

«È l’alba. Dopo qualche secondo, a scena vuota, dalla  porta 

già

aperta 

della 

tessitoria, 

appare 

una 

giovane 

donna, 

Concetta. 

Ella 

reca 

sulle 

braccia 

alcune  matasse di lana rossa che appende agli infissi accanto  alla 

porta. 

La 

donna 

è

vestita 

di 

scuro, 

molto 

semplicemente, 

come 

usano 

le 

artigiane 

povere 

nei  giorni di lavoro; non porta copricapo ed è

pettinata al 

modo 

tradizionale, 

coi 

capelli 

raccolti 

in 

una 

piccola  crocchia 

sulla 

nuca; 

calza 

pianelle 

di 

stoffa 

scura. 

È

una donna di 

gradevole aspetto, 

sui 

venticinque anni,  robusta, un pò

rustica, timida, ma non servile».

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Donne e lavoro

20

Donna che lavora a maglia, di  Anders

Zorn

Donna che lavora a maglia, di  Anders

Zorn

Donna che lavora a maglia, di  Adolphe

Bouguereau

Donna che lavora a maglia, di  Adolphe

Bouguereau

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21

Tessere e scrivere

Silone assimilerà

il mestiere della tessitrice alla scrittura: 

«Non 

c’è

alcuna 

differenza 

tra 

questa 

arte 

del  raccontare, 

tra 

questa 

arte 

di 

mettere 

una 

parola 

dopo 

l’altra, 

una 

riga 

dopo 

l’altra, 

una 

frase 

dopo  l’altra, una figura dopo l’altra, di spiegare una cosa  per 

volta, 

senza 

allusioni, 

senza 

sottintesi, 

chiamando 

pane 

il 

pane 

vino 

il 

vino, 

l’antica  arte di tessere, l’antica arte di mettere un filo dopo  l’altro, 

un 

colore 

dopo 

l’altro, 

pulitamente, 

ordinatamente,    insistentemente, 

chiaramente.  Prima si vede il gambo della rosa, poi il calice della  rosa, 

poi 

la 

corolla; 

ma, 

fin 

da 

principio, 

ognuno 

capisce che si tratta di una rosa»

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22

Tessere e costruire la Chiesa

La stessa metafora torna sulla bocca di Pier Celestino, 

che 

l’assimila 

al 

lavoro 

instancabile 

dei 

veri 

cristiani   per 

costruire 

ricostruire 

la 

Chiesa 

perseguitata 

dal 

male: 

«Ebbene, 

mi 

pare 

che 

anzitutto 

ci 

spetta 

la 

funzione della massaia che la sera ricopre di cenere  la 

brace 

del 

camino, 

per 

poter 

più

facilmente 

l’indomani 

riaccendere 

il 

fuoco. 

In 

più

vi 

sarà

il  lavoro continuo di collegare tra loro rinfrancare gli  amici dispersi. Si deve rifare sempre daccapo la tela  che la violenza distrugge».

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Svezzamento

«Conservo 

con 

sorprendente  chiarezza 

molti 

ricordi 

di 

quando  avevo 

appena 

tre 

quattro 

anni. Ma il primo ricordo in  assoluto…mi

riporta 

al 

lontano 

giorno 

in 

cui 

fui  svezzato…

Quando 

una 

madre 

crede 

sia 

giunto 

il  momento 

di 

svezzare 

un 

bambino, senza avvisarlo in  alcun 

modo, 

si 

cosparge 

il 

seno 

di 

grandi 

macchie  nere 

ottenute 

con 

carbonella o altro colorante  e 

quando 

il 

piccolo 

vuole 

mangiare 

gli 

offre 

il 

seno  come 

sempre, 

come 

se 

tutto 

fosse 

perfettamente  normale… 23

Il primo ricordo della  mamma

Il primo ricordo della  mamma

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Tradizione crudele

Ricordo 

chiaramente 

che 

nel 

mio 

caso 

questo 

trucco 

crudele ebbe un immediato 

successo. 

Ricordo 

bene 

che  un’amica 

di 

mia 

madre 

era 

con 

lei 

quel 

giorno. 

Mia 

madre 

era 

triste 

silenziosa, 

come 

era 

sempre 

quando  doveva 

fare 

cose 

che 

intimamente 

disapprovava, 

ma 

che 

la 

tradizione 

imponeva. 

Però 

la 

sua 

amica 

mi  guardò 

rise. 

Ricordo 

l’insieme 

di 

terrore 

disgusto 

con cui scoprii le  misteriose macchie sui seni materni.  Fu 

il 

primo 

momento 

tragico 

della 

mia 

vita. 

Dovetti 

separarmi per sempre da quelle due cose care, morbide,  tonde, 

intime, 

affidabili 

dolci 

da 

cui 

finora 

avevo 

tratto nutrimento in maniera facile e meravigliosa».

24

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Rispetto per gli  animali

Silone 

racconta 

di 

una  serata 

tra 

amici, 

in 

casa, 

per 

mangiare 

una 

lepre.  Mentre 

si 

ipotizza 

l’età

dell’animale, 

la 

madre  comunica 

di 

avere 

conservato 

la 

lepre 

per 

4  giorni 

avvolta 

in 

un 

panno 

bagnato 

d’aceto.  Qualcuno 

osserva 

che 

si 

sarebbe 

potuto  abbreviare 

il 

procedimento battendola  col mazzuolo.

25

«Si rischia però di frantumare gli ossicini e poi è sempre un maltrattamento».

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26

Badare ai fatti propri«Sono 

nato 

cresciuto 

in 

un 

comune 

rurale 

nell’Abruzzo, 

in 

un’epoca 

in 

cui  il 

fenomeno 

che 

più

m’impressionò…

era 

un 

contrasto 

stridente…

tra 

la 

vita  privata 

familiare, 

ch’era, 

almeno 

così appariva, 

prevalentemente 

morigerata 

onesta, 

rapporti  sociali, 

assai 

spesso 

rozzi, 

odiosi, 

falsi…

ogni 

tanto 

non 

mancavano  fattacci ... 

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Stupido e crudele

Ero 

ancora 

ragazzo 

quando, 

una  Domenica, 

mentre 

attraversavo 

la 

piazza  accompagnato 

da 

mia 

madre, 

assistei 

allo  stupido 

crudele 

spettacolo 

d’un  signorotto 

locale 

che 

aizzò un suo 

cagnaccio  contro 

una 

donnetta, 

una sarta, che usciva di  chiesa. 

La 

misera 

fu 

gettata  a 

terra, 

gravemente 

ferita, 

i  suoi 

abiti 

ridotti 

in 

stracci. 27

L’esperienza del potente che  ama incutere paura

L’esperienza del potente che  ama incutere paura

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28

Badare ai fatti propri

Nel 

paese 

l’indignazione 

fu 

generale, 

ma 

sommessa. 

Nessuno 

mai 

capì

come 

la 

povera 

donna 

concepisse  poi 

l’infelice 

idea 

di 

sporgere 

querela 

contro 

l’ignobile 

signorotto; 

poiché

n’ebbe 

solo 

il 

prevedibile 

risultato  di 

aggiungere 

ai 

danni 

le 

beffe 

della 

giustizia. 

Ella 

fu, 

devo 

ripetere, 

compianta 

da 

ognuno 

privatamente  soccorsa 

da 

molti, 

ma 

non 

trovò 

un 

solo 

testimonio 

disposto 

deporre 

la 

verità

davanti 

al 

pretore…

“L’ho  fatto 

con 

mio 

grande 

rammarico”

così

il 

pretore, 

alcuni giorni dopo, si scusava in casa nostra…

“Certo” commentava 

mia 

madre 

“ma 

che 

orribile 

mestiere. 

Meglio badare ai fatti nostri in casa nostra”.

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29

I fatti propri“Figlio 

mio”, 

diceva 

me 

“quando 

sarai 

grande, 

fa 

tutto 

quello 

che 

ti 

pare, 

ma 

non  il 

giudice”. 

Il 

pretore, 

in 

privato 

una 

degna 

onesta 

persona, 

assolse 

il 

signorotto 

e  condannò 

la 

povera 

donna 

alle 

spese 

del 

processo”. Badare 

ai 

fatti 

propri, 

era 

la 

condizione 

fondamentale 

del 

vivere 

onesto 

e  tranquillo, 

che 

ci 

veniva 

ribadita 

in 

ogni 

occasione. 

L’insegnamento 

della 

Chiesa 

lo  confermava. 

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La piazza

Le 

virtù

raccomandate  concernevano 

esclusivamente 

la 

vita  intima e familiare. Fin dai  primi 

anni, 

me 

invece 

piaceva 

molto 

stare 

per  strada 

miei 

compagni 

preferiti 

erano 

figli 

dei  contadini 

poveri. 

La 

tendenza 

non 

farmi 

i  fatti 

miei 

la 

spontanea 

amicizia 

con 

coetanei  più

poveri, dovevano avere 

per 

me 

conseguenze  disastrose». 30

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La mamma e le foto

«Devo 

deluderla, 

non 

ne 

ho, 

non ne ho mai fatte, la prima la  feci 

in 

gruppo, 

che 

avevo 

sedici 

anni. E non ne ho di mia madre,  né

di mio padre. La mia famiglia 

aveva, 

verso 

il 

ritratto, 

una  ripugnanza 

da 

Antico 

Testamento. 

Pescina

capitava  ogni 

tanto 

un 

fotografo 

ambulante; 

ma 

non 

era 

ben  visto 

farsi 

fotografare, 

salvo 

assoluta 

necessità

(ad 

es. 

per 

il  passaporto). 

31

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“Sono un primitivo”

Ricordo 

una 

conversazione 

di 

mia 

madre 

con 

la 

propria 

madre, 

proposito 

appunto 

di 

farsi 

fotografare. 

Noti 

che  mia madre continuava a consigliarsi con sua madre anche  avendo 

figli 

grandi. 

“Che 

ne 

pensi, 

le 

chiese, 

se 

mi 

facessi 

fotografare?”. 

“A 

che 

ti 

servirebbe?”. 

“Per 

figli: 

quando  non ci sarò più

avranno un ricordo”. “Credi che altrimenti 

ti 

dimenticheranno?”. 

“Non 

credo”. 

“Neanch’

io 

ti 

lascio  fotografie 

di   me, 

aggiunse 

la 

nonna. 

Quando 

non 

ci 

sarò 

più

mi dimenticherai?”. “No, di certo”, concluse mia madre  e 

rinunziò 

all’idea. 

Poi 

accadde 

che 

lei 

morì

prima 

della 

nonna. Così

non ho fotografie di nessuna di loro. Mi scusi,  sono un essere primitivo»

(confidenza a L. D’Eramo).

32

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Luce D’Eramo

Luce 

d'Eramo

pseudonimo 

di  Lucette Mangione

(Reims,  1925 

– Roma, 

2001) 

è stata 

una  scrittrice 

di 

famiglia 

fascista. 

Vive 

fino 

ai 

quattordici 

anni 

a  Parigi e nel 1938 rimpatria. 

Io 

sono 

un'aliena, 

dopo 

essersi  stata 

"petite

macaronì" 

è ora"la 

francesina". 

Cresce 

così

senza  radici. 

Nel     1944   scappa 

di 

casa 

per 

andare 

lavorare 

come  operaia 

volontaria 

nei 

campi 

di 

lavoro 

tedeschi. 

Si 

ribella, 

viene  incarcerata, 

rimpatriata, 

finisce 

nel 

lager 

Dachau. 

Fugge 

ma 

a  Magonza

nel 

‘45 

le 

crolla 

addosso 

un 

muro 

resta  paralizzata. 

33

Scritti: Deviazione, L’opera di I. Silone, Cruciverba politico (sul caso Feltrinelli), Raskolnikov e il marxismo (discute con Moravia), Partiranno.

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34

La madre e l’Addolorata

Significativa 

l’associazione 

tra 

femminilità

dolore, 

la 

mamma 

l’Addolorata. 

Così

è

per 

la 

mamma 

di 

Andrea  Cipriani

(Il segreto di Luca):  

«“Pareva l’Addolorata alla quale hanno tolto il figlio. La sua  vita, 

si 

può 

dire, 

si 

era 

fermata 

al 

giorno 

della 

tua 

condanna”. 

quelle 

parole 

lo 

sguardo 

di 

Luca 

si 

velò 

di  lagrime…”Dimmi, cantava ancora qualche volta? Quando io  ero 

casa, 

lavando 

panni, 

ammassando 

il 

pane, 

usava 

sempre 

cantare”. 

“Sì, 

cantava 

la 

sera 

per 

addormentare 

un  mio 

fratello 

più

piccolo”

disse 

Andrea”. 

Erano 

nenie 

assai 

dolci 

malinconiche, 

che 

forse 

lei 

stessa 

inventava, 

perché mia madre diceva  di non averne mai udite di simili”»

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35

L’elaborazione del luttoLa 

morte 

della 

madre 

ha 

influito 

sullo 

sbandamento  adolescenziale 

di 

Secondino, 

che, 

come 

racconta, 

non 

si  sentiva 

chiamato 

alla 

sera, 

quando 

tutti 

gli 

altri 

ragazzi 

si 

ritiravano 

in 

famiglia  obbedendo alla voce dei genitori.

La 

figura 

materna 

riaffiorerà

tutte 

le  volte 

che 

Silone 

si 

sentirà

amato 

da 

don 

Orione o da Gabriella.

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Il padre

Paolo 

Tranquilli 

viene 

descritto 

come 

«il 

più giovane 

di 

un 

gruppo 

di 

fratelli, 

contadini  proprietari; 

il 

più

inquieto 

e  l’unico 

proclive 

all’insubordinazione»

Aveva 

ereditato 

alcuni 

ettari 

di 

terreno 

dal 

padre  e 

viveva 

con 

la 

moglie 

in 

una 

casa 

di 

proprietà presso la piazza di Pescina.  Silone 

dirà

di 

sé: 

“ero 

nato 

per 

diventare 

un 

onesto  proprietario di terre”. 

36

Da piccolo proprietario terriero Paolo si era ridotto a  vendere tutti i vigneti a causa di un'epidemia di fillossera e 

di peronospora e a dover emigrare (1911). 

Da piccolo proprietario terriero Paolo si era ridotto a  vendere tutti i vigneti a causa di un'epidemia di fillossera e 

di peronospora e a dover emigrare (1911). 

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Ritorno dal Brasile

Dal 

Brasile 

era 

tornato 

l’anno 

seguente, 

per 

ragioni sociali e di salute. Era rimasto amareggiato  dalle 

violenze 

della 

polizia 

contro 

gli 

scioperanti, 

sostituiti con nuovi arrivi dall’Italia, con un’azione  indotta di crumiraggio. 

La 

morte 

lo 

colpì

anzitempo 

nel 

1911,  risparmandogli

la 

scomparsa 

della 

moglie 

cinque 

anni dopo, nel terremoto della Marsica. 

37

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Cafone tra i cafoniRestava il ricordo di un 

uomo 

dal 

forte 

senso  della 

dignità, 

sensibile 

verso 

quanti 

erano 

in  difficoltà, 

innocenti 

colpevoli, 

pronto 

a  difenderne i diritti. 

Di 

qui 

l’attitudine 

di  Silone 

prendere 

le 

parti 

degli 

sconfitti 

e  dei 

“cafoni”,    specie 

se 

“ricercati”

e  fuorilegge.

38

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39

“Non si deride un detenuto”

«Un piccolo uomo cencioso

e scalzo, ammanettato tra 

due carabinieri, procedeva a balzelloni, nella strada  deserta e polverosa, come in un penoso ritmo di 

danza, forse perché

zoppo o ferito a un piede. Tra i  due personaggi in uniforme nera, che nella crudezza 

della luce estiva sembravano maschere funebri, il  piccolo uomo aveva un vivace aspetto terroso, come 

di animale catturato in un fosso…

Mi girai attorno  per trovare qualcuno che condividesse la mia allegria 

e in quello stesso momento, dall’interno di casa, udii  sopraggiungere il passo pesante di mio padre. 

“Guarda com’è

buffo”

gli dissi ridendo. 

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40

“Non si deride un detenuto”

Ma 

mio 

padre 

mi 

fissò 

severamente, 

mi 

sollevò 

di 

peso 

tirandomi 

per 

un 

orecchio 

mi 

condusse 

nella  sua camera. Non l’avevo mai visto così

malcontento di 

me. 

“Cosa 

ho 

fatto 

di 

male?”

gli 

chiesi  stropicciandomi 

l’orecchio 

indolorito. 

“Non 

si 

deride 

un 

detenuto, 

mai”. 

“Perché

no?”. 

“Perché

non 

può  difendersi. 

poi 

perché

forse 

è innocente. 

In 

ogni 

caso perché è un infelice». Più

tardi il padre chiese al  pretore 

di 

che 

cosa 

fosse 

incolpato 

l’uomo 

arrestato. 

«È

un 

manovale 

della 

fabbrica 

di 

mattoni, 

pare 

che  abbia 

rubato 

qualcosa 

al 

padrone”

rispose 

il 

pretore. 

“Ha 

forse 

rubato 

anche 

te?”. 

“Strano”

disse 

mio  padre. “Scalzo e vestito di stracci come l’ho visto, egli  aveva piuttosto l’aria di un derubato”»

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41

I perseguitati

Oppressi,  sospettati, 

arrestati 

diverranno 

i  personaggi 

privilegiati 

di 

Silone, 

accostati 

al 

Cristo  sofferente. Nel 1932 in Der

Christus von 

Kazan

(scritto 

per  “Information”), 

Silone 

ripropone 

un 

frammento  del 

manoscritto 

di 

Kazan 

in 

cui 

il 

Cristo 

stesso  viene 

presentato 

attraverso 

una 

scheda  segnaletica, da ricercato.

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42

La visita al carcerato

La 

polizia 

cattura 

un 

uomo 

che 

qualche 

tempo 

prima, per soddisfare il desiderio di fumare di papà Paolo,   aveva 

donato 

metà

del 

suo 

sigaro, 

dietro 

le 

insistenti 

richieste 

del 

bambino. 

Paolo, 

guardando  il 

triste 

purtroppo 

consueto 

spettacolo 

dei 

catturati 

invita 

il 

figlio 

non 

giudicare 

quell’uomo  condannato dalla legge: 

«“Avrà

fatto 

qualche 

cosa 

che 

agli 

occhi 

dei  carabinieri 

e   del 

pretore 

ha 

l’apparenza 

del 

furto…

Ma 

quello 

che 

realmente 

ha 

fatto, 

solo 

Dio 

lo 

sa”.  Cortesemente 

il 

pretore 

ci 

fornì

un 

biglietto 

per 

visitare il carcerato. Sul biglietto scrisse anche il mio  nome. 

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I sigari

“Bisognerebbe 

portargli 

qualche 

piccolo 

regalo” propose 

mio 

padre 

strada 

facendo. 

“Ma  cosa?”. 

“Il 

meglio 

sarebbe qualche sigaro” io 

suggerii. 

“Eccellente 

idea”

disse mio padre».

43

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Un “barbone”

Secondino 

trova 

in 

un 

fosso, 

al 

limite 

dell’orto  di 

casa, 

un 

uomo 

rannicchiato 

“come 

una  bestia impaurita”. 

«Egli 

era 

sporco, 

anzi  lurido, 

aveva 

la 

barba 

di 

vari 

giorni 

tremava 

in  tutta 

la 

persona. 

stento 

riconobbi 

il  postino.

44

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45

Un povero Cristo

Egli 

mi 

rivolse 

uno 

sguardo 

supplichevole. 

“Avverti 

tuo 

padre…

Stasera, 

quando 

farà

buio 

andrò 

a  consegnarmi 

ai 

carabinieri. 

Ma 

prima 

vorrei 

parlare 

con un avvocato”…

Dopo che gli ospiti furono partiti,  mio 

padre 

venne 

vedere 

come 

stavo. 

“Non 

era 

un 

cane”

egli 

mi 

disse. 

“No, 

non 

un 

cane”. 

“Chi 

era?”.  “Puoi 

immaginartelo”. 

“È

ancora 

lì?”…. 

“Lo 

tratterai 

male?”. 

“Come 

puoi 

pensarlo? 

Ormai 

è un 

ospite”.  “Ne 

avrà

della 

fame”. 

Poi 

aggiunse 

mio 

padre: 

“Devi 

portargli 

qualcosa 

da 

mangiare 

da 

bere, 

ma 

senza  dare nell’occhio dei vicini”»

(US).

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46

Le elezioni a Pescina Il principe di Torlonia

si candida al Parlamento 

chiedendo voti alle 8.000 famiglie di contadini,  che  gli lanciano improperi, ma fanno buon viso  a 

cattivo 

gioco. 

«Una 

sera 

vennero 

da 

lui 

fratelli 

per 

raccomandargli, 

nell’interesse  comune, 

prudenza 

accortezza…

Quella 

sera 

però 

parevano 

assai 

imbarazzati. 

“La  candidatura 

del 

Principe 

è

un’autentica 

buffonata”

ammetteva il fratello più

vecchio. “Le  candidature politiche dovrebbero essere riservate  agli 

avvocati 

ai 

somiglianti 

chiacchieroni. 

Ma 

siccome 

il 

principe 

è

candidato, 

noi 

non 

resta  che appoggiarlo”. 

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“In politica siamo liberi”

“Se 

la 

candidatura 

del 

Principe  è una 

buffonata”, 

rispondeva  mio padre “non capisco  perché

dobbiamo 

sostenerla”. 

“Perché,  come 

sai, 

dipendiamo 

in 

parte 

da 

lui”

gli 

fu  risposto. 

“Non 

in 

politica”

diceva 

mio  padre. 

“In 

politica 

siamo liberi”. 47

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Le elezioni a Pescina

Noi non coltiviamo la politica, ma la terra…”. “Non 

posso 

votare 

il 

nome 

di 

qualcuno 

solo 

perché costretto”

diceva 

mio 

padre. 

“Mi 

vergogno”. 

“Nessuno 

saprà

come 

tu 

voterai”

gli 

veniva  risposto. 

“Nel 

segreto 

della 

cabina 

elettorale 

tu 

voterai 

come 

ti 

pare, 

liberamente. 

Ma 

durante 

la  campagna 

elettorale, 

tutti 

assieme 

dobbiamo 

dichiararci per il 

Principe”. “Lo farei con piacere se  non 

mi 

vergognassi”

diceva 

mio 

padre. 

“Ma 

credetemi pure, mi vergognerei troppo”».

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Un nobile cafoneSilone non nasconderà

l’ammirazione per suo 

padre e i tanti cafoni tutti di un pezzo. «Erano 

uomini alti 

forti, 

quasi 

solenni, 

più

anziani 

avevano 

grandi 

barbe, 

piedi 

enormi,  ginocchia 

spalle 

mani 

poderose. 

Erano 

uomini 

di chiesa, ma non di sacrestia; uomini d’ordine,  non 

di 

anticamera; 

ed 

erano 

stati 

allevati 

nell’orgoglio 

del 

coraggio 

davanti 

qualsiasi  pericolo, 

davanti 

una 

bestia 

infuriata, 

un’alluvione, a un incendio»

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Teofilo Patini  Castel

di Sangro, 5 maggio 1840‐ Napoli, 16 novembre 1906)

Da convinto e puro socialista  qual 

era 

dipinse 

quadri 

sulla 

civiltà

contadina 

abruzzese  di 

fine 

'800 

primi 

del 

secolo 

scorso, 

mettendo 

in  rilievo 

la 

condizione 

di 

povertà

della 

regione

la  capacità

di 

resistenza 

di 

sacrificio 

della 

popolazione;  la 

pittura 

fu, 

oltre 

che 

la 

sua 

profonda 

passione, 

il  megafono con il quale urlava  al 

mondo 

le 

misere 

condizioni 

del 

suo 

popolo:  megafono 

che 

idealmente 

consegnerà

a Ignazio Silone.

50

Dipingere la sofferenza degli emarginatiDipingere la sofferenza degli emarginati

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Teofilo Patini

51Vanga e latte, Roma, Ministero dell’agricoltura e delle foresteVanga e latte, Roma, Ministero dell’agricoltura e delle foreste

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Seppellire il padre

Pietro Spina racconta: «In certi momenti percepivo 

istintivamente 

all’orecchio 

suoi 

colpi 

sordi  profondi 

irregolari... 

Misteriose 

vicinanze 

crea 

la 

memoria. 

Anche 

tu 

eri 

presente, 

nonna, 

quando  maestro 

Eutimio

sovrappose 

inchiodò 

il 

coperchio 

sulla 

bara 

nella 

quale 

da 

ventiquattr’ore  giaceva mio padre. Me lo ricordo come adesso. Era  l’ora 

del 

crepuscolo. 

Per 

strada 

s’era 

già

formato 

il 

corteo 

funebre. 

Lontano 

da 

tutti, 

chiuso 

chiave  nella 

mia 

cameretta, 

io 

premevo 

pugni 

sugli 

orecchi, 

tenevo 

gli 

occhi 

chiusi, 

per 

isolarmi, 

per  non 

sentire 

il 

pianto 

della 

mamma, 

il 

salmodiare 

dei preti; 

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Teofilo Patini

… ma 

ben 

sentii 

colpi 

del  falegname 

sul 

coperchio 

della 

bara, 

quei 

colpi 

grevi,  sordi 

irregolari, 

come 

venienti 

da 

remota  lontananza. 

Ah, 

non 

supponevo 

che 

sarebbero  stati 

così

duraturi, 

così

tenaci 

nella 

memoria, 

così assimilati dal mio sangue, al  punto 

che 

ogni 

volta 

quando il  mio cuore s’agita  e 

batte 

forte, 

distintamente 

li 

riascolto. 

È

così

difficile,  nonna, 

seppellire 

il 

proprio 

padre?».53

L’erede, 1880, Roma Galleria  Nazionale d’arte moderna

L’erede, 1880, Roma Galleria  Nazionale d’arte moderna

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Il paese dell’anima

Chi 

oggi 

si 

reca 

Pescina

non 

trova 

più

i  luoghi 

d’allora 

causa 

del 

terremoto. 

Restano:  qualche 

antico 

palazzo, 

la 

torre 

di 

un 

vecchio  castello, 

il 

campanile 

di 

San 

Berardo.  Significative 

foto 

d’epoca 

sono 

conservate  dal 

Centro 

Studi 

“Ignazio Silone”.Pescina

oggi 

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Pescina dei Marsi

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Una cittadina importante

Geograficamente 

isolata, 

Pescina

ai 

tempi 

di  Silone aveva una sua dignità: era capoluogo di un  collegio 

elettorale, 

sede 

del 

Vescovado 

di 

un 

seminario 

vescovile, 

aveva 

una 

scuola, 

il  municipio, 

alcuni 

“spacci”

di 

generi 

alimentari, 

la 

sede 

dei 

carabinieri, 

qualche 

osteria. 

Per 

trovare  un 

centro 

più

attrezzato 

bisognava 

andare 

ad 

Avezzano, 

attraversando 

strade 

carrozzabili 

e  maltenute,    ed 

eventualmente 

da 

prendere 

il 

treno 

che 

collegava 

la 

cittadina 

L’Aquila 

a  Roma. 

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Casucce di cafoni

«La 

parte 

vecchia 

del 

nostro 

paese 

era 

tutta  addossata 

alla 

montagna 

sormontata  dai 

ruderi 

di 

un 

antico 

castello, 

consisteva 

in  un 

vasto 

alveare 

di 

nere 

casucce

di 

cafoni, 

molte  stalle 

incavate 

nella 

roccia, 

un 

paio 

di 

chiese  e 

qualche 

palazzo 

disabitato…57

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58

Una vita di stentiLe 

case, 

per 

lo 

più

due 

piani, 

che 

fiancheggiavano 

la 

via, 

non 

riuscivano 

a  difendersi dal fango, dalla polvere, dai rumori… Al 

mattino, 

al 

primo 

chiarore 

dell’alba, 

cominciava 

per 

la 

nostra 

via 

la 

sfilata 

delle  greggi di capre e di pecore, degli asini, dei muli,  delle vacche, dei carri d’ogni foggia e uso, e dei  contadini 

che 

trasmigravano 

verso 

il 

piano 

per 

i lavori della giornata; e ogni sera, fino a tardi,  in 

senso 

inverso 

con 

segni 

ben 

visibili 

della 

fatica, 

ripassava 

la 

processione 

degli 

uomini 

e  degli animali»

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59

Un’educazione inadeguata

«Non 

soltanto 

ci 

mancavano 

gli 

attuali 

mezzi 

d’informazione 

trasmissione 

delle 

immagini, 

ma  ignoravamo 

anche 

giornaletti 

per 

piccoli    non 

avevamo 

altra 

lettura 

che 

il 

Libro 

sussidiario, 

come 

si  chiamava, 

in 

uso 

nella 

terza 

elementare. 

Mentre 

genitori 

gli 

altri 

parenti 

od 

ospiti 

parlavano 

di 

affari  per 

noi 

incomprensibili, 

noi 

guardavamo 

il 

fuoco. 

Non 

era 

un 

genere 

di 

vita 

molto 

stimolante. 

Ci 

si 

poteva  anche istupidire, diventare cretini; e si poteva diventare  poeti, 

acquistare 

il 

gusto 

della 

riflessione 

meditazione, secondo i casi»

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Andare a scuola?

«Nei giorni di pioggia i 

banchi 

erano 

appena  sufficienti, 

ma 

nei 

giorni 

di 

sole 

le 

classi  erano 

quasi 

vuote, 

mentre 

la 

maggior  parte 

dei 

bambini 

era 

impegnata 

cacciare  rane e uccelli». 

60

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61

Monotonia dei cicli di vita

«La vita degli uomini, delle bestie e della terra sembrava 

così

racchiusa 

in 

un 

cerchio 

immobile 

saldato 

dalla  chiusa 

morsa 

delle 

montagne 

dalle 

vicende 

del 

tempo. 

Saldato in un cerchio naturale, immutabile, come in una  specie 

di 

ergastolo. 

Prima 

veniva 

la 

semina, 

poi 

l’insolfatura, 

poi 

la 

mietitura, 

poi 

la 

vendemmia. 

poi?  Poi 

da 

capo…Sempre

la 

stessa 

canzone, 

lo 

stesso 

ritornello. 

Sempre. 

Gli 

anni 

passavano, 

gli 

anni 

si  accumulavano, 

giovani 

diventavano 

vecchi, 

vecchi 

morivano 

si 

seminava, 

si 

sarchiava…Ogni

generazione  come 

la 

generazione 

precedente. 

Nessuno 

Fontamara

aveva 

mai 

pensato 

che 

quell’antico 

modo 

di 

vivere  potesse cambiare».

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62

Teofilo Patini via Paradiso a Castel

di 

Sangro

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Esperienze di  ingiustizia

L’esperienza 

più significativa 

d’ingiustizia 

subìta 

risale 

al 

1908  quando 

gli 

viene 

chiesto 

di scrivere, per conto della  madre 

analfabeta, 

ad 

un 

certo 

Francesco 

Zauri,  ergastolano, 

ingiustamente  condannato.

63

Si riconduce a questa esperienza l’impegno ad esprimersi al meglio,  in un dialogo a distanza col lettore. 

Manès

Sperber: 

«imparò 

molto 

presto 

l’arte 

di 

scrivere 

lettere 

per  rispondere, chiedere, per far presente, convincere, ottenere e la sua  opera 

ha 

sempre 

conservato 

questa 

proprietà

di 

dire 

cose 

rivolte 

qualcuno».

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Scrivere come compito etico

«Pubblicare è una mania di molti – dirà Silone a L. 

D’Eramo

Sono 

resteranno 

sempre 

in 

molti  coloro 

che 

cercano 

la 

notorietà

attraverso 

la 

pubblicazione (uno scritto, un saggio, una poesia,  una narrazione). Non in tutti questo è un impulso  banale. 

Però 

non 

è

offendere 

la 

maggioranza 

dire 

che sono in pochi che affrontano il compito dello  scrivere 

con 

la 

necessaria 

maturità

(morale, 

psicologica, 

politica). 

Per 

molti 

lo 

scrivere 

è un  mezzo 

per 

attirare 

l’attenzione 

su 

di 

sé, 

farsi 

ammirare, piacere».

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65

La madre di Francesco Zauri

«L’infelice donna, credeva infatti nel destino, ma non 

escludeva la grazia, quella di Dio e quella dei potenti.  Ciò 

cui 

ella 

non 

credeva, 

al 

punto 

da 

non 

valere 

neppure 

la 

pena 

di 

sprecarvi 

del 

fiato, 

era 

la  giustizia. 

Naturalmente, 

anche 

per 

le 

lettere 

alle 

autorità, 

l’indispensabile 

intermediario 

ero 

io. 

Sotto  il 

foglio, 

da 

me 

faticosamente 

redatto, 

tua 

madre 

firmava con un segno di croce. Sapevo già

che era la  firma 

usuale 

degli 

analfabeti; 

ma, 

anche 

se 

ciò 

non 

fosse 

stato, 

come 

si 

sarebbe 

potuto 

immaginare 

una  firma 

più

consona 

tua 

madre? 

Una 

piccola 

croce. 

Una firma più

personale di quella? 

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66

La croce per firmareRicordo 

che, 

l’anno 

dopo, 

all’esame 

di 

catechismo 

don 

Serafino 

mi 

chiese, 

tra  l’altro, di spiegargli il segno della croce. “Esso  ci 

ricorda 

la 

passione 

di 

nostro 

Signore”

io 

risposi 

“ ed 

è

anche 

il 

modo 

di 

firmare 

degli  infelici”. 

Il 

parroco 

osservò 

che 

la 

risposta 

non 

era 

sbagliata, 

ma 

che 

non 

era 

in 

mio  potere di riformare le risposte del manuale di  dottrina 

cristiana…

Un 

paio 

di 

volte, 

mentre 

io 

leggevo 

le 

tue 

prime 

lettere, 

ella 

era  caduta 

in 

deliquio, 

con 

mia 

grande 

paura 

smarrimento. 

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L’aceto

Da 

allora 

in 

poi, 

per 

rianimarsi 

ogni  volta 

che 

si 

sentiva 

mancare, 

usava 

avvicinare 

alle 

narici 

una 

boccettina  d’aceto. A causa di ciò, l’odore dell’aceto  divenne 

per 

me    l’odore 

dell’innocenza 

perseguitata. 

Era 

lo 

stesso 

aceto,  pensavo, 

di 

cui 

era 

imbevuta 

la 

spugna 

che 

legionari 

di 

Pilato 

avvicinarono  alle 

labbra 

del 

crocifisso, 

quando 

si 

lamentò d’aver sete».

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68

L’incontro con Zauri

dopo la guerra

«“Ma 

che 

importanza 

può 

avere, 

dissi 

tua  madre, 

la 

mia 

opinione? 

Sono 

ancora 

un 

ragazzo”…

“Appunto per questo è importante,  mi 

spiegò 

tua 

madre, 

appunto 

perché

tu 

sei 

ancora 

innocente”. 

Da 

quel 

momento 

però  devo 

confessare 

che 

io 

cominciai 

dubitare 

della 

mia 

innocenza 

dell’innocenza 

del  mondo. 

Era 

per 

me 

un 

fatto 

nuovo, 

assai 

preoccupante, 

che 

quella 

mia 

convinzione  della 

tua 

innocenza 

non 

potessi 

condividerla 

con 

miei 

genitori, 

il 

maestro 

di 

scuola, 

col  parroco».

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Scrivere:  piacere e fatica

«Ogni lettera di risposta  mi 

assorbiva 

per 

intere 

giornate…

Tutto 

ciò,  come 

ricorderai, 

durò 

vari 

anni; 

fu, 

in 

quegli  anni, 

la 

mia 

avventura, 

il 

mio 

romanzo, 

la 

mia  congiura; 

finché

tua 

madre  morì

di 

crepacuore, 

quando 

si  persuase 

che 

la 

revisione 

legale 

del 

tuo  processo 

era 

impossibile».69

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Insofferenza dei  privilegi

«Sul 

finire 

degli 

anni  Cinquanta, 

ero    stato 

invitato  da 

un 

autorevole  funzionario, 

mi 

pare 

del 

mondo  diplomatico. Mentre si  svolgeva 

il 

pranzo, 

c’era in piedi, dietro 

la  sedia 

dell’anfitrione 

proprio 

di 

fronte 

a  Silone, 

un 

uomo 

in 

abito 

nero 

immobile,  probabilmente 

un 

cameriere 70

.

che 

risultò 

avere 

l’unica  mansione 

d’accendere 

la 

sigaretta 

quel 

signore, 

qualora  avesse 

dato 

cenno 

di 

voler 

fumare. 

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Dignità

Durante 

l’intera 

serata 

l’alto  funzionario 

non 

fumò 

mai, 

ma 

non 

per  questo 

smise 

di 

gingillarsi 

con 

una  sigaretta, 

cosicché

l’uomo 

in 

piedi 

non  faceva 

che 

curvarsi 

per accendergliela, ma  l’altro 

restava 

per 

un 

po’

con 

la 

mano  sospesa a mezz’aria

71

…finché

posava 

di 

nuovo 

la  sigaretta sul tavolo, per riprenderla  tra due dita appena l’uomo in piedi  dietro di lui s’era raddrizzato.

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72

Insofferenza dei privilegi II

poco 

poco 

la 

vista 

di 

quell’essere 

umano,  addetto 

esclusivamente 

spiare 

in 

che 

modo 

polpastrelli 

del 

padrone 

di 

casa 

sfiorassero 

la  sigaretta per potersi chinare su di lui al momento  esatto 

potergli 

con 

gesto 

sincronico 

discreto 

porgere 

il 

fuoco, 

divenne 

intollerabile: 

Io  guardavo, 

possibile 

che 

si 

faccia 

ancora 

un 

tale 

uso 

di 

un 

uomo, 

mi 

dicevo  ‐

al 

punto 

che 

non  riuscì

più

mandar 

giù

un 

boccone 

spiccicare 

una 

parola, 

aspettando 

soltanto 

di  poter uscire da quell’incubo»

(LDE).

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73

La libertà“La libertà

non è una cosa che si possa ricevere in 

regalo. 

Si 

può 

vivere 

anche 

in 

un 

paese 

di  dittatura 

ed 

essere 

libero, 

una 

semplice 

condizione, 

basta 

lottare 

contro 

la 

dittatura.  L'uomo 

che 

pensa 

con 

la 

propria 

testa 

conserva 

il 

suo 

cuore 

incorrotto 

è

libero... Per 

contro 

si 

può 

vivere 

nel 

paese 

più

democratico 

della 

terra, 

ma 

se 

si 

è interiormente 

pigri, 

ottusi, 

servili, 

non 

si 

è

liberi: 

malgrado 

l'assenza 

di 

ogni 

coercizione  violenta, si è

schiavi»

(VP, cap. III).

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74

Il terremoto

Secondino 

era 

studente 

nel 

ginnasio 

del 

seminario 

della 

diocesi, 

quindicenne, 

quando    il 

suo 

mondo  crollò: 

nel 

1915, 

il 

terremoto 

distrusse 

la 

Marsica, 

con 

28.000 

morti. 

Pescina

fu 

il 

paese 

che, 

dopo  Avezzano, San Benedetto e Gioia dei Marsi, ebbe il  più

alto 

numero 

di 

vittime. 

Sopravvissero 

1500 

abitanti 

su 

una 

popolazione 

di 

5000. 

In 

quel 

13  gennaio 

(giorno 

fissato 

nella 

memoria 

come    una 

pietra 

miliare), 

mentre 

compagni 

del 

Seminario  minore 

erano 

nel 

panico 

superiori 

lanciavano 

ordini, 

Secondino 

gridava: 

“Viva 

la 

libertà”,  prendendo la via delle scale.  

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75

Pescina.  Il terremoto del 1915

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76

Scompare il suo mondoSilone 

è

costretto 

prendere 

atto 

della 

fragilità

di 

tutto 

ciò 

che 

aveva 

amato: 

la 

casa,  la 

famiglia, 

la 

chiesa, 

ideali 

che 

gli 

erano 

sembrati 

intoccabili. 

«Nel 

terremoto… morivano 

ricchi 

poveri, 

istruiti 

analfabeti. 

Autorità

sudditi. 

Nel 

terremoto 

la 

natura  realizzava 

quello 

che 

la 

legge 

parole 

prometteva 

nei 

fatti 

non 

manteneva:  l’uguaglianza. Uguaglianza

effimera. Passata la 

paura, 

la 

disgrazia 

collettiva 

si 

trasformava 

in  occasione di più

larghe ingiustizie». 

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77

Si scatenano gli istintiAssistette 

ai 

saccheggi, 

allo 

scatenarsi 

dell’avidità, 

all’emergere 

dei 

più

brutali  istinti 

soffocati 

dal 

perbenismo, 

all’assassinio 

impunito 

di 

un 

parente, 

al  furto 

del 

portafoglio 

dal 

corpo 

della 

madre 

morta da parte di uno zio. Una concorrenza  spietata 

di 

tutti 

contro 

tutti. 

Gli 

eventi, 

suo 

malgrado, 

lo 

costringevano 

prendere 

atto  della 

crudele 

necessità

che 

domina 

il 

mondo.

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78

Una fitta nebbia

«S’è

fatta 

d’improvviso 

una 

fitta 

nebbia. 

I  soffitti si aprivano lasciando cadere il gesso.  In 

mezzo 

alla 

nebbia 

si 

vedevano 

ragazzi 

che, 

senza 

dire 

una 

parola, 

si 

dirigevano  verso le finestre. Tutto questo è durato venti  secondi, 

al 

massimo 

trenta. 

Quando 

la 

nebbia di gesso si è

dissipata, c’era davanti a  noi 

un 

mondo 

nuovo. 

Palazzi 

che 

non 

esistevano 

più, 

strade 

scomparse, 

la 

città appiattita…

figure 

simili 

spettri 

fra 

le 

rovine…

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Un vecchio  avaro

Un 

vecchio 

avaro,  l’usuraio 

del 

villaggio, 

era 

seduto 

su 

una  pietra, 

avvolto 

in 

un 

lenzuolo 

come 

in 

un  sudario. 

Il 

terremoto 

l’aveva 

sorpreso 

letto,  come tanti altri. Batteva  i 

denti 

per 

il 

freddo. 

Chiedeva 

da 

mangiare.  Nessuno 

lo 

aiutava. 

Gli 

dicevano: 

«Mangia 

le  tue 

cambiali». 

È morto 

così…79

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80

La morte della mamma

Abbiamo 

assistito 

scene 

che 

sconvolgevano 

ogni 

elemento 

della 

condizione 

umana. 

Famiglie  numerose 

il 

cui 

unico 

sopravvissuto 

era 

il 

figlio 

idiota…

Il 

ricco 

che 

non 

aveva 

nemmeno 

una  camiciola 

di 

lana 

per 

difendersi 

dal 

freddo…

Dopo 

cinque 

giorni 

ho 

ritrovato 

mia 

madre. 

Era 

distesa  presso il camino, senza ferite evidenti. Era morta. Io  sono 

molto 

sensibile. 

Tuttavia 

non 

ho 

versato 

una 

lacrima. 

Qualcuno 

ha 

creduto 

che 

non 

avessi 

cuore.  Ma 

quando 

il 

dolore 

supera 

ogni 

limite, 

le 

lacrime 

sono 

stupide…

Mio 

fratello 

è

stato 

trovato 

in 

un  secondo 

tempo. 

forza 

di 

urlare 

aveva 

la 

bocca 

piena di polvere».

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Due orfani

La catastrofe segnò praticamente la fine della famiglia 

Tranquilli 

(oltre 

alla 

madre 

al 

padre, 

quattro 

dei 

sei  fratelli  ‐

Elvira, 

Maria, 

Cairoli, 

ancora 

Maria  ‐

erano 

morti 

ancora 

piccoli 

Domenico 

si 

era 

spento 

14  anni). Il fratello più

piccolo, Romoletto, nato nel 1904, 

che si trovava con la madre al momento del terremoto,  fu tirato fuori dalle macerie ferito alla spalla. 

Ai 

due 

orfani 

restava 

la 

nonna 

paterna,  l’indimenticabile 

figura 

di 

Maria 

Vincenza, 

alla 

quale 

furono 

affidati 

che 

provvide 

per 

Romolo 

alla  sistemazione 

in 

un 

istituto 

salesiano. 

Secondino 

invece restò a Pescina

(con una parentesi al Seminario  di Chieti) per essere poi accolto all’Istituto S. Pio X di  Roma. 

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La nonna

La 

nonna 

è descritta 

come  esperta 

nell’arte 

di  “ingoiare 

amaro 

e  sputare 

dolce” (SN).

82

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Una splendida  nonna

Silone 

racconta 

di 

una  nonna, 

dal 

viso 

“pallido 

triste”

la 

testa 

“come  modellata 

nell’avorio…

lineamenti 

scarnificati,  sottili, 

puliti, 

netti, 

con 

la 

pelle 

aderente 

alle 

ossa”,  dal “frequente e affannoso  respiro 

che 

solleva 

il 

petto”, dai movimenti che  hanno 

“una 

grave 

come 

improvvisa 

pesantezza,  appena 

dissimulata 

dall’abbondanza 

di 

stoffe  dell’antiquato 

abbigliamento”.  83

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Le mani

«La 

sola 

cosa 

viva 

della 

sua 

persona 

restano 

le 

mani 

che   ella 

protende 

verso 

il 

fuoco 

per 

rianimarle; 

mani 

esili  lunghe 

scarne, 

avvizzite 

come 

vecchi 

sarmenti, 

agitate 

da 

un  leggero tremore e, a osservarle  meglio, 

un 

po’

rattrappite; 

controluce, 

esse 

rivelano  l’intreccio 

delle 

articolazioni 

leggermente 

deformate  dall’artrite, 

con 

ceppi 

le 

divaricazioni 

delle 

vene  ingrossate dalla sclerosi. 

84

Solo il cerchietto della fede conserva la sua capacità

e incide  nell’anulare sinistro una cesura d’ombra».

Solo il cerchietto della fede conserva la sua capacità

e incide  nell’anulare sinistro una cesura d’ombra».

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Il teatro del mondo

In 

Il 

seme 

sotto 

la 

neve dice Pietro: 

«Mi 

sembra 

che, 

fino 

a  quel 

giorno, 

io 

non 

sia 

stato 

me 

stesso, 

ma  abbia 

rappresentato 

una 

parte, 

come 

un 

attore 

a  teatro, 

acconciandomi 

perfino 

una 

maschera  adeguata 

declamando 

le 

formule 

prescritte.  Teatrale 

convenzionale 

finta 

m’appare 

ora 

tutta  questa nostra vita…».

85

Dopo il terremoto il profilo di  Secondino 

cambiò: 

il 

mondo 

era 

come 

lo 

scenario 

di 

un  teatro 

inconsistente, 

di 

illusioni infantili. 

Dopo il terremoto il profilo di  Secondino 

cambiò: 

il 

mondo 

era 

come 

lo 

scenario 

di 

un  teatro 

inconsistente, 

di 

illusioni infantili. 

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86

Il mondo come  rappresentazione

“Considerato 

occhio  nudo, 

come 

ora 

a   me 

è

dato 

di 

vederlo, 

il 

nostro  paese 

reca 

tratti 

evidenti 

della  fragilità

provvisorietà

delle 

quinte  di 

teatro: 

una 

notte 

avremo 

un 

terremoto 

un  po’

più

rude 

dei 

soliti 

l’indomani 

la  rappresentazione 

sarà

finita»

(SN, 727).Silone anni Venti

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87

Il “Tagliamento”

Secondino 

andò 

ad 

abitare 

nel 

quartiere 

più

povero 

del 

Comune, 

dove 

erano 

state 

approntate 

baracche 

prive 

di  servizi 

igienici, 

raggiungibili 

attraversando 

un 

fosso 

chiamato 

“Tagliamento”. 

C’era 

da 

scandalizzarsi 

per 

il  contrasto 

tra 

le 

sofferenze 

della 

gente 

misfatti 

dei 

rappresentanti 

dello 

Stato, 

che 

si 

aggiungevano 

ai 

tanti  crimini rimasti impuniti. L’ideale della giustizia perdeva  ogni riferimento oggettivo.  

«Simili 

episodi 

di 

violenza, 

con 

l’inevitabile 

seguito 

di  arresti 

di 

massa, 

di 

processi, 

di 

esorbitanti 

spese 

giudiziarie, di condanne penali, rafforzavano negli animi  dei 

contadini, 

come 

è facile 

immaginare, 

la 

sfiducia, 

la 

diffidenza, la rassegnazione»

(US).

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88

Stato‐diavolo

“Lo Stato riacquistava i suoi connotati  di irrimediabile creazione del diavolo.  Un 

buon 

cristiano, 

se 

vuol 

salvarsi 

l’anima, 

eviti 

pertanto 

il 

più

possibile  ogni 

contatto 

con 

esso. 

Lo 

Stato 

è

sempre 

ruberia, 

camorra, 

privilegio 

e  non può essere altro”.

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89

Terremotati in abbandono

Secondino 

ha 

espresso 

il 

suo 

sdegno 

su  “Avanti”: 

«Chi 

ha 

vissuto 

queste 

ore 

non 

le 

dimenticherà

più

non 

dimenticherà

il  proprio 

avvilimento 

il 

proprio 

furore 

al 

pensiero 

di 

appartenere 

uno 

Stato 

civile  che 

si 

dice 

anche 

grande 

potente, 

la 

cui 

capitale non era che a quattro ore di treno da  paesi 

abbandonati 

alla 

sventura 

come 

se 

fossero 

dispersi 

in 

una 

contrada 

barbara 

e  deserta». 

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Il “Tagliamento”

Il 

“Tagliamento”

finì

col 

segnare 

la 

linea 

di  un fronte di guerra civile: «Per prima cosa si  procedé

all’oscuramento notturno mediante 

la 

distruzione 

sassate 

delle 

lampade 

di  illuminazione 

pubblica. 

Così

divenne 

pericoloso, 

anche 

per 

carabinieri,  avvicinarsi al Tagliamento durante la notte.  I 

malcapitati 

erano 

accolti 

sassate 

di 

invisibile provenienza»

(US).

90

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Romolo Tranquilli

«Carissimo 

fratello, 

ogni 

disgrazia 

è seguita 

da 

disgrazie!  E il terremoto ha voluto dietro di  sé

la 

guerra 

la 

guerra 

vorrà

ancora!... 

Son 

tornato 

Pescina.  Ho 

rivisto 

con 

le 

lagrime

agli 

occhi 

le 

orride 

macerie, 

sono  ripassato 

tra 

le 

misere 

capanne 

coperte 

alcune 

da 

pochi 

cenci  come 

primi 

giorni, 

dove 

vive 

con 

una 

indistinzione

orribile 

di  sesso, 

età

condizione 

la 

gente 

povera…

Ho 

rivisto 

tutto 

ed 

ora  cosa farò?

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92

Romolo

“Ho 

rivisto 

anche 

la 

nostra 

casa 

dove 

vidi 

con 

gli 

occhi esausti di piangere, estrarre la nostra madre,  cerea, 

disfatta. 

Ora 

il 

suo 

cadavere 

è

seppellito 

eppure 

anche 

mi 

pare 

uscisse 

una 

voce. 

Forse  l’ombra 

di 

nostra 

madre 

ora 

abita 

quelle 

macerie 

inconscia 

della 

nostra 

sorte 

pare 

che 

ci 

chiami 

a  stringerci 

nel 

suo 

seno.Ho

rivisto 

il 

luogo 

dove 

tu, 

fortunatamente 

fosti 

scavato…ora

cosa 

farò?... 

Mi  veggo

cogli 

studi 

interrotti, 

privo 

di

ogni 

aiuto 

materiale e morale; sì

anche morale!”.

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93

Che fare?

Già

un 

barlume 

di 

speranza 

mi 

era 

apparso: 

mentre 

ero a Chieti (venne) a trovarmi una Dama di Corte di  S. 

M. 

Regina 

Elena 

che 

mi 

promise 

di 

incaricarsi 

di 

me. La Dama faceva  parte del patronato della Regina  Elena 

per 

gli 

orfani 

mi 

disse 

di 

essere 

già

venuta 

visitare te nel S. Cuore. Il nome della Dama non lo so;  se tu lo potessi sapere scrivimelo subito.

Io 

non 

so 

come 

fare, 

cerco 

di 

sperare 

ancora,  poi…venga

quel 

che 

venga 

l’accetterò. 

Se 

tu 

sapessi 

qua cosa si patisce!... Se tu puoi fare qualcosa per me  ti 

prego 

di 

farlo. 

Raccomandami 

qualche 

Signora 

che ti visitasse; consigliati col superiore al quale darai  i miei umilissimi ossequi. 

Baci affettuosissimi. 

Secondo”.

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94

I collegi

Dopo 

un 

breve 

periodo 

Chieti, 

Secondino 

entra 

nel 

collegio Pio X dei padri Giuseppini

del Murialdo, a Roma.  Lo 

stile 

di 

vita 

era 

insoddisfacente 

per 

Secondino 

(che 

annota con ironia: «Ci 

danno 

un 

sapone 

che 

pulisce 

molto  bene, 

perché

porta 

via 

anche 

la 

pelle»). 

L’ambiente 

anonimo del collegio non favoriva relazioni interpersonali  amicali, quelle di cui un orfano sentiva la necessità.

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Secondino “Drop out”

Avendo 

abbandonato 

gli 

studi, 

s'immerge 

nella 

lotta  politica. 

«A  diciott’anni 

ho 

abbandonato 

gli 

studi 

su  consiglio di due o tre medici,  perché, 

così

mi 

assicuravano 

quei 

pozzi 

di 

scienza, 

“non  vivrai 

più

di 

un 

anno”. 

Il 

destino 

ha 

voluto 

che 

miei  medici 

morissero 

uno 

dopo 

l’altro, 

mentre 

io 

in 

questo  momento 

sto 

scrivendo 

bevendo il caffè. 95

quel 

tempo 

non 

potevo  prevederlo 

perciò 

ho 

lasciato 

perdere 

lo 

studio,  fedele 

al 

proverbio 

italiano: 

meglio un asino vivo che un  genio morto». 

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96

Reinventarsi a Pescina

«Passo 

il 

tempo 

abbastanza 

spensieratamente. 

La 

salute   va 

benino. 

Ai 

15 

di 

marzo 

passo 

visita. 

Per 

ora  sto 

solo 

perché

con 

parenti 

non 

andavo 

d’accordo, 

ma così

non può durare ancora molto. Il commissario  di 

Pescina

non 

volle 

concedermi 

la 

baracca; 

sicché

sono 

stato 

costretto 

rinunciare 

al 

mutuo 

per 

farmi  dare 

una 

casetta 

cemento 

armato. 

È abbastanza 

elegante, 

sono 

tre 

vani. 

Pescina

la 

si 

chiama: 

casa  dei 

diavoli, 

perché

n’esce 

sempre 

un 

gran 

fracasso, 

più

di 

notte 

che 

di 

giorno. 

Siamo 

una 

decina 

tra  studenti, 

vagabondi, 

operai 

e…

gente 

allegra, 

che 

spesso 

richiamiamo 

nella 

mia 

baracca 

carabinieri.  Del resto non facciamo nulla di male: si canta, si ride,  si 

mangia, 

si 

beve, 

si 

balla. 

Soprattutto 

si 

beve 

si 

canta. Io non sapevo di aver mai cantato in vita mia se  non solo; ora canto da mane a sera…

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97

Sposarsi?Ma 

con 

la 

partenza 

del 

‘900 

(a 

me 

mi 

riformano), 

rimarrò 

quasi 

solo. 

Per 

cui 

ho  pensato, 

così, 

da 

qualche 

giorno, 

come 

sono 

solito, 

di 

prendere 

moglie: 

s’intende 

non  civilmente 

tanto 

meno 

religiosamente. 

Civilmente, forse, se 

il 

matrimonio 

privato 

avrà le 

sue 

conseguenze. 

allora 

sarà

un 

guaio 

col 

Patronato. 

Ma 

con 

la 

furbizia 

si 

riesce 

tutto.  In ogni modo, conto sul vostro aiuto e su quello  di 

don 

Orione…

Se 

riesco 

agli 

esami 

m’impiego 

al 

Genio 

civile 

di 

Pescina. 

Anche 

perché

possa  mantenere la mia futura metà. E a San Prospero  cosa 

fate? 

Chi 

sa 

che 

silenzio 

ora 

che 

non 

c’è

più

Tranquilli».

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98

Problemi esistenziali

Secondino scrive a don Orione: 

«Io 

credo 

(lo 

credono 

tutti 

che 

mi 

conoscono) 

di  essere 

socialista 

dianzi 

vi 

ho 

parlato 

di 

anima 

di 

perdono! 

Ah 

preferisco 

essere 

un 

materialista  incoerente, 

ché

quando, 

giorni 

fa, 

riandavo 

con 

la 

mente ai capisaldi del marxismo, e mi intrattenni sui  fini ultimi dell’uomo e della società, sentii tanto gelo,  tanta 

desolazione 

con 

terrore 

m’accorsi 

(ah! 

che 

materialista!) 

m’accorsi 

che 

la 

mia 

nuova 

fede 

mi  avrebbe 

senz’altro 

condotto 

al 

suicidio 

appena 

che 

un dispiacere un po’

forte m’avesse percosso. 

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99

Problemi esistenziali II

Temevo 

il 

bivio 

ed 

ecco 

che 

vi 

sono 

sospeso 

ed 

ho 

paura. 

Oh 

perdonatemi, 

padre 

ed 

aiutatemi! 

“In  certi casi della vita si salva soltanto chi ha un figlio,  chi 

ha 

un 

padre, 

chi 

crede 

in 

una 

vita 

ventura”. 

Mi 

sono 

ricordato 

che 

un 

giorno 

voi 

scrivendomi  mi 

chiamavate 

figlio 

ed 

io, 

padre. 

Ho 

ricercato 

tra 

le 

mie 

carte 

le 

vostre 

lettere 

le 

ho 

rilette 

tutte 

ed  ho 

pensato 

tanto, 

ed 

ho 

sentito 

sempre 

più

in 

me, 

nella parte più

profonda di me il gelo ed ecco che vi  scrivo 

tremo. 

Padre, 

la 

mia 

salute 

è

rovinata, 

miei 

studi 

sono 

rovinati, 

io 

voglio 

ancora  riedificare, 

riedificare, 

riedificare! 

Aiutatemi!»

(1918).

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100

Un bivio

Non 

è facile 

per 

don 

Orione

capire 

questo 

giovane:  una vera patata bollente. Spera di riavvicinarlo ad una  visione 

cristiana 

della 

vita, 

di 

aiutarlo 

inserirsi 

nel 

lavoro, 

di 

fargli    «considerare 

gli 

avvenimenti 

da 

un  punto di vista più

eccelso, da dove appariranno, è vero, 

un pò

più

piccoli di dimensioni, ma se ne scorge anche  le 

supreme 

vette, 

oltre 

le 

terrene 

basi. 

una 

forma 

netta e precisa a quanto hai in animo di fare, attento ai  malsani 

contatti 

intellettuali, 

leggimi 

col 

cuore 

non 

con 

gli 

occhi. 

Tu 

sei 

per 

me 

un 

interrogativo, 

che 

ogni  giorno 

diventa, 

per 

me, 

più

grande 

impressionante…

Tu hai davanti un gran bivio, un tremendo bivio»

.

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Roma  socialista

Secondino 

segue 

la 

sua  strada, 

non 

riprende 

gli 

studi e interrompe le lettere  con 

don 

Orione. 

Gli 

amici 

del 

movimento 

giovanile  esaltano 

in 

lui 

la 

voglia 

di  

riscatto 

di 

protagonismo,  il gusto della trasgressione. 

Il cruccio principale in quel  periodo 

doveva 

essere 

il 

lavoro, 

aggravato 

dalla 

sua  fama di attivista socialista. 

101

A Roma la vita non è facile, dormendo in luoghi di fortuna,  sempre in cerca di come sbarcare il lunario e di qualche lavoretto. 

A Roma la vita non è facile, dormendo in luoghi di fortuna,  sempre in cerca di come sbarcare il lunario e di qualche lavoretto. 

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102

Il cinismo adolescenziale

Silone dovette passare dall’adolescenza al cinismo 

adulto, 

senza 

che 

la 

maturazione 

della 

coscienza  potesse temprare e modellare i comportamenti.

Ha confessato in una lettera a Gabriella (17 agosto  1924):

«Non mi importava nulla. Ero 

un cinico, però 

non  un 

egoista 

nemmeno 

un 

altruista. 

Non 

mi 

importava nulla né

degli altri né

di me stesso, della  mia 

salute, 

del   mio 

avvenire, 

dei 

miei 

studi. 

Non 

avevo 

progetti, 

ambizioni. 

Vivevo 

giorno 

per  giorno».

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103

Conformismo e trasgressioneNella 

cultura 

del 

paese, 

adagiata 

sul 

conformismo, 

basta 

un 

comportamento 

non  conforme alle abitudini consolidate per essere  etichettati 

come 

rivoluzionari.

Stretti 

tra 

conformità

devianza, 

si 

veniva 

respinti  “fuori”

se non si era “dentro”. 

Per 

Secondino 

era 

giocoforza 

ribellarsi 

non  subire. 

La 

parola 

rivoluzione 

veniva 

impiegata  «anche 

per 

designare 

una 

semplice 

dimostrazione non consentita dalle autorità. 

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Avezzano

104

In 

quel 

periodo 

di 

guerra, 

ad 

esempio, 

nel 

nostro 

Comune  avevano 

già

avuto 

luogo 

due 

‘rivoluzioni’: 

la 

prima 

contro 

il 

municipio 

per 

il 

tesseramento 

del 

pane, 

la 

seconda 

contro 

la  Chiesa 

per 

il 

trasferimento 

in 

altro 

Comune 

della 

sede 

vescovile». 

In 

quel 

periodo 

di 

guerra, 

ad 

esempio, 

nel 

nostro 

Comune  avevano 

già

avuto 

luogo 

due 

‘rivoluzioni’: 

la 

prima 

contro 

il 

municipio 

per 

il 

tesseramento 

del 

pane, 

la 

seconda 

contro 

la  Chiesa 

per 

il 

trasferimento 

in 

altro 

Comune 

della 

sede 

vescovile». 

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105

La rivoluzione dei 3 soldati

La 

terza 

rivoluzione, 

detta 

“dei 

tre 

soldati”, 

vede 

come 

protagonista 

Secondino: 

tre 

carabinieri  litigano 

per 

gelosia 

vengono 

arrestati. 

Il 

comandante 

dell’arma 

sospende 

la 

licenza 

li  rinvia al fronte. 

La 

misura 

punitiva 

sembra 

sproporzionata.  Secondino consola la madre di uno dei soldati, suo  amico, 

poi 

morto 

in 

guerra. 

Fa 

il 

possibile 

per 

sollecitare il Sindaco, il Pretore, il Parroco, ma tutti  si 

dichiarano 

incompetenti. 

Il 

ragazzo 

si 

vede 

costretto a prendere le parti della vittima. 

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La tromba

Anche 

la 

folla 

“minacciosa 

tumultuante”

si 

ribella 

e, 

pungolata 

dalle 

campane 

dalla 

tromba 

della 

Lega 

dei  contadini, giunge ad assediare la caserma e a mettere in  fuga i carabinieri. 

La 

scelta 

socialista 

di 

Secondino 

è in 

qualche 

modo  inevitabile, 

all’incrocio 

tra 

l’esempio 

del 

padre, 

l’effervescenza 

della 

propria 

personalità e 

l’incongruenza della situazione. 

106

Page 107: Ignazio Silone (1900-1978) · pare che anzitutto ci spetta la funzione della massaia che la sera ricopre di cenere la brace del camino, per poter più facilmente l’indomani riaccendere

SocialistaAlla fine del 1917, anno 

della  rivoluzione 

bolscevica, 

già frequenta la sede della  Lega 

dei 

contadini, 

s’iscrive 

alla 

Unione  socialista 

romana

aderisce 

alla  Federazione 

giovanile 

socialista. 

107

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108

Rischiare di persona

Era 

stato 

attirato 

sin 

da 

piccolo 

da 

chi 

rischiava 

di 

persona. 

«“Quelli 

che 

nascono 

in 

quella 

contrada 

sono 

veramente 

disgraziati”

mi 

ripeteva 

il 

Dr. 

F. 

J., 

un  medico 

di 

un 

villaggio 

vicino. 

“Qui 

non 

c’è

via 

di 

mezzo: 

ribellarsi 

essere 

complici”. 

Egli 

si 

ribellò.  Si 

dichiarò 

anarchico. 

Tenne 

discorsi 

tolstoiani 

alla 

povera 

gente. 

Divenne 

lo 

scandalo 

dell’intera  contrada. 

Odiato 

dai 

ricchi, 

deriso 

dai 

poveri, 

compatito in segreto solo da pochi, gli fu infine tolto  il 

posto 

di 

medico 

condotto 

morì

letteralmente 

di 

fame. 

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Follia e cretività

Il 

suo 

destino 

serviva 

di  esempio 

nelle 

buone 

famiglie. 

“Se 

non  mettete 

giudizio”, 

dicevano 

le 

madri 

ai  figli 

“finirete 

come 

quel 

pazzo”»

(US) 

Più

volte 

Silone 

nei 

romanzi 

sottolinerà

la  sua 

fiera 

vicinanza 

certi “pazzi”. L'inquietudine, 

lo 

smarrimento 

la 

follia 

caratterizzarono 

in 

modo incisivo il cammino di Ligabue dallo stato. La sua pittura – istintiva, 

passionale, 

irruente 

riporta 

in 

superficie 

un 

vecchio 

quesito irrisolto: qual è, in realtà, il limite tra genialità

e pazzia? 

L'inquietudine, 

lo 

smarrimento 

la 

follia 

caratterizzarono 

in  modo incisivo il cammino di Ligabue dallo stato. La sua pittura –

istintiva, 

passionale, 

irruente 

riporta 

in 

superficie 

un 

vecchio  quesito irrisolto: qual è, in realtà, il limite tra genialità

e pazzia? 

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110

“Il suo modo di servire Dio” Il socialismo gli sembrava unificare impegno 

politico e solidarietà

religiosa. La scelta della  Lega infatti gli si configurerà

come a 

molti 

socialisti 

dei 

primi 

tempi 

– anche   come 

un  credo, una religione alternativa, “il suo modo  di 

servire 

Dio”, 

come 

se 

buoni 

propositi 

dell’infanzia, gli ideali cristiani e il socialismo  umanitario 

solidale 

si 

fondessero 

trovassero, 

grazie 

alle 

azioni 

trasgressive 

e  alla 

compagnia 

di 

altri 

rivoluzionari, 

una 

traduzione effettiva.

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Contadini

«Non 

so 

se 

scandalizzerò  qualcuno 

con 

lo 

spiegare 

che  di 

questa 

fondamentale  realtà

religiosa 

popolare 

del  nostro 

paese, 

non 

avevo 

mai 

percepito 

il 

minimo  sentore 

nell’educazione 

precedentemente 

ricevuta  a 

scuola 

dai 

libri 

che 

con 

essa 

mi 

scontrai 

per  prima 

appunto 

nelle 

leghe 

dei contadini “rossi”».

111

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Lazzaro

Secondino è felice di poter correre  con 

compagni 

al 

richiamo 

della 

tromba di Lazzaro, il loro punto di  riferimento, che chiama a raccolta  i 

“diversi”, 

“ribelli”

sostituendosi 

ai 

manifesti 

murali, 

non 

leggibili  dai 

paesani. 

È la 

tromba 

che 

nei 

romanzi sarà

associata a quella del  Cristo 

Redentore, 

in 

camice 

rosso 

con 

la 

scritta 

“Beati 

gli 

assetati 

di  giustizia”. 

112

Annuncia la gioia della liberazione: «”È

una festa da inventare”.  “Quando avverrà?”. “Come si fa a saperlo con precisione? Forse tra un 

anno, tra sessanta, tra duemila”»

(MM).

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I compagni

Il 

significato 

simbolico  palingenetico 

della 

tromba 

non 

è

sfuggito   ai 

lettori 

di  Silone. 

Essa 

carica 

l’impegno 

di 

attenzione, 

di  fratellanza, 

di 

un’escatologia 

che 

sembra  realizzare il “Regno”.

113

Il 

suono 

della 

tromba 

riempiva 

di 

sollecitazioni 

il 

vuoto 

di  chi 

non 

veniva 

più

richiamato 

dalla 

madre 

dal 

padre 

rincasare 

per 

l’ora 

della 

cena, 

era 

un 

richiamo 

affettivo,  l’unica voce che sembra convocarlo.

Il 

suono 

della 

tromba 

riempiva 

di 

sollecitazioni 

il 

vuoto 

di  chi 

non 

veniva 

più

richiamato 

dalla 

madre 

dal 

padre 

rincasare 

per 

l’ora 

della 

cena, 

era 

un 

richiamo 

affettivo,  l’unica voce che sembra convocarlo.

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114

Attirato dalla Lega

«Non 

c’era 

più

nessuno 

che 

chiamasse 

me, 

forse 

anche 

per 

questo, 

mi 

sentivo 

stranamente 

attirato  verso 

quella 

povera 

gente 

che, 

pur 

stremata 

dalle 

fatiche 

della 

giornata, 

ubbidiva 

al 

richiamo 

della  tromba. 

Così

varie 

volte 

m’intrufolai 

anch’io 

nelle 

assemblee che in quel tempo si svolgevano nel cortile  di un antico convento  francescano…

Benché

fosse la 

medesima 

gente 

che 

vedevo 

raccolta 

in 

altre  occasioni, 

in 

piazza, 

in 

chiesa 

al 

mercato, 

quegli 

improvvisi 

raduni 

mi 

facevano 

un’impressione  profonda…

Tutta 

la 

mia 

attenzione 

era 

assorbita 

dalla gente che mi pareva come trasfigurata»

(US).

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Maschera di   rifiuto

«Ora mi rendo conto che mi  lasciai 

attirare 

dal 

movimento  clandestino 

perché

esso 

mi 

offriva 

la  possibilità

di 

dare 

una 

orgogliosa 

maschera 

di  rifiuto 

al 

risentimento 

che 

nutrivo 

verso 

la 

società dalla 

quale 

ero 

escluso, 

che 

nel 

mio 

intimo 

però  invidiavo, 

bramavo, 

temevo»

(ESN). 

115

Silone 

è

attratto 

dalla 

Lega 

perché

si 

sente 

convocato 

non  come 

l’orfano, 

lo 

studente 

degli 

istituti 

religiosi, 

il 

marsicano, 

ma come un giovane e istruito compagno di lotta.

Silone 

è

attratto 

dalla 

Lega 

perché

si 

sente 

convocato 

non  come 

l’orfano, 

lo 

studente 

degli 

istituti 

religiosi, 

il 

marsicano, 

ma come un giovane e istruito compagno di lotta.

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116

Il Cristo col camice rosso

Silone, 

che 

ha 

la 

nomea 

di 

“studente 

rosso”, 

conferma 

in 

Uscita 

di 

Sicurezza,

che 

la 

scelta 

della 

Lega 

non 

gli 

appariva  diversa dalla religione, ma anzi la maniera eccellente di darle  concretezza. 

Lazzaro spiega: 

«"A 

me 

pare 

che 

l'uomo 

sia 

come 

l'acqua. 

Se 

prendi 

un 

bicchiere 

d'acqua, 

vedi 

subito 

che 

non 

ha 

colore. 

Ma 

una  grande 

quantità

d'acqua, 

un 

grande 

fiume, 

un 

lago, 

un 

mare, 

acquista 

facilmente 

una 

colorazione". 

"A 

causa 

del 

cielo" 

mi  permisi di interloquire. 

"A 

causa 

del 

cielo" 

egli 

confermò. 

“Allo 

stesso 

modo 

ognuno 

di 

noi, 

da 

solo, 

è come 

un 

bicchiere  d'acqua. 

Da 

che 

ci 

può 

venire 

un 

colore?”. 

“Dalla 

massa?”

io 

domandai. “Non dalla massa”

egli mi spiegò. 

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Non pecore

“Una massa di pecore resta una massa di pecore. E 

noi qui adesso siamo appena tre o quattro”. “Da che  cosa 

dunque?”

io 

insistei. 

“Ovunque 

noi 

ci 

riuniamo, 

Egli 

ha 

promesso 

di 

stare 

con 

noi”

mi  spiegò Lazzaro indicando sulla parete della baracca  il Cristo col camice rosso»

(US).

117

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118

Dalla parte degli ultimi

L’impegno 

politico 

realizza 

anche 

l’aspirazione 

alla 

solidarietà. 

Secondino 

va 

alla 

Lega 

«per 

tenere 

la 

corrispondenza 

dei  contadini analfabeti, scrivere ricorsi contro i soprusi. 

Seguendo 

la 

predisposizione 

letteraria 

prosociale, 

offre 

la  lettura 

ad 

alta 

voce. 

Non 

ritenendo 

opportuno 

leggere 

D’Annunzio, 

opta 

per 

racconti 

di 

Tolstoi, 

su 

consiglio 

del  medico 

anarchico. 

E’

il 

suo 

modo 

di 

assolvere 

al 

debito 

nei 

confronti dei “derubati”. La parola, letta e scritta, è già per lui lo  strumento principe della lotta.

Scriverà: 

«assai 

più

della 

scuola 

delle 

letture, 

nella 

mia  formazione, 

anche 

tecnica, 

di 

scrittore, 

hanno 

avuto 

influenza 

decisiva 

le 

esperienze 

della 

vita, 

tra 

esse 

devo 

menzionare,  prima 

d’ogni 

altra, 

la 

compagnia 

di 

contadini 

operai 

in 

circostanze fortemente impegnative».

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Politica e compassione

119

I racconti di Tolstoi sembrano a Silone dare corpo alla divina compassione per l'umanità, in particolare la storia di Polikusc'ka, il servo deriso e disprezzato: ricevuto un importante incarico dalla padrona, volendo riabilitarsi dalla fama di beone e ladro, il servo ce la mette tutta, ma smarrisce il denaro affidatogli e, disperato, s’impicca. Tolstoi

descrive con “triste lentezza”

e profonda compassione la 

sofferenza 

di 

questo 

servo. 

Silone 

annota 

che 

il 

servo: 

“non 

ne  distoglie 

lo 

sguardo 

per 

non 

soffrire”. 

«Di 

questa 

specie, 

pensavo 

dev’essere 

la 

compassione 

divina, 

la 

compassione 

che  non sottrae la creatura al dolore, ma non l’abbandona e l’assiste  fino alla fine, anche senza mostrarsi»

(US).

Tolstoi

descrive con “triste lentezza”

e profonda compassione la  sofferenza 

di 

questo 

servo. 

Silone 

annota 

che 

il 

servo: 

“non 

ne 

distoglie 

lo 

sguardo 

per 

non 

soffrire”. 

«Di 

questa 

specie,  pensavo 

dev’essere 

la 

compassione 

divina, 

la 

compassione 

che 

non sottrae la creatura al dolore, ma non l’abbandona e l’assiste  fino alla fine, anche senza mostrarsi»

(US).

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Lev Tolstoj (1828‐1910)

Tolstoj 

acquisì

presto  risonanza 

mondiale 

per 

il 

successo 

dei 

romanzi 

Guerra  e pace

e Anna Karenina, a cui 

seguirono 

altre 

sue 

opere  narrative 

sempre 

più

rivolte 

all'introspezione 

dei  personaggi ed alla riflessione  morale. 

La 

fama 

di 

Tolstoj 

è

legata 

anche 

al 

suo 

pensiero  pedagogico, 

filosofico 

religioso, 

da 

lui 

espresso 

in  numerosi 

saggi 

lettere 

che 

ispirarono, 

in 

particolare, 

la  condotta 

non‐violenta    dei 

tolstoiani 

del 

Mahatma  Gandhi. 

120Ritratto da I. E. Repin

nel 1887.

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121

“Vocazione politica”?Lo 

sguardo 

ritroso 

di 

Silone 

ha 

rinvenuto 

nella 

scelta 

politica 

uno 

slancio 

etico, 

una  sorta 

di 

“vocazione 

laica”, 

condizionata 

dagli 

eventi 

che 

spingono 

inesorabilmente  alcuni 

non 

altri 

scegliere 

un 

comportamento 

deviante. 

Di 

fronte 

a  situazioni 

assurde, 

osserverà

più

tardi 

Silone, 

ribellarsi 

è meglio 

che 

suicidarsi,  anche 

se 

nella 

rivolta 

giovanile 

c’è

sempre 

una 

componente 

emotiva, 

irrazionale,  ambigua.

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122

Perché la scelta politica?«Per 

quale 

destino 

virtù

una 

certa 

età

si 

compie 

la 

grave 

scelta 

di 

diventare 

ribelli?  Scegliamo 

siamo 

scelti? 

Donde 

viene 

ad 

alcuni 

quell’irresistibile insofferenza della rassegnazione,  quell’insofferenza 

della 

ingiustizia, 

anche 

se 

colpisce 

altri? 

quell’improvviso 

rimorso 

di  assidersi a una tavola imbandita, mentre i vicini di  casa non hanno di che sfamarsi? È quella fierezza  che rende la miseria, il carcere, l'esilio preferibili al  disprezzo? Forse nessuno lo sa…

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123

Il travaglio interioreOgnuno 

che 

abbia 

seriamente 

riflettuto 

su 

se 

stesso 

sugli 

altri, 

sa 

quanto 

certe  deliberazioni 

siano 

segrete 

certe 

vocazioni 

misteriose 

incontrollabili. 

Vi 

era 

nella 

mia  ribellione 

un 

punto 

in 

cui 

il 

rifiuto 

l’amore 

coincidevano: 

sia 

fatti 

che 

giustificavano  l’indignazione, 

sia 

motivi 

morali 

che 

l’esigevano mi erano dati dalla contrada nativa.  Il 

passo 

dalla 

rassegnazione 

alla 

rivolta 

era 

brevissimo: 

bastava 

applicare 

alla 

società

i  principi ritenuti validi per la vita privata» (US). 

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Corpo e anima

Stella in Una manciata  di 

More, 

risponde 

don Nicola: 

«”Il 

peggio 

non 

sono 

dolori. 

Il 

mio 

corpo 

è legato 

all’anima 

in 

un 

modo  veramente 

indecente”. 

“Iddio 

è spesso 

spietato 

con 

le 

anime 

che 

predilige”» (MM).

124

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125

Scegliamo o siamo scelti?

«Prima 

di 

scegliere, 

siamo 

stati 

scelti, 

nostra  insaputa. 

la 

nuova 

ideologia, 

di 

solito, 

la 

sia  

apprende 

più

tardi, 

nelle 

scuole 

del 

partito, 

al 

quale,  intanto, 

si 

è già aderito 

per 

slancio 

di 

fede. 

In 

modo 

analogo d’altronde, si svolge il processo inverso, quello  eventuale 

dell’abiura. 

L’ideologia 

vi 

subisce 

allora 

lo 

stesso 

brusco 

trattamento 

già

riservato 

al 

catechismo  o alle patrie storie» (US). 

In 

Il 

seme 

sotto 

la 

neve

domanda 

Faustina:  «“Scegliamo 

siamo 

scelti?”. 

“Forse 

è la 

stessa 

cosa”

dice 

Simone. 

“Forse 

la 

vera 

libertà

consiste 

in  un’assoluta fedeltà

a noi stessi”»

(SN).

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126

Religione e politica

Secondino 

esercita    dunque 

il 

suo  apprendistato 

di 

militante 

socialista 

tra 

compaesani, 

tra 

il 

rivoluzionario 

il  benefattore. 

Di 

una 

cosa 

è sicuro: 

non 

potrebbe 

vivere  senza 

stare 

dalla 

parte 

di 

quella 

gente. 

In 

loro 

compagnia 

gli 

pare 

si 

realizzi 

ciò 

che  più

tardi 

esprimerà

attraverso 

le 

parole 

di 

Lazzaro: 

«Ovunque 

ci 

riuniamo 

Egli 

ha  promesso di stare con noi».

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127

Trasgressione ed eticitàNel partito convivono eticità

e trasgressione: 

lo 

statuto 

impegnava    a 

lottare 

contro  l’analfabetismo, 

l’alcoolismo, 

la 

bestemmia: 

«Combattevamo 

anche 

lo 

sport 

il 

ballo  perché

distraevano 

la 

gioventù

dalla 

lotta 

sociale e politica».  La 

rivoluzione 

è anche 

una 

regola 

etica 

perché

tutto 

viene 

orientato 

alla 

logica 

del  partito. 

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Il peso  dell’esistenza

Secondino 

deve 

far 

convivere 

nella 

sua 

identità

solitudine 

e  compagnia, 

appartenenze 

contraddittorie, 

ricordi  soffocati, 

affetti 

familiari 

cancellati, 

fede 

rinnegata,  aspirazioni 

irrealizzabili, 

coraggio 

paura, 

delusioni  cocenti…

Si 

procura 

un’inquietudine 

e  uno stato di paura esistenziali,  di 

cui 

risentiranno 

la 

sua 

vita 

privata, 

la 

sua 

psiche, 

la 

sua  mente. 

128

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Paura e  cinismo

La sua vita trasgressiva, la  stigmatizzazione 

come 

rivoluzionario 

gli  provocano 

quella 

paura 

che gli pare caratterizzare  le 

dittature: 

la 

mancanza 

di 

libertà

politica 

riduce  gli 

uomini 

bestie 

in 

preda 

alla 

paura 

perciò  pronte 

tutto: 

“La 

vera 

organizzazione nella quale  si 

basa 

l’ordine 

attuale 

è

questa 

occulta  corporazione della paura”.

129

L’effetto sul comportamento è di 

annullare 

la 

distinzione 

tra 

bene e male e rendere cinici e  indifferenti.

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130

L’entrata in guerra del’italia ?

Con 

l’entrata 

in 

guerra 

dell’Italia, 

all’interno 

del 

partito si sviluppa una disputa che separa i giovani  dalla 

direzione 

che 

individua 

in 

Luigi 

Polano

il 

referente 

principale 

Polano

che 

Silone  sostituisce 

nella 

guida 

della 

lotta   contro 

l’ala 

più

moderata del partito nel 1919).

Mentre 

dalla 

Russia 

si 

frena 

lo 

slancio 

rivoluzionario, 

giovani 

sono 

insofferenti 

della  prudenza, 

scalpitano 

per 

passare 

all’azione 

trovano 

riscontro 

nell’insofferenza 

della 

base 

che  ingrossa le file della federazione giovanile.

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Luigi Polano (Sassari, 1897 –

Sassari, 1984)

Studente in 

ragioneria, 

aderì

alla  Federazione 

Giovanile 

Socialista 

Italiana 

nel 

1914 

divenendone  due 

anni 

dopo 

il 

segretario 

regionale 

per 

la 

Sardegna.  Trasferitosi 

Roma 

per 

studiare 

nel 

1917 

diviene 

il 

segretario  nazionale della Fgsi.

Nel 

novembre 

1919 

rappresenta  la 

Fgsi

al 

congresso 

fondativo

dell'Internazionale  giovanile 

comunista. 

È tra 

gli 

scissionisti 

di 

Livorno 

che 

costituiscono 

il  Partito 

Comunista 

d'Italia. 

La 

Fgsi

aderisce 

al 

nuovo 

partito al 90% e Polano

è

confermato segretario della  neonata Federazione Giovanile Comunista d'Italia.

131

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132

La polizia alle calcagna

Secondino si è già attirato l’attenzione della polizia.

Un 

primo 

fascicolo 

risulta 

aperto 

dalla 

Pubblica  Sicurezza 

di 

Roma 

nel 

1917, 

avendo 

egli 

presentato 

una 

domanda 

per 

l’acquisto 

di 

ventiquattro 

biciclette  militari 

usate. 

Si 

sospetta 

che 

intenda 

equipaggiare 

compagni 

si 

procede 

ad 

accertamenti. 

Comincia 

ad  essere sorvegliato (di lui si trova scritto:  “iscritto 

alla 

FGSI…

di 

cattiva 

reputazione…

di 

intelligenza  sveglia”). 

suoi 

affittuari, 

che 

confermano 

agli 

agenti 

le 

cattive  compagnie 

anarchiche 

sovversive, 

lo 

mandano 

via 

dalla casa di via Borgo Pio. 

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133

Segretario regionale della Federazione

Al Tribunale di Avezzano si  trova una sentenza a carico di 

Secondino 

del 

1918, 

che 

gl’impone 

una 

ammenda 

di 

100  lire 

per 

aver 

lanciato 

pietre 

contro 

la 

baracca 

dei 

carabinieri di Pescina, che tratteneva  alcuni ragazzi per lo  più

renitenti alla leva. 

Prende 

parte 

alle 

proteste 

contro 

l'entrata 

in 

guerra  dell'Italia 

condivide 

la 

scelta 

socialista 

della 

pace 

(compiuta 

dal 

partito 

nel 

Manifesto 

internazionalista 

di  Zimmerwald) senza annessioni e indennità.

E’

giovane, 

ma 

già

personaggio 

di 

primo 

piano 

nella  Marsica: 

diventa 

segretario 

regionale 

della 

federazione 

lavoratori 

della 

terra 

(«a 

sua 

insaputa, 

una 

riunione 

dei  rappresentanti 

delle 

leghe 

lo 

nomina 

segretario 

dei 

contadini di tutto l’Abruzzo»).

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“L’Avanti”

Il 

salto 

verso 

il 

nazionale  avviene 

con 

tre 

articoli 

per 

«L'Avanti», in cui denuncia le  indebite 

appropriazioni 

dei 

fondi 

per 

la 

ricostruzione  destinati 

al 

suo 

paese 

da 

parte 

del 

Genio 

civile. 

Se 

i  primi 

due 

articoli 

vengono 

accolti, 

per 

il 

terzo 

scatta 

il  veto 

di 

“un 

autorevole 

avvocato socialista”. 

134

Nell’estate 

del 

1917 

Secondino 

è a 

Roma 

tra 

la 

gioventù socialista, 

schierata 

alla 

sinistra 

del 

PSI. 

Silone 

é dentro 

il 

partito 

ma 

é

già

“contro”, 

nel 

senso 

che 

fomenta 

l’ala 

più radicale 

appoggia 

le 

iniziative 

di 

opposizione 

proprie 

della 

FGSI. 

Nell’estate 

del 

1917 

Secondino 

è a 

Roma 

tra 

la 

gioventù socialista, 

schierata 

alla 

sinistra 

del 

PSI. 

Silone 

é dentro 

il 

partito 

ma 

é

già

“contro”, 

nel 

senso 

che 

fomenta 

l’ala 

più radicale 

appoggia 

le 

iniziative 

di 

opposizione 

proprie 

della 

FGSI. 

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135

Roma

Nel 

1919 

si 

trasferisce 

Roma, 

dove 

finisce  col 

diventare 

Segretario 

della 

federazione 

romana della Gioventù

Socialista. 

D’accordo  con 

compagni, 

assume 

posizioni 

sempre 

più

radicali 

circa 

la 

rivoluzione 

d’Ottobre, 

a  sostegno 

di 

Lenin 

Trotzkij. 

La 

rivoluzione 

russa 

ha   acceso 

in 

questi 

giovani 

un 

fuoco  di aspettative. 

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Soviet

Lenin 

pensa 

che 

l’Italia 

non 

é

pronta 

alla  rivoluzione. 

vertici 

del 

PSI 

si 

allineano. 

Ma 

i  giovani 

avviano 

una 

intensa 

corrispondenza  con 

il 

centro 

internazionale 

socialista  diretto a Zurigo da Willi Muenzenberg

continuano 

tifare 

per  la 

“Repubblica 

dei 

Soviet” e 

per 

la 

rivoluzione mondiale. 136

Riunione del Soviet di Pietrogrado, 1917Riunione del Soviet di Pietrogrado, 1917

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137

L’entusiasmo giovanileSecondino 

è preso 

da 

un 

entusiasmo 

fanatico‐religioso: 

«Nessun 

profeta 

di 

Dio  vide 

mai 

così

chiaramente 

come 

noi 

avevamo 

visto 

questa 

rivoluzione…

Mentre  altri fra noi aspetta la maturità

dei tempi. La 

gioventù

rossa 

prosegue 

cantando 

verso 

la  trincea. E porta dietro di sé, nella sua traccia  profonda, 

le 

speranze 

dell’umanità. 

porta 

con sé

la forza più

rude e più franca… È bella.  È

bella la fiamma che rischiara il cammino».

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138

“Fascinans et tremendum”Non 

sarebbe 

realistico 

fare 

una 

ricostruzione 

puramente 

ideale 

delle 

scelte  di 

Secondino. 

Neanche 

si 

può 

pensare 

decisioni 

non 

sofferte. 

La 

necessità

gli  eventi 

hanno 

avuto 

la 

loro 

parte, 

compreso 

il 

bisogno    di 

sopravvivere; 

di 

riuscire 

ad  essere 

qualcuno, 

di 

agire 

largo 

raggio, 

di 

sfuggire al carcere, di vivere in un ambiente  non così

soffocante come Pescina…

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“Terra, terra!”

Il 

trasferimento 

in 

città

«fu 

una 

specie 

di 

fuga, 

di  Uscita 

di 

Sicurezza, 

un 

“Terra!  Terra!”, 

la 

scoperta 

di 

un 

nuovo  continente”. 

Tuttavia 

non 

dovette  essere 

agevole 

sintonizzare 

con 

le  esigenze 

“scientifiche”

di 

una 

dottrina 

politica  minutamente codificata. 

139

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140

Superare la solitudine

“Mi 

rendevo 

conto 

che 

l’adesione 

al 

partito 

della 

rivoluzione 

proletaria 

non 

era 

da 

confondere 

con 

la  semplice iscrizione a un qualsiasi partito politico. Per  me, 

come 

per 

molti 

altri, 

era 

una 

conversione, 

un 

impegno 

integrale, 

che 

implicava 

un 

certo 

modo 

di  pensare 

un 

certo 

modo 

di 

vivere. 

Erano 

ancora 

tempi 

in 

cui 

il 

dichiararsi 

socialista 

comunista  equivaleva 

gettarsi 

allo 

sbaraglio, 

rompere 

con 

propri 

parenti 

e    amici, 

non 

trovare 

impiego. 

Le  conseguenze 

materiali 

furono, 

dunque, 

deleterie, 

le 

difficoltà

dell’adattamento 

spirituale 

non 

meno  dolorose. 

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Mondo  interiore Il 

proprio 

mondo 

interno, 

il 

“medioevo”

ereditato 

e  radicato 

nell’anima, 

da 

cui, 

in 

ultima 

analisi,  derivava 

lo 

stesso 

iniziale 

impulso della rivolta, 

ne 

fu  scosso 

fin 

nelle 

fondamenta, 

come 

da 

un  terremoto. 

141

Nell’intimo 

della 

coscienza 

tutto 

venne 

messo 

in 

discussione,  tutto 

diventò 

un 

problema…

Tuttavia 

sembrava 

facile 

sfidare 

pericoli non essendo più

solo nell’azione» (US)

Nell’intimo 

della 

coscienza 

tutto 

venne 

messo 

in 

discussione,  tutto 

diventò 

un 

problema…

Tuttavia 

sembrava 

facile 

sfidare 

pericoli non essendo più

solo nell’azione» (US)

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142

La fame?

Roma 

Secondino 

è

qualcuno 

che 

ha 

fatto 

il 

grande 

passo, 

che 

si 

lascia 

alle 

spalle 

le 

grettezze 

del 

paese,  ma 

non 

cessa 

di 

sentirsi 

solo, 

privato 

del 

suo 

mondo 

d’origine, 

in 

bilico 

tra 

l’ideale 

rivoluzionario, 

la  necessità

di sopravvivere e il richiamo di don Orione.

Non 

sempre 

riesce 

racimolare 

soldi 

per 

vivere 

e  conosce la fame. 

Vale la pena ricordare l’episodio noto come “Natale in  via 

Rusticucci”

(difficile 

definire 

la 

data,    anche 

se 

Silone dice “avevo circa vent’anni”). 

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143

Radicalismo politico

Già

redattore 

de 

“L’Avanti”, 

dirige 

“L'Avanguardia”, 

il 

settimanale dei giovani socialisti. 

Secondino 

incontra 

Antonio 

Gramsci 

Milano 

Torino.   La 

sera 

del 

21.VI.1919 

alla 

casa 

del 

popolo 

di  Roma, 

si 

svolge 

un 

comizio 

di 

sostegno 

alla 

rivoluzione russa, con l’appoggio di Turati e Zibordi.

Silone 

assume 

una 

posizione 

radicale, 

rifiutandosi 

di 

parlare 

insieme 

ai 

riformisti. 

Nel 

novembre 

dello  stesso 

anno 

entra 

come 

membro 

supplente 

nel 

comitato 

esecutivo 

della 

Gioventù

comunista  internazionale fondata da  poco a Berlino. 

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Antonio Gramsci (1891‐1937)

Politico, 

filosofo, 

critico  letterario 

contribuì

alla 

cultura marxista specie con il  concetto 

di 

egemonia 

culturale, secondo il 

quale 

le  classi 

dominanti 

impongono 

propri 

valori 

politici,  intellettuali 

morali 

per 

gestire il potere intorno a un  senso comune condiviso.

Tra 

fondatori 

del 

Partito  Comunista, 

fu 

incarcerato 

dal regime fascista nel 1926.

144

Nel 

1934, 

in 

seguito 

al 

deterioramento 

delle 

condizioni 

di 

salute, 

gli  venne 

concessa 

la 

libertà

condizionata 

fu 

ricoverato 

in 

clinica, 

dove 

passò gli ultimi due anni di vita.

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145

La spaccatura

Segno 

di 

difficoltà

è

l’episodio 

del 

VII 

congresso 

di 

Roma del 1919, quando gli viene affidato il compito di  organizzare 

la 

difesa 

militare 

clandestina 

dei 

giovani 

Silone, 

poco 

prima 

di 

intervenire 

al 

congresso, 

si  allontana per un improvviso malore, evitando così

di 

leggere quanto deciso dalla Federazione e cioè

l’invito  alla “diserzione obbligatoria delle file dell’esercito per  i giovani socialisti”.

Il 27 gennaio del 1921, al teatro San Marco di Livorno,  presente 

una 

forte 

delegazione 

da 

Mosca, 

Silone 

porta 

il 

saluto 

della 

Federazione 

giovanile 

bolla  l’unità

del 

partito 

come 

un 

“fantoccio”

da 

bruciare 

nelle piazze.  

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Nascita del PCd’I

146

Particolare prima tessera 

del partitoResti della facciata del  Teatro San Marco

Resti della facciata del  Teatro San Marco

Negli archivi del Comintern

di Mosca  si 

può 

visionare 

il 

mandato 

di  

“Agente 

per 

l’estero”

per 

conto  dell’Internazionale 

comunista: 

il 

documento 

dimostra 

che 

nel 

1921  Silone 

riferiva 

direttamente 

ai 

vertici 

moscoviti 

per 

le 

attività

di  propaganda politica.

Negli archivi del Comintern

di Mosca  si 

può 

visionare 

il 

mandato 

di  

“Agente 

per 

l’estero”

per 

conto  dell’Internazionale 

comunista: 

il 

documento 

dimostra 

che 

nel 

1921  Silone 

riferiva 

direttamente 

ai 

vertici 

moscoviti 

per 

le 

attività

di  propaganda politica.

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La spaccatura?

A Livorno si consuma   la spaccatura, dopo lo 

scontro 

aspro 

tra 

la  frazione 

rivoluzionaria  del 

PSI, 

guidata 

da  Bordiga,   e 

quella 

più

conciliante 

di 

Serrati  (contraria 

alla 

scissione,  incoraggiata 

dall’Internazionale).147

A. Bordiga, uno dei fondatori del Partito Comunista

Italiano, cui Silone fu molto vicino

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148

L’opzione comunista

Silone 

è dunque 

protagonista 

della 

fondazione 

del 

PCd’I

Quasi tutti i giovani socialisti aderiscono al nascente 

Partito comunista, cosa preparata in Italia e a Mosca  (“già

da 

tempo 

– ha 

scritto 

Silone 

esistevano 

due 

partiti”), ma il PSI regge e resta il primo partito della  classe operaia. 

L’obiettivo 

è di 

guidare    le 

masse 

proletarie 

verso 

la  rivoluzione, 

convinzione 

diffusa 

ampiamente 

attraverso 

la 

stampa 

la 

propaganda, 

nonostante 

le  riserve di Mosca.

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149

Obiettivo rivoluzione

La 

rapidità

della 

carriera 

costituisce 

un 

caso 

sé: 

da 

ragazzo 

che 

si 

dispera 

per 

non 

sapere 

come 

tirare 

a  campare, 

nel 

1919 

Secondino 

è

direttore 

di 

"Avanguardia", 

con 

un 

buon 

stipendio; 

nel 

1920 

entra  nel 

comitato 

centrale 

dell’Unione 

Socialista 

romana; 

nel 

1921 

é uno 

dei 

fondatori 

del 

PCI; 

nel 

1922 

viene  inviato 

Trieste 

come 

redattore 

del 

quotidiano 

“II 

Lavoratore”

diviene 

membro 

dell’Internazionale  giovanile., 

Per un ragazzo orfano, catapultato dalla provincia sullo  scenario 

internazionale, 

dovette 

essere 

lusinghiera 

la 

nomina 

al 

Comitato 

centrale 

della 

Federazione  giovanile, 

con 

Berti, 

Longo, 

Gorelli, 

Lambertini, 

Capitta.  

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150

Sospetti

Si 

può 

capire 

chi 

ha 

nutrito 

sospetti 

su 

una 

tale 

carriera: 

grazie 

ad 

essa 

Secondino 

ha 

trovato 

il 

suo  posto 

nella 

società, 

benché

la 

sua 

vita 

navighi 

nel 

disordine esistenziale. Del resto, tra i giovani non era  facile trovare una persona senza famiglia, intelligente,  disponibile 

spostarsi, 

trascurare 

gli 

studi, 

vivere 

“allo sbaraglio”

Restano 

delle 

zone 

d’ombra. 

Non 

dovettero 

mancare 

problemi 

di 

coscienza 

di 

perdita 

dell’identità, 

che  ponevano 

le 

basi 

del 

disagio 

che 

giungerà

maturazione più

tardi sotto forma di disagio psichico. 

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151

Berlino Est

Tra 

il 

1919 

il 

1922,  Secondino 

affronta 

frequenti 

viaggi 

Berlino,  dei 

quali 

si 

possono 

immaginare 

le 

scomodità, 

i  controlli, 

le 

difficoltà

della 

lingua. 

dovendo  attraversare 

Germania, 

Polonia, Danzica, Lituania e  Lettonia. 

Silone  conosce 

le 

personalistà

più

in 

vista 

del  comunismo 

internazionale, 

quali 

Karl 

Radek, 

Nikolaj  Bucharin, Zinov’ev

(di cui si 

diverte a fare caricature).

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152

Gli amici di Berlino

Berlino, 

con 

Gabriella, 

Silone 

incontra 

uomini 

controcorrente con i quali stabilisce rapporti di franca  amicizia.

«I 

miei 

primi 

viaggi 

all’estero 

ebbero 

come 

meta 

la  Germania. 

Berlino 

conobbi 

Alfred 

Kurella, 

Willy 

Muenzenberg, 

Otto 

Unger 

[Bork, 

comunista

di Amburgo, 

arrestato

nel

1937 

nelle

purghe

staliniane]…

In 

modo 

assai 

diverso 

uno 

dall’altro, 

erano 

giovani  dotati 

di 

straordinarie 

qualità

intellettuali 

organizzative…

Una 

franca 

amicizia 

si 

stabilì

con  Kurella». 

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153

Willi

Münzenberg

1889‐ 1940, 

capo 

della 

prima 

Internazionale 

giovanile  comunista 

della 

propaganda 

comunista 

in  Germania, poi deluso

dalle

purghe

staliniane

degli anni

Trenta.

Willi

Münzenberg

1889‐ 1940, 

capo 

della 

prima 

Internazionale 

giovanile  comunista 

della 

propaganda 

comunista 

in  Germania, poi deluso

dalle

purghe

staliniane

degli anni

Trenta.

Alfred 

Kurella

(1895  ‐

1975) 

scrittore

e  politico 

tedesco, 

nel

1918 

diviene

membro

del Partito

Comunista

tedesco

e,  dopo

l’incontro

con 

Lenin 

di

quello

sovietico. Svolge

attività

antinazista

nel 1954, 

tornato

nella

Germania 

dell’Est, 

diviene

guida

ideologica

del Partito

(SED).

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154

Il fascismo

Nel 

1923, 

col 

fascismo,  ricercato 

dalla 

polizia, 

Silone 

è

costretto 

ad 

espatriare 

e  diviene 

attivista 

clandestino, 

fuggendo attraverso l’Europa. 

L’attività

politica: 

«non 

mi 

lasciò 

più

tempo 

per 

leggere  opere 

letterarie. 

soli 

libri 

che 

ebbi 

per 

mano 

furono  storie 

trattati 

di 

economia, 

ma 

neanche 

quelli 

fini 

di  studio, 

bensì

d’immediata 

necessità, 

per 

compilare  articoletti 

di 

giornale, 

in 

cui 

l’avventatezza 

dei 

giudizi 

era  pari 

alla 

buona 

volontà»

(US).

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155

Silone

«Non è…

facile descrivere che  cosa 

fosse 

allora 

la 

coscienza 

politica 

della 

maggioranza 

di  noi; 

lo 

stesso 

termine 

di 

coscienza politica è

eccessivo,  per 

la 

prevalenza 

di 

elementi 

psicologici 

primitivi.  Eravamo 

semplicemente 

in 

rivolta 

contro 

tutto 

contro  tutti. 

Ciò 

che 

sublimava 

le 

tendenze  infantili 

nevrotiche 

della 

nostra  ribellione 

era 

l’immensa 

speranza  accesa 

dalla 

Rivoluzione russa»

(US, 803).

S. Tranquilli, Berlino, 1922

Tra il 1921 e il 1927, compie diverse missioni sia in Russia che in altri paesi europei.

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156

Il carcere?

Viene inviato in Spagna dal Komintern, in particolare 

da Willy Muenzenberg, dirigente tedesco  dell’Internazionale. A Barcellona collabora al giornale 

«La Batalla».  

La sua missione è di collegamento tra l’Internazionale 

e il comunismo spagnolo, ma quando viene arrestato a  Madrid, dice di voler stabilire relazioni commerciali 

ispano‐sovietiche, riuscendo ad evitare l’estradizione. 

Nel Carcer

Modelo

diviene amico di un professore che 

gli ottiene di lavorare nella biblioteca dormendo la  notte nell’infermeria e così, libero dalla pressione 

politica legge Dostoevskij.

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157

I fratelli Karamazov

«…Ebbi

l’immensa 

gioia 

di  leggere 

per 

la 

prima 

volta 

fratelli 

Karamazov 

L’idiota.  Non 

so 

dirvi 

quanto 

ne 

rimasi 

sconvolto 

rapito. 

Nessun’altra  opera 

letteraria 

mi 

ha 

fatto 

una 

tale 

impressione. 

Finii 

col  perdere 

ogni 

nozione 

di 

tempo 

di 

luogo. 

Effettivamente 

non  ero 

più

in 

carcere…

le 

anguste 

pareti 

della 

cella 

svanivano, 

ed  io 

mi 

ritrovavo 

migliaia 

di 

chilometri 

di 

lì, 

in 

un’atmosfera  che 

mi 

riempiva 

di 

un’ansietà

fino allora sconosciuta»

(US).

Il 

romanzo 

narra 

l'assassinio 

di  Fëdor, 

il 

processo 

nei 

confronti 

di 

Dmitrij, 

il 

figlio  primogenito. 

Ad 

un 

livello 

più

profondo 

è il 

conflitto 

morale  tra fede, dubbio, ragione e libero  arbitrio.“Le pareti della cella svanivano”“Le pareti della cella svanivano”

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158

Una suora

Il 

carcere 

è il 

time

out, 

la  possibilità

di 

recuperare 

il 

tempo per lo spirito, liberandosi  dal disagio nel partito

Nell’infermeria 

conosce 

una  suora 

giovane 

bella: 

«Si 

stabilisce 

tra 

loro 

una 

forte 

e  platonica 

amicizia, 

fatta 

di 

lunghi 

colloqui 

notturni, 

di  scambi 

di 

idee, 

di 

reciproche 

professioni 

di 

fede, 

ed 

è proprio  questa 

giovane 

suora, 

il 

cui 

ricordo 

accompagnerà

Silone  per 

tutta 

la 

vita, 

ad 

evitargli 

l’estradizione 

in 

Italia. 

Quando  il 

prigioniero 

arriva    a 

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In Francia

Non 

potendo 

restare 

lungo  in 

Spagna, 

Silone 

si 

rifugia 

Parigi, 

dove 

diviene 

redattore  de “La Riscossa”. 

Tra il 1923 e il 1924 lavora 

alla  pagina 

italiana 

dell’“Humanité”, 

quotidiano  del PC francese. 

«Non 

aveva 

il 

permesso 

di  soggiorno. 

Era 

indesiderato 

per 

motivi 

politici. 

Durante  una 

precedente 

puntata 

nella 

capitale francese, era già

stato  arrestato 

trattenuto 

qualche 

giorno…159

Silone 

temeva 

l’estradizione 

che  significava 

per 

lui 

essere 

consegnato 

alle 

patrie 

galere,  data 

la 

condanna 

dei 

tribunali 

fascisti 

che 

pendeva 

sul 

suo  capo. 

Dunque 

non 

doveva 

assolutamente farsi prendere. 

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160

Insicurezza totale

E in quell’insicurezza totale aspettava disposizioni dal 

Partito 

che 

tardavano, 

lasciandolo 

nel 

vuoto. 

Intanto  dormiva in albergucci

che costavano poco e non erano 

tanto pignoli sui documenti. 

Era 

inverno 

lui 

doveva 

vagare 

sino 

tardi 

nelle 

strade 

per 

presentarsi 

in 

albergo 

notte 

alta, 

quando  il custode era così

assonnato che rinviava all’indomani 

la 

registrazione 

del 

nuovo 

cliente. 

poi 

doveva  continuare 

sempre 

così, 

rientrare 

notte 

fonda 

uscire 

all’alba 

per 

non 

incappare 

nel 

titolare 

che  avrebbe 

preteso 

da 

lui 

il 

permesso 

di 

soggiorno. 

Finché

non 

l’aspettavano 

al 

varco 

e, 

privo 

com’era  della 

carta 

richiesta, 

doveva 

alla 

svelta 

scomparire 

cercarsi un altro alberguccio. 

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161

La biblioteca

Fu 

allora 

che 

scoprì

la 

biblioteca 

Sainte

Geneviève

dove 

s’introduceva 

appena 

apriva 

restava 

tutto 

il  giorno 

al 

caldo, 

al 

sicuro, 

uno 

sfilatino 

per 

colazione, 

quieto 

al 

tavolo 

di 

lettura 

fino 

all’ora 

della 

chiusura,  quando 

ricominciava 

le 

sue 

camminate 

per 

Parigi 

senza 

vedere 

niente, 

in 

fretta 

per 

combattere 

il  freddo, almanaccando sulla sua vita, 

sempre 

in 

attesa 

d’un 

messaggio 

che 

non 

arrivava 

mai, 

una 

“poste  restante”. 

che 

s’era 

risolta 

la 

sua 

vita 

di 

rivoluzionario? 

Ambire 

la 

notte 

poche 

ore 

di 

sonno  e, 

il 

giorno, 

rifugiarsi 

in 

biblioteca 

leggere 

libri»

(L.D’Eramo)

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162

Espluso

Tuttavia 

Silone 

Gabriella 

Parigi 

hanno   modo  di 

incontrare 

persone 

interessanti, 

compagni 

di 

partito,  anarchici, 

personaggi 

ambigui. 

Partecipano 

ad 

azioni 

di 

volantinaggio 

a  manifestazioni 

di 

lotta 

dei 

sindacati    francesi. 

Col 

compagno 

Vanni 

Buscemi, 

che 

lavora 

in 

un  ristorante, 

commentano 

con 

interesse 

giornali 

italiani

Il 21 aprile 1924 l’Avanti annuncia il provvedimento 

di 

espulsione 

dall’Italia 

di 

Secondino 

Tranquilli  “comunista, 

rappresentante 

commerciale 

dei 

Soviet in Spagna”. Viene espulso anche da Parigi.

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163

Con Gramsci

Il 

giorno 

dopo 

la 

condanna 

lo 

si 

ritrova    ad 

un 

meeting, 

nella 

sede 

dei 

sindacati 

in 

Rue 

Grange‐aux‐ Belles, con i capelli tinti biondo oro e un paio di baffi  finti che gli si staccano mentre parla, costringendolo a  tenerli fermi con la mano. 

Viene rinchiuso nel carcere della Santé. 

Resta a Parigi fino al 1925, quando viene richiamato in 

Italia 

dal 

Partito 

incaricato 

dell’Ufficio 

stampa 

e  propaganda, 

diretto 

da 

Gramsci. 

Diviene 

membro 

supplente dell’Ufficio politico del partito.

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164

Il fascino di Trotzkij e Lenin

Silone 

constatava 

la 

prossimità

dei 

metodi 

fascisti 

staliniani, 

accomunati 

dalla 

formula: 

“Il 

partito 

ha  sempre ragione”. 

viaggi 

Mosca 

furono 

decisivi 

nell’aiutarlo 

a  comprendere 

in 

quale 

altro 

totalitarismo 

fosse 

piombato. 

Vi 

si 

era 

recato 

la 

prima 

volta 

come  componente 

della 

delegazione 

italiana 

per 

il 

terzo 

congresso 

dell’Internazionale 

Comunista, 

nel 

giugno  del 1921. 

In 

condizioni 

di 

clandestinità

vi 

era 

tornato 

per 

vari  congressi, 

affascinato 

soprattutto 

da 

Trotzkij

da 

Lenin. 

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165

Cattedrale di San BasilioCattedrale di San BasilioCremlino

Teatro BolšojTeatro Bolšoj

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166

Lenin

«La prima volta che vidi Lenin a Mosca nel 1921, l’apoteosi era 

già

cominciata. 

Lenin 

viveva 

ormai 

tra 

il 

mito 

la 

realtà. 

Si  stavano 

svolgendo 

lavori 

del 

congresso 

della 

Terza 

Internazionale: 

Lenin 

partecipava 

soltanto 

ad 

alcune 

sedute,  così

come fa il Papa al Concilio. Ma quando entrava nella sala, 

nasceva 

un’atmosfera 

nuova, 

carica 

di 

elettricità. 

Era 

un  fenomeno 

fisico, 

quasi 

palpabile, 

si 

creava 

un 

contagio 

di 

entusiasmo, come in San Pietro quando dai fedeli intorno alla  sedia 

gestatoria 

si 

diffonde 

un’ondata 

di 

fervore 

fino 

agli 

orli 

della 

basilica. 

Eppure, 

vederlo, 

tu 

per 

tu, 

parlargli, 

altre  impressioni 

– i 

giudizi 

taglienti 

sprezzanti, 

la 

capacità

di 

sintesi, 

il 

tono 

perentorio 

delle 

decisioni 

prevalevano 

su  quella della suggestione mistica».

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167

Carisma e parzialità

Douglas Hyde

racconta: «Quando chiesi ad Ignazio 

Silone se avesse mai incontrato qualcuno dotato di  un 

temperamento 

come 

quello 

di 

don 

Orione, 

rispose senza esitare: “Soltanto un uomo: Lenin”»

Il “carisma”

di Lenin veniva attenuato dalla rigidità

assoluta 

dalla 

parzialità

dei 

suoi 

giudizi, 

dalla  incapacità

di comprendere le ragioni degli avversari 

dei 

rappresentanti 

di 

altri 

paesi. 

Tutto 

veniva  interpretato secondo l’ottica centralista sovietica.

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Douglas Hyde (1860‐1949)

Politico 

irlandese, 

primo  Presidente 

della 

Repubblica 

d'Irlanda 

dal 

1938 

al 

1945 

e  scrittore .

Ha 

fondato, 

insieme 

ad 

altri  poeti, 

scrittori 

intellettuali 

dell'epoca la "Gaelic

League",  organizzazione 

non‐politica 

impegnata 

nella 

lotta 

per 

la  rinascita 

dello 

spirito 

nazionale irlandese.

S’impegna perché

il popolo si 

riappropri 

delle 

tradizioni,  linguistiche 

letterarie 

e    di 

abbigliamento.168

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169

Nel Comitato centrale PCI

La promulgazione delle leggi speciali e la soppressione dei 

partiti (1926), obbliga Silone a continuare la clandestinità. 

In 

quell’anno, 

secondo 

la 

testimonianza 

del 

cugino 

Pomponio, 

Silone 

si 

reca 

Pescina

date 

le 

difficoltà

di  Romolo,  pensa 

di 

aiutarlo 

invitandolo 

seguirlo. 

Romolo 

però non se la sente, nonostante le simpatie rivoluzionarie

Intanto Togliatti assume la direzione del Centro estero del 

PCI 

in 

Francia 

con 

Grieco

Tasca, 

mentre 

Silone 

(che  lavora 

con 

Gabriella 

Seidenfeld, 

Alfonso 

Leonetti, 

Felice 

Platone    per 

l’Ufficio 

stampa 

propaganda) 

quella 

del  Centro Interno, con la segreteria di Camilla Ravera. 

La 

cooptazione 

nel 

Comitato 

centrale 

del 

PCd’I 

è del  marzo 1927.

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Fu 

tra 

fondatori, 

nel 

1921, 

del  Partito 

Comunista 

d'Italia 

partecipando  attivamente, 

come componente della fazione  capeggiata 

da 

Amedeo 

Bordiga, 

alla 

scissione 

di 

Livorno. 

Entrò  infatti 

nel 

primo 

Comitato 

Centrale  del 

PCd'I. 

Abbandonate, 

dopo 

qualche  anno, 

le 

posizioni 

di 

Bordiga, 

si 

schierò 

con 

Antonio 

Gramsci,  che 

gli 

affidò 

il 

compito 

di 

organizzare la sezione agraria e,  insieme 

Giuseppe 

Di 

Vittorio, 

fondò 

l'Associazione 

di 

difesa  dei 

contadini 

poveri.. 

Fu 

condannato 

durante 

il 

fascismo  a 

17 

anni 

di 

carcere.

170

Segretario 

Generale 

del 

PCd’I, 

si  costruì

il 

fronte 

antifascista 

seguendo 

le 

indicazioni 

dirette 

o  indirette 

di 

Antonio 

Gramsci, 

prigioniero 

in 

carcere. 

Morì

nel  1955.

Segretario 

Generale 

del 

PCd’I, 

si  costruì

il 

fronte 

antifascista 

seguendo 

le 

indicazioni 

dirette 

o  indirette 

di 

Antonio 

Gramsci, 

prigioniero 

in 

carcere. 

Morì

nel  1955.

Ruggiero Grieco (Foggia 1893‐1955)

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171

Avversari politici = traditori

«Ciò 

che 

mi 

colpì

nei 

comunisti 

russi, 

anche 

in  personalità

veramente 

eccezionali 

come 

Lenin 

Trotzkij, 

era 

l’assoluta 

incapacità

di 

discutere  lealmente 

le 

opinioni 

contrarie 

alle 

proprie. 

Il 

dissenziente, 

per 

il 

semplice 

fatto 

che 

osava  contraddire, 

era 

senz’altro 

un 

opportunista, 

se 

non 

addirittura un traditore e un venduto. Un avversario  in 

buona 

fede 

sembrava 

per 

comunisti 

russi 

inconcepibile…

È

stato 

giustamente 

già

affermato  che 

per 

ritrovare 

un’infatuazione 

analoga 

bisogna 

risalire agli analoghi processi inquisitoriali

contro gli  eretici. 

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Alexandra Kollontaj

Nel 

momento 

di 

lasciare 

Mosca,  nel 

1922, 

Alexandra 

Kollontaj

mi  disse scherzosamente: “Se  ti 

accadrà

di 

leggere 

sui 

giornali 

che 

Lenin 

mi 

ha  fatto 

arrestare 

perché

io 

ho 

rubato 

le 

posate  d’argento 

del 

Cremlino, 

vorrà

dire 

semplicemente  che 

su 

qualche 

problema 

della 

politica 

agricola 

o  industriale 

non 

sono 

pienamente  d’accordo 

con lui”. 172

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Kollontaj

(San 

Pietroburgo, 

1872‐Mosca, 

1952) 

è

una 

rivoluzionaria 

russa. 

Studia  economia e Marx

a Zurigo. Aderisce  al 

Partito 

socialdemocratico 

russo, 

è amica 

di 

Clara 

Zetkin

di 

Rosa 

Luxemburg, 

nella 

lotta 

femminsita,  anche 

per 

il    libero 

amore 

la 

liberazione sessuale. 

Costretta 

all'esilio, 

si 

stabilisce 

negli 

USA. 

Alla 

caduta 

dello 

zarismo, 

nel  1917, tornò in Russia

Prima 

donna 

al 

mondo 

ministro 

di  governo membro del Comitato centrale  del partito bolscevico, si batte contro  la 

statalizzazione 

dell'economia 

la 

burocratizzazione. 

Viene  allontanata come ambasciatrice.

173

Grazie 

lei, 

le 

donne  ottengono 

il 

diritto 

di 

voto, 

all'istruzione, 

all'assistenza  di 

maternità, 

un 

salario 

eguale, 

il 

divorzio 

e  l'aborto, 

abolito 

nel 

1936 

da 

Stalin e poi reintrodotto.

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174

Alexandra Kollontaj II

La 

Kollontaj

aveva 

acquistato 

in 

Occidente 

il 

suo 

senso 

dell’ironia 

ne 

faceva 

uso 

solo 

in 

conversazioni 

con 

gli  occidentali. 

“La 

libertà”

dovetti 

esemplificare 

“è

la 

possibilità

di 

dubitare, 

la 

possibilità

di 

sbagliare, 

la  possibilità

di cercare, di esperimentare, di dire di no a una 

qualsiasi 

autorità, 

letteraria 

artistica 

filosofica 

religiosa  sociale, e anche politica”. “Ma questa”

mormorò inorridita 

l’eminente 

funzionaria 

della 

vita 

culturale 

sovietica  “questa 

è la 

controrivoluzione”. 

Poi 

aggiunse, 

per 

prendersi 

una 

piccola 

rivincita: 

“Noi 

siamo 

felici 

di 

non  avere la vostra libertà, ma in cambio abbiamo i sanatori”… io 

fui 

talmente 

commosso 

dal 

suo 

candore, 

che 

non 

osai 

più

contraddirla. 

Non 

v’è

peggior 

schiavitù

di 

quella 

che  s’ignora». 

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175

L’emigrazione interiore

Le 

esperienze 

fatte 

in 

Italia 

all’estero, 

la 

fatica 

di 

reggere 

situazioni 

conflittuali 

spesso 

estenuanti  (molti comunisti caduti nelle mani della polizia nel  1927 subirono un crollo psicologico, si ammalarono  o 

finirono 

col 

collaborare), 

rapporti 

difficili 

con 

compagni, 

il 

disagio 

di 

fronte 

alle 

strategie 

del  partito, 

la 

sua 

stessa 

assuefazione 

a   metodi 

che 

non 

condivideva, 

la 

mancata 

pacificazione 

della  dimensione 

affettiva 

con 

Gabriella, 

gli 

fanno 

maturare quella che possiamo chiamare una lenta e  costante 

“emigrazione”

interiore 

dal 

partito, 

iniziata molto tempo prima del distacco effettivo.

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176

Il viaggio a Mosca del 1927

Il 

famoso 

episodio 

moscovita 

del 

1927 

è solo 

l’ultimo 

pesante anello di una catena divenuta insopportabile,  il 

colpo 

di 

grazia 

che 

conferma 

la 

necessità

dell’allontanamento. 

Nel 

maggio 

Silone 

si 

reca 

a  Mosca 

insieme 

Togliatti, 

che 

lo 

apprezza 

gli 

é

amico. 

Con 

lui 

si 

era 

incontrato 

Berlino 

per  partecipare 

ad 

una 

sessione 

straordinaria 

dell’esecutivo, 

allargata 

all’Internazionale 

comunista.  Agli 

occhi 

dei 

due 

comunisti 

è subito 

chiaro 

che 

con 

la 

scusa 

di 

organizzare 

la 

lotta 

contro 

l’imminente  guerra 

imperialistica, 

Mosca 

si 

mira 

“liquidare”

Trotzkij

e Zinoviev. 

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177

Mosca

Il modo in cui Stalin prevale su Trotzkij

é

il colpo 

decisivo 

che 

stronca 

ogni 

residua 

fiducia  nell’organizzazione 

del 

PCI. 

«I 

termini 

di 

traditore, 

rinnegato, 

venduto 

sono 

semplici  sinomini

di 

oppositore. 

La 

diffamazione 

è

graduata secondo la pericolosità

della vittima». 

Silone 

lascerà

definitivamente 

il 

Partito 

Comunista 

d'Italia 

nel 

1930 

tre 

anni 

dopo, 

come  ha 

raccontato 

dettagliatamente 

in 

Uscita 

di 

Sicurezza, senza che Togliatti lo abbia smentito.

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178

L’abbaglio del comunismo

In “Nota dell’autore”

di Vino e Pane,  Silone confiderà

«l’orrore e il disgusto 

per aver servito durante gli anni della  gioventù

un ideale rivoluzionario che 

nella sua forma staliniana si stava  rivelando, come allora lo definii, 

nient’altro che “fascismo rosso”»

(VP,  201).

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179

Un documento da firmare

«Alla 

prima 

seduta 

alla 

quale 

intervenimmo, 

avevamo 

l’impressione 

di 

essere 

arrivati 

troppo 

tardi. 

Si 

era 

in 

un  piccolo 

ufficio 

sede 

dell’Internazionale 

Comunista 

presiedeva 

il 

tedesco 

Ernst 

Thaelmann, 

che 

diede 

subito  lettura 

di 

un 

progetto 

di 

risoluzione 

contro 

Trotzkij

da 

presentare 

in 

seduta 

plenaria…

Al 

termine 

della 

lettura,  Thaelmann

ci 

chiese 

se 

fossimo 

d’accordo 

col 

progetto 

di 

risoluzione. 

Il 

finlandse

Otomar

Kuusinen…lo

trovò 

non  abbastanza 

violento…

Poiché

nessun 

altro 

chiese 

la 

parola, 

dopo 

essermi 

consultato 

con 

Togliatti, 

io 

mi 

scusai 

con 

i  presenti 

di 

essere 

arrivato 

in 

ritardo 

di 

non 

aver 

avuto 

la 

possibilità

di 

prendere 

visione 

del 

documento 

da 

giudicare.  “Veramente”

dichiarò 

candidamente 

Thaelmann

“neppure 

noi conosciamo quel documento”. 

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è

stato 

un 

politico, 

operaio 

e  attivista 

comunista 

tedesco. 

Segretario 

generale 

del 

KPD,  fu 

uno 

dei 

più

importanti 

capi 

del 

movimento 

operaio  tedesco 

degli 

anni 

'20 

'30. 

Thälmann

viene 

arrestato  dopo 

la 

presa 

di 

potere 

di 

Hitler 

poi 

ucciso 

con 

un  colpo 

alla 

nuca 

dagli 

uomini 

delle 

SS, 

nel 

1944, 

nel 

lager 

di  Buchenwald.

180

Monumento 

Thälmann, 

uno  dei 

principali 

animatori 

della 

lotta armata. Werdau

Ernst Thälmann(Amburgo, 1886– Buchenwald, 1944)

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181

Stalin interviene

A quella risposta fin troppo chiara, io preferii diffidare 

delle 

mie 

orecchie 

ripetei 

con 

altre 

parole 

la 

mia  obiezione.    “Può 

darsi 

benissimo”

dissi 

“che 

il 

documento 

di 

Trotzkij

sia 

condannabile, 

ma  evidentemente noi non lo possiamo condannare prima  di 

averlo 

letto”.    “Neppure 

noi…

abbiamo 

letto 

il 

documento, 

neppure 

la 

maggioranza 

dei 

delegati 

qui  presenti, 

eccetto 

delegati 

russi”…

finii 

col 

prendermela 

col 

traduttore. 

“È

impossibile”

dissi 

“che  Thaelmann

si 

sia 

espresso 

in 

codesti 

termini. 

Ti 

prego 

di 

ripetermi 

parola 

per 

parola 

la 

sua 

risposta”.    A  questo punto intervenne Stalin». 

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182

La politica sovietica in Cina

Stalin 

spiegò 

che 

il 

documento 

di 

Trotzkij

alludeva alla politica dello Stato sovietico in Cina.  In 

realtà

egli 

copriva 

dietro 

la 

ragione 

di 

Stato 

suoi 

errori. 

Infatti 

il 

documento, 

pubblicato 

più tardi dallo stesso Trotzkij

col titolo Problemi della 

rivoluzione 

cinese, 

era 

una 

“serrata 

requisitoria” alla 

politica 

di 

Stalin 

col 

suo 

deciso 

appoggio 

Chiang 

Kai‐shek

fino 

una 

settimana 

prima 

che  questi 

cacciasse 

comunisti 

facesse 

massacrare 

alcune decine di migliaia a Shanghai e a Wuhan. 

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Togliatti contro

«Thaelmann

mi 

chiese 

se 

quella 

spiegazione 

di 

Stalin 

mi 

sembrasse 

esauriente. 

“Non 

contesto 

il 

diritto 

dell’Ufficio  politico 

del 

Partito 

comunista 

russo 

di 

tenere 

segreto 

un 

qualsiasi 

documento”

dissi 

“Ma 

non 

capisco 

che 

altri  possano 

essere 

invitati 

condannare 

un 

documento 

sconosciuto”. L’indignazione contro 

di 

me 

Togliatti…

non  conobbe allora più

freni…

183

Luigi Longo e Palmiro  Togliatti votano 

durante l'VIII  Congresso (dicembre 

1956)

Luigi Longo e Palmiro  Togliatti votano 

durante l'VIII  Congresso (dicembre 

1956)

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“Piccoli  borghesi”

“È

inaudito”

strillava  Kuusinen

tutto 

rosso 

in 

viso 

“che 

qui, 

nella  cittadella 

della 

rivoluzione 

mondiale,  si 

debbano 

ancora 

ospitare 

simili 

piccolo‐ borghesi”. 

Egli 

pronunziava 

la 

parola  piccolo‐borghese 

con 

una 

espressione  comicissima 

di 

disprezzo 

e  ripugnanza. 

La 

sola 

persona 

rimasta 

calma  e 

imperturbabile 

era 

Stalin.

marzo 

1919 

MOSCA  nasce 

la 

Terza 

Internazionale  comunista

184

BrasileBrasile

PortogalloPortogallo ArgentinaArgentina

IrlandaIrlanda

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Otto Wilhelm  Kuusinen

(1881 –1964),

Rivoluzionario  e 

politico 

finlandese

sovietico, 

tra 

i  fondatori 

del 

Partito 

Comunista 

Finlandese, 

Partigiano 

durante 

la  seconda 

guerra 

mondiale, 

teorico 

del 

socialismo 

del 

comunismo,  diplomatico 

(protagonista 

del 

rapporto 

politico 

Finlandia‐URSS durante 

il 

secondo 

dopoguerra) 

critico 

letterario. 

Fino 

alla 

morte,  fece 

parte 

del 

Comitato 

centrale 

del PCS.Scrisse 

"I 

fondamentali 

del 

marxismo‐leninismo". Al Cremlino  la 

sua 

ideologia 

venne 

definita 

"liberale" 

appoggiata 

da  Chruščëv

che la usò contro Mao.

185

Il 

suo 

"Manuale 

del 

marxismo‐ leninismo" 

fu 

arricchito 

da 

Che 

Guevara. 

Nel 

1958 

fu 

eletto  all'unanimità

membro dell'Accademia 

Scientifica 

Sovietica. 

Le 

sue 

ceneri  sono al Cremlino.

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186

I “compagni italiani”

«I 

compagni 

italiani 

sono 

favorevoli 

al 

progetto?». 

La 

domanda che in via normale poteva essere puramente  retorica, incontra invece la testardaggine di Silone che  afferma: 

«Prima 

di 

prendere 

in 

considerazione 

un 

progetto 

di 

risoluzione, 

dovremmo 

conoscere 

il  documento 

che 

nella 

risoluzione 

viene 

condannato». 

Egli disse: “Se un solo delegato è contrario al progetto  di 

risoluzione, 

esso 

non 

dev’essere 

presentato”. 

Poi 

aggiunse: “Forse i compagni italiani non sono  bene al  corrente 

della 

nostra 

situazione 

interna. 

Propongo 

di 

rinviare 

la 

seduta 

domani 

di 

incaricare 

qualcuno  dei 

presenti 

di 

passare 

la 

serata 

con 

compagni 

italiani 

per 

spiegare 

essi 

la 

nostra 

situazione  interna»

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187

Questione di potere

Viene 

dato 

l’incarico 

un 

bulgaro 

che 

invita 

due 

malcapitati 

nella 

sua 

camera 

per 

un 

comunica  senza mezzi termini: «“Parliamoci chiaro…

Voi credete 

magari 

che 

io 

l’abbia 

letto 

quel 

documento? 

No, 

il  documento 

non 

l’ho 

letto. 

Devo 

dirvi 

l’intera 

verità? 

Quel 

documento 

neppure 

m’interessa. 

Devo 

dirvi 

di  più? 

Anche 

se 

Trotzkij

me 

ne 

mandasse 

qui, 

segretamente, 

una copia, 

mi 

rifiuterei 

di 

leggerlo. 

Cari  amici 

italiani, 

qui 

non 

si 

tratta 

di 

documenti. 

So 

bene 

che 

l’Italia 

è il 

paese 

classico 

delle 

accademie, 

ma 

qui  non 

siamo 

in 

un’accademia. 

Qui 

siamo 

in 

piena 

lotta 

per 

il 

potere 

tra 

due 

gruppi 

rivali 

del 

centro 

dirigente  russo. 

Con 

quale 

dei 

due 

gruppi 

vogliamo 

schierarci? 

Questa è la questione…

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188

Scegliere di appartenere

Io per conto mio ho già

scelto. Sono per il gruppo  di 

maggioranza”…

“Mi 

sono 

spiegato 

chiaramente?” egli 

chiese 

rivolgendosi 

direttamente 

me. 

“Certo”

risposi 

“assai  chiaramente”. 

“Ti 

ho 

persuaso?”

egli 

mi 

chiese. 

“No”

gli 

risposi. 

“Perché

no?”

egli 

volle 

sapere.  “Dovrei 

spiegarti”

gli 

dissi 

“perché

sono 

contro 

il 

fascismo”…

“Voi 

siete 

ancora 

troppo 

giovani”

egli  ci 

disse 

riaccompagnandoci 

alla 

porta. 

“Voi 

non 

avete ancora capito cosa sia la politica”»

(US)

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189

Il regno dell’arbitrio

Il 

giorno 

dopo 

Silone 

conferma 

la 

posizione 

italiana, 

esigendo 

di 

conoscere 

il 

documento, 

seguito 

da 

pochi  europei. 

Stalin 

ritira 

il 

progetto. 

Thaelmann

deduce 

che 

la 

politica 

dei 

comunisti 

italiani 

debba 

essere  sottoposta a un vaglio rigoroso.

Quando 

Zinoviev

viene 

impedito 

di 

entrare  nell’assise 

da    due 

agenti 

di 

polizia 

(con 

diversa 

versione 

ufficiale), 

Silone 

commenta: 

“Eravamo,  puramente e semplicemente, nel regno dell’arbitrio”.  

Togliatti suggerisce a Silone di scrivere una lettera per  spiegare 

la 

posizione 

italiana, 

ma 

Bukarin, 

che 

la 

riceve, 

li 

manda 

chiamare 

consiglia  amichevolmente 

di 

ritirarla 

per 

non 

peggiorare 

la 

situazione. 

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Grigory

Zinoviev

Grigory

Zinoviev

(Ucraina 1883  ‐

1936), 

nel 

1917, 

si 

oppose 

alla 

rivoluzione 

bolscevica,  giudicando 

(in 

contrasto 

con 

Lenin) 

immaturi 

tempi.  Ricercato 

dalla 

polizia 

si 

rifugiò 

Berlino 

poi 

Parigi. 

Nel   1903 incontrò Lenin in Svizzera. 

Espulso 

dal 

partito, 

venne 

però  riammesso; 

nel 

1919 

gli 

fu 

affidata  la 

presidenza 

dell'Internazionale.  Morto 

Lenin, 

Zinov'ev, 

assieme 

a  Kamenev, si alleò con Stalin per  estromettere 

Trotsky

dal 

potere. 

La 

troika

durò 

meno 

di  un 

anno, 

poi 

Stalin 

si 

rivolse 

contro i vecchi alleati. 190

Nel 

1936, 

nel 

corso 

del 

primo,  processo 

[1]

dell'era 

staliniana,  Zinov'ev, 

Kamenev

tutti 

gli 

altri 

imputati, 

prestigiosi 

esponenti 

della  vecchia 

guardia 

leninista, 

vennero 

condannati 

morte 

fucilati,  Zinov'ev

gli 

altri 

accusati 

furono 

riabilitati con la glasnost

di Gorbačëv,  nel 1988 

Nel 

1936, 

nel 

corso 

del 

primo,  processo 

[1]

dell'era 

staliniana,  Zinov'ev, 

Kamenev

tutti 

gli 

altri 

imputati, 

prestigiosi 

esponenti 

della  vecchia 

guardia 

leninista, 

vennero 

condannati 

morte 

fucilati,  Zinov'ev

gli 

altri 

accusati 

furono 

riabilitati con la glasnost

di Gorbačëv,  nel 1988 

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191

La firma

La 

“firma”

è

importante 

nella 

storia 

di 

Silone, 

trasfigurata 

nei 

romanzi, 

cominciare 

dalla 

madre 

di  Andrea Cipriani, che firma con la croce, per finire alle  firme 

false, 

quelle 

estorte 

Berardo, 

Luca, 

Venanzio... 

Anche 

papa 

Celestino 

V, 

richiesto 

di  firmare 

senza 

conoscere 

documenti 

le 

questioni 

discusse, non si arrenderà: «“Voi pensate per caso che  il 

papa 

debba 

firmare 

senza 

rendersi 

conto 

di 

che 

si 

tratta?”…

“Non 

sono 

in 

grado 

di 

pronunziarmi  secondo 

coscienza. 

In 

questa 

condizione 

nessun 

uomo 

onesto 

prenderebbe 

una    decisione; 

è una  regola che vale anche per il papa, no?”»

(APC).

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192

Condanna “unanime”

di Trotzskij

Stalin, 

contrariato 

dall’opposizione 

italiana, 

in 

realtà

ritira 

solo temporaneamente  il 

testo 

della 

condanna, 

aspettando  che 

le 

due 

presenze 

scomode 

si 

allontanino. 

Togliatti, 

che 

ha scritto su L’Unità”(6.1.59): “Aveva ragione Stalin, il quale  conosceva    meglio 

di 

noi 

quale 

stoffa 

di 

traditore 

fosse 

Trotzkij”, ha confermato che Stalin fu costretto a rimandare  di qualche tempo la condanna.

Silone 

di 

ritorno 

Berlino, 

leggerà

sui 

giornali 

che 

quel  testo è stato approvato all’unanimità, in sua assenza.  

Thaelmann

lo rimbrotta: «“Dovresti imparare dai comunisti  americani, 

ungheresi 

cecoslovacchi 

cosa 

significa 

disciplina 

comunista”. 

Queste 

cose 

erano 

dette 

senza 

il 

più lontano 

tono 

d’ironia, 

anzi 

con 

lugubre 

serietà, 

in 

tutto 

adeguata alla realtà

d’incubo cui si riferivano».

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193

Il Partito Comunista Vladimir Lenin

Fu solo nell’estate del 1931…

che ruppi definitivamente col  partito e venni di conseguenza “espulso”.

«Era 

quella 

la 

vera 

faccia 

del  comunismo? 

lavoratori 

che 

rischiavano 

la 

loro 

vita, 

quelli 

che  agonizzavano 

nelle 

carceri, 

erano 

al 

servizio 

di 

un 

simile 

ideale? 

La  nostra 

vita 

randagia 

solitaria 

pericolosa 

di 

stranieri 

in 

patria,  era 

per 

questo?…

Quella 

rapida 

degenerazione 

tirannica 

di 

una  delle 

grandi 

rivoluzioni 

della 

storia 

umana 

era 

forse 

implicita  nel principio stesso del socialismo  e della proprietà

statale?…

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194

Il prezzo della libertà dal partito

Come 

fu 

moralmente 

possibile, 

dopo 

l’ultimo 

soggiorno a Mosca, rimanere nel partito ancora così a 

lungo? 

È una 

domanda 

che 

mi 

sono 

posto 

seriamente 

altre 

volte. 

veri 

motivi 

non 

furono  ignobili…

in fin dei conti, se ora la libertà

m’è

cara, 

è perché so 

quel 

che 

ho 

sofferto 

per 

ricuperarla… Quell’ultimo 

viaggio 

Mosca 

m’aveva 

svelato 

l’estrema 

complessità

contraddittorietà

del  comunismo, 

di 

cui, 

in 

realtà, 

per 

esperienza 

personale 

conoscevo 

solo 

un 

settore, 

quello 

della  lotta clandestina contro il fascismo»

(US).

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195

Silone tra gli “ex”?

Il partito lo invitava a considerare le conseguenze e 

comportarsi come una persona “normale”. Rompere  comportava 

una 

reimpostazione 

pratica 

ed 

esistenziale di tutta la vita.

Silone 

è fra 

sei 

"ex" 

che 

hanno 

motivato 

l’abbandono 

del 

comunismo 

nel 

famoso 

libro 

"The  God

that

failed" 

(Il 

dio 

che 

è fallito, 

pubblicato 

in 

Italia 

nel 

1950, 

per 

tipi 

Comunità), 

insieme 

a:  Arthur 

Koestler

(nato 

Budapest, 

ma 

formatosi 

Vienna); 

Richard 

Wright 

(nato 

negli 

Stati 

Uniti,  negro, 

trasferitosi 

in 

Europa 

dopo 

il 

1945); 

André

Gide 

(scrittore 

francese); 

Louis 

Fischer 

(nato 

negli  Stati 

Uniti, 

combattente 

in 

Spagna 

dalla 

parte 

dei 

repubblicani); Stephen Spender (inglese).

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196

Lo Stato sovietico come dittatura

«Dopo 

la 

morte 

di 

Lenin 

apparve 

chiaro 

che 

lo 

Stato 

sovietico 

non sfuggiva  a quella che sembra la fatalità

di ogni dittatura: la  graduale 

restrizione 

della 

sfera 

di 

quelli 

che 

partecipano 

alla 

direzione 

al 

controllo 

del 

potere 

politico.   Il 

partito 

comunista  russo, 

che 

aveva 

soppresso 

tutti 

Partiti 

concorrenti 

abolito

ogni possibilità

di discussione di politica generale nelle assemblee  sovietiche, 

cadde 

esso 

stesso 

sotto 

un 

regime 

di 

eccezione: 

la 

volontà

politica 

dei 

suoi 

iscritti 

venne 

rapidamente 

sostituita 

da  quella 

dell’apparato. 

Da 

quel 

momento 

ogni 

divergenza 

di 

opinione 

nel 

gruppo 

dirigente 

era 

destinata 

concludersi 

con  l’annientamento 

fisico 

della 

minoranza 

da 

parte 

dello 

Stato. 

La 

rivoluzione 

che 

aveva 

annientato 

suoi 

nemici 

cominciò 

a  divorare 

suoi 

figli 

prediletti. 

Gli 

déi 

assetati 

non 

diedero 

più

tregua. 

La 

frase 

ottimistica 

di 

Marx

sul 

deperimento 

naturale  dello Stato socialista si rivelava una pia illusione».

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197

Il rovescio della medaglia I

«Mi 

aveva 

mostrato 

il 

rovescio 

della 

medaglia. 

Ecco 

dunque 

che 

il 

comunismo, 

sorto 

dalle 

più

profonde  contraddizioni della società

moderna, le riproduceva 

tutte 

nel 

suo 

seno, 

con 

esacerbata 

virulenza… militavano, 

sotto 

le 

sue 

bandiere, 

ribelli 

persecutori, 

eroi 

sicari, 

sfruttati 

sfruttatori;  giornalisti 

quali 

rischiavano 

la 

vita 

per 

rivendicare 

un’illimitata 

libertà

di 

stampa 

altri 

che 

scrivevano  l’apologia 

della 

censura 

della 

soppressione 

d’ogni 

stampa 

avversaria; 

imputati 

che 

invocavano 

le  garanzie 

giuridiche 

elementari 

di 

fronte 

ai 

tribunali 

speciali 

del 

fascismo 

giudici 

che 

rifiutavano 

agli  imputati 

ogni 

possibilità

di 

provare 

la 

propria 

innocenza;

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198

Il rovescio della medaglia II

organizzatori sindacali che promuovevano scioperi in 

difesa delle condizioni di vita dei lavoratori e altri che  giustificavano 

la 

soppressione 

legale 

del 

diritto 

di 

sciopero 

l’adozione 

del 

lavoro 

forzato 

in 

massa  come 

parte 

integrante 

del 

nuovo 

sistema 

economico; 

deputati 

che 

si 

battevano 

per 

il 

più

esteso 

pubblico  controllo 

su 

tutta 

l’azione 

di 

governo 

governanti 

assolutisti…

finché

nell’operaio 

di 

fabbrica 

nel  contadino 

francese, 

svizzero, 

italiano, 

ritrovavo 

quelle 

doti 

di 

generosità

franchezza 

solidarietà spregiudicatezza, che erano la genuina e tradizionale  risorsa 

del 

socialismo 

in 

lotta 

contro 

la 

decadenza 

la 

dissipazione 

borghese. 

Quale 

incubo 

irreale  m’appariva, 

nella 

ritrovata 

compagnia 

di 

questi 

comunisti, il ricordo degli episodi di Mosca».

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199

Riscrivere la storiografia

«La storiografia dell’Internazionale Comunista non 

è

facile, 

senza 

dubbio 

è

ancora 

prematura. 

Come  discernere 

il 

fatto 

l’essenziale 

nelle 

interminabili 

discussioni 

dei 

suoi 

congressi 

convegni? 

Quali  pagine 

abbandonare 

negli 

archivi 

alla 

critica 

dei 

topi 

quali 

raccomandare 

alle 

persone 

intelligenti   desiderose 

di 

conoscere? 

Non 

saprei 

dire…

In 

una 

discussione 

dell’Esecutivo 

si 

discuteva 

un 

giorno  l’ultimatum 

posto 

dalla 

giunta 

centrale 

delle 

Trade

Unions

inglesi 

alle 

sue 

sezioni 

locali 

di 

non 

aderire,  pena 

l’esclusione, 

al 

movimento 

minoritario 

diretto 

dai comunisti. 

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L’uovo di Colombo

Dopo 

che 

il 

rappresentante 

del 

Partito 

Comunista 

inglese 

ebbe 

esposto 

gravi 

inconvenienti 

del  dilemma 

perché, 

accettando, 

si 

andava 

verso 

lo 

scioglimento 

del 

movimento 

minoritario 

e,  rifiutando, 

verso 

l’uscita 

dei 

minoritari 

dalle 

Trade

Unions, 

il 

delegato 

russo 

Iatinskij

propose 

una  soluzione 

che 

lui 

pareva 

ovvia 

come 

l’uovo 

di 

Colombo.

“Le 

sezioni”

egli 

propose 

“dichiarino 

di 

sottomettersi 

alla 

disciplina 

richiesta 

poi, 

in  pratica, facciano perfettamente il contrario”.

200

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201

La risata clamorosa

Il 

comunista 

inglese 

lo 

interruppe: 

“Ma 

sarebbe 

una 

bugia”. 

Una 

risata 

clamorosa 

accolse 

l’ingenua  obiezione, 

una 

risata 

franca, 

cordiale, 

interminabile, 

di 

cui 

tetri 

uffici 

dell’Internazionale 

Comunista 

non  avevano 

certo 

mai 

udito 

l’eguale, 

una 

risata 

che 

si 

propagò 

rapidamente 

tutta 

Mosca, 

perché

la  spassosa 

incredibile 

risposta 

dell’inglese 

fu 

subito 

telefonata 

Stalin 

agli 

uffici 

più

importanti 

dello  Stato, 

provocando, 

ovunque 

arrivava, 

come 

più

tardi 

apprendemmo, 

nuove 

ondate 

di 

stupore 

ilarità. 

È molto 

importante 

per 

giudicare 

un 

regime, 

dissi 

Togliatti 

che 

si 

trovava 

con 

me, 

sapere 

di 

che 

cosa  ride».

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202

Rivoluzione?

“…

Ogni 

divergenza 

di  opinione 

nel 

gruppo 

dirigente 

era 

destinata 

concludersi  con 

l’annientamento 

fisico 

della minoranza da parte dello  Stato. 

La 

rivoluzione 

che 

aveva annientato i suoi nemici  cominciò a divorare i suoi figli  prediletti. 

Gli 

déi 

assetati 

non 

diedero 

più

tregua. 

La 

frase  ottimistica 

di 

Marx

sul 

deperimento 

naturale 

dello  Stato socialista si rivelava una  pia illusione» (US).

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203

Il colloquio con Togliatti

Nel 

1929, 

Mosca 

lancia 

un 

atto 

d'accusa 

contro 

comunisti 

italiani. 

Stalin 

non 

tollera 

critiche 

e  vuole 

un 

atto 

di 

sottomissione 

dal 

comitato 

centrale 

del 

PCI. 

Per 

ottenerlo, 

invia 

da 

Mosca  Ramele, dirigente del partito comunista tedesco. La  riunione è

fissata a Parigi. 

Alla 

vigilia 

dell'incontro, 

Togliatti 

va 

parlare 

con  Silone 

ad 

Airolo, 

in 

Svizzera, 

all'Hotel 

des

Alpes; 

il 

colloquio è

pacato e insieme carico di tensione. 

Togliatti 

vorrebbe 

trovare 

una 

via 

d'uscita 

che 

possa 

evitare 

al 

compagno 

la 

scomunica 

ufficiale,  ma constata che Silone non intende più

inchinarsi a 

Mosca ed é

indifferente ad ogni richiamo.

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204

Salvare il salvabile

Togliatti 

si 

congeda 

promettendo 

di 

consultare 

compagni  della direzione: se tutti rifiuteranno l'atto di  sottomissione, 

anche 

lui 

respingerà

le 

pretese 

sovietiche. E’

un'ipotesi poco credibile. 

Non 

manca 

chi 

si 

allinea 

Mosca 

Togliatti 

può 

aderire 

alle 

linee 

del 

Cremlino 

restando 

formalmente  fedele alla promessa fatta a Silone. 

Il 

leader 

comunista 

si 

preoccupa 

sinceramente 

del  destino di Silone per  evitargli la sorte di Pietro Tresso,  Alfonso 

Leonetti

Paolo 

Ravazzoli, 

tre 

ribelli 

del 

Comitato 

Centrale, 

che 

nella 

riunione 

di 

Parigi  avevano 

perseverato 

nell’opposizione 

ed 

erano 

stati 

espulsi dal partito. 

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Pietro Tresso

Alfonso Leonetti

(1895‐

1985) 

nel 

1924 

primo  direttore 

de 

L'Unità, 

fu 

espulso 

nel 

1930, 

per  aver 

sposato 

la 

linea 

"trockista" 

in  contrapposizione 

quella staliniana 205

Pietro Tresso

(1893‐1943) a  seguito 

della 

svolta 

stalinista 

del 

PCdI, 

fu  espulso 

dal 

partito 

in 

quanto 

trotzkista. 

Venne  assassinato 

in 

Francia 

da 

emissari di Stalin.

Paolo RavazzoliAlfonso Leonetti

Paolo 

Ravazzoli (1894‐1940) 

è stato 

un 

sindacalista   dissidente, 

espulso 

dal 

PCd’I 

per  l’opposizione 

alla 

politica  filo‐

staliniana.

Paolo 

Ravazzoli (1894‐1940) 

è stato 

un 

sindacalista   dissidente, 

espulso 

dal 

PCd’I 

per  l’opposizione 

alla 

politica  filo‐

staliniana.

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206

Sete di coerenza

Silone, che aveva avallato la condanna di Tasca con la 

sua 

firma, 

nel 

’30, 

in 

periodo 

di 

purghe 

staliniane  («quelli di noi che in sostanza eravamo d’accordo con  Angelo 

Tasca 

gli 

eravamo 

amici, 

commettemmo 

l’errore 

la 

viltà

di 

lasciarlo 

solo 

di 

condannarlo»),  non 

se 

la 

sentì

di 

sottoscrivere 

l’espulsione 

di 

Tresso, 

Ravazzoli

e Leonetti. 

Mosca 

non 

si 

fidavano 

insistevano 

per 

conoscere 

la sua posizione rifiutando la scusante della salute.

Togliatti 

dovette 

incontrarlo 

di 

nuovo 

Zurigo 

nella 

sede 

di 

“Soccorso 

rosso”

per 

rappresentargli 

quale  futuro 

sarebbe 

derivato 

dal 

suo 

non 

allineamento.

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Zurigo

207

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208

Impossibilità di conciliare

Nel 

colloquio 

con 

Togliatti 

Silone 

mantenne 

ancora 

una posizione flessibile, lasciandogli credere di averla  avuta vinta. Togliatti si mise alla macchina da scrivere  e redasse una breve dichiarazione di ‘fedeltà’

a Mosca, 

firmandola con il nome di Silone. Il dissidente in cuor  suo 

desiderava 

soltanto 

farla 

finita. 

La 

dichiarazione 

non 

fu 

che 

un 

ulteriore, 

inutile 

palliativo. 

Gli 

amici  non riuscivano a credere nella sottomissione.

Silone aggravò le cose scrivendo una lettera a Tresso,  Leonetti

Ravazzoli, 

tre 

espulsi, 

spiegando 

come 

erano 

andate 

le 

cose 

sostenendo 

di 

non 

voler 

più svolgere 

alcuna 

attività

politica 

attiva. 

Stralci 

di 

questa lettera cominciano a circolare. 

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209

Espellere gli “infedeli”

Il 

partito 

è sempre 

più

insofferente 

verso 

di 

lui: 

«La 

posizione 

di 

questo 

compagno 

deve 

essere  condannata 

nel 

modo 

più

energico 

come 

una 

posizione 

che 

porta 

alla 

liquidazione 

del 

Partito» (Lo Stato operaio)

Si 

conserva 

una 

nota 

del 

Gennaio 

1930, 

in 

cui  Togliatti 

si 

rallegra 

con 

Silone 

per    la 

riacquistata 

salute e lo invita a ricollegarsi al partito.

Era 

compito 

di 

Togliatti   espellere 

dal 

partito 

gli 

infedeli. 

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210

Evitare il taglio?

Eppure    Silone 

resta 

impigliato 

nella 

rete 

fino 

al 

1930, 

anche 

se 

il 

partito 

ha 

perso 

ai 

suoi 

occhi 

ogni 

credibilità.  Non 

trova 

la 

forza 

di 

lasciarlo 

si 

rifugia 

nei 

piccoli 

espedienti onde evitare lo scontro diretto. 

Vorrebbe 

sfuggire 

alle 

conseguenze 

della 

condanna, 

godere 

di 

certi 

privilegi 

(tra 

quali 

quello 

di 

girare 

il  mondo ricoprendo ruoli di una certa autorevolezza presso  le diverse sedi locali), continuare a frequentare i compagni  e 

non 

rinnegare 

la 

sua 

giovanile 

fiducia 

nella 

Russia 

rivoluzionaria…

D’altra 

parte 

é troppo 

intelligente 

per 

non 

vedere 

l’incongruenza tra sogno e realtà

e troppo insofferente per  riuscire a lungo a nascondere il suo rigetto. 

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211

L’obbligo di decidereMolte 

critiche 

di 

Silone 

erano 

state 

condivise 

da 

Togliatti, 

riguardo 

alla  esclusione di Trockij

e di Zinov’ev, ma i due 

avevano un diverso concetto della disciplina  di partito. 

Si 

può 

immaginare 

l’incubo 

vissuto 

da  Silone, 

oltretutto 

realmente 

malato: 

optare 

per 

il 

partito 

contro 

la 

coscienza 

per 

la  coscienza contro il partito. 

Non poteva più

conciliare doveva scegliere e  dunque scartare. 

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212

Pasquini, intellettuale rammollito

Gli 

fu 

data 

la 

possibilità

di 

affrontare 

una 

nuova 

delegazione, presieduta da R. Greco, in Svizzera. 

Il lento e sofferto distacco si concluse nel luglio del 1931, con 

il 

provvedimento 

di 

espulsione, 

deliberata 

all’unanimità

da  una 

commissione 

riunita 

Basilea 

per 

giudicare 

azioni 

“gravi”

“inaccettabili”

commesse 

dall’imputato: 

«Nelle 

file  del nostro partito non vi è

posto per l’opportunismo vile dei 

“tre”

, né

per gli intellettuali rammolliti come Pasquini». 

Fu 

un 

taglio 

“una 

volta 

per 

sempre”, 

lancinante 

provvidenziale.. 

Per 

Silone: 

“Nella 

sentenza 

di 

espulsione  che ne seguì, dopo una ricapitolazione ad usum

delphini

dei 

precedenti 

episodi 

da 

me 

ricordati, 

si 

poteva 

leggere:  “avendo egli stesso ammesso di essere un anormale politico,  un caso clinico, ecc.».

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213

Palmiro Togliatti

Palmiro Togliatti

«Avrei 

potuto 

difendermi.  Avrei 

potuto 

provare 

la 

mia 

buona 

fede. 

Avrei 

potuto  dimostrare 

la 

mia 

non 

appartenenza 

alla 

frazione  Trotzkijsta…

Avrei potuto; ma 

non 

volli…

Era 

meglio 

finirla  una 

volta 

per 

sempre. 

Non 

dovevo 

lasciarmi 

sfuggire  quella 

nuova, 

provvidenziale 

occasione, 

quell’

“Uscita 

di  Sicurezza”. 

Non 

aveva 

più

senso 

star 

litigare. 

Era  finita. Grazie a Dio» (US).

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214

“Spezzare le reni” ai dissidenti

Togliatti 

gli 

divenne 

nemico 

lo 

inserì

nella 

lista 

nera. 

Silone a modo suo aveva mostrato fedeltà, anche quando i  dirigenti 

dell’Internazionale 

lo 

avevano 

spinto 

ad 

opporglisi

(perché

ritenuto 

troppo 

compromesso 

col  gruppo 

di 

Bukarin).    Togliatti 

però 

non 

gli 

risparmiò 

colpi. 

Riconobbe 

che 

la 

ricostruzione 

di 

Silone 

era  sostanzialmente 

conforme 

al 

vero, 

ma 

considerò 

errata 

l’interepretazione

dei fatti. Ormai Silone era l’

“intellettuale  rammollito”, un “rinnegato”, un “caso clinico”.

La D’Eramo

ricorda che nel mensile dei comunisti in esilio  “Lo Stato operaio”

in Un caso di malavita politica, ( maggio 

1931), 

Pasquini

veniva 

condannato 

perché

aveva 

tramato  con Tresso, Ravazzoli

e Leonetti

contro il PCI. Si leggeva: 

“Il partito ha spezzato le reni ai tre”.

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215

La spartizione manichea

Non 

era 

facile 

per 

Silone 

condividere 

gli  atteggiamenti 

diffamatori 

così

frequenti 

nella 

spartizione 

manichea

del 

mondo 

in  amici e nemici:

«Quella 

manìa, 

per 

così

dire 

ci 

veniva 

allora  rafforzata 

dalle 

prime 

letture 

degli 

scritti 

di 

Trotzkij

e di Lenin, zeppe d’improperi contro  i 

rinnegati, 

traditori, 

venduti 

che 

dissentivano da loro: erano i nostri modelli».

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216

Fuggito o espulso?

Più

oltre negli anni, nel 1950, su “L’Unità”

apparve l’articolo di 

Togliatti 

dal 

titolo 

patente 

“Contributo 

alla 

psicologia 

di 

un  rinnegato”. 

Altrove 

lo 

chiama: 

“Ciarlatanesco 

campione 

del 

doppio gioco”

Togliatti ha tenuto a precisare che non fu Silone ad uscire dal 

partito ma ne fu espulso. Silone ha risposto con un’intervista   in cui commenta: 

«Togliatti ha ragione, ma dal Partito Comunista si è sempre  espulsi “per motivi infamanti”, non se ne esce mai per dissensi, 

come dal partito liberale o da altri partiti. L’eroe di ieri diventa  il rinnegato di oggi». 

Per 

Silone 

é

Togliatti 

che 

tradisce 

il 

partito 

con 

la 

sua  “sottomissione cadaverica”

a Mosca.

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217

Cosa non gli fu perdonato

Silone cadde in disgrazia dei suoi ex compagni via 

via 

sempre 

più

decisi 

nell’accusarlo 

di 

aver 

detto  di Stalin quello che poi il PCUS stesso riconoscerà

nel 

’56 

al 

XX 

congresso, 

d’aver 

scritto 

Uscita 

di  Sicurezza, di aver rivendicato l’autonomia rispetto  all’URSS e agli USA nel ’42 con il varo dei 13 punti  del 

Terzo 

fronte, 

difendendo 

la 

via 

indipendente 

al socialismo che soltanto trent’anni dopo sarebbe  stata 

fatta 

propria 

dai 

partiti 

occidentali, 

di 

aver 

diffidato del socialismo paternalista e statalista. 

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218

Silone anni Trenta

«Oggi 

mi 

accorgo 

che 

non 

solo  l’uscita dal partito comunista verso  le 

regioni 

le 

ragioni 

della 

libertà

fu    un’uscita 

di 

sicurezza, 

ma 

che  anche 

il    mio 

primo 

impegno 

comunista fu anch’esso un’uscita di  sicurezza 

da 

questi 

problemi 

che 

sono 

soli 

che 

interessino  radicalmente, 

totalmente, 

gli 

uomini…

Ho 

una    certezza  irrazionale, 

quasi 

magica, 

un 

sentimento se vuole chiamarlo così:  che 

la 

vita 

non 

sia 

assurda, 

che 

la 

vita 

serva, 

debba 

servire 

a  qualcosa”.

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Bruciare il totem

La 

data 

dell’espulsone 

non 

è la 

stessa 

del distacco dal partito, se si pensa alla  rivoluzione 

segreta 

nell’intelligenza 

nell’anima. 

Molte 

volte 

Silone 

si 

era 

chiesto:  

«Quale differenza c'è

fra la dittatura di  Mussolini 

il 

regime 

sovietico?»

Era 

persino 

giunto 

bruciare 

“la 

baracca  del totem”

ossia il Mausoleo di Lenin.

Se 

nel 

1924 

poté

scrivere 

Gabriella 

di  essere “rinato”

con lei dopo essere stato 

“disseccato”, vuol dire che già

avvertiva  lo 

stridore 

tra 

la 

sua 

vita 

politica 

il 

mondo 

interiore 

che 

Gabriella 

aveva  risuscitato.

Silone 

si 

rammaricherà

“d’aver 

perso  tempo”.

219

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220

Comunismo e senso della vita

Spiega in questi termini: 

«La 

mia 

permanenza 

nel 

movimento 

comunista 

non 

è dovuta 

al 

caso, 

non 

è dovuta 

calcoli 

di 

ordine 

alimentare. 

Se 

vi 

sono 

ancora, 

dopo 

la 

crisi 

del 

1930,  vuol dire che, malgrado tutto, malgrado le simpatie e  le 

antipatie 

personali, 

malgrado 

le 

oscillazioni, 

le 

incomprensioni 

l’insufficiente 

educazione  internazionale, 

la 

mia 

permanenza 

nel 

movimento 

comunista non potrà

essere di più

breve durata della  mia 

permanenza 

fra 

gli 

uomini, 

perché

all’infuori 

della 

lotta 

per 

il 

comunismo 

non 

vedrei 

più

altra  giustificazione per continuare a vivere».

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Ideali e necessità

L’aspirazione alla giustizia, si traduce in una adesione  totale 

agli 

ideali 

di 

libertà

giustizia 

da 

attuare, 

con 

modalità

diverse, 

attraverso 

la 

Lega, 

il 

PCI, 

il 

PSI, 

il  Movimento per la Libertà

della cultura. 

«A 

un 

certo 

punto 

restare 

nel 

PCI 

è stato 

per 

lui 

una  necessità

assoluta, 

alla 

quale 

s’aggrappava 

anche 

con 

le astuzie, tenendo a bada questo, parando quest’altro,  prendendo 

contatti 

con 

quelli 

di    fuori, 

negandoli, 

pur 

di restare coi compagni.

221

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222

Il parere di luce D’Eramo

Ed 

erano 

effettivamente, 

per 

lui 

per 

tutti, 

dei 

tatticismi, 

delle 

astuzie 

di 

settimo 

grado, 

per 

cui 

alla  fine diventava più

riposante l’ubbidienza, la disciplina di 

partito, 

che 

non 

il 

voler 

modificare 

qualcosa. 

Oppure  era 

preferibile 

non 

fare 

politica. 

farla 

in 

un 

altro 

modo…

(Silone) 

ha 

mostrato 

come 

buoni 

cattivi 

non  fossero 

quegli 

uomini 

che 

s’accusavano 

si 

sorvegliavano a vicenda, ma come i loro comportamenti  derivassero 

dalla 

tortuosità

dei 

rapporti 

reciproci 

cui 

li induceva la necessità

organizzativa, cioè

l’apparato di  Partito…

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223

Habeas animam

Dal 

rimpianto 

dei 

compagni 

dalla 

pena  d’essersi 

dovuto 

separare 

da 

loro, 

Silone 

è

approdato 

alla 

critica 

delle 

istituzioni,  sovrapponendo

all’Habeas

corpus

il 

suo 

Habeas

animam»

(Luce D’Eramo)

Il riferimento all’Habeas

corpus 

Act

inglese (1679) 

serve 

per 

affermare 

il 

diritto 

della 

persona 

a  seguire la coscienza, a rispettare la sua anima. 

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Tempo per l’anima

224

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225

Che rimane?

«Che mi rimane della mia lunga e triste avventura?

si è

chiesto Silone ‐

Una segreta affezione per alcuni  uomini 

che 

vi 

ho 

conosciuti, 

il 

gusto 

di 

cenere 

di 

una 

gioventù

sciupata. 

La 

colpa 

iniziale 

fu  certamente 

mia, 

nel 

pretendere 

dall'azione 

politica 

qualcosa che essa non può dare. Anche la rivolta per  impulso 

di 

libertà

può 

dunque 

essere 

una 

trappola, 

mai 

peggiore 

però 

della 

rassegnazione. 

Ogni 

volta  che ripenso a questa disgrazia a mente serena sento  risalire 

dal 

fondo 

dell'anima 

l'amarezza 

di 

un'infelicità

a cui mi era impossibile sfuggire». 

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Libertà riconquistata?

Anche se è

solo, malato  e povero, può navigare 

a vele spiegate, senza  quel macigno 

insostenibile che gli ha  bruciato la giovinezza. 

D’ora in poi potrà continuare ad 

impegnarsi senza  sovraccaricare di attese 

il partito, senza farne  una fede ideologica, 

senza confondere  Chiesa e Partito.  226

“Socialista senza partito e cristiano senza

Chiesa”.

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227

Una tragedia  annunciata

Tra 

il 

1927 

il 

1931 

si  compie 

la 

tragedia 

annunciata: 

il 

fratello 

più giovane 

di 

anni, 

Romolo, 

ultimo 

superstite, 

viene  arrestato 

con 

l'accusa 

di 

essere  uno 

degli 

organizzatori 

di 

un 

grave  attentato a Milano. Romolo  morirà

in 

carcere 

nel 

1932. 

Secondino 

il 

quale 

avverte  più

fortemente 

il 

bisogno 

di 

dare 

una 

sterzata 

alla  sua vita 

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228

La crisi di Silone

La 

vicenda 

di 

Romolo 

influenzò 

il 

comportamento 

di 

Silone 

in 

particolare 

col  PCI, 

aggiungendo 

buone 

ragioni 

al 

suo 

rimanervi 

dentro 

poi, 

con 

la 

catastrofe, 

a  distaccarsene. 

L’espulsione, la salute cagionevole, le difficoltà con 

Gabriella, 

la 

morte 

di 

Romolo 

furono 

ingredienti 

di 

un 

abbattimento 

profondo, 

di  una crisi che coinvolgeva le ragioni dell’anima.  Silone 

fino 

alla 

fine 

visse 

col 

ricordo 

del 

“sapore di cenere”

che aveva il suo passato. 

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229

Silone«…Credevo

di 

non 

aver 

più

molto 

da 

vivere 

allora mi misi a scrivere un racconto al quale  posi 

il 

nome 

di 

Fontamara. 

Mi 

fabbricai 

da 

me 

un 

villaggio, 

col 

materiale 

degli 

amari  ricordi 

dell’immaginazione, 

ed 

io 

stesso 

cominciai a viverci dentro» (US).Dal 

1932 

fonda 

la 

rivista 

“Information”

(tedesca) 

nel 

1936 

“Le 

Nuove 

Edizioni 

di  Capolago”.

Nel 

1977 

è

stata 

prodotta 

una 

versione 

cinematografica 

di  Fontamara

con 

Michele 

Placido 

come 

attore 

protagonista 

Carlo 

Lizzani

come regista.

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Silone inedito

G. Napoleone nelle sale dell’archivio di Stato russo di storia politico-sociale ha trovato documenti inediti*, secondo i quali Silone aveva scritto in precedenza Fontamara (pubblicata poi a Zurigo nel ‘33) con un tono più adatto all’impostazione marxista. “Potresti tu… fare accettare il mio romanzo da una casa editrice russa?...Il soggetto…è rivoluzionario” La lettera (3.VII.1930) è indirizzata a Giovanni Germanetto*, rappresentante del Soccorso Operaio a Mosca, dove sono conservati i documenti originali**.

“Ho scritto un romanzo…Ora lo sto correggendo per capirlo bene, penso che bisogna essere meridionale e perdipiù abruzzese””. Probabilmente lo ha scritto entro la metà del ’29.

Il documento non è tra quelli rientrati in Italia dal 1961, sotto la direzione di Togliatti per il 40ennale del PCI: il partito non aveva interesse a dare risalto ad un “nemico” e Silone rinnegava questa versione.

“Questo 

romanzo 

è dedicato 

ai 

militanti 

comunisti, 

operai 

intellettuali  dell’Italia settentrionale, finora condannati dal  Tribunale speciale

per esersi

recati nel mezzogiorno a compiere opera di risveglio e di organizzazione dei  contadini poveri”.

“Questo 

romanzo 

è dedicato 

ai 

militanti 

comunisti, 

operai 

intellettuali  dell’Italia settentrionale, finora condannati dal  Tribunale speciale

per esersi

recati nel mezzogiorno a compiere opera di risveglio e di organizzazione dei  contadini poveri”.

Relatore
Note di presentazione
* Cf “Panorama”, 18.VIII.2011. ** Germanetto era membro del Comintern e del Soccorso operaio. Aveva pubblicato il romanzo proletario “Le memorie d’un barbiere”. Era inoltre amico di Barbara, sorela di gabriella Seidenfeld (colei che stava ricopiando il romanzo).
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231

Silone scrittore

Già

nel 

1929, 

Davos, 

Silone 

comincia 

scrivere 

le 

prime 

pagine, 

in 

cerca 

della 

sua 

vita 

d’uscita. 

Non 

è più un  clandestino, costretto a spostarsi continuamente e varcare  le frontiere, senza libri, senza tempo per scrivere a proprio  gusto. 

Fino 

ad 

allora 

Silone 

non 

ha 

scritto 

romanzi 

racconti  brevi 

(come 

altri 

avevano 

fatto 

per 

“Lo 

Stato 

Operaio”). 

Aveva amato Dostojewski

e Tolstoj, il Marx

del 18 Brumaio,  ma nessuno lo vedeva scrittore. 

l 18 brumaio anno VIII (il 9 novembre 1799 secondo il  calendario gregoriano) con un colpo di stato Napoleone 

Bonaparte rovesciò il Direttorio e s'impadronì

del potere in  Francia. Tale evento, che costituì

la premessa alla fondazione 

dell'Impero, è noto anche tout court

come "Brumaio".

l 18 brumaio anno VIII (il 9 novembre 1799 secondo il  calendario gregoriano) con un colpo di stato Napoleone 

Bonaparte rovesciò il Direttorio e s'impadronì

del potere in  Francia. Tale evento, che costituì

la premessa alla fondazione 

dell'Impero, è noto anche tout court

come "Brumaio".

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Comunicare con la  penna

A L. D’Eramo

dirà: «Avevo  trent’anni 

quando 

ho 

scritto 

Fontamara. 

Molti  cominciano a quell’età, ma  per 

me 

era 

un’età

matura 

poiché

ero stato precoce in  tutto. 

Avevo 

già

una 

dozzina 

d’anni 

di 

lotta  politica alle spalle». 

232

Vuole 

comunicare 

con 

la 

penna 

ciò 

che 

non 

gli 

riesce  direttamente, 

provando 

ripercorrere 

la 

sua 

vita 

dalla 

storia 

dei 

cafoni 

alla 

morte 

del 

fratello 

alla 

complessa  situazione socio‐politica, in una specie di catarsi letteraria. 

Vuole 

comunicare 

con 

la 

penna 

ciò 

che 

non 

gli 

riesce  direttamente, 

provando 

ripercorrere 

la 

sua 

vita 

dalla 

storia 

dei 

cafoni 

alla 

morte 

del 

fratello 

alla 

complessa  situazione socio‐politica, in una specie di catarsi letteraria. 

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Cambio di rotta

233

Non si sente affatto uno scrittore di professione e non sa se il suo lavoro troverà udienza.

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234

Tornare tra i suoi

Gli 

piace 

vivere 

mentalmente 

nell’ambiente 

in 

cui 

è nato:

«Se devo morire – dice a se stesso ‐

voglio farlo fra  la mia gente»; 

«Scrissi affannosamente, con ansia febbrile, in modo da  rappresentare, 

per 

quanto 

fossi 

in 

grado 

di 

fare, 

questo 

piccolo 

paese 

di 

Fontamara, 

che 

doveva 

contenere 

la  quintessenza 

della 

mia 

indole 

della 

mia 

patria 

che 

doveva permettermi almeno di  morire tra i miei».

«Scrissi affannosamente, con ansia febbrile, in modo da  rappresentare, 

per 

quanto 

fossi 

in 

grado 

di 

fare, 

questo 

piccolo 

paese 

di 

Fontamara, 

che 

doveva 

contenere 

la  quintessenza 

della 

mia 

indole 

della 

mia 

patria 

che 

doveva permettermi almeno di  morire tra i miei».

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235

La molla della solitudine

«Mi 

trovavo 

in 

una 

situazione 

di 

estrema 

solitudine, 

senza 

denaro, 

senza 

passaporto 

(quello 

di 

cui  disponevo 

era 

falso 

non 

italiano), 

senza 

amici. 

In 

quelle 

condizioni 

cominciai 

scrivere 

Fontamara.  Non mi illudevo sulla possibilità

di stamparlo, non ero 

neanche 

sicuro 

di 

poterlo 

terminare. 

Scrivere 

era 

per  me un bisogno, un 

modo di 

conversare e di ricordare: 

risuscitare in me i ricordi della mia gente, condividere  la 

comune 

pena. 

ricordi 

della 

infanzia 

dell’adolescenza erano la mia sola forza, poiché

in essi  era 

la 

riserva 

morale 

direi 

anche 

religiosa 

con 

la 

quale 

affrontare 

le 

avversità

della 

vita. 

Poi 

la 

vita  stessa 

ebbe 

il 

sopravvento 

potei 

terminare 

il 

manoscritto».

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Fontamara

«I 

fatti 

che 

io 

racconto 

non 

si 

svolgono 

Pescina, 

ma 

in  un 

piccolo 

villaggio 

della 

conca 

del 

Fucino 

al 

quale 

do  il 

nome 

di 

Fontamara, 

ma 

che non esiste.

Se 

avessi 

situato 

l’azione 

in 

un 

villaggio 

reale 

avrei  incontrato 

molte 

difficoltà: 

delle 

persone 

vive 

si  sarebbero 

riconosciute 

sotto 

la maschera dei personaggi e  delle 

circostanze 

sembrerebbero fantastiche.236

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237

Lettera a GabriellaCiò non toglie che tuta la vicenda di Fontamara

sia 

veristica…

Fontamara

è

ancora 

nella 

fase 

di  elaborazione: vi sono alcuni capitoli così

vivi che 

io 

parlo 

con 

essi. 

Credo 

che 

essi 

siano 

primi  contadini di carne ed ossa che appariscono nella  letteratura 

italiana. 

Non 

ho 

mai 

provato 

nello 

scrivere, ciò che ora provo. Delle notti mi sveglio  all’improvviso 

devo 

alzarmi 

per 

prendere 

appunti. 

Altre 

volte 

sono 

in 

giardino 

corro 

in  camera 

per 

modificare 

un 

passaggio 

di 

un 

capitolo. 

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238

Il tempo di produrre

Ti avevo detto altre volte che il tempo per produrre per 

me 

non 

era 

ancora 

arrivato 

che 

io 

mi 

consideravo  sempre nel periodo della preparazione. Ora credo che il  tempo di produrre è giunto. Qualcosa di nuovo è in me.  Non mi preoccupo affatto del giudizio che sarà

dato di 

Fontamara. 

Non 

sono 

mai 

stato 

così

sicuro 

di 

me  stesso. 

Sono 

certo 

che 

sarà

come 

un 

mattone 

nello 

stomaco 

della 

borghesia 

meridionale 

italiana. 

Questa  ripresa 

delle 

mie 

facoltà

intellettuali 

ha 

un 

benefico 

effetto 

anche 

sul 

fisico. 

Le 

persone 

che 

mi 

avvicinano  dicono 

che 

ho 

un 

aspetto 

molto 

florido. 

Ti 

abbraccio. 

Tuo marito».

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Gaetano Salvemini (Molfetta, 1873–

Sorrento 1957,) storico, politico e antifascista

Quando 

Silone 

invia 

una  copia 

del 

manoscritto 

Gaetano 

Salvemini, 

riceve  una 

risposta 

sconfortante: 

«Penso 

che 

Fontamara

non  possa 

interessare 

nessuno 

all’infuori 

di 

me 

che 

sono,  come 

te, 

meridionale. 

Con 

tanti 

guai 

che 

ci 

sono 

nel  mondo 

chi 

vuoi 

che 

si 

interessi a quelli di un piccolo  paese del Sud dell’Italia?».

239

Gaetano Salvemini

«

Noi 

non 

possiamo 

essere 

imparziali. 

Possiamo  essere 

soltanto 

intellettualmente 

onesti…

L’imparzialità

è

un sogno, la probità

è

un dovere»

«

Noi 

non 

possiamo 

essere 

imparziali. 

Possiamo  essere 

soltanto 

intellettualmente 

onesti…

L’imparzialità

è

un sogno, la probità

è

un dovere»

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No al rancoreChe 

Silone 

non  desse 

troppa 

importanza  agli 

episodi 

personali 

e  non 

conservasse 

rancore, lo dimostra  il 

fatto 

che  

mantenne  buoni 

rapporti 

con  Salvemini. 

240

Salvemini nel ’37 pubblicò il suo Mussolini 

diplomatico

proprio  nelle Nuove edizioni di Capolago.

Quando 

Salvemini 

morì, 

nel 

’57, 

Silone 

gli 

dedicò 

un 

intenso  discorso di commiato all’Eliseo di Roma.

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241

La pubblicazione!

La 

buona 

fortuna 

di 

Fontamara

comincia 

quando 

Silone capita di conoscere Jacopo Wasserman, l'autore  di 

Il 

caso 

Mauritius, 

che 

conosce 

l’italiano 

legge 

il 

libro. 

È lui 

trovarlo 

importante, 

proporlo 

un  editore 

darlo 

un’amica 

per 

la 

traduzione. 

Finalmente nel 1933 una tipografia di Sciaffusa

accetta  di 

stamparlo. 

Un 

gruppo 

di 

amici 

di 

Silone 

ne 

sottoscrive 

ottocento 

copie 

un 

libraio, 

Oprecht

di  Zurigo, 

firma 

il 

volume 

come 

editore, 

grazie 

alla 

mediazione 

di 

A. 

Valangin, 

innamorata 

di 

Silone 

e  caparbia 

nell’aprirgli 

la 

strada 

dell’editore 

dei 

soldi 

(«Il 

suo 

primo 

libro 

l’ha 

mostrato 

me; 

sono 

stata 

la  prima a leggerlo…

Io lo trovai Fantastico»).

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242

I libri

“La 

mia 

attività

di 

scrittore 

è stata 

la testimonianza di quella mia lotta  e 

maturazione 

interna. 

miei 

libri 

sono 

il 

resoconto 

delle 

incertezze,  delle 

difficoltà, 

dei 

successi, 

della 

vittoria della mia anima, nella lotta  contro 

quello 

che 

poteva 

esserci 

di 

volgare 

meramente 

istintivo 

nella  mia 

vita 

precedente. 

Io 

non 

credo 

che 

miei 

libri 

abbiano 

un 

valore  letterario 

molto 

grande; 

io 

stesso 

conosco 

molto 

bene 

loro 

difetti  formali. 

Il 

loro 

valore 

è

essenzialmente 

quello 

di 

una  testimonianza umana; vi sono della  pagine 

in 

quei 

libri 

che 

sono 

state 

Ignazio Silone, in un depliant dell'editore Oprecht

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243

Il successo di Fontamara

Fontamara

trova 

buona 

accoglienza: 

il 

romanzo 

corale, 

scarno 

ed 

incisivo, 

in 

cui 

echi 

marxisti 

e  cristiani 

s’intrecciano 

ricordi 

d’infanzia, 

fa 

il 

giro 

del mondo, entra nell’immaginario collettivo.

La 

sua 

fortuna 

è legata 

anche 

alla 

città

di 

Zurigo, 

dove 

passano 

fuggiaschi 

dal 

fascismo 

dal  nazismo, verso gli Stati Uniti. 

Vi 

si 

riflettono 

percorsi 

esperienziali, 

proiezioni 

di  situazioni 

concrete 

aspirazioni 

ideali. 

Il 

popolo 

contadino è il vero protagonista, mentre i successivi  romanzi 

hanno 

protagonisti    che 

emergono 

dallo 

sfondo e riflettono l’autore.

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Feeling con i lettori

C’è

qualcosa 

che 

fa  scattare 

una 

sintonia segreta con  l’ambiente 

sofferto 

di 

Pescina

che  convince 

il 

lettore 

lo    trasforma 

in  divulgatore. 

244

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245

La scoperta di uno scrittore

Vi 

si 

trova 

“la 

metafora 

del 

dolore 

delle 

premonizioni 

di 

tutta 

un’epoca”

dirà

lo 

scrittore  conterraneo M. Pomilio. 

Il 

successo 

non 

sarebbe 

potuto 

venire 

dal  mondo politico né

da quello letterario. 

Silone 

si 

conferma 

nella 

vocazione 

di 

scrittore.  Un'ebrea ungherese gli annuncia che farà

di tutto 

per farlo pubblicare da un editore americano. Nel  1934 esce l’edizione in italiano, pubblicata a Parigi  dalle Nuove Edizioni Italiane. 

Silone considera quel primo romanzo una sorta di  testamento. 

In 

realtà

è

l’inizio 

di 

un’avventura 

letteraria inarrestabile.

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246

Opere successive?Le 

opere 

successive 

seguiranno 

lo 

stesso 

percorso: 

pubblicazione 

in 

tedesco 

rapida  diffusione nel mondo. Nel  1934 esce in tedesco  Der

Fascismus, 

nel 

‘35, 

sempre 

in 

tedesco, 

la 

raccolta 

di 

saggi 

Il 

viaggio 

Parigi, 

nel 

1936  Pane 

vino 

(durante 

la 

guerra 

negli 

Stati 

Uniti 

ne 

stamparono 

centocinquantamila 

copie 

i  soldati 

americani 

le 

distribuirono 

agli 

italiani 

che 

si 

trovavano 

nei 

campi 

di 

prigionia), 

nel  1928 

La 

scuola 

dei 

dittatori, 

nel 

1941 

Il 

seme 

sotto 

la 

neve,nel 

1944 

l'opera 

teatrale 

Ed 

Egli 

si  nascose. 

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Tra gli scrittori  accreditati

Ormai 

Silone 

ha  conquistato 

la 

stima 

anche 

di 

scrittori 

del  calibro 

di 

T. 

Mann, 

M. 

Vaussart, 

A. 

Kazin, 

G.  Greene, 

B. 

von 

Brentano, Camus.

247

Paul 

Thomas 

Mann

(Lubecca

1875 

– Zurigo, 

1955) 

è

uno 

scrittore 

e  saggista tedesco. Premio Nobel nel 1929, è

considerato una delle figure 

di 

maggior 

rilievo 

della 

letteratura 

europea 

del 

Novecento. Appassionato 

wagneriano 

scrive 

Doctor

Faustus, 

del 

1947, 

che 

narra 

la 

storia di un compositore e la corruzione della cultura.

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248

Cafoni eroi

lettori 

ammirano 

il 

disincanto 

di 

Silone 

rispetto 

al 

partito, 

alla 

Chiesa, 

alla 

politica 

attiva, 

lo 

sguardo  pietoso  ‐

non 

pietistico  ‐

sulla 

vita 

umana 

una 

speranza senza ingenuità.

Subiscono 

un 

fascino 

simile 

quello 

prodotto 

dalla 

tragedia 

greca: 

in 

situazioni 

avverse 

in 

cui 

la 

giustizia  è assente 

domina 

la 

forza, 

protagonisti 

sono 

degli 

sconfitti‐vittoriosi, 

capaci 

di 

tenere 

la 

testa 

alta 

e  acquisire in qualche modo immortalità. 

Per Silone si tratta di cafoni comuni e anonimi, adusi a  lottare, 

perdere 

ricominciare, 

giostrare 

con 

identità

vere 

false, 

inseguendo 

l’eco 

della 

giustizia 

e  della verità.. 

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249

Venga il tuo Regno

suoi 

cafoni 

hanno 

un 

indomito 

spirito 

di 

ribellione, 

una 

speranza 

un’aspirazione 

alla  fratellanza. 

Si 

muovono 

tra 

il 

francescanesimo, 

l’anarchia, 

l’utopia 

del 

Regno 

dei 

cieli 

in 

terra,  l’antica 

aspirazione 

di 

Gioacchino 

da 

Fiore, 

degli 

Spirituali, dei Celestini…

Silone 

avvince 

il 

lettore 

col 

messianismo 

cristiano 

e socialista. 

Nella 

preghiera 

cara 

Silone, 

il 

Pater 

noster, 

risalta 

l’invocazione: 

“Venga 

il 

tuo 

Regno”, 

quello  in 

cui 

la 

carità

sostituirà

le 

leggi 

le 

istituzioni. 

Non 

si 

tratta 

di 

attenderlo, 

ma 

di 

combattere 

per  realizzarlo con la partecipazione libera di tutti. 

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250

La scrittura

Amano 

la 

scrittura 

fuori 

dal 

coro, 

indipendente 

rispetto ai canoni letterari dominanti (“Ogni scrittore  deve 

esprimersi 

con 

la 

sua 

voce

– sostiene 

Silone  ‐, 

non deve parlare o cantare in falsetto” e “credere che  si possa rinnovare la letteratura con artifici formali è

antica 

illusione 

di 

retori”, 

VP), 

piana 

(ma 

non  sciatta), 

di 

facile 

presa 

perciò 

in 

grado 

di 

coinvolgere 

la 

gente 

comune. 

L’obiettivo 

della  comunicazione 

viene 

raggiunto 

in 

modo 

efficace 

rapido, 

prendendo 

le 

distanze 

dalle 

regole 

del 

bello  scrivere, 

adottando 

liberamente 

moduli 

diversi, 

mutamenti strutturali, deviazioni stilistiche.

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Parlare franco

Celestino 

dice 

ad 

un 

aiutante: 

«Preferisco 

il  parlare 

franco 

disadorno 

dei   militari  alle 

frasi 

ricercate 

dei 

giuristi e dei teologi»

251Montgne

del MorroneMontgne

del Morrone

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252

Controcorrente

E’

una scrittura lontana dai linguaggi tortuosi e astratti, retorici e 

paludati, 

adottando 

quella 

“disadorna 

limpidezza”

di 

cui 

ha  parlato Petrocchi. 

Ha appreso col tempo a misurare il peso delle parole, a sceglierle  e 

avvicinarle 

in 

modo 

che 

fossero 

chiare 

incisive, 

capaci 

di 

riassumere 

l’argomento 

con 

brevi 

tratti 

mettere 

l’interlocutore  di fronte al nocciolo del problema.

Silone 

sembra 

portare 

nel 

suo 

DNA 

il 

gusto 

dell’andare  controcorrente, 

di 

non 

cavalcare 

le 

mode, 

non 

pontificare 

dai 

pulpiti, non salire sul carro dei vincitori 

Stando 

fuori 

del 

mondo 

del 

partito 

(fascista, 

comunista 

socialista), 

della 

Chiesa, 

delle 

scuole 

letterarie 

riesce 

spesso

a  meglio valutare.

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253

Il bisogno di comunicare

«…Il

bisogno 

di 

capire, 

di 

rendermi 

conto, 

di 

confrontare 

il 

senso 

dell’azione, 

in 

cui 

mi 

trovavo  impegnato      con 

motivi 

iniziali 

dell’adesione 

al 

movimento, 

si 

è

impossessato 

interamente 

di 

me 

e  non 

m’ha 

lasciato 

tregua 

pace. 

se 

la 

mia 

opera 

letteraria 

ha 

un 

senso, 

in 

ultima 

analisi, 

è proprio 

in  ciò: a un certo momento scrivere ha significato per me  assoluta 

necessità

di 

testimoniare, 

bisogno 

inderogabile 

di 

liberarmi 

da 

una 

ossessione, 

di  affermare 

il 

senso 

limiti 

di 

una 

dolorosa 

ma 

definitiva rottura e di una più

sincera fedeltà.

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Lottare scrivendo

Lo scrivere non è

stato, e non poteva essere per me, 

salvo 

che 

in 

qualche 

raro 

momento 

di 

grazia, 

un  sereno godimento estetico, ma la penosa e solitaria  continuazione 

di 

una 

lotta, 

dopo 

essermi 

separato 

da 

compagni 

assai 

cari. 

Le 

difficoltà

con 

cui 

sono  talvolta 

alle 

prese 

nell’esprimermi 

non 

provengono 

certamente 

dall'inosservanza 

delle 

famose 

regole  del bello scrivere, ma da una coscienza che stenta a  rimarginare alcune nascoste ferite, forse inguaribili  e    che 

tuttavia, 

ostinatamente, 

esige 

la 

propria 

integrità». 254

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Gerarchie  rovesciate

Alcune 

espressioni 

consuete,  usate 

in 

modo 

dispregiativo, 

acquisiscono 

un 

blasone. 

Così

è per 

“cafone”, 

per 

“povero 

cristiano”, 

per 

“asino”, 

l’animale  prediletto 

da 

don 

Orione 

da 

Silone. 

Quando 

in 

Svizzera  viene 

soprannominato 

“cavallo 

di cartone”

reagisce: 

«Sarebbe 

stato 

più

preciso 

chiamarmi l’asino di cartone: ma  forse 

voi 

di 

discendenza 

toscana, 

non avete dell’asino la mia stessa  idea…».

255

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256

Politica e scrittura

Si può contrapporre il Silone attivista 

allo 

scrittore? 

Come 

l’attività

politica 

si 

serve 

soprattutto 

della  scrittura, così

anche la scrittura ha un diretto effetto 

politico, 

partendo 

dal 

mondo 

dei 

cafoni 

oppure  usando 

le 

parole 

dei 

signori 

con 

diversa 

corposità

senso, 

infine 

servendosi 

di 

un’ironia 

tagliente 

e  garbata.

La 

battaglia 

delle 

parole 

dell’azione 

mantiene 

una  sua 

continuità

discontinua, 

come 

si 

vede 

bene 

in 

Vino 

Pane, 

quando 

l’insegnamento 

di 

Pietro 

ad  Infante 

fa 

risuonare 

le 

parole 

usate 

in 

modo 

nuovo, 

svelandone significati occultati. 

Una rivoluzione delle parole che fa il paio con quella 

dell’azione. 

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257

Dare tutto di sé

«Se uno scrittore mette tutto se stesso nel lavoro (e 

che 

altro 

può 

metterci?) 

la 

sua 

opera 

non 

può 

non  costituire 

un 

unico 

libro. 

Ho 

già

detto 

in 

altra 

occasione 

che, 

se 

fosse 

stato 

in 

mio 

potere 

di  cambiare le leggi mercantili della società

letteraria, 

avrei 

amato 

passare 

la 

vita 

scrivere 

riscrivere  sempre 

la 

stessa 

storia, 

nella 

speranza, 

se 

non 

altro, 

di 

finire 

col 

capirla 

farla 

capire. 

Così

nel  Medioevo 

vi 

erano 

dei 

monaci 

che 

trascorrevano 

l’esistenza 

dipingere 

il 

Volto 

Santo, 

sempre 

il  medesimo volto» (US).

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258

Machiavelli

C’è

un    filo 

che 

unisce 

le 

diverse 

fasi 

della vita e si snoda in modalità

plurime:  Silone 

comunica 

da 

ragazzino 

con 

gli 

amici 

in 

piazza, 

poi 

attraverso 

le 

lettere  scritte 

in 

nome 

per 

conto 

d’altri 

poi 

via 

via 

attraverso 

le 

arringhe 

nei  congressi, con gli articoli giornalistici, le  espressioni letterarie, romanzi e saggi. 

In Uscita di Sicurezza

si trova riportata la frase di Machiavelli a  conferma del dovere di comunicare: 

«Fosse 

offizio

di 

uomo 

buono 

quel 

bene 

che 

la 

malignità

dei  tempi e della fortuna tu non hai potuto operare, insegnarlo ad  altri, 

acciocché

sendone

molti 

capaci, 

alcuno 

di 

quelli 

più

amato dal Cielo possa operarlo»

(US).

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259

Giudizi diversi

Luce 

D’Eramo

ha 

rifiutato 

decisamente 

la 

tesi 

di 

una 

trasformazione 

repentina 

assoluta 

di 

Silone,  ritenendola 

strumentale 

all’ideologia. 

Gramsci, 

con 

lui 

Camilla 

Ravera, 

sostenevano 

che 

Silone 

fosse 

più uno 

scrittore 

che 

un 

politico, 

orientandolo 

così

verso 

la letteratura per sollevarlo dagli incarichi dirigenziali  nel 

partito. 

Lo 

consideravano 

un 

letterato 

quando 

ancora 

non 

scriveva 

libri 

di 

narrativa, 

perché

lo  temevano 

come 

uomo 

di 

dissenso. 

Eppure 

dopo 

l’espulsione 

dal 

PCI 

le 

stesse 

persone 

lo 

giudicarono  uno 

scrittore 

mediocre 

(valgano 

per 

tutti 

giudizi 

di 

C. Salinari e G. Petronio). 

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L’altro versanteSul 

versante 

opposto 

gli 

scrittori 

italiani  (dell’arte 

pura 

simbolica 

crociana)  ritenevano 

che 

fosse 

più

un 

politico 

che  un 

vero 

scrittore 

(stroncature 

furono  fatte 

da 

E. 

Cecchi, 

Sapegno

e, 

in 

primo  momento, 

da 

I. 

Montanelli).

Indro 

Montanelli (Fucecchio, 

1909 

– Milano, 

2001), 

giornalista, 

scrittore 

e  storico.

Indro 

Montanelli (Fucecchio, 

1909 

– Milano, 

2001), 

giornalista, 

scrittore 

e  storico.

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261

Luce D’Eramo

Conclude 

la 

D’Eramo: 

«Insomma 

è

successo 

che 

politici l’hanno giudicato un letterato e i letterati un  politico, 

per 

il 

fatto 

stesso 

che 

in 

lui 

non 

c’era 

dissociazione tra queste due esigenze»

Silone a D’Eramo: “Era la continuazione della lotta, 

in 

modo 

più

libero 

naturalmente”. 

“Non 

era 

un  ripiego 

per 

te?”. 

“No, 

assolutamente”. 

Eppure 

una 

volta l’hai scritto, così

come hai scritto che ricordi la  lotta politica d’allora, nel Partito comunista, con un  gusto di cenere, una specie di incubo. Invece poco fa  hai 

detto 

che 

sei 

contento 

d’aver 

fatto 

quella 

dura 

esperienza di rivoluzionario…”.

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Una luce

Silone: 

“Può 

darsi 

che  l’abbia 

detto. 

Ma 

andando 

avanti 

con 

gli  anni, 

si 

vedono 

le 

cose 

più

in 

prospettiva. 

E  periodi o 

situazioni 

della 

nostra vita che a un dato  momento 

abbiamo 

visto 

in 

una 

certa 

luce,  ricordato 

in 

un 

certo 

modo, 

distanza 

si  compongono 

insieme 

ne 

viene 

fuori 

il  significato relativo, che è quello più

vero”». 262

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263

Il contesto

La 

trama 

che 

intreccia 

la 

storia 

di 

un 

individuo 

con 

il 

sistema sociale è

determinante: il racconto della sofferenza  di 

Luca 

di 

Berardo 

è sempre 

legato 

alla 

denuncia 

delle 

condizioni di ingiustizia che essi si trovano a vivere e degli  interessi che concorrono a determinarle. Il volto personale  e 

il 

volto 

sociale 

non 

possono 

essere 

descritti 

separatamente 

senza 

distorcere 

contorni 

della 

realtà.  Forse l’analisi psicologica può risultare talvolta povera, ma  il profilo di un protagonista viene colto nell’intreccio delle  situazioni    e 

degli 

ostacoli 

che 

di 

volta 

in 

volta 

deve 

affrontare. 

Confrontandosi 

con 

il 

contesto 

storico‐socio‐ economico, 

in 

un 

rapporto 

quasi 

“materialista”, 

ciascuno 

prende 

coscienza 

di 

quello 

che 

è e 

del 

compito 

che 

ha 

da  svolgere. 

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264

Fecondità dei libri

Silone 

ha 

concluso: 

«Alla 

fine 

un 

libro 

arriva 

dove 

un 

intervento 

diretto 

da 

solo 

non 

può 

arrivare, 

troppi  condizionamenti». 

Fu 

davvero 

così: 

la 

lotta 

dei 

contadini 

per 

le 

terre 

del  Fucino fu chiamata “liberazione di Fontamara”.

Si 

è

parlato 

dei 

romanzi 

di 

Silone 

come 

di 

un 

frutto  compensatorio 

della 

delusione 

del 

partito. 

Molto 

più

probabilmente la separazione dal partito comunista è

stata  soltanto 

l’occasione 

della 

scoperta 

di 

una 

vocazione 

rimasta compressa dall’attività

politica. 

Si 

può 

dire 

che 

la 

scoperta 

di 

questa 

“vocazione”

corrisponde 

al 

riaffiorare 

dell’istanza 

etica, 

soffocata 

dalle  intemperanze 

giovanili 

dall’ideologia, 

espressa 

in 

forme 

laiche ed evocative.

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265

Non curarsi dei riconoscimentiFino 

che 

punto 

il 

mondo 

creato 

dalla 

sua 

fantasia 

soggiace 

strumentalmente 

ad  obiettivi etici e politici calati nella narrativa?

È un 

giudizio 

che 

mira 

all’inserimento 

di  Silone 

in 

una 

delle    correnti 

letterarie   o 

lo 

paragon

qualche 

autore 

(Verga, 

Levi,  Jovine, Malraux, Mauriac, Joice…). 

Silone 

ha 

confidato 

che 

riteneva 

importante  “Fare 

cose 

serie, 

senza 

curarsi 

troppo 

dei 

riconoscimenti”. 

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Senza  catalogare

Silone 

è

stato 

esplicito  nel 

rifiutare 

tali 

catalogazioni. 

Egli 

ha  parlato 

di 

necessità

interiore 

indipendente  dalle 

soluzioni 

formali 

che 

la 

narrativa 

esige.  Nessun 

«sereno 

godimento 

estetico» ma 

l’espressione 

del 

travaglio 

di 

una  coscienza 

alla 

ricerca 

della verità,

266

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267

Rimanere  onesti

“Riflettendo 

sul 

senso 

della  vita…

si 

arriva 

tuttavia 

alla 

scoperta 

che 

il 

loro 

nucleo  irriducibile 

è costruito 

da 

alcune certezze cristiane. Ma il  cielo è buio. Non siamo né

atei 

credenti…

Tutte 

le 

forze  della 

coscienza 

sono 

concentrate 

nel 

capire 

il  mondo e l’epoca in cui viviamo;  nel 

renderci 

conto 

del 

nostro 

dovere di uomini; nel procurare  di rimanere onesti…”

Ignazio Silone, convalescente, a "La Barca" (Svizzera) 1931

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Silone

“…Lui è uomo d’amicizia, come altri sono uomini di partito, o uomini di chiesa, o uomini d’affari».

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269

Dal 1945 al 1946  direttore de “L'Avanti!”

Agli 

inizi 

degli 

anni 

'40,  Silone 

torna 

all'attività

politica 

dirigendo 

in  Svizzera 

il 

Centro 

Estero 

del 

Partito 

Socialista.  Dirige 

il 

quindicinale 

socialista 

L'avvenire 

dei  Lavoratori. 

Le 

autorità

elvetiche, 

per  non 

complicare 

rapporti 

con 

il 

governo 

italiano, 

lo  fanno 

rinchiudere 

prima 

nel 

carcere 

di 

Zurigo, 

poi  nei 

campi 

d'internamento 

a Baden

e a Davos. 

Silone con Ivan Matteo Lombardo e Sandro Pertini, nel 1946

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I socialisti

270

Ignazio Silone, Pietro Nenni e Morgan Philips, segretario del partito laburista – Londra (1946)

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271

In Svizzera

Silone 

soffre 

causa 

di 

un’affezione 

di  origine tubercolare e nello stesso tempo  di “gravi squilibri nervosi”. 

Ottiene 

dalla 

segreteria 

del 

partito 

un  permesso 

per 

motivi 

di 

salute. 

Entra 

in 

Svizzera 

senza 

passaporto, 

senza 

soldi,  con 

un 

sistema 

nervoso 

pezzi, 

gravemente malato. 

Si 

reca 

in 

Svizzera 

nel 

1929, 

per 

primi 

"soggiorni 

terapeutici" 

ad 

Ascona

e  Davos. 

ma 

certo 

non 

pensa 

di 

morire 

proprio a Ginevra.

Ha 

buone 

ragioni 

per 

credere 

che 

sia 

giunto 

il 

tempo 

di 

lasciare 

questa 

vita.  In 

quelle 

condizioni 

non 

è raro 

pensare 

al suicidio. 

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272

Aria nuova

Silone 

respira 

aria 

nuova 

stabilisce 

un 

legame 

empatico con l’ambiente. Va a vivere a Locarno e poi a   Zurigo, 

la 

sua

città, 

vivace, 

intellettuale, 

accogliente, 

cosmopolita. 

In   Una 

piazza 

è una 

piazza, 

racconterà

un 

episodio  

relativo a Sciaffusa

(dove si era recato per incontrare il  leader 

del 

partito), 

dando 

ragione 

della 

sua 

simpatia 

per la Svizzera

E’

ospite 

di 

un 

possidente, 

accogliente 

verso 

perseguitati politici

Conosce 

molti 

profughi 

di 

passaggio 

per 

Zurigo 

soprattutto l’irlandese Darina, che studiava il fascismo  e Mussolini nella stessa biblioteca da lui frequentata.

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273

Il grazie alla Svizzera

«Devo 

ancora 

spiegarmi   come 

mai 

sia 

avvenuto 

che 

sia 

rimasto 

in 

Svizzera 

14 

anni: 

è una 

ragione 

in 

cui 

c’entra  l’urbanistica, 

l’architettura 

anche 

la 

toponomastica... 

Una grande piazza, una bella piazza; cercai la tabella sul  muro…

vidi 

con 

sorpresa 

che 

c’era 

scritto: 

“Place”

senz’altro nome. Trovai subito il numero 8 e alla persona  che 

trovai 

invece 

di 

parlare 

delle 

cose 

importanti 

di 

cui 

dovevo parlare, dissi: “Ma come, avete una bella piazza e  non gli date un nome? Lui disse: “Ma che nome dobbiamo  dargli?”. 

“Non 

so, 

piazza 

della 

Libertà”. 

Mi 

rispose: 

“Ma 

la 

libertà

c’è

anche 

nel 

vicolo 

accanto, 

c’è

alla 

stazione,  c’è

nei 

campi, 

andrebbe 

bene 

piazza 

Pestalozzi, 

piazza 

Guglielmo Tell, ma non sono nati qui, non ci sono morti”.  La cosa cominciava a commuovermi….

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274

Per liberarsi dalla retorica “cattolica e marxista”

Il 

fatto 

che 

il 

popolo 

dicesse 

“piazza”

che 

il 

Comune  registrasse 

piazza 

è una 

cosa 

che 

voi 

sembrerà

frivola 

farà

ridere, 

ma 

che 

per 

me 

era 

la 

rivelazione 

di 

qualche  cosa che avevo invano cercato e non avevo mai trovato. 

Viceversa 

nei 

paesi 

delle 

rivoluzioni 

avevo 

trovato  esattamente 

l’opposto…

antiche 

città…

cambiavano 

di 

nome 

seconda 

delle 

vicende 

dei 

Congressi 

del 

Partito  dominante. Dissi che ero raffreddato per giustificare la mia  emozione…

Dissi: 

io 

di 

qui 

non 

parto 

più, 

infatti 

mi 

fermai. Mi fermai in Svizzera perché

dove trovavo un altro  paese 

dove 

fare 

la 

quarantena 

di 

tutta 

la 

retorica 

prima 

gesuitica, 

cattolica 

poi 

marxista, 

che 

mi 

ero 

trascinato  dietro fino allora?».

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275

Il “Memoriale svizzero”

Nel 

Memoriale

esprime 

tutta 

la 

sua 

gratitudine 

verso 

il 

paese 

che 

lo 

ha 

accolto: 

«Di 

questa 

mia  rinascita 

risurrezione…

io 

sono 

in 

grandissima 

parte 

debitore 

alla 

Svizzera. 

Il 

mio 

debito 

morale  verso 

questo 

paese 

(verso 

suoi 

grandi 

educatori 

del 

passato 

presso 

quali 

sono 

tornato 

scuola 

e  verso 

le 

centinaia 

migliaia 

di 

amici 

che 

ho 

qui 

conosciuto) 

è così grande 

ch’io 

dispero 

di 

poterlo  mai restituire. È uno di quei debiti cui 

solo può far 

riscontro una gratitudine, una nostalgia, un amore  di tutta la vita»

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276

Bertolt Brecht e Silone

Tra il 1931 e il 1933 Silone diviene redattore del mensile tedesco “Information”, che raduna intellettuali e artisti, come

Thomas Mann, Bertold Brecht, Robert Musil

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277

Il congedo da Bellone

All’amico 

Bellone 

scrive 

la 

famosa 

lettera 

di 

congedo 

in 

cui 

chiarisce 

la 

sua 

determinazione 

seguire 

un  percorso etico 

di liberazione 

da 

ogni 

ambiguità, 

nella 

serena 

libertà

di 

chi 

sa 

di 

poter 

parlare 

senza 

essere  ricattabile, 

di 

chi 

non 

vede 

alcuna 

sostanziale 

incongruenza 

rispetto 

al 

passato 

(“chiudere 

un 

lungo  periodo 

di 

rapporti 

leali 

con 

un 

atto 

di 

lealtà) 

non 

teme le possibili conseguenze:

«La mia salute è

pessima ma la causa è

morale…

Io mi 

trovo 

in 

un 

punto 

molto 

penoso 

della 

mia 

esistenza. 

Il  senso 

morale 

che 

è

stato 

sempre 

forte 

in 

me, 

ora 

mi 

domina 

completamente; 

non 

mi 

fa 

dormire, 

non 

mi 

fa  mangiare, non mi lascia un minimo di riposo. 

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278

Una svolta risolutiva

Mi trovo nel punto risolutivo della mia crisi di esistenza, 

la 

quale 

non 

ammette 

che 

una 

sola 

via 

d’uscita:  l’abbandono 

completo 

della 

politica 

militante 

(mi 

cercherò 

un’occupazione 

intellettuale 

qualsiasi). 

Oltre  questa 

soluzione 

non 

restava 

che 

la 

morte. 

Vivere 

ancora 

nell’equivoco 

mi 

era 

impossibile, 

mi 

è impossibile. Io ero nato per essere un onesto proprietario  di terre nel mio paese. 

La 

vita 

mi 

ha 

scaraventato 

lungo 

una 

china 

alla 

quale 

ora 

voglio 

sottrarmi. 

Ho 

la  coscienza di non aver fatto un gran male né

ai miei amici 

al 

mio 

paese. 

Nei 

limiti 

in 

cui 

era 

possibile 

mi 

sono  sempre guardato dal compiere del male. 

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279

Un attestato di stima

Devo 

dirle 

che 

lei, 

data 

la 

sua 

funzione, 

si 

è sempre comportato da galantuomo…

Questa 

mia 

lettera 

lei 

è un 

attestato 

di 

stima. 

Ho  voluto 

chiudere 

definitivamente, 

un 

lungo 

periodo 

di 

rapporti 

leali, 

con 

un 

atto 

di  lealtà. 

Se 

lei 

è un 

credente, 

preghi 

Iddio 

che 

mi 

dia 

la 

forza 

di 

superare 

miei 

rimorsi, 

di  iniziare una 

nuova vita, 

di 

consumarla 

tutta 

per 

il 

bene 

dei 

lavoratori 

dell’Italia. 

Suo  Silvestri».

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280

Don Orione‐Lenin?

«La 

motivazione 

del 

paragone 

paradossale Don Orione‐Lenin

è

la  seguente: 

due 

personalità

eccezionali, 

con 

uno 

spirito 

forte,  estremamente 

semplice, 

concentrato    su 

un 

unico 

punto.  Per don Orione questo era la carità cristiana, 

per 

Lenin 

la 

rivoluzione 

sociale. 

Se 

Lenin 

fosse 

stato 

un  monaco, sarebbe stato un santo; se   don 

Orione 

fosse 

diventato 

segretario 

d’una 

Camera 

del  Lavoro, 

avrebbe 

fatto 

la 

rivoluzione. 

La 

fiacchezza 

della  maggior 

parte 

degli 

uomini 

viene 

dall’eclettismo  e 

dalla 

dissipazione». 

Don Orione

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281

Darina

«Non 

mi 

venne 

mai 

in 

mente 

di  cercare 

Ignazio 

Silone. 

Mi 

sentivo 

ancora 

studentessa 

e  molto 

timida 

di 

fronte 

persone 

celebri…

(alla biblioteca) passavo  giornate 

intere 

alla 

stessa 

scrivania, 

vicina 

ad 

una  finestra…

Non 

potevo 

sapere 

che 

anche Ignazio Silone frequentava  quella 

biblioteca. 

Incuriosito 

da 

questa 

ragazza 

intenta 

a  sfogliare le opere di Mussolini, si  informò 

discretamente 

del 

mio 

nome, 

lo 

stesso 

nome 

contro 

il  quale era stato messo in guardia  quasi sei mesi prima”. Darina Laracy-Silone, Davos 1943

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282

Innamorarsi

“In 

quell’istante 

sentii 

inondarmi 

di 

una 

gioia  immensa, 

sconosciuta. 

Era 

una 

specie 

di 

estasi. 

Ogni 

senso 

di 

incertezza 

di 

paura 

mi 

abbandonò.  Sai 

dirmi 

che 

accade 

all’anima 

in 

quei 

momenti? 

D’un 

tratto 

il 

mondo 

intero 

ha 

un 

altro 

aspetto. 

Se  avessi 

visto 

dei 

cavalli 

volare, 

ciò 

non 

mi 

avrebbe 

minimamente 

sorpreso. 

[...] 

È sempre 

così

l’amore?  Mio Dio, mio Dio, non riconoscevo più

la creazione. 

Sentivo il cielo nel cuore. Era come se dalla testa mi  sprizzassero centinaia di stelle. 

(da “Il segreto di Luca”

di Ignazio Silone)

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La trottola

La  felicità

era 

penetrata 

nel 

mio  essere 

vi 

aveva 

suscitato 

una 

luce  che 

ignoravo. 

Tutta 

la 

terra 

girava  attorno 

noi 

due 

come una trottola”.

283

Darina Silone (1945)

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284

Silone e Darina Nell’Ottobre  del 

1944 

Silne

rientra 

in  Italia, 

Roma 

sposa 

Darina Elisabeth Laracy.

Il  rapporto 

è

costante 

fino 

alla  morte, 

nonostante 

evidenti 

differenze  di 

temperamento 

di formazione.Ignazio Silone e Darina

Laracy, in 

Svizzera (anni Quaranta)

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285

Ritorno in Italia?

Quando Silone rientrò in Italia con Darina, era ormai 

un uomo maturo. Il viaggio, su un aereo militare che  dalla Francia era diretto a Napoli, fu fatto in 

compagnia del dirigente socialista Giuseppe  Emanuele Modigliani e sua moglie Vera, e tenuto 

segreto per motivi di sicurezza. 

La coppia era stata aiutata da Dulles, che Silone, 

d’accordo con Darina, aggiornava costantemente sulla  situazione italiana, tentando di presentare i meriti del  popolo, ridurre l’impatto della sconfitta e aprire 

prospettive sul futuro democratico dell’Italia. Le  responsabilità

degli americani e i loro errori non 

venivano sottaciute, anche con delle critiche al  governo statunitense. 

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286

Pianura capuanaA 

Roma 

un 

accompagnatore 

portò 

la 

coppia 

ai 

Parioli

«ci 

disse 

che 

da 

allora 

in 

poi  dovevamo 

arrangiarci 

da 

soli. 

Arrangiarci 

voleva 

dire 

stare 

all’Albergo 

Genio 

in 

Piazza  Zanardelli

per due mesi senza luce (candele al 

mercato 

nero), 

senza 

acqua 

(fredda 

per  mezz’ora 

ogni 

tre 

giorni), 

senza 

ascensore 

riscaldamento. 

Solo 

il 

telefono 

rimaneva. 

I  nazisti, 

prima 

di 

lasciare 

Roma, 

avevano 

distrutto il 95% degli impianti elettrici».

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Capua

287

Reggia di Caserta. FacciataReggia di Caserta. Facciata

Darina: «L’aereo ci portò a Napoli, all’aeroporto militare di Capodichino. Silone si sdraiò sull’asfalto e lo baciò. Fummo condotti la sera stessa alla Reggia di Caserta.

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Il bel Paese

L’indomani 

passammo 

tutta 

la  giornata 

su 

un 

grande  terrazzo 

prospiciente  la 

pianura 

capuana,  coperta 

di 

vigne 

dorate. 

Silone 

non 

si  stancava 

di 

guardare 

quel 

panorama. 

“Che  bel 

paese!”

ripeteva. 

“Che 

bel 

paese!”.  Aveva 

le 

lagrime

agli 

occhi».  288

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289

Che bel Paese!

Quello 

che 

significò 

per 

Silone 

rimettere 

piede 

in 

Italia, 

non 

più

da 

clandestino 

ma 

da 

scrittore, 

lo 

racconta 

Darina: 

«Fu 

una  bellissima 

giornata. 

Verso 

sera 

atterrammo 

Capodichino…

Silone 

diceva 

continuamente: 

“Che 

bel 

paese! 

Che 

bel 

paese!”. 

Il  mio ricordo è che non siamo mai usciti da quel giardino fino alla  sera, cioè

dopo il tramonto, quando finalmente qualcuno ci disse 

che 

era 

pronta 

l’automobile 

per 

portarci 

Roma. 

Il 

viaggio 

si  doveva 

fare 

di 

notte 

perché

tutto 

era 

segreto. 

Ricordo 

paesi 

distrutti, 

le 

macerie 

ovunque. 

Formia 

non 

c’era 

più

niente 

in  piedi 

eccetto 

un 

muro 

sul 

quale 

era 

scritto 

in 

grandi 

caratteri 

“VINCERE”…Posso

immaginare 

che 

dietro 

le 

quinte, 

a  Washington, ci furono molte discussioni sul ritorno di Silone 

in

Italia: perché

ci tennero un mese in aspettativa a Ginevra? 

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Il matrimonio

Ora 

Silone 

può 

finalmente  sposare 

Darina, 

nel 

’44 

a  Roma, 

dove 

si 

stabiliscono 

in 

un  appartamento 

affittato 

in 

via 

di 

Villa 

Ricotti.  Gabriella 

non 

viene 

dimenticata 

Fino 

al  1944 

Silone 

non 

cessa 

di chiamarla “moglie”.  

290

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291

Darina e Ignazio Silone Londra: Gennaio 1946

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292

Silone

Nel 

1946 

viene 

eletto  all'Assemblea 

Costituente 

per 

il PSIUP in Abruzzo. 

Nel 

1947 

fonda 

“Europa 

Socialista”, 

che 

dirige 

fino 

al  1949. 

Nel 1951 

anima 

l‘”Associazione  Italiana 

per 

la 

Libertà

della 

Cultura”. 

Abbandonata 

l'attività

politica, 

nel 

1956 

fonda 

e  dirige, 

con 

Nicola 

Chiaromonte, 

la 

rivista  “Tempo Presente”. 

Il 22 Agosto 1978, dopo una lunga serie di malattie, muore in una clinica a Ginevra.

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293

Un lungo impegno nella politica

«Benché

avessi 

chiaro 

che 

era 

impossibile 

tornare 

nel 

Partito 

Comunista 

che 

era 

inutile 

rimanere 

nel  Partito 

socialista, 

tuttavia 

mi 

rammarico 

d’aver 

perduto 

troppo 

tempo 

ancora. 

Un 

tempo 

che 

avrei  potuto impiegare meglio, anche politicamente, dicendo  quello 

che 

pensavo 

indipendentemente 

dal 

partito. 

Questo, sì, è un rammarico, cioè

di non aver lasciato la  politica militante nel ‘47». Dolore dunque di aver atteso  troppo 

prima 

di 

prendere 

la 

doverosa 

decisione, 

ma 

anche 

di 

aver 

taciuto 

qualche 

volta 

sottoscritto 

i  misfatti 

del 

partito, 

come 

quando 

aveva 

abbandonato 

Tasca al suo destino o come quando aveva lasciato che  Togliatti 

firmasse 

nome 

suo 

la 

condanna 

dei 

tre 

eterodossi. 

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294

Una Chiesa più grande

«E ricordati di questo: Dio 

non 

è solo 

in 

Chiesa…». 

…Silone

(come 

Simone 

Weil 

d’altro 

canto, 

al  pensiero della quale si legò molto  dopo 

che 

nel 

’50 

gli 

regalai 

Attente 

de 

Dieu) 

sarebbe 

stato  un 

uomo 

“extra 

moenia”, 

fuori 

dalle 

mura, 

che 

non 

significa   però 

‘fuori 

dalla 

Chiesa’

ma 

‘dentro 

una 

chiesa 

più

grandè,  quella 

delle 

coscienze, 

dell’autentica 

ed 

universale  fraternità, 

il 

“Cristo 

più

grande 

della Chiesa”….»

(Darina, 

Lettera    ai 

direttori 

di 

“Prospettiva 

Persona”)

Darina Laracy Silone, 1945

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295

Confiteor

È

possibile 

sintonizzare 

con 

il 

Silone  maturo degli anni Cinquanta, attraverso un  documento 

dal 

titolo 

“Confiteor” di 

quattro 

cartelle 

dattiloscritte, 

comprendente 

43  domande 

risposte, 

ritrovato 

dal 

nipote 

Romolo  Tranquilli. 

Si 

tratta 

di 

un’autointervista, essenziale e densa, che ci  presenta 

l’opinione 

di 

Silone 

sui 

temi 

che 

gli stanno più

a cuore.

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296

Gabriella

Silone 

aggiornava 

Gabriella 

di 

tanto 

in 

tanto 

sulle 

difficoltà

di 

ricominciare 

la 

vita 

Roma 

in 

una 

città che 

stenta 

riprendersi 

dalla 

guerra, 

sporca, 

con 

una 

prostituzione dilagante («Anche 

per 

non 

moralisti, 

il  contegno 

delle 

donne 

romane, 

dalle 

ragazzine 

alle 

vecchie, 

è

semplicemente 

disgustoso») 

con 

la 

paura  di 

uscire 

la 

sera. 

Non 

manca 

di 

aggiornarla 

sul 

suo 

lavoro 

sulla 

complessa    situazione 

politica,  concludendo:

“Ti abbraccio con immutato affetto. Tuo 

Sec. Tranquilli”.

Vi 

sono 

testimonianze 

che 

accertano 

che 

Gabriella 

dal 

1949 

riprse

collaborare 

sia 

alle 

attività

politiche  che editoriali. 

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Contrada natia

In 

Vino 

Pane

Silone  descrive 

il 

ritorno 

di 

Pietro 

Perticara,  mostrando 

come 

sentimenti 

di  attaccamento 

prevalgano 

sui  risentimenti: 

«Era 

la 

sua 

contrada 

natia, 

la  sua 

patria 

proibita. 

Il 

cuore gli batteva forte e  malgrado 

il 

freddo 

notturno 

si 

sentiva  inondare di sudore».

297

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Paesello

Nel 

racconto 

Ai  piedi di un mandorlo Silone 

racconta 

le 

sue 

impressioni 

alla  vista del paesello:

298

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299

Nessuno mi aspetta

«Cos’è

la 

particolare 

tristezza 

che 

prova 

chiunque 

torni, 

dopo 

anni 

d’assenza, 

in 

una 

contrada 

ove 

già visse a lungo, e sosti a osservarvi, non visto oppure non  riconosciuto, 

l’ordinario 

svolgersi 

della 

vita? 

Sto 

cercando 

di 

capirlo 

mentre 

dall’alto 

di 

questa 

collina  contemplo 

il 

mucchio 

di 

case 

grigie 

nere 

del 

mio 

paese 

nativo…

al 

paese 

nessuno 

mi 

aspetta. 

Di 

buon  passo 

ho 

preso 

la 

scorciatoia 

tra 

le 

siepi 

di 

rovi 

le 

vigne, 

ma 

nella 

salita, 

m’è

venuto 

un 

d’affanno. 

Eh,  non 

sono 

più

un 

ragazzo. 

Nella 

memoria 

questo 

sentiero 

era 

meno 

erto 

più

lungo. 

Invece, 

appena  sormontato 

il 

piccolo 

colle, 

ecco 

già

di 

fronte 

me 

il 

paese.

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300

Ai piedi di un mandorlo?

Esso 

c’è

apparso 

all’improvviso, 

nella 

sua 

antica 

oscura 

voragine. 

quella 

vista, 

non 

so 

perché, 

m’è mancato 

il 

respiro 

ho 

rallentato 

il 

passo. 

Mi 

sono 

guardato 

attorno, 

ho 

cercato 

una 

pietra 

una 

zolla  su 

cui 

riposare. 

Non 

ho 

fretta, 

dato 

che 

nessuno 

mi 

attende. 

Adesso 

mi 

trovo 

ai 

piedi 

di 

un 

mandorlo, 

un  po’

discosto 

dal 

sentiero. 

Appena 

alcuni 

passi 

più

sotto, dove la strada carrozzabile fa gomito, si alza la  croce 

che 

padri 

passionisti 

eressero 

molti 

anni 

or 

sono, al termine d’una loro predicazione di quaresima.  Di qui posso osservare la parte più

antica dell’abitato.

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Mandorlo in fiore

301

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302

La luce della sera

È la prima ora della sera, l’Avemaria dev’essere suonata da poco. 

Una leggera nebbia violacea, formata dall’umidità

e dal fumo dei  camini, 

aleggia 

sulla 

fossa 

del 

fiume 

dissimula, 

tra 

le 

case 

e le 

stalle, i vuoti lasciati, circa mezzo secolo fa, dal terremoto. 

Vedo  una 

lunga 

fila 

di 

carri, 

di 

ritorno 

dalla 

campagna, 

risalire 

la 

strada 

accanto 

al 

fiume 

smistarsi 

tra 

le 

case. 

Dalla 

chiesa  escono 

alcune 

donne 

bambini: 

sarà

in 

corso 

qualche 

novena. 

Vedo 

un 

uomo 

fermo 

sulla 

porta 

dell’osteria, 

un 

po’

sbieco, 

con  una spalla appoggiata allo stipite della porta. Non m’arriva però  alcuna 

voce, 

non 

il 

minimo 

rumore, 

forse 

causa 

del 

vento 

che 

soffia in senso contrario. È come se assistessi alla proiezione d’un  vecchio  film muto, un po’

logoro e con scarsa luce.

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303

Il perimetro dell’adolescenza

Di questo angusto luogo, in altri tempi, io conoscevo 

ogni vicolo, ogni casa ogni fontana e quali fanciulle,  in 

quali 

ore, 

vi 

attingessero 

acqua: 

ogni 

porta, 

ogni 

finestra, e chi vi si affacciasse, in quali momenti. Per  una 

quindicina 

d’anni 

questo 

fu 

il 

chiuso 

perimetro 

della 

mia 

adolescenza, 

il 

mondo 

noto 

le 

sue  barriere, lo scenario prefabbricato delle mie angosce  segrete. 

Ma 

adesso 

me 

ne 

rendo 

conto 

– il 

sentimento che poc’anzi m’ha fermato il passo non è la 

comune 

ansietà

degli 

emigrati, 

è il 

cruccio 

sgomento 

di 

certi 

uomini 

anziani 

di 

fronte 

al 

fatale  scorrere 

del 

tempo: 

bensì

qualcos’altro. 

Cerco 

di 

capire. 

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304

Un mondo ormai estraneo

Questa 

realtà

che 

adesso 

mi 

sta 

di 

fronte, 

io 

l’ho 

portata 

per 

anni 

in 

me, 

parte 

integrante, 

anzi 

centrale  di 

me 

stesso, 

ed 

io 

sentivo 

in 

essa, 

non 

certo 

al 

suo 

centro 

tuttavia, 

mia 

volta, 

sua 

parte 

integrante.  Invece ora 

che 

l’ho 

davanti, 

essa 

mi 

si 

rivela 

per 

quello 

che 

è, 

un 

mondo 

estraneo, 

che 

continua 

vivere 

per  conto 

suo, 

anche 

senza 

di 

me, 

nella 

maniera 

che 

gli 

è

propria, 

con 

naturalezza 

indifferenza. 

Non  diversamente, 

in 

altre 

parole, 

di 

quello 

che 

mi 

apparirebbe 

un 

formicaio. 

Così, 

penso, 

l’ulteriore  svolgersi 

della 

vita 

umana 

sarà

visto, 

dopo 

un 

certo 

numero 

di 

anni, 

da 

un 

morto, 

se 

gli 

è

concesso 

di  vedere. 

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Una vecchia donna

Seguendo 

questa  riflessione, 

sento 

chiarirsi 

la 

confusa  apprensione 

di 

poc’anzi 

in 

uno 

stato 

d’animo  umile 

desolato: 

quello 

dell’irrimediabile  solitudine 

precarietà

dell’esistenza 

individuale.  Mi 

chiedo 

perché

sono 

tornato 

penso 

di  ripartire 

subito. 

Ma 

un 

rumore 

di 

passi 

che 

si  avvicinano mi trattiene. 

305

È una vecchia donna, vestita poveramente di nero, che porta sulle spalle un pesante fardello di rami secchi. Cammina curva come una bestia da soma.

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306Bestie da soma,Olio su tela, 1886. L’Aquila

Teofilo Patini

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307

Una vicina di casa

Uno 

spettacolo 

certo 

non 

nuovo 

dalle 

nostre 

parti,  a 

mezza 

costa 

tra 

il 

piano 

la 

montagna. 

Troppo 

attenta a dovere posare i piedi ella non si accorge di  me, che la riconosco. Era una nostra vicina di casa.  Un 

suo 

figlio, 

alle 

scuole 

elementari, 

era 

mio 

compagno 

di 

classe 

di 

giuochi. 

Quali 

disgrazie  possono 

averla 

ridotta 

in 

quelle 

condizioni? 

Suo 

marito, 

suoi 

figli 

non 

vivono 

più. 

Mi 

alzo 

per  raggiungerla. 

Forse 

accetterà

di 

essere 

aiutata 

nel 

trasporto della legna».

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308

Il paesaggio della memoria

In La pena del ritorno Silone racconta di un precedente ritorno al paese già all’età di 25 anni circa, in treno e senza valigia:

«Durante il viaggio rimasi a lungo con la testa appoggiata al finestrino. Attraverso i vetri vidi venirmi incontro il paesaggio per tanti anni conservato nella memoria come un presepio, i campielli sassosi, le montagne brulle oscure disabitate; vidi apparire e sparire le stazioncine deserte, porte e finestre sprangate, i muri cadenti, le macerie. Nell’oscurità, dall’aspro odore, riconobbi l’origine contadinesca degli uomini e delle donne pigiati assieme nella carrozza, assieme ai loro fagotti valigie casse sacchi, rimpinzati di acquisti fatti in città» (US).

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309

Un uomo anziano?

A chi lo incontrava a Roma, Silone poteva apparire un 

uomo appesantito dagli anni, ostinato, chiuso in un  qualche suo misterioso dolore,  un po’

rude. Non 

pochi hanno sottolineato l’espressione corrucciata, lo  sguardo profondo e tal volta respingente entro un 

volto ovale, gli occhi spesso socchiusi a causa della  miopia, il parlare pacato, con inflessioni dialettali, di 

tanto in tanto interrotto dall’affanno. Bisognava  andare oltre lo scudo del silenzio per cogliere le sue 

migliori disposizioni: capacità

d’illuminarsi nel  sorriso, di mostrare la sua fragilità, di solidarizzare, di 

divertire con la sua carica di humor. 

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310

Silone

“La 

libertà

...

è la 

possibilità

di 

dubitare,  la 

possibilità

di 

sbagliare, 

la 

possibilità di 

cercare, 

di 

esperimentare, 

di 

dire  di 

no 

una 

qualsiasi 

autorità,  letteraria 

artistica  filosofica 

religiosa 

sociale, 

e  anche politica”.Silone a L’Aquila

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311

Un uomo di granito

Si 

poteva 

avvertire 

una 

sensazione 

di 

disagio 

per 

il 

fatto di trovarsi di fronte – come scrive Claudio Casoli ‐

“un 

uomo 

di 

granito”, 

aduso 

resistere 

al 

dolore. 

Anche 

la 

nipote 

Maria 

Moscardelli

ne 

ricorda 

i  «famosi 

silenzi 

in 

cui 

s’immergeva 

di 

tanto 

in 

tanto; 

ritengo 

che 

conoscendo 

l’estremo 

pudore 

nel  manifestare 

sentimenti 

di 

cui 

sono 

capaci 

migliori 

uomini 

abruzzesi 

Silone 

in 

particolare 

– quei 

silenzi  fossero 

il 

massimo 

di 

esternazione 

della 

terribile 

sofferenza per l’atroce morte del fratello oltre al dolore  per i lutti ed i patimenti subiti nell’adolescenza».  

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Difficoltà relazionali

Queste 

le 

difficoltà

relazionali 

di 

Spina: 

«I  rapporti 

con 

le 

altre 

persone 

non 

hanno 

la  semplicità, 

la 

naturalezza, 

la schiettezza che io vorrei.  Questa 

insoddisfazione 

mi 

spinge verso la solitudine e  il 

mutismo. 

Non 

è

misantropia, è il contrario:  un 

amore 

per 

gli 

uomini 

che 

resta 

insoddisfatto, 

un  bisogno 

di 

amicizia 

che 

non 

riesce 

trovare 

il 

suo  oggetto».

312

Silone a Fiuggi nel 1970

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313

Senso del tragico

Per Luce D’Eramo

però: «Silone aveva un senso del 

tragico 

che 

da 

anni 

gli 

dava 

una 

sorta 

di 

pace  anche 

nell’aspetto, 

quel 

gestire 

pacato, 

quel 

tono 

lento 

della 

voce 

bassissima. 

Per 

lui 

il 

pericolo  maggiore 

degli 

uomini 

era 

quello 

di 

dimenticare 

il 

fine 

nella 

troppa 

cura 

dei 

mezzi 

per 

conseguirlo.  Me lo scrisse in una lettera: “Propter

vitam, vivendi 

perdere causam”. Ma se uno riusciva a non perdere  la 

ragione 

di 

vivere, 

al 

fondo 

della 

spogliazione 

gli 

sbocciava 

infine 

anche 

la 

gioia. 

Lo 

si 

vede 

nei 

suoi  libri. 

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Pietro e InfantePer 

esempio 

Il 

seme 

sotto 

la 

neve. 

Forse 

è la 

sua 

opera 

più

allegra 

perché è pure  la 

più

tragica…

tra 

Pietro  Spina 

Infante, 

cioè

tra 

un  rivoluzionario 

fuorilegge  e 

un 

sordomuto 

nascono  le 

pagine 

più

liete 

del 

libro. 

314

Lingua dei segni italiana LISLingua dei segni italiana LIS

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Amicizia tra emarginati

due 

fanno 

sodalizio  con 

un 

gentiluomo 

bizzarro e con un asino  giudizioso 

vivono 

tutti 

assieme 

in 

una  casa diroccata, dove col  vento 

con 

la 

pioggia 

entrano 

anche 

folate  d’allegria»

(LDE).

315

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316

Il PSI 

Silone riprende a occuparsi di politica, soprattutto 

con l’intento di combattere la fusione fra il PCd’I e  il PSI. Non nasconde infatti le divergenze rispetto  alla 

linea 

di 

Nenni    e 

alla 

politica 

fusionista 

nei 

confronti 

del 

PCI. 

Nel 

primo 

congresso 

del 

PSI  presenta 

una 

mozione, 

firmata 

insieme 

Pertini, 

per 

riaffermare 

l’autonomia 

del 

PSI 

ottiene 

la  maggioranza. 

Nel 

1946 

viene 

eletto 

all’Assemblea 

Costituente per l’Abruzzo. 

Quando 

nel 

1947 

c’è

la 

scissione 

di 

palazzo 

Barberini

e nasce il partito socialdemocratico, non  segue 

gli 

scissionisti 

di 

Saragat 

che 

fondano 

il 

PSDI.

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Silone, Giuseppe Saragat e Nicola Chiaromonte

317

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318

La necessaria utopia

Avventura 

di 

un 

povero 

cristiano: «Se 

l’utopia 

non 

si 

è spenta, 

in 

religione, 

in 

politica, 

è perché essa 

risponde 

un 

bisogno 

profondamente 

radicato  nell’uomo. 

Vi 

è

nella 

coscienza 

dell’uomo 

un’inquietudine 

che 

nessuna 

riforma 

nessun  benessere 

materiale 

potranno 

mai 

placare. 

La 

storia 

dell’utopia 

è perciò 

la 

storia 

di 

una 

sempre 

delusa  speranza, 

ma 

di 

una 

speranza 

tenace. 

Nessuna 

critica 

razionale 

può 

sradicarla, 

ed 

è importante 

saperla  riconoscere anche sotto connotati diversi» (APC).

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Silone dirigente socialista nel dopoguerra

319

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Successo in italia

La 

consacrazione 

di 

Silone 

in  patria, 

ancorché

tardiva, 

giunge 

con 

il 

1968, 

quando  esce 

L'avventura 

di 

un 

povero 

cristiano, 

il 

suo 

ultimo 

libro  pubblicato 

in 

vita. 

Vi 

si  

reinterpreta 

la 

vicenda 

di  Celestino 

V, 

il 

papa 

del 

"gran 

rifiuto" dantesco. Silone aveva  lavorato alacremente per oltre  un 

anno, 

tra 

Sulmona, 

Avezzano,  L'Aquila 

Pescasseroli

nonostante 

i  problemi 

di 

salute 

(fu 

ricoverato anche in ospedale).320

Il libro vince a Venezia il Super Campiello

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321

La vocazione

«Di tutte le chiacchiere scritte sul cosiddetto “impegno”

degli 

artisti che cosa rimane? Il solo “impegno”

degno di rispetto è quello 

che 

risponde 

una 

vocazione 

personale…Considero

sciocco 

misurare 

la 

modernità

di 

uno 

scrittore 

dagli  espedienti tecnici di cui si serve. ..Con ripugnanza…giudico

la 

moda per le descrizioni erotiche a cui si dedicano, assieme a  molti 

mestieranti 

attirati 

dal 

cattivo 

gusto 

del 

pubblico, 

anche 

scrittori 

di 

talento. 

mio 

avviso 

non 

c’è

nulla 

di 

più falso 

che 

giustificare 

la 

commercializzazione 

letteraria 

dell’erotismo in nome della libertà, pur essendo persuaso che  essa 

non 

possa 

essere 

efficacemente 

combattuta 

dalla 

censura o da altri espedienti burocratici, ma dal disgusto che  nasce da un senso serio e profondo della vita» (VP).

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Una delle ultime immagini

322

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323

Arte e vita

Il 

corpo 

di 

Silone 

è

stato 

cremato 

sepolto 

Pescina,  come 

aveva 

desiderato: 

«Mi 

piacerebbe 

di 

essere 

sepolto  così, 

ai 

piedi 

del 

vecchio 

campanile 

di 

San 

Berardo, 

a  Pescina, 

con 

una 

croce 

di 

ferro 

appoggiata 

al 

muro 

la  vista 

del 

Fucino 

in 

lontananza».

“Nella 

mia 

vita 

l’arte 

ha  avuto 

una 

funzione 

decisiva 

nel 

momento 

in  cui 

avevo 

quasi 

perduto 

la 

voglia 

di 

continuare 

a Ignazio Silone, Zurigo, 1942

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Campanile S. Berardo

324

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325

Tomba di Silone a Pescina

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326

Silone

Il Museo

trae origine dalla 

donazione 

di

Darina

al  Comune, 

avvenuta 

il

maggio  2000 

comprende, 

oltre  all'archivio 

alla 

biblioteca, 

mobili, 

oggetti  personali, 

premi, 

cimeli, 

regali 

riconoscimenti  dello 

scrittore, 

per 

la 

maggior 

parte 

ora 

esposti  al pubblico.

Pescina, casa natale  Silone

Pescina, casa natale Silone

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327

Silone

Lo 

Studio

contiene 

oggetti 

che 

ne 

facevano 

parte:  archivio, 

biblioteca, 

quadri 

di 

G. 

Roualt

M.  Hunziker, 

foto 

dei 

personaggi 

cari: 

Romolo, 

il  conterraneo 

B. 

Croce, 

lo 

storico 

G. 

Salvemini, 

il  filosofo 

maestro 

Martin 

Buber, 

il 

giovane 

amico  comunista, 

Lazar

Sciatzkin, 

morto 

suicida  nella 

Russia 

stalinista, 

menzionato 

in 

Uscita 

di  sicurezza, 

il 

Risorto 

di 

Piero Della Francesca.

Lo Studio di Silone

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328

Museo Silone

Il Museo trae origine dalla donazione di Darina Laracy, vedova di Silone, al Comune di Pescina avvenuta il 1 maggio 2000 e comprende, oltre all'archivio e alla biblioteca, mobili, oggetti personali, premi, cimeli, regali e riconoscimenti dello scrittore, per la maggior parte ora esposti nel Museo.

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Silone a G. Seidenfeld “Cara, 

la 

sola 

cosa 

che 

io 

voglio 

è avere 

la 

salute fisica e la salute mentale per andare fino  in 

fondo 

al 

mio 

destino, 

per 

scrivere 

raccontare. 

Proprio 

non 

ho 

nessun’altra  ambizione 

nient’altro 

mi 

tiene 

in 

vita. 

Fontamara

non è che un primo capitolo. Vorrei  avere 

molta 

calma. 

Vorrei 

sfuggire 

al 

destino 

del 

professionalismo…

Vorrei 

sfuggire 

alla  propaganda 

all’agitazione, 

cose 

utili, 

ma 

c’è

tanta gente che le sa fare meglio di me.329

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Due o tre coseVorrei 

dire 

due 

tre  cose, 

prima 

di 

morire, 

che 

nessun  altro può dire e che il  destino 

mi 

ha 

incaricato 

di 

dire.  Due o tre cose che ogni  operaio 

ogni 

contadino  e 

ogni 

comunista 

ogni  fascista debba pensarci  su, 

che 

ogni 

uomo 

debba pensarci su».330

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Quali cose?

Quali sono le due o tre cose che Silone continua a 

dire a quanti si accostano a lui? 

Molto dipende dalla percezione selettiva di ciascun 

lettore. Proviamo, ciononostante, a individuarle:

La legittimità

di una trasgressione sociale e politica

sentita come scelta preferenziale del proprio modo  di comunicare

La 

trasgressione 

non 

può 

essere 

semplicisticamente 

bollata 

come 

devianza, 

derisa, 

punita 

dalle 

istituzioni  civili e religiose. Occorre comprenderne le motivazioni, i  condizionamenti e gli obiettivi.

331

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Quali cose? II

Il 

rispetto 

di 

ciascun 

essere 

umano 

secondo 

il 

percorso 

che 

segue nella vita, anche quando fosse tortuoso ed errato.

La legittimità

della lotta per il raggiungimento di fini ritenuti 

giusti.

La 

fedeltà

quella 

che 

ciascuno 

percepisce 

come 

la 

propria 

strada, 

considerata 

come 

una 

vocazione, 

senza 

restringere  questo 

termine 

quelle 

classiche 

dei 

consacrati 

(religiosi, 

sacerdoti, suore).

La 

convinzione 

che, 

sia 

pure 

per 

strade 

molto 

diverse, 

ciascuno abbia il dovere di spendere la propria vita, secondo  modalità

proprie, 

per 

il 

raggiungimento 

di 

una 

più

giusta 

solidale convivenza su questa terra.

332

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Quali cose?  III

La 

convinzione 

che 

un 

tale 

impegno  contribuisca 

anche, 

volenti 

nolenti, 

da  qualunque 

parte 

politica 

ci 

si 

schieri, 

all’attuazione 

del  Regno predicato dal Cristo.

la 

deritualizzazione

della 

religione, 

centrata  essenzialmente 

sulla 

giustizia e sulla fratellanza

la 

necessità

di 

liberare 

l’intelligenza 

dai 

vincoli 

di  una 

preoccupazione 

di 

ortodossia 

che 

funga 

da  gabbia del pensiero.

333

La 

laicità

essenziale 

ad 

una  religione 

che 

non 

voglia 

ridursi 

ad “oppio dei popoli”

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Quali cose? IV

La 

rivendicazione 

di 

una 

fratellanza 

universale 

che 

oltrepassi le differenti posizioni gerarchiche e religiose

La preferenza per gli ultimi

La 

convinzione 

che 

anche 

attraverso 

grazie 

al 

male  commesso una persona possa conquistare la sua libertà

e la sua dignità.

Un 

corretto 

spirito 

religioso 

è

l’indispensabile 

alternativa al nichilismo

della cultura postmoderna

la 

percezione 

della 

religiosità

del 

lavoro 

dei 

suoi 

prodotti, 

espressi 

simbolicamente 

nel 

pano 

nel 

vino,  prodotti che evocano per eccellenza la fatica del lavoro  e la sintonia con la natura.

334

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Giustizia e solidarietà

La  religiosità

è

implicita 

in 

ogni  rapporto 

interpersonale 

giusto,  autentico 

solidale, 

specie se orientato 

agli  ultimi 

nella 

scala 

sociale.

335

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Quali cose?  V

Il 

mistero 

divino 

della  sofferenza e della sventura  che 

assimilano, 

che 

ne 

sia 

cosciente 

meno, 

ogni  uomo 

al 

Cristo 

agonizzante 

Maria  Desolata.

la 

convinzione 

che 

dentro  o 

fuori 

della 

Chiesa, 

Dio 

Padre 

offra 

tutti 

la  possibilità

di 

ricevere 

la 

Grazia, gratis data.

336

Madonna Addolorata che si  venera 

nella 

chiesa 

di 

San 

Domenico in Taranto

Page 337: Ignazio Silone (1900-1978) · pare che anzitutto ci spetta la funzione della massaia che la sera ricopre di cenere la brace del camino, per poter più facilmente l’indomani riaccendere

Cristo tra gli amici

La 

convinzione  di 

una 

misteriosa 

presenza  del 

Cristo 

tra 

amici  solidali 

dediti 

ad 

un 

ideale  comune. 

337

Cena 

di 

Gesù

ad 

Emmaus

con  due 

discepoli. 

Dipinto 

di 

Caravaggio, 1601.

Cena 

di 

Gesù

ad 

Emmaus

con  due 

discepoli. 

Dipinto 

di 

Caravaggio, 1601.