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Identificazione dei biotipi di batteri lattici intestinali a finalità probiotica nei vitelli a carne bianca e verifica in vivo della loro efficacia

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Identificazione dei biotipidi batteri lattici intestinali

a finalità probioticanei vitelli a carne bianca

e verifica in vivo della loro efficacia

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Sperimentazione condotta nell’ambito del progetto di ricerca n. 820: “Identificazione dei biotipi dibatteri lattici intestinali a finalità probiotica nei vitelli a carne bianca e verifica in vivo della loroefficacia” (PROVIT) finanziato con il Piano per la Ricerca e lo Sviluppo 2005 della RegioneLombardia, DG Agricoltura, d.g.r. 16/02/2005 N. 7/20734.

A cura di:Carlo Cantoni, Simone Stella, Carla Bersani, Barbara Ripamonti, Silvia Pirani

(VSA – Ispezione degli Alimenti di origine animale)Antonella Baldi, Raffaella Rebucci

(VSA – Biotecnologie)Giovanni Savoini, Alessandro Agazzi, Guido Invernizzi

(VSA – Alimentazione Animale)Cinzia Domeneghini, Francesca Vitari, Paolo Stortini

(VSA – Anatomia)

Hanno realizzato le attività sperimentali e lo studio:Università degli Studi di Milano

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentarevia Celoria, 1020133 Milano

Tel. 02/50317866 – Fax 02/50317870

Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia RomagnaVia Bianchi, 925124 Brescia

Tel. 030/22901 - Fax 030/2425251 e-mail [email protected]

Per informazioni:Regione Lombardia – Direzione Generale Agricoltura

U.O. Interventi per la competitività e l’innovazione tecnologica delle aziendeStruttura Ricerca e Innovazione Tecnologica

Via Pola, 12 – 20124 MilanoTel. 02/67653790 – Fax 02/67652757

Referente: Gianpaolo Bertoncini – Tel. 02/67652524e-mail: [email protected]

© Copyright Regione Lombardia

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Quaderni della ricerca

n. 88 – luglio 2008

Identificazione dei biotipi di batteri latticiintestinali a finalità probiotica nei vitelli a carne

bianca e verifica in vivo della loro efficacia

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bianca e verifica in vivo della loro efficacia

Quaderni della ricercan. 88 – luglio 2008

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SOMMARIO

Presentazione dell’Assessore 1

1 INTRODUZIONE AL PROBLEMA AFFRONTATO1.1 Stato dell’arte dell’allevamento del vitello a carne bianca 31.2 I probiotici 41.3 Probiosi nel vitello a carne bianca 61.4 Cenni di anatomia dell’intestino e meccanismi di assorbimento dei nutrienti 7

2 OBIETTIVO DEL PROGETTO E STEP OPERATIVI 10

Fase 1 – Sperimentazione in vitro

3 PARTE SPERIMENTALE3.1 Prelievo dei campioni fecali 113.2 Isolamento dei batteri lattici di origine fecale 113.3 Identificazione dei ceppi 123.4 Valutazione delle qualità probiotiche 14

4 RISULTATI4.1 Isolamento dei batteri lattici di origine fecale 184.2 Valutazione delle qualità probiotiche 214.3 Il formulato probiotico 26

Fase 2 – Sperimentazione in vivo

5 INDAGINI SPERIMENTALI EFFETTUATE 27

6 PARTE SPERIMENTALE6.1 Prove zootecniche 296.2 Prove microbiologiche 326.3 Valutazione delle lesioni polmonari 326.4 Prove isto-anatomiche 33

7 RISULTATI7.1 Prove zootecniche 357.2 Prove microbiologiche 40

7.2.1 Isolamento di Bacillus coagulans 457.3 Valutazione delle lesioni polmonari 477.4 Prove isto-anatomiche 49

8 ANALISI STATISTICA 52

9 CONCLUSIONI 539.1 Fase 1 – Sperimentazione in vitro9.2 Fase 2 – Sperimentazione in vivo

10 BIBLIOGRAFIA 57

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Presentazione

La zootecnia da carne, in Lombardia, rappresenta una veracolonna portante dell’intero sistema economico-produttivo,raggiungendo standard qualitativi molto elevati che uniscono albenessere ed alla capacità produttiva degli animali, anche unasignificativa attenzione verso le esigenze del consumatore.

In tal senso, si rende indispensabile identificare strategienutrizionali che possano coniugare le esigenze economiche degliallevatori con quelle di tutela dei consumatori, ponendosi obiettivisuperiori al soddisfacimento dei bisogni di mantenimento e di

produzione, ricercando sostanze in grado di migliorare lo stato di salute degli animalisottoposti ai normali regimi di stress dovuti all’allevamento.

Il vitello a carne bianca è, tra gli animali da reddito, quello maggiormente predisposto asindromi da stress causate appunto dalle specifiche condizioni di allevamento e, diconseguenza, è frequentemente sottoposto a trattamenti con antibiotici: tali farmaci vengonooggi utilizzati a scopo esclusivamente terapeutico. Il loro impiego come promotori di crescita(APC), infatti, è vietato dal 1° gennaio 2006 (Dir.97/72/CE).

Nel progetto di ricerca “Identificazione dei biotipi di batteri lattici intestinali a finalitàprobiotica nei vitelli a carne bianca e verifica in vivo della loro efficacia”, condiviso con ilDipartimento di Scienze e Tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare (VSA)dell’Università degli Studi di Milano, e presentato in questo Quaderno della Ricerca, è statopossibile isolare, identificare e sperimentare probiotici specie-specifici, cioè ottenutidirettamente dai vitelli a carne bianca, per migliorare lo stato igienico-sanitario dei vitelli oltreche per ottenere una massimizzazione dei parametri zootecnici.

Nel gruppo campione, inoltre, è stato possibile diminuire i trattamenti antibiotici mirati,rispondendo all’esigenza di ridurre l’impiego di antibiotici al fine di contenere il fenomenodella antibiotico-resistenza da parte dei microrganismi patogeni, attualmente considerato, alivello mondiale, uno dei principali problemi della Sanità Pubblica che coinvolge in modoequivalente la medicina umana e quella veterinaria.

Luca Daniel FerrazziAssessore all’Agricoltura

Regione Lombardia

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1. INTRODUZIONE AL PROBLEMA AFFRONTATO

1.1 STATO DELL’ARTE DELL’ALLEVAMENTO DEL VITELLO A CARNE BIANCA

L’Italia rappresenta, con Olanda e Francia, uno dei maggiori mercati per il commercio del

vitello a carne bianca. Secondo gli ultimi dati disponibili diramati dall’ISTAT e pubblicati da

ASSALZOO nel 2006, la consistenza del bestiame per quanto riguarda la produzione di vitelli

con età inferiore all’anno e destinati alla macellazione è pari a 500.000 capi con un

incremento del 12,5% rispetto all’anno precedente su un totale di 4.015.000 bovini da carne

presenti sul territorio nazionale. La produzione italiana annua di carne di vitello è di 162.890

tonnellate, con un’importazione di 22.000 tonnellate ed un’esportazione di 900 tonnellate,

definendo un livello di auto-approvvigionamento pari all’88,5%. In quest’ambito la Lombardia

nel corso del 2005 si è attestata al quarto posto dopo Toscana, Lazio e Piemonte con la

macellazione di 250.000 vitelli ed un totale di circa 33.000 tonnellate di carne prodotte, con

un consumo procapite annuo di carne bovina, in costante crescita a partire dal 2001, pari a

20,9 kg ed un valore di quasi 130 milioni di euro.

I vitelli a carne bianca comprendono normalmente i maschi delle razze da latte e le femmine

eccedenti la rimonta delle razze da latte e a duplice attitudine.

Tra gli animali da reddito il vitello a carne bianca risulta particolarmente predisposto a

sindromi da stress causate dalle condizioni di allevamento (alimentazione ecc.): i primi giorni

di vita e la fase di svezzamento sono un momento delicato per gli animali; circa il 70% delle

perdite si verifica proprio entro i primi 15 giorni.

Attualmente, per ovviare a tali problematiche, con le recenti leggi emanate per la

regolamentazione di questo settore, si sta assistendo ad una lenta, ma inesorabile

modificazione dei metodi di allevamento di questa specie. Il Decreto Legislativo 333 del 1°

settembre 1998 a recepimento della Direttiva 97/2/CE è divenuto attuativo a partire dalla fine

dell’anno 2003: secondo la normativa cogente, i vitelli devono essere allevati in piccoli gruppi

e l’alimentazione lattea deve essere integrata con una quota di materiale fibroso.

In concomitanza la resistenza dei microrganismi agli antibiotici è attualmente considerata, a

livello mondiale, come uno dei principali problemi della sanità pubblica coinvolgendo sia la

medicina umana che la medicina veterinaria. È stato ampiamente dimostrato come il loro

utilizzo negli animali porti alla selezione di ceppi di batteri resistenti che hanno la possibilità

di colonizzare l’intestino e, conseguentemente, di essere eliminati con le feci contaminando

l’ambiente e gli alimenti derivati (Ricci A. & coll., 2003). In un recente lavoro sono stati testati,

per quanto riguarda l’antibioticoresistenza, ceppi di Escherichia coli ed Enterococchi isolati

da contenuto intestinale di bovini. Per entrambi i microrganismi, i livelli più elevati di

resistenza si evidenziavano in quelli provenienti da vitelli a carne bianca, il che è

sicuramente da mettere in relazione con il massiccio uso di sostanze ad azione antimicrobica

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in questa categoria di animali, utilizzati anche come promotori di crescita (Van den Bogaard

AE., 2000; Direttiva 97/72/CE, 1997; Busani Luca & coll.,2003).

Una delle principali problematiche che il settore deve affrontare, a seguito della messa al

bando da parte della UE a partire dal gennaio 2006 dell’uso di qualsiasi antibiotico promotore

di crescita (APC), è quindi quella di identificare nuove strategie nutrizionali che possano

coniugare le esigenze economiche degli allevatori con quelle a tutela dei consumatori per lo

sviluppo e la competitività del mercato del vitello a carne bianca.

In questa ottica si inseriscono gli alimenti funzionali che posseggono un valore aggiunto

rispetto al semplice valore nutritivo. L’uso di tali prodotti è particolarmente interessante

nell’animale giovane, dove l’immaturità del sistema immunitario e dell’attività digestiva lo

rendono più facilmente esposto a patologie di varia natura. La ricerca si sta muovendo in

questa direzione e restano tuttora ampi margini di studio. Tra le possibili soluzioni si stanno

valutando anche gli effetti benefici che possono fornire i probiotici (Chang YoungHyo & coll,

2001).

1.2 I PROBIOTICI

L'allevamento del vitello a carne bianca ha conosciuto negli ultimi anni una evoluzione ed

una specializzazione tali da richiedere una alimentazione curata e supportata con una

adeguata integrazione. Di primaria importanza è quindi la corretta alimentazione al fine di

prevenire e, nel caso, contenere le patologie enteriche così frequenti in condizioni di

allevamento intensivo. Il rivestimento interno del canale alimentare, la “tonaca mucosa”, è la

prima linea di contatto con eventuali agenti patogeni, allergeni, tossine batteriche, ed è

quindi necessario che ne sia mantenuta l’integrità anatomica, in modo che possa svolgere la

sua attività di barriera protettiva garantendo una buona funzionalità nel confronti della

digestione e dell’assorbimento dei nutrienti.

I probiotici sono microrganismi vitali che, se somministrati in quantità adeguata, conferiscono

un beneficio alla salute dell’ospite (FAO/WHO, 2001; Holzapfel & coll., 1998; Fuller & coll.,

1989). Essi influenzano positivamente l’equilibrio microbico intestinale grazie alla produzione

di acidi organici che riducono il pH dell’intestino inibendo la crescita di batteri indesiderati,

favoriscono la colonizzazione dell’apparato digerente da parte della microflora autoctona e

inibiscono la crescita di microrganismi potenzialmente patogeni. La loro abilità nell’aderire

agli enterociti impedisce l’adesione dei patogeni enterici. Inoltre sono in grado di

neutralizzare la produzione di enterotossine, di migliorare la capacità digestiva e di

assorbimento, di potenziare le difese immunitarie attraverso un’attività di

immunostimolazione (Buddington & coll., 2001; Jensen, 1999) con aumento della sintesi di

IgA (Hosono & coll.,1990; Fuller, 1990). In sostanza i ceppi probiotici sono quelli che

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agiscono come “riequilibratori” intestinali, stante la loro effettiva capacità di inibire la

colonizzazione dei germi intestinali putrefattivi, infiammatori e patogeni e di sostituirsi ad essi

in ambito gastrointestinale (De Vrese & coll., 2007). Da tale riequilibrio nasce tutta una serie

di benefici a ricaduta tipica dei probiotici, purché siano somministrati in quantità adeguata e

per il tempo dovuto. Sulla base delle conoscenze finora acquisite dalla comunità scientifica

internazionale sono stati definiti i criteri che permettono di selezionare un microrganismo ad

uso probiotico (Gibson & coll., 2000):

� possibilità di prepararlo su larga scala ed in un formato facilmente utilizzabile;

� vitalità e stabilità delle cellule batteriche durante la preparazione e il successivo

stoccaggio dei prodotti industriali nei quali verrà impiegato;

� sopravvivenza al passaggio attraverso il tratto gastrointestinale e quindi resistenza agli

acidi gastrici e ai sali biliari ed arrivo nel piccolo intestino in numero ottimale di cellule

vitali (circa 1 milione di unità/g di prodotto);

� capacità di adesione alla mucosa intestinale per un tempo sufficiente ad esercitare i

propri effetti benefici sull’ospite (Gismondo & coll., 1999; Morata de Ambrosini & coll.,

1999);

� assenza di tossicità.

Attualmente si utilizzano probiotici in coltura mista, scelti fra quelli ammessi dall’UE. Questi

sono isolati da diverse matrici, non necessariamente da contenuto intestinale. La capacità di

insediarsi nel tratto gastroenterico e/o di modulare la risposta immunitaria non è condivisa da

tutti i membri di una specie batterica, ma è un carattere proprio del singolo ceppo; per questo

l’autorizzazione all’uso è rilasciata singolarmente.

L’allevamento intensivo degli animali da reddito ha reso indispensabile il ricorso ad additivi

alimentari in grado di ridurre l’azione di numerosi fattori che incidono negativamente sul

costo di produzione. Il ricorso ai probiotici per migliorare le performance degli animali rientra

in questo contesto ed è da tempo oggetto di studio. Sia gli uni che gli altri, seppure con

modalità diverse, hanno come obiettivo quello di mantenere in condizioni di “normalità ed

efficienza” la microflora intestinale, al fine di ottimizzare lo stato di salute dell’animale ospite

(Savoini & coll., 2005; Baldi & coll., 2005). Per i promotori di crescita di natura

chemioantibiotica sono noti gli effetti positivi sulle performance degli animali, mentre per i

probiotici sussistono ancora molte incertezze sui meccanismi di azione mediante i quali sono

in grado di condizionare favorevolmente lo stato di salute. I probiotici possono operare in

ambito intestinale con modalità diverse in funzione della loro capacità di colonizzare

l’intestino (microrganismi residenti o transitanti) e delle caratteristiche intrinseche a ciascuno

di essi. È nota infatti la capacità di alcuni probiotici di agire in competizione con i batteri

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patogeni. Non meno importante è anche l’azione che altri probiotici possono svolgere nel

lume intestinale producendo enzimi utili per l’attività digestiva.

Il principio della variabilità genetica e quindi della diversità dei ceppi nell’ambito della stessa

specie/subspecie, si applica a tutta la flora microbica intestinale: ad esempio la specie

Lactobacillus acidophilus (batterio lattico), benché sempre commensale e mai patogena,

sembra presentare ceppi “specie-specifici”. Ciò significa che alcuni ceppi sarebbero più

adatti a colonizzare l’intestino umano, altri colonizzerebbero più facilmente quello di pollo,

altri quello di maiale, ecc. In aggiunta, ogni ceppo di L. acidophilus, nonostante l’affinità, si

differenzia da un altro per una miriade di sfumature genetiche, fisiologiche, metaboliche,

ecc., tutti fattori che hanno importanza quando si devono selezionare i microrganismi per uso

probiotico.

1.3 PROBIOSI NEL VITELLO A CARNE BIANCA

L’uso di probiotici per migliorare le performance degli animali da reddito è noto ormai da

tempo e il loro interesse ha subito un incremento in seguito all’abolizione degli antibiotici a

scopo auxinico dal gennaio 2006. In alimentazione animale vengono utilizzati tali prodotti

come additivi nella pratica zootecnica, per mantenere l’equilibrio della flora intestinale al fine

di garantire una migliore efficienza alimentare e produttività, tutelando allo stesso tempo, per

la loro sicurezza, l’ambiente e il consumatore. La normativa di riferimento per

l’autorizzazione dell’immissione sul mercato e l’utilizzazione degli additivi per mangimi e delle

premiscele per mangimi è il Regolamento (CE) 1831/2003, che ha lo scopo di istituire una

procedura comunitaria.

Come ampiamente spiegato nel paragrafo precedente, i probiotici esplicano la propria azione

a livello intestinale con un effetto sulla flora microbica, sulle cellule intestinali dell’epitelio

(integrità della barriera intestinale) (Nabuurs & coll., 2001; Soderholm & Perdue, 2001;

Bontempo & coll., 2006; Di Giancamillo & coll., 2008) e sul sistema immunitario (immuno-

modulazione locale) (Blecha & coll., 1984; Sheridan & coll., 1994). Il mantenimento

dell’equilibrio a livello intestinale è una problematica che può risultare ancor più sentita in

alcun forme di allevamento come quella del vitello a carne bianca in cui per i regimi

alimentari a cui gli animali sono sottoposti e per la gestione degli stessi, l’integrazione della

dieta con probiotici può risultare ancor più interessante. Il vitello a carne bianca, durante le

prime settimane di vita, è soggetto a dismicrobismi gastro-intestinali che si ripercuotono

negativamente sulla funzionalità digestiva, sulla produttività e sulla sicurezza sanitaria delle

carni macellate (Timmerman & coll., 2005). Le cause delle disbiosi sono da ricercarsi nelle

condizioni di allevamento, di alimentazione ma anche nell’utilizzo di antibiotici a scopo

terapeutico nella comune pratica zootecnica. Attualmente si utilizzano come additivi dei

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probiotici in coltura mista, scelti fra quelli ammessi dall’UE che spesso non provengono dalla

specie animale alla quale verranno poi somministrati, con conseguente perdita dell’ormai

riconosciuto effetto specie-specifico.

Tradizionalmente il loro impiego nell’allevamento dei vitelli a carne bianca è riferito

principalmente ai lattobacilli e bifidobatteri, i quali, quando somministrati in sufficienti

quantità, manifestano un impatto positivo sulla salute (Fumiaki & coll., 1995; Brooks & coll.,

2001).

Questi microrganismi trovano anche particolare applicazione nel prevenire o comunque

limitare i sintomi dello stress da svezzamento: si tratta di una sindrome patologica definita,

nota per la sua influenza sulla stabilità dell’ecosistema microbico. Va osservato che la

letteratura attuale riferisce in merito ai favorevoli benefici dell’impiego dei probiotici soltanto

in animali più giovani, più facilmente esposti agli stress ambientali e nutrizionali.

La selezione di ceppi lattici naturalmente residenti nel canale digerente dei vitelli a carne

bianca permette di potenziare l’effetto barriera nei confronti dei batteri patogeni, proteggendo

in questo modo la mucosa intestinale dalle infezioni. L’aggiunta di probiotici consente un più

corretto sviluppo della flora microbica intestinale; ne risulta un migliore stato di “gut health”

(sanità della mucosa gastro-enterica), che porta di conseguenza ad una migliore capacità di

assimilazione dei nutrienti (Giardini & Villa, 2007).

Lo scopo generale che si vuole ottenere con la probiosi nei vitelli è il mantenimento di una

buona igiene digestiva del vitello, che si ripercuote positivamente sullo stato di salute

intestinale e generale. In particolare si riducono l’incidenza, la gravità e la durata degli

episodi diarroici e talvolta dei problemi respiratori (Timmerman & coll., 2005), con

conseguente diminuzione dei trattamenti antibiotici.

1.4 CENNI DI ANATOMIA DELL’INTESTINO E MECCANISMI DI ASSORBIMENTO DEI

NUTRIENTI

L'intestino tenue , così chiamato perché di calibro sottile, è l'organo centrale per la

digestione e l'assorbimento delle sostanze nutritive ed è costituito da tre porzioni: duodeno,

digiuno ed ileo.

La tonaca mucosa è caratterizzata dalla presenza di estroflessioni della stessa, i villi

intestinali, che posseggono un epitelio costituito da cellule (gli enterociti) dotate di piccoli

prolungamenti (microvilli) che costituiscono una struttura ad elevato potere assorbente.

Queste strutture presentano dunque una ampia superficie disponibile per l’assorbimento

delle sostanze nutritive. Alla base dei villi si aprono come invaginazioni tubulari le strutture

ghiandolari dette cripte intestinali, anch’esse rivestite da un epitelio le cui cellule possiedono

microvilli per aumentare le capacità assorbenti (Fig. 1).

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In condizioni normali è presente un equilibrio dinamico tra le cellule epiteliali prodotte dalle

cripte intestinali e quelle che sfaldano alla sommità dei villi al fine di assicurare un normale

ricambio dell’epitelio, ma questo equilibrio può essere alterato, anche fortemente, in

condizioni patologiche o fisio-patologiche.

Figura 1: struttura dell’intestino tenue (fonte: http://incostress1.wordpress.com).

Le condizioni di stress, così frequenti negli allevamenti intensivi, possono causare una

diminuzione dell’assunzione di cibo che, a sua volta, può determinare un calo della massa e

della componente mucosale dell’intestino tenue che ha come esito una grave atrofia dei villi

con iperplasia delle cripte. Le alterazioni in senso diminutivo a livello dei villi possono

causare importanti limitazioni nell’assorbimento dei nutrienti-chiave, che normalmente

vengono impiegati per massimizzare la crescita dei tessuti periferici, soprattutto i muscoli

scheletrici.

L’intestino crasso ha anch’esso una funzione di assorbimento, soprattutto di elettroliti,

acqua ed acidi grassi a corta catena; esso è costituito da: cieco, colon (ascendente, traverso,

discendente) e retto. La mucosa dell’intestino crasso si differenzia da quella del tenue in

quanto non sono presenti i villi intestinali ma solo le cripte.

L’intestino è dotato inoltre di una struttura specificamente deputata alla difesa locale (figg. 2

e 3), il GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue, Tessuto Linfatico Associato all’Intestino)

costituito da follicoli linfatici isolati oppure aggregati a formare voluminosi ammassi, chiamati

“placche di Peyer”. I follicoli linfatici sono ammassi rotondeggianti di un particolare tessuto

connettivo, il tessuto linfatico, così chiamato perché ospita un numero elevatissimo di cellule

difensive, tra le quali si annoverano i linfociti, le plasmacellule ed i macrofagi. Del GALT

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fanno inoltre parte numerose cellule difensive che non si aggregano a formare follicoli ma

che rimangono isolate.

La risposta difensiva intestinale inizia a livello delle placche del Peyer, dove cellule

specializzate (cellule M) situate nell’epitelio intestinale sovrastante trasportano gli antigeni

dal lume al connettivo sottostante.

Figura 2: Struttura della parete dell’intestino tenue (fonte: www.ugr.es)

In questa sede i macrofagi fagocitano gli antigeni e li presentano ad una particolare classe di

linfociti, i linfociti T helper CD4-positivi che, a loro volta, stimolano i linfociti B. Questi ultimi,

provenienti dalla circolazione linfatica, penetrano nella tonaca mucosa e si differenziano in

plasmacellule produttrici di immunoglobuline di classe G o A (IgG, IgA).

Figura 3: Meccanismo della stimolazione immunitaria intestinale (fonte: www.nature.com)

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2. OBIETTIVO DEL PROGETTO E STEP OPERATIVI

Identificare i cloni probiotici già presenti nell’ambiente intestinale e somministrarli può avere

un effetto di compensazione delle disbiosi molto più efficace di quello ottenuto tramite

semplice somministrazione di probiotici non specie-specifici.

Per raggiungere l’obiettivo generale sono stati creati più obiettivi specifici:

Fase 1 – sperimentazione in vitro

• Identificare i biotipi di batteri lattici (linee clonali specie-specifiche) maggiormente

presenti nella flora intestinale del vitello a carne bianca in modo da avere un primo

quadro generale dei lattobacilli presenti.

• Selezionare i biotipi, tra quelli isolati, che presentano migliori qualità probiotiche.

Fase 2 - sperimentazione in vivo

• Somministrare in vivo i ceppi isolati per valutarne l’efficacia.

Questo approccio di studio intende ampliare due campi fondamentali:

� aumentare la conoscenza della flora lattica intestinale del vitello a carne

bianca;

� valutare i benefici ottenuti dalla somministrazione di probiotici autoctoni

(specie-specifici).

L’obiettivo del progetto è quello di verificare se la somministrazione nei vitelli

a carne bianca di batteri lattici intestinali specie-specifici a funzionalità

probiotica permetta di ottenere migliori effetti sia dal punto di vista zootecnico

che sullo stato di salute degli animali.

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FASE 1 – SPERIMENTAZIONE IN VITRO

3. PARTE SPERIMENTALE

Figura 4 : Prelievo in allevamento dei campioni fecali

3.1 - Prelievo dei campioni fecali

Per il nostro studio abbiamo scelto at random:

- 40 vitelli a carne bianca (di circa 50 giorni) di razza Frisona (per il 95%) incrociata con le

razze Blu Belga e Simmental (per il 5%), provenienti da 4 diversi allevamenti situati nella

provincia di Brescia (8-12 per allevamento). Per quanto riguarda la dieta essi hanno

ricevuto un’alimentazione lattea addizionata, a partire dall’8°-10° giorno dopo il ristallo,

con un’alimentazione solida integrata gradualmente. Il prelievo fecale è stato effettuato in

triplo per ottenere un campione omogeneo. I campioni sono stati poi trasportati in

laboratorio in appositi contenitori (Fekal™ enteric plus, Oxoid) a temperatura refrigerata e

analizzati entro le 24 ore.

3.2 - Isolamento dei batteri lattici di origine fecale

I campioni fecali (10 g) sono stati omogenati mediante Stomacher e processati secondo il

metodo delle diluizioni seriali in soluzione salina: 0,1 mL di ogni diluizione sono stati inoculati

su MRS agar (deMan Rogosa Sharpe, Oxoid) per l’isolamento di Lactobacillus spp., M17

agar (Oxoid) per l’isolamento di Lactococcus spp. e Beerens Agar (Oxoid) per l’isolamento di

Bifidobacterium spp. Le piastre per la ricerca dei Lattobacilli e dei Bifidobatteri sono state

poste ad incubare in condizioni di anaerobiosi a 37°C per 48-72 ore, mentre le piastre di M17

sono state poste ad incubare in aerobiosi a 37°C pe r 48-72 ore. Per ogni piastra che

IDENTIFICAZIONE DEI BIOTIPI DI BATTERI LATTICI INTESTINALI DEL VITELLO A

CARNE BIANCA E SELEZIONE DEI CEPPI PROBIOTICI DA SOMMINISTRARE IN

ALLEVAMENTO

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12

presentava colonie ben isolate sono state prelevate quelle risultate morfologicamente

differenti e poste in MRS brodo (Oxoid). I brodi sono stati incubati in anaerobiosi per 48 ore

prima di essere nuovamente seminati sui rispettivi terreni colturali per verificare la purezza

degli isolati. Le colonie selezionate (in totale 160) sono state conservate mediante sistema

cryovials (MicrobankTM, Pro-Lab Diagnostics) e poste a – 70°C per evitare di effettuare

ulteriori passaggi microbici al fine di evitare di favorire eventuali mutazioni che potrebbero

portare a modificazione clonale.

3.3 - Identificazione dei ceppi

Sequenziamento del gene 16S rRNA

Questa metodica permette di identificare e differenziare specie e ceppi batterici integrandosi

con le altre tecnologie adibite a questo scopo (PCR, RFLP, PGFE, Ribotyping, ecc.). È un

sistema biomolecolare di identificazione batterica che consiste nell’analisi filogenetica del

gene per l’RNA ribosomale 16S mediante la tecnica del sequenziamento del DNA.

Metodologia di identificazione

1. Ottenimento delle sequenze con il sistema MicroSeq 500 (16S rDNA PCR & Sequencing

Kits, Applied Biosystem) che consente l’amplificazione e il sequenziamento di 500 bp

dell’RNA ribosomale 16S.

2. Sequenziamento mediante il sequenziatore automatico (GA3130 Applied Biosystems).

3. Identificazione della sequenza mediante confronto con la banca dati MicroSeq ID

(MicroSeq ID Analysis Software v1.0 for microbial identification of bacteria and fungi,

Applied Biosystems) che contiene più di 1400 sequenze di riferimento, tra cui quelle di 46

specie di Lattobacillus e di 37 specie di Streptococcus, e ricerca (per ogni sequenza)

dell’omologia mediante confronto con la banca dati Blast.

Criteri di identificazione

1. Se i risultati della ricerca in MicroSeq ID e in Blast coincidono è considerata valida

l’identificazione di specie fornita da MicroSeq ID.

2. Se i risultati non coincidono:

− è considerata valida l’identificazione di specie di Blast se la specie identificata in Blast

non è presente anche in MicroSeq ID;

− è considerata valida l’identificazione di specie di MicroSeq ID se la specie identificata

in Blast é presente anche in MicroSeq ID (perché le sequenze di riferimento che si

trovano in quest’ultima sono validate e garantiscono un grado di affidabilità

maggiore).

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13

Ribotipizzazione

Cenni generali

La ribotipizzazione automatica che si ottiene con il RiboPrinter® System (DuPont Qualicon) è

un sistema di fingerprinting genetico dei microrganismi che permette di identificarli e

caratterizzarli in modo estremamente sicuro e veloce, discriminando accuratamente non solo

i generi e le specie, ma anche i singoli ceppi. La ribotipizzazione (ribotyping) utilizza dei

frammenti di acidi nucleici derivati dalla digestione del genoma batterico con un enzima di

restrizione. Il metodo consente la caratterizzazione e l’identificazione dei batteri mediante

ibridazione di una sonda ribosomiale sui frammenti di DNA separati in base al peso

molecolare. Ne risulta una specifica impronta, detta "RiboPrint pattern" che visualizza la

distribuzione normalizzata di frammenti di DNA di varie dimensioni del genoma di ceppi

diversi di microrganismi. Lo strumento analizza il pattern di ogni campione e lo confronta con

altri pattern archiviati nella Banca dati fornita col sistema. Se si verifica una corrispondenza

(percentuale di similarità > 95%), il campione è identificato e gli viene assegnato un nome

tassonomico; in caso contrario l’impronta viene comunque archiviata senza un nome preciso

oppure con un codice di identificazione dato dall’utilizzatore. Quando, successivamente, lo

stesso microrganismo sarà processato, il sistema sarà in grado di riconoscerlo. Il sistema

confronta i campioni con un database per consentire l’identificazione di genere, specie e

ceppo. Per eseguire la caratterizzazione lo strumento raffronta il campione in esame con

ognuno dei campioni già precedentemente processati. La caratterizzazione è indipendente

dall’identificazione. Tutti i campioni sono caratterizzati automaticamente. I risultati del

confronto statistico dicono immediatamente all’utilizzatore se il microrganismo in questione è

già stato analizzato. I risultati dell’analisi di più di 10.000 ceppi, hanno dimostrato che i

frammenti di RNA ribosomale (rRNA) sono altamente conservati a livello di genere e specie.

Ciò permette di identificare il genere e la specie della maggior parte dei batteri in base a una

data e specifica combinazione di questi frammenti. Due o più specie appartenenti allo stesso

genere condividono una certa quantità di DNA codificante rRNA, ma ognuna contiene bande

conservate (frammenti di rRNA) presenti in una precisa posizione solo in quella specie,

mentre sono assenti nelle altre. I frammenti non conservati polimorfici invece rappresentano i

caratteri per differenziare i biotipi.

Criteri di identificazione

I microrganismi processati che presentavano una similarità superiore allo 0.85 con un clone

registrato in banca dati sono stati identificati direttamente dallo strumento mediante

assegnazione della specie e di un Ribotipo (DUP).

Il Ribogruppo è invece attribuito dallo strumento a tutti i campioni analizzati, anche a quelli

non identificati: ogni volta che un ceppo viene ribotipizzato il suo profilo è confrontato con

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14

tutti i microrganismi processati fino a quel momento. Se la similarità fra due ceppi risulta

superiore allo 0.93 è assegnato il medesimo codice identificativo (figura 5). Altri ceppi

possono anche essere aggiunti a ribogruppi esistenti se la loro similarità rispetto al profilo

medio del Ribogruppo è > 0.90.

Sfruttando quindi l’informazione del Ribotipo e del Ribogruppo sono stati identificati la

maggior parte dei ceppi microbici.

Per i batteri che, pur appartenendo al medesimo Ribogruppo non sono stati riferiti ad alcun

Ribotipo, si è effettuata l’identificazione mediante sequenziamento rRNA 16S (esempio: S.

macedonicus e S. bovis).

I profili ottenuti da tutti i ceppi analizzati sono stati esportati e sottoposti ad analisi cluster

mediante l’uso di un programma software che ha eseguito l’analisi della variabilità utilizzando

l’UPGMA (unweighted pair group method using average linkages): il risultato di tale

elaborazione è stata la creazione di grafici chiamati dendrogrammi (ad es. figura 9).

Figura 5: Differenziazione fra ribotipo e ribogruppo e relativa identificazione o caratterizzazionedel ceppo analizzato

La selezione dei cloni da testare per le qualità probiotiche è stata effettuata scegliendo

all’interno delle specie maggiormente isolate il clone più numeroso.

3.4 - Valutazione delle qualità probiotiche

Nel corso del presente progetto è stato considerato un pool di parametri atti a caratterizzare

l’attività probiotica in vitro dei ceppi isolati dal contenuto fecale di vitelli a carne bianca,

RibotipoRibotipo e e ribogrupporibogruppo

RibotipoRibotipo

>0.85>0.85RibogruppoRibogruppo

>0.95>0.95

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15

considerando le loro caratteristiche funzionali. Sulla base delle linee guida stabilite

dall’Unione Europea, si sono così valutate proprietà quali:

1. Resistenza ad un basso pH gastrico, al succo gastrico e al succo pancreatico,

fondamentale per il raggiungimento dei probiotici nella sede intestinale in forma attiva

e vitale.

2. Produzione di acidi organici, importante per l’azione battericida nei confronti dei

patogeni.

3. Adesione all’epitelio intestinale è considerato uno dei requisiti preliminari per la

colonizzazione dei probiotici a livello intestinale al fine di esercitare il loro effetto

benefico.

Valutazione della resistenza al pH gastrico e alla b ile

Al fine di valutare la capacità degli isolati di sopravvivere ai succhi gastrici e al fluido

intestinale, sono state condotte due prove in parallelo, trattando i batteri con succo gastrico

artificiale (NaCl 125mmol/l, KCl 7mmol/l, NaHCO3 45mmol/l, pepsina 3g/l) a pH=3.0 e a

pH=7.0 come controllo al fine di valutare il solo effetto dato dalla variazione del pH e dalla

presenza di pepsina. Il monitoraggio delle colonie vitali è stato effettuato mediante diluizioni

seriali 1:10 in PBS sterile e semina su piastre di MRS agar dopo 0, 90 e 180 min sotto

costante agitazione a temperatura ambiente. Dopo180 min, il succo gastrico è stato

eliminato per centrifugazione e al pellet batterico è stato aggiunto il fluido intestinale

artificiale (pancreatina 0.1% w/v, bile 0.3% w/v) a pH=8.0. Il monitoraggio è stato realizzato

mediante diluizioni seriali e semina su piastre di MRS agar a t = 0, 90 e 180 minuti

(corrispondenti a t = 180, 270 e 360 min dell’intero esperimento). Nella figura 6 è

schematizzata la metodologia adottata.

Tempi monitoratiAggiunta di succo gastrico artificiale (pepsina) (pH3 e

pH7 come controllo)

Aggiunta di fluido intestinale artificiale (pancreatina e bile)

(pH8)

0 min

90

180

270

360

Aliquote batteriche pure allaconcentrazione di108 CFU/ml

Figura 6: Test di resistenza al pH acido, al succo gastrico ed al fluido intestinale.

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16

Sono state quindi create due tipi di curve: in una è possibile valutare la resistenza del ceppo

all’acidità del succo gastrico ed alla pepsina; nell’altra, limitando la variazione del pH,

vengono valutati solo gli effetti causati dalla pancreatina e dalla bile.

Produzione di acidi organici

La produzione di acidi organici (propionico, acetico, lattico, butirrico, iso-butirrico) è stata

determinata tramite analisi gascromatografica. Lo strumento utilizzato è un gas-cromatografo

Perkin Elmer Autosystem XL fornito di rivelatore FID.

Valutazione della capacità adesiva in vitro

Come modello in vitro dell’epitelio intestinale è stata utilizzata la linea cellulare Int-407. Tali

cellule sono di derivazione embrionale umana (2 mesi) e di origine ileo-digiunale. Utilizzando

tale linea, è possibile costruire un modello in vitro dell’epitelio intestinale, formato da un

monostrato di cellule accoppiate da giunzioni strette e caratterizzate dalla presenza di una

complessa struttura extracellulare. Possiedono inoltre microvilli corti e sparsi lungo l’intera

superficie cellulare. La valutazione dell’adesione è stata effettuata in modo diretto su vetrino

“Chamber-Slide” (Nunc Lab-Tek) con successiva colorazione di Giemsa. I batteri adesi sono

stati visualizzati mediante un sistema microscopico (ingrandimento 100X ad immersione)

collegato a software per analisi d’immagine Image Vision (Media Cybernetics). L’adesione è

stata valutata in 20 campi microscopici casuali determinando la media dei batteri adesi per

100 cellule epiteliali ± deviazione standard (Gopal et coll., 2001). La metodologia adottata è

schematizzata nella figura 7.

Int-407: linea intestinaleembrionale umana

Chamber slide (Nunc Lab-Tek)

Colorazione diGiemsa

Ingrandimento:100x (immersione olio)

Aggiunta di aliquote batterichepure alla concentrazione di108

CFU/ml diluite in DMEM (pH 5.0e pH 7.0)

Step 1

Incubazione: 1

h 37°C, 5% CO2

Step 2

Step 3

Figura 7: Test di adesione al monostrato cellulare intestinale INT-407

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17

L’adesione all’epitelio è stata valutata in diverse condizioni di pH. È infatti noto che il lume

intestinale risulta essere basico mentre a livello dell’epitelio si assiste ad una riduzione dei

valori di pH. Come controllo negativo interno della metodologia considerata, si è utilizzato il

ceppo di Bifidobacterium longum in quanto in nessuna delle condizioni considerate esso

presentava un’apprezzabile adesione (<10 batteri adesi per campo microscopico). Come

controllo positivo si è utilizzato il ceppo di Bacillus coagulans in quanto in ogni condizione

considerata presentava un’adesione >100 batteri adesi per campo visivo.

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18

FASE 1 – SPERIMENTAZIONE IN VITRO

4. RISULTATI

4.1 - Isolamento dei batteri lattici di origine fecale

Tutti i ceppi isolati dai campioni fecali sono stati sottoposti a ribotipizzazione per un totale di

145 analisi: per alcuni microrganismi è stata ottenuta direttamente l’identificazione microbica

mentre i ceppi microbici per i quali il RiboPrint® non ha fornito alcuna identificazione di

specie sono stati sottoposti a sequenziamento 16S rRNA .

I risultati sono riassunti nel grafico seguente:

Figura 8: Specie microbiche isolate dai campioni fecali di vitelli a carne bianca

L’identificazione di Bifidobacterium longum è stata confermata mediante sequenziamento

16S rRNA. B. longum è risultato essere la specie batterica predominante tra i microrganismi

isolati (44.6%) con un elevato numero di cloni diversi, come evidenziato nel dendrogramma

seguente:

Figura 9: Dendrogramma relativo ai ceppi isolati di B. longum e L. animalis (non è riportata laspecie poiché alcune identificazioni non hanno ottenuto un indice di similarità > 0.85). Algruppo VII è stato assegnato il Ribotipo DUP 13603; al gruppo XV DUP 13305. La freccia indicaL. animalis DUP 16644

IDENTIFICAZIONE DEI BIOTIPI DI BATTERI LATTICI INTESTINALI DEL VITELLO A

CARNE BIANCA E SELEZIONE DEI CEPPI PROBIOTICI DA SOMMINISTRARE IN

ALLEVAMENTO

14%

9%

5%4%

3%3%2%2%2% 2%

9%

45%

Bifidobacterium longum

Streptococcus bovis

Streptococcus macedonicus/bovis

Lactobacillus animalis

Streptococcus macedonicus

Pediococcus spp.

Lactobacillus paracasei ssp. paracasei

Lactobacillus salivarius ssp. salicinius

Bacillus coagulans

Lactobacillus ruminis

Lactobacillus fermentum

Lactobacillus reuteri

Lactobacillus delbrukii, Lactobacillus delbrukii ssp. lactis, Lactobacillus paracasei ssp. tolerans, Lactobacillus

salivarius ssp. salivarius, Lactobacillus murinuse Streptococcus hominis (percentuale di identificazione <

1%)

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19

Pearson correlation (Opt:1.56%) [0.0%-100.0%]VCA

100

90

80

70

60

50

40

30

20

VCA

la2*/20(13/12)

4*/17 apt 2006

4*/36 mrs 2006

la3*/8(28/12) 2

4*/35 apt 2006

la2/34(12/12) 2

la17(6/12) 2005

la4*/1(28/12) 2

la3*/17(28/12)

la16apt(6/12) 2

la40 (12/12) 20

la15apt(6/12) 2

la3*/20(28/12)

la3*/42(28/12)

3*/41 mrs 2006

la3*/23(28/12)

2/36 2005

la2*/28(13/12)

2/40 2005

2*/2 mrs 2006

la3*/37(28/12)

la2/11(12/12) 2

la3*/25(28/12)

la2*/6(13/12) 2

la7(6/12) 2005

la2*/21(13/12)

la2*/22(13/12)

la4 (12/12) 200

2*/4 apt 2006

2/31 2005

2/35 2005

la2*/18(13/12)

2*/26 2006

la19(6/12) 2005

la3*/3(28/12) 2

la3*/9(28/12) 2

la3*/36(28/12)

la2/12(12/12) 2

la2*/26(13/12)

la2*/25(13/12)

la3*/7(28/12) 2

4*/11 mrs 2006

la2*/14(13/12)

la3*/35(16/12)

la29 2005

la3*/32(16/12)

la3*/29(16/12)

la3*/29(28/12)

la3*/10(28/12)

3*/31 mrs 2006

la3*/27(16/12)

la3*/40(16/12)

la3*/15(28/12)

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Bifidobacterium

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

Lactobacillus

species

species

species

species

species

spp

spp

species

species

spp

spp

spp

species

species

species

species

species

species

species

species

species

spp

species

species

spp

species

species

spp

species

species

species

species

species

spp

species

species

species

spp

species

species

species

species

animalis

animalis

animalis

species

animalis

animalis

animalis

animalis

animalis

animalis

animalis

I

II

III

IV

V

VI

VII

VIII

IX

X

XI XII

XIII XIV

XV

XVII

XVIII

XVI

IX XX

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20

Per quanto riguarda i bifidobatteri, se consideriamo una similarità tra i diversi ceppi

processati superiore all’80% possiamo identificare 20 raggruppamenti clonali: i più numerosi

sono il DUP 13603 (gruppo VII) e il DUP 13305 (gruppo XV). Tale dato mette in risalto l’alta

variabilità clonale di B. longum. L. animalis è risultato essere un microrganismo poco

diversificato poiché identificato con 2 soli ribotipi: DUP 5009 e DUP 16644.

Gli altri batteri lattici presenti in percentuale elevata nei campioni fecali sono stati:

Streptococcus bovis e Streptococcus macedonicus (figura 10).

Pearson correlation (Opt:1.56%) [0.0%-100.0%]

VCA

100

90

80

70

60

50

40

30

VCA

2/30 2005

2/37 2005

la3*/38(16/12)

la22(12/12) 05

la20(12/12) 200

la1 2005

la19(12/12) 200

la21 (12/12) 20

la27(12/12) 200

la24(12/12) 200

la4*/10(28/12)

la2 2005

la23(12/12) 200

la5 2005

la4*/6(28/12) 2

la3 C 2005

la2(6/12) 2005

la4*/5(28/12)

la3*/33(16/12)

la8(12/12) 2005

la2*/1(13/12) 2

2/32 05

la2/38(12/12) 2

la4*/3(28/12) 2

la2*/18(13/12)

la3*/12(28/12)

la3*/1(13/12) 2

la3*/30(16/12)

Figura 10: Dendrogramma relativo ai ceppi isolati di Streptococcus bovis/macedonicus (S.macedonicus è indicato con una freccia a lato).

Streptococcus macedonicus non è risultato presente nella libreria del RiboPrint®; si è quindi

proceduto ad un ulteriore identificazione mediante sequenziamento del 16S rRNA con l’uso

di primer specifici confermando quindi la caratterizzazione effettuata mediante

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ribotipizzazione e evidenziando due cloni di S. macedonicus molto distanti filogeneticamente

fra loro.

Dai risultati ottenuti sono stati selezionati per lo step successivo i seguenti cloni batterici,

basandoci principalmente sulla loro prevalenza:

o Lactobacillus animalis DUP 5009

o Streptococcus macedonicus (identificato mediante sequenziamento)

o Bifidobacterium longum DUP 13305

o Lactobacillus salivarius ssp. salicinius DUP 16951

o Lactobacillus paracasei ssp. paracasei DUP 13077

o Bacillus coagulans Ribogroup 189-444-S-1

Per quanto riguarda B. longum, è stato selezionato un microrganismo appartenente al

gruppo XV risultato fra i due più numerosi. Si è scelto di non testare altri bifidobatteri poiché

essi sono particolarmente “delicati” e richiedono notevole attenzione nella fase di

conservazione del prodotto commerciale. Si è effettuata la valutazione probiotica di

Streptococcus macedonicus e non di Streptococcus bovis poiché quest’ultimo viene descritto

in letteratura come agente di acidosi ruminale e come potenzialmente patogeno per l’uomo

(Tafe & coll., 2007). Infine è stato selezionato, anche se presente in bassa percentuale, B.

coagulans perchè la sua capacità di formare spore risulta una caratteristica promettente per

la somministrazione per via orale di un probiotico.

4.2 - Valutazione delle qualità probiotiche

Valutazione della resistenza al pH gastrico e alla b ile

Nelle figure 11, 12, 13 e 14 sono riportati i grafici relativi alla vitalità espressa come LogUFC

(unità formanti colonia)/ml dei ceppi considerati dopo trattamento con succo gastrico e fluido

intestinale artificiali. Considerando i risultati relativi a L. animalis (figura 11), si può vedere

come il trattamento con succo gastrico a pH = 3.0 non provochi una riduzione significativa

della concentrazione batterica e come l’andamento della vitalità sia paragonabile al

trattamento con succo gastrico a pH = 7.0. Anche dopo l’aggiunta del fluido intestinale a pH

= 8.0, le colonie contabili rimangono pressoché costanti. L’andamento di questo ceppo risulta

sovrapponibile al comportamento del ceppo di Bacillus coagulans (dati non mostrati). Per

quanto riguarda L. salivarius ssp. salicinius (figura 12), il numero delle colonie visibili e

contabili in seguito all’aggiunta del succo gastrico a pH 3.0 e 7.0, rimane costante fino a 180

min. La variazione del pH da 3.0 a 8.0 successiva all’aggiunta del fluido intestinale causa

una riduzione significativa (P < 0.001) della vitalità batterica (8.65 ± 0.03 LogUFC/ml t = 0 vs

7.95 ± 0.02 LogUFC/ml t = 270 pH = 3.0). Nella curva di controllo a pH = 7.0 invece non è

visibile questa variazione, per cui il ceppo risulta essere molto sensibile all’alcalinizzazione

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22

più che all’aggiunta del fluido intestinale. L. paracasei ssp. paracasei (figura 13), ha un

comportamento simile a L. salivarius ssp. salicinius. Anche in questo caso il numero delle

colonie vitali in seguito all’aggiunta del succo gastrico rimane costante all’aggiunta del fluido

intestinale (t = 180 min). La variazione del pH da 3.0 a 8.0 successivamente all’aggiunta del

fluido intestinale causa una riduzione significativa (P < 0.001) della concentrazione batterica,

da 8.38 ± 0.14 LogUFC/ml (t = 0) a 7.06 ± 0.03 LogUFC/ml (t = 360, pH = 3.0). Anche questo

ceppo risulta sensibile all’alcalinizzazione in quanto non si assiste a nessuna diminuzione

della vitalità batterica nella curva di controllo. Streptococcus macedonicus (figura 14) risulta

essere il ceppo testato maggiormente sensibile. In seguito all’aggiunta del succo gastrico a

pH = 3.0 si assiste ad un calo della vitalità fino all’azzeramento. Anche nella curva di

controllo a pH = 7.0, si può notare una diminuzione molto significativa (P < 0.001) nella conta

batterica causata dal tempo (8.58 ± 0.04 LogUFC/ml t = 0 vs 8.36 ± 0.01 LogUFC/ml t =

180) e dall’aggiunta del fluido intestinale (8.58 ± 0.04 LogUFC/ml t = 0 vs 7.63 ± 0.02

LogUFC/ml t = 360). Il test di resistenza effettuato su Bifidobacterium longum non ha fornito

risultati significativi in quanto necessita la messa a punto di metodi di indagine più laboriosi al

fine di assicurare il mantenimento delle strette condizioni di anaerobiosi necessarie per la

vitalità di questo specifico ceppo.

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0 90 180 270 360

Tempo (min)

LogU

FC

/ml

pH3

pH7

Figura 11: Effetto del succo gastrico e del fluido intestinale su L. animalis: la freccia indica l’aggiunta delfluido intestinale pH = 8.0 a 180min

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23

6

6,5

7

7,5

8

8,5

9

9,5

10

0 90 180 270 360

Tempo (min)

LogU

FC

/ml

pH3

pH7

Figura 12: Effetto del succo gastrico e del fluido intestinale su L. salivarius ssp. salicinius: la frecciaindica l’aggiunta del fluido intestinale pH=8.0 a 180min

6

6,5

7

7,5

8

8,5

9

9,5

10

0 90 180 270 360

Tem po (m in)

LogU

FC

/ml

pH3

pH7

Figura 13: Effetto del succo gastrico e del fluido intestinale su L. paracasei ssp. paracasei: la frecciaindica l’aggiunta del fluido intestinale pH=8.0 a 180min

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0 90 180 270 360

Tempo (min)

LogU

FC

/ml

pH3

pH7

Figura 14: Effetto del succo gastrico e del fluido intestinale su Streptococcus macedonicus: la frecciaindica l’aggiunta del fluido intestinale pH = 8.0 a 180min

**

* P<0.001

* * * *

* * *

* P<0.001

* P<0.001

* *

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24

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

L. animalis Bacillluscoagulans

L. salivariusssp salicinius

L. paracaseissp paracasei

mm

ol/l

Anaerobiosi

Microaerobic

0

50

100

150

200

250

300

L. animalis Bacillluscoagulans

L. salivariusssp salicinius

L. paracaseissp paracasei

Anaerobiosi

Microaerofilia

Produzione di acidi organici

L’analisi degli acidi organici prodotti dai vari ceppi dopo 24 ore di crescita in anaerobiosi e

microaerofilia, ha fornito i risultati esposti nella figura 15 indicati in mmol/l. Come standard di

riferimento per i campioni analizzati sono state utilizzate soluzioni standard commerciali di

acidi grassi volatili e acido lattico (Superchrom).

La media della produzione di acido propionico risulta essere pari a 0.277 ± 0.067 mmol/l per

tutti gli isolati. Per la produzione di acidi acetico e lattico è possibile osservare un effetto

legato al ceppo, al tempo ed alla condizione di crescita in anaerobiosi o in microaerofilia, e

per il quale potrebbe esistere una correlazione positiva con l’attività antimicrobica dei

probiotici contro i patogeni. Numerosi studi hanno associato l’attività antagonista dei

probiotici nei confronti dei patogeni alla produzione di acidi organici ed al successivo

abbassamento del pH (Mishra & Lambert, 1996; Ouwehand, 1998). In modo particolare,

l’acido acetico possiede capacità inibitoria maggiore dell’acido lattico (Ouwehand, 1998). I

ceppi che producono acido acetico in maggiore quantità sono L. salivarius spp salicinius e L.

paracasei spp. paracasei in microaerofilia seguiti da L. animalis e Bacillus coagulans in

anaerobiosi. I maggiori produttori di acido lattico risultano L. animalis in anaerobiosi e L.

salivarius spp. salicinius - L. paracasei ssp. paracasei in microaerofilia. Gli acidi butirrico ed

isobutirrico e l’etanolo sono invece presenti solo in tracce in tutti i ceppi testati (dati non

mostrati).

Figura 15: Produzione di acidi organici (mmol/L) da parte dei ceppi batterici testati

Acido acetico Acidolattico

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3 L. paracasei ssp. paracasei pH 7

1 L. animalis pH 7

4 L. paracasei ssp. paracasei pH 5

2 L. animalis pH 5 Controllo negativo: B. longum

Controllo positivo p H5:B. coagulans

Valutazione della capacità adesiva in vitro

I ceppi più adesivi risultano L. animalis e L. paracasei ssp. paracasei (tabella1, figura 16).

L’adesione di L salivarius ssp. salicinius risulta invece maggiore a pH acido.

Tabella 1: Quantificazione dei batteri adesi alle cellule della linea Int-407. I dati sono presentaticome numero medio di batteri adesi su 20 campi microscopici ± deviazione standard

L. salivarius ssp.salicinius pH 7.0

L. salivarius ssp.salicinius pH 5.0

L. animalispH 7.0

L. animalispH 5.0

L. paracasei ssp.paracasei

pH 5.0 e pH 7.0

Int-407 < 10 30 ± 12 40 ± 22 60 ± 10 > 100

Figura 16: Immagini acquisite con software Image Vision. Ingrandimento 100X ad immersione (sonocerchiati i batteri adesi in singolo e in aggregato)

L’utilizzo di metodologie scientificamente controllate che diano risultati statisticamente significativi

e riproducibili, nonostante le difficoltà nel caratterizzare attendibilmente i ceppi probiotici usando

metodiche in vitro, rimane un primo passo usufruibile nella scoperta di nuovi candidati probiotici

(Annuk & coll., 2003; Sangalli & coll., 2004). I metodi considerati nella presente ricerca si sono

rivelati semplici e veloci da utilizzare per un primo screening delle caratteristiche funzionali di un

probiotico e soprattutto si sono dimostrati efficaci nel selezionare alcuni ceppi di batteri isolati dal

contenuto fecale di vitelli, come possibili candidati probiotici. Anche se i risultati ottenuti in vitro

non possono essere considerati lo specchio di un comportamento analogo in vivo, essi

rappresentano una prima indicazione della loro abilità come probiotici (Fernandez et al., 2003).

L’insieme dei parametri da noi considerato si è rivelato un valido strumento discriminante l’attività

probiotica dei batteri isolati, considerando anche un ceppo batterico dalle note capacità

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probiotiche quale B. coagulans (Tabella 2). Dei ceppi testati, L. animalis, L. paracasei ssp.

paracasei e B. coagulans hanno mostrato di possedere qualità positive a tutti i fattori considerati,

mentre S. macedonicus ha presentato un’alta sensibilità al trattamento con succo gastrico e

fluido intestinale e L. salivarius ssp. salicinius ha mostrato la capacità di aderire al monostrato

cellulare intestinale solo a pH acido. Infine, B. longum ha mostrato un limitato potenziale come

ceppo probiotico rispetto agli altri microrganismi testati.

Tabella 2: Riassunto delle proprietà probiotiche valutate sui ceppi isolati

L. animalis L. paracasei ssp.paracasei

L. salivarius ssp.salicinius

B. coagulans

Resistenza a pH e bile +++ ++ + +++

Produzione di acidiorganici

+++ +++ ++ ++

Adesione su Int-407 ++ +++ > pH 5 +++

Sulla base dei risultati ottenuti, sono stati selezionati per la fase successiva del progetto che

prevede la fermentazione dei ceppi e la somministrazione in vivo in vitelli a carne bianca:

� Lactobacillus animalis DUP 5009,

� Lactobacillus paracasei ssp. paracasei DUP 13077,

� Bacillus coagulans RiboGruppo 189-444-S-1.

4.3 - Il formulato probiotico

I microrganismi isolati nella fase 1 sono stati prodotti in forma liofilizzata (Veneto Agricoltura -

Thiene); le formulazioni così ottenute sono state titolate su MRS agar per controllare la

concentrazione microbica dichiarata (IDF STD 50B:1985) e la corrispondenza clonale con i

ceppi originari prima di utilizzare il formulato per la fase 2: sperimentazione in vivo. Si è

quindi proceduto alla preparazione del mix di fermenti da somministrare in modo da ottenere

un formulato finale contenente mediamente 1.4 x 1010 unità formanti colonie/g, la cui

composizione microbica è così ripartita:

� 25 % Lactobacillus animalis DUP 5009;

� 25% Lactobacillus paracasei ssp. paracasei DUP 13077;

� 50% Bacillus coagulans RiboGroup 189-444.

L’altro ceppo microbico utilizzato per la prova in vivo è stato Enterococcus faecium

(Medipharm; titolo 1.5 x 1010 ufc/g); è un probiotico già presente sul mercato che non è stato

originariamente isolato dai vitelli a carne bianca.

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FASE 2 – SPERIMENTAZIONE IN VIVO

5. INDAGINI SPERIMENTALI EFFETTUATE

• Zootecniche:

In allevamento:

� Valutazione accrescimento (IPMG, ICA);

� Stato generale di salute (GHS): indice dello stato sanitario generale degli animali

utilizzati nei gruppi sperimentali; con questo metodo è possibile valutare con un solo

indicatore lo stato di salute dei vitelli. Durante la prova sperimentale si sono raccolte

le informazioni relative ad eventuali patologie a carico dell’intestino, respiratorie e

podali di ciascun animale. Sono state inoltre segnalate le terapie adottate, nonché la

mortalità all’interno dei gruppi sperimentali;

� Faecal score (indice della presenza di eventuali forme diarroiche);

� Parametri ematici: livelli di glucosio, NEFA, AST e GGT, protidemia totale ed urea.

In fase di macellazione:

� Peso vivo degli animali, peso delle carcasse e resa alla macellazione;

� Valutazione del pH delle carni;

� Valutazione del colore delle carni.

Queste ultime due rilevazioni permettono di verificare che non vi sia nessuna influenza della

somministrazione del probiotico sulla qualità della carne di vitello.

• Microbiologiche:

Le analisi microbiologiche per il controllo della flora lattica intestinale, Escherichia coli e

clostridi solfitoriduttori (spore e forme vegetative) sono necessarie per valutare se la

somministrazione dei probiotici influenza positivamente l’equilibrio microbico intestinale

(eubiosi): ricordiamo infatti che i probiotici favoriscono la colonizzazione dell’apparato

digerente da parte della microflora normale ed inibiscono in tal modo la crescita di

microrganismi ritenuti potenzialmente patogeni. Si è ritenuto sufficiente utilizzare, come

indice microbico del numero di coliformi fecali, la carica di E. coli, in quanto questa specie

rappresenta, nel contenuto intestinale degli animali, la quasi totalità dei coliformi fecali, e

viene utilizzata come indice da diversi studi effettuati sui probiotici (Cavazzoni & Adami,

1998; Adami & Cavazzoni, 1999; Bondi & coll., 2000; Singh & coll., 1999). I clostridi sono

batteri introdotti costantemente con l’alimento, in quanto contaminano frequentemente i

mangimi; in condizioni di elevata ingestione o di problematiche alimentari (eccessiva

componente proteica nella razione alimentare, innalzamento dei valori di pH intestinali

SOMMINISTRAZIONE DEI BATTERI PROBIOTICI IN VIVO E VERIFICA DELLA LORO

EFFICACIA

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fisiologici) possono moltiplicarsi, colonizzare la mucosa intestinale ed eventualmente

provocare delle forme infettive-tossinfettive negli animali.

Inoltre si è effettuata nei campioni fecali la ricerca di B. coagulans che ricordiamo è parte

del mix probiotico somministrato. Lo scopo di questo ulteriore studio è stato quello di valutare

l’effettivo passaggio nell’intestino dei batteri probiotici specie-specifici selezionati nella fase 1

del progetto. B. coagulans presenta delle caratteristiche peculiari sia dal punto di vista

morfologico che da quello biochimico che ne permettono una facile differenziazione (De

Clerk & coll., 2004).

La prova dell’effettivo passaggio sarà soddisfatta ove verificati i seguenti requisiti:

� Osservazione di una differenza statisticamente significativa (P < 0.05; P < 0.01) delle

cariche di B. coagulans rilevate nei campioni fecali provenienti dagli animali trattati

con probiotici specie-specifici rispetto a quelle rilevate negli altri gruppi;

� Isolamento nei campioni fecali del medesimo ceppo di B. coagulans contenuto nella

miscela somministrata (confronto clonale).

• Lesioni polmonari:

Il mantenimento di una buona igiene digestiva del vitello in allattamento, si ripercuote in

positivo sullo stato di salute intestinale e generale. In particolare si riducono l’incidenza, la

gravità e la durata degli episodi diarroici e talvolta dei problemi respiratori (Timmerman &

coll., 2005) con conseguente diminuzione dei trattamenti antibiotici. La valutazione delle

lesioni polmonari permette quindi di evidenziare un eventuale effetto positivo anche a livello

respiratorio.

• Isto-anatomiche:

Nell’attività di ricerca, particolare importanza è stata data allo studio dello stato di salute

dell’intestino, in quanto la mucosa intestinale rappresenta la prima linea di difesa

dell’organismo nei confronti dei patogeni. Tale difesa è meccanica, ma è soprattutto di tipo

immunitario, infatti gli antigeni, una volta ingeriti, incontrano il GALT (Gut Associated

Lymphoid Tissue) che è un network immunitario ben organizzato, in grado di proteggere

l’ospite dai patogeni. Inoltre è esercitata un’azione sulla morfologia e fisiologia delle pareti

del tratto digestivo grazie ad un’influenza diretta sugli enterociti e sulla degradazione e

ricambio delle mucine intestinali. Nel corso delle indagini sono stati valutati appunto aspetti

relativi all’istologia, istometria ed immunoistochimica della mucosa intestinale (Di Giancamillo

& coll., 2003; Domeneghini & coll., 2004).

La risposta immunitaria è stata monitorata in quanto i probiotici hanno la capacità di

potenziare le difese immunitarie attraverso un’attività di immunostimolazione (Buddington,

2001; Jensen, 1999)

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6. PARTE SPERIMENTALE

6.1 - Prove zootecniche

Per lo svolgimento della prova trenta vitelli maschi a carne bianca di razza frisona con età

media di 19 giorni sono stati suddivisi in 3 gruppi di 10 soggetti ciascuno e alimentati per un

intero ciclo produttivo con una dieta di base (tabella 3) senza somministrazione di probiotici

(gruppo C), con la somministrazione del formulato a base di batteri lattici isolati nella prima

fase della ricerca (LNA: L. animalis, B. coagulans e L. paracasei ssp. paracasei), e con la

somministrazione del prodotto commerciale a base di Enterococcus faecium (LA).

Tabella 3: Piano alimentare dei vitelli durante la prova sperimentale (0-180 giorni)

Periodo (d) Mangime a base lattea Periodo (d) Mangime fibroso

0 – 22 Latte 1 0 - 20 Mangime 1

23 – 53 Latte 2 21 - 89 Mangime 2

54 - 115 Latte 3 90 - 180 Mangime 3

116 - 180 Latte 4

La somministrazione giornaliera di probiotici è stata effettuata manualmente al pasto del mattino

per tutta la durata del ciclo produttivo attraverso l’inclusione nel latte ricostituito dato ai vitelli.

Nel corso della prova sperimentale sono stati raccolti ed analizzati campioni di mangime e di

polvere di latte ad ogni variazione della dieta ed analizzati per valutare il contenuto di

sostanza secca, estratto etereo, proteina grezza, NDF e ceneri, Fe, Ca e P (tabella 4).

Tabella 4: Caratteristiche analitiche degli alimenti utilizzati durante la prova sperimentale (t.q.)

Analita Latte 1 L 2 L 3 L 4 Mangime 1 M 2 M 3

Giorni 0-22 23-53 54-115 116-180 0-20 21-89 90-180

Umidità (%) 2.80 2.80 2.20 2.70 8.60 11.70 11.10

S.S. (%) 97.20 97.20 97.80 97.30 91.40 88.30 88.90

EE (%) 17.18 17.93 19.90 19.00 4.12 2.26 2.91

PG (%) 20.59 15.83 20.25 19.10 14.57 11.88 10.16

Ceneri (%) 6.74 6.02 7.50 10.35 5.39 2.26 1.68

NDF (%) 0.34 1.37 0.91 0.62 37.33 19.81 17.87

Ca (%) 0.54 0.48 0.51 1.07 0.68 0.38 0.13

P (%) 0.64 0.52 0.60 0.82 0.41 0.43 0.28

Fe (ppm) 9 22 26 25 627 93 54

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In allevamento:

Valutazione accrescimento

Il peso vivo è stato valutato ogni mese per ogni vitello calcolando poi l’incremento ponderale

medio giornaliero (IPGM). Il consumo alimentare giornaliero è stato registrato calcolando

successivamente l’indice di conversione alimentare (ICA)

Monitoraggio fecale (faecal score)

È stata effettuata una valutazione soggettiva dello stato di normalità delle feci utilizzando una

scala da 1 a 4 (1 feci normali, 4 diarrea liquida) (Larson & coll., 1978).

Stato generale di salute (GHS)

Valutazione dello stato di salute dei soggetti attraverso il calcolo del GHS (General Health

Score): 15 – 1 X n. totale di giorni con diarrea (indipendentemente dalla natura) – 2 X n. di

trattamenti terapeutici individuali per patologie dell’apparato digerente) – 3 X n. di trattamenti

terapeutici individuali per patologie dell’apparato respiratorio – 2 X n. di trattamenti

terapeutici individuali per altre patologie escluse quelle degli apparati digerente e respiratorio

– 2 X trattamenti terapeutici di massa;

L’indice considerato tiene conto anche dei trattamenti antibiotici eseguiti.

In allevamento, sono stati somministrati i normali trattamenti antibiotici in particolare per

combattere le patologie enteriche e polmonari. Possiamo distinguere due modalità di

trattamento:

� Trattamenti antibiotici “a tappeto”

Dal 14 al 22 novembre (prima dell’inizio della somministrazione dei probiotici che è avvenuta

in data 23 novembre).

Dal 30 novembre al 4 dicembre.

Dal 11 al 17 gennaio.

� Trattamenti antibiotici mirati

I trattamenti antibiotici mirati non possono essere raggruppati in periodi prefissati, poiché

vengono somministrati in caso di riscontro di sintomatologia nei vitelli.

Questo dato non è stato preso in considerazione per l’esame dell’abbattimento delle cariche

batteriche intestinali poiché è stato osservato che viene assorbito dai valori dell’intero

gruppo.

Si sono invece valutati, solo come parametro indicativo di minori trattamenti antibiotici

effettuati, le date corrispondenti all’ultima somministrazione di ogni gruppo.

Vista la bassa numerosità delle osservazioni a disposizione, non è stato possibile eseguire

un’analisi statistica.

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31

Parametri ematici: mensilmente sono stati effettuati prelievi di sangue per valutare i livelli di

glucosio, NEFA (Acidi grassi non esterificati), AST (aspartato aminotransferasi), GGT

(gamma glutamil transferasi), protidemia totale ed urea.

In fase di macellazione:

Misurazione del peso vivo degli animali al momento dell’arrivo presso l’impianto di

macellazione.

Misurazione del peso delle carcasse dei vitelli al termine delle operazioni di macellazione.

Calcolo della resa alla macellazione, mediante la formula:

PESO CARCASSA/PESO VIVO x 100.

Valutazione del pH (pHmetro HD 2105.2, Delta Ohm) misurato il pH a 45 minuti e a 24 ore a

livello del muscolo Longissimus dorsi.

Valutazione del colore della carcassa (colorimetro Minolta CR300) a 24 ore dalla

macellazione (figura 17). I dati colorimetrici rilevati in accordo con quanto riportato da

Denoyelle e Berry (1999) sono stati relativi a:

� Luminosità (L*): espressa su una scala che va dal nero al bianco. Valori elevati di

luminosità indicano una carne più pallida.

� Indice del rosso (a*): espresso su una scala che va dal verde al rosso. Valori elevati

di indice del rosso indicano una carne più rossa.

� Indice del giallo (b*): espresso su una scala che va dal giallo al blu. Valori elevati di

indice del giallo indicano una carne più gialla.

I dati di L*, a* e b* sono stati misurati sui muscoli esposti della punta di petto e sul muscolo

rectus abdominis.

Figura 17: Valutazione del colore della carcassa mediante colorimetro

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6.2 - Prove microbiologiche

Il piano di campionamento prevedeva la suddivisione dei vitelli presenti in ogni box in 4

sottogruppi costituiti da 2-3 soggetti ciascuno; si è analizzato separatamente ogni campione

cumulativo (uno per sottogruppo). Ciò è stato svolto allo scopo di rendere rappresentativo il

campionamento e, contemporaneamente, ridurre l’influenza di eventuali dati aberranti,

causati da problematiche intestinali o trattamenti antibiotici a carico di singoli animali.

I prelievi delle feci sono stati effettuati con cadenza variabile (una/due settimane) fino al

termine della prova.

I campioni sono stati poi trasportati a 4°C in labo ratorio in appositi contenitori (FekalTM

Enteric plus, Oxoid) e analizzati in giornata. Le feci (10-15 g) sono state omogenate

mediante Stomacher e processate secondo il metodo delle diluizioni seriali (figura 18).

Figura 18: Metodo delle diluizioni seriali per spatolamento(fonte: http://users.unimi.it/deho/Microbiologia/MG_02-Metodi-Colture_Pure-Crescita.pdf)

Si sono valutati i seguenti parametri: bacilli sporigeni (metodica per B. coagulans, di seguito

descritta), batteri lattici (IDF STD 50B: 1985), Escherichia coli (AFNOR – Bio 12/5 – 01/99),

spore e forme vegetative di clostridi solfito-riduttori (ISO 15213:2003).

B. coagulans è un microrganismo sporigeno, le cellule sono quindi protette dalla distruzione

ad opera di fattori ambientali esterni grazie al naturale sistema di microincapsulazione

sporale. Sfruttando queste particolari caratteristiche si sono sottoposti i campioni, prima della

loro semina in piastra, a shock termico (80 °C per 10 min) e a successivo raffreddamento. Le

piastre di Bacillus coagulans Medium (BCA) sono state incubate a 42 °C per 48 or e. Al

termine del periodo di incubazione si è proceduto alla conta delle colonie presenti e al loro

isolamento per l’analisi biomolecolare. BCA non è un mezzo selettivo e permette quindi la

crescita anche degli altri bacilli gram positivi.

6.3 - Valutazione delle lesioni polmonari

In sede di macellazione, per ogni vitello considerato, è stata effettuata una valutazione delle

lesioni polmonari macroscopiche, considerando in particolare le forme di infiammazione a

carico del polmone e della membrana pleurica. La severità delle lesioni rilevate è stata

espressa mediante uno score numerico. Da ciascun soggetto è stato poi effettuato un

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prelievo di parenchima polmonare in corrispondenza della lesione macroscopica o, in caso di

assenza di lesioni, dal lobo apicale destro (più soggetto allo sviluppo di infezioni microbiche

e processi infiammatori). Dove si sono rilevate lesioni polmonari macroscopiche significative,

si è effettuato un campionamento tissutale da sottoporre ad esame batteriologico.

Riportiamo di seguito le metodiche utilizzate:

Valutazione macroscopica delle lesioni polmonari

Per la classificazione delle lesioni osservate, è stato utilizzato un modello di scoring proposto

da Dungworth (1996), che prevede la distinzione in 4 classi in base all’estensione delle

lesioni: -: assenza di lesioni macroscopiche rilevabili; +: lesioni di piccole dimensioni

(estensione totale inferiore a 10 cm2); ++: lesioni di medie dimensioni (estensione totale

superiore a 10 cm2); +++: lesioni che coinvolgono più del 75% dell’organo.

Valutazione isto-patologica delle lesioni polmonari

I campioni sono stati fissati in formalina e preparati per l’esame istologico; la colorazione è

stata eseguita con Ematossilina-Eosina. È stata quindi effettuata l’osservazione al

microscopio dei preparati allo scopo di valutare la gravità di eventuali lesioni. Anche in

questo caso, per la valutazione delle lesioni è stato utilizzato il modello di scoring proposto

da Dungworth (1996), che prevede la classificazione in 4 categorie, in base alla gravità del

processo infiammatorio: -: assenza di lesioni infiammatorie; +: presenza di lesioni

infiammatorie lievi; ++: presenza di lesioni infiammatorie di moderata gravità; +++: presenza

di lesioni infiammatorie gravi.

I valori ottenuti dalle due valutazioni sono stati combinati allo scopo di calcolare un score

patologico totale, che considera l’estensione e la gravità delle forme patologiche rilevate e

prevede una classificazione in 4 categorie:

- 0 = assenza di lesioni polmonari;

- 1 = presenza di lesioni infiammatorie lievi;

- 2 = presenza di lesioni infiammatorie di media gravità;

- 3 = presenza di gravi lesioni infiammatorie.

I dati ottenuti sono stati quindi raggruppati in base al gruppo di appartenenza degli animali

(LNA, LA e C), e le eventuali differenze sono state valutate mediante analisi statistica

(Radaelli & coll., 2006).

6.4 - Prove isto-anatomiche

Al termine della sperimentazione i vitelli (numero totale=30) sono stati macellati per

effettuare le analisi micro-anatomiche dell’intestino. Da ogni animale sono state prelevate,

subito dopo la macellazione, piccole porzioni di ileo (intestino tenue) e cieco (intestino

crasso). I campioni (numero totale=60) sono stati fissati, processati e inclusi in paraffina;

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sono state in seguito ottenute sezioni di tessuto (4 µm di spessore) su appositi vetrini e

colorate come descritto successivamente.

Analisi istologiche e istometriche

La colorazione con Ematossilina/Eosina (EE) è stata effettuata per la valutazione degli

aspetti strutturali delle diverse porzioni di intestino e per effettuare una quantificazione per

mezzo di analisi istometriche. Sulle sezioni di ileo colorate con EE sono state misurate sia

l’altezza dei villi intestinali (V; 10 villi per ogni sezione, n=300) sia la profondità delle cripte

(C; 10 cripte per ogni sezione, n=300) ed è stato calcolato il rapporto tra esse (rapporto V:C,

n=300).

Sulle sezioni del cieco colorate con EE è stata misurata la profondità delle cripte intestinali

(C; 10 cripte per ogni sezione, n=300).

Analisi immunoistochimiche ed istometriche

Altre sezioni (ileo e cieco) sono state processate per diversi studi immunoistochimici che

sfruttano una reazione antigene-anticorpo per evidenziare a livello delle sezioni dei tipi

cellulari, prodotti cellulari o fasi del ciclo cellulare.

PCNA: la reazione è stata effettuata con un antisiero monoclonale contro l’antigene nucleare

delle cellule in replicazione (PCNA) (clone PC10, Sigma), per visualizzare le cellule della

mucosa che sono in mitosi, più precisamente nella fase S del ciclo cellulare.

TUNEL: Altre sezioni sia dell’ileo che dell’intestino cieco sono state processate per

identificare le cellule della mucosa i cui nuclei sono in apoptosi (morte cellulare

programmata). I nuclei apoptotici sono stati localizzati utilizzando la metodica colorimetrica

TUNEL (DeadEnd™ Colorimetric TUNEL System, Promega).

L’indice proliferativo è stato ottenuto contando in 10 campi per vetrino il numero di cellule

contenenti nuclei PCNA-immunopositivi in rapporto al numero delle cellule totali contate per

ogni campo. L’indice apoptotico è stato ottenuto contando i nuclei TUNEL-positivi in 10

campi, corrispondenti ad un’area di 360522 µm2, per ogni sezione.

Per effettuare una valutazione del sistema di difesa locale intestinale, sezioni di ileo e cieco

sono state processate per uno studio immunoistochimico relativo alla produzione di

immunoglobuline A secretorie (s-IgA) per mezzo di un antisiero policlonale specie-specifico

(Abcam). La quantità delle cellule IgA-secernenti è stata determinata contando le cellule

immunoreattive presenti nella lamina propria intestinale in 10 campi per ogni sezione (ogni

campo rappresentava una zona della sezione di tessuto di 360522 µm2).

Tutte le osservazioni sono state condotte utilizzando un microscopio ottico Olympus BX51

dotato di fotocamera digitale e un DP software (Olympus) per l’acquisizione ed il controllo

delle immagini computerizzate.

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FASE 2 – SPERIMENTAZIONE IN VIVO

7. RISULTATI

7.1 - Prove zootecniche

Gli animali a cui è stato somministrato il mix di lattobacilli autoctoni (LNA) sono risultati

essere molto più pesanti rispetto agli animali del gruppo Controllo, facendo registrare un

maggior incremento ponderale medio giornaliero (tabella 5, figura 19), senza grosse

variazioni del metabolismo in termini di contenuto di glucosio, acidi grassi non esterificati

(NEFA), GGT ed urea nel sangue (tabella 6).

La protidemia totale è aumentata per gli animali del gruppo LNA rispetto a C così come il

contenuto di AST rispetto ai gruppi LA e C.

Tabella 5: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulans eL. paracasei ssp. paracasei sulle performance di crescita di vitelli a carne bianca

Mese Gruppo SEM

LNA LA C

Peso vivo (kg)

0 53.38 52.86 50.50 ±11.41

6 275.62A 263.38 237.00B ±11.41

Incremento ponderale medio giornaliero (kg/d)

0-6 1.22Aa 1.16b 1.02B ±0.06

Indice di Conversione Alimentare (ICA)

0-6 2.28B 2.44AB 2.72A ±0.10

A,BP<0,01 a,bP<0,05 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B.coagulans e L. paracasei ssp. paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

I livelli di NEFA per i tre gruppi della sperimentazione sono risultati essere maggiori rispetto

ai valori indicati da Stanley & coll. (2002) e Kaufhold & coll., (2000) mentre, sempre rispetto

agli stessi autori, i valori di glucosio ed urea plasmatici sono discordanti.

Infatti, nel confronto con Stanley & coll. (2002) i livelli evidenziati nel presente studio sono

maggiori sia per il contenuto di glucosio che per quello di urea, mentre rifacendosi a

Kaufhold & coll. (2000) essi sono più bassi per quanto riguarda il glucosio e simili per il

contenuto di urea.

SOMMINISTRAZIONE DEI BATTERI PROBIOTICI IN VIVO E VERIFICA DELLA LORO

EFFICACIA

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Figura 19: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulanse L. paracasei ssp. paracasei sulle performance di crescita dei vitelli a carne bianca

* In istogramma sono riportate le variazione di peso vivo dei soggetti sperimentali durante il ciclo produttivo.Le linee rappresentano l’incremento ponderale medio giornaliero dei soggetti nei gruppi C, LA, LNA.A,BP<0,01 a,bP<0,05 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B. coagulans e L.paracasei ssp. paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

Tabella 6: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulans eL. paracasei ssp. paracasei sullo stato metabolico dei vitelli a carne bianca

Gruppo

LNA LA C SEM Trattamento Giorno Trattament

o

X

giorno

NEFA (mmol/l) 0.42 0.43 0.40 ±0.01 NS ** NS

Glucosio (mmol/l) 5.42 5.19 5.60 ±0.14 NS ** NS

Protidemia

totale

(g/l) 63.36 62.94 62.34 ±0.67 NS ** NS

Urea (mmol/l) 2.64 2.93 2.97 ±0.13 NS ** NS

AST (UI/l) 64.86 56.61 61.33 ±2.69 NS ** NS

GGT (UI/l) 28.11 29.98 24.05 ±1.78 NS ** *

A, B, ** P<0,01 a, b, * P<0,05 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B.coagulans e L. paracasei ssp. paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

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La valutazione del faecal score dei vitelli non ha mostrato differenze significative tra i gruppi

LA, LNA, C (tabella 7).

Tabella 7: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulans eL. paracasei ssp. paracasei sul faecal score dei vitelli a carne bianca

Giorni

Prelievi 0 2 5 7 12 21 29 35 42 50 61

LNA 1.93 1.93 2.31 2.81 2.38 2.94 3.31 3.00 2.63 2.21 2.75

LA 2.36 2.36 2.71 2.81 2.56 2.50 2.81 2.50 2.31 2.69 3.00

C 2.38 2.25 2.69 3.13 2.38 3.31 2.81 2.44 2.81 2.38 2.94

Prelievi 68 90 104 120 132 140 149 155 161 175 SEM

LNA 3.00 3.25 3.14 2.94 2.81 2.75 3.00 3.19 2.94 3.13 ±0.23

LA 3.19 3.31 3.00 3.00 2.88 2.63 3.13 3.00 2.50 2.94 ±0.23

C 3.50 3.44 3.13 3.13 2.63 2.50 3.19 3.19 2.63 3.00 ±0.23

A, B, ** P<0,01 a, b, * P<0,05 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B. coagulans e L.paracasei ssp. paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

Nella figura 20 sono schematizzati i dati medi relativi al General Health Score dei soggetti

impiegati nella sperimentazione da cui non è emersa nessuna differenza significativa tra i gruppi,

sebbene il gruppo LNA abbia fatto registrare valori superiori rispetto al gruppo C e LA.

Figura 20: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulanse L. paracasei ssp. paracasei sul GHS (General Health Score) dei vitelli a carne bianca

C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B. coagulans e L. paracasei ssp. paracasei; LA:gruppo supplementato con E. faecium

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I dati registrati al macello hanno evidenziato un maggiore peso vivo e delle carcasse del

gruppo LNA ed LA rispetto al gruppo C, in linea con i dati riportati da Denoyelle & coll.

(1999). Per quanto riguarda la resa alla macellazione, le differenze tra i tre gruppi

sperimentali non sono risultate significative (tabella 8) ed i valori ottenuti sono paragonabili a

quelli riscontrati da Mandell & coll. (2001).

Tabella 8: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulans eL. paracasei ssp. paracasei sul peso vivo alla macellazione, peso della carcassa e resa allamacellazione dei vitelli a carne bianca

LNA LA C SEM

Peso vivo al macello (kg) 272.13A,a 258.38b 225.25B ±9.02

Peso carcassa (kg) 148.50A,a 143.50b 123.63B ±5.30

Resa alla macellazione (%) 56.28 55.59 54.94 ±0.11

A, B, ** P<0,01 a, b, * P<0,05 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B. coagulans eL. paracasei ssp. paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

In tabella 9 sono riportati i valori medi di pH delle carcasse dei vitelli a carne bianca in prova.

I risultati sono simili a quelli ottenuti da Klont & coll. (1999) per quanto riguarda i valori a 45

minuti, mentre a 24 ore hanno mostrato valori superiori rispetto alla medesima prova; tuttavia

nessuna differenza statistica è stata riscontrata tra i differenti gruppi.

Tabella 9: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulans eL. paracasei ssp. paracasei sul pH della carcassa dei vitelli a carne bianca

pH macello

Gruppi pH 45 minuti pH 24 h SEM Trattamento Giorno Trattamento

X

giorno

LNA 6,72 5,98 ±0.14 NS ** NS

LA 6,86 6,14 ±0.14

C 6,75 6,20 ±0.14

** P<0.01 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B. coagulans e L. paracasei ssp.paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

I risultati sulla qualità della carne hanno permesso di evidenziare come la muscolatura del

gruppo LA sia più luminosa e meno rossa rispetto agli altri due gruppi sia per la punta di

petto che per il Rectus abdominis in linea con i valori presentati da Klont & coll. (1999)

(Tabella 10).

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Tabella 10: Effetti della somministrazione di un formulato contenente L. animalis, B. coagulanse L. paracasei ssp. paracasei sul colore della carcassa dei vitelli a carne bianca a 24 h

GruppiIndici colore punta di petto

LNA LA C SEM

L 37,77B 41,81A 37,99B ±1.22

A 18,62A 14,74B 17,72A ±0.59

B 9,44 8,19 8,99 ±0.64

GruppiIndici colore Rectus abdominis

LNA LA C SEM

L 42,68Bb 47,88A 46,36a ±1.18

A 12,53 11,78 12,43 ±0.81

B 2,92 6,17 4,28 ±0.91

Gruppi

Indici colore mediLNA LA C SEM

L 39.41B 43.83Aa 40.78b ±0.95

A 16.59A 13.75Bb 15.95a ±0.71

B 7.26 7.52 7.42 ±0.68

A, B, P<0,01 a, b, P<0,05 C: gruppo controllo; LNA: gruppo supplementato con L. animalis, B.coagulans e L. paracasei ssp. paracasei; LA: gruppo supplementato con E. faecium

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7.2 - Prove microbiologiche

I risultati ottenuti sono mostrati nei grafici e nelle tabelle riassuntive seguenti.

� Batteri lattici

Figura 21: Concentrazione fecale dei batteri lattici espressa in UFC/g di campione: le dateindicate corrispondono al giorno di effettuazione del prelievo in allevamento

Andamento batteri lattici

1.0E+07

1.0E+08

1.0E+09

1.0E+10

23-nov

27-nov

28-nov

30-nov

04-dic

13-dic

21-dic

27-dic

03-gen

11-gen

22-gen

29-gen

05-feb

20-feb

06-mar

22-mar

3-apr

11-apr

21-apr

26-apr

03-mag

16-mag

data prelievo

Tito

lo (

Log

10)

Serie1

Serie2

Serie3

Serie 1 LNA ; Serie 2 LA; Serie 3 CCCTrattamenti antibiotici a tappeto

Tabella 11: Valutazione statistica delle differenze di concentrazione fecale dei batteri latticirilevate fra i gruppi nell’intero periodo

CONFRONTO STATISTICO FRA IGRUPPI

PROBABILITÀ SIGNIFICATIVITÀ

CONTROLLO vs LA 0.094 NSCONTROLLO vs LNA 0.202 NS

LA vs LNA 0.011 P< 0.05NS: differenza non significativa

Come si può vedere dai dati riportati in tabella e dal grafico, l’andamento della carica fecale

dei batteri lattici nei tre gruppi di vitelli è in gran parte sovrapponibile, anche se si è rilevata

una carica significativamente maggiore nel gruppo LNA rispetto al gruppo LA. Bisogna

segnalare che i trattamenti antibiotici “a tappeto” hanno sicuramente rallentato le risposte

ottenute nei primi quindici giorni di sperimentazione; anche senza l’intervento farmacologico

è comunque necessario un breve periodo di somministrazione prima di ottenere una

colonizzazione intestinale. Valutando i singoli tempi analitici, è stato possibile rilevare, dopo il

terzo ciclo antibiotico (11/17 gennaio), un abbattimento minore del titolo di batteri lattici del

gruppo LNA che ha quindi mantenuto, lungo tutto il periodo considerato, un livello di batteri

lattici intestinali più elevato rispetto al gruppo LA (P < 0.05). Pur osservando quindi, dopo il

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trattamento antibiotico, un ovvio calo della popolazione lattica in tutti i gruppi testati, è

evidente il maggior decremento subito dai soggetti del gruppo LA. Si può ipotizzare, in

accordo con i dati trovati in letteratura (Timmerman & coll., 2005 ), la presenza di una

maggiore suscettibilità da parte dei batteri lattici intestinali ai trattamenti antibiotici in caso di

somministrazione di una singola specie batterica probiotica. Va inoltre notato come, in

corrispondenza dei trattamenti, il titolo dei batteri lattici nel gruppo Controllo sia risultato

simile a quello presente nel gruppo LNA; questo dato conferma l’importanza di mantenere la

variabilità naturale della flora lattica intestinale, mediante somministrazione di miscele

probiotiche miste.

Figura 22: Concentrazione fecale di E. coli espressa in UFC/g di campione: le date indicatecorrispondono al giorno di effettuazione del prelievo in allevamento

Andamento E. coli

1,0E+05

1,0E+06

1,0E+07

1,0E+08

1,0E+09

1,0E+10

27-n

ov

28-n

ov

30-n

ov

04-d

ic

13-d

ic

21-d

ic

27-d

ic

03-g

en

11-g

en

22-g

en

29-g

en

05-fe

b

20-fe

b6-

mar

22-m

ar3-

apr

11-a

pr

21-a

pr

26-a

pr

03-m

ag

16-m

ag

data prelievo

titot

o (lo

g10)

Serie1

Serie2

Serie3

Serie 1 LNA ; Serie 2 LA; Serie 3 CCCTrattamenti antibiotici a tappeto

Tabella 12: Valutazione statistica delle differenze di concentrazione fecale di E. coli rilevate fra igruppi nell’intero periodo

CONFRONTO STATISTICO FRA IGRUPPI

PROBABILITÀ SIGNIFICATIVITÀ

CONTROLLO vs LA 0.113 NSLNA vs CONTROLLO 0.001 P< 0.01

LNA vs LA 0.015 P< 0.05NS: differenza non significativa

Si è osservata, analizzando l’andamento dell’intera sperimentazione, una carica di E. coli

significativamente più bassa nel gruppo LNA rispetto al gruppo LA (P < 0.05) e al gruppo

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Controllo (P < 0.01), mentre il dato relativo al gruppo di vitelli ai quali è stato somministrato

E. faecium non ha fornito un valore significativamente differente rispetto al gruppo C. In

particolare, analizzando l’andamento nei singoli tempi, è rilevabile un maggior calo della

carica di E. coli nel gruppo LNA in corrispondenza dei trattamenti antibiotici. Il decremento

della concentrazione intestinale di E. coli nel gruppo trattato con probiotici specie-specifici si

evidenzia dopo circa 15 giorni di somministrazione del preparato, mentre con l’avanzare

della sperimentazione il comportamento dei gruppi trattati con entrambi i probiotici tende a

sovrapporsi. Questi dati sembrano confermare una maggiore efficacia del mix di fermenti

specie-specifico, che mostra un più veloce adattamento alle condizioni intestinali rispetto a

E. faecium ed una migliore competizione con E. coli. L’adattamento più rapido della

microflora specie-specifica può essere causato dal fatto che essa è già presente a livello

intestinale rispetto al probiotico esogeno, che deve inizialmente ricreare un proprio habitat.

L’effetto di miglior competizione è ancora più evidente se si osserva il rapporto fra i batteri

lattici ed E. coli riportato nella figura seguente:

Figura 23: Rapporto batteri lattici/ E. coli espresso in Log 10: le date indicate corrispondono algiorno di effettuazione del prelievo in allevamento

Andamento rapporto Batteri lattici/ E. coli

0,8

0,9

1

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

1,6

27-

nov

28-

nov

30-

nov

04-

dic

13-

dic

21-

dic

27-

dic

03-g

en

11-g

en

22-g

en

29-g

en

05-

feb

20-

feb

06-m

ar

22-m

ar

03-a

pr

11-a

pr

21-a

pr

26-a

pr

03-m

ag

16-m

ag

data prelievo

rapporto 1

rapporto 2

rapporto 3

Rapporto 1 LNA; Rapporto 2 LA; Rapporto 3 CCCTrattamenti antibiotici Differenze statisticamente significative nei singoli prelievi

Tabella 13: Valutazione statistica delle differenze di concentrazione fecale rilevate fra i gruppinell’intero periodo (rapporto batteri lattici/ E. coli)

CONFRONTO STATISTICO FRA IGRUPPI

PROBABILITÀ SIGNIFICATIVITÀ

CONTROLLO vs LA 0.660 NSCONTROLLO vs LNA 0.0006 P< 0.01

LA vs LNA 0.0011 P< 0.01NS: differenza non significativa

**

*

*

* *

*

*

* *

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Il gruppo LNA in tutto il periodo ha mostrato una microflora intestinale più in equilibrio, con un

rapporto batteri lattici/Escherichia coli sempre favorevole. Tale effetto non è stato ottenuto

con la somministrazione di E. faecium, che non ha mostrato risultati significativamente

differenti rispetto al gruppo controllo.

Figura 24: Concentrazione fecale di clostridi solfito-riduttori (forma vegetativa) espressa inUFC/g di campione: le date indicate corrispondono al giorno di effettuazione del prelievo inallevamento

Andamento forma vegetativa Clostridi solfitoriduttori

1.0E+06

1.0E+07

1.0E+08

1.0E+09

27-n

ov

30-n

ov

13-d

ic

27-d

ic

11-g

en

29-g

en

20-fe

b

22-m

ar

11-a

pr

26-a

pr

16-m

ag

data prelievo

Tito

lo (

Log

10)

Serie1

Serie2

Serie3

Serie 1 LNA ; Serie 2 LA; Serie 3 CCCTrattamenti antibiotici a tappeto

Tabella 14: Valutazione statistica delle differenze di concentrazione fecale di clostridi solfito-riduttori (forma vegetativa) rilevate fra i gruppi nell’intero periodo

CONFRONTO STATISTICO FRA IGRUPPI

PROBABILITÀ SIGNIFICATIVITÀ

CONTROLLO vs LA 0.582 NSCONTROLLO vs LNA 0.106 NS

LA vs LNA 0.181 NSNS: differenza non significativa

I probiotici non hanno mostrato alcun effetto nei confronti dei clostridi solfito-riduttori, infatti

l’analisi statistica effettuata considerando l’intero periodo di sperimentazione, sia per le spore

che per le forme vegetative, non ha mostrato alcuna differenza significativa. L’analisi delle

singole somministrazioni sembra presentare delle variazioni in corrispondenza con i cambi di

mangime: va infatti considerato che l’alimentazione dei vitelli, composta da latte in polvere

ricostituito e fibra, presenta una elevata percentuale di batteri sporigeni (clostridi e bacilli)

che sono introdotti giornalmente con l’alimento e che quindi si rilevano a livello intestinale.

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È interessante osservare come per i microrganismi sporigeni (vedi anche figura 25) la

popolazione risulti omogenea nei diversi gruppi: questo ci permette di ipotizzare una buona

standardizzazione della variabilità biologica in allevamento.

Figura 25: Concentrazione fecale di clostridi solfito-riduttori (spore) espressa in UFC/g dicampione. Le date indicate corrispondono al giorno di effettuazione del prelievo in allevamento

Andamento spore clostridi

1,0E+02

1,0E+03

1,0E+04

1,0E+05

1,0E+06

1,0E+07

23-nov

27-n

ov

28-no

v

30-nov

04-dic

13-d

ic

21-di c

27-d

ic

03-gen

11-g

en

22-gen

29-g

en

05-fe

b

20- fe

b

06-m

ar

22-m

ar3-

apr

11-a

pr

21-a

pr

26-a

pr

03-m

ag

16-m

ag

data prelievo

titol

o (lo

g10)

Serie1

Serie2

Serie3

Serie 1 LNA ; Serie 2 LA ; Serie 3 CCCTrattamenti antibiotici a tappeto

Tabella 15: Valutazione statistica delle differenze di concentrazione fecale dei clostridi solfito-riduttori (spore) rilevate fra i gruppi nell’intero periodo

CONFRONTO STATISTICO FRA IGRUPPI

PROBABILITÀ SIGNIFICATIVITÀ

CONTROLLO vs LA 0.133 NSCONTROLLO vs LNA 0.083 NS

LA vs LNA 0.771 NSNS: differenza non significativa

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7.2.1 - Isolamento di Bacillus coagulans

Bacillus coagulans fa parte, come indicato in precedenza, del mix di fermenti somministrato

al gruppo LNA. Le analisi per valutare il titolo fecale sono iniziate il 30 novembre poiché, dati

ritrovati in bibliografia, segnalavano la comparsa delle spore qualche giorno dopo la

somministrazione; tale periodo è necessario per la colonizzazione intestinale (Hoa & coll.,

2001).

Figura 26: Concentrazione fecale di B. coagulans espressa in UFC/g di campione: le dateindicate corrispondono al giorno di effettuazione del prelievo in allevamento

Andamento spore bacilli

1,0E+03

1,0E+04

1,0E+05

1,0E+06

30-nov 4-dic 13-dic 21- dic 27-dic 3-gen 11- gen 22- gen 29-gen 5- feb 20-feb 6-mar 22- mar 3-apr 11- apr 21- apr 26-apr 3-mag 16-mag

data prelievo

titol

o (lo

g10)

Serie1

Serie2

Serie3

Serie 1 LNA ; Serie 2 LA ; Serie 3 CCCTrattamenti antibiotici a tappeto

Tabella 16 Valutazione statistica delle differenze di concentrazione fecale di spore di bacillirilevate fra i gruppi nell’intero periodo

CONFRONTO STATISTICO FRA IGRUPPI

PROBABILITÀ SIGNIFICATIVITÀ

CONTROLLO vs LA 0.365 NSCONTROLLO vs LNA < 0.0001 P< 0.01

LA vs LNA < 0.0001 P< 0.01NS : differenza statisticamente non significativa

Il titolo di bacilli sporigeni è risultato, dopo le prime 3 settimane di somministrazione, sempre

superiore a 105 ufc/g nel gruppo trattato con i probiotici specie-specifici, mentre negli altri due

gruppi tale concentrazione non è mai stata raggiunta. Inoltre, dall’esame morfologico delle

colonie ottenute analizzando i campioni appartenenti al gruppo LNA, si è evidenziata in

piastra quasi esclusivamente una singola tipologia microbica non presente negli altri

campioni. L’analisi di queste colonie mediante ribotipizzazione ha identificato il medesimo

clone di B. coagulans da noi somministrato (figura 27). I ceppi ribotipizzati di origine fecale

presentano infatti, tutti una similarità superiore allo 0.85 nei confronti di B. coagulans

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somministrato ed il 73% presenta una similarità maggiore di 0.95. L’isolamento è avvenuto

da tutti i campioni prelevati dai 4 pool del gruppo LNA.

Pearson correlation (Opt:1.56%) [0.0%-100.0%]VCA

100

9998979695949392919089

VCA

1.0

0

2.0

0

3.0

0

4.0

0

6.0

0

8.0

0

15.

00

30.

00

60.

00

Kb

f.s. 22/3 - subgroup 4

f.s. 23/4 - subgroup 2

f.s. 22/3 - subgroup 2

f.s. 03/4 - subgroup 3

f.s. 11/4 - subgroup 3

f.s. 03/4 - subgroup 1

f.s. 11/4 - subgroup 2

f.s. 23/4 - subgroup 3

Bacillus coagulans

f.s. 06/3 - subgroup 4

f.s. 03/5 - subgroup 1

f.s. 03/5 - subgroup 3

f.s.: faecal sample

Figura 27: Confronto fra i cloni di B. coagulans isolati dalle feci ed il ceppo somministrato(indicato con il nome della specie). Il numero riportato dopo la dicitura “subgroup” indica idiversi pool nei quali è stato suddiviso il gruppo LNA

Questo risultato dimostra il passaggio intestinale di B. coagulans anche se va tutt’ora

confermata la sua possibilità di permanenza a livello intestinale. Studi condotti in vitro ne

hanno mostrato una buona adesività ma l’azione esercitata nel tratto gastroenterico resta

ancora motivo di studio. Va sottolineato che una delle caratteristiche di definizione per un

probiotico è l’adesività cellulare, ma riteniamo che, nelle realtà di allevamento caratterizzate

da tempi relativamente stretti come quello dei vitelli a carne bianca, la somministrazione

continua permetta comunque di ottenere delle concentrazioni efficaci anche mantenendo

caratteristiche di transienza.

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47

7.3 - Valutazione delle lesioni polmonari

I dati ottenuti dalle valutazioni macroscopiche ed istologiche dei campioni polmonari sono

riportati nella tabella 17.

Tabella 17: Valutazione macroscopica (score macr.) ed istologica (score istol.) delle lesionipolmonari

Gruppo LNA LA CScoremacr.

Scoreistol.

Scoretotale

Scoremacr.

Scoreistol.

Scoretotale

Scoremacr.

Scoreistol.

Scoretotale

1 - ++ 1.5 - + 1 - ++ 1.52 +++ ++ 3 - ++ 1.5 ++ + 23 + + 1 + +/- 0.5 - + 14 ++ + 2 ++ ++ 2 - ++ 1.55 - - 0 - + 1 - - 06 - + 1 - + 1 ++ + 27 +++ +/- 2 - +/- 0.5 - - 08 ++ + 2 - + 1 + + 19 - + 1 - + 1 + +/- 1

10 - ++ 1.5 - +/- 0.5 - + 1Valoremedio

1.5 1 1.1

• Lesioni macroscopiche

I polmoni esaminati hanno mostrato un certa variabilità per quanto riguarda l’estensione delle

lesioni infiammatorie rilevate. Sono state rilevate aree infiammatorie caratterizzate da

diminuzione di volume (atelettasia), aumento della consistenza e colorazione rosso-

grigiastra, associate alla presenza di forme lievi di pleurite con lievi aderenze fra i lobi

polmonari. Questi reperti indicano la presenza di forme infiammatorie subacuto-croniche a

carico del parenchima polmonare e, secondariamente, della pleura.

• Lesioni istologiche

Nella maggior parte dei campioni esaminati sono state osservate alterazioni infiammatorie

croniche di entità molto lieve, a carico soprattutto della componente tessutale interstiziale. È

noto che lesioni di questo tipo rappresentano solitamente l’esito a lungo termine di

precedenti processi broncopneumonici di lieve entità, spesso in assenza di lesioni

macroscopicamente evidenti.

L’esito degli esami batteriologici effettuati sui campioni di polmoni patologici hanno permesso

di rilevare la presenza di potenziali agenti di polmonite solamente in 2 casi: in un polmone di

un vitello appartenente al gruppo LA è stata rilevata la presenza di Mannheimia haemolytica,

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mentre in un campione prelevato da un vitello del gruppo C è stata rilevata la presenza di

Mycoplasma bovis. Si tratta di agenti patogeni molto diffusi tra i bovini, e frequentemente

responsabili di episodi di broncopolmonite nei vitelli. L’elevata frequenza di campioni

batteriologicamente negativi conferma le osservazioni ottenute con l’esame macroscopico ed

istologico dei polmoni: in presenza di lesioni a carattere esclusivamente subacuto-cronico,

infatti, difficilmente è possibile rilevare la presenza dell’agente patogeno che ha causato

inizialmente l’episodio patologico.

Come si può vedere dalla tabella, non ci sono evidenti differenze nello score patologico

totale fra gli animali appartenenti ai tre gruppi; l’analisi statistica non ha infatti rilevato alcuna

differenza significativa

Per una valutazione globale più accurata dello stato di salute del sistema respiratorio, i dati

ottenuti dai rilievi effettuati devono essere esaminati contestualmente alle informazioni

sull’uso mirato di farmaci allo scopo di correggere stati patologici respiratori nel corso del

ciclo produttivo dell’allevamento. Va notato, a questo proposito, che è stata rilevata una certa

differenza tra gli animali appartenenti ai tre gruppi considerati, in riferimento all’ultimo

trattamento farmacologico somministrato: le somministrazioni di prodotti antibiotici sono state

infatti effettuate anche nel periodo marzo/aprile 2007 per i soggetti del gruppo C e LA,

mentre l’ultimo intervento sul gruppo LNA è stato eseguito nella prima metà di gennaio.

Questa valutazione è una semplice osservazione senza valenza statistica, che deve essere

confermata da dati futuri ottenuti su un maggior numero di soggetti. Ciò conferma comunque

quanto già osservato da Timmerman & coll. (2005), ovvero la minor richiesta di trattamenti

contro patologie gastroenteriche e respiratorie in vitelli ai quali erano state somministrate

miscele probiotiche. In letteratura sono presenti inoltre altri studi, soprattutto nel campo della

medicina umana, che confermano una diminuzione della necessità di trattamenti antibiotici

contro le affezioni respiratorie in bambini trattati con probiotici (Hatakka & coll., 2001;

Saavedra & coll., 2004); sono riportate anche sperimentazioni effettuate su cavie da

laboratorio alle quali sono state indotte affezioni polmonari poi trattate con probiotici (Racedo

& coll., 2006; Alvarez & coll., 2001).

Per verificare inoltre una possibile corrispondenza fra i trattamenti antibiotici e le valutazioni

delle lesioni polmonari sono stati calcolati gli score medi ottenuti dai vitelli non trattati e da

quelli sottoposti a trattamento antibiotico. I risultati sono riportati in tabella 18.

Tabella 18: Confronto degli score patologici polmonari fra i vitelli non trattati e quelli sottopostia trattamento antibiotico

Gruppi Score macroscopico Score istologico Score totaleVitelli non trattati 0.76 0.79 1.06Vitelli trattati 0.98 1.29 1.38

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Il risultato ottenuto mostra una corrispondenza fra la valutazione ispettiva effettuata al

macello, le analisi istologiche e i trattamenti antibiotici subiti: il gruppo non trattato ha

presentato un valore più basso di score, indicativo di una migliore condizione polmonare.

Questi dati non sono stati sottoposti ad analisi statistiche e andranno approfonditi con

ulteriori sperimentazioni che ne aumentino la numerosità.

7.4 – Prove isto-anatomiche

Analisi istologiche ed istometriche

Gli aspetti istologici e micro-anatomici dell’ileo di tutti gli animali, indipendentemente dal

trattamento, sono risultati essere riferibili ad un’enterite catarrale cronica con severa

disepitelizzazione e infiltrato linfo-plasmacellulare superficiale e profondo (figura 28). Per

quanto riguarda il cieco è da sottolineare la presenza di quadri anatomici normali negli

animali sottoposti a trattamento LNA, mentre il cieco degli animali C e degli animali LA

presentava quadri di enterite catarrale (figura 29).

Inoltre, dal presente lavoro è risultato che il formulato a base di batteri lattici specie-specifici

(gruppo LNA) ha determinato un aumento della profondità delle cripte a livello di cieco

rispetto agli altri due gruppi (LNA vs C = P<0.01; LNA vs LA = P<0.05) (tabella 19).

Tabella 19: Effetti di probiotici su alcuni aspetti istometrici di ileo e cieco di vitelli a carnebianca

C LA LNA

Villi, altezza (V), ileo, µµµµm 191.84 ± 6.65 206.14 ± 5.43 205.88 ± 7.36

Cripte, profondità (C), ileo, µµµµm 146.47 ± 6.55 145.34 ± 6.29 147.63 ± 6.55

V:C ratio 1.39 ± 0.07 1.60 ± 0.09 1.50 ± 0.08

Cripte, profondità, cieco, µµµµm 122.64Aa ±±±± 4.39 133.52b ±±±± 4.66 147.63B ±±±± 4.09A,B P<0,01 a,b P<0,05 C: gruppo controllo; LA: gruppo supplementato con E. faecium; LNA: grupposupplementato con L. animalis, B. coagulans e L. paracasei ssp. paracasei

Analisi immunoistochimiche ed istometriche

Ileo

L’immunoreattività all’anti-PCNA è elevata nelle sezioni di tutti i gruppi. Nuclei immuno-

positivi, e quindi da ritenere vicini alla mitosi, sono stati rilevati sia nelle cellule delle cripte

intestinali (figura 30, cellule colorate in marrone) che in cellule appartenenti al GALT (Gut

Associated Lymphoid Tissue), che sono prevalentemente linfociti.

Cellule con nuclei in apoptosi (TUNEL-positivi) sono ugualmente molto numerose, e sono

state individuate nell’epitelio intestinale, all’apice dei villi, nel tessuto linfatico diffuso (TLD) e

nel GALT (presumibilmente macrofagi) in tutti i gruppi.

La produzione di s-IgA è stata individuata in un numero variabile di cellule immunoreattive

della mucosa intestinale ed anche a livello del materiale secreto nel lume delle cripte

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intestinali (figura 32, cellule colorate in marrone). I risultati delle analisi istometriche relative

alle analisi immunoistochimiche sono descritti in Tabella 20. Per quanto riguarda le cellule

con nuclei PCNA-positivi è possibile osservare un significativo aumento delle cellule in

replicazione dopo trattamento con entrambi i tipi di integrazione a base di probiotici (LNA e

LA vs C = P < 0.01). Per quanto riguarda le cellule in apoptosi non si sono rilevate differenze

statisticamente significative tra i gruppi. Infine è stato possibile osservare una diminuzione

delle cellule IgA-positive nel gruppo LNA rispetto al gruppo LA (LNA vs LA = P < 0.05).

Cieco

Nelle sezioni dell’intestino cieco di tutti gli animali, colorate con PCNA e TUNEL, sono

evidenti numerose cellule con nuclei immunoreattivi. I nuclei PCNA-positivi appartengono ad

enterociti localizzati alla base delle cripte intestinali (figura 31, cellule colorate in marrone)

mentre i nuclei TUNEL-reattivi si trovano in quelli all’apice delle stesse e in cellule

appartenenti al GALT.

La produzione di s-IgA è stata individuata in un numero variabile di cellule immunoreattive

della mucosa intestinale ed anche a livello del materiale secreto nel lume delle cripte

intestinali (figura 33, cellule colorate in marrone). L’istometria ha evidenziato che le cellule in

proliferazione sono risultate essere più numerose nelle cripte dei vitelli trattati con i probiotici

da noi selezionati (LNA vs LA e C = P < 0.05). Per quanto riguarda le cellule in apoptosi, non

si sono rilevate differenze statisticamente significative tra i gruppi. Infine è possibile

osservare un aumento delle cellule IgA-positive nei Controlli e nel gruppo LA rispetto al

gruppo LNA (P < 0.05; Tabella 20).

Tabella 20: Effetti di probiotici su alcuni aspetti istometrici di ileo e cieco di vitelli a carnebianca

C LA LNAPCNA, ileon. medio di cellule 43.85

27.98A ±±±± 4.50 34.82B ±±±± 1.30 34.37B ±±±± 1.40

PCNA, caecumn. medio di cellule 34.43

23.70a ±±±± 0.90 24.33a ±±±± 0.85 28.55b ±±±± 0.88

TUNEL, ileumArea media, 360522 µm2

19.25 ± 1.71 15.85 ± 1.58 16.00 ± 1.53

TUNEL, caecumArea media, 360522 µm2

9.08 ± 3.44 9.41 ± 3.45 14.46 ± 2.82

IgA+, ileumArea media, 360522 µm2

6.00ab ±±±± 1.32 9.50a ±±±± 1.32 4.58b ±±±± 1.30

IgA+, caecumArea media, 360522 µm2

14.25a ±±±± 2.38 13.25a ±±±± 2.42 8.33b ±±±± 2.09

A,B P<0,01 a,b P<0,05 C: gruppo controllo; LA: gruppo supplementato con E. faecium; LNA: grupposupplementato con L. animalis, B. coagulans e L. paracasei ssp. paracasei

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Figura 28: Ileo gruppo LA, EE 200x Figura 29: Cieco gruppo LA, EE 200x

Figura 30: Ileo gruppo LNA, anti-PCNA 100x Figura 31: Cieco gruppo C, anti-PCNA 200x

Figura 32: Ileo gruppo LA, anti-IgA 100x Figura 33: Cieco gruppo LNA, anti-IgA 200x

GALT

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8. ANALISI STATISTICA

Tutti i dati ottenuti dalla fase 2- sperimentazione in vivo sono stati analizzati mediante

l’impiego di una procedura ANOVA per dati ripetuti secondo un modello MIXED includendo

l’effetto fisso del trattamento dietetico e l’effetto casuale dell’animale. Relativamente ai dati

produttivi si è tenuto inoltre conto dell’effetto del giorno di somministrazione del prodotto

testato. I valori presentati sono i valori medi delle rilevazioni ± SEM (errore standard della

media) e la significatività è stata dichiarata con un livello soglia di P<0.05.

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9. CONCLUSIONI

FASE 1 – Sperimentazione in vitro

È ormai riconosciuto il ruolo esercitato dalla popolazione lattica intestinale nel mantenimento

dello stato di salute generale: l’utilizzo di probiotici autoctoni potrebbe quindi massimizzarne

gli effetti.

Per poter verificare l’efficacia di un formulato probiotico specie-specifico nei vitelli a carne

bianca è stato necessario identificare i biotipi dei batteri lattici intestinali presenti. I più

rappresentativi sono stati: Bifidobacterium longum, Streptococcus macedonicus/bovis,

Lactobacillus animalis, Pediococcus spp., Lactobacillus paracasei ssp. paracasei e

Lactobacillus salivarius ssp. salicinius. Per la valutazione in vitro sono stati testati sei diversi

cloni compreso Bacillus coagulans che è stato selezionato per le sue caratteristiche

biochimiche. Dalla valutazione delle caratteristiche probiotiche sono stati scelti i seguenti

biotipi:

Bacillus coagulans RiboGruppo 189-444-S-1; Lactobacillus animalis DUP 5009 e

Lactobacillus paracasei ssp. paracasei DUP 13077.

FASE 2 – Sperimentazione in vivo

La successiva fase di somministrazione in vivo è stata necessaria per poter testare l’efficacia

dei probiotici autoctoni selezionati.

I dati sperimentali sono stati raccolti in allevamento (IPGM, indice di conversione alimentare,

faecal score, parametri ematici, GHS, titolazione della flora microbica intestinale dai

campioni fecali) durante e dopo la macellazione (pH della carne, analisi colorimetrica,

valutazione delle carcasse, resa alla macellazione, valutazione delle lesioni macroscopiche

polmonari, valutazione anatomica e micro-anatomica dell’intestino).

I risultati ottenuti in vivo hanno evidenziato l’effetto probiotico dei batteri specie-specifici da

noi somministrati.

L’IPMG e l’indice di conversione alimentare sono risultati migliori nei soggetti trattati con

probiotici autoctoni rispetto sia al gruppo controllo che al gruppo trattato con Enterococcus

faecium. Al macello si è quindi ottenuto un miglior peso vivo e delle carcasse del gruppo LNA

ed LA rispetto al gruppo C, che si riflettono in un maggior guadagno alla vendita per

l’allevatore. La resa alla macellazione non ha fornito risultati statisticamente significativi,

indice del fatto che lo sviluppo muscolare non è stato differente. Il GHS, pur non risultando

significativamente differente fra i gruppi, ha fatto registrare per il gruppo LNA valori superiori:

anche i trattamenti antibiotici individuali, mirati in particolare alle patologie polmonari, sono

stati effettuati nei mesi di marzo/aprile per il gruppo C e il gruppo LA, mentre l’ultimo

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intervento sul gruppo LNA è stato eseguito nella prima metà di gennaio. La valutazione

ispettiva dei polmoni non ha fornito però differenze significative fra i tre gruppi. Vanno

ulteriormente indagati i risultati ottenuti dai dati di funzionalità epatica (AST e protidemia) che

potrebbero essere indice di aumentata funzionalità metabolica. Le analisi microbiologiche

(batteri lattici, E. coli, clostridi solfito-riduttori e spore, spore di B. coagulans) eseguite sui

campioni fecali, seppur condizionate dalla profilassi antibiotica, hanno fornito risultati

assolutamente in accordo con quelli zootecnici: è stato rilevato un rapporto fra batteri lattici

ed E. coli significativamente maggiore nel gruppo LNA rispetto agli altri due gruppi, e inoltre,

dopo il trattamento antibiotico il numero di E. coli nel gruppo LNA è cresciuto più lentamente

rispetto al gruppo LA ed al controllo. Questo è indice di un’azione efficace esercitata a livello

intestinale dai probiotici specie-specifici, dovuta presumibilmente ad attivi fenomeni di

competizione. B. coagulans, isolato e quantificato singolarmente, non ha mostrato nessuna

modificazione del titolo in corrispondenza dei periodi di somministrazione dei farmaci. È stato

inoltre ritrovato nelle feci del gruppo LNA il medesimo clone da noi somministrato. I

trattamenti antibiotici abbattono la flora lattica del gruppo LA molto di più di quanto agiscano

su quella del gruppo LNA, dimostrando che la somministrazione di un pool probiotico è stata

più efficace.

Anche dal punto di vista isto-anatomico il trattamento dietetico ha determinato nel gruppo

LNA una maggiore profondità delle cripte intestinali nel cieco. È possibile ipotizzare che più

lunghe sono le cripte intestinali, maggiore è il numero degli enterociti in esse presenti, e ciò

può essere a sua volta legato ad una miglior attività digestiva ed assorbente degli elementi

nutritivi. Sono state inoltre riscontrate un numero maggiore di cellule secernenti IgA nei vitelli

Controllo e nei vitelli del gruppo LA rispetto ai vitelli del gruppo LNA associate alla

identificazione di quadri di enterite catarrale nell’ileo ed in parte nel cieco: può essere

ipotizzato che la stimolazione apportata dalla noxa patogena abbia reclutato un gran numero

di cellule immunocompetenti a sede intestinale. Migliori quadri strutturali ed istometrici nel

cieco rispetto all’ileo fanno presumere che il tratto del canale alimentare di elezione per lo

sviluppo di un’azione protettiva da parte di probiotici specie-specifici sia l’intestino cieco.

Questo rappresenta a nostro parere un dato nuovo e di notevole significato anche per

eventuali sviluppi futuri del progetto poiché in letteratura sono presenti dati contrastanti.

Pur andando ulteriormente verificata la possibilità di una eventuale efficacia dei probiotici

nella diminuzione dei trattamenti antibiotici mirati, l’azione dei probiotici specie-specifici ha

mostrato risultati preliminari promettenti e sicuramente superiori a quelli ottenuti con i batteri

lattici probiotici esogeni. Anche se va ulteriormente indagato l’effetto sullo stato di salute

generale dei vitelli, possiamo affermare che il miglioramento generale delle condizioni

intestinali rilevato sia dal punto di vista microbiologico che da quello isto-anatomico riflette

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una migliore efficienza dei fenomeni di assorbimento, che si traduce in maggiori performance

di crescita nei soggetti del gruppo LNA rispetto ai gruppi LA e C.

Studi futuri potrebbero utilmente evidenziare la validità della somministrazione dietetica di

probiotici specie-specifici soprattutto in un ambito intestinale, come quello ciecale,

sostanzialmente devoluto a fenomeni di assorbimento, così come potrebbero comprendere

la valutazione dell’adesione di questa miscela alla mucosa ciecale e la sua efficacia anche

come possibile stimolante la produzione di fattori antivirali.

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Per la selezione dei probiotici da somministrare in allevamento è opportuno quindi

considerare le seguenti informazioni :

a) la somministrazione di un pool probiotico garantisce una risposta più efficace nei

confronti dei trattamenti antibiotici rispetto alla somministrazione di una singola

specie;

b) la somministrazione dei probiotici deve essere protratta per tutto il ciclo produttivo,

poiché anche se i microrganismi a funzionalità probiotica risultano transitanti e non

residenti l’effetto sulla salute intestinale e di conseguenza sullo stato di salute

generale del soggetto può essere comunque mantenuto;

c) la selezione dei probiotici specie-specifici permette una massimizzazione degli effetti

rispetto all’utilizzo dei probiotici isolati da altre fonti.

Per quanto riguarda il miglioramento dello stato di salute generale dei vitelli a carne bianca

con conseguente riduzione dei trattamenti farmacologici somministrati, non sono stati

evidenziati valori particolarmente diversi fra i tre gruppi. Il GHS, pur essendo migliore nel

gruppo LNA, non è risultato statisticamente differente; i parametri ematici sono risultati, per

tutti i gruppi, nella norma ed anche in sede di visita ispettiva dei polmoni al macello non ci

sono state differenze significative. Va meglio verificata la possibilità di un’eventuale efficacia

dei probiotici nella diminuzione dei trattamenti antibiotici mirati che sono stati sicuramente

meno protratti nel gruppo LNA rispetto agli altri due, ma questo dato non è supportato da

validità statistica.

I dati zootecnici ottenuti indicano un miglioramento delle performance di crescita: si può

affermare che l’azione dei probiotici specie-specifici ha mostrato esiti preliminari promettenti

e sicuramente superiori a quelli ottenuti con i batteri lattici probiotici esogeni. Questi risultati

sono stati confermati dai dati microbiologici e da quelli micro-anatomici e sono

verosimilmente da mettere in relazione con l’effetto trofico e protettivo esercitato dai

probiotici specie-specifici soprattutto a livello di intestino cieco.

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10. BIBLIOGRAFIA

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