I UOGHI Quando Raffaello si calava nelle grotte · IL SOGNO DEL CAVALIERE LA MADONNA ALDOBRANDINI...

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LA «STUFETTA» Meno male che le mancate nozze con la nipote del prelato non pregiudicarono le commissioni: non avremmo avuto i magnifici affreschi di quello stanzino privato nei Palazzi Vaticani IL SOGNO DEL CAVALIERE LA MADONNA ALDOBRANDINI C oloro che non conoscono nei dettagli le storie dei grandi pittori che hanno meravigliosamente adorna- to le chiese e i palazzi della nostra antica città, potranno giungere a conclusioni errate contemplando ciò che recita la lapide posta all’in- terno del Pantheon, accanto alla tomba del grande Raffaello: A Ma- ria Bibbiena sposa di lui, che con la morte prevenne le liete nozze e pri- ma di esse fu portata via, ancor fan- ciulla. Era, questa Maria, una nipote di quel Bernardo Dovizi da Bibbie- na fatto cardinale dal papa Leone X in segno di riconoscenza per il sostegno ricevuto durante il con- clave del 1513. Tra i desideri del cardinal Bibbiena c’era per l’ap- punto quello che la nipote andasse in sposa a Raffaello. Ma il pittore non si unì mai in matrimonio con Maria né i resti di lei riposano ac- canto a quelli di lui come la lapide del Pantheon indurrebbe a pensa- re. Raffaello era persona notoria- mente amorosa e apprezzava assai i diletti carnali, che peraltro le don- ne gli accordavano con grande fa- cilità poiché era un giovane di gra- devole aspetto e aggraziate manie- re, oltre che un artista la cui fama si spingeva fino alla Francia e alle Fiandre. Era così grandemente ammirato che finanche Alberto Dürer, degnissimo pittore e inta- gliatore tedesco, sentendo di dove- re molto all’opera di Raffaello, gli spedì in dono un suo ritratto. Sem- bra comunque che il cuore del ge- nio palpitasse poco per Maria e molto, invece, per una fanciulla trasteverina dagli occhi bruni, bel- la e flessuosa come doveva essere Venere nel fiore degli anni. Si chia- mava Margherita ma tutti erano soliti riferirsi a lei con un nomigno- lo che prendeva spunto dal lavoro del padre, il quale aveva una botte- ga di fornaio nei pressi di porta Set- timiana. Sembra inoltre che il pit- tore abbia addirittura sposato det- ta Fornarina combinando tutto in gran segreto così da non suscitare le ire del cardinal Bibbiena. Del re- sto, Raffaello era figura troppo in vista nella nostra Roma per unirsi in matrimonio con una popolana. Non c’era persona che non lo ido- latrasse, e non solo per il talento. Egli era mondano come i pittori ge- neralmente non sono, poiché la lo- ro attitudine a indulgere in fanta- sticherie li porta a inselvatichirsi e rinchiudersi in tormenti tutti inte- riori.Ma quand’anche Raffaello non si fosse curato di ciò che di lui si sarebbe detto nelle strade, diffi- cilmente avrebbe osato arrecare un profondo dispiacere al cardinal Bibbiena. Era da poco diventato responsabile della fabbrica di San Pietro e dalla benevolenza della Curia dipendevano questo e altri importanti incarichi. Ragion per cui decise di accettare in sposa la nipote del cardinale, facendo però in modo di rimandare le nozze fin- tantoché gli fu possibile. Quando, messo ormai alla strette, conside- rò di prestar fede alla parola data, il destino volle che la giovane Ma- ria morisse nella casa sua, sita in quella via dove i fabbricanti di strumenti a corde avevano le loro botteghe e che perciò chiamano via dei Leutari. Dobbiamo essere grati al fatto che simili beghe sentimentali non abbiano incrinato i rapporti di sti- ma e amicizia che legavano Raffa- ello al cardinal Bibbiena. Diversa- mente, la nostra città avrebbe per- so alcuni dei suoi gioielli più pre- ziosi. Come le magnifiche pitture che decorano uno stanzino da ba- gno privato dei Palazzi Vaticani, la famosa «stufetta» del cardinal Bibbiena. Fu lo stesso cardinale — uomo colto e raffinato nonché autore di un noto componimento d’ispira- zione boccaccesca — a fornire pre- cise indicazioni a Raffaello riguar- do il modo di raffigurare certe sce- ne della vita di Venere. Il pittore si calò a tal punto nell’umore mitolo- gico del soggetto da adottare una tecnica che imitasse l’encausto ov- vero la maniera di dipingere degli antichi. Raffaello vi si recava ac- compagnato da decine di allievi, essendo la sua bottega sempre af- follatissima, sia perché gli piaceva dire di sì e piacere a tutti, sia per- ché le tante commissioni che accet- tava lo obbligavano ad assumere aiuti. Quando usciva di casa per andare a lavorare ai palazzi vatica- ni, non lo si vedeva mai accompa- gnato da meno di cinquanta pitto- ri, chi specializzato negli stucchi e nelle grottesche, come Giovanni da Udine, chi nelle figure, come Giulio Romano. Quanto alle decorazioni, Raffa- ello e la sua bottega si cimentaro- no in composizioni dove motivi floreali, architettonici e figure umane convivessero in estrosa ar- monia. Si ispirarono a un genere di pittura che taluni giudicano «li- cenziosa» e che era tipica degli anti- chi tant’è che in Roma et in ogni luogo dove i Romani risedevano ve n'è ancora conservato qualche vesti- gio. Questi motivi ornamentali di- vennero molto in voga proprio gra- zie a Raffaello e altri grandi mae- stri di allora, e si chiamavano grot- tesche perché, come raccontò Ben- venuto Cellini, furono trovate in certe caverne della terra in Roma dagli studiosi, le quali caverne era- no camere, stufe, sale et altre cose simili. In verità, a trovarle fu un giova- ne sul finire del XV secolo. Costui era impegnato a risalire un versan- te del Colle Oppio, poco distante dal Colosseo, quando cadde acci- dentalmente in una spaccatura del terreno. Si ritrovò in una strana grotta ricoperta di pitture. La noti- zia non impiegò molto a diffonder- si — all’epoca Roma era città di dimensioni tutto sommato mode- ste — e gli artisti si affrettarono sul luogo del fantastico ritrova- mento. In breve tempo, calarsi nelle grotte divenne una consuetudine. Anche Michelangelo e Raffaello si infilarono in quella crepa del terre- no muniti di torce carta carbonci- no e tutto il necessario per poter studiare questa inattesa rivelazio- ne del mondo antico. Quelle grot- te altro non erano che stanze della Domus Aurea, l’immenso palazzo che Nerone fece edificare dopo il devastante incendio del 64 dopo Cristo. Dopo il suo suicidio, i successo- ri dell’imperatore stabilirono di re- stituire al popolo romano il suo terreno. In meno di quattro decen- ni la Domus Aurea fu completa- mente seppellita per fare spazio a nuove costruzioni. Ma è proprio grazie a questa obliterazione se le sue decorazioni sono riuscite a so- pravvivere. La sabbia ha protetto le grottesche come le ceneri vulca- niche fecero con Pompei. La storia è fatta così: per ogni cosa che viene alla luce qualcosa deve andare distrutto. Noi romani conosciamo bene questa legge, che non vale soltanto per gli edifici ma pure per le persone. Se Raffael- lo non avesse nascosto il suo amo- re per la Fornarina e spezzato il cuore di Maria Bibbiena la storia della pittura non sarebbe stata la stessa. Lo scrittore Tommaso Pincio ha appena pubblicato «Gli alieni» (Fazi editore) RITRATTO DI DAMA CON LIOCORNO I BORGHESE E L’ANTICO I L UOGHI 2015 Esplorò la Domus Aurea e conobbe lo stile «licenzioso». Complice il cardinal Bibbiena Un giovane addormentato fra Virtus e Voluptas, la vita virtuosa e voluttuosa. L’invito è ad armonizzare le due inclinazioni, secondo il neoplatonismo. Il quadro, ora alla National Gallery di Londra, era forse destinato a Scipione Borghese Raffaello dipinse numerose Madonne, molto apprezzate per la loro grazia. In questa della National Gallery il San Giovannino offre al Bambino Gesù un fiore di garofano, simbolo della Passione di Cristo per i suoi frutti a forma di chiodo La tela era inventariata nella collezione Borghese come una «Santa Caterina» del Perugino. Fu Roberto Longhi a intuire che, sotto le ridipinture che avevano cancellato anche il liocorno, si celava un’opera di Raffaello La magnifica collezione archeologica dei Borghese fu venduta a Napoleone nel 1807. Oggi è custodita gelosamente al museo del Louvre. La mostra sarà un evento eccezionale. Tra i capolavori esposti, il prestigioso marmo «Satiro su delfino» del 130 d.c. (nella foto) di TOMMASO PINCIO QuandoRaffaello si calava nelle grotte clusivo dedicato ai Borghese e l’Antico. Spiega di nuovo An- na Coliva: «Si tratta, lo ammet- tiamo, di una grandiosa scom- messa. Che si aggiunge a quel- la logistico-organizzativa. La Galleria Borghese non ha spa- zi espositivi e durante una mo- stra deve mantenere la visibili- tà della propria esposizione permanente. Quindi una mo- stra temporanea, anche se pre- stigiosa e imponente, deve di- ventare un valore aggiunto e non una sovrapposizione. Te- nendo presente che grazie a questi itinerari riusciremo a ri- scrivere la storia di una colle- zione che ha segnato molte fon- damentali vicende dell’arte mo- derna». Paolo Conti 3 Corriere Eventi C ORRIERE DELLA S ERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006

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LA «STUFETTA»

Meno male che le mancate nozze con lanipote del prelato non pregiudicaronole commissioni: non avremmo avutoi magnifici affreschi di quello stanzinoprivato nei Palazzi Vaticani

IL SOGNO DEL CAVALIERE LA MADONNA ALDOBRANDINI

C oloro che non conoscononei dettagli le storie deigrandi pittori che hannomeravigliosamente adorna-

to le chiese e i palazzi della nostraantica città, potranno giungere aconclusioni errate contemplandociò che recita la lapide posta all’in-terno del Pantheon, accanto allatomba del grande Raffaello: A Ma-ria Bibbiena sposa di lui, che con lamorte prevenne le liete nozze e pri-ma di esse fu portata via, ancor fan-ciulla.

Era, questa Maria, una nipotedi quel Bernardo Dovizi da Bibbie-na fatto cardinale dal papa LeoneX in segno di riconoscenza per ilsostegno ricevuto durante il con-clave del 1513. Tra i desideri delcardinal Bibbiena c’era per l’ap-punto quello che la nipote andassein sposa a Raffaello. Ma il pittorenon si unì mai in matrimonio conMaria né i resti di lei riposano ac-canto a quelli di lui come la lapidedel Pantheon indurrebbe a pensa-re.

Raffaello era persona notoria-mente amorosa e apprezzava assaii diletti carnali, che peraltro le don-ne gli accordavano con grande fa-cilità poiché era un giovane di gra-devole aspetto e aggraziate manie-re, oltre che un artista la cui famasi spingeva fino alla Francia e alleFiandre. Era così grandementeammirato che finanche AlbertoDürer, degnissimo pittore e inta-gliatore tedesco, sentendo di dove-re molto all’opera di Raffaello, glispedì in dono un suo ritratto. Sem-bra comunque che il cuore del ge-nio palpitasse poco per Maria emolto, invece, per una fanciullatrasteverina dagli occhi bruni, bel-la e flessuosa come doveva essereVenere nel fiore degli anni. Si chia-mava Margherita ma tutti eranosoliti riferirsi a lei con un nomigno-lo che prendeva spunto dal lavorodel padre, il quale aveva una botte-ga di fornaio nei pressi di porta Set-timiana. Sembra inoltre che il pit-tore abbia addirittura sposato det-ta Fornarina combinando tutto ingran segreto così da non suscitarele ire del cardinal Bibbiena. Del re-sto, Raffaello era figura troppo invista nella nostra Roma per unirsiin matrimonio con una popolana.Non c’era persona che non lo ido-latrasse, e non solo per il talento.Egli era mondano come i pittori ge-neralmente non sono, poiché la lo-ro attitudine a indulgere in fanta-sticherie li porta a inselvatichirsi erinchiudersi in tormenti tutti inte-riori.Ma quand’anche Raffaellonon si fosse curato di ciò che di luisi sarebbe detto nelle strade, diffi-cilmente avrebbe osato arrecareun profondo dispiacere al cardinalBibbiena. Era da poco diventatoresponsabile della fabbrica di San

Pietro e dalla benevolenza dellaCuria dipendevano questo e altriimportanti incarichi. Ragion percui decise di accettare in sposa lanipote del cardinale, facendo peròin modo di rimandare le nozze fin-tantoché gli fu possibile. Quando,messo ormai alla strette, conside-rò di prestar fede alla parola data,il destino volle che la giovane Ma-ria morisse nella casa sua, sita inquella via dove i fabbricanti distrumenti a corde avevano le lorobotteghe e che perciò chiamanovia dei Leutari.

Dobbiamo essere grati al fattoche simili beghe sentimentali nonabbiano incrinato i rapporti di sti-ma e amicizia che legavano Raffa-ello al cardinal Bibbiena. Diversa-mente, la nostra città avrebbe per-so alcuni dei suoi gioielli più pre-

ziosi. Come le magnifiche pittureche decorano uno stanzino da ba-gno privato dei Palazzi Vaticani,la famosa «stufetta» del cardinalBibbiena.

Fu lo stesso cardinale — uomocolto e raffinato nonché autore diun noto componimento d’ispira-

zione boccaccesca — a fornire pre-cise indicazioni a Raffaello riguar-do il modo di raffigurare certe sce-ne della vita di Venere. Il pittore sicalò a tal punto nell’umore mitolo-gico del soggetto da adottare unatecnica che imitasse l’encausto ov-vero la maniera di dipingere degliantichi. Raffaello vi si recava ac-compagnato da decine di allievi,essendo la sua bottega sempre af-follatissima, sia perché gli piacevadire di sì e piacere a tutti, sia per-ché le tante commissioni che accet-tava lo obbligavano ad assumereaiuti. Quando usciva di casa perandare a lavorare ai palazzi vatica-ni, non lo si vedeva mai accompa-gnato da meno di cinquanta pitto-ri, chi specializzato negli stucchi enelle grottesche, come Giovannida Udine, chi nelle figure, come

Giulio Romano.Quanto alle decorazioni, Raffa-

ello e la sua bottega si cimentaro-no in composizioni dove motivifloreali, architettonici e figureumane convivessero in estrosa ar-monia. Si ispirarono a un generedi pittura che taluni giudicano «li-cenziosa» e che era tipica degli anti-chi tant’è che in Roma et in ogniluogo dove i Romani risedevano ven'è ancora conservato qualche vesti-gio.

Questi motivi ornamentali di-vennero molto in voga proprio gra-zie a Raffaello e altri grandi mae-stri di allora, e si chiamavano grot-tesche perché, come raccontò Ben-venuto Cellini, furono trovate incerte caverne della terra in Romadagli studiosi, le quali caverne era-no camere, stufe, sale et altre cosesimili.

In verità, a trovarle fu un giova-ne sul finire del XV secolo. Costuiera impegnato a risalire un versan-te del Colle Oppio, poco distantedal Colosseo, quando cadde acci-dentalmente in una spaccatura delterreno. Si ritrovò in una stranagrotta ricoperta di pitture. La noti-zia non impiegò molto a diffonder-si — all’epoca Roma era città didimensioni tutto sommato mode-ste — e gli artisti si affrettaronosul luogo del fantastico ritrova-mento.

In breve tempo, calarsi nellegrotte divenne una consuetudine.Anche Michelangelo e Raffaello siinfilarono in quella crepa del terre-no muniti di torce carta carbonci-no e tutto il necessario per poterstudiare questa inattesa rivelazio-ne del mondo antico. Quelle grot-te altro non erano che stanze dellaDomus Aurea, l’immenso palazzoche Nerone fece edificare dopo ildevastante incendio del 64 dopoCristo.

Dopo il suo suicidio, i successo-ri dell’imperatore stabilirono di re-stituire al popolo romano il suoterreno. In meno di quattro decen-ni la Domus Aurea fu completa-mente seppellita per fare spazio anuove costruzioni. Ma è propriograzie a questa obliterazione se lesue decorazioni sono riuscite a so-pravvivere. La sabbia ha protettole grottesche come le ceneri vulca-niche fecero con Pompei.

La storia è fatta così: per ognicosa che viene alla luce qualcosadeve andare distrutto. Noi romaniconosciamo bene questa legge,che non vale soltanto per gli edificima pure per le persone. Se Raffael-lo non avesse nascosto il suo amo-re per la Fornarina e spezzato ilcuore di Maria Bibbiena la storiadella pittura non sarebbe stata lastessa.

Lo scrittore Tommaso Pincioha appena pubblicato «Gli alieni»

(Fazi editore)

RITRATTO DI DAMA CON LIOCORNO

I BORGHESE E L’ANTICO

I LUOGHI

2015

Esplorò la Domus Aurea e conobbe lo stile «licenzioso». Complice il cardinal Bibbiena

Un giovane addormentato fra Virtus e Voluptas, la vita virtuosae voluttuosa. L’invito è ad armonizzare le due inclinazioni,secondo il neoplatonismo. Il quadro, ora alla National Gallerydi Londra, era forse destinato a Scipione Borghese

Raffaello dipinse numerose Madonne, molto apprezzate per laloro grazia. In questa della National Gallery il San Giovanninooffre al Bambino Gesù un fiore di garofano, simbolo dellaPassione di Cristo per i suoi frutti a forma di chiodo

La tela era inventariata nella collezione Borghese comeuna «Santa Caterina» del Perugino. Fu Roberto Longhi aintuire che, sotto le ridipinture che avevano cancellatoanche il liocorno, si celava un’opera di Raffaello

La magnifica collezionearcheologica deiBorghese fu venduta aNapoleone nel 1807.Oggi è custoditagelosamente al museodel Louvre. La mostrasarà un eventoeccezionale. Tra icapolavori esposti, ilprestigioso marmo«Satiro su delfino» del130 d.c. (nella foto)

di TOMMASO PINCIO

Quando Raffaello si calava nelle grotte

clusivo dedicato ai Borghese el’Antico. Spiega di nuovo An-na Coliva: «Si tratta, lo ammet-tiamo, di una grandiosa scom-messa. Che si aggiunge a quel-la logistico-organizzativa. LaGalleria Borghese non ha spa-zi espositivi e durante una mo-stra deve mantenere la visibili-tà della propria esposizionepermanente. Quindi una mo-stra temporanea, anche se pre-stigiosa e imponente, deve di-ventare un valore aggiunto enon una sovrapposizione. Te-nendo presente che grazie aquesti itinerari riusciremo a ri-scrivere la storia di una colle-zione che ha segnato molte fon-damentali vicende dell’arte mo-derna».

Paolo Conti

3Corriere EventiCORRIERE DELLA SERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006