I TRILOBITI - Gruppo Mineralogico Romano · tre volumi che rivisitano appunto il testo del 1959. Il...

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I TRILOBITI Aldo Rainaldi Gruppo Mineralogico Romano Cinquecentoquaranta milioni di anni fa, nel Paleozoico, il mondo era molto di- verso da come lo vediamo oggi. Non era ancora emersa l’Italia e l’Europa non aveva la forma di quella di oggi ed era collocata in un contesto del tutto diffe- rente dall’attuale. Infatti parti di alcuni grandi continenti, Asia, America setten- trionale ed Europa, porzioni emerse di una crosta terrestre instabile, sembravano “vagare” in un oceano sterminato mentre tutte le altre terre emerse erano riunite in un solo grande ammasso più o meno omogeneo. Il clima doveva essere abba- stanza caldo e piuttosto uniforme. La vi- ta, ancora limitata ai soli mari, era infini- tamente ricca e differenziata. Oltre le alghe, nel Paleozoico, abbon- davano: Protozoi, Spugne, Meduse, Co- ralli, Brachiopodi, Anellidi, Crostacei, Graptoliti e Nautiloidi. Accanto a questi esistevano i Trilobitoidei e molti tipi di Artropodi che spaziavano dai Merostomi, agli Euripteridi, di dimensioni anche gi- gantesche, all’oggetto dei nostri interessi: i trilobiti. Fino quasi alla fine del secolo scorso quando qualcuno parlava dei trilobiti e si chiedeva in quale classe del mondo ani- male fossero collocati si poteva sentir di- re: “sono i nonni dei gamberi”, cioè cro- stacei. Trecento anni fa un inglese Edward Lhwid, noto con il nome latino di Luidius, vissuto fra il 1660 e il 1709, per primo, si interessò dei trilobiti e li chiamò Trinuclei e, da allora, su questi animali si è detto di tutto fino ad arrivare oggi alla loro collocazione fra gli Artropodi, di cui costituiscono una classe autonoma, ed a stabilire che non sono parenti dei crosta- cei come sosteneva lo svedese Linneo (Carl Nisson 1707-1778). Animali classici del Paleozoico, pre- senti da 540 a 250 milioni di anni fa, quin- di presenti dall’inizio del Cambriano, con il massimo sviluppo nell’Ordoviciano e nel Siluriano, iniziano una lenta estinzio- ne nel Devoniano per scomparire definiti- vamente nel Permiano (vedi fig. 1). Tanto per chiarire i termini di questa presenza massiccia nel Paleozoico basta pensare che, secondo alcuni studiosi, si contano fi- no a 5000 generi e 15.000 specie. La classificazione dei trilobiti si basa sui caratteri del cephalon, la testa, sul nu- mero dei segmenti che costituiscono il thorax, il torace, e sul numero di quelli che costituiscono il pygidium, la coda, la parte terminale. Quindi un animale diviso in tre parti in senso longitudinale ma an- che in tre lobi trasversali, uno centrale, assiale o rachide, e due pleurali, laterali. Un animale cosi non poteva che chiamar- si trilobite. Molti di loro avevano anche occhi par- ticolari, molto grandi in rapporto al corpo e composti da moltissime unità (da un centinaio a qualche migliaio) coperti da un’unica cornea. Un occhio fatto in que- sto modo consentiva al trilobite un campo visivo molto ampio che in alcune specie poteva addirittura arrivare a 360°. Peral- tro moltissimi altri trilobiti erano invece del tutto ciechi per occhi piccolissimi o inesistenti. 19 IL CERCAPIETRE, Notiziario del Gruppo Mineralogico Romano - n.1-2/2007, pagg. 19-33

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I TRILOBITIAldo RainaldiGruppo Mineralogico Romano

Cinquecentoquaranta milioni di annifa, nel Paleozoico, il mondo era molto di-verso da come lo vediamo oggi. Non eraancora emersa l’Italia e l’Europa nonaveva la forma di quella di oggi ed eracollocata in un contesto del tutto diffe-rente dall’attuale. Infatti parti di alcunigrandi continenti, Asia, America setten-trionale ed Europa, porzioni emerse diuna crosta terrestre instabile, sembravano“vagare” in un oceano sterminato mentretutte le altre terre emerse erano riunite inun solo grande ammasso più o menoomogeneo. Il clima doveva essere abba-stanza caldo e piuttosto uniforme. La vi-ta, ancora limitata ai soli mari, era infini-tamente ricca e differenziata.

Oltre le alghe, nel Paleozoico, abbon-davano: Protozoi, Spugne, Meduse, Co-ralli, Brachiopodi, Anellidi, Crostacei,Graptoliti e Nautiloidi. Accanto a questiesistevano i Trilobitoidei e molti tipi diArtropodi che spaziavano dai Merostomi,agli Euripteridi, di dimensioni anche gi-gantesche, all’oggetto dei nostri interessi:i trilobiti.

Fino quasi alla fine del secolo scorsoquando qualcuno parlava dei trilobiti e sichiedeva in quale classe del mondo ani-male fossero collocati si poteva sentir di-re: “sono i nonni dei gamberi”, cioè cro-stacei. Trecento anni fa un ingleseEdward Lhwid, noto con il nome latino diLuidius, vissuto fra il 1660 e il 1709, per

primo, si interessò dei trilobiti e li chiamòTrinuclei e, da allora, su questi animali siè detto di tutto fino ad arrivare oggi allaloro collocazione fra gli Artropodi, di cuicostituiscono una classe autonoma, ed astabilire che non sono parenti dei crosta-cei come sosteneva lo svedese Linneo(Carl Nisson 1707-1778).

Animali classici del Paleozoico, pre-senti da 540 a 250 milioni di anni fa, quin-di presenti dall’inizio del Cambriano, conil massimo sviluppo nell’Ordoviciano enel Siluriano, iniziano una lenta estinzio-ne nel Devoniano per scomparire definiti-vamente nel Permiano (vedi fig. 1). Tantoper chiarire i termini di questa presenzamassiccia nel Paleozoico basta pensareche, secondo alcuni studiosi, si contano fi-no a 5000 generi e 15.000 specie.

La classificazione dei trilobiti si basasui caratteri del cephalon, la testa, sul nu-mero dei segmenti che costituiscono ilthorax, il torace, e sul numero di quelliche costituiscono il pygidium, la coda, laparte terminale. Quindi un animale divisoin tre parti in senso longitudinale ma an-che in tre lobi trasversali, uno centrale,assiale o rachide, e due pleurali, laterali.Un animale cosi non poteva che chiamar-si trilobite.

Molti di loro avevano anche occhi par-ticolari, molto grandi in rapporto al corpoe composti da moltissime unità (da uncentinaio a qualche migliaio) coperti daun’unica cornea. Un occhio fatto in que-sto modo consentiva al trilobite un campovisivo molto ampio che in alcune speciepoteva addirittura arrivare a 360°. Peral-tro moltissimi altri trilobiti erano invecedel tutto ciechi per occhi piccolissimi oinesistenti.

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Fig. 1. Scala cronologica.

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Il dorso era dotato di una corazza chi-tinosa che ha notevolmente aiutato laconservazione e la fossilizzazione.

Questa specie di carapace, che venivasostituito periodicamente durante la cre-scita, non ricopriva tutto l’animale la-sciando fuori la parte ventrale da cui sidipartivano due lunghe antenne anteriori,probabili organi sensori e una lunga seriedi zampe che quasi mai si sono conserva-te. Naturalmente la parte ventrale era lapiù vulnerabile e, per proteggerla, moltitrilobiti svilupparono la capacità di raggo-mitolarsi esponendo all’esterno solo laparte corazzata.

Animali bentonici per lo più di acquebasse, ma mentre alcuni erano piatti altrierano rigonfi a dimostrazione di differen-ti attitudini e di diversi habitat. La diffe-renza di spessore si trasforma in una dif-ferente capacità idrodinamica, per cui vie-ne da pensare che quelli piatti vivesseroin acque più profonde e fossero più velo-ci. Altri trilobiti avevano invece una mo-bilità abbastanza ridotta e vivevano a bas-se profondità, presso le coste o all’imboc-catura di estuari addirittura immersi neifondali fangosi dove abbondavano colo-nie di microrganismi di cui si nutrivano.

Diffusissimi in tutto il mondo sono sta-ti trovati anche in Italia, in Sardegna, inCarnia e in Sicilia, nelle regioni cioè dovesono presenti le poche rocce paleozoichedel nostro paese.

Perché scomparvero? Anche se la granparte degli studiosi non concordano conquesta tesi, secondo alcuni furono vittimedel solito asteroide (addirittura di 10 km didiametro) a spasso nei cieli 250 milioni dianni fa, 185 milioni di anni prima di quelloche, probabilmente, determinò l’estinzione

dei dinosauri; con i trilobiti, comunquescomparvero, sul finire del Permiano, piùdel 90% di tutte le specie del pianeta.

Precedentemente abbiamo fatto cennoai caratteri sui quali si basa oggi la classi-ficazione dei trilobiti, ma nel corso deitempi ci sono state diverse soluzioni.

Tralasciando la storia precedente pos-siamo partire dalla pubblicazione avvenu-ta nel 1959, curata da Raymond C. Moo-re, del “Treatise on Invertebrate Paleon-tology” (Moore, 1959) considerata la“Bibbia” di quel settore. L’Opera che atutt’oggi conta 47 volumi pubblicati ne hauno interamente dedicato ai trilobiti.

È doveroso a questo proposito ricor-dare che fra i redattori del volume figuraanche Franco Rasetti il famoso fisico, unodei “Ragazzi di via Panisperna”, che, do-po essersi allontanato, per la nota crisi dicoscienza, dagli studi sul nucleare, si de-dicò, con pari successo, a studi su variaspetti della natura e, in particolare, di-venne un’autorità nel campo dei trilobitidel Cambriano.

Tornando alla classificazione il Tratta-to, nelle premesse, chiarisce che quellaadottata è fondata principalmente su:

1) cephalic axial caracters;2) pattern of sutures;3) caudalization of postcephalic seg-

ments.Quindi in pratica: sui caratteri del

cephalon, sul disegno e sulla struttura del-le suture e sulla fusione fra loro dei seg-menti postcefalici.

In base a questi caratteri i trilobiti so-no quindi suddivisi in sette ordini: Agno-stida, Redlichiida, Corynexochida, Pty-chopariida, Phacopida, Lichida, Odonto-pleurida.

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Avvertiva però il Treatise che, benchéfossero passati più di sessanta anni daquando a fine ‘800 gli studiosi avevano an-nunciato finalmente il raggiungimento diuna valida classificazione, i problemi nonerano affatto finiti e “we are still far fromthe goal” cioè l’obiettivo è ben lontano.

In effetti i caratteri distintivi presi inesame non sono poi così certi, hanno con-fini molto labili e autorizzano soluzionidiverse. Lo stesso Treatise accanto ai set-te ordini individuati ne accantona altridue incerti, senza nome, oltre ad una se-rie notevole di super e subfamiglie an-ch’esse dai contorni non definiti.

Dopo la pubblicazione del Trattato glistudi sui trilobiti continuarono e se Hein-ze Kowalskj (1997) ne accetta ancora intoto l’impostazione, Levi Setti (1975-1993) aveva già intrapreso nuove stradenominando altri ordini quali: Olenellidaestrapolato da Redlichiida, Eodiscida se-parato da Agnostida, Asaphida da Pty-chopariida.

Proprio quest’ultimo ordine sarà il piùrivisitato perché è da lì che vengonoestrapolati Asaphida, Proetida e, infine,Harpetida.

Ora, dopo la proposizione di questemodifiche, l’attenzione degli studiosi ètutta concentrata sulla revisione in attodel Treatise che ha già portato recente-mente alla pubblicazione del primo deitre volumi che rivisitano appunto il testodel 1959.

Il volume pubblicato, curato da Ri-chard Fortey (2001), ha preso in esameper ora i primi due ordini: Agnostida eRedlichiida.

Di seguito due grafici riportano laclassificazione di Riccardo Levi Setti

(pubblicata nel 1975 ma rivista nel 1993)(fig. 2) e quella di Sam Gon III pubblica-ta nel 2006 (Sam Gon III, 2006) (fig. 3).La terza (fig. 4) è uno schema dell’Auto-re che, in attesa della rivisitazione genera-le del Treatise, riporta l’impostazione del1959 con l’unica variante dell’inserimentoautonomo che spetterebbe al nuovo ordi-ne Proetida una volta “promosso” da su-bordine dei Ptychopariida. Su tale modifi-ca, peraltro credo oggi, nessuno dubitipiù. Proetida è l’ultimo gruppo dei trilobi-ti ad abbandonare la scena. Scompareverso la fine del Permiano, milioni di an-ni dopo tutti gli altri ordini, estinti quasitutti già nel Devoniano, al massimo nelCarbonifero. Lo schema proposto dal-l’Autore ha comunque come obiettivo so-prattutto quello di evidenziare in linea dimassima la permanenza dei vari ordininei periodi dell’ era Paleozoica.

A proposito comunque di questi pro-blemi di classificazione va almeno fattocenno al fatto che la discussione sui trilo-biti sembra ben lontana dal trovare unaconclusione. In effetti tutti concordano,per esempio, nel ritenerli non certo ani-mali primitivi, ma anzi esseri genetica-mente avanzati, stranamente avanzati peressere sbucati, così, dal nulla, primi natinella loro classe nel Cambriano. E la ri-cerca si sta muovendo per trovare i pre-cursori e già qualche nome comincia adarrivare dal Precambriano, come la Par-vancorina, un Artropode rinvenuto fra gliesemplari presenti nella fauna di Ediaca-ra ( rocce di seicento milioni di anni fa,dell’Australia meridionale).

Si ipotizza fra l’altro che i precursoripotrebbero non essere stati protetti dal ca-rapace che noi conosciamo con conseguen-

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Fig. 2. Classificazione secondo R. Levi Setti, ridisegnato da Levi Setti, 1993.

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Fig. 3. Classificazione secondo Sam Gon III (2006); per gentile concessione dell’autore.

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Fig. 4. Classificazione e diffusione degli ordini nei Periodi dell’Era Paleozoica.

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te maggiore difficoltà di fossilizzazione. In-somma futuri studi ci riserveranno sicura-mente sorprese, ma non è il caso di adden-trarci in questo scenario ancora molto va-go di cui comunque si farà cenno nella bi-bliografia consigliata (Glaessner, 1980).

È ora di passare alle immagini di alcu-ni trilobiti caratteristici dei vari ordini chehanno lasciato una traccia particolare nelperiodo in cui sono vissuti o nel territorionel quale si sono diffusi. Alcuni di lorosono stati “fossili guida” di un determina-to periodo.

I rappresentanti dell’ordine Redlichii-da sono i trilobiti più antichi. Compaionoe scompaiono nello stesso periodo, ilCambriano. L’esemplare illustrato (fig. 5),appartenente a quest’ordine, del genereParadoxides, proviene dal Monte Stephen,nel Canada. Esemplari dello stesso Gene-re risultano diffusi in un’area piuttosto

vasta che comprende Europa, Nord Afri-ca, Asia. Il genere Paradoxides annoveraalcuni dei trilobiti più grandi mai esistiti.L’esemplare di maggiori dimensioni a noinoto si avvicina al metro di lunghezza.

Un altro ordine, quello dei Corynexo-chida, rappresentato da pochissime fami-glie, occupa con i suoi appartenenti il perio-do Cambriano; presenta trilobiti di tagliaragguardevole, dalle caratteristiche abba-stanza simili a quelli del precedente ordine.

Ne fa parte il trilobite rappresentatonel disegno di fig. 6, Zacanthoides typica-lis, appartenente alla famiglia Zacanthoi-didae diffusa nel Nord America.

Sempre nel Cambriano e, praticamen-te solo in quello con qualche rarissima ec-cezione, compare l’ordine degli Agnosti-da. Presenta trilobiti di taglia piccolissimacon testa e coda (rispettivamente cepha-lon e pygidium) quasi simili e con un to-race appena accennato composto normal-mente da due o tre segmenti.

L’ordine comprende comunque pochis-sime famiglie.

L’esemplare illustrato (fig. 7) è di uncentimetro e proviene dal deposito cam-briano di Millard Country, nell’Utah,U.S.A.

L’ordine Ptychopariida ha origine nelCambriano e in questo periodo ha la suamassima diffusione, tuttavia è presente unpo’ in tutti i periodi del Paleozoico conun numero notevole di generi.

Scompare nel Permiano con l’estinzio-ne delle ultime due famiglie superstiti

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Fig. 5. Paradoxides paradoxissimus (Redlichiida).Cambriano Inferiore. Lungh. esemplare 8,5 cm.

Fig. 6. Zacanthoides typicalis (Corynexochida).

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Phillipsidae e Proetidae, anche se que-st’ultima, come già ricordato, non vienepiù considerata una famiglia dell’ordinePtychopariida, ma un ordine a se stante.

L’esemplare descritto nell’illustrazione(fig. 8) appartiene al genere Ectillaenus.Erano animali probabilmente non impe-gnati nell’attività predatoria, abituati a vi-vere posati sui fondali dove si lasciavanoparzialmente ricoprire dalla sabbia.

L’esemplare illustrato proviene dalMarocco.

All’ordine Ptychopariida appartieneanche la famiglia Scutelluidae diffusa nel-le zone climatiche calde del Siluriano edel Devoniano.

Comprende dei trilobiti, i cui occhi,come abbiamo già accennato, sono dotatidi un largo campo visivo e sono compostida migliaia di piccole “lenti”.

Nella foto (fig. 9) è riportato uno Sca-briscutellum perfettamente conservato eproveniente da Tabourigt, Marocco. Iprincipali giacimenti di questo trilobite,presente nei mari per 50 milioni di anni,sono comunque collocati in Belgio, GranBretagna e Germania.

Nella parte iniziale dell’articolo abbia-mo accennato al fatto che esistettero trilo-biti dotati di ampio e complesso apparatooculare ma anche esemplari che non ave-vano affatto gli occhi. Mentre lo Scabriscu-tellum aveva occhi efficienti, l’Ampyx, del-lo stesso ordine, non li aveva del tutto.

Questo era di taglia molto piccola, dal-la forma originale (fig. 10) rispetto alla

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Fig. 7. Peronopsis interstrictus (Agnostida). Cambria-no. Lungh. esemplare 1 cm.

Fig. 8. Ectillaenus katzeri (Ptychopariida); Ordovicia-no. Lungh. esemplare 5 cm.

Fig. 9. Scabriscutellum furciferum (Ptychopariida). De-voniano. Lungh. esemplare 4,5 cm.

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maggioranza degli altri trilobiti, avevaabitudini stanziali e, probabilmente, vive-va confinato nel limo del fondale, immer-so nel quale trovava anche il cibo. Questeabitudini probabilmente erano peculiaridei trilobiti senza occhi. Diffuso soprat-tutto nell’Ordoviciano è presente in Eu-ropa, America del Nord e Asia Orientale.

Nelle considerazioni iniziali si è fattocenno alla diversa conformazione dei trilo-biti rispetto allo spessore, alcuni piatti, altririgonfi con risvolti probabili sulle capacitàidrodinamiche. Nella famiglia Scutelluidaesi nota la compresenza di tutte e due le ti-pologie. Lo Scabriscutellum della fig. 9 è ditipo piatto, il trilobite della fig. 11, sempredell’ordine Ptychopariida, anch’esso appar-tenente alla famiglia Scutelluidae, genereParalejurus, è di tipo rigonfio.

È un esemplare del Devoniano, rinve-nuto a Tafiltat, Hamar Laghdad, Marocco.

Sempre all’ordine dei Ptychopariida ap-partiene lo Pseudomegalaspis alata dellafamiglia Ashaphidae. Questi trilobiti, diffu-si in un periodo relativamente breve nel-

l’Ordoviciano medio, sono stati rinvenutiin un settore areale molto limitato, la Scan-dinavia, e sono noti soprattutto per la ca-pacità di arrotolarsi completamente su sestessi in caso di pericolo e in caso di morte.Nel corso degli anni questa tecnica è anda-ta sempre più sviluppandosi fino a raggiun-gere una perfezione assoluta nella capacitàdi saldarsi delle varie parti del corpo.

L’esemplare di fig. 12 viene da Kin-nekulle Vilino Lidkoking, Svezia.

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Fig. 10. Ampyx sp. (Ptychopariida). Ordoviciano. Lun-gh. esemplare 5 cm.

Fig. 11. Paralejurus brongnarti (Ptychopariida). Devo-niano. Lungh. esemplare 9 cm.

Fig. 12. Pseudomegalaspis alata (Ptychopariida). Ordo-viciano medio. Lungh. esemplare 7 cm.

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Nel parlare genericamente di trilobiti,precedentemente, abbiamo ricordato co-me questi animali avessero tre articola-zioni trasversali (rachide centrale e pleurelaterali) e tre articolazioni longitudinali(capo, torace e pigidio). Come il torace, ilpigidio presenta un certo numero, ancherilevante, di segmenti uniti a formare unoscudo caudale articolato e mobile. Homo-telus (fig. 13) smentisce questa descrizio-ne generale perché ha un pigidio di formapiù o meno semicircolare, privo di artico-lazioni, che, apparentemente, sembra deltutto liscio. Solo ad un controllo molto at-tento appaiono due deboli rilievi che so-no tutto quanto rimane delle articolazionicomuni agli altri trilobiti.

Concludiamo la rassegna dei Ptycho-pariida con l’esemplare che potremmodefinire una “star”. Probabilmente l’El-rathia kingi (fig. 14) è il trilobite più ri-tratto fra tutti. Forse deve questo straor-dinario successo al fatto di essere presen-te nelle rocce del Cambriano dell’Utah,negli Stati Uniti, in quantità eccezionali

ed essere quindi estremamente reperibilee disponibile.

L’ordine degli Odontopleurida anno-vera diversi gruppi di trilobiti che com-parvero nel Cambriano e che sono pre-senti ancora negli strati del Devoniano.Una caratteristica degli animali di que-st’ordine è il carapace ricco di protube-ranze spinose. Il genere Leonaspis ne èun esempio. È presente nel Siluriano e

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Fig. 14. Elrathia kingi (Ptychopariida). Cambriano.Lungh. esemplare 4 cm.

Fig. 13. Homotelus bromidensis (Ptychopariida). Ordo-viciano. Lungh. esemplare 4 cm.

Fig. 15. Leonaspis sp. (Odontopleurida). Devonianomedio. Lungh. esemplare 2 cm.

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nel Devoniano, sia in Europa come inAmerica da cui proviene l’esemplare del-la fig. 15 rinvenuto nella Haragan Forma-tion Hunton, Oklahoma, Stati Uniti.

Il Dicranurus è un altro trilobite del-l’ordine Odontopleurida che presentaclassiche appendici spinose. Entro certi li-miti mostra anche un elemento di origina-lità per le appendici del capo che sonopiù o meno somiglianti alle corna di unmuflone.

L’esemplare rappresentato in fig. 16proviene dal Marocco.

L’esemplare della foto successiva fig.17 appartiene al genere Selenopeltis checomprende trilobiti di grandi dimensioni;quello raffigurato proviene da Alnif, Ma-rocco.

La specie illustrata in fig. 18, Kone-prusia mediaspina, proveniente da Alnif,Marocco, è stata inserita perché ha dellecaratteristiche originali. Non solo gli acu-lei genali e occipitali (cioè quelli posti ri-spettivamente ai lati della cornice che de-limita la testa e quelli posti sull’anello oc-cipitale, subito dietro la testa e sui vari

anelli che seguono e che compongono ilrachide, la parte centrale della schiena)diventano vere e proprie corna e si innal-zano dal corpo, ma anche gli aculei chepartono dai fianchi dell’animale ripiega-no verso l’alto diventando strumenti pro-babili di difesa, anziché ausili di locomo-zione. In effetti questa è una caratteristi-ca un po’ di tutto l’ordine Odontopleuri-da i cui componenti hanno in genere sulcarapace appendici spinose di forme va-rie come è rilevabile dall’esame degli altri

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Fig. 16. Dicranurus monstruosus (Odontopleurida).Devoniano. Lungh. esemplare 8 cm.

Fig. 18. Koneprusia mediaspina (Odontopleurida). De-voniano. Lungh. esemplare 5 cm.

Fig 17. Selenopeltis buchii (Odontopleurida). Devonia-no. Lungh. esemplare 6 cm.

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generi descritti: Leonaspis, Dicranurus,Selenopeltis.

I rappresentanti dell’ordine Lichida,colonizzatori dei mari caldi e pocoprofondi, del tipo delle attuali scoglierecoralline, sono noti soprattutto per averlasciato al patrimonio fossilifero trilobitifra i più grandi esistiti, anche esemplarioltre i settanta centimetri di lunghezza.Risultano presenti dall’Ordoviciano alDevoniano.

Appartiene a quest’ordine il trilobiteraffigurato nel disegno di fig. 19 che ri-produce un Ceratarges armatus diffuso inEuropa e nel Nord Africa. I miglioriesemplari sono stati rinvenuti negli stratidevoniani del Marocco.

Con l’esemplare della fig. 20 entriamoin uno dei grandi ordini dei trilobiti: iPhacopida diffusi in un vasto aerale perun lungo periodo che va dall’Ordovicianoal Devoniano. In particolare, comunque ilgenere Cheirurus vive fra l’Ordoviciano eil Siluriano e proprio a quest’ultimo pe-riodo appartiene l’esemplare riprodotto.

Allo stesso ordine appartiene l’esem-

plare di Metacantina barrandei (fig. 21)sempre proveniente da Alnif, in Marocco,uno dei luoghi “sacri” nel mondo dei tri-lobiti.

Psicopyge sp. (fig. 22) è un superboesemplare appartenente alla superfamigliaDalmanitoidea dell’ordine dei Phacopida.La scoperta e lo studio di questi esempla-ri è recente, risale agli anni successivi al1950 e si deve al lodevole lavoro svolto inMarocco da un gruppo di specialisti su

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Fig. 19. Ceratarges armatus (Lichida).

Fig. 20. Cheirurus sp. (Phacopida). Siluriano. Lungh.esemplare 6 cm.

Fig. 21. Metacantina barrandei (Phacopida). Devonia-no. Lungh. esemplare 5,5 cm.

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esemplari poco noti e poco studiati. L’e-semplare descritto appartiene all’HamarLaghdad Formation, Alnif, Marocco.

Crotalocephalus sp. (fig. 23) è un Pha-copida dalla forma abbastanza originale,con gli occhi piccoli, molto in evidenza sulmargine laterale. Proviene da Hamar La-ghdad, Tafilalt, Marocco.

Ovviamente nell’ordine dei Phacopidaè il genere Phacops che assume una parti-colare rilevanza per la vastissima diffusio-

ne un po’ in tutte le aree marine mondia-li nel periodo che va dal Siluriano al De-voniano.

I Phacops hanno occhi abbastanza ori-ginali rispetto alla maggioranza degli altrigruppi di trilobiti, sono molto grandi edevidentissimi in tutti gli esemplari fossiliz-zati (fig. 24).

Altro genere caratteristico dell’ordinePhacopida è il Reedops diffuso nel Devo-niano, in Europa, Nord Africa, Asia eNord America. È un genere vissuto neisedimenti più fini dei mari profondi il cheha consentito anche fossilizzazioni di li-vello elevato come nel caso dell’esempla-re riprodotto in fig. 25.

Come abbiamo già detto, durante ilDevoniano la maggior parte dei trilobitiscompare. Nelle acque basse delle barrie-re coralline, nel Carbonifero, sopravvivo-no esemplari appartenenti alle famigliedei Phillipsiidae, dei Brachymetopidae e,per ultimi, dei piccoli esemplari apparte-nenti al nuovo ordine dei Proetida.

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Fig. 22. Psicopyge sp. (Phacopida). Devoniano medio.Lungh. esemplare 16 cm.

Fig. 23. Crotalocephalus sp. (Phacopida) Devoniano.Lungh. esemplare 7 cm.

Fig. 24. Phacops rana (Phacopida). Devoniano. Lungh.esemplare 13 cm.

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Questi ultimi trascinano la loro esisten-za sino al Permiano, intorno ai 250 milionidi anni fa e poi scompaiono anche loro.

Nota dell’Autore

I trilobiti raffigurati appartengono tut-ti ad una collezione privata.

Ringraziamenti

Si ringraziano: il Prof. AnastassiosKotsakis, Ordinario di Paleontologiapresso il Dipartimento di Scienze Geolo-giche dell’Università Roma Tre, per la re-visione del testo; l’amico Massimo Liniper la disponibilità a effettuare il lavorodi ripresa fotografica dei campioni, ese-guito solo in piccola parte dall’autore,e l’amico Roberto Pucci per l’assistenzaper grafici e disegni.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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IL CERCAPIETRE, Notiziario del Gruppo Mineralogico Romano - n.1-2/2007, pagg. 19-33