I tessuti

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L’arte del tessuto in Abruzzo passa anticamente per le mani operose ed abili delle donne. Da Scanno a Pescocostanzo, per passare a Taranta Peligna, Castel di Sangro, Fara San Martino, Lanciano, Bucchianico, Sulmona, Castel del Monte, Pietracamela, Nereto, Penne, e farsi apprezzare anche fuori dei confini regionali. E' il caso delle famose "tarante", le pesanti e colorate coperte di lana senza "dritto" ne "rovescio", tessute a mano dagli artigiani di Taranta Peligna, paese montano situato a pochi chilometri dalla Grotta del Cavallone nel Parco Nazionale della Majella. Tradizione vuole che l’affermarsi dell’arte della lana nell’epoca medioevale, abbia determinato Io sviluppo di Taranta Peligna, centro situato nei pressi del tratturo Magno, non molto distante dalla Via della Lana che univa, attraverso l’Appennino centrale, le città di Firenze e Napoli. Sta di fatto che la locale produzione di tappeti e tovagliati dai tipici colori e disegni (in molti casi di ispirazione caucasica e medio-orientale) era fin d’allora annoverata tra le migliori su mercati europei. Proprio a Taranta Peligna, anticamente, grazie alla presenza della classe artigiana dei lanieri, cardatori e

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I tessuti d'Abruzzo

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L’arte del tessuto in Abruzzo passa anticamente per le mani operose ed abili delle donne.

Da Scanno a Pescocostanzo, per passare a Taranta Peligna, Castel di Sangro, Fara San Martino, Lanciano, Bucchianico, Sulmona, Castel del Monte, Pietracamela, Nereto, Penne, e farsi apprezzare anche fuori dei confini

regionali.

E' il caso delle famose "tarante", le pesanti e colorate coperte di lana senza "dritto" ne "rovescio",

tessute a mano dagli artigiani di Taranta Peligna, paese montano situato a pochi chilometri dalla Grotta del Cavallone nel Parco Nazionale della Majella. Tradizione vuole che l’affermarsi dell’arte della lana nell’epoca medioevale,

abbia determinato Io sviluppo di Taranta Peligna, centro situato nei pressi del tratturo Magno, non molto distante dalla Via della Lana che univa, attraverso l’Appennino centrale, le città di Firenze e Napoli. Sta di fatto che la locale produzione di tappeti e tovagliati dai tipici colori e disegni (in molti casi di ispirazione caucasica e medio-orientale) era fin d’allora annoverata tra le migliori su mercati europei.

Proprio a Taranta Peligna, anticamente, grazie alla presenza della classe artigiana dei lanieri, cardatori e

tessitori, ha origine il culto di S. Biagio, il protettore della gola e dei lanieri, poiché sarebbe stato martirizzato con l’attrezzo per "cardare" la lana.

Un culto che ha radici secolari e tuttora vivo. Alle falde della Majella, ancora oggi i maestri artigiani della lavorazione della lana sono i principali promotori della festa folcloristica e religiosa in onore del Santo.

Santo di area pastorale, S. Biagio sarebbe nato e vissuto in Armenia e non è un caso che anche i pani votivi del 3 febbraio (oltre i disegni e i simboli raffigurati sulle coperte e tovaglie di produzione locale) trovino ispirazione nell’antica civiltà orientale.

Pescocostanzo città nobile, con grossi patrimoni fondati sulla pastorizia, fu glorioso centro artigiano nei secoli dello splendore. Dei suoi ferri battuti rimangono insigni esempi nella Collegiata. Si pretende che i vecchi maestri avessero un loro segreto, e mescolassero succhi d’erbe delle montagne al ferro fuso rendendolo così più cedevole come una pasta agli estri della fantasia. Vi è chi si è posto a ricercare queste ricette oggi perdute per riportare il ferro a prodezze virtuose divenute impossibili.

“Fiorì a Pescocostanzo quel merletto abruzzese che, qui e

specialmente a L’Aquila, giunse a una perfezione non inferiore a quella di Venezia e di Valenciennes. È incerto come questa arte sia giunta in Abruzzo; forse dal Settentrione, ma forse direttamente dalla

Turchia. A Pescocostanzo è rinata la scuola del merletto, e ho visto ragazze e bambine con le dita annaspanti sulle fila del tombolo. È un lavoro che attrae ancora le donne di queste parti, dove le cento lire hanno conservato un valore. L’arte del merletto può rifiorire in Abruzzo, perché l’abilità rimane. (...) Pescocostanzo fu anche nido di orafi. La guerra ha disperso molte delle loro opere migliori. (...) La graziosa Scanno (...). In molte piccole botteghe si ha la prova dell’attitudine di questi artigiani noti ad eccellere come sarti. Sono questi infatti i vivai nei quali crebbero i migliori tagliatori per uomo delle nostre città; anche quelli che restano non sono sarti di villaggio”.

Guido Piovene, Viaggio in Italia, Milano 1957.