I Terremoti e Le Onde Sismiche - Università degli Studi ...

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I Terremoti e Le Onde Sismiche Prof. Ing. Felice Carlo PONZO - Ing. Rocco DITOMMASO Scuola di Ingegneria Università degli Studi della Basilicata [email protected] [email protected] Tecniche innovative per l’identificazione delle caratteristiche dinamiche delle strutture e del danno

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I Terremoti e Le Onde Sismiche

Prof. Ing. Felice Carlo PONZO - Ing. Rocco DITOMMASOScuola di Ingegneria

Università degli Studi della Basilicata

[email protected] [email protected]

Tecniche innovative per l’identificazione

delle caratteristiche dinamiche delle

strutture e del danno

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I Terremoti

Dinamica Sismica delle Strutture

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USGS Earthquake Hazards Program

La tettonica a placcheNel 1920 Wegener formulò una prima embrionale teoria sulla tettonica a zolle, sulla base

dell’osservazione che i confini degli attuali continenti sembrano in molti casi combaciare

perfettamente tra loro come i pezzi di un puzzle.

Egli ipotizzò che intorno a 2 milioni di anni fa tutte le terre emerse formassero un unico continente

denominato Pangaea che nel tempo cominciò a suddividersi fino a dare luogo all’attuale

configurazione delle terre emerse. Tale osservazione fu avvalorata anche dalla scoperta di fossili e

microrganismi dello stesso genere in terre molto distanti tra loro come l’Africa occidentale e

l’America del Sud.

A partire da questa prima formulazione,

grazie ad osservazioni più accurate e

dettagliate, nei nostri giorni è stata

formulata una nuova ipotesi a base della

tettonica a placche, secondo la quale la

superficie terrestre è costituita da placche

che si muovono le une rispetto alle altre.

La crosta terrestre risulta suddivisa in sei

grandi placche (Africana, Americana,

Antartica, Australo-Indiana, Eurasiatica e

Pacifica) e circa 14 placche di dimensioni

più piccole. Le deformazioni relative tra le

placche si verificano in prossimità dei loro

confini.

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USGS Earthquake Hazards Program

Tettonica a placche

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Il moto delle placche continentali

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Tettonica a placche e terremoti

Eventi sismici registrati nel mondo dal 1994 al 1999

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Tettonica a placche e vulcani

Distribuzione dei vulcani attivi lungo i limiti tra le placche

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Faglie

Con il termine generico di faglia (fault) si suole indicare la frattura o una zona di frattura tra due

blocchi di roccia, in cui si verifica o si è verificato nel passato il movimento relativo (dislocazione)

delle parti adiacenti alla frattura. Il movimento può essere improvviso, oppure di lento scorrimento

(creep). Durante un terremoto, la roccia su di un lato della faglia subisce uno spostamento (slip)

rispetto alla roccia posta sull’altro lato della faglia. La superficie di faglia può essere orizzontale,

verticale o inclinata. Per definire univocamente un piano di faglia è necessario effettuare due misure:

direzione e inclinazione. Per un piano inclinato la direzione (strike) è l’angolo tra la sua intersezione

con il piano orizzontale e il Nord, mentre l’inclinazione (dip) è l’angolo tra il piano di faglia e il

piano orizzontale.

Il piano di faglia separa due blocchi che prendono il nome di tetto e letto in funzione della loro

posizione rispetto al piano.

Secondo la direzione degli spostamenti relativi che avvengono sul

piano di faglia, questa potrà essere diretta (normale) o inversa in

risposta a sforzi rispettivamente distensivi o compressivi. Se lo

spostamento è invece parallelo alla direzione della faglia,

essenzialmente sul piano orizzontale, la faglia è detta trascorrente

(strike-slip) e si forma in risposta a sforzi di taglio.

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Meccanismi di faglia diretta (normal)

Nevada earthquake, 1954

Faglia normale: il movimento avviene perpendicolarmente alla

direzione del piano di faglia con uno spostamento verso il basso del

tetto rispetto al letto.

estensione

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Meccanismi di faglia inversa (thrust)

Faglia inversa: il movimento avviene

perpendicolarmente alla direzione del

piano di faglia con uno spostamento

verso l'alto del tetto rispetto al letto.

compressione

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Meccanismi di faglia trascorrente (strike-slip)

Faglia trascorrente: il movimento avviene lungo la direzione del piano di faglia. Si può

distinguere in destra o sinistra secondo che ad un osservatore posto su un blocco, l'altro

apparirà essere stato spostato rispettivamente verso la sua destra o verso la sua sinistra.

Spesso tali faglie presentano il piano di scorrimento sub-verticale o quasi, in certi casi

obliquo.

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La faglia di S. Andreas

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Effetti della fagliazione superficiale sulle infrastrutture

Terremoto di Izmit, 1999:

deformazione della linea ferroviaria per effetto della rottura in superficie

faglia

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La teoria del rimbalzo elastico

Ogni qual volta si verifica un movimento relativo tra i margini di una faglia, nella roccia che costituisce i margini si

ha un accumulo di energia elastica dovute all’insorgere di variazioni di tensioni tangenziali. Quando le tensioni

raggiungono la massima resistenza della roccia, si innesca un improvviso scorrimento e l’energia accumulata viene

rilasciata. L’effetto della frattura dipende dalle proprietà meccaniche della roccia lungo la faglia. Se la roccia è

duttile, l’energia accumulata sarà esigua e verrà rilasciata sotto forma di movimento lento, asismico. Viceversa, nel

caso di roccia fragile la frattura sarà repentina e l’energia sarà rilasciata bruscamente, in parte sotto forma di calore e

in parte sotto forma di onde (terremoto).

Se sono note la rigidezza della roccia, la lunghezza della faglia e la velocità con la quale i margini si muovono tra

loro è possibile, in linea di principio, calcolare il tempo nel quale si accumulerà l’energia corrispondente alla

condizione di frattura e la probabile intensità dell’evento sismico che avrà luogo a seguito della frattura.

Dall’osservazione comparata dei movimenti di una faglia e dell’attività sismica storica lungo la stessa faglia è

possibile individuare zone di gap sismico. Queste, secondo la teoria del rimbalzo elastico, sono quelle dove è più

probabile che si verifichi un terremoto. Nel 1989 il terremoto di Loma Prieta si è verificato proprio in

corrispondenza di una zona di gap sismico della faglia di Sant’Andreas.

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Il meccanismo focale e la sua rappresentazione

Individuare il meccanismo focale di un evento sismico equivale a definire i caratteri

geometrici della frattura in termini di:

dip

strike

rake

Strike: è l’angolo che rappresenta l’orientamento di una faglia ed è

valutato in senso orario a partire dal nord.

Dip: è l’angolo che rappresenta la pendenza del piano di faglia rispetto

ad un piano orizzontale posto in corrispondenza della superficie

terrestre.

Rake: è l’angolo che determina la direzione lungo la quale si muove il

tetto della faglia. Si valuta in relazione all’angolo di strike. Un angolo

di rake >0 indica una faglia inversa mentre uno <0 indica una faglia

normale.

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Localizzazione di un evento sismico

ipocentro o fuoco

epicentro

distanza epicentrale

sito

distanza ipocentrale

La localizzazione preliminare di un terremoto è quella del

suo epicentro, e si basa sulla differenza tra i tempi di arrivo

di onde P ed S a diverse stazioni che hanno registrato

l’evento. La differenza di tempo dipende dalla velocità

delle onde P ed S e dalla distanza tra il sismometro e

l’epicentro:SPSP Vtd −− =

Nella roccia del substrato la velocità delle onde P è

compresa tra 3 e 8 km/s, mentre quella delle onde S varia

tra 2 e 5 km/s. Valutando tale distanza per almeno tre

stazioni sismometriche è possibile individuare

grossolanamente la zona epicentrale.

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Sebbene la “quantificazione” di un evento sismico sia estremamente importante, prima dello sviluppo

delle apparecchiature moderne di monitoraggio essa era legata essenzialmente alla descrizione

qualitativa degli effetti indotti su cose e persone.

Solo grazie ai più moderni sismografi è stato possibile effettuare una valutazione quantitativa del

contenuto energetico associato ad un evento sismico.

Criteri di misura dell’intensità dei terremoti

Intensità macrosismica “I”

Valutare l’intensità macrosismica è certamente la modalità più antica di descrivere l’entità di un

terremoto. Ci si basa sulla valutazione soggettiva e locale degli effetti di un terremoto (reazioni

umane, danno a manufatti ed ambiente fisico). Ciò rappresenta l’unica possibilità di procedere per

terremoti storici (prestrumentali). Su tale valutazione si basa ancora oggi lo studio della legge di

ricorrenza di un terremoto.

Amplificazione locale e vulnerabilità degli elementi esposti possono influenzare significativamente

l’intensità macrosismica.

A partire dai valori di intensità rilevati in diversi siti è

possibile definire una mappa delle isosisme, ossia delle aree

caratterizzate da un egual valore di intensità macrosismica. In

genere l’intensità più elevata si riscontra nelle immediate

vicinanze della sorgente.

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Criteri di misura dell’intensità dei terremoti

Grado Scossa Descrizione

I strumentale non avvertito

II leggerissima avvertito solo da poche persone in quiete, gli oggetti sospesi esilmente possono oscillare

III leggera avvertito notevolmente da persone al chiuso, specie ai piani alti degli edifici; automobili ferme possono oscillare lievemente

IV mediocre avvertito da molti all'interno di un edificio in ore diurne, all'aperto da pochi; di notte alcuni vengono destati; automobili ferme oscillano notevolmente

V forte avvertito praticamente da tutti, molti destati nel sonno; crepe nei rivestimenti, oggetti rovesciati; a volte scuotimento di alberi e pali

VI molto forte avvertito da tutti, molti spaventati corrono all'aperto; spostamento di mobili pesanti, caduta di intonaco e danni ai comignoli; danni lievi

VII fortissima tutti fuggono all'aperto; danni trascurabili a edifici di buona progettazione e costruzione, da lievi a moderati per strutture ordinarie ben costruite; avvertito da persone alla guida di automobili

VIII rovinosa danni lievi a strutture antisismiche; crolli parziali in edifici ordinari; caduta di ciminiere, monumenti, colonne; ribaltamento di mobili pesanti; variazioni dell'acqua dei pozzi

IX disastrosa danni a strutture antisismiche; perdita di verticalità a strutture portanti ben progettate; edifici spostati rispetto alle fondazioni; fessurazione del suolo; rottura di cavi sotterranei

X disastrosissima distruzione della maggior parte delle strutture in muratura; notevole fessurazione del suolo; rotaie piegate; frane notevoli in argini fluviali o ripidi pendii

XI catastrofica poche strutture in muratura rimangono in piedi; distruzione di ponti; ampie fessure nel terreno; condutture sotterranee fuori uso; sprofondamenti e slittamenti del terreno in suoli molli

XII grande catastrofe

danneggiamento totale; onde sulla superficie del suolo; distorsione delle linee di vista e di livello; oggetti lanciati in aria

Esistono diverse scale di intensità, ognuna adattata a condizioni locali. La più nota è certamente la

scala Mercalli, sviluppata nel 1880 da un sismologo italiano e successivamente modificata per i paesi di

lingua inglese e per tener conto delle condizioni locali presenti in California [oggi prende il nome di

scala MCS (Mercalli, Cancani, Sieberg) o MM (Mercalli Modificata)].

Conversione tra diverse scale di intensità sismica: MMI = Mercalli modificata RF = Rossi-Forel JMA = Japan Meteorological Agency MSK = Medvedev-Spoonheuer-Karnik

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Magnitudo M

Grandezza oggettiva e assoluta valutata sulla base di registrazioni strumentali. Esistono diverse

definizioni di magnitudo basate sulla misura di differenti elementi di un sismogramma.

Criteri di misura dell’intensità dei terremoti

La possibilità di avere una determinazione più oggettiva dell’entità di un terremoto è venuta solo in

seguito allo sviluppo di apparecchiature in grado di registrare lo spostamento indotto da un sisma.

La definizione di magnitudo più nota e diffusa è certamente la

magnitudo locale Richter. Essa si basa sulla misura della

massima ampiezza letta da un sismografo standard Wood

Anderson posto a 100 km dall’epicentro.

La Magnitudo locale Richter, ML, è espressa in scala logaritmica

per poter rappresentare su una stessa scala sia eventi insignificanti

che eventi devastanti. A ogni aumento di un’unità nella magnitudo

corrisponde un aumento di 10 volte nell’ampiezza misurata (e un

rilascio di energia circa 30 volte maggiore). La magnitudo di

terremoti che avvengono a distanze epicentrali diverse da 100 km

può essere calcolata solo se si conosce la legge di attenuazione

dell’ampiezza delle onde sismiche con la distanza epicentrale.

Richter determinò suddetta legge empiricamente, dallo studio di

numerosi terremoti superficiali avvenuti nella California

meridionale con distanze epicentrali comprese tra 20 e 600 km.

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Criteri di misura dell’intensità dei terremoti

Gli effetti di un sisma si attenuano con la distanza dall'epicentro per effetto dell'espansione

geometrica del fronte d'onda e delle dissipazioni energetiche.

La magnitudo locale secondo Richter è misurata dall'ampiezza A della vibrazione registrata a 100 km

dall'epicentro da un sismografo Wood-Anderson standard (con amplificazione 2800, periodo proprio

0.8 s, fattore di smorzamento 80 %).

Esprimendo l'ampiezza di riferimento in micron (A0 = 1 μm) si ha:

Quindi, la magnitudo di un terremoto può essere valutata misurando la distanza media della curva log

A : x, caratteristica dell'evento, rispetto alla curva di riferimento ML=0.

LM

L

AM log A ( m)

A= =

0

10

ampiezza, log A

distanza epicentrale, x100 km

1 mm

1 m

ML=3

ML=2

ML=1

ML=0

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Criteri di misura dell’intensità dei terremoti

Esistono in letteratura correlazioni (che, per quanto detto, hanno carattere essenzialmente locale) tra

la Magnitudo locale ML e le intensità secondo altre scale. Esse sono state ottenute diagrammando in

funzione della distanza epicentrale le intensità macrosismiche rilevate in corrispondenza di

magnitudo crescenti.

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Acquisizione e monitoraggio dei dati sismiciL'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

svolge da molti anni il compito di sorveglianza

sismica del territorio nazionale attraverso una rete

di sensori collegati in tempo reale al centro di

acquisizione dati di Roma. Lo scopo di tale rete è

duplice: la comunicazione tempestiva agli organi di

Protezione Civile dei dati relativi alla

localizzazione e all'entità di ogni evento sismico e

la produzione di informazioni scientifiche di base

(localizzazione ipocentrale, meccanismo focale,

magnitudo) per una migliore conoscenza dei

fenomeni sismici, con particolare riguardo alla

comprensione dei processi simogenetici della

penisola.Fino al 1984 i dati sono stati registrati su

carta termosensibile in modo analogico.

A partire dal 1984 i segnali sono registrati

parallelamente in modo analogico e digitale:

il segnale sismico è registrato nella sede

centrale dell'Istituto Nazionale di Geofisica e

Vulcanologia su carta termosensibile in modo

analogico ed in forma digitale su appositi

calcolatori.

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Mappa di Pericolosità Sismica del

Territorio Italiano

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Le Onde Sismiche

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Un sottosuolo in condizioni dinamiche non può essere trattato come un insieme di masse

discrete.

È necessario invece considerarlo come sistema continuo e analizzare la sua risposta a

sollecitazioni dinamiche nell’ambito della teoria della propagazione delle onde.

Affronteremo dapprima il problema della propagazione in un mezzo infinitamente esteso e

quindi i casi più complessi di propagazione in un semispazio omogeneo e/o stratificato.

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Onde longitudinali e trasversali

Con una fila di sferette collegate da molle è possibile creare un’onda in due modi diversi.

Longitudinale: l’onda si propaga orizzontalmente, da sinistra verso destra, e le sferette oscillano in

orizzontale, ossia nella direzione di propagazione.

Trasversale: l’onda si propaga orizzontalmente, da sinistra verso destra, e le sferette oscillano in

verticale, ossia perpendicolarmente alla direzione di propagazione.

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onda di deformazione volumetrica

(o onda P) con velocità

Legame costitutivo

elastico lineare

(relazioni di Navier):

xyxy

zxzx

yzyz

zvz

yvy

xvx

G =

G =

G =

2G + =

2G + =

2G + =

onda di deformazione distorsionale

(o onda S) con velocità

G=VS

)+2(1

E=G

)2-)(1+(1

E=

E = )2-)(1+(1

)-(1E = 2G+ ed

Costanti

elastiche:

+

+

+

=

+

+

=

+

+

=

zyxt

w

zyxt

v

zyxt

u

zzyzx

2

2

yzyxy

2

2

xzxyx

2

2

Equazioni indefinite

di equilibrio dinamico

(r = g/g):

zx yz,xy, = ij G = t

ij

2

2

ij

2

Combinando opportunamente queste equazioni se ne ottengono altre, le cui soluzioni, riportate di

seguito, descrivono la propagazione di due onde, una di compressione e una di distorsione.

z+

y+

x = )G2+( =

tv

2

2

v2

Onde in un mezzo infinito, elastico, omogeneo e isotropo

P

G=V

+

2

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Per effetto della propagazione di un’onda di compressione, P, le particelle del mezzo si spostano

parallelamente alla direzione di propagazione dell’onda.

La velocità Vp può anche essere espressa in termini di modulo di taglio e coefficiente di Poisson e

assume questa espressione:

Per n tendente al valore 0.5 (in corrispondenza del quale il mezzo elastico diventa incomprimibile) la

velocità delle onde di compressione tende a infinito.

z+

y+

x = )G2+( =

tv

2

2

v2

p

G( )V

( )

− =

2 2

1 2

Onde in un mezzo infinito, elastico, omogeneo e isotropo

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Le onde di taglio vengono spesso distinte in onde di tipo S-H, per le quali il moto delle particelle si

verifica nel piano orizzontale, e onde S-V, per le quali il moto delle particelle si sviluppa nel piano

verticale. Un’onda di taglio può sempre essere scomposta nelle sue due componenti S-H e S-V.

In sintesi, in un mezzo elastico indefinitamente esteso possono propagarsi due tipi di onde: quelle di

compressione, per effetto delle quali non può verificarsi alcuna distorsione, e quelle di taglio, per

effetto delle quali non può verificarsi alcuna variazione di volume.

La velocità alla quale le due onde si propagano è funzione della rigidezza e della densità del mezzo

attraversato. Dal rapporto tra le velocità di propagazione si evince che le onde di compressione sono

più veloci di quelle di taglio e che tale differenza è funzione del modulo di Poisson del mezzo

attraversato:

zx yz,xy, = ij G = t

ij

2

2

ij

2

p

s

V ( )

V ( )

− =

2 2

1 2

Onde in un mezzo infinito, elastico, omogeneo e isotropo

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Relazioni tra le velocità delle onde e le costanti elastiche

VP

VS

VP, VS

a = VP/ VS

Vs, n

conoscendo

ed PE V= 2

SG V= 2

P SK = V V

2 24

3

.=

2

2

0 5 1

1

SE V ( )= + 22 1

si ricava

G=VS

( )E

K =− 3 1 2

( )E

G =+ 2 1

edP

EG=V

+=

2

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Le condizioni al contorno associate con la presenza di una superficie libera danno luogo ad altre

possibili soluzioni per l’equazione dell’equilibrio dinamico del semispazio elastico.

Queste soluzioni descrivono un altro tipo di onda caratterizzata da un moto che si concentra solo

nella parte superficiale del semispazio e che per questo viene chiamata onda di superficie, oppure

onda di Rayleigh, dal primo studioso che la descrisse nel 1885.

La velocità di propagazione delle onde di Rayleigh, VR, si ottiene mediante complessi sviluppi

analitici a partire delle condizioni al contorno in superficie: sz=0, tzx=0.

Si ottiene che, indipendentemente dalle proprietà del mezzo, VR è inferiore, ma prossima, alla

velocità delle onde di taglio, VS:

VR < Vs; VR ≈ Vs

Onde in un semispazio elastico omogeneo isotropo

z

x

y

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L’onda di superficie

o di Rayleigh (R) si genera:

- alla superficie di un semispazio

- all’interfaccia tra due strati

Onde in un semispazio elastico omogeneo isotropo

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L’ampiezza delle componenti orizzontale e verticale degli spostamenti decresce significativamente

con la z. A una profondità di circa una lunghezza d’onda, la vibrazione è quasi del tutto attenuata.

Il moto di una particella in prossimità della

superficie segue un caratteristico percorso

ellittico retrogrado.

Onde di Rayleigh

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⚫ Sono il risultato di un’onda Pincidente e di un’onda SVinteragenti in corrispondenzadella superficie libera e condirezione di propagazioneparallela alla superficie stessa.

⚫ Sorgenti prossime alla superficiegenerano onde di Rayleigh dimaggiore entità rispetto a quelleassociate a sorgenti profonde.

⚫ Il fronte di propagazione è di tipocilindrico, pertanto la loroampiezza si attenua con ladistanza dalla sorgenteproporzionalmente a 1/√r.

Onde di Rayleigh

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Una volta definite le velocità con cui si propagano i tre tipi di onde principali nel semispazio elastico

è facile valutare in che ordine le onde generate in un punto raggiungeranno un altro punto posto ad

una data distanza dalla sorgente. Lamb (1904) in particolare descrisse anche il moto di un punto

appartenente alla superficie del semispazio elastico, posto a grande distanza dalla sorgente.

Nell’ipotesi che la perturbazione sia un impulso superficiale di breve durata, il un punto a distanza r

da tale sorgente sarà soggetto prima ad una oscillazione indotta dall’arrivo di un’onda P, seguita da

una fase di quiete prima di una seconda oscillazione indotta dall’arrivo di un’onda S. Questi due

eventi sono definiti “minor tremor” per distinguerli da quello successivo relativo all’arrivo dell’onda

di Rayleigh. L’ampiezza dell’oscillazione si riduce con la distanza del punto dalla sorgente. Inoltre, in

superficie le componenti P ed S si attenuano più rapidamente di quella R. Quindi a grossa distanza

dalla sorgente l’unica componente ancora distinguibile in superficie resta quella di Rayleigh.

Per contro, all'aumentare della distanza, cresce la

quantità (r/V) relativa alle tre vibrazioni (P, S,

R). Perciò, esse diventano maggiormente

distinguibili l’una dall’altra. Affinché si

distinguano chiaramente le S dalle R, occorre

che sia r > 2.5λ (condizione di far-field).

Altrimenti, esse tendono a sovrapporsi

(condizione di near-field).

Onde in un semispazio elastico omogeneo isotropo

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Ripartizione dell’energia irradiata

da una sorgente verticale

tra i diversi tipi di onde generate:

Tipo di onda

Percentuale

dell’energia

totale

Rayleigh 67

S 26

P 7

II. Tutte le onde incontrano un volume di materia che cresce al crescere della distanza.

La densità di energia quindi decresce con la distanza r secondo una legge di

attenuazione geometrica e l’ampiezza dell’onda decade:

- per le onde P e S proporzionalmente a 1/r2 in superficie, 1/r in profondità

- per le onde R proporzionalmente a r1

III. La direzione del moto delle particelle è

- radiale per le onde P

- tangenziale per le onde S

- composta per le onde R

I. Il fronte di propagazione delle onde di volume (P ed S) è sferico,

quello dell'onda di superficie (R) è cilindrico

Moto far-field (caso =0.25)

Onde in un semispazio elastico omogeneo isotropo

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Onde in mezzi stratificati: modello di doppio semispazio

Il modello di doppio semispazio si compone di

- mezzo 1: attraversato dal raggio incidente e da quelli riflessi

- mezzo 2: attraversato dai raggi rifratti

Un’onda incidente all’interfaccia tra due materiali 1 e 2 genera:

• onde riflesse (nel mezzo di provenienza)

• onde trasmesse o rifratte (nel mezzo di destinazione)

anche di tipo diverso da quella incidente (conversione modale)

In generale le onde non incidono all’interfaccia con un angolo di 90° e l’angolo di incidenza di

un’onda di volume può influenzare significativamente il modo in cui si ripartisce l’energia tra onda

riflessa e onda trasmessa.

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Riflessione e rifrazione: onde SV

Le direzioni delle onde riflesse e

trasmesse sono regolate dalla

Legge di Snell:

1 P PS S S

sen i sen r sen s sen t sen u = = = =

V V V V V1 21 2

L’onda SV incidente genera:

- onde SV riflesse e rifratte

- onde P riflesse e rifratte

perché il moto delle particelle indotto ha una

componente non nulla ⊥ all’interfaccia.

• Passando da un mezzo più rigido ad uno più

deformabile:

l’onda trasmessa si avvicina alla normale

t seni senVV21 SS

• Passando da un mezzo più deformabile ad uno più rigido:

per un valore critico ic dell’angolo di incidenza si ha rifrazione limite

(t=90°):

)t seni senVV(21 SS

1

Sc

c

S S S

sen i Vsen t = i arcsen

V V V= = 1

2 2

11

generazione di un’onda di testa

che si propaga lungo l’interfaccia

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Propagazione di onde di volume in mezzi stratificati

Sorgente profonda

(onde sismiche)

Situazione tipica:

velocità crescenti con la

profondità

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• rifrazioni successive

(strati sempre più deformabili verso la

superficie) onde S che si propagano in direzione verticale

• terreni naturali sotto falda

• azioni molto rapide nel tempo deformazioni volumetriche (onde P) 0

Ipotesi generalmente assunte per la modellazione:

Le vibrazioni sismiche sono il risultato della propagazione a distanza di onde di volume che attraversano:

• in profondità, ammassi di roccia lapidea

• in superficie, depositi di terreno.

Propagazione delle onde sismiche: schema concettuale

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I parametri del Moto Sismico

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Parametri del moto sismico

Mexico D.F.- 19.IX.1985 - Stazione SCT - Componente EW

-0,15

-0,10

-0,05

0,00

0,05

0,10

0,15

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90tempo (s)

accele

razio

ne (

g)

Sismogramma → Parametri sintetici

ampiezza

durata

periodo

I parametri di un moto sismico sono essenziali per una sua descrizione quantitativa.

Occorre definire ampiezza, durata e contenuto in frequenza, tramite parametri che possono descrivere

solo una di queste caratteristiche o che riescono a sintetizzarne più di uno.

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Parametri del moto sismico - Ampiezza

Il modo più consueto di descrivere un moto sismico è attraverso la sua rappresentazione nel dominio

del tempo. Il moto può essere rappresentato in termini di accelerazione, velocità o spostamento.

Generalmente solo una di queste grandezze viene misurata direttamente, mentre le altre vengono

ottenute per integrazione o derivazione. Le frequenze dominanti sono differenti per uno stesso moto

se descritto in termini di accelerazione, velocità o spostamento. Infatti, l’operazione di integrazione

ha un effetto filtro sulle alte frequenze poiché accade che:

)()(

av =

)()(

vu =

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Parametri del moto sismico –

Ampiezza

Horizontal peak ground acceleration PGA or PHA

L’ampiezza di un moto sismico è misurata tipicamente attraverso l’accelerazione orizzontale di picco,

PGA o PHA, utilizzata per la relazione immediata con le forze di inerzia. In particolare, su una

struttura rigida agiscono forze d’inerzia pari al prodotto delle masse per la PGA.

È generalmente espressa in gal (cm/s2) o in g (1 g 981 gals).

La componente verticale dell’accelerazione non viene di solito presa in considerazione nei problemi

di ingegneria sismica perchè nei margini di sicurezza previsti in condizioni statiche rientra anche

l’aggravio sulle strutture indotto dalla componente verticale delle forze di inerzia. In genere tale

componente è compresa tra 0.5 e 0.7∙PGA, ma sono stati osservati anche valori molto diversi da

questi.

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Domini del tempo e delle frequenzeUna qualsiasi vibrazione temporale X(t) di

periodo T0 (o artificiosamente resa tale) può

essere decomposta nella somma di infinite

funzioni armoniche di frequenza fn

Per ogni frequenza f,

ampiezza A e fase

definiscono una variabile complessa X(f)= R(f)+jI(f)

ad essa associabile

(f)I+(f)R = A(f) 22

dteX(t) = X(f) ftj2-+

-

Trasformata diretta di Fourier

tempo→ frequenze

Spettro di Fourier X(f)

funzione complessa

nel dominio delle frequenze

dfeX(f) = X(t) ftj2+

-

Trasformata inversa di Fourier

frequenze → tempo

R(f)

I(f)tan = (f) 1-

Spettro di ampiezza

Spettro di fase

n n nn

X(t) = A A sin( f t )

=

+ + 01

2

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Parametri del moto sismico – Contenuto in frequenza

Lo spettro di ampiezza è la rappresentazione delle ampiezze in funzione delle frequenze. Uno spettro

di ampiezza di un terremoto indica come si distribuiscono le ampiezze di accelerazione rispetto alle

frequenze e dà un’idea del contenuto in frequenza del moto. Uno spettro di ampiezza può essere

stretto o ampio. Nel primo caso esso corrisponde ad una storia temporale dominata da pochi periodi,

nel secondo caso esso rappresenta una storia temporale più complessa e irregolare.

Mexico D.F.- 19.IX.1985

Stazione SCT - Componente EW

0

0,005

0,01

0,015

0,02

0,000 0,500 1,000 1,500 2,000 2,500

frequenza (Hz)

am

pie

zza

spettro di Fourier

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Parametri del moto sismico – Durata

La durata di un terremoto può avere una enorme influenza sulle capacità distruttive di un sisma.

Degradazione della rigidezza e nascita di sovrappressioni interstiziali possono entrambe aver luogo

per effetto di cicli di moderata ampiezza reiterati.

La durata di un terremoto è legata al tempo necessario al rilascio dell’energia di deformazione

accumulata lungo la faglia. Tale tempo cresce al crescere dell’ampiezza dell’area interessata dalla

frattura sulla faglia, e quindi implicitamente essa cresce al crescere della magnitudo di un terremoto.

Un accelerogramma contiene tutti i dati relativi ad una fase sismica, a partire dall’inizio del terremoto

fino a quando i livelli di accelerazione non tornano paragonabili a quelli propri del rumore di fondo.

In genere si è interessati solo alla parte dell’accelerogramma in cui si osservano le accelerazioni più

significative.

A questo scopo uno dei parametri di durata è la bracketed duration (Bolt, 1969) definita

come l’intervallo di tempo compreso tra il primo e l’ultimo superamento di una soglia di

accelerazione generalmente fissata intorno a 0.05g.

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Parametri del moto sismico – Durata

La durata viene anche espressa in termini di cicli equivalenti del moto sismico. Questo approccio è

stato introdotto per valutare il potenziale di liquefazione.

Un altro parametro di durata è quello di Trifunac & Brady (1975) che si basa sull’intervallo di tempo

che intercorre tra il 5% e il 95% dell’energia rilasciata durante il sisma. Per determinarlo occorre

introdurre prima un parametro integrale del moto sismico, che porta in conto sia l’ampiezza che il

contenuto in frequenza del moto sismico: l’intensità di Arias (1970), definita come:

dttag

Ia

2

0

)(2

=

-0.02-0.015

-0.01-0.005

00.005

0.010.015

0.020.025

0 10 20 30 40 50 60

Time (sec)

Acce

lera

tio

n (

g)

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

0 5 10 15 20 25 30

Time, t (sec)

Norm

aliz

ed A

rias inte

nsity, Ia

(%

)

Trifunac duration

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Definizione del moto sismico di riferimento

Una progettazione sismica adeguata richiede la conoscenza preliminare del livello di scuotimento cui

l’opera sarà soggetta. Tale livello di scuotimento è direttamente legato ai parametri del moto

sismico, che quindi devono essere adeguatamente previsti.

Prenderemo in analisi alcune relazioni che, appunto, permettono di prevedere il modo in cui le

caratteristiche del moto sismico variano in funzione delle grandezze che maggiormente le

influenzano. Relazioni di questo tipo sono essenziali nell’analisi di pericolosità di un sito.

Se il moto sismico registrato in un dato sito è rappresentato da U(t), esso può essere espresso dalla

combinazione di vari effetti:

U(t)=A(t)*P(t)*I(t)*S(t)

in cui

• A(t) è il moto alla sorgente,

• P(t) è l’effetto del percorso eseguito dalle onde sismiche dalla sorgente al sito,

• I(t) è l’effetto della risposta dello strumento di misura,

• S(t) rappresenta l’effetto della risposta di sito e l’influenza della stratigrafia locale.

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MODELLO SISMOGENETICO

TERREMOTO DI RIFERIMENTO SU BEDROCK

DISTRIBUZIONE DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE

(carta di microzonazione)

Catalogo sismicità storica

Mappa faglie attive

Rischio sismico regionale

Valutazione- deterministica

- probabilistica

Cartografia isosismica

Registrazioni strong-motion

Attenuazione dell’intensità sismica

Intensità macrosismica

Accelerazione e/o velocità di picco

Spettro di risposta

Geologia di superficie

Analisi di microtremori o scoppi

Caratterizzazione geotecnica

Analisi degli effetti locali

Incrementi di intensità

Classificazione del sottosuolo

Amplificazione locale

Analisi della Risposta Sismica Locale

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L’esempio più noto in Italia:

legge di attenuazione dell’accelerazione massima orizzontale con

la distanza minima dalla traccia del piano di faglia, d (Sabetta &

Pugliese, 1987)

Leggi di attenuazione empiriche delle ampiezzeLe leggi di attenuazione empiriche dell’ampiezza di picco (o spettrale)

del moto sono in genere espresse nella forma:

dove:

- y è un parametro sintetico del moto sismico, o un'ordinata dello spettro di risposta;

- FT rappresenta una o più variabili che descrivono il tipo di sorgente;

- M è la magnitudo dell’evento previsto;

- x è una misura della distanza sorgente-sito;

- ST rappresenta una o più variabili che descrivono le condizioni locali del sottosuolo;

- è un termine di errore casuale, con media 0 e deviazione standard

( ) ++++= )S(f)x(f)M(fFf)ylog( T432T1

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1 10 100

distanza dalla sorgente, x (km)

ac

ce

lera

zio

ne

di

pic

co

, a m

ax (

g)

Terremoto probabile - M=6.4

Terremoto severo - M=7.1

( ) sdMa 0.1695.80.3061.562 22 ++−+−= log)log( max

in cui con M si indica la magnitudo locale (ML) per valori

inferiori a 5.5. e la magnitudo delle onde di superficie (MS) per

valori maggiori.

Gli effetti locali possono essere portati in conto mediante il

coefficiente s, variabile tra 0 (deposito rigido) e 1 (deposito

deformabile).

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