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I SERVIZI PER L'INFANZIA IN EMILIA ROMAGNA CAP. 1 - LA STORIA DEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA IN ITALIA Dai presepi agli "asili di carità" Fino alla rivoluzione industriale lo Stato non mostra interesse per le istituzioni per la prima infanzia, la cui gestione è in mano a privati, in particolare ad ordini religiosi. La prime attenzioni all'infanzia si manifestarono di fronte ai disagi connessi all'industrializzazione ed al forte impiego di manodopera femminile. In quel periodo molte persone vivono in condizioni malsane e la loro alimentazione è fortemente carente. In questo quadro, all'inizio del 1800 si diffonde in misura rilevante la pratica dell'esposizione attraverso la ruota degli esposti: molti neonati venivano abbandonati tramite un meccanismo girevole (la ruota) che inserita nel muro del befotrofio collegava l'esterno con l'interno, permettendo di collocare in un apposito spazio i neonati e di farli scivolare all'interno senza essere visti. Spesso vicino alla ruota cera una campanella per avvertire che un neonato era stato depositato. L'alto livello di abbandono favorisce nella prima metà dell'800, la nascita di iniziative private, caritatevoli e di beneficenza che porta alla nascita, tra il 1840 e il 1850 dei primi "presepi". Il nome si riferisce alla stalla in cui nacque Gesù, è tutt'ora utilizzato in Francia (crèche) per indicare il nido. Nel 1850 il pedagogista Giuseppe Sacchi apre a Milano il "Pio ricovero per bambini lattanti", un'istituzione che viene ricordata per essere stata la prima istituzione italiana assistenziale per la prima infanzia. Le caratteristiche dei presepi sono: - l'essere finanziati da privati - propongono, secondo la norma di statuto, "di agevolare le madri oneste e povere che lavorano fuori casa, l'allattamento e l'allevamento dei loro bambini" - sono articolati in due sezioni: lattanti e slattati - i bambini vengono accolti tutti i giorni non festivi, dalla mattina alla sera - il costo è di un soldo al giorno per contribuire alle spese di mantenimento Le madri possono accedere al ricovero tre o quattro volte al giorno per allattare (soluzione questa che privilegia le lavoratrici saltuarie o a domicilio, penalizzando quelle delle fabbriche). Per risolvere questo problema nascono nello stesso periodo le sale di allattamento all'interno delle fabbriche e le prime forme di asili aziendali (esempio sono gli industriali di Pinarolo e a San Marcello in Toscana ecc.). I presepi presentano però alti costi e la discontinuità del ricovero, soprattutto per i lattanti, ma nello stesso tempo sono una valida soluzione per le famiglie più bisognose e riducono sia la mortalità presente nei brefotrofi sia l'abbandono. C'è uno sviluppo costante di queste strutture soprattutto nel nord Italia. Nel 1907 si contano 39 presepi in tutto il paese. Nel 1905 viene

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I SERVIZI PER L'INFANZIA IN EMILIA ROMAGNACAP. 1 - LA STORIA DEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA IN ITALIADai presepi agli "asili di carità"Fino alla rivoluzione industriale lo Stato non mostra interesse per le istituzioni per la prima infanzia, la cui gestione è in mano a privati, in particolare ad ordini religiosi. La prime attenzioni all'infanzia si manifestarono di fronte ai disagi connessi all'industrializzazione ed al forte impiego di manodopera femminile. In quel periodo molte persone vivono in condizioni malsane e la loro alimentazione è fortemente carente.In questo quadro, all'inizio del 1800 si diffonde in misura rilevante la pratica dell'esposizione attraverso la ruota degli esposti: molti neonati venivano abbandonati tramite un meccanismo girevole (la ruota) che inserita nel muro del befotrofio collegava l'esterno con l'interno, permettendo di collocare in un apposito spazio i neonati e di farli scivolare all'interno senza essere visti. Spesso vicino alla ruota cera una campanella per avvertire che un neonato era stato depositato. L'alto livello di abbandono favorisce nella prima metà dell'800, la nascita di iniziative private, caritatevoli e di beneficenza che porta alla nascita, tra il 1840 e il 1850 dei primi "presepi". Il nome si riferisce alla stalla in cui nacque Gesù, è tutt'ora utilizzato in Francia (crèche) per indicare il nido. Nel 1850 il pedagogista Giuseppe Sacchi apre a Milano il "Pio ricovero per bambini lattanti", un'istituzione che viene ricordata per essere stata la prima istituzione italiana assistenziale per la prima infanzia.Le caratteristiche dei presepi sono:- l'essere finanziati da privati- propongono, secondo la norma di statuto, "di agevolare le madri oneste e povere che lavorano fuori casa, l'allattamento e l'allevamento dei loro bambini"- sono articolati in due sezioni: lattanti e slattati- i bambini vengono accolti tutti i giorni non festivi, dalla mattina alla sera- il costo è di un soldo al giorno per contribuire alle spese di mantenimento

Le madri possono accedere al ricovero tre o quattro volte al giorno per allattare (soluzione questa che privilegia le lavoratrici saltuarie o a domicilio, penalizzando quelle delle fabbriche). Per risolvere questo problema nascono nello stesso periodo le sale di allattamento all'interno delle fabbriche e le prime forme di asili aziendali (esempio sono gli industriali di Pinarolo e a San Marcello in Toscana ecc.).I presepi presentano però alti costi e la discontinuità del ricovero, soprattutto per i lattanti, ma nello stesso tempo sono una valida soluzione per le famiglie più bisognose e riducono sia la mortalità presente nei brefotrofi sia l'abbandono.C'è uno sviluppo costante di queste strutture soprattutto nel nord Italia. Nel 1907 si contano 39 presepi in tutto il paese. Nel 1905 viene aperto a Mantova, ad opera del pediatra Ernesto Soncini, considerato l'inventore della prima forma di libretto sanitario, l'Istituto pro lattanti". La stessa data segna anche l'avvio dell'allattamento artificiale. Nel primo congresso Nazionale Pro Infanzia di Torino, viene esplicitata la necessità morale ed igienica dell'istituzione di asili nido per lattanti, e nei successivi 20 anni si diffondono un pò ovunque nel territorio strutture con queste caratteristiche: a Milano nasce la scuola per l'assistenza materna ed infantile, a Roma si aprono i Dispensari, per preparare futuri maestre a maestri di scuola, A Napoli si apre l'Istituto Nipioigienico per l'intervento coordinato di consultazioni, distribuzione di latte e sussidi, asilo per lattanti, cattedre ambulanti. Il 1925 è l'anno d'istituzione, da parte del regime fascista, dell'Omni (opera nazionale maternità ed infanzia).Dal punto di vista normativo non c'è niente fino al 1870, quando alcune deputazioni provinciali cominciano a decretare la chiusura delle ruote, provvedimento che non viene osservato in modo omogeneo in tutto il paese, e che alimenta i contrasti tra i favorevoli e i contrari. Solo verso la fine dell'800 vengono presentati dei progetti parlamentari che rendono obbligatoria la dichiarazione della maternità negli ati di nascita e autorizzano la ricerca della paternità.

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Nel 1890, grazie alla legge conosciuta come legge CRISPI, la primissima infanzia viene inserita nel sistema di beneficenza pubblica, intesa, però, non come strumento di redenzione dei poveri, ma come mezzo per risolvere problemi concreti. Nel 1901 i socialisti promuovono il periodo di riposo, senza però contributo finanziario, per le ultime sei settimane di gravidanza e le prime sei del puerperio. La legge approvata contempla anche il divieto di impiegare le donne in lavori pericolosi. Il medico Giulio Casalini è in quegli anni il principale fautore del non licenziamento della donna incinta e di un contributo economico durante il congedo di maternità. Rivendica l'istituzione di una Cassa di Maternità, con la concessione di una parte di salario e il riconoscimento del carattere sociale della maternità, reso effettivo solo nel 1909. Accanto ai dispensari nascono anche i primi consultori per salvaguardare la maternità. Si sta piano pian passando da una serie di interventi di tipo caritativo ad un sistema di assistenza alla maternità e all'infanzia, con caratteristiche sociali e sanitarie.Inoltre con il crescere del regime fascista diventa sempre più importante riconoscere la "missione" di madre della donna, in quanto contribuisce all'incremento demografico e ad alimentare le forze della nazione.La legge 2277 del 10 dicembre 1925 istituisce l'OMNI, che si pone come obiettivo principale la difesa e il potenziamento della famiglia e della natalità, da perseguire mediante l'espulsione della donna dal mondo del lavoro e l'esaltazione di una sorta di mistica della maternità.L'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanziaL'Omni ha avuto un ruolo preponderante nella storia dei servizi per la prima infanzia, caratterizzandola per cinquant'anni, dal 1925 1975, in un periodo che aveva visto l'approvazione nel 1909, delle Casse di assistenza per la maternità (prima a Torino, poi a Milano...) con la concessione di una parte di stipendio. Il riconoscimento delle casse da parte dello stato permetteva di reperire fondi pubblici che andavano ad incrementare la quota di adesione pagata dalle lavoratrici. Di delineava cos' l'iniziale stato sociale italiano, ampliato e maggiormente concretizzato nell'età giolittiana, fino a sancire per legge, l'intervento dello stato in materia di maternità ed infanzia nel 1910. La nuova normativa, uno dei provvedimenti più avanzati d'Europa, riguardava però solo le lavoratrici dell'industria e doveva superare l'opposizione del mondo imprenditoriale. La tutela del diritto al lavoro per le donne, porta con sé il bisogno di tutelare i minori, rivendicando per loro alcuni diritti, tra cui il diritto all'assistenza da parte della madre nella primissima fase della vita. Altre leggi furono varate ma la scarsità di mezzi finanziari che lo stato metteva a disposizione resero difficile realizzare i principi che esprimevano.L'OMNI che precede di un anno l'avvento del regime fascista s'innestava da un lato su questo quadro finanziario e legislativo, e dall'altro sulla consapevolezza di dover porre rimedio alla morbilità e mortalità infantile. Con la nascita di questa struttura lo Stato si proponeva di:- provvedere all'assistenza delle gestanti- provvedere alle madri bisognose ed abbandonate- assistere i bambini lattanti e divezzi provenienti dalle famiglie bisognose, fino al 5 anno- provvedere ai fanciulli fisicamente o psichicamente anormali- provvedere ai fanciulli "materialmente o moralmente abbandonati", traviati o delinquenti, fino ai 18 anni.

Tuttavia la mancanza di direttive precise riguardo il profilo tecnico della struttura relativamente a modalità, tempi e finanziamenti reali con cui assolvere le funzioni, generarono un ente la cui caratteristica era l'essere una "macchina" per assorbire la disoccupazione. Gli orientamenti politici seguenti, invece di puntare alla creazione di uno stato sociale, utilizzarono l'OMNI come uno strumento dello stato fascista per sviluppare le proprie esigenze retoriche: la conservazione e il miglioramento morale e fisico della stirpe (obiettivo raggiungibile solo attraverso l'eliminazione di fasce di popolazioni a rischio, attraverso un'azione di prevenzione igienico sanitaria). Nella fase

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iniziale, la mancanza di personale e di risorse sufficienti, costrinse l'omni ad appoggiarsi a strutture sanitarie ed assistenziali presenti sul territorio, riuscendo così ad avere un margine di decisione che sfuggiva al controllo del regime. Per ovviare alla mancanza di personale specializzato, l'omni creò nuove figure specialistiche, attraverso corsi teorico pratici svolti all'interno dei propri enti o affidati a comuni o enti di assistenza. Si trattava di corsi di assistente volontaria visitatrice d'igiene materna ed infantile, di assistente sanitaria scolastica, bambinaia.Per rendere più forte e sana la popolazione, il regime istituì anche:

- centri di assistenza materna, per le gestanti- consultori per lattanti e divezzi fino al terzo anno d'età.

Già agli inizi del 900 molta attenzione era dedicata all'allattamento: furono quindi concessi permessi speciali alle donne che allattavano e in ogni stabilimento industriale con almeno 50 dipendenti donne doveva essere cerato un asilo nido per lattanti e divezzi fino ai 3 anni, e dove ciò non era possibile, bisognava creare una sala d'allattamento. Inoltre fu stabilito che l'Istituto nazionale fascista di previdenza sociale (l'infps) dovesse versare alla madre un assegno di 300 lire per compensare parzialmente la perdita economica che subiva la lavoratrice. I finanziamenti insufficienti e il maggior bisogno di controllo del regime fascista portano ad una prima riforma dell'omni nel 1933-34, in cui si ribadisce la necessità di operare soprattutto in ambito igienico-sanitario. Con l'avvento della guerra, l'omni si trovò a far fronte alle necessità di assistenza della popolazione (aumentarono gli abbandoni e i bisogni di trovare beni di prima necessità). Con la fine della guerra, nel 1945, l'omni riprese la sua attività sotto il controllo dell'Alto commissariato per l'igiene e la sanità e fu sottoposta ad epurazione nel passaggio dal fascismo alla repubblica. Con l'avvio della Repubblica i servizi offerti dall'omni si trovavano raggruppati in un solo edificio chiamato la Casa della madre e del bambino, struttura che concentrava il consultorio pediatrico, materno e ostetrico; l'asilo nido per lattanti e divezzi e il refettorio materno per madri e gestanti. L'omni ha smesso di esistere con la legge del 23 dicembre 1985 n° 698 e dal 1 gennaio '76 sono state trasferite alle regioni le funzioni amministrative, di programmazione ed indirizzo per la protezione e l'assistenza della maternità ed infanzia. Sono state trasferite alle regione anche le funzioni di controllo su tutte le istituzioni che si occupano di maternità ed infanzia. Le funzioni amministrative relative agli asili nido e ai consultori sono stati attribuite ai Comuni.I primi nidi aziendaliLi fecero nascere soprattutto esigenze pratiche (riduzione dell'assenteismo, una ripresa più rapida del lavoro da parte della donna). Nel 1978 vicino alla fabbrica di Schio entrò in funzione un asilo nido a spese dell'imprenditore, che accoglievano i bambini le cui madri non potevano affidare a nessuno i loro figli. Fra i veri esempi il nido aziendale di Adriano Olivetti rappresenta un punto di riferimento per qualità ed efficienza (avendo anche una particolare attenzione alla dimensione pedagogica e al rapporto con le famiglie).Le lotte e le battaglie delle Associazioni, della Cooperazione e dei Comuni del dopoguerra, in Emilia RomagnaA partire dal 1945 la regione si occupò di rinnovare ed ampliare la scuola nelle finalità, nei contenuti, nelle metodologie e nella formazione del personale insegnante.Nello stesso tempo era in atto una trasformazione sociale e culturale e le donne dovevano conciliare il loro ruolo di madre con quello di lavoratrice. C'era quindi, contemporaneamente, una grande richiesta di nidi aziendali (e in un quadro più ampio, di servizi sociali) e un evolversi della consapevolezza della comunità scientifica che aveva individuato nei primi anni del bambino, il periodo migliore per favorire un equilibrato sviluppo piscofisico dell'essere umano.Nel 1962 il comune di Bologna istituì il centro Pedagogico, collegato agli studi di varie discipline (pedagogia, psicologia, pediatria) e promotore di un'iniziativa eccellente, con cadenza annuale fino al 1987, quale il "Febbraio Pedagogico". Questa iniziativa ebbe

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un'importanza nazionale ed internazionale producendo scambi utili fra scuole nazionali ed estere. Il Febbraio del 1964, riguardò il primo anno di vita del bambino, portando la sua attenzione sugli asili nido e la loro funzione educativa. In quest'impostazione del febbraio c'è già l'idea che il problema educativo si risolve con il confronto, e che la scuola dev'essere un centro d'incontro di lavoro creativo comune. In quegli anni era direttore didattico delle scuole comunali bolognesi Bruno Ciari.Nel 1963 nascono i primi comitati genitori e insegnanti che nel tempo e grazie alla loro attività diventano Comitati scuola società, il cui operato è guidato dalla coscienza di gruppo in opposizione all'individualismo competitivo e dalla coscienza che la scuola interessa tutti i cittadini del Quartiere in cui la scuola sorge. Negli stessi anni si attua a Bologna il decentramento amministrativo comunale: la città si divide in quartieri con ognuno un proprio "aggiunto sindaco" e consiglieri di quartiere. Nel 1966, sotto diverse pressioni, si delibera la realizzazione degli asili nido territoriali, gestiti dal Comune. Nel 1969 si aprono su asili nido, uno nel quartiere Bolognina, "Il Patini" e l'altro nel quartiere Lame "il Capponi". Ciò avviene anche se none siste ancora nessuna legge nazionale in merito. Esistendo in quegli anni una legge che non attribuisce ai comuni la facoltà di aprire tali istituzioni , arriva puntualmente dalla commissione centrale per la finanza locale la bocciatura dello stanziamento per i due asili, nel frattempo già funzionanti. Grazie alla mobilitazione e al raccoglimento di 25.000 firme portate all'allora presidente della camera Pertini, la somma fu stanziata.La gestione dei primi asili nido si fece sempre più sociale e politica, infatti l'organo gestionale e decisionale era chiamato collettivo, ed era formato dal personale, dai genitori, da figure professionali quali il medico, lo psicologo, il sociologo, e dalle rappresentanze sindacali delle fabbriche di quartiere.Vi era la consapevolezza che l'asilo doveva diventare un ente formativo ed educativo. Si fecero propri i principi del metodo educativo del Villaggio della madre e del fanciullo di Milano, diretto da Elda Scarzella. Tra questi principi vi erano il rispetto dei tempi dei bambini e l'attenzione alle fasi in cui il bambino è maggiormente capace di sviluppare aspetti di sé.Furono precisati alcuni punti imprescindibili per la realizzazione di un asilo nido di tipo nuovo, ossia un luogo educativo:- con maggiori spazi, al chiuso e all'aperto- con un rapporto equilibrato tra educatori e bambini- con una costante formazione del personale migliorata quotidianamente attraverso l'osservazione dei bambini e la supervisione con lo staff medico-psico-pedagogico su quanto si è osservato.

Nel 1971 viene approvata la legge nazionale per la realizzazione degli asili nido.

La legge nazionale 1044/71

Il nido nasce nel 1971 come servizio pubblico, grazie ad una legge (la 1044) che lo istituisce per “provvedere alla temporanea custodia del bambino per facilitare l’ingresso della donna al lavoro”. La legge, ha consentito l'affermarsi sul territorio nazionale di una rete di asili nido comunali che è cresciuta negli anni, con le pur dovute differenze regionali. Affida la gestione dei nidi ai comuni e la loro programmazione nel territorio alle regioni, favorendo la nascita di servizi più vicini ai bisogni degli utenti. La legge istituisce uno speciale fondo da destinarsi al Ministero dell Sanità e da suddividersi fra le regioni entro il mese di febbraio. Il Ministero della Sanità si impegna a verificare lo statuto di attuazione dei piani annuali degli asili nido mentre le Regioni , secondo quanto dice l'articolo 6, devono elaborare il piano annuale degli asili nido fissando le priorità d'intervento, le norme e i tempi di attuazione sulla base delle richieste dei Comuni e rispettando i principi espressi dalla legge:- i servizi devono essere realizzati (per quanto riguarda la localizzazione che le modalità di funzionamento) in modo da rispondere alle esigenze delle famiglie

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- devono essere gestiti con la partecipazione delle famiglie e delle rappresentanze delle fomazioni sociali presenti sul territorio- devono essere dotati di personale qualificato- devono possedere requisiti tecnici edilizi ed educativi tali da garantire l'armonico sviluppo del bambino

Il piano regionale dovrà poi essere trasmesso al Ministero della sanità entro il 31 ottobre di ogni anno. Il controllo igienico e sanitario degli asili viene affidato prima all'ufficiale sanitario dei comuni di appartenenza dei servizi, poi alle unità sanitarie locali. In seguito, l'autonomia delle regioni e lo scarso controllo dello Stato ha generato una diffusione disomogenea degli asili sul territorio nazionale, penalizzando i comuni privi di "storia" e favorizzando quelli in cui, al contrario, si stava affermando e consolidando una elaborazione pedagogica ricca sullo sviluppo del bambio nei primi anni di vita, e nello stesso tempo una nuova cultura della famiglia e dei servizi. Nelle realtà più accreditate quali quelle dell'Emilia Romagna, il progetto pedagogico del nido poggiava su tre elementi imprescindibili:1. la formazione professionale2. la gestione sociale3. l'organizzazione

1. La formazione professionale.La formazione del personale di base ed permanente avrebbe garantito una qualificazione del personale durante tutto il percorso lavorativo, sia degli educatori che degli ausiliari e delle cuoche, in una concezione dinamica ed evolutiva dell'educazione. La formazione professionale permanente viene considerato uno strumento efficace per colmare le lacune di base ma anche per organizzare una parte integrante del lavoro; come tale, dovrà accompagnare la pratica educativa. Dovrà fornire all'educatrice gli elementi per decodificare il contesto in cui lavora, modificarlo e correggerlo. La formazione viene dunque integrata nell'orario di lavoro del personale che ha un certo numero di ore frontali (con i bambini) ed uno dedicato agli aggiornamenti, gli incontri di collettivo e le riunioni con le famiglie.Il lavoro di gruppo si è rivelato fin dall'inizio come complesso e fin da subito si è caratterizzato per una pratica educativa volta a salvaguardare i bambini dalle convinzioni personali e soggettive degli educatori. Nello stesso tempo ha messo in atto un processo di crescita del gruppo che fondandosi sulla disponibilità al cambiamento di ciascuno, sul superamento della propria visione e dei pregiudizi ideologici, ha favorito le pari opportunità dei ruoli. Verso la fine degli anni '70 entra in campo una nuova figura, quella del coordinatore pedagogico, a cui viene affidata la responsabilità del progetto educativo del servizio, della formazione degli operatori e della conduzione dei collettivi per dare omogeneità al lavoro di tutti gli asili nido, pur rispettando le peculiarità di ciascuno. In quegli anni proliferano i piani di lavoro di sezione e progetti dir icerca sul campo; il materiale prodotto dà avvio a progetti di documentazione che entra a far parte del progetto educativo e della programmazione educativa di ogni asilo nido.

Dalla gestione sociale alla partecipazioneLa partecipazione dei genitori, all'inizio del servizio, si limitava allo scambio d'informazioni utili a gestire ogni bambino nel servizio e a casa. Inoltre, negli anni '70, aveva una connotazione politica e sociale e veniva infatti chiamata "gestione sociale". I comitati di gestione erano formati da molti genitori, dal rappresentante del quartiere del nido e della amministrazione locale. Dovevano risolvere le questioni organizzative e di gestione, di elaborare i criteri di selezione delle domande di accesso al nido e di affrontare insieme all'amministrazione i problemi di manutenzione, apertura e chiusura degli stabili.

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Per quanto riguarda le riunioni con i genitori bisogna dire che i contenuti erano ancora acerbi e che lo stile comunicativo delle educatrici era improntato alla convivialità e alla disponibilità ad oltranza. Si avvertiva infatti il bisogno di conquistare i genitori. Solo nel corso degli anni, con la presenza di figure via via più competenti e con lo sviluppo di una progettualità mirata ai bambini e alle famiglie, la partecipazione assume un carattere più pedagogico. Il suo obiettivo principale è la condivisione con le famiglie dei contenuti educativi del nido. Vengono introdotti nel progetto le iniziative culturali con gli esperti edx il colloquio individuale con i genitori (perchè si avverte il bisogno da parte delle famiglie di momenti più individuali).Le regione E.R., l'università di Bologna e i diversi comuni della regione, crearono un'alleanza che affronta negli anni, attraverso i convegni, tematiche ad alto profilo scientifico, politico e culturale. Tutto ciò crea una grande vitalità; nasce in quel periodo il Gruppo Nazionale Nidi, formato da pedagogisti ed educatori provenienti da vari comuni, da docenti universitari, dalla direzione della rivista "Bambini" con il compito di fare sintesi sulla questione degli asili nido e sulle problematiche ancora aperte.L'organizzazione dei nidiChi aveva vissuti l'esperienza dei nidi familiari sapeva bene che l'organizzazione degli asili non consisteva solo nella costruzione di spazi adatti. Questi spazi dovevano essere arredati in maniera funzionale e creare degli ambienti specifici per i bambini, oltre ad essere divisi in ambienti raggruppando i bambini della stessa età. Bisognava organizzare i tempi del nido (la quotidianità dei bambini, l'orario del personale di lavoro, l'orario di apertura e chiusura del nido). Bisognava organizzare le attività di gioco e quelle di cura assicurandosi di creare momenti comuni e di privacy. Gli investimenti che alcuni comuni e regioni hanno fatto sulla qualificazione del personale, sulla partecipazione delle famiglie e sull'organizzazione degli asili, seguendo le direttive della legge nazionale, hanno prodotto effetti straordinari sulla qualità dei servizi e sulla diffusione della cultura della prima infanzia nella comunità.

Cap. 2 - LE LEGGI DELL'EMILIA ROMAGNA E DELE ALTRE REGIONI IN MATERIA DI PRIMA INFANZIA

Pedagogia e normativa: quando le leggi sorreggono la pratica educativa

Le leggi realizzatesi in Emilia Romagna nel corso degli ultimi 35 anni sul fronte delle politiche rivolte ai servizi per la prima infanzia, ha potenziato, differenziato e migliorato i servizi ai bambini piccoli: agli asili nido inizialmente solo a gestione pubblica si sono aggiunti quelli privati e nuove tipologie di servizi sono nati con lo scopo di rispondere ai cambiamenti della società italiana.Di tutto ciò ha tenuto conto il legislatore quando nel 2000 ha tentato la ricomposizione in un'unica cornice legislativa il sistema integrato per la prima infanzia. Inoltre dalle leggi dedicate all'infanzia e alla famiglia dal 2000 ad oggi, mostrano un interesse del legislatore per i temi relativi alla pratica educativa. Un'altro aspetto più volte marcato dal legislatore nelle leggi è la valorizzazione del lavoro collegiale e dell'autovalutazione del proprio operato, assumendo la documentazione come piattaforma per realizzare un'auotoriflessione sul lavoro svolto quotidianamente.

Evoluzione della normativa a livello nazionale e in E.R.

Nonostante tali aspetti positivi, il servizio, alle sue origini, non ha nessuno scopo educativo né una propria pedagogia e nasce a sostegno delle donne lavoratrici. D’altra parte, la stessa scuola materna aveva appena conquistato, e a fatica, il riconoscimento del suo ruolo educativo portandosi dietro molte polemiche. Si dovrà attendere l ‘81 per individuare un indirizzo pedagogico chiaro.Nonostante alcuni esperimenti ed esperienze comunali di grande interesse (soprattutto nei comuni dell’Emilia Romagna) il panorama variegato ed

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interdisciplinare ha ostacolato la formazione di un’identità propria ed ufficialmente riconosciuta, anche, a volte, dagli stessi educatori che vivono quasi un sentimento d’inferiorità.Il discorso sul nido si è articolato su 3 piani differenti:1- una prospettiva politico sociale che lo legge come servizio2- prospettiva con intenti prevalentemente ricognitivi per la quale è osservatorio privilegiato per cogliere elementi inediti dello sviluppo infantile3- prospettiva che sottolinea il carattere di istituzione formativa, agenzia socializzante la cui pedagogia, seppur embrionale, va sorretta ed evidenziata.Nonostante questa crescita di consapevolezza, le politiche sociali nazionali deputate al sostegno di questi servizi, hanno avuto un andamento precario. Hanno prevalso perlopiù, logiche di contenimento della spesa che hanno frenato la crescita e diffusione dei nidi. Se la legge istitutiva si prefissava di realizzare 3.800 nidi in cinque anni, oggi sono poco più di 3000 e coprono circa il 9% della popolazione infantile. Il numero dei servizi è inoltre cresciuto soprattutto negli ultimi anni e la distribuzione territoriale rimane fortemente disomogenea.L'inserimento, in questo contesto, di soggetti privati (che agiscono per conto proprio o per conto dell'ente locale) richiede la necessità di definire indicatori di qualità, standard organizzativi e di requisiti di professionalità, per orientare e controllare l'intera rete.Legge Turco - 28 agosto 1997, n. 285 disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'adolescenzaQuesta legge è il primo tentativo del governo italiano di promuovere una politica complessiva per l'infanzia (con attenzione alle fasce 0-3) e l'adolescenza (con attenzione anche a maggiori di 14 anni) che coinvolga l'intero territorio nazionale ed in particolare tutti gli enti pubblici e privati che offrono servizi ai bambini nelle diverse realtà locali.La legge "turco" sistematizza inoltre l'esperienza preesistente, tentando di offrire un modello comune per progettare gli interventi, metterli in pratica, e verificarne gli esiti.L'obiettivo principale reso attuabile attraverso l'istituzione del fondo per l'infanzia e l'adolescenza, consiste nel promuovere i diritti, la qualità della vita, la socializzazione dell'infanzia e l'adolescenza, la realizzazione individuale, privilegiando l'ambiente ed esse più confacente, ossia la famiglia.La legge si rivolge quindi ai bambini considerati nel nucleo familiare, favorendo così interventi concordati dalla rete dei servizi territoriali. Gli stessi piani d'intervento diventano luoghi del confronto politico e programmazione effettiva di servizi ed interventi, concepiti in un'ottica di rete fin dal principio.Ammessi al finanziamento sono:- la realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitori - figli, di contrasto alla povertà e alla violenza ecc.- innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia (quelli con caratteristiche educative, ludiche e culturali, da o a 3 anni, che prevedano la presenza di genitori o familiari, con caratteristiche di flessibilità; e quelli in cui sia garantita l'assistenza ai bambini per un tempo giornaliero non superiore alle 5 ore, senza i servizi di mensa e riposo pomeridiano). Tali servizi non sono in sostituzione ma d'integrazione al nido.- realizzazione di servizi ricreativi per il tempo libero, anche in periodi di sospensione delle attività didattiche- realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti all'infanzia e all'adolescenza (per esempio il miglioramento della fruibilità urbana)- azioni per il sostegno economico nelle famiglie in cui uno o più minori siano affetti da handicap, al fine di migliorare la qualità del gruppo famiglia ed evitare qualsiasi forma di emarginazione ed istituzionalizzazione

Relativamente ai servizi integrativi, questi sono essenzialmente di due tipi: con affido o senza affido. Ma fra le caratteristiche comuni vi è il fato di essere luoghi di

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socializzazione, di autonomia per i bambini, di avere orari ridotti e più flessibili: essere luoghi di aggregazione e confronto anche per i familiari.A breve distanza con la legge nazionale n° 451 viene istituita la commissione parlamentare per l'infanzia, con il compito d'indirizzo e controllo sulla attuazione degli accordi internazionali e della legislazione nazionale.Con la stessa legge s'istituisce l'osservatorio nazionale per l'infanzia con il compito di predisporre il piano nazionale d'azione degli interventi per la tutela dei diritti dei soggetti in età evolutiva. Il piano individua le forme di potenziamento e coordinamento del lavoro svolto dalla pubblica amministrazione: regione ed enti locali.In questo percorso legislativo dedicato all'infanzia si contempla anche la legge n° 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato d'interventi e servizi sociali, per sostenere la persona nell'ottica di qualità della vita, prevenzione, riduzione del disagio personale e familiare e di diritto alle prestazioni.Coerentemente con quanto stabilito dalla legge nazionale, nel 2003 l'E.R. emana la legge per l'assistenza, finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari. Si tratta della legge regionale n°2 del 2003 che ridefinisce le azioni di welfare nel territorio regionale. Un ulteriore momento importante per la storia dei servizi in E.R. è la legge regionale del 10 gennaio 2000, n.1. Norme in materia dei servizi educativi per la prima infanziaBuon esempio di recepimento a livello locale della legge Turco. Nonostante preceda la legge dell'8 marzo n. 328, si connota per il carattere fortemente educativo attribuito all'asilo nido, servizio educativo e sociale d'interesse pubblico, aperto ai bambini dai tre mesi ai tre anni.Tra gli obiettivi del servizio: a. formazione e socializzazione dei bambini nella prospettiva del loro benessere psicofisico, e dello sviluppo delle loro potenzialità cognitive, affettive, relazionali e socialib. cura dei bambini che comporti un affidamento continuativo a figure diverse da quelle parentali e familiari ed in un contesto esterno a quello familiarec. sostegno alle famiglie nella cura dei figli e nelle sue scelte educative

con questa legge si è voluto 1. ridisegnare il quadro dei servizi per la prima infanzia mettendo al centro dell'attenzione i diritti dei piccoli e le esigenze dei bambini e delle loro famiglie2. definire le tipologie dei servizi3. stabilire un sistema di regole chiare per tutti i soggetti interessati a gestire i servizi per la prima infanzia4. sostenere un sistema di servizi di qualità

Vi è nella legge la definizione di tutti i servizi integrativi al nido: istituzioni con caratteristiche ludiche, educative e culturali, di aggregazione sociale, che prevedano modalità strutturali, organizzative e di funzionamento diversificate, aperte ai bambini, anche accompagnati dai genitori. Si riferisce ai centri per bambini e genitori ed agli spazi bambini (che prevedono invece l'affido di bambini tra i 12 e i 36 mesi per massimo 5 ore giornaliere).Tra servizi sperimentali quella dell'educatore domiciliare (che si realizza nel domicilio di una delle famiglie o dell'educatore, con un rapporto di 1 a 3 bambini affidati in modo stabile e continuativo). La legge sottolinea anche la partecipazione di questi servizi al sistema integrato, promuovendo esperienze di continuità.Inoltre nelle direttive che la regione si è data dal 2001, si accoglie l'obiettivo che la comunità europea si è data nel consiglio di Barcellona del 2002, consistente nel raggiungimento di un livello di offerta di servizi capace di rispondere al 33% della popolazione 0-3 anni entro il 2010.Queste normative hanno permesso di trasformare il servizio da assistenziale ad educativo. Occorre notare anche che:

1. dopo la 1044 non ci sono state altre leggi nazionali relativamente al nido

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2. la sentenza 370 del 2003 della Corte costituzionale ha inglobato i nidi nel sistema dell'istruzione, riconoscendone il valore educativo, senza però superare la concezione dei nidi come servizi a domanda individuale

3. la legge finanziaria del 2007 ha riportato i nidi e i servizi integrativi all'interno del sistema socio-educativo

nel complesso è possibile notare che se negli anni '70 l'attenzione era rivolta alla donna, successivamente si concentra sul bambino e il suo sviluppo.LE TIPOLOGIE DI SERVIZIO E LE DIVERSE DENOMINAZIONI

Modelli di servizioData l'eterogeneità dei centri bambini-genitori è difficile tratteggiare un modello unico. Ma è possibile individuare le due valenze che li contraddistinguono:

- valenza sociale (intervento mirato alla valorizzazione e supporto dei genitori)- valenza educativa (interventi educativi rivolti ai bambini)

All'interno di queste due valenze si raccolgono pressoché tutti i centri per bambini e genitori, specificandosi in relazione ad una delle due polarità ed in base ad essa, individuando i propri riferimenti teorici e realizzando la propria organizzazione, il proprio progetto e la propria programmazione.Punto di confronto è l'asilo nido, ritenuto insufficiente a rispondere a tutte le esigenze di educazione e supporto provenienti dalle famiglie, ma punto riferimento per quanto riguarda gli obiettivi educativi, attuati però con strategie diverse.

I centri per le famiglieSi tratta di servizi presenti a livello comunale. Propongono interventi sociali (rivolti alle famiglie) anche se non escludono interventi educativi. Possono offrire i seguenti servizi:

- dare informazioni sulle opportunità sociali, educative, scolastiche, culturali, sportive e sul tempo libero, offerte nel territorio da strutture pubbliche

- sportello legale per dare informazioni sulle opportunità offerte a livello giuridico ed istituzionale, relativamente alla condizione della donna, delle pari opportunità, al diritto di famiglia e alla norme in materia di maternità, paternità ed infanzia

- promozione e sostegno del volontariato familiare, dell'affido e dell'adozione (con corsi, formazione di gruppi ecc.)

- forme di aiuto economico per le famiglie in difficoltà sotto forma di provvidenze per il genitore che decide di stare più tempo a casa con i figli piccoli, prestiti sull'onore (a tasso zero)

- banca del tempo ed altre forme di mutuo auto aiuto per promuovere la solidarietà

- gestione di centri per bambini e genitori

I centri per bambini e genitoriOffrono uno spazio diverso dal nido e dalle mura domestiche in cui sperimentare relazioni con adulti e bambini, vivere e gestire eventuali conflitti, offrire occasioni di socializzazione (sia per i genitori che per i bimbi), di confronto formale ed informale sui problemi, e prospettare soluzioni anche grazie all'esperienza di altri genitori e quella esperta dell'educatrice. Le strategie sono incentrate sul gioco, sul sostegno della relazione adulto-bambino, anche tramite l'osservazione, suo sostegno della comunicazione e della metacomunicazione.

Spazi bambini ed educatrice familiareSono spazi integrativi al nido che accolgono i bambini dai 12 ai 36 mesi per un massimo di 5 ore giornaliere. Sono organizzati in modo più flessibile del nido di cui riprendono gli obiettivi (socializzazione ed apprendimento e favorizzazione

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dell'acquisizione di competenze sociali e cognitive, di autonomia e condivisione delle regole sociali.Simili ai nidi part-time, non prevedono il servizio di mensa e di riposo pomeridiano.

Centri di lettura ed altri servizi educativi per bambiniLudoteche per favorire la cultura e la pratica del gioco. Gli operatori organizzano attività tra i più grandi e i più piccoli, prevedendo sia la presenza dei genitori sia sollecitano la socializzazione fra i più piccoli, per i quali allestiscono appositi spazi.Spazi lettura, spazio educativo organizzato per promuovere un modello di approccio al libro differente da quello proposto in famiglia e nella scuola. Le attività sono rivolte non ad insegnare a leggere ma a motivare alla lettura. Ai più piccoli si leggono storie spesso seguite da semplici laboratori.

Alcuni indicatori della qualità dei servizi:- personale qualificato (con le qualifiche specificate dalla legge vigente. Di solito

per il coordinatore pedagogico si tratta della Laurea in pedagogia, psicologia, scienze della formazione o dell'educazione).

- Il rapporto numerico tra educatori e bambini. Il dato medio per le sezioni lattanti è 1:6, e per le sezioni dai 12 ai 36 mesi è 1:8.

- Le procedure per la qualità: l'autorizzazione e l'accreditamento, ormai divenuto uno strumento di regolazione del sistema e di vigilanza sulla qualità dei servizi. La pratica dell'autorizzazione è pressoché generalizzata a livello nazionale, e anche l'accreditamento comincia ed essere previsto in alcune regioni

Da l'Intervista a Lorenzo CampioniI documenti sull'infanzia della comunità europea.È nata silenziosamente e silenziosamente si è affermata contribuendo a formare quella che dal 1993 si chiama Europa Unita.I primi passi di un'Europa dei servizi si possono rintracciare nei rapporti elaborati dalle conferenze dei ministri europei dell'educazione (dei documenti di lavoro) su temi allora molto dibattuti: la dispersione scolastica ed in particolare, il rapporto tra le istituzioni educative e le condizioni socio-ambientali. Nei primi anni '70 ed '80, i servizi prescolastici sono analizzati secondo una prospettiva internazionale, se non ancora europea. Questa infatti si diffonde dalla seconda metà degli anni '80, e non solo negli organismi e documenti ufficiali, ma anche come esigenza di confronto dei servizi e loro organizzazioni, come esigenze di confronto fra legislazioni, storie, culture e modelli differenti.In questo senso l'organizzazione più interessante è la Rete europea per l'infanzia, a cui fu affidato, fra gli altri, il compito di occuparsi dei servizi per l'infanzia e della condivisione della cura dei bambini fra uomini e donne (nella prospettiva delle pari opportunità).Questa tematica era dominante negli anni '70, ed infatti, seppur le ragioni dei servizi per l'infanzia fossero molto diverse a seconda dei Paesi, c'erano alcuni elementi comuni. Ad esempio, per alcuni, l'obiettivo era proprio assicurare le possibilità di scelta della donna (stare a casa o lavorare) indipendentemente dalla richiesta di mano d'opera o dal bisogno economico. Non ci sono dubbi sul fatto che nel corso degli anni '70, dominanti nelle scelte d' incentivazione ai servizi, sono i punti di vista delle donne (o meglio, della società sulle donne stesse) e non tanto gli obiettivi correlati all'educazione dei bambini.La politica nei confronti dei bambini della seconda infanzia, sembra far invece suoi, obiettivi di compensazione del disagio socioculturale, in vista delle preparazione alla scuola dell'obbligo.La rete dell'infanzia, nel suo terzo programma, stabilì i seguenti obiettivi:

- monitoraggio degli sviluppi- valutazione delle politiche adottate- acquisire e divulgare informazioni

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- sostenere il PROGRAMMA NOW (nuove opportunità per le donne) che ha il compito di stimolare le capacità e le professionalità delle donne attraverso modelli d'azione innovativi nel campo dell'occupazione e della formazione professionale

Con la Raccomandazione del consiglio sulla cura dei bambini del '92, la Rete si concentra sulle pari opportunità fa uomini e donne e sulla necessità di conciliare gli impegni familiari e la cura dei bambini con l'impegno professionale. Si noterà che anche in questo documento ci si concentra sulle iniziative da intraprendere in seno al tessuto sociale, più che alla caratteristiche pedagogiche ed educative dei servizi all'infanzia.Esistono però nella raccomandazione, degli elementi che dagli anni '90 ad oggi, sono proprio il filo conduttori di discorsi politici, culturali e pedagogici. Si tratta dell'invito ad attivare una duplice pluralità: una relativa alla parità fra coniugi/genitori, l'altra relativa all'articolazione dei servizi.Per quanto riguarda la prima pluralità di raccomanda agli stati membri di:

1. organizzare servizi di custodia dei bambini mentre i genitori lavorano2. consentire congedi speciali ai lavoratori responsabili della custodia di bambini3. provvedere ad allestire ambiente, strutture ed organizzazione del lavoro per

adeguarli alle esigenze dei lavoratori con figli4. diffondere l'educazione alla divisione delle responsabilità familiari e professionali

fra uomini e donneRelativamente alla seconda pluralità:

1- si suggerisce di incoraggiare la flessibilità dei servizi in modo da poter proporre una varietà che porta con sè la possibilità di scelta e quella a soddisfare le diverse esigenze

Fra le domande scaturenti i vari documenti, vi è quella sul significato che la comunità eurpea intende ad attribuire ai servizi per i più piccoli. Si tratta solo di un vantaggio (economico) per gli uomini o le donne che lavorano o si tratta di diritti di tutti, bambini e le loro famiglie in primis?Ricerche e proposte educativeLa risposta sembrerebbe essere positiva ed orientata all'intento economicistico, ciò nonostante, negli anni '90, la situazione è più complessa di così. Un interessante rapporto di lavoro del 1991, si chiede, quali siano i criteri di qualità dei servizi rivolti all'infanzia, e si registrano dei punti d'accordo tra i vari Paesi, nonostante le differenze culturali. Si vuole dunque aprire un dibattito sulla qualità dei servizi nei paesi europei, cercando di abbattere i pregiudizi e trovare le strategie più adeguate per promuovere le buone pratiche educative. In questa ricerca i bambini sono considerati i protagonisti, insieme alle figure adulte. Nel 1996, la Rete definisce 40 obiettivi, divisi per ambiti, che i Paesi avrebbero dovuto realizzare nell'arco di 10 anni (nel 2006). In alcuni paesi, gli obiettivi relativi ad alcuni ambiti sono stati realizzati (Danimarca, Spagna, Italia - ad esempio, in Italia si è realizzata l'integrazione di bambini con deficit a partire dal nido). In Italia, nello stesso periodo ed immediatamente dopo il rapporto europeo sulla qualità, sono state realizzate ricerche sullo stesso tema, individuando in particolare gli indicatori di qualità dei nidi di alcune regioni, osservando e valutando le scuole dell'infanzia e valutando i giochi simbolici. Contemporaneamente anche in Europa si sviluppavano progetti relativi ai temi sottolineati dalla Rete. Fra questi progetti:

- Childcare north and south- Uno sul ruolo dei padri nella cura dei bambini

Il primo progetto si realizzò tra il 1992 e il 1994 grazie alla collaborazione tra ricercatori ed esperti italiani e danesi ed ebbe il compito d'individuare servizi che, secondo la Rete, potessero testimoniare l'esistenza di principi e valori sostenuti dalla raccomandazione. I ricercatori documentarono con un textbook ed una serie fotografica la giornata tipo in alcuni servizi per bambini da 0 a 6 anni della città di Bologna e di Aarhus. In questo contesto si crearono occasioni d'incontri tra i

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responsabili dei servizi a livello intermedio (pedagogisti, coordinatori pedagogici, studiosi di problemi per l'infanzia) ed in seguito fra le educatrici ed educatori dei paesi diversi.La seconda ricerca transnazionale su cui è importante soffermarsi, è quella che vede la collaborazione tra l'Emilia Romagna e la cittadina inglese di Corby. Si trattava di considerare se ed in che modo i servizi potessero essere luoghi di promozione del cambiamento. Bisognava analizzare e promuovere in due contesti diversi (un centro per l'infanzia e le famiglie, il Pen Green Center, ed alcuni servizi della regione italiana) il ruolo educativo dei padri ed in quali modi gli uomini condividessero il lavoro di cura con le loro donne.Si vollero capire innanzitutto perchè i padri fossero così poco presenti nei servizi di entrambi i paesi. Negli anni successivi s'intrapresero iniziative volte a rendere visibile la presenza dei padri, oltre a prendere decisioni in merito alla possibilità di aumentare il numero di uomini educatori.In quasi tutti i paesi dell'unione europea si poteva rilevare una duplice tendenza:

- la volontà di sollecitare una partecipazione più estesa degli uomini nell'educazione de bambini

- una difesa dell'attribuzione esclusiva alle donne del lavoro di cura, considerato il modo tipico dell'espressione dell'identità femminile

Tali istanze deriverebbero da una motivazione socioeducativa (garantire la presenza delle due figure nell'educazione dei piccoli) ed una socioeconomica (distribuire a livello familiare gli oneri di cura, per alleggerire quelli sociali ed equilibrare nel contempo il mercato del lavoro). Questa vivacità solleva dei dubbi relativi alla qualità educativa dei molteplici servizi. Perciò, la Rete, fin dal 1996, riteneva indispensabile che ogni Paese elaborasse una politica nazionale relativa ai servizi, definendo un quadro con obiettivi comuni e coerenti. Esistono infatti delle grandi disparità fra i servizi pubblici e quelli privati. Per quest'ultimo, il punto di maggiore debolezza, è relativo al personale (specificità professionale, retribuzione, formazione) agli spazi ed alla valutazione dei risultati.L'Italia, ha una storia a sé per quanto riguarda i servizi rivolti ai bambini. Se la scuola dell'infanzia, diffusissima, costituisce un esempio per le buone pratiche, i servizi ai più piccoli sono caratterizzati dalla diminuzione dell'espansione degli asili nido, un incremento dei servizi integrativi ed in ogni caso delle differenze regionali (ad esempio in Alto Adige o in alcuni pesi il nido non è necessariamente presente).Se inoltre c'è sempre stato un prevalere della gestione pubblica, dalla metà degli anni '90 si è verificato un aumento dell'iniziativa privata, grazie anche alle convezioni con gruppi ed organizzazioni di vario genere, nonostante l'opposizione di molti operatori che temevano lo snaturamenti e l'identità sociale ed educativa dei servizi, specie i nidi. Nelle grandi città comunque, laddove la tradizione pubblica è consolidata, si tratta di accordi che coinvolgono soprattutto i servizi integrati. A questo proposito si può notare che in Italia, c'è la tendenza a creare servizi integrativi nelle città, ed i servizi integrati nei paesi. Per quanto riguarda invece la presenza dei genitori insieme ai bambini, è un aspetto questo, che in Italia coinvolge perlopiù i centri genitori-bambini, e che resta marginale o frettoloso nel caso di altri servizi.

CAP.3 - FAMIGLIA O FAMIGLIE: SOGGETTO DA DECLINARE AL PLURALENonostante la famiglia appaia mutata rispetto a quella di un tempo, e possa essere riformata includendo in sé nuovi componenti, è interessante soffermarsi non tanto sulla sua struttura, quanto sulle funzioni familiari; quelle che consentono a tutti i componenti della famiglia un certo benessere.Tra queste funzioni:

- garantire cura e protezione- costituire l'uno per l'altro una base sicura- assicurare il contenimento- sviluppare la capacità di essere in relazione con altre persone- tenere conto delle differenze (e sapere gestire i conflitti)

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Queste funzioni possono essere sostenute dai servizi per l'infanzia, oltre che da quelli di welfare ben progettati. Fra gli operatori dei servizi sociali, la diversità di una famiglia ricostituita, non dev'essere visto come un limite ma trattato con un approccio costruttivo. La funzione dei servizi per l'infanzia dev'essere in questo caso, di facilitazione, soprattutto nelle situazioni che appaiono più complesse, evitando di patologizzare, di scegliere tra la famiglia biologica e quella affidataria...Per poter fare ciò occorre mettersi in discussione e accogliere la prospettiva che assume come valore a cultura delle diversità. Si tratta di un modello mentale che prevede spazi di partecipazione con un ruolo attivo di tutti i protagonisti, in un sistema di comunicazione che costruisce identità e relazioni

Servizi per le famiglie o con le famiglie?

Sostenere e promuovere l'associazionismo familiare per leggere i cittadini come parte integrante di un sistema, e permettere loro fare la propria parte, usando come risorsa quello che ha o che sa fare. In questo senso la capacità di ascolto diventa una caratteristica principale sei servizi.

Famiglie venute da lontanoParlare di genitori stranieri è molto complesso.In generale quando si parla di genitori bisogna tener presente alcune differenze:

- il livello soggettivo - legate alla personalità di ognuno- le diverse forme e modalità relazionali (famiglia ricostituita, separata ecc)- le differenze di generi (madri o padri)- le differenze legate alla socializzazione ricevuta (collegate anche al paese

d'origine, ma tenendo conto che l'appartenenza nazionale non implica necessariamente un'unica cultura, e che quindi il confronto tra cultura "nostra" e "loro" è di per sé scorretto.

Non bisogna quindi considerare le altre culture come un tutt'uno. Ogni storia è diversa, con una partenza, un arrivo ed un processo di adattamento al nuovo paese a sé stante.

L'incontro nei sevizi educativiNon potendo studiare uno studio di tutte le culture del mondo, è importante ragionare sulle competenze relazionali: n questa prospettiva Cecilia Edelstein ha elaborato alcune categorie come strumenti della relazione interculturale che facilitano la relazione:

1. il sé universal accumuna tutti gli esseri umani ed aiuta a mettersi in sintonia nonostante le differenze

2. il sé locale; si riferisce alla propria appartenenza e fornisce informazioni essenziali sulle rispettive culture

3. il sé individuale, personale e unico. Si tratta del proprio sistema di significati e del modo in cui ognuno percepisce la propria vita e il mondo che lo circonda

4. il sé relazionale, ossia, alla fine, un metalivello, poiché riguarda gli altri tre. Rappresenta i vissuti di chi si sta relazionando, messi a confronto.

In questo contesto l'educatore dei servizi per l'infanzia (spesso uno dei primi che incontrano queste famiglie) devono sapersi porre nella diversità ed assumere una prospettiva costruzionista. I presupposti per organizzare un intervento che non sia unilaterali sono:

- la riflessione sulle dinamiche relazionali fra genitori e bambini- la riflessione sulle proprie premesse, sulle proprie azioni e su come queste

tendano a costruire la relazione con l'altro- la riflessione sui significati che il proprio intervento assume nel contesto delle

relazioni.

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L'educatore deve quindi sapersi decentrare, assumere il punto di vista dell'altro, avere un atteggiamento di curiosità; relativizzare il proprio modello culturale; essere convinto che il dialogo e la reciprocità sono tanto più possibili se non esiste asimmetria di potere; sapere che in ambito transnazionale si porta aiuto quando si crea un cambiamento in entrambi i soggetti.

Le pratiche di accoglienzaL'accoglienza si caratterizza per:- una buona informazione- una cura della comunicazione- la ricostruzione della storia di ogni bambino- la cura nell'allestimento dello spazio personale della sezione- la preferenza e l'attenzione per momenti di scambio informale quotidiani, che giorno dopo giorno creano legami e un'abitudine nella conversazione- la valorizzazione dei saperi e del saper fare di tutti i genitori (organizzato anche attraverso momenti di scambio e laboratori).

Un altro aspetto interessante è la lingua d'origine; si potranno rassicurare i genitori sull'importanza della loro lingua restituendo anche importanza al loro stile genitoriale.

Famiglie e bambini con bisogni educativi speciali

Il nido ha un ruolo molto importante nella costruzione dell'identità infantile e dunque delle differenze.- La differenza di genere: la consapevolezza di tale differenza non deve avvenire

perchè si propongono ai bambini giochi tradizionalmente connotati (macchinine ai bambini e bambole alle bambine). La formazione del sè, e quindi la differenziazione, dev'essere vissuta come un valore, ma nel gioco, più interessante sarà scoprire le pari opportunità. Si può accedere a qualsiasi giocattolo utilizzandolo secondo le modalità che ciascuno può esprimere. Alle educatrici competenti spetta l'osservazione di queste modalità, per ricavarne uno spunto utile ad indirizzare verso una relazione che valorizzi lo specifico di genere, appartenente in misura diversa sia ai bambini che alle bambine.

- Le differenze culturali: le pedagogia della differenza culturale trova il suo interlocutore privilegiato nel genitore, da cui cercherà di trarre interrogativi e le sue attese rispetto al servizio. Bisogna, evidentemente, abbandonare ogni atteggiamento aprioristico e pregiudizievole, ed orientare il bambino al dialogo con l'altro.

- La differenza fisica e psichica: studi dimostrano che anche in presenza di una grave anomalia genetica, se l'ambiente si predispone in modo non-evitante, potrà raggiungere quella che Cyrulnik definisce la "resilienza", ossi ala capacità di elaborare un trauma, tentando di riprendere il cammino pur in circostanze avverse. In ambito educativo questo percorso è accompagnato da una relazione di aiuto, che prepara il campo ad interventi più mirati (professionali. Lavorare accanto a bambini con deficit, implica anche essere a stretto contatto con le Asl, per le acquisizioni di cui occorre disporre). Per quanto riguarda le famiglie, il disagio si manifesta perchè i genitori non s'identificano con i loro figli secondo quello che viene definito "narcisismo ferito" . Se come dice Freud l'atto generativo e la forma più alta di espressione narcisista, il procreare un bambino patologicamente diverso produce una ferita dell'io che può portare alla fuga ed allo smarrimento. Anche in senso concreto (dissoluzione della copia). Il nido può in questi casi, costituire una certezza, accompagnando in un percorso co-evolutivo i bambini e i genitori, aiutandoli a non perdersi, grazie anche al confronti con altri bambini e genitori, uguali, diversi, ma tutti portatori di un unico diritto: essere riconosciuti.

Bisogna costruire un percorso comune nel quale l'educatore consideri:- la curiosità per il punto di vista degli altri

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- modalità del primo contatto: bisogna individuare rituali il più possibile rispettosi del modo in cui genitori e bambini stanno insieme e porsi in posizione di ascolto della famiglia

- la ricerca, per comunicare, di un linguaggio coerente con il contesto di vita quotidiana

- l'attivazione di un percorso di crescita per il bambino insieme ai genitori, rispettando il tempo utile per evidenziare anche i singoli progressi ed affrontare i momenti di empasse

- il lavoro di gruppo come momento di confronto, scambio ed arricchimento; di costruzione di significati comuni.

I questo quadro la famiglia assume un ruolo attivo e pedagogico che si manifesta in incontri di gruppo in cui ogni genitore è chiamato ad interpretare il ruolo di chi chiede e chi offre aiuto. I gruppi sono assistiti da un conduttore che inizialmente è una figura istituzionale, per poi diventare uno dei genitori. Dai genitori partono messaggi forti:- la consapevolezza che quello che i genitori sentono per il bene dei loro figli ha valore e può esere speso per negoziare i programmi d'intervento- la consapevolezza di una dimensione sociale della sofferenza- la consapevolezza di essere utili agli altri

I CENTRI PER LE FAMIGLIENascono alla fine degli anni '80 e il loro ruolo viene sancito dalla legge 27/1989, che oltre a definire le competenze proprie dei consultori familiari istituisce i Centri per le famiglie e i servizi per l'infanzia integrativi al nido. Tra il 92 e il 93 la Regione riconosce il funzionamento dei primi 9 centri. La recente legge regionale 14/2008 incardina i Centri per le famiglie nella rete territoriale dei servizi dedicati all'infanzia, all'adolescenza, alle famiglie, ponendo così la programmazione territoriale integrata quale punto di riferimento per i centri.I centri programmano le loro attività in base a tre principali aree di funzionamento:- area dell'informazione - assicurare alle famiglie un accesso rapido e tutte le

informazioni utili per l'organizzazione familiare- area del sostegno alle competenze genitoriali- area dello sviluppo delle risorse familiari e comunitarie - obiettivo dei centri è

promuovere la dimensione genitoriale sociale.

Il progetto regionale InormaFamiglie&bambiniNuovo servizio d'informazione realizzato a partire dal 2001 che si occupa, attraverso una ricca banca dati, di fornire ai genitori tutte e informazioni nazionali e locali che possono essere di utilità della famiglia. Tale servizio sioccupa anche di consulenza, di divorzio, separazione, della richiesta di contributi, di dare informazioni su sistema sanitario e scolastico. All'operatore è richiesta la capacità di ascolto ed accoglienza; la conoscenza di tecniche precise di colloquio; di ricavare il maggior numer possibile d'informazioni (per riuscire a far emergere il vero bisogno).

La consulenza educativa ed il counseling genitorialeBuona parte dei centri per le famiglie si occupano di sostenere passaggi difficili nella vita familiare, quali il divorzio, o l'adolescenza dei figli, o la separazione.Si tratta di servizi presenti a livello comunale. Propongono interventi sociali (rivolti alle famiglie) anche se non escludono interventi educativi. Possono offrire i seguenti servizi:

- dare informazioni sulle opportunità sociali, educative, scolastiche, culturali, sportive e sul tempo libero, offerte nel territorio da strutture pubbliche

- sportello legale per dare informazioni sulle opportunità offerte a livello giuridico ed istituzionale, relativamente alla condizione della donna, delle pari opportunità, al diritto di famiglia e alla norme in materia di maternità, paternità ed infanzia

- prevenzione, dalla gravidanza ai primi anni di vita,

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- promozione e sostegno del volontariato familiare, dell'affido e dell'adozione (con corsi, formazione di gruppi ecc.)

- forme di aiuto economico per le famiglie in difficoltà sotto forma di provvidenze per il genitore che decide di stare più tempo a casa con i figli piccoli, prestiti sull'onore (a tasso zero)

- banca del tempo ed altre forme di mutuo auto aiuto per promuovere la solidarietà

- gestione di centri per bambini e genitoriGli strumenti utilizzati per il sostegno dei genitori nelle situazioni difficili e per promuovere nuove progettualità di vita a partire dalle risorse personali e familiari, sono il counseling genitoriale e la consulenza educativa. Come si può facilmente intuire, questi centri creano delle alleanze con altre strutture del welfare come le scuole, le ausl, gi altri servizi comunali rivolti alle famiglie con figli e 'associazionismo, privato e familiare, in una logica d'integrazione.

Nuove sinergie fra istituzioni e mondo del lavoroLa nostra legge 53/2000 promuove un rapporto di pari dignità, opportunità e doveri fra i partner, ma resta ancora poco sfruttata. L'approccio integrato fra azioni diverse prevederebbe, secondo una matrice europea, una modalità del lavoro più flessibile, l'utilizzo di congedi parentali e l'offerta di servizi di cura per la prima infanzia. Ma queste politiche di flessibilità che permetterebbero ai genitori di vivere serenamente le loro esperienze di paternità e maternità sono tutt'oggi, molto dibattute.

Da Intervista a Salvatore ConiglioLa mediazione familiare interviene quando una famiglia con figli ha deciso di separarsi. Il mediatore familiare è un professionista nell'ambito pisco-sociale che ha frequentato uno specifico corso di mediazione familiare. Il mediatore incontra i genitori per un certo numero di volte, per impostare dei buoni accordi fra le due parti in vista dell'educazione dei figli e per creare delle buone relazioni con i figli stessi.

- lo spazio fisico in cui incontrarsi dev'essere accurato, intimo e rimandare al modo in cui il personale vive il proprio impegno educativo

- incontro comunicativo informale per ottenere informazioni sulla qualità della relazione genitore-bambino

- incontro con altri genitori per testimoniare e condividere l'esperienza- l'attivazione di un percorso di crescita. Un progetto pedagogico chiaro, con cui i

genitori possono confrontare le proprie aspettative- l'organizzazione della struttura con le sue regole, deve venir incontro nella fase

iniziale ai genitori, mostrandosi flessibile, in modo da liberarli dall'ansia di essere adeguati.

CAP. IV - I SERVIZI ED I DIVERSI MODELLI GESTIONALI ED ORGANIZZATIVI DELL'EMILIA ROMAGNA

Servizi in concessioneL'affidamento in concessione dei Servizi per l'infanzia da parte del comune, può avvenire tramite due procedure pubbliche: finanza di progetto o appalto per la concessione di costruzione e gestione. Entrambe le procedure prevedono al termine del percorso di selezione, l'affidamento da parte del Comune ad un soggetto privato della costruzione e gestione dei servizi per la prima infanzia. Seppur nelle differenze dei due percorsi, alcune tappe fondamentali sono le stesse:

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a. l'amministrazione individua a rende disponibile l'area di costruzione dell'edificio; indica l'importo dei lavori e le modalità di presentazione dell'offerta economica, che di solito consistono nell'impegno del Comune a convenzionare un certo numero di posti per i bambini ad una retta di cui è espresso l'importo massimo, per un certo numero di anni.

b. I concorrenti devono presentare devono presentare un progetto architettonico ed uno pedagogico con eventuali modifiche migliorative. Possono anche presentare un'offerta economica diversa, ma solo nel senso di una riduzione delle rette

c. L'amministrazione supervisiona l'intera procedura tramite la nomina di un Rup e del proprio coordinatore pedagogico

d. L'autorizzazione al progetto viene chiesta dall'aggiudicatarioe. I bambini accedono al servizio tramite le graduatorie comunali, quindi le famiglie

partecipano alla spesa secondo i criteri definiti dall'amministrazionef. Il gestore può vendere i posti non convenzionati dal comuneg. L'aggiudicatario è il responsabile dell'intera gestione per tutta la durata

dell'appalto, al termine del quale l'edificio torna di proprietà dell'amministrazione

Servizi in appaltoPer servizi in appalto s'intende la gestione da parte dei privati dei servizi, in seguito all'aggiudicazione di una procedura pubblica (gara d'appalto). La procedura presenta le seguenti tappe:

a. 'amministrazione comunale indice una gara d'appalto al termine della quale l'oggetto dell'appalto viene affidato al concorrente che raggiunge il punteggio maggiore

b. nel capitolato di gara viene indicato l'oggetto dell'appalto con la descrizione nei dettagli del servizio che viene richiesto in termini di impostazione pedagogica, di figure professionali ed organizzazione dello stesso

c. l'appalto per la gestione che prevede solitamente un contratto della durata di due 3/3 anni con la possibilità di rinnovo per un analogo periodo

d. i servizi affidati in gestione rimangono a tutti gli effetti servizi comunalie. l'amministrazione supervisiona la conduzione del servizio tramite la presenza

della propria coordinatrice pedagogica o il raccordo, dove possibile tra questa e la coordinatricedella cooperativa aggiudicataria

f. l'autorizzazione al funzionamento del servizio è rilasciata dal comune

Servizi privati con posti in convenzioneNidi, micronidi, servizi integrativi (centri per bambini e genitori) e sevizi sperimentali (educatrice familiare, piccolo gruppo educativo) possono avere un certo numero di posti convenzionati con le amministrazioni comunali. Si tratta di servizi privati, che appartengono all'ente gestore, che hanno ricevuto l'autorizzazione al funzionamento dal comune, e che quindi rispettano la normativa in vigore. Le rette sono decise dall'ente e comunicate al comune che può decidere ogni anno, il numero di posti che intende convenzionare. Possono esistere ulteriori forme di convenzionamento che prevedono l'erogazione di un contributo economico fisso annuo alla famiglia del bambino residente. L' amministrazione sovrintende alla gestione del servizio tramite il proprio coordinatore pedagogico e quello referente.

Servizi in gestione direttaI servizi gestiti direttamente dall'amministrazione pubblica obbediscono alla legge regionale 1/2000 modificata dalla 8/2004. Ogni controllo ed azione necessaria allo svolgimento del servizio e alla definizione del progetto pedagogico avviene attraverso il personale dipendente dall'amministrazione pubblica.

Le diverse tipologie dei servizi educativi

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Nidi e sezioni di nido aggregate

I nidi d'infanzia" il nido d'infanzia è un servizio educativo e sociale d'interesse pubblico, aperto a tutti i bambini e bambini dai 3 mesi ai 3 anni, che concorre con le famiglie alla loro crescita nel quadro della politica per la prima infanzia e della garanzia del diritto all'educazione, nel rispetto dell'identità individuale, culturale e religiosa.Nell' Emilia Romagna il nido è presente da 40 anni, portando avanti strategie mirate allo sviluppo cognitivo affettivo e sociale del bambino. Il nido è il luogo in cui s'incontrano mondi diversi: la famiglia, il bambino e gli educatori che attraverso il dialogo, al fiducia e collaborazione, promuovono il luogo dove poter crescere.Il nido sostiene l'IO e il Noi facendosi carico della storia individuale e collettiva e arricchendola con altre significative esperienze formative.Può essere a tempo pieno (quando è aperto 8 o più ore al giorno) o parziale (meno di 8 ore).

Calendario annualeÉ aperto da settembre a giungo (ma i servizi situati sulla costa adriatica sono aperti tutto l'anno). Luglio viene organizzato in modo diverso dai gestori (Comune o privato)in base al regolamento di ogni servizio. Funziona dal lunedì al venerdì, indicativamente dalle 7 alle 18 (orario prolungato).CapienzaLa direttiva regionale 646 del 2005 fissa la capienza minima in 21 bambini e quella massima in 60. La capienza massima del nido a tempo pieno e parziale può arrivare a 69 purché la struttura disponga di una superficie minima di 7,5 mq per le attività dei bambini che frequentano il tempo pieno e di 7 mq per i bambini che frequentano il part-time.la stessa direttiva regionale fissa anche il rapporto numerico educatore /bambino:- dai 3 mesi ai 12 mesi: 1 a 5. Part-time e tempo pieno- dai 12 ai 36 mesi: 1 a 7. Tempo pieno- dai 12 ai 36 mesi: 1 a 8. Part time- dai 24 ai 36 mesi: 1 a 10. Sezioni di nido aggregati alla scuola dell'infanzia (sezioni

primavera) che accolgono esclusivamente questi bambini

Mentre sul rapporto collaboratore/bambino definito così: nel caso in cui le attività siano svolte dal personale interno il rapporto numerico medio tra gli addetti ai servizi generali e i bambini non può superare 1 addetto ogni 21 bambini. Tale rapporto può variare se le attività vengono svolte del tutto o in parte da personale esterno assunto tramite contratti con ditte private.

Definizione dell'organicoNella legge regionale 1/2000 e nelle successive modifiche sono indicati i criteri per determinare l'organico necessario per il servizio:- natura e tipo del servizio offerto- orari di apertura della struttura- numero ed età dei bambini- caratteristiche dei bambini accolti- numero sezioni

La routine e la giornata tipoLe routine, attività quotidiane e ritualizzate, possono riguardare alcuni momenti organizzativi della vita de nido (entrata, uscita saluto) a momenti biologici (pasto, riposo, igiene) e a momenti funzionali come l'organizzazione di spazi e la gestione di materiali.

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Le routine, con quotidianità e regolarità scandiscono il tempo nel nido, e rappresentano, come ricorda la Emiliani, un processo di socializzazione.Ecco perchè il nido programma le routine in vista della costruzione e dello sviluppo dell'identità personale.In questo quadro, una routine come la cura del corpo del bambino, è una parte fondamentale del ruolo professionale dell'educatrice.Tutta la vita del bambino piccolissimo passa attraverso il corpo, e le relazioni che si stabiliscono con lui hanno a che fare con il qui ed ora del corpo, rispondendo ai suoi bisogni. Attraverso le cure del corpo il bambino comincia a comprendere che il corpo è il suo mezzo per comunicare. Inizia anche a capire il legame fra le sue sensazioni e l'intervento dell'altro, assieme ad un senso affettivo ed emotivo di sicurezza. La risposta ai suoi segnali rinforzano le sue capacità comunicative. Anche l'educatrice deve cercare con il bambino una "sintonizzazione affettiva" dando risposte adeguate alle sue richiesteI rituali che vengono messi in atto nelle routine, permettono ai bambini di elaborare, fissare, riconoscere, ricordare e prevedere l'alternarsi delle sequenze di cui si compone l'azione o la situazione. Le routine sono delle costanti che permettono la memorizzazione e l'organizzazione di tale memorizzazione (quindi anche la previsione). Il nesso esistente tra esperienza e memorizzazione consiste nel fatto che la memorizzazione è un "accumulo di esperienza" e che si memorizzano più facilmente aventi con una valenza emotiva per il soggetto. Le connotazioni emotive, nei bambini, radicano i ricordi.Nelle routine il lavoro di cura ha una grande importanza in vista della strutturazione della vita quotidiana. Erroneamente, per molto tempo, si è pensato che la cura fosse un elemento, all'interno dei servizi dell'infanzia, da assolvere sbrigativamente.

Il cambioIl cambio del bambini, accompagnato da coccole, carezze, intimità permette quindi d'instaurare una relazione affettiva. Ciò che l'educatore fa durante il cambio dev'essere verbalizzato per trasmettere sicurezza

Il pastoAnche il pasto è un momento ricco di valenze educative che richiede un'organizzazione in vista della calma, proprio per le sue implicazioni cognitive e di convivialità. Vanno favorita l'autonomia del bambino, le esperienze tattili e gustative, ma anche il rapporto con l'educatrice che interverrà se il bambino non riesce a fare da solo.

Il sonnoIl sonno è un altro momento a cui il bambino deve accedere attraverso riti di passaggio predisposti dall'educatrice. È possibile allestire un angolo rilassante con luci azzurre, dove abbandonare le attività frenetiche e compiere dei rituali (come il massaggio rilassante alle gambe, o il rito dell'orsacchiotto da abbracciare, o stringere la mano del compagno vicino di letto) che accompagnino al sonno.

Ingresso accoglienza e duscita

L'entrata ed uscita dal nido sono altre routine che vanno eseguite senza la fretta del commiato dai genitori. All'entrata, in particolar modo durante l'inserimento, lo stato "liminare" in cui il bambino si trova (in cui si deve abituare a rinunciare alla protezione assoluta e continua della mamma) può essere sostenuto attraverso oggetti transizionali, che permettono ad esempio di ricordare la casa al nido. Anche all'uscita è importante che il bambino possa portare un pò di nido a casa. L'educatrice potrà, attraverso il racconto di ciò che è avvenuto in loro assenza, rendere i genitori partecipi

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del nido. In tal modo la madre potrà continuare a vivere il protagonismo nelle prime esperienze del figlio.

L'accoglienzaLo spazio del nido dev'essere "buono", saper accogliere il bambino nei suoi bisogni di sicurezza ed affettività dei primi anni di vita. Ma deve anche incoraggiare e sostenere il desiderio di esplorare.Il sentimento di accoglienza si deve manifestare, fin dal primo momento nella cura degli arredi ed degli oggetti. Usare un mobilio domestico, ad esempio, abbellire l'ambiente con i lavori dei bambini, posizionare gli oggetti a portata dei bambini, lasciare spazi privati dove ogni bambino può conservare ciò che gli appartiene. Il nido deve manifestare la sua capacità di continuità con la casa, che il bambino abita con il corpo stabilendo un rapporto percettivo ed emotivo con gli spazi.L'accoglienza al nido è un momento carico di sensazioni per questo è necessario che caratterizzi ogni momento con un rituale che possa facilitare l0ingresso in sezione e dare sicurezza al bambino. L'educatore aspetta la coppia genitore - bambino rispettando i tempi del loro distacco. È fondamentale in questo senso creare un'alleanza educativa con i genitore per concordare le giuste modalità.

Uscita - ricongiungimentoSi verifica in questa fase lo stesso rituale del bambino, che ugualmente non dev'essere frettoloso per lasciare alla coppia genitore-bambino il tempo di ritrovarsi.

La giornata tipo- Tra le 7 e le 9 vengono accolti i bambini. Spazio dedicato: salone/sezione- Tra le 8 e le 9.30 è prevista una merenda/colazione per i bambini che sono arrivati

molto presto- Tra le 9.45 e le 10 è previsto il cambio. Spazio dedicato: bagno all'interno della

sezione- Tra le 10 e le 11 ogni educatore all'interno della propria sezione propone le proprie

attività. Spazio dedicato: sezione, salone, atelier- Intorno alle 11 è previsto un altro cambio e la preparazione al momento del pasto.

Spazio dedicato: bagno all'interno della sezione- Tra le 11.15 e le 12 ci si siede a tavola per mangiare. Spazio dedicato: sezione- Tra le 12.30 e le 13 è prevista la prima uscita per i bambini che frequentano part-

time. Spazio dedicato: salone- Intorno alle 12.45 ci si prepara per il momento del sonno, che durerà fino alle 15.15

quando le educatrici svegliano i bambini per la merenda. Spazio dedicato: sezione- Tra le 16 e le 16.30 è prevista le 2 uscita. Spazio dedicato: salone/sezione- Tra le 16.30 e le 18 è prevista la 3 uscita, per i bambini che usufruiscono del tempo

prolungato. Spazio dedicato: salone/sezione

I nidi nei luoghi di lavoroNel 2001 con l'art.70 della legge 448, si parla di nidi aziendali, e con l'articolo 91 della legge 289/2002 si stanzia un fondo di 300 milioni per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano i nidi e viene data l'opportunità di sgravi fiscali. Queste disposizioni si collocano in un quadro normativo piuttosto felice. Infatti con la legge 53/2000 non solo si tutela la maternità, ma si riconosce il lavoro di cura, anche del padre. Con la legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato d'interventi e servizi sociali, riconosce e sostiene il ruolo peculiare della famiglia e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono. Ciò genera domanda di flessibilità per venire incontro alle esigenze delle famiglie.

Gli obiettivi di enti e imprese che progettano e realizzano nidi aziendali

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- interni ed esterni: apertura alla necessità del contesto sociale e dei propri dipendenti accogliendo una visione ecologica (riduzione dei empi di trasferimento casa-lavoro, miglioramento della qualità della vita..)

- gestionali: favorire il rientro più rapido dalla maternità, in un clima di serenità- di genere: incentivare le possibilità di sviluppo e carriera della donna- obiettivi di immagine esterna: stimolare l'interesse da parte del territorio e dei

media- immagine interna: miglioramento del clima aziendale e della percezione dei

dipendenti- economici e finanziari: possibilità di usufruire di finanziamenti agevolati

Il patto con il privato socialeLa maggior parte delle ditte hanno scelto di esternalizzare i servizi, poiché la gestione diretta è pressoché impensabile. L'interlocutore privilegiato è il no-profit, un privato sociale competente, capace di gestire il servizio e di partecipare in modo utile e creativo alla programmazione del sistema dei servizi nel territorio.A Ravenna i nidi aziendali "stefano Biondi" presso la questura (aperto nel 2003) e il "domus bimbi, presso la clinica privata accreditata (aperto nell'ottobre 2005) accolgono entrambi anche i bambini residenti nel comune di Ravenna, che non sono figli dei dipendenti, ponendosi a pieno titolo come servizi pubblici a disposizione della comunità sociale.

Le sezioni primaveraIn E.R la sezione primavera nasce all'incirca negli anni '90 su iniziativa di enti privati che già gestivano la scuola materna, come sezione pre-materna che accoglie bambini dai 2 ai 3 anni, in genere fratelli minori dei bambini già frequentanti.L'esigenza di trovare soluzione alle esigenze espresse dalle famiglie ha portato il FISM (federazione delle scuole materne di ispirazione cristiana) alla progettazione di strutture intermedie, come quella primavera, più flessibili e meno costose rispetto ad un nido tradizionale. Negli anni, alcune sezioni primavera si sono trasformate in nido, accogliendo i bambini a partire dai 12 mesi. La sezione p stata disciplinata con la legge regionale 1/2000 integrata dalla 8/2004 e da successive direttive che hanno indicato i parametri strutturali divenuti obbligatori. A livello statale, a partire dalla finanziaria 2007, il Governo ha promosso l'estensione dell'offerta di tale servizio su tutto il territorio nazionale. In E.R. sono state quindi avviate sperimentazioni chiamate "sezioni primavera o ponte". Tali sezioni sperimentali aggregate ad altri servizi educativi, accolgono bambini dai 2 ai 36 mesi. Lo Stato ha stanziato fondi e promosso la sperimentazione facendo leva su una rete capillare di scuole dell'infanzia a cui aggregarsi. Per i criteri di attivazione del servizio educativo si può far riferimento a quelli già richiesti ai nidi, aggiungendo la caratteristica di flessibilità dei apertura del servizio, con un tempo massimo compreso fra le 5 e le 9 ore giornaliere; la dimensione contenuta del numero dei bambini, che di solito non deve superare le 20 unità, in base al modello educativo adottato; rapporto numerico educatore bambino solitamente non superiore a 1/10; allestimento di un programma di consulenza, monitoraggio e valutazione, a livello nazionale e regionale, che ne garantisca l'affidabilità sotto il profilo educativo.

Valore specificoOltre a possedere le caratteristiche di attenzione ai momenti di accoglienza, routine ed attività di cura, gioco ed attività formative, la SP si caratterizza per la sua continuità fra l'asilo e la scuola dell'infanzia, che si fonda essenzialmente su tre coordinate pedagogiche:- la condivisione di un progetto pedagogico da parte dell'intera equipe della scuola

dell'infanzia e della sezione primavera- la pianificazione di momenti quotidiani condivisi dai bambini della sezione

primavera e della scuola, garantendo un ampliamento dell'esperienza

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- l'individuazione di progetti di raccordo fra il passaggio alla scuola dell'infanzia

in questa concezione è inevitabile l'attuazione di percorsi di auto/eterovalutazione della qualità educativa.

I servizi integrativi: centri per bambini e genitori e spazi bambini

I centri per bambini e genitoriCon la legge 285 del 1997 l'E.R. avvia una programmazione finanziaria pe r il funzionamento di tali servizi, stabilendo i criteri imprescindibili per accedere ai finanziamenti:

- strategie educative orientate ad attività di gioco fra bambini e genitori, all'ascolto, alla mediazione e alla valorizzazione della relazione e del rispetto delle differenze

- gli spazi devono disporre di un ambiente accogliente con spazi per bambini e genitori

- l'utilizzo di personale qualificato aggiornato periodicamente- l'individuazione degli educatori da coinvolgere ed eventuali altre figure

professionali per l'erogazione di un servizio di qualità.

La legge regionale 1/2000 ha definito ulteriormente le caratteristiche di questi centri nel territorio regionale:- la centralità del bambino, capace di costruire relazione e di arrivare ad una

progressiva conquista dell' autonomia- l'idea di genitore, presente all'interno dei centri, quindi altrettanto protagonista e

pronto al confronto per ripensare il suo ruolo e diventare anch'egli, genitore competente

il ruolo delle educatrici: in questi centri il rapporto con i bambini non è totalizzante ma dimezzato, essendo predente anche la loro figura di riferimento. Tale elemento può diventare una risorsa e dar luogo ad iniziative non più rivolte solo ai bambini. Forse il compito più difficile per l'educatrice, in questi contesti, è il non competere con le madri ed intervenire solo in presenza di difficoltà relazionali, per contenere e sostenere la coppia adulto-bambino. I centri diventano quindi istituzioni competenti e le educatrici possono anche svolgere azione di promozione ed animazione, affinché i genitori, in una nuova ottica di partecipazione e gestione sociale, intraprendano iniziative autonome e le propongano ad interlocutori diversi. Possono poi indirizzare i genitori perchè tali azioni non restino isolate all'interno del servizio, ma si colleghino ad altri organismi dei quali danno informazioni.

Cosa si fa in un centro per bambini e genitori

L'accoglienzaL'operatore accoglie la coppia adulto bambino, consapevole del modo in cui ci si sente accolti quando si entra in un posto. Chiede di levare e scarpe e dà delle ciabattine, e spiega che essendo presenti anche bambini molto piccoli, serve per preservare l'igiene del posto

Il coinvolgimentoSi attrezzeranno spazi diversi, in vista delle diverse attività, che dovranno essere trainanti e coinvolgenti. In questi luoghi il coinvolgimento consiste nell'introdurre da parte degli educatori, alle proposte di gioco, sottolineando la possibilità di svolgere attività spesso non eseguibili fra le mura domestiche. Il fare propositivo dell'operatore solleva il genitore dalla gestione sempre diretta delle attività. L'operatore alterna un ruolo osservativo ad uno più propositivo. Il suo ruolo è quello dell'affiancamento, ossia del sostegno, ed interviene solo quando vede la difficoltà di relazione, o per alleviare il disagio.

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Il congedoLa prima caratteristica del congedo è riordinare gli spazi prima di abbandonarli. La pratica del riordino rientra nella filosofia del centro, che è quella di fare percepire quel luogo come piacevole, che lascia un bel ricordo e la voglia di rivivere l'esperienza il prima possibile.

Gli spazi bambiniSono spazi integrativi al nido che accolgono i bambini dai 12 ai 36 mesi per un massimo di 5 ore giornaliere. Sono organizzati in modo più flessibile del nido di cui riprendono gli obiettivi (socializzazione ed apprendimento e favorizzazione dell'acquisizione di competenze sociali e cognitive, di autonomia e condivisione delle regole sociali.Simili ai nidi part-time, non prevedono il servizio di mensa e di riposo pomeridiano. Il gioco è anche qui la dimensione privilegiata attraverso cui apprendere e crescere. L'educatore ha il ruolo di organizzare il proprio intervento strutturando routine, attività e gioco e di stabilire un rapporto di fiducia con i genitori. Come nel nido, anche qui gli spazi devono essere connotati in modo da essere accoglienti e facilmente riconoscibili e leggibili, adatti ai diversi tipi di motricità dei bambini. Le routine sono organizzate come al nido.

Servizi sperimentali: educatrice familiare e piccolo gruppo educativo/educatrice domiciliareLa normativa regionale vigente li colloca a pieno tra le offerte educative dei territori.Il punto 7 della direttiva regionale 646, sevizi sperimentali, stabilisce i requisiti imprescindibili di questi servizi: il rispetto delle norme strutturali d igieniche, il possesso dei titoli di studio previsti dalla legge, il rispetto del rapporto numerico tra educatori e bambini, la formazione permanente del personale, la supervisione della sperimentazione tramite i coordinatori pedagogici, la promozione dell'accesso.

Educatrice familiare.Servizio fondato sull'autorganizzazione delle famiglie e sulla presenza al loro domicilio dell'educatrice, per la custodia dei propri figli. Il rapporto numerico è 1/3 per bambini 0-3 anni. Non è prevista l'autorizzazione al funzionamento trattandosi di un contratto privato tra soggetti diversi.Le famiglie però accedono al servizio secondo le modalità stabilite dal comune di residenza. Il comune attiva i servizi nel proprio territorio garantendo l'erogazione di un contributo economico in base ad una graduatoria, il monitoraggio dell'esperienza attraverso il coordinamento pedagogico, la formazione del personale educativo, la promozione del servizio e l'individuazione dei soggetti gestori (associazioni o cooperative). L'organizzazione del programma educativo è sensibile all'aspetto familiare in cui si trovano i bambini. Il calendario può essere quello in vigore nel comune di appartenenza ma prevedere una certa flessibilità.Punti di criticità: isolamento professionale, autoreferenzialità. Elementi che possono essere notevolmente ridotti con l'operazione del monitoraggio e della documentazione dell'esperienza da parte del coordinamento pedagogico.Punti di forza: dimensione relazionale intima, rapporto numerico, ambiente familiare, possibilità di rispettare i tempi individuali di crescita e di avere il tempo per elaborare le emozioni.

Il piccolo gruppo educativo/educatrice familiareEducatrice presso il proprio domicilio o presso locali messi a disposizione da un altro soggetto pubblico o privato. So possono accettare al massimo 5 bambini con la presenza di 2 educatrici. Sono consentiti due servizi contigui di educatrice domiciliare a patto che si disponga di uno spazio esterno esclusivo di 8 mq per posto bambino. Questo servizio sperimentale è soggetto ad autorizzazione, rilasciata solo su presenza

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di alcune caratteristiche quali particolari servizi igienici e di spazi adeguati (cucina, spazio accoglienza).

Spazi- una sala destinata all'accoglienza, con un angolo morbido uno spazio lettura ed uno

spazio per l'attività grafico-pittorica manipolativa e, negli altri momenti della routine, per la somministrazione del pasto e merenda

- una stanza per l'attività motoria e il gioco simbolico munita di attrezzature specifiche

- un bagno appositamente attrezzato- un eventuale ampio balcone per le attività di gioco- un'area esterna recintata per giochi di movimento ed attività grafico pittoriche- nelle stanze sono presenti arredi del mondo adulto- una stanza per le educatrici

L'organizzazione delle routineAccoglienza, spuntino, attività di esplorazione, socializzazione, cura ed igiene del corpo. Il pranzo (verso le 11.30) ed uscita. Per quelli che frequentano il pomeriggio è previsto, oltre al gioco, anche il riposo pomeridiano. Dopo il risveglio vengono proposte attività di cura ed igiene del corpo, merenda e attività di gioco fino al ricongiungimento con i genitori.AmbientamentoIl distacco deve essere vissuto serenamente e le educatrici hanno il compito di mediare la transizione dal contesto familiare a quello del nidoIl gruppo mistoPer arricchire i rapporti di scambio e cooperazione fra grandi e piccoli. Questa scelta impone nello stesso tempo una precisa programmazione delle attività per evitare sopraffazioni e garantire spazi di apprendimento.

La partecipazione delle famiglie: una piccola comunitàQuesto servizio permette, rispetto al nido, una maggiore personalizzazione dei rapporti e la costruzione di micro comunità aggreganti che mirano a favorire le relazioni fra i genitori attraverso i laboratori per adulti.Aspetti problematiciAlti costi di gestione, il rischio d'isolamento e solitudine dell'educatore. Se il gestore è un singolo privato, si aggiungono a queste difficoltà, quella della sostituzione del personale. In generale, poi, la scarsa frequenza dei bambini in alcuni periodi (malattie) portano a modificare il modello relazionale del progetto verso una relazione eccessivamente individualizzata.Aspetti interessantiIl rapporto numerico consente di attivare stili comunicativi personalizzati; la presenza di un pedagogista al servizio delle educatrici e dei genitori, contribuisce alla riflessione sul progetto pedagogico, alla sua realizzazione e diffusione. La possibilità di apertura del servizio tutto l'anno, per andare incontro alle esigenze dei genitori.

Nell'intervista a pag.77 una settimana tipo del centro per bambini e genitori "il salotto delle fiabe" del comune di Bologna.

CAP.V - IL VALORE DEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA

Dall'assistenzialismo ai legami multipliLa teoria di Bowlby esplicita la tendenza del bambino ad attaccarsi in modo particolare ad un'unica persona, quindi a cercare una figura di attaccamento privilegiata. (monotropia). Tale attaccamento si distingue da altre relazioni per la presenza di 4 elementi: la ricerca della figura, il mantenimento della vicinanza fisica, l'angoscia da separazione e l'uso di questa figura come rifugio. La sua teoria e gli studi eseguiti

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hanno contribuito a valorizzare le esperienze di socializzazione, anche all'interno delle istituzioni di ricovero per i bambini, in cui prima di allora si era accuratamente evitato lo sviluppo di qualsiasi legame di attaccamento. E riflessioni sul legame di attaccamento hanno permesso di sviluppare nuove consapevolezze. In questo senso è importante l'opera di Winicot (1896-1971) pediatra e piscoanalista che ha cercato di evidenziare le competenze necessarie agli adulti che si occupano di bambini molto piccoli, in situazioni di separazione dai genitori.Egli distingue anche tra ruolo e funzione materna: mentre i ruoli possono variare da cultura a cultura le funzioni sembrano essere universali e possono anche venir svolte da persone che non rivestono il ruolo ufficiale di genitori. Secondo lui sono tre le funzioni materne che dovrebbero fungere da modello per gli educatori del nido:- Holding: fa riferimento alla funzione di sostegno e contenimento non solo fisico del

bambino- Handilg: fa riferimento alle cure: ai bisogni del corpo e affettive- Objet presenting: si riferisce alla capacità della madre di presentare il mondo degli

oggetti al bambino.

La teoria dell'attaccamento descrive la principale funzione dell'attaccamento materno come la capacità di fornire al bambino una base sicura. Partendo da questa teoria e grazie ad alcune ricerche condotte in laboratorio la Ainsworth formulò due concetti fra loro interconnessi:quello di sensibilità materna, che indica la capacità del caregiver di cogliere le richieste del bambino e rispondere in tempi e modi adeguati, e quello di base sicura come luogo psicologico da cui il bambino può partire per esplorare il mondo e a cui tornare quando si sente minacciato.Il legame di attaccamento del bambino, tendenzialmente asimmetrico, caratterizza anche il legame con altre figure di "caregiver". Grazie anche a queste teorie il nido si è trasformato da luogo di custodia a luogo educativo, adatto alla crescita dei piccoli. Anche il rapporto con l'educatrice di riferimento è orientato al monotropismo essendo un legame essenzialmente diadico.Molteplici sono gli studi recenti che hanno permesso di aprire nuovi punti di vista sul processo di attaccamento. Alcuni hanno permesso di individuare le diverse figure di attaccamento dei bambini e hanno messo in luce come egli sia capace di stabilire diversi tipi di legami con ognuna di esse. Altri hanno utilizzato un approccio multidiadico. Altri ancora si sono concentrati sulla relazione triadica propria della famiglia.Queste ricerche hanno permesso di guardare al bambino come costantemente impegnato in relazioni sociali che gli permettono di costruire legami multipli. L'educatore partecipa attivando interazioni relazionali che alimentano nuovi legami. L'educatore deve mostrare competenza ed avere una rappresentazione del bambino non limitata al contesto in cui lo osserva. Perciò le famiglie non possono essere coinvolte solo per rispettare e ripetere quanto il servizio propone. Bronfenbrenner utilizza il concetto di ambiente ecologico, per indicare un insieme di strutture incluse l'una nell'altra. L'osservazione pedagogica deve quindi considerare tutti i soggetti interagenti: famiglia (genitori, nonni, fratelli...) educatori, bambini, cuochi, tecnici ecc. è importante che l'educatore instauri il suo lavoro all'insegna della collaborazione con i genitori e non nell'autoreferenzialità. La co-struzione è un atteggiamento mentale che ogni educatore può acquisire. Riconoscere l'alterità, permette anche di distanziarsi dall'idea della propria visione della realtà come univoca. Co-struzione è anche saper guardare i bambini e saperne riconoscere l'alterità. I bambini si possono osservare con curiosità, scoprendo possibili spiegazioni del comportamento e delle relazioni. L'intervento educativo si può quindi costruire attraverso continue negoziazioni fra i diversi punti di vista (dell'educatore, colleghi, genitori, ed il possibile punto di vista osservato nel bambino. Per fare ciò occorre non presentarsi ai genitori come i maggiori esperti nell'educazione dei figli per non indebolire l'intervento educativo genitoriale. L'educatore deve capire che s'impara ad essere genitori pian

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piano e che i consigli pedagogici e i colloqui direttivi non offrono aiuto. Meglio attivare strategie di ascolto e stringere alleanze d'intervento.

L'importanza della socializzazione dei bambini ed il rapporto con il gruppo dei pari.

Come si è più volte detto, la vita al nido rappresenta per i bambini un potenziamento dell'esperienza nelle nuove capacità di gioco, interazione con l'altro, sperimentazione di nuovi schemi di comportamento; nell'acquisizione di nuove regole e nella condivisione di significati che lo aiutano a superare il proprio egocentrismo.L'elemento più caratterizzante è la possibilità di relazionarsi con altri adulti ed altri bambini con i quali si creano dei legami di affettività ed intimità. Il nido permette di elaborare una viva sensibilità nei confronti dell'altro (di cui si chiedono informazioni se è assente, ad esempio). Perchè l'esperienza di condivisione con l'altro sia positiva, occorre però che il contesto in cui essa avviene, sia studiato in modo da favorirla (eliminando quindi gruppi numerosi e contesti chiassosi).

Il gruppo crea infatti una sua storia; all'interno del gruppo la storia personale si ricorda anche come storia sociale. I bambini che condividono la quotidianità del nido con un gruppo stabile di educatori e coetanei, si costruiscono una conoscenza delle abitudini degli altri bambini, ma anche della vita quotidiana, ritmi e regole.Si costruiscono elementi di conoscenza comune (che quel determinato spazio è ad esempio, la tana del lupo) e si sviluppano comportamento prosociali come ad esempio, il rispettare il proprio turno. L'aternanza dei ruoli è anche una delle caratteristiche dell'uso del linguaggio in una conversazione. Il nido è anche il luogo in cui si potenziano e sviluppano le competenze di tipo linguistico. Elementi di criticità sono il possibile sviluppo dei conflitti e d'insicurezze nell'attaccamento. In molti casi gli educatori interpretano i gesti del bambino come gesti intenzionali di offesa (mentre, ad esempio, ad un anno mordere, spingere, fare cadere e toccare - come per gli oggetti - è il modo di invitare ad una relazione) e il fraintendimento rischia di rinforzare il bambino nel suo ruolo negativo, di disturbatore. Il ruolo dell'educatore è invece quello di mediare per aiutarlo a trovare forme di relazione e di contatto con i compagni più evolute, come la condivisione e la negoziazione. È importante aiutare i bambini ad apprendere le modalità con cui gestire i piccoli conflitti.

La collegialità dell'intervento educativo

Le competenze necessarie all'educatrice sono:1- l'educatrice pone al centro dell'attenzione la qualità della relazione. Deve saper

comunicare osservare ed ascoltare, rivolgersi all'altro considerandolo come persona, e non come un contenitore da riempire d'informazioni. (Qualità che fanno dire "chi viene dal nido si vede" per le capacità di "problem solving" da attuare in svariati contesti).

2- Il valore della progettazione come strumento per assegnare valore scientifico al proprio agire (in un codice comunicativo declinato solo al femminile) e come mezzo per autovalutare la pertinenza tra ciò che si è dichiarato e ciò che si è realizzato. La progettazione del gruppo di lavoro che solitamente fa capo alla sezione consiste nel passare dall'implicito all'esplicito, dall'indistinto al distinto.

3- Approccio collegiale ed atteggiamento collaborativo delle professionalità del nido (questo carattere favorisce la sicurezza che il risultato ottenuto appartiene a tutti). Nella risoluzione dei problemi il nido propone una sensibilità di tipo sistemico, che è anche la chiave di lettura dell'identità di gruppo e delle singole professionalità. Questo valore, è un tratto distintivo della professionalità delle educatrici, esposta a molte variabili, il cui profilo non può che essere di alta qualità.

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L'approccio collegiale non riguarda solo le educatrici ma tutto il personale presente nel nido, quale quello ausiliario, che deve possedere competenze comunicative e pedagogiche di base. Il ruolo del coordinatore pedagogico nei servizi è definito dalla legge regionale e si concretizza nella gestione della complessità e nel facilitare la creazione di spazi mentali. Esercita molteplici funzioni che vanno dal sostegno al lavoro educativo ed al gruppo di lavoro, al rilevamento dei bisogni, all'osservazione in situazione, alla progettualità pedagogica, al sostegno alla genitorialità, allo sviluppo di strumenti di documentazione...

Partecipazione dei genitori e organi gestori: una terra di confine

Il nido si renderà partecipe del legame genitori- figli, accogliendo la famiglia con le sue peculiarità e sostenendo i genitori nel loro ruolo educativo. Offre loro uno spazio di consapevolezza aggiuntiva per la loro genitorialità. Ma per le educatrici i genitori non sono solo fonte d'informazione o di collaborazione; sono anche parte integrante del sistema di relazioni dentro e attraverso il quale assolvere le proprie funzioni educative. Lo sviluppo infantile, dipende infatti, anche dal contesto relazionale in cui il bambino è inserito. Ci dev'essere allora continuità tra famiglia e nido, cosicché modelli di relazione diversa, possano compensarsi ed integrarsi.L'idea della separazione può essere fonte di ansia per i genitori.Il nido può aiutare le famiglie rendendosi trasparente e visibile. Prevedendo, ad esempio, delle giornate d'incontro con le famiglie per mostrare gli spazi e le attività. Degli incontri volti a risolvere gli interrogativi delle famiglie. Anche l'inserimento, come visto nel 1 (o secondo capitolo) avverrà in maniera graduale, e servirà all'educatrice per osservare le dinamiche di relazione genitore-figlio ed individuare il momento più adatto al suo intervento. È in questo senso che è importante la figura di riferimento, ossia l'interlocutrice privilegiata del bambino e della sua famiglia. L'educatrice dev'essere poi capace di annientare il timore di un reciproco giudizio o di una competizione dell'affetto del bambino.La collegialità, collaborazione e il dialogo e la fiducia sono modalità di relazione proprie della professionalità di chi lavora al nido.Quando i genitori entrano in un nido, devono sentire che appartiene anche a loro. Questo si realizza:- allestendo spazi familiare, dedicati al colloquio fra adulti- coinvolgendoli nelle serate di lavoro (in cui partecipano alla realizzazione di

materiali ed oggetti, o di uno spettacolo)- tramite riunioni scadenzate (colloqui in itinere e riunioni di sezione) che

consentono di confrontarsi sul progetto educativo e le esperienze vissute dai bambini; tramite gli incontri quotidiani di accoglienza del bambino

- tramite il colloquio individuale È anche per meglio venire incontro alle esigenze di sostegno dei genitori che sono nati i centri genitori-figli, dedicati proprio al loro rapporto.In ogni nido d'infanzia è istituito un Comitato di gestione formato da genitori di bambini ammessi e da rappresentanti degli operatori dei nidi, ed ha funzioni specifiche in ogni territorio. È uno spazio in cui la comunità di adulti può condividere con il territorio in cui vive le nuove consapevolezze sulla prima infanzia.

CAP. VI - L'INTENZIONALITA' DELL'INTERVENTO EDUCATIVO NEL MODELLO EMILIANO-ROMAGNOLOIl progetto pedagogico è fondamentale per garantire qualità al nido. Il gruppo regionale del dei tutor dei coordinamenti pedagogico provinciali (CPP) ha delineato le parti che connotano il progetto pedagogico e che andranno a costituire l'indice di questo documento.Innanzitutto è fondamentale effettuare una distinzione fra :

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- progetto pedagogico: esplicita l'identità pedagogica dei servizi e delinea il quadro di riferimento per la programmazione delle attività educative. Ha durata pluriennale

- progetto educativo: descrive e declina gli indirizzi del progetto pedagogico nelle attività quotidiane del singolo nido. Ha durata annuale

L'indice del progetto pedagogicoLa parte relativa alle finalità definisce un quadro di obiettivi in riferimento al comune lavoro di educatori e coordinatore. In particolare le finalità contengono i valori e gli orientamenti che definiscono l'identità pedagogica e le intenzioni educative del servizio.Le finalità all'interno del progetto pedagogico sono seguite da alcune voci che riguardano la progettazione ed organizzazione del servizio:

- l'organizzazione pedagogica degli spazi e dei tempi. Si tratta dei criteri che devono seguire l'organizzazione degli spazi e dei tempi (con la scansione delle routine nel rispetto dei tempi individuali)

- le proposte educative: l'intervento si concentra sulla progettazione di ambienti e contesti dove la ricchezza della dimensione affettiva e la varietà delle proposte sostengono la crescita del bambino evitando atteggiamenti direttivi del tipo "ti insegno a fare questo". Tali proposte vengono poi riprese all'interno del progetto educativo

- la partecipazione con le famiglie e il rapporto con il territorio: nel progetto si deve fare un'attenta lettura dei bisogni delle famiglie nel territorio e si definisce l'importanza del lavoro collegiale tra tutte le parti interagenti nel nido per costruire un'alleanza educativa

- il gruppo di lavoro: costituito da figure professionali che elaborano il progetto educativo. Il coordinatore pedagogico svolge la funzione di conduttore del gruppo attivando azioni di supporto tecnico, presenza ed osservazioni in servizio, partecipazione alla stesura della programmazione educativa e presenza alle riunioni di gruppo come mediatore della comunicazione. La professionalità dell'educatore è caratterizzata da abilità metodologiche, competenze organizzative, capacità relazionali e comunicative. Tutte abilità che si collegano nello svolgimento della funzione educativa, che si concretizza sia nell'elaborazione del progetto educativo che nella progettazione delle attività e dei progetti educativi. Quest'ultima deve necessariamente scaturire dall'analisi dei bisogni espressi dai bambini, durante i momenti di routine e attività. A tale fine osservazione e documentazione sono strumenti indispensabili per elaborare ed orientare il progetto pedagogico ai reali bisogni del bambino e per farlo conoscere al di fuori del nido stesso. Il personale ausiliario si occupa dell'igiene e dell'ordine dei luoghi e collabora con le educatrici nello svolgimento di alcune routine.

- La verifica: è essenziale nel progetto, consentendo l'eterovalutazione (da parte di esterni) o autovalutazione (quando è attuata dal gruppo degli educatori per monitorare il livello di sviluppo raggiunto dal bambino e per ragionare in modo critico sulle scelte ed azioni educative realizzate.

- Il progetto di sezione: di solito i bambini sono divisi in base all'età. La sezione, è, in ogni caso, uno spazio che accoglie ogni giorno un determinato gruppo di bambini. È quindi uno spazio di riferimento in cui ogni bambino riconosce qualcosa di sé, e dove momenti rituali segnano le tappe della giornata. Nella sezione si creano legami di familiarità tra i bambini, che vi condividono molti momenti. La sezione è il luogo in cui l'educatore può più facilmente stabilire legami individuali e sostenere il bambino nello sviluppo della sua identità. Il progetto di sezione esplicita le modalità, i tempi, gli spazi e i materiali attraverso cui s'intende realizzare una determinata attività educativa.

La formazione degli educatori

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Il profilo professionale degli educatori si determina attraverso la sua formazione professionale. Questa avviene innanzitutto all'interno del gruppo di lavoro, dove si elabora il progetto educativo e ci si confronta sul modello collegiale d'intervento. Ma anche dove gli operatori diventano protagonisti consapevoli delle scelte educative.Il gruppo di lavoro è un sistema in cui i membri sono in relazione, costituendo una comunità educante.L'aggiornamento e la formazione permanente resta uno degli strumenti importanti dell0impianto formativo dei servizi della prima infanzia. Questa dev'essere negoziata dal personale che ne usufruisce, per rispondere ai reali bisogni.

La qualità educativaLa qualità del servizio va discussa tra i soggetti coinvolti a vario titolo, nell'istituzione educativa, per acquistare il significato di un processo continuo nel quale gli obiettivi vengono individuati in modo condiviso e resi espliciti, così come i parametri che la caratterizzano e le modalità della loro verifica.

L'auto e l'etero valutazioneLa valutazione esterna è promossa dal gestore del servizio o da un committente sterno che ha lo scopo di valutare la qualità del servizio attraverso scale di valutazione contenenti indicatori di qualità, quali lo Svani e molte altre.L'autovalutazione è interna ed è basata su procedure e processi valutativi che coinvolge in prima persona il gruppo di lavoro del nido.

La continuità educativaEsistono due dimensioni della continuità: la prima verticale, riguarda l'organizzazione delle esperienze attraverso il tempo; la seconda orizzontale, che si riferisce alla condivisione di metodologie e contenuti nello stesso momento.La continuità educativa sottintende diverse accezioni:- continuità con le esperienze dei bambini- continuità interistituzionale: tra famiglie, territorio, nido, associazioni ed enti locali- rapporti interattivi con le istituzioni scolastiche contigue e scambi di esperienza- formazione comune tra gli educatori dei nidi e gli insegnanti delle scuole

dell'infanzia

A livello regionale, la legge 1/2000 modificata dalla 8/2004 prevede che la Regione e gli Enti locali promuovano e realizzino la continuità de nidi e dei servizi integrativi, con gli altri servizi educativi, in particolare con la scuola dell'infanzia., servizi culturali, sociali e sanitari, secondo il principio della coerenza ed integrazione degli interventi e competenze.La legge regionale 12/2003 afferma che:- la Regione sostiene progetti per la continuità educativa ed il raccordo tra i servizi

educativi e la scuola dell'infanzia- la continuità educativa orizzontale tra le scuole dell'infanzia e verticale con i servizi

educativi per la rima infanzia e con il primo ciclo d'istruzione, è volta a garantire il diritto dei bambini a percorsi che rispettino e fasi del loro sviluppo

- la Regione e gli Enti locali sostengono la continuità didattica tra i diversi ordini e gradi della scuola, incentivando azioni volte a rendere efficaci i rapporti in verticale ed orizzontale e di progettazione dei percorsi didattici comuni a diversi gradi di scuole

Il presupposto dell'esigenza di continuità è il continuum della crescita della persona che permane in un processo educativo e di apprendimento che si amplia diversifica in relazione alle diverse fasi dello sviluppo psicofisico. La continuità educativa è quindi importante per promuovere la formazione integrale della personalità. A livello pedagogico si vogliono evitare grandi salti e la frammentazione dell'azione educativa, accompagnando lo sviluppo del bambino nella crescita e creando nuove occasioni di dialogo fra le istituzioni educative presenti sl territorio.

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La continuità verticaleLa legge 53/2003, nota come riforma Moratti, pone l'accento sul raccordo tra i diversi ordini e gradi d'istruzione. La continuità per quanto riguarda la scuola dell'infanzia avviene con quanto precede e con quanto segue. La continuità del percorso educativo richiama le istituzioni a facilitare il passaggio, attraverso il versante dell'informazione e della reciproca conoscenza, per esplicitare gli obiettivi e i contenuti principali delle esperienze.In una fase successiva si realizzano visite dei bambini del nido alla scuola dell'infanzia per metterli in condizione di ritrovare, l'anno seguente, un ambiente già noto. La collaborazione e il dialogo fra le diverse istituzioni educative, è importante anche per:- la formazione di gruppi ipotetici equilibrati nella qualità delle relazioni- avere notizie di carattere generale sul gruppo in uscita dal nido e sul percorso

educativo intrapreso- realizzare incontri con le famiglie per una comune riflessione sul percorso

educativo e formativo dei bambini.Sul versante della formazione si rende necessario il superamento della diversità formativa del personale educativo del nido e della scuola dell'infanzia, al fine di attivare percorsi comuni, di poter leggere il bambino nella sua interezza e di stimolare la progettualità di esperienze comprensibili e significative, efficaci e stimolanti per i bambini, decifrabili e rassicuranti per i loro genitori.

La continuità orizzontaleVa intesa come circolarità interistituzionale e di raccordo tra i servizi educativi per l'infanzia, la scuola, la famiglia, la comunità e il territorio, in modo da instaurare legami di fiducia e atteggiamenti di collaborazione. Ciò è possibile:- mantenendo l collegamento tra nidi e servizi integrativi dello stesso territorio- attivando percorsi di formazione comune tra i diversi nidi- lavorando in una prospettiva di programmazione congiunta e di confronto reciproco

con altri servizi- programmando, riflettendo, scambiando idee tra colleghi nell'ottica di un'unitarietà

educativa- attivando percorsi di ricerca e di lavoro con le famiglie (abbattendo quindi

pregiudizi e timori del giudizio altrui e della propria autorevolezza, che nel caso dei genitori è uno status naturale imperdibile)

I progetti ponteAd esempio progetti innovativi come le sezioni primavera. Non sono un'alternativa ai nidi ma un'offerta complementare. Il presupposto pedagogico dei progetti ponte è che i bambini di questa fascia d'età possono vivere le esperienze cognitive ed affettive in un contesto educativo in cui sia possibile avvalersi della molteplicità di stimoli offerti da un ambiente eterogeneo, che si colloca tra la prima fase del bambino, in cui cerca sicurezza, e una fase in cui più autonomo, si apre allo scambio con l'altro. Tutto ciò in un'ottica di continuità di figure ed ambienti.I materiali di passaggioLe educatrici possono preparare il materiale che accompagnerà il bambino alla scuola dell'infanzia:- il diario personale che raccoglie le esperienza fatte al nido e che viene consegnato

alla famiglia- una favola che ha fatto da filo conduttore alle proposte educative del nido, oppure i

personaggi che hanno fatto parte della loro quotidianità. Questo materiale viene consegnato alle scuole per agevolare il passaggio e fare in modo che i bambini trovino elementi già conosciuti. Infine, a corredo dei colloqui tra le educatrici e le insegnanti, possono essere predisposte schede di passaggio in cui, oltre alle competenze ei bambini si danno informazione sulle modalità relazionali dei bambini e delle loro famiglie.

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L'importanza della documentazioneÈ uno strumento importante per scambiare idee, alimentare la crescita personale, favorire la rifelssione sulle scelte educative.Documentare è importante sia per rendere partecipe i genitori dell'esperienze che i bambini fanno al nido, sia per lasciare tracce del lavoro fatto.Il tipo di documentazione dipende dallo spazio, dal tempo e dai materiali a disposizione; ecco perchè è necessario organizzare in anticipo tutto ciò di cui si avrà bisogno.Gli strumentiSi possono usare strumenti molto semplici (la trascrizione) o via via più complessi (la registrazione , la fotografia, la video camera). L'ideale è poter integrare la documentazione con annotazioni di vario tipo (foto e didascalie ad esempio) e saper scegliere le sequenze più interessanti. Quelle cioè, che mettono in evidenza la progettualità e le finalità dell'attività.Come documentareÈ importante non trascurare l'accuratezza formale, non solo in vista di una finalità estetica, ma per rendere più piacevole e leggibile la documentazione stessa. Questa non dovrà essere banale e ripetitiva (ad esempio con didascalie che riportano quello che il bambino fa nella foto) ma sempre significativa, per invitare a riflettere su come si lavora in quel nido.Gli stessi educatori individuano alcuni punti importanti nella documentazione:

- la formazione all'interno del servizio di un gruppo di educatori che documenta- realizzare una documentazione agile ma che veicoli il cuore dell'esperienza

Il gruppo di lavoro che documenta è chiamato a - motivare la scelta dell'esperienza da documentare- confrontare le idee e i vari punti di vista- interrogarsi su come costruire un prodotto fruibile- verificarne l'impatto comunicativo confrontandosi con il fruitore

La complessità di riunire tracceInterpretare le esperienzeLa documentazione deve "connettere in una narrazione unica e coerente, brani significativi di un progetto messo in atto" (Becchi 1993). Ad esempio nell'attività del cielo (in cui ogni bambino immagina cosa ci sia nel suo cielo) le educatrici si sono comportate da contenitore intellettuale capace di restituire la memoria dell'esperienze dei bambini. Esaminare la documentazione raccolta permette anche di farsi un'idea degli interessi emergenti dei bambini e di come sostenere la loro esplorazione e ricerca. Di conseguenza si potranno fare dei preparativi mirati, ricercare il materiale più adatto, creare situazioni capaci di stimolare nuove ipotesi e scoperte. La documentazione come resoconto dell'esperienza è possibile solo se a monte c'è una progettualità educativa. Sembra che gli aspetti più difficili riguardino proprio la selezione del materiale. È importante che il gruppo di lavoro preveda cosa documentare, chi deve documentare, per chi, e come.Nel 2002 il servizio Politiche familiari infanzia ed adolescenza della regione Romagna dà vita al progetto di sistematizzazione ed implementazione della documentazione educativa su scala regionale, con l'obiettivo di dare diffusione alle esperienze più significative realizzate nei servizi per l'infanzia relativamente all'area della progettazione educativa. Lo sviluppo dell'iniziativa ha dato origine ad un archivio che raccoglie le documentazioni più significative provenienti dalle diverse province della Regione, collocato presso il laboratorio di documentazione e Formazione del Comune di Bologna, è nell'ambito di tale progetto che è nata la scheda Gred, elaborata nell'intento di ripercorrere le fasi della progettazione educativa e supportare i gruppi di lavoro nella raccolta intenzionale di tracce e riflessioni sulle esperienze in corso. La

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scheda è stata concepita da subito come strumento di supporto per il processo di documentazione dei servizi. Il suo utilizzo permette di evidenziare alcuni elementi :- lo stretto raccordo tra progettazione e documentazione- il gruppo di lavoro come risorsa- la necessità di sostenere la pratica della valutazioneSi tratta di argomentare le scelte fatte, di tenere conto dei punti forti e deboli e di ragionare sulle possibili trasferibilità. Organizzare le fasi del lavoro già in fase di avvio può aiutare a strutturare meglio il percorso. Vediamo ora i passaggi organizzati nella scheda:- dati di contesto (indicazioni sul titolo del progetto, i servizi che lo realizzano, il

gruppo di lavoro...)- caratteristiche generai del progetto (motivazioni e finalità, metodologie e tempi

previsti...)- ipotesi organizzativa (oltre alla definizione degli obiettivi delle singole tappe si

individuano gli strumenti per la valutazione dei risultati e per la definizione del progetto)

- attività realizzate (corredate da riflessioni e allegati)- valutazioni conclusive (spazio perla valutazione degli esiti, dell'efficacia delle

metodologie ma anche delle scoperte del gruppo di lavoro)

le oltre cento schede visibili in rete offrono oggi la possibilità di gettare uno sguardo dentro i servizi.

Esperienze in rete da condividereL'archivio si è anche arricchito di materiale raccolto su altri supporti. L'idea dell'archivio della documentazione educativa è quella di raccogliere, organizzare e mettere in circolo materiali per promuovere conoscenze e competenze in funzione delle esigenze legate alle pratiche professionali; alimentare e sostenere l'attività di formazione, ricerca e sperimentazione all'interno di specifici contesti.

CAP.VII - I SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA IN EUROPASono essenzialmente di due tipi:- "unico": prevede l'accoglienza di bambini 0/1-5/6 anni; secondo questo modello in

ogni struttura lavora un gruppo d'insegnanti che si occupa di tutti i bambini del servizio, senza suddivisioni in base all'età.le insegnanti sono di solito affiancate dalle educatrici (più specializzate nella cura dei bambini piccolissimi) e le assistenti d'infanzia (simili al personale ausiliario dei nidi italiani).

- Misto: prevede servizi differenziati in base all'età (come in Italia). È il modello più diffuso in Europa

Il diritto di accesso al servizi è chiaramente riconosciuto in quei paesi in cui esiste il modello unico (Finlandia e Norvegia). Negli altri paesi il diritto è riconosciuto solo a partire dai 3 anni. I finanziamenti pubblici, sovvenzionano nella maggior parte dei casi i servizi sotto i tre anni, fatto salvo per alcuni Paesi come la repubblica ceca, l'Irlanda e la Polonia. Nel Regno Unito, tranne alcune aree svantaggiate, non sono previsti finanziamenti sotto i due anni. In Olanda i servizi rivolti ai bambini sono essenzialmente privati e l'amministrazione pubblica, le aziende e le famiglie pagano i servizi accreditati.In Danimarca e Spagna sono presenti entrambi i modelli, così come in Grecia, Cipro e Lituania.

Gli orari di apertura dei ServiziAnch'essi sono organizzati secondo due modalità:

- la prima e più diffusa prevede fasce orarie di apertura il più possibile compatibili con gli orari di lavoro dei genitori

- apertura part-time

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Alcuni servizi francesi sono aperti anche di sera e di notte per accogliere i figli di chi fa turni di lavoro non diurni. In Finlandia e Norvegia alcuni propongono aperture serali, notturne e festive. Nella maggior parte dei paesi europei l'apertura full time è la regola.

Rapporti numericiIn quasi tutti gli Stati il rapporto numerico adulto-bambino è inferiore ad 1:10. Solitamente il rapporto è più basso nelle istituzioni che accolgono bambini al di sotto dei tre anni.

Curricula, programmi e obiettiviIn vari Stati vi p la tendenza a delegare alle autorità locali il compito di definire i curricoli e i programmi educativi (Spagna, Italia e Olanda, ad esempio). I programmi educativi presenti a livello europeo, si possono riferire a due principali modelli:- programmi con un approccio centrato sul bambino. Considerano la persona nel suo

sviluppo globale e promuovono spontanee esperienze di gioco ed esplorazione. In questo caso il ruolo dell'adulto consiste nell'allestire gli spazi, predisporre materiali e supportare i bambini nel loro percorso di crescita

- Programmi con un approccio diretto dall'insegnante/educatore. In questo caso l'educatore trasmette conoscenze attraverso l'istruzione diretta, il mostrare come si svolge un determinato gioco e azioni di rinforzo.

Con poche eccezioni le modalità educative adottate nei vari Stati privilegiano il primo modello.

La formazione del personaleNella maggior parte dei paesi il personale proviene da percorsi formativi inerenti all'assistenza sociale e sanitaria. Solitamente le educatrici che lavorano nei servizi educativi e di cura rivolti a bambini al di sotto dei 3 anni hanno un diploma di scuola superiore e 3 anni ed una formazione post-diploma che solitamente dura 3 anni.

FRANCIA

- Assistente materna/Assistante maternelle. È insieme al nido al modalità più diffusa in Francia. Non necessitano di un diploma specifico ma solo dell'autorizzazione al funzionamento concessa da una commissione di valutazione. Si tratta di una persona che per tutta la giornata o per una parte della giornata, accoglie da uno a tre bambini nel suo domicilio.

- Nido familiare - Crèche familiale. Insieme di bambini accolti da 20/30 assistenti materne. Si tratta di un luogo in cui i bambini vanno a giocare a turno. Nella sede lavorano un'ausiliaria, educatrice e la direttrice del nido, garante del progetti educativo

- Centri di accoglienza per bambini e genitori- Les maisons. Les maisons. Sulla scia della Maison Verte istituita nel 1979 a Parigi, da Françoise Dolto, les maisons sono luoghi di parola; servizi che hanno come obiettivo la socializzazione dei bambini in presenza degli adulti di riferimento, in un'ottica di prevenzione precoce del disagio che potrebbe insorgere nei bambini, a causa di una non attenta comunicazione e relazione con i genitori. La maison verte è un luogo dove i genitori sono accolti con i loro bambini, dove possono confrontarsi ma anche rivolgersi ad operatori (accueillants) esperti nell'educazione infantile. Nella maison, i bambini possono fare esperienze ludiche e di socializzazione in un luogo non domestico, ma con spazi accoglienti (più angoli) in cui muoversi liberamente. La coppia bambino genitore può presentarsi al centro, durante gli orari di apertura, senza nessuna restrizione. Gli accueillant, sono presenti e a disposizione, ma non si propongono né propongono attività. Si alternano in tre per ogni giorno della settimana e partecipano ad una riunione settimanale di supervisione, condotta da uno

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psicanalista, per mantenere in primo piano l'approccio relazionale di tutti gli interventi.

- Centri collettivi part-time. Halte garderies. Nascono nel '79 come luogo in cui lasciare i figli a giocare mentre le madri svolgono impegni o lavorano. Si rivolgono a donne che lavorano saltuariamente o che non lavorano. Accolgono bambini dai 3 mesi ai 3 anni ma il mercoledì, quando in Francia la scuola è chiusa, accolgono anche i bambini da 3 a 6.

- Nido privato convenzionato - crèche associative. Nasce verso al fine degli anni '80, si sostiene grazie ai finanziamenti pubblici, alle rette e al budget messo a disposizione dall'ente o associazione che lo gestisce. È flessibile rispetto agli orari e al progetto educativo. Il servizio è coordinato da una direttrice e mentre le ausiliarie puericultrici fanno parte del personale impiegato per i bambini. Accoglie i bambini in qualsiasi momento della giornata.

- Nido collettivo comunale - crèche collective. È la tipologia di servizio più diffusa sul territorio francese. Non fa parte del sistema educativo ma dipende dalle politiche familiari e della salute ed è a carico del comune. Il personale è prevalentemente sanitario (ausiliarie puericultrici con il CAP, diploma professionale che dura da 1 a 2 anni). La direttrice ha il diploma d'infermiera (4 anni). C'è poi un'educatrice per nido (che ha il ruolo del nostro coordinatore pedagogico ed ha un diploma di laurea di 3 anni). Nella struttura è anche presente uno psicologo, 3 ore ogni 15 giorni. Il progetto pedagogico è richiesto dal servizio amministrativo ed è composto dal progetto educativo e dal progetto sociale (che illustra le modalità a favore delle famiglie...). L'ambientamento è solitamente più breve del nostro (dura 2 settimane). I progetti di continuità verticale ed orizzontale sono pressoché inesistenti e l'approccio medico-sanitario prevale su quello educativo

Danimarca

Servizi sperimentali:- dai 0 ai 14 anni. Si tratta di un servizio extrascolastico che cerca di riproporre la

continuità verticale presente nelle famiglie. Questi centri possono accogliere fino a 120 utenti e sono molto diffusi nel paese

- Servizio per l'infanzia nel bosco. Nato a Copenaghen nel '34 è un servizio dedicato inizialmente a bambini da 3 a 6 anni, ma p anche per i più piccoli, ed è collocato in mezzo ai boschi. Qui i bambini possono sperimentarsi tra le piante e familiarizzare con la natura

- Servizio extra scolastico dai 7 ai 14 anni. Sono servizi per il tempo libero. Anche in questo caso il modello pedagogico ha un approccio ecologico e si basa sulla pedagogia del fare e del costruire insieme.

I nidi d'infanzia tradizionaliPersonale: + prevalentemente educativo. Le tre principali figure sono il pedagogista dirigente che ha una laurea quinquennale e ha la responsabilità gestionale di due o tre servizi insieme; l'educatore o pedagog, che corrisponde al nostro educatore con una preparazione universitaria triennale; i collaboratori addetti agli aspetti igienico-sanitri.Il progetto pedagogico è rivolto a sostenere il bambino nello sviluppo, crescita e conquista dell'autonomia; stimolarlo a diventare competente, attivo e cittadino attivo che coopera insieme agli altri; promuovere l'interazione rispettosa ed ecologica individuo ambiente; attivare differenti offerte formative presenti nel territorio e promuovere la partecipazione attiva dei genitori.L'educatore segue un modello educativo concentrato sul bambino. I genitori sono considerati parte attiva della gestione del servizio, come in E.R.Sono collocati in spazi adiacenti ad altri servizi per l'infanzia (come i 0-6). Sono presenti giardini recintati, dove sono presenti anche animali domestici. All'interno

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sono strutturati in modo simile al nostro. Lo spazio esterno può sembrare pericoloso, ma in realtà ogni elemento p curato e posizionato secondo una precisa progettualità in modo che il bambino abbia la possibilità di sperimentarsi, anche nel pericolo, imparando ad intuire dov'è e come evitarlo. Sono incentivate azioni come percorsi di arrampicate (ad esempio sugli alberi) con la presenza degli educatori che si tengono a distanza di sicurezza e sono pronti ad intervenire. Nei nostri servizi invece si tende a voler prevenire il pericolo.