I segreti dell'elettroshock

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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Urbino, aprile 2014 Distribuzione gratuita Poste Italiane Spa-Spedizione in a.p. - 70% - DCB Pesaro dossier I segreti dell’elettroshock L ’impulso elettrico scorre attra- verso le fibre del cervello per pochi secondi e si irradia con una tensione massima di 450 volt. Si chiama terapia elettroconvulsi- vante (Tec), anche se questa tecnica è meglio conosciuta come elettros- hock. Un nome che fa paura. A molti richiama alla mente le imma- gini del film premio Oscar “Qualcu- no volò sul nido del cuculo”, in cui lo scapestrato Mcmurphy, interpre- tato da Jack Nicholson, era sottopo- sto a questa terapia senza alcun tipo di anestesia. Nel lungometraggio, però, si faceva riferimento a una pratica rudimentale, utilizzata in casi che non avevano nulla a che fare con la medicina: quegli esempi riguardano gli abusi commessi da alcuni dottori, non i veri obbiettivi della cura. La procedura seguita durante gli anni Sessanta e settanta era meno precisa di ora; a partire dagli anni Ottanta i nuovi protocolli e le moderne apparecchiature hanno cambiato volto alla terapia elettro- convulsivante, riducendo al minimo gli effetti collaterali. Attualmente la la Food and drug administration (Fda), l’ente americano che certifica la sicurezza dei farmaci e dei dispo- sitivi medici, stabilisce che ci sono sei “chiare indicazioni d’uso” della Tec, tra cui depressione e catatonia. DI STEFANO CIARDI L’elettroshock visto dal vivo L a clinica San Valentino di Roma è uno dei pochi centri in Italia in cui si fa ancora l’elettroshock. E i pazienti fanno la fila per curarsi lì (pag 3) Lorem ipsum dolor sit amet talis I ntervista ad Antonio mantovani, il ricercatore che da dieci anni studia le tecniche di stimolazione elettrica a New York (pag 4) “Il futuro è Brain stimulation” Continua a pagina 2

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Di Stefano Ciardi

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il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Urbino, aprile 2014

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I segreti dell’elettroshockL’impulso elettrico scorre attra-

verso le fibre del cervello perpochi secondi e si irradia con

una tensione massima di 450 volt.Si chiama terapia elettroconvulsi-vante (Tec), anche se questa tecnicaè meglio conosciuta come elettros-hock. Un nome che fa paura. Amolti richiama alla mente le imma-gini del film premio Oscar “Qualcu-no volò sul nido del cuculo”, in cuilo scapestrato Mcmurphy, interpre-tato da Jack Nicholson, era sottopo-sto a questa terapia senza alcun tipodi anestesia. Nel lungometraggio,però, si faceva riferimento a unapratica rudimentale, utilizzata incasi che non avevano nulla a chefare con la medicina: quegli esempiriguardano gli abusi commessi daalcuni dottori, non i veri obbiettividella cura. La procedura seguitadurante gli anni Sessanta e settantaera meno precisa di ora; a partiredagli anni Ottanta i nuovi protocollie le moderne apparecchiature hannocambiato volto alla terapia elettro-convulsivante, riducendo al minimogli effetti collaterali. Attualmente lala Food and drug administration(Fda), l’ente americano che certificala sicurezza dei farmaci e dei dispo-sitivi medici, stabilisce che ci sonosei “chiare indicazioni d’uso” dellaTec, tra cui depressione e catatonia.

DI STEFANO CIARDI

L’elettroshock visto dal vivo

La clinica San Valentino di Roma è uno dei pochi centri in Italia in cui sifa ancora l’elettroshock. E i pazienti fanno la fila per curarsi lì (pag 3)

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Intervista ad Antonio mantovani, il ricercatore che da dieci annistudia le tecniche di stimolazione elettrica a New York (pag 4)

“Il futuro è Brain stimulation”

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La Tec tra scienza e inquisizioneUna terapia controversa che usa la corrente elettrica per guarire la mente

Gli esperti parlano di “demonizzazione” nei confronti dell’elettroshock e contestano i dati sulla diffusionedi questa terapia in Italia diramati dalla commissione d’inchiesta del senato presieduta da Marino nel 2012

Al di là del nido del CuculoL’unico effetto collaterale importanteche può verificarsi dopo la Tec è la perdi-ta di memoria, che però è transitoria incirca il 95% dei casi. É il fenomeno chia-mato brain fog, un annebbiamento dellamente che riguarda eventi passati – spe-cialmente quelli a ridosso delle sedute -e che si risolve di norma in poche setti-mane o mesi. Nonostante questo sia l’u-nico effetto collaterale legato alla terapiaelettroconvulsivante, i falsi miti sull’elet-troshock sono ancora molti. “I detrattori della Tec – dice il dottorGiancarlo Peana, direttore sanitario dellaclinica San Valentino di Roma – sosten-gono che provochi necrosi e uccida ineuroni, ma questo è falso”. E continua:“Non sappiamo quale sia il meccanismod’azione che permette alla Tec di funzio-nare. Ma del resto non conosciamoneanche la radice profonda che causa ladepressione. Secondo alcune teorie nonancora confermate gli shock aumentanoil fattore nervoso delle crescita, stimola-no la neurogenesi nell’ippocampo efanno aumentare il volume di certestrutture del cervello. Poi la terapia èfatta sotto ossigenazione, perciò nean-che le necrosi sono possibili”. Nel manuale di psichiatria scritto nel2009 da Conrad M. Schwartz,Electroconvulsive and NeuromodulationTherapies, edito dalla CambridgeUniversity Press, lo psichiatra sostieneche l’angiogenesi (lo sviluppo di nuovivasi sanguigni) stimolata dalla Tec “favo-rirebbe la rigenerazione delle parti ditessuto nervoso che sono alterate e ipo-trofiche durante malattie come ladepressione maggiore”. Mentre comericorda ancora il dottor Peana, “lo studiodell’elettroshock può essere un modoper scoprire come funziona il cervello.Del resto è una terapia usata in tutto ilmondo, soprattutto in America e nelRegno Unito”. Cercando verifiche a questa affermazio-ne si scopre che negli Stati Uniti la Tec èconsiderata una procedura ‘d’elite’,anche a causa dei costi elevati: in Italia laTec è completamente gratuita, mentrenel sistema americano il costo di unaseduta parte dagli 800 dollari (circa 580euro). Come pubblicizzato dalla brochu-re informativa dell’Allegheny GeneralHospital di Pittzburg, ogni anno negliStati Uniti circa 100.000 persone si sotto-pongono alla terapia elettroconvulsivan-te. Tra l’80 e il 90% percento dei pazientiottiene “significativi miglioramenti del-l’umore”, facendo della Tec “il trattamen-to più efficace per la depressionegrave”.In Gran Bretagna, nel 2003, lo UKEct Review Group ha pubblicato alcunistudi sull’efficacia della Tec nei pazienticon una grave depressione. Dagli studicompiuti in contrapposizione ai placeboe ai farmaci, è risultato che l’ECT (siglainglese della Tec) è più efficace della far-macoterapia. Anche per lo Uk EctRewiew Group circa l’80-90% dei pazien-ti con una grave depressione rispondonoalla Tec, mentre gli psicofarmaci piùpotenti si fermano al 70% di successo.Insieme alle decine di studi che attesta-no l’efficacia della Tec è possibile trovareun paper review (un documento cheanalizza studi effettuati su un certo argo-mento) pubblicato sulla rivista italiana“Epidemiologia e psichiatria sociale”, incui la terapia elettroconvulsivante è defi-nita “inefficace” e dai “costi troppo alti inrelazione ai benefici”. Secondo Read eBentall, i due curatori della review, ibenefici riscontrati sui pazienti che sisono sottoposti alla Tec dipendono soloda “un fortissimo effetto placebo” eriguardano solo il breve termine. Di

verso opposto l’articolo del 2012 pubbli-cato sulla rivista American Journal ofpsychiatry da Kellner et al. Gliautori sostengono che la Tec sia “spessoefficace per i pazienti che non hannorisposto a diverse linee di farmaci, perquelli che sono a rischio di suicidio o chesi trovano in altre condizione clinicheacute”. Per Kellner e colleghi, però, èmeglio cominciare la terapia con un soloelettrode (terapia unilaterale) perchédiminuisce il rischio di amnesia retrogra-da (incapacità di ricordare avvenimentipassati). La tecnica bilaterale può esserela strategia migliore nel caso non si sianoottenuti risultati con un solo elettrode.Per poter giudicare gli scritti di Bentall eKellner non si può però non citare ilJournal impact factor, l’indice con cui laThompson Reuters valuta le pubblica-zioni scientifiche. Sebbene l’impact fac-tor non sia un metodo matematico econdiviso da tutti, anche la normativaitaliana (decreto ministeriale del 28luglio 2009, art. 3 comma 4) consideral’impact factor come uno dei parametricon cui valutare i titoli presentati inconcorsi di ambito scientifico. Il ‘voto’che è attribuito alle riviste è pubblicatoannualmente sul sito del Journal citationreport e prende in considerazione gliarticoli pubblicati nei due anni prece-denti. Stando a questo parametro, la rivista‘Epidemiologia e psichiatria sociale’ haun voto di 3,16, mentre l’AmericanJournal of psychiatry ha una valutazionedi 14,7. “Non si possono paragonare ledue riviste - sostiene Paolo Décina, exdirettore del dipartimento di psichiatriadella Columbia University - l’AmericanJournal of psychiatry ha un prestigio net-tamente superiore in ambito accademi-co”. E continua: “Il fatto che uno studioin lingua inglese sia stato pubblicato suuna rivista italiana di basso impact fac-tor mi fa pensare che sia stato scartatodalle pubblicazioni più importanti”.Sebbene molti psichiatri italiani pensinoche la Tec sia stata demonizzata a causadegli abusi commessi in passato, bisognacomunque essere cauti quando si parladi questa terapia. Per Roberto Taverna,psichiatra e psicoterapeuta di casaleMonferrato, l’elettroshok può essere utilesolo in alcuni casi (come la catatonia) enon dovrebbe mai essere usata cometerapia primaria: “la Tec può essere l’ulti-ma speranza quando i farmaci fallisconoo durante il primo trimestre di gravidan-za. – dice il dottor Taverna. - Sarebbemeglio non usare alcun trattamentonelle donne incinta, però nei casi digrave depressione che devono essereaffrontati subito l’elettroshock è piùsicuro per il feto”. Ma poi avverte: “Intutti gli altri casi è meglio cominciarecon la terapia farmacologica. Nelladepressione sono pochi i pazienti chenon rispondono alle medicine”. Anche ilprofessor Paolo Décina pensa che siameglio non sottoporre le donne incinta anessuna terapia, ma nel caso si rendessenecessario “l’elettroshock nei primi tremesi di gravidanza è molto più sicuro deifarmaci”. Décina dice anche che il rifiuto dellaterapia elettroconvulsivante sia una que-stione tutta italiana: “Che la Tec funzionisu una grande percentuale di pazienti –ricorda il professore - è dimostrato al dilà di ogni dubbio. È assodato. Basta veri-ficare le linee guida del British medicalcouncil e degli altri grandi istituti medicidella società occidentale”. Per l’ex diret-tore del dipartimento di psichiatria dellaColumbia University, l’emotività è ilpunto fondamentale di tutta la questio-ne. “L’uso della corrente sul cuore nonspaventa più nessuno – continua

Décina. - Al cinema si vedono moltescene in cui persone comuni usano il defibrillatore in situazioni di emergen-za. I pregiudizi sulla Tec si basano sullapaura di usare l’elettricità sul cervello.Ma è una questione emotiva”. Il professor Décina sostiene anche cheil rifiuto della terapia elettroconvulsi-vante, portato avanti in Italia da unaparte dell’opinione pubblica, sia dovutoa fattori che non hanno nulla a che farecon la scienza: “I medici americani e delNord Europa – ammonisce Décina -sono allineati nel giudicare positiva-mente l’elettroshock: tutti riconosconole ricerche scientifiche delle autoritàuniversitariepiù prestigiose e ne seguono le racco-mandazioni. Non interpretano la medi-cina in base a preconcetti ideologicicome fanno in Italia alcuni psichiatri”.Anche per Roger Pycha, primario di psi-chiatria all’ospedale di Brunico(Bolzano), in italia “c’è un accanimentoideologico” contro la Tec: “Io mi sonoformato in Svizzera e in Austria – dicePycha – quando sono tornato in Italiasono rimasto sorpreso del modo in cui èintesa la psichiatria. Qui ci sono basa-gliani contro i non-basagliani”. E conti-nua. “. La medicina non dovrebbebasarsi sulle ideologie. All’estero non ècosì e si vede: la Tec è considerata unaterapia molto utile nei casi gravi”

La commissione d’inchiesta del 2012sull’elettroshock, “Una mistificazioneincredibile”Secondo dati forniti dall’Associazioneitaliana per la terapia elettroconvulsi-vante (Aitec), nel 2009 i centri italianiin cui si faceva l’elettroshock erano 14.Ma dall’inchiesta della commissioneparlamentare sulla sanità del 2012, pre-sieduta dall’allora senatore IgnazioMarino, risultava che erano 91 le strut-ture che avevano praticato l’elettros-hock nel nostro Paese dal 2008 al 2010.Un numero ben diverso. Dalle cifre for-nite dall’Aitec, in Europa l’Italia è ilfanalino di coda nella terapia elettro-convulsivante: la media europea è di uncentro ogni 500.000 abitanti, mentre nelnostro Paese c’è un centro ogni 5 milio-ni di cittadini.

“La commissione d’inchiesta di Marinoera una stupidaggine pazzesca.Mistificazioni incredibili – sostieneGiancarlo Peana- C’era addiritturascritto che in Sicilia ci sono quattordicicentri per la Tec, ma lì nessuno la fa. Iolo so per certo. Una volta c’era una cli-nica a Catania gestita dalla famiglia delfisico Ettore Majorana, ma ora in nes-sun centro siciliano si esegue la Tec”. Ildottore pensa che i dati offerti dallacommissione d’inchiesta tenesseroconto delle strutture che hanno unamacchina per l’elettroshock, anche senon viene usata da decenni. “In Italial’elettroschok è morto – dice ancoraPeana - Si usa in tutto il mondo tranneche qua, il Paese in cui è stato inventa-to. Non so che consulente abbia avutoMarino. Sia io che altri colleghi gliabbiamo scritto per chiedere spiegazio-ne. É assurdo. Tutta la Stampa si è attac-cata a questi dati senza andare a fondoe senza verificare”. Anche Roger Pycha non è convinto daidati forniti dalla commissione d’inchie-sta del 2012: “Quando Marino è venutoqui all’ospedale di Brunico – dice Pycha- gli ho dato personalmente una listadei 14 centri legati all’Aitec che effettua-no la terapia convulsivante. Non so dadove la commissione d’inchiesta abbiapreso i dati. Di sicuro non da me”. Che Marino abbia ricevuto una lista daPycha è confermato dal resoconto ste-nografico del Senato numero 154. Dalresoconto, Marino, il 15 maggio 2012,riferendosi alla terapia elettroconvulsi-vante dice: “Il dottor Pycha, che ricopreuna carica istituzionale all’interno dellasocieta` scientifica, ci ha fornito l’elen-co delle strutture nel nostro Paese in cuisi pratica tale terapia”. Nella stessaseduta l’ex senatore marino riferiva constupore di aver constatato che i pazientisi sottoponessero volentieriall’Elettroshock, soprattutto quelli chein passato avevano avuto ottimi risultaticon questa tecnica. Secondo il dottor Peana la maggiorparte degli interventi sono fatti in treospedali ( Montichiari, Brunico, Pisa) ein tre cliniche private convenzionate(San Valentino di Roma, Santa Chiara diVerona e clinica Baruziana di Bologna).

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L’allenamento per il cervellochiamato elettroshock

All’interno della clinica San valentino durante le sedute di TecL’abbandono della Tec per Peana non èlegato solo a un fattore ideologico, maanche per una questione economica: ilservizio costa molto alle cliniche a cau-sa del personale coinvolto e alle spese dimantenimento dei macchinari. “Il fatto che sia utilizzata come terapiaprimaria – conclude Peana - è anch’essauna mistificazione: molti pazienti chearrivano qui lo fanno proprio per rice-vere la Tec dopo aver sperimentato lun-ghi percorsi farmacologici, perciò spes-so è l’unica terapia a cui sono sottopostinella nostra clinica. Controllando lastoria di questi pazienti sarebbe facilecapire che prima dell’elettroshock si so-no curati con i farmaci”.

La commissione di Bioetica del 1995 ele circolari BindiIn Italia l’unico riferimento giuridico ri-guardo a questa tecnica è la circolare del25 febbraio 1999 firmata dall’allora mi-nistro della salute Rosy Bindi, in cui sidettano le linee guida da seguire nellasomministrazione della Tec. Nel docu-mento si dice che lo shock “non costi-tuisce un presidio terapeutico a se stan-te, ma deve necessariamente essereconsiderata all'interno di un program-ma terapeutico personalizzato e inte-grato con altri interventi”. Nella nota c’èscritto che l’elettroshock è considerataun’opzione terapeutica riservata a “pa-zienti affetti da episodio depressivograve con sintomi psicotici e rallenta-mento psicomotorio” o quando “nonpossono attuarsi terapie farmacologi-che, ovvero nei casi di vera e accertatafarmacoresistenza e nei casi nei quali ècontroindicato l’uso di psicofarmaci”.Prima del 1999, c’era però la cricolaredel 1996, sempre firmata dall’ex mini-stro Rosy Bindi: secondo questa primaversione la terapia elettroconvulsivan-te poteva essere usata come prima scel-ta nei casi di "episodi depressivi gravicon sintomi psicotici e rallentamentopsicomotorio" o nelle condizioni in cuinon potessero essere usati farmaci, co-me nelle donne fino al primo trimestredi gravidanza. Nella circolare del 1999 è sparito qual-siasi riferimento alle donne incinta, maè stato aggiunta la conclusione che la te-rapia elettroconvulsivante “non possaessere ritenuta più efficace di altri inter-venti terapeutici”. La circolare del 1996 era stata redattadopo il responso del Comitato naziona-le per la bioetica (Cnb) avvenuto un an-no prima in seguito alla richiesta di pa-rere da parte di Athos De Luca, capo-gruppo dei Verdi al comune di Roma. DeLuca aveva interrogato il Cnb sulla pos-sibilità di una sospensione cautelativadell’elettrosock, ricevendo però un pa-rere negativo. Il Comitato in quell’occa-sione ritenne che non ci fossero “moti-vazioni bioetiche per porre in dubbio laliceità della terapia elettroconvulsivan-te nelle indicazioni documentate nellaletteratura scientifica”.

“Équi per il ricovero?” dicela signorina della clinicasan Valentino di Roma a

un ragazzo appena arrivato. “Sì”risponde lui, scortato dai genito-ri. “Firmi qua, allora. Poi vada alpiano di sotto dove c’è l’ammini-strazione: tra poco arriverà undottore che le farà fare un giroper la struttura”. Il ragazzo pren-de il borsone con le poche coseche si è portato dietro e sale lescale. Il quel momento il dottorGiancarlo Peana, direttore sani-tario della clinica, parcheggia lasua auto poco fuori l’entrata. Daifinestrini aperti rimbomba“Heroes” di David Bowie. Peanaè un grande appassionato dimusica rock. Dal lunedì al mer-coledì il dottore arriva in clinicaalle nove precise per fare la tera-pia elettroconvulsivante. Si occu-pa di elettroshock da più di 20anni, da quando è arrivato allacasa di cura San Valentino.“Questa clinica è stata fondatadal dotto Fiume – raccontaPeana - il braccio destro di Bini,uno degli ideatori dell’elettros-hock”. Dopo aver accolto conpoche parole i nuovi arrivatichiama a raccolta gli infermieri el’anestesista: appena tutti sonopronti il dottore preme il pulsan-te dell’ascensore per salire alprimo piano, dove si trovano ipazienti. É una giornata moltosoleggiata e le vetrate della clini-ca riempiono i corridoi di luce. L’equipe cammina a passo sveltoverso la stanza dove si trova laprima persona che deve esseretrattata con la Tec, un ragazzo diquasi due metri che si chiamaLuca ed è alla seconda seduta delciclo terapeutico. Quando il dot-tore entra nella stanza l’uomo èmolto tranquillo: “come va? -chiede Peana – sta meglio dopola prima seduta? “. L’uomoannuisce: “Si, dottore. mi sentoun pochino meglio” dice. “Bene”

risponde il medico mentre gliinfermieri entrano nella stanzacon il macchinario per la terapiaelettroconvulsivante. Il più gio-vane comincia a spremere il gelsugli elettrodi; serve a evitarequalsiasi tipo di bruciatura.L’anestesista prepara i miorilas-santi e l’ossigeno, mentre Peanasetta la macchina. “Usiamo l’e-nergia minima necessaria a sca-tenare la crisi convulsiva” dice ildottore impostando la correnteal 60%. Poi aggiunge “Con lemoderne tecniche di anestesia ilpaziente non ha più convulsioni,sebbene il macchinario le registriper due minuti. In questo caso,data la stazza del paziente,potrebbero esserci dei minimimovimenti. Però ci vuole atten-zione nel dosare i miorilassantiperché riguardano anche larespirazione”. Quando il paziente si addormen-ta sul piccolo schermo dellamacchina appare la scritta ready,pronto. Peana avvicina gli elet-trodi ai lati della testa di Luca:per un istante e il ragazzocomincia ad avere degli spasmiche durano poco più di duesecondi. Quando il suo corposmette di tremare il macchinariocontinua a registrare l’attività delcervello. Tutto il personale medi-co lavora in modo automatico;ognuno con il suo compito.L’elettroencefalogramma prodot-to dalla macchina è segnato sulregistro medico mentre gli infer-mieri smobilitano l’attrezzatura esi dirigono verso la prossimastanza. In meno di 5 minuti Lucasi sveglia: “Cos’è successo?” dicecon respiro affannoso mentre siporta le mani al viso. “Nulla, nonè successo nulla. Tranquillo –dice un infermiera – tra poco tisentirai meglio”. Luca stende lebraccia sul lettino e torna arespirare con calma. Quando ilpaziente si sveglia dalla Tec nonha nessun ricordo della terapia eha bisogno di circa 10 minuti perriprendersi dall’anestesia. “Oraandiamo alla 129” dice un infer-miere con in mano la lista delleterapie da fare. I dottori cammi-nano svelti verso il nuovopaziente, ma Peana è bloccatonel corridoio da una donnabionda di circa 30 anni: “Dotto’,non riesco a stare tranquilla -dice la ragazza con forte accentoromano – ho bisogno di parlare”.“Dopo –la ammonisce Peana -

Ogni cosa a suo tempo”.“Vabbè –risponde lei - però non è che mi dicedopo e poi non parliamo?“. “Ci vedia-mo a mezzogiorno, dopo la terapia”taglia corto il dottore. La terza a ricevere la terapia è unadonna molto anziana: non parla, ècatatonica. La paziente emette soloun sibilo quando l’anestesista le mettel’ago per far passare i farmaci e poi siaddormenta. Anche qui nessuno spa-smo. Meno di dieci minuti e la donnasi sveglia. A questo punto si riprendel’ascensore, la quarta paziente è alsecondo piano. Nella stanza 132 c’è laragazza bionda che aveva bloccatoPeana poco prima. É molto agitata:“Ho i linfonodi ingrossati sulla gola enon mi date niente!”, urla dal suo lettomentre l’anestesista prepara i farmaci.“Mi fa male la gola e non mi dateniente!” continua lei. “Dopo ti diamouno sciroppo, adesso facciamo la tera-pia” ribatte il dottore. La donna siaddormenta tra le lacrime e i mediciimpostano la macchina: “Questapaziente ha una forte psicosi paranoi-de - dice il dottore poco prima diapplicare gli elettrodi - .l’elettroshockè molto utile in questo caso” Dal rullodella macchina esce il foglio con l’e-lettroencefalogramma: l’inchiostro vaa zig zag per due minuti e poi si fermadi colpo. “É un buon segnale – dicePeana – il fatto che l’attività si siabloccata di netto significa che il cer-vello ha risposto con forza”. E conti-nua: “Lo shock è come un allenamen-to in palestra per il cervello: le solleci-tazione con i pesi servono a rinforzarei muscoli, la Tec serve a migliorare laresistenza dell’encefalo alla depressio-ne e alle psicosi”. L’ultimo pazientesoffre di una depressione che si èdimostrata resistente a diverse linee difarmaci. L’uomo ha il volto rigatodalle lacrime e gli occhi gonfi: “É tuttala mattina che piange” dice un infer-miere. Il personale medico lo tran-quillizza e prova a metterlo a suo agio.Il dottore imposta il 50% di energia edopo 5 minuti è tutto finito. Al termi-ne delle terapie l’anestesista se ne va egli infermieri tornano alle loro attivitàin clinica. Peana torna nel suo ufficioa compilare le cartelle dei pazienti e fachiamare Luca per un controllo.L’uomo scende le scale con agilità edentra nell’ufficio del dottore. Uscendo dalla struttura il sole è acce-cante. Una mattinata di routine per imedici della clinica San Valentino, unpugno nello stomaco per chi per laprima volta ha assistito alla terapiaelettroconvulsivante.

A pag 2 inbassoil dottor Peanadurante la Tec.in basso il mac-chinario in fun-zione e a fiancogli elettrodi spal-mati di gel primadella terapia

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“La Brain stimulation è il futuro”Da Siena a New York per fare un post-dottorato alla Columbia university

L’intervista al ricercatore italiano che lavora in uno dei team più all’avanguardia delmondo nel campo psichiatrico. Mantovani spiega qual è il futuro della battaglia alladepressione e al disturbo ossessivo-compulsivo. I risultati degli studi del suo gruppodi lavoro saranno presentati a New York la prima settimana di Maggio al congressoannuale della Society of Biological Psychiatry.

Antonio Mantovani si occupa da 10 annidi brain stimulation, una serie di tecni-che mediche che si avvalgono di stimoli

elettrici per curare disturbi psichiatrici, tra cui ladepressione. Mantovani, dopo essersi laureatoall’Università Cattolica di Roma e aver comple-tato la specializzazione in psichiatria, ha comin-ciato un dottorato di ricerca in scienze neurolo-giche applicate all’Università di Siena. Finitaquesta esperienza è partito per fare un post-dot-torato di ricerca negli Stati Uniti, Paese in cuilavora tuttora: le possibilità offerte prima dallaColumbia University e poi dalla City Universityof New York hanno infatti convinto il giovanescienziato a fare di New York la sua secondaCasa. “In Italia è più difficile fare ricerca –sostiene il professor Mantovani – negli StatiUniti invece c’è un sistema che premia i lavorimigliori e stimola l’innovazione. Non a caso lamaggior parte delle scoperte scientifiche arrivadall’America”.

Cosa sono le tecniche di Brain stimulation eche effetto possono avere nella cura delladepressione?Negli anni ho studiato varie tecniche. Oltre allapiù vecchia, l’Ect (sigla inglese di terapia elet-troconvulsivante ndr) mi sono occupato moltodelle terapie moderne. La più promettente è laStimolazione magnetica transcranica: con questatecnica si rilasciano impulsi magnetici sulla cor-teccia celebrale del paziente attraverso uno stru-mento applicato direttamente sulla testa. Questaterapia è poco invasiva e potrebbe essere fattaanche a livello ambulatoriale. Nei nostri esperi-menti abbiamo ottenuto ottimi risultati sia sulladepressione maggiore che sul disturbo ossessi-vo-compulsivo (Doc), una delle patologie piùresistenti ai farmaci e all’Ect.

Un’altra tecnica non invasiva è la transcranialdirect current stimulation (tDCS): questa terapiapermette una stimolazione elettrica con un bas-sissimo voltaggio, circa 9 volt (con la Tec serveuna stimolazione di almeno 60 volt ndr.) Poi c’èla Deep brain stimulation (Dbs), che però è unapratica più invasiva della Tms: si applicano deipiccolissimi elettrodi in precise aree cerebralidel paziente che sono poi attivati dagli impulsidi un pacemaker posizionato poco sotto la clavi-cola. La Dbs ha dimostrato di funzionare benenel disturbo ossessivo-compulsivo, ma è pena-lizzata dalla sua invasività dato che necessita diun’operazione chirurgica. Comunque gli ultimirisultati che abbiamo ottenuto sul Doc attraversola brain stimulation saranno presentati a NewYork la prima settimana di Maggio al congressoannuale della Society of Biological Psychiatry.Secondo lei perchè la Tms è efficace?Il meccanismo d’azione della TMS è legato alfenomeno della neuroplasticità e alla produzionedi una proteina che consente al sistema nervosocentrale di modificarsi, il Brain Derived Neuro-trophic Factor (BDNF). La TMS perciò favori-sce la capacità del cervello di adattarsi e di‘guarire’. Quali sono gli effetti collaterali della stimola-zione magnetica transcranica?È una tecnica che non ha effetti collaterali. Almassimo causa mal di testa che passa subito conuna semplice aspirina. É una terapia ormaiapprovata sia negli Stati Uniti che in Europa esarà sempre più utilizzata in futuro. Come hodetto prima la Tms è molto meno invasiva perl’organismo rispetto ai farmaci, perché gli effetticollaterali delle medicine riguardano tutto ilcorpo. Il problema della Tms è che è più ‘sco-moda’: una pillola si può prendere facilmente acasa prima di andare a dormire; per la Tms

occore andare al centro che la fa per tutto ilciclo di sedute.E le controindicazioni?Diciamo che è sconsigliata a pazienti epilettici,perché potrebbe scatenare una crisi convulsiva.Poi bisogna fare attenzione a quelli che si sonosottoposti a operazioni chirurgiche in cui sonostate inserite parti metalliche, soprattutto allatesta.Ha ancora senso usare la terapia elettrocon-vulsivante?Tuttora la Tec è la terapia più efficace nei casifarmacoresistenti, perciò non si può parlare diuna tecnica sorpassata. Recentemente si è inizia-to a usare la metodica unilaterale, ovvero l’usodi un solo elettrode applicato sull’emisferodestro. Si è dimostrato che questa strategia per-mette buoni risultati ma minimizza gli effetticollaterali, che comunque riguardano solo pro-blemi di amnesia generalmente recuperabili nelgiro di pochi mesi.La brain stimulation in futuro soppianterà ifarmaci?Io penso che la stimolazione magnetica transcra-nica sia il futuro nel campo della cura alladepressione, ma non so se sostituirà del tutto ifarmaci. É ancora presto per dirlo.

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A sinistra unmacchinario perla Tms, mentrein alto a destraAntonio mantovani