I Rolling Stones e il tutto esaurito - tommasofranci.it · Oltre mezzo secolo ! Oltre mezzo secolo...

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Tommaso Franci I Rolling Stones e il tutto esaurito Siena 2015 1

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!Tommaso Franci

!!!I Rolling Stones e il tutto esaurito

!!!!!!Siena 2015 !!

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eṡaurire v. tr. [dal lat. exhaurire, comp. di ex- e haurire «attingere»] 1.

a. Detto di pozzo, miniera e sim., attingerne, asportarne tutto il contenuto. In marina, eseguire l’operazione di esaurimento, cioè di svuotamento dell’acqua dai locali interni della nave.

b. In chimica, estrarre il più completamente possibile una o più sostanze da un’altra: e. una droga con un solvente, per asportarne i componenti attivi solubili in tale solvente; e. un precipitato con

acqua, lavarlo fino ad averlo privato di tutti i componenti solubili in acqua. c. Con sign. più generico, nel linguaggio com., consumare una cosa tanto da ridurla al termine: e. le provviste, il patrimonio, le risorse, i mezzi; fig.: e. la pazienza, il proprio ingegno; ho esaurito tutto

il mio repertorio di barzellette; e. le forze, logorarle, spossarle. 2. intr. pron.

a. Riferito a pozzo o miniera, rimanere senz’acqua, senza più minerali: il pozzo si è esaurito; la sorgente si è esaurita, non versa più acqua.

b. Consumarsi del tutto: i fondi a disposizione si sono esauriti; l’edizione s’è esaurita in pochi mesi, ne sono stati cioè venduti tutti gli esemplari; fig., le sue forze, le sue energie si sono esaurite. c. Di persona: è uno scrittore che ormai si è esaurito (o anche: la vena di quello scrittore si è

esaurita), ha perduto la potenza creatrice, non produce più nulla di originale. 3. Condurre a termine: e. una pratica; compiere sino in fondo: e. le indagini, le ricerche. Di

argomento, materia e sim., trattarne compiutamente in ogni particolare: e. il tema, la questione; è stato esaurito l’ordine del giorno.!

eṡauriènte agg. [part. pres. di esaurire, dal lat. exhauriens -entis, part. di exhaurire]. – Che esaurisce, che tratta compiutamente; detto soprattutto di discorso, scritto e sim. che tratti a fondo un

determinato argomento, in modo da dire su questo tutto ciò che poteva esser detto o comunque in modo soddisfacente rispetto alle attese: la tua risposta è stata e.; ha fatto un’e. relazione dei fatti; il

volume è preceduto da un’e. introduzione metodologica. Con sign. più ampio: ha fornito prove e. della sua innocenza.!

eṡaurito agg. [part. pass. di esaurire]. – Privato, vuotato di tutto il contenuto: pozzo e.; miniera e.; finito, consumato: i denari sono e.; pile e., che non danno più corrente elettrica; teatro e., senza più posti disponibili; i posti a sedere sono tutti e., sono tutti occupati o venduti (e dall’uso di esporre in tali casi il cartello con la scritta tutto esaurito, la locuz. sostantivata in frasi come: ieri sera a teatro

c’era il tutto esaurito). Riferito a persona, che soffre di esaurimento nervoso, che si sente sfinita, spossata: essere, sentirsi e. (e analogam., un organismo e., con funzionalità molto ridotta); o che

non è più capace di produrre validamente: scrittore, artista e. (e analogam., la sua vena è esaurita).!eṡàusto (ant. essàusto) agg. [dal lat. exhaustus, part. pass. di exhaurire «esaurire»]. –

1. Impoverito, vuoto: l’erario è e.; la cassa è e.; seguìto dalla prep. di, privo, rimasto senza: e. di forze, di denari; vecchio e. del vigor naturale (B. Castiglione); consumato, finito: E non er’anco del

mio petto essausto L’ardor del sacrificio (Dante). Più com. nell’uso, con riferimento a persona, stremato, spossato, svigorito: forze e.; il suo ingegno è e.; si sentiva esausto.

2. Olio e. (calco dell’ingl. exhausted oil), qualunque lubrificante a base minerale o sintetica che, per effetto del suo uso, ha subìto trasformazioni chimico-fisiche che ne hanno mutato la struttura

originaria, privandolo delle sue proprietà fondamentali e rendendolo inefficace.![Treccani.it] !!!!

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!!!!!!… i tragici asini delle miniere: ci venivano calati

una volta, a forza, imbracati e contratti dentro la gabbia dell’ascensore, e non ne uscivano mai più;

lavoravano e morivano ciechi, là dentro … !(L. Bianciardi - C. Cassola, I minatori della Maremma, 1956) !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Oltre mezzo secolo !Oltre mezzo secolo d’attività ed un successo mondiale probabilmente insuperato. I Rolling Stones. Successo insuperato se si considera la loro capacità di coinvolgimento di cose e persone in lungo o nel tempo e in largo o nello spazio. E continuativamente. Coinvolgimento. Lungo. Largo. Di cose. Persone. I Rolling Stones. Successo forse insuperato quello dei Rolling Stones non soltanto da qualsivoglia altra popstar ma anche da qualsivoglia altro simbolo e segno e cosa. Fra quanto in campo espressivo è stato presente nel mondo dal 1962 al duemila e rotti. E sia fondamentalmente riconducibile a tre o quattro persone e basta. Per produrre un’unica lattina alla Coca-Cola – che di per sé non è nemmeno un prodotto espressivo – ci lavora molta più gente … Oggigiorno McCartney ed a maggior ragione Dylan sarebbero forse gli unici anche perché operano da soli e non in tre o quattro a poter contendere il primato da tutto esaurito dei Rolling Stones. Si noti frattanto che in campo espressivo parlando di successo [dal lat. successus, “avvenimento, buon esito”] planetario e durevole o di tutto esaurito nel XX ed agli inizi del XXI secolo si parla pur sempre di musica popolare … Però McCartney lo si può relegare ai Beatles scioltisi nel 1970 quando i Rolling Stones già nel pieno del tutto esaurito erano soltanto all’inizio del loro macinare successo incondizionato o del loro ribadire il tutto esaurito (Exile on Main St. il loro album più da tutto esaurito – non foss’altro per l’estenuato ma indomabile bailamme d’apertura di Rocks Off, considerabile il brano, anche per il suo convinto corale sfasciante implodere, più depravato di sempre: a parte straordinarie prove di Violent Femmes e Jon Spencer, che comunque da esso prendono esplicitamente le mosse – è del 1972). Inoltre non gli si associa a McCartney come a Dylan nessun simbolo. Con il divenire simbolo di una cosa o persona che vale da eco o moltiplicazione del suo essere. E se Dylan ha pubblicato qualche album in più dei Rolling Stones i suoi album hanno venduto o si sono diffusi molto di meno. Numeri alla mano se Dylan sta tuttora svolgendo un Never Ending Tour questo non figura però nella lista degli “highest-grossing concert tours”. A differenza di quanto succede ai Rolling Stones che decade dopo decade stanno ai vertici di simili graduatorie. Di fatto e sin dal 1965 lo stesso Dylan sembra avere riconosciuto un tale stato di cose. Cioè il reiterante perché capillarmente stratificato e capillarmente stratificato perché reiterante tutto esaurito dei Rolling Stones. Risale a quell’epoca infatti il suo brano – nella forma nel contenuto e nella diffusione – più da tutto esaurito o reiterante nel capillarmente stratificato o capillarmente

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stratificato nel reiterante. Like a Rolling Stone. Che Dylan scrisse di ritorno da un tour in Inghilterra. Dove i Rolling Stones fin dall’anno precedente stazionavano in testa alle classifiche. L’autore può sostenere quel che vuole ma un titolo del genere con un testo neo-beat che descrive una scapigliata gioventù on the road (il romanzo di Kerouac, da cui l’espressione, era stato pubblicato nel 1957; La Scapigliatura di Cletto Arrighi risale invece alla Milano del 1861) è impossibile non ritenere che proprio nei giorni in cui usciva Satisfaction non facesse riferimento diretto o indiretto ai Rolling Stones. Consacrandone il mito. Anzi Like a Rolling Stone di Dylan ed il suo tutto esaurito cioè – oltre al suono e struttura “never ending” – la sua elezione spesso unanime a migliore canzone pop del secondo Novecento sarà considerabile una delle cause e degli effetti del tutto esaurito dei Rolling Stones … Certo si potrebbe polemizzare precisando che la dimensione “rolling stone” dylaniana – così come quella dell’omonima rivista fondata da hippie per hippie nel 1967 a San Francisco e destinata a divenire nel suo settore la più da tutto esaurito al mondo – non venne inaugurata dai Rolling Stones ma dal “padre del blues di Chicago” Muddy Waters. Che nel lontanissimo 1948 – quando ancora in Usa la discriminazione razziale era legge così come l’anticomunismo – aveva inciso – su di un blues del Delta anni venti – il singolo Rolling Stone introducendo a suon di chitarra elettrica l’espressione – già da tempo proverbiale – nella nuova musica popolare. Musica nuova perché elettrificata e incisa su disco e perché diffusa globalmente tramite – diciamo pure – l’industria dell’etere e l’etere dell’industria (chi vive in una società industrializzata respira –metaforicamente e non – aria industriale …). Tuttavia a distanza di vent’anni non l’avrebbe preso in considerazione nessuno Muddy Waters ed il suo singolo – ma in certa misura potremmo asserirlo questo più in generale per lo stesso blues del Delta: che pure indipendentemente dai Rolling Stones e dai gruppi della “British Invasion” veniva riscoperto in quegli anni – se Jagger e compagni (l’idea di derivare il nome della band dal singolo di Waters, in omaggio ad una delle loro principali ispirazioni, fu del factotum Brian Jones) non avessero fatto per così dire il miracolo della moltiplicazione delle “pietre” aggiungendo una “s” – valevole miliardi in miliardi di sensi – al sasso gettato nello stagno suscitando lì per lì relativamente pochi echi da un ex raccoglitore nei campi di cotone del Mississippi vittima con la sua famiglia della segregazione e dell’emarginazione. Bisognava che la tecnologia si sviluppasse in una direzione favorevole e che popstar come i Rolling Stones raccogliessero nei campi musicali dei neri affinché questi

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ottenessero dai bianchi un riconoscimento per quanto tardivo e parziale. Bianchi che se da un certo punto di vista si può dire che giunsero con ciò a sfruttare i neri non solo colturalmente ma anche culturalmente – da un altro consentirono a qualcheduno di loro un riconoscimento in termini di fama e ricchezza (se poi questi siano compensi positivi è un’altra questione). Ebbene in tale processo di emancipazione – i cui protagonisti meritatamente riconosciuti portano di solito i nomi di Martin Luther King e Malcolm X – svolsero magari inconsapevolmente un ruolo forse non abbastanza considerato e comunque sia non eroico anche i Rolling Stones. Che dopo la sfuriata del rock ’n’ roll negli anni cinquanta furono tra i primi a fare i soldi ed ottenere successo con la musica – con la reazione alla schiavitù – dei neri. Ed anche proprio in virtù di questo effetto-spugna – di questo sobbarcarsi e sublimare storie e conflitti e dolori ed eredità e contraddizioni secolari – i Rolling Stones paiono tendere al tutto ed all’esaurito. Rolling Stones che così troviamo confermato come risultino probabilmente il fenomeno paradigmatico più indicato del quale occuparci per la trattazione di uno stato di cose e di un ordine d’idee concettualizzabile in termini tipo quelli del tutto esaurito. “Tutto esaurito”. Perché ci interessa quest’espressione? Per motivi ecologici. Per motivi logici cioè. Per motivi di giustizia logica (causa ed effetto della sociale). Per considerare se è possibile e quindi logico parlare e pensare in simili termini. Oppure se non lo è. E se non lo è perché non può fisicamente darsi il “tutto esaurito”. O se non lo è perché non può darsi il tutto. Oppure perché non può darsi l’esaurito. Oppure perché non possono darsi le due cose insieme. Nel caso di anche soltanto una impossibilità in proposito il problema con il “tutto esaurito” oltreché logico diventerebbe automaticamente politico. Significherebbe infatti che l’organizzazione della cosa pubblica o dell’essere storico-culturale dell’uomo presente si basa nelle sue istituzioni e comportamenti su qualche cosa di illogico. Nella misura in cui si basi sull’illogico perché antiecologico – e se è antiecologico perché illogico – “tutto esaurito”. !Suono grezzo sguaiato !Un suono grezzo sguaiato ripieno di se stesso. Antiartistico. Bestiale. O da macchina rotta (o che non è mai stata ben messa) ma che marcia ancora (o che ha sempre comunque marciato: come se il suo bene stesse nel suo male, se si trattasse di una persona; ed il suo fiorire coincidesse con marcire, se si trattasse di una pianta). Senza pentagramma (in termini

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quantitativamente apprezzabili). Senza concetto (in termini quantitativamente apprezzabili). Senza preoccupazioni o progetti né silenzi. (Antiartistico per questo.) Sintesi però di un apprendistato larghissimo continenti. Il blues angloamericano avendo origini afroirlandesi. Origini che – passando dall’Africa islamica e i suoi canti religiosi – vanno dai capelli rossi e lentiggini dell’isola celtica alla pelle più nera e agli alberi più grandi della terra. E lunghissimo secoli. Apprendistato. (Gli stati si apprendono anche se non apprendono se stessi ovvero hai per forza dei genitori anche se non li conosci …) Origini che coinvolgono la tratta degli schiavi africani nel sei-settecento e le carestie irlandesi nell’ottocento fino alla tecnologia e agli approvvigionamenti energetici da combustibili fossili del novecento. Per la sua (dell’apprendistato) filogenesi. Le origini del blues. Per la sua ontogenesi lo stesso. Il blues dei Rolling Stones. Larghissimo continenti se si considerano i tour mondiali della band il cui unico smacco è forse non avercela fatta a suonare sulla Luna. E lunghissimo tutta la vita – dei tre che da sempre fanno parte della band. Se si considerano l’apprendistato e la pratica loro lunghissimi e larghissimi giungiamo alla petulanza (ma mai tanto quanto e/o come richiesto dalla tecnica per l’arte …). I Rolling Stones proporranno materiale interamente proprio solamente a partire dal quarto album. Questo per ciò che riguarda l’apprendistato. Per ciò che riguarda apprendistato e pratica insieme e considerando solamente i tour mondiali i Rolling Stones hanno tenuto più di duemila concerti. Circa cinquanta all’anno. Circa uno a settimana. E simile ritmo per oltre mezzo secolo. E poi e frammischiato al suono. Frammischiato al lunghissimo e al larghissimo. E continuamente. Per motivi storici sia filogenetici che ontogenetici. I Rolling Stones. Donne. Microfoni. Cavi. Interviste. Figli. Parole. Sigarette. Sandwich lasciati a metà. Alcol. Casse di alcol e di amplificazione e di sigarette. Eiaculazioni. Yacht. Gas di scarico di camper caravan aerei automobili sportive. Bottigliette di plastica. Vetro. I vetri degli yacht anche. Cuscini. Hotel. Anche negli yacht cuscini. Reception. Anche nelle grandi navi reception. Contratti. Firme. Telefonate. Cappelli. Nastri magnetici. Nastri delle compagne sessuali. File compressi. Trasmissione di dati. Funerali. Di tutte queste cose i Rolling Stones a migliaia o milioni. Di tutte queste cose. E di migliaia o milioni di altre. Direttamente o indirettamente. I Rolling Stones. Consapevolmente o inconsapevolmente. Com’è inevitabile – almeno nel nostro mondo – per ognuno di noi. Ma molto di più. I Rolling Stones. Li si riconducano a tre persone o persino ad un simbolo. I Rolling Stones. Molto di più di noi. Ci

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si riconduca a persone od anche a simboli. (Non è gossip ma riprova di tendenza anche extramusicale al tutto esaurito – vissuto perlopiù irresponsabilmente o anche primitivamente: per certi aspetti, preistoricamente – ricordare che a 22 anni Brian Jones aveva 4 figli da 4 donne diverse; Mick Jagger, invece, dopo aver avuto 7 figli con 4 donne, dal 2014, quand’era settantunenne, è bisnonno …) I Rolling Stones fagocitano sentimenti: in Miss You – il loro elefantiaco hit del 1978: quando, mentre il rock si dava al punk, loro, come a dimostrazione di esserci già passati e di avere già esaurito la cosa, più punk dei punk si davano alla disco … – dinanzi ad un amore non corrisposto (sia esso per una donna o per Dio) ci si balla sfacciatamente su; come, del resto, avremmo dovuto aspettarci da chi per simbolo vantava una linguaccia. Dieci anni prima Sympathy for the Devil – con cadenze da samba-blues – aveva fatto la stessa cosa di Miss You ma estendendola al Male in generale. La Pop Art – ecologia a parte – non può intendersi come una forma (profonda) di comprensione del “tutto esaurito” nella società contemporanea? Warhol – il jeans in primo piano dotato di una vera lampo (che tirata giù mostrava un paio di slip) per la cover di Sticky Fingers del 1971 e la copertina di Love You Live del 1977, basata su una sessione di 24 Polaroid in cui gli Stones cercano di divorarsi a vicenda. Anche dei funerali – a migliaia o milioni o miliardi. I Rolling Stones. E senza bluffare ma ecologicamente. Seriamente. Fisicamente. Concretissimamente. Ad oggi, che è passato oltre mezzo secolo da Satisfaction, Brian Jones – ed anche una certa immortalità, nonostante gli abusi di ogni tipo, contribuisce al senso di tutto esaurito … – è l’unico della formazione originaria ad essere morto (sebbene le “amate” da Jagger abbiano fin troppo spesso avuto a che fare con la morte: dalla tossicodipendenza di Marianne Faithfull, la musa nel 1971 di Sister Morphine, che tentò anche il suicidio; al suicidio riuscito della cinquantenne, ma 21 anni meno di Jagger, modella e stilista L’Wren Scott nel 2014: come a dire che chi è “immortale” o Tutto ha bisogno della morte o esaurimento altrui, fino a quello del tutto, anche se non proprio tutto-tutto da comprendere anche lui …). Però ecologicamente serissimamente fisicamente un fenomeno come quello dei Rolling Stones presenzia volenti o nolenti alla morte. Presenzia anche durante la morte di tutti coloro che da vivi volenti o nolenti sono stati coinvolti in esso. Spettatori o semplicemente vivi in un certo spaziotempo. Tutti coloro che. Come mio nonno vissuto in un paese dell’alta Maremma. Nato negli anni venti quando Mussolini a petto nudo alzava per propaganda covoni di

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fieno e chi gli stava attorno applaudendo di disperazione ed ignoranza era magro per le fatiche e la fame. Quando dall’altra parte del mondo dalle maremme del Delta del Mississippi il blues o lamento dei braccianti giungeva nelle metropoli statunitensi e negli studi di registrazione e alla radio. Ma non italiana. Mio nonno – mentre potrà non aver sentito il blues del Delta – dai suoi trent’anni in poi e fino alla fine nel duemila e rotti non potrà (indipendentemente da ogni ascolto) non aver sentito in tv alla radio sui giornali magari senza rendersene conto o farci caso magari per disperazione ed ignoranza (disperazione ed ignoranza date anche dal non farci caso a disperazione ed ignoranza) non potrà non aver intercettato o essere stato intercettato dal nome o suono oppure anche soltanto intravisto l’avrà intravisto il simbolo cioè la linguaccia dei Rolling Stones – venendone, anche se i simboli non hanno occhi, a sua volta visto. Rolling Stones che quindi di riflesso hanno portato o trasmesso a mio nonno – e fisicamente anzitutto – e alla Maremma toscana qualche cosa delle maremme americane. Intermediari i Rolling Stones ed anche per ciò tendenti al tutto ed all’esaurire. !Sobborgo di Londra !Formatisi in un sobborgo di Londra quando ancora c’erano i sobborghi e si sentiva la differenza fra città e campagna e si poteva passare in poco tempo e in automobile – perché altre erano le distanze ed altre le vicinanze – si poteva passare dalla prima alla seconda e viceversa. Impunemente senza stress o quasi. Ed io quel mondo lì brutale e anarchico maggiormente rispetto al nostro di oggi quanto maggiormente dolce e chiaro – un po’ me lo ricordo e posso testimoniarlo se penso a quanto gli anni ottanta ne avevano loro malgrado ancora. Anni sessanta od ottanta i Rolling Stones il loro suono nome immagine hanno superato digerito spremuto decenni su decenni. E persistono nel successo negli anni duemila. Anzi questa persistenza fa parte del loro rappresentare massimamente il tutto esaurito. Del loro esserne alfieri. Espressione del tutto esaurito. I Rolling Stones. Esprimono il tutto esaurito. Vorrebbero che fosse tutto – il tutto esaurito. Vorrebbero esaurirlo – anche questo. I Rolling Stones. Esprimono il tutto esaurito. A vari livelli. Banconote registi autisti piloti truccatori manager medici spettatori giornalisti al loro servizio. A migliaia milioni miliardi. Direttamente e/o indirettamente. I Rolling Stones. (Il successo. I Rolling Stones = il successo. Il successo = capitalismo/consumismo? Il successo del capitalismo/consumismo = Rolling Stones?)

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Servìti mentre servono. In ogni senso del termine. I Rolling Stones. E come inevitabilmente ciascuno di noi. (Nel sistema. Nel capitalismo/consumismo che sennò non farebbe, anche se non lo è, sistema.) Ciascuno di noi. Chi più chi meno. I Rolling Stones stanno dalla parte del più. È una questione di quantità. Ciò basta per il tutto esaurito? Basta per il tutto? Basta per l’esaurito? E poi – il tutto – fa esaurire? Il tutto stesso è esaurire? Il tutto si può esaurire? L’esaurire è tutto? Finissero adesso, i Rolling Stones, finirebbero nel senso che scomparirebbero oppure nel senso che avrebbero finito grossomodo tutto ciò che è possibile finire e quindi con loro scomparirebbe il mondo-tutto o almeno un certo mondo-tutto? La fine come sfinimento? (Dopo Kant, com’è noto, simili interrogativi potrebbero risultare, se non insensati sospetti e se non sospetti ingenui; riconducibili come sono all’antinomia o contraddizione insanabile dell’idea di mondo come “totalità assoluta dell’insieme delle cose esistenti”; idea la quale, riassume Abbagnano, “suppone che il regresso dal condizionato alla condizione, che può essere proseguito all’infinito, sia esaurito e compiuto, sino a comprendere tutte le condizioni; e poiché la totalità delle condizioni è l’incondizionato, la compiutezza del regresso equivarrebbe alla comprensione dell’incondizionato … In altri termini dalla richiesta di una sempre nuova condizione empirica nella serie dei fenomeni si passa alla richiesta della totalità delle condizioni, che è l’incondizionato o mondo e non è più niente di empirico”. Dopo la rilevazione kantiana dell’antinomia dell’idea di mondo, tuttavia, si è continuato, e Kant stesso non desiderava altro, a fare come se Kant non ci fosse stato: almeno al di fuori delle aule di filosofia. Qui teniamo conto anche di questo. Inoltre, noi siamo dei barbari del pensiero e della cultura o cerchiamo di esserlo: considerando i risultati della civiltà, kantiana compresa – e da cui poi i Rolling Stones ecc. Terzo: se per Kant soltanto l’esperienza è in grado di dare realtà ai nostri concetti, i Rolling Stones, e la nostra civiltà con loro, cercano il tutto e l’esaurimento tramite l’esperienza intesa non come sensibilità ma come, potremmo dire, immanenza simbolica o reiterazione di pratiche convenzionali; meritano dunque una considerazione a prescindere da che cosa sostenesse Kant sull’antinomia dell’idea di mondo.) !Già nei primi due album Già nei primi due album di cover nel 1964 e nel 1965 i Rolling Stones avevano esaurito erano esauriti e sfinivano ed erano sfiniti. Già nei primi

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due album di cover. Nel 1964 e nel 1965. Per cause ed effetti che vanno dal suono fino al business dell’intrattenimento. Mio nonno che non esauriva e che non era esaurito e che non sfiniva e che non era sfinito – non quanto i Rolling Stones: perché è sempre questione di quantità anche laddove non se ne fa questione – aveva 36 anni. All’esordio dei Rolling Stones. Era più vecchio di me che scrivo del tutto esaurito dei Rolling Stones. Lavorava in miniera. Una miniera dove hanno estratto pirite fino al 1994. Quanto è morto Kurt Cobain sigillando insieme alla chiusura della miniera la fine di un’epoca e suicidandosi anche perché sapeva questo. Se non per il tutto e se non per l’esaurito – si è suicidato – e se non perché sapeva o sentiva in qualche modo anche della miniera di mio nonno oppure il non saperlo e non sentirlo gli faceva tanto male da suicidarsi. Nel 1994 la pirite della miniera dove mio nonno aveva lavorato fino al 1977 era esaurita. La pirite. E una bambina di dieci anni aveva – nel 1964 – mio nonno. Sarebbe diventata vent’anni dopo ca. mia madre. Federigo Tozzi nel suo diario addì 4 settembre 1903 scriveva a proposito d’una visita che aveva fatto alle miniere di Boccheggiano (sul confine fra la provincia di Siena e quella di Grosseto): “Entrai in una galleria di quattrocento metri. Il terreno era fangoso, e le traverse della ferrovia, che serve per il trasporto del minerale scavato, sconnesse e disguazzanti. Le pareti gocciolano. In principio si ha un’impressione di freddo, poi giungono soffi caldi di vento. Quando fummo, io ed il sorvegliante, quasi a metà della galleria ci dovemmo fermare in una incavatura, per lasciar passare gli operai scaricatori. Erano cinque e nudi. Spingevano i vagoncini carichi di minerale, ansando. Quando passarono mi salutarono. Proseguimmo ed entrammo nel primo cantiere: una grotta, nera e scabrosa, in fondo alla quale tre minatori battevano colpi di martello su i loro lunghi scalpelli. Ciascuno aveva una lucerna a guisa di cipolla, alimentata con l’olio minerale. L’aria, per me, era insopportabile. Provavo una pena come se il mondo intero mi avesse imprigionato per sempre in uno dei suoi buchi. La lanterna, a gas acetilene, mi tremava nella mano. Bisognava urlare per farsi intendere”. Mio nonno sarebbe nato venticinque anni dopo e avrebbe lavorato in quella miniera ai tempi dei Minatori della Maremma di Bianciardi e Cassola. Che descrissero la (situazione che portò alla) morte di 43 minatori per l’esplosione di un pozzo nel 1954. Proprio nel mentre che – pochi chilometri da quel pozzo – emetteva i primi vagiti mia mamma. Figlia di un minatore tipo quelli morti nell’esplosione. Mio nonno che non esauriva e che non era esaurito e che non sfiniva e che non era sfinito perché troppo quantitativamente diverso dai Rolling Stones

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si prese inevitabilmente la silicosi in miniera. Dove entrò a diciott’anni appena e a pena (anche se non se ne rendeva conto della pena: come non se ne rende conto il disoccupato medio di oggi che finalmente riesce a divenire impiegato …). Mick Jagger quando pubblicò il primo album coi Rolling Stones aveva diciott’anni appena e (anche lui senza accorgersene – senza accorgersi ad esempio di non star facendo arte e di svilirsi e di svilire culturalmente o di essere servo dei servi dell’antiecologico sistema consumistico) a pena. Mio nonno entrò miniera nel 1946. In Italia non c’era ancora la Repubblica né la tv. A Norimberga c’era il Processo. Mann Wittgenstein Matisse Nižinskij Schönberg Einstein Stalin erano vivi – e vegeti. Bisognerebbe chiedersi quanto contribuì – scavando in miniera o in altro modo – mio nonno all’essere vivi e vegeti di Mann Wittgenstein Matisse Nižinskij ecc. nel 1946. Se non ci si pone domande del genere siamo ancora scientificamente – ed in tutti i rami ella scienza – molto arretrati. E non ci si pone domande del genere. (Anche a causa – e con effetto – della miopia economica perdurante.) Figuriamoci quanto si disti dall’approntare delle risposte. Per di più se queste debbono essere quantitative. Inevitabilmente ci prese la silicosi in miniera mio nonno. Le più frequenti cause di morte da silicosi risultano essere l’insufficienza respiratoria e lo scompenso cardiaco destro. Anche se oltre mezzo secolo dopo il suo ingresso in miniera, mio nonno è comunque morto di insufficienza respiratoria e scompenso cardiaco. Quanto hanno a che fare il tutto esaurito e i Rolling Stones con la morte di mio nonno? Ed anche con quella di 43 minatori per l’esplosione di un pozzo in Maremma nel 1954 quando Mick Jagger e Keith Richards avevano 11 anni? Quanto hanno a che fare il tutto esaurito e i Rolling Stones con la nascita di mia madre e quindi mia e – anche senza “quindi” – vostra? Quanto fanno senza avere? Quanto hanno senza fare? Il fatto che sia da solo – o quasi – a pormi simili domande garantisce sull’impossibilità di qualsivoglia risposta sia pure parziale. Rispondo col domandare. È quel che posso – per ora. !Cover !Già nei primi due album di cover nel 1964 e nel 1965 i Rolling Stones avevano esaurito ed erano esauriti e sfinivano ed erano sfiniti. Per cause ed effetti che vanno dal suono fino al business dell’intrattenimento. Già nei primi due album di cover. Nel 1964 e nel 1965. Prima ancora che facessero la loro prima e massima canzone anche in termini di tutto e di esaurito. (I Can’t Get No) Satisfaction. Perché?

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Prendiamo il primo album omonimo del 1964 e l’ultimo A Bigger Bang una quarantina d’anni ed una ventina d’album dopo. Nel primo nessuna canzone è composta dalla coppia Jagger/Richards. Nell’ultimo lo sono tutte. Ma l’effetto limitandoci all’analisi soggettivo-fenomenica del suono (ed ogni soggetto è intersoggettivo – o esprime giudizi intersoggettivi – perché appartenente alla specie umana) risulta grossomodo lo stesso ed è caratterizzabile come di tutto esaurito. Cerchiamo di giustificare questa caratterizzazione e poi giudichiamo se l’espressione – anche soltanto tramite un suono da musica popolare – del “tutto esaurito” sia sensata o meno. Abbia una logica sostenibile la quale ne possa essere la causa e/o l’effetto o meno. Un ulteriore giudizio poi riguarderà la società che all’espressione sonora del tutto esaurito quale quella dei Rolling Stones riserva – ponendosi come sua causa ed effetto – il massimo successo. O il massimo accadere – o essere. Siccome parliamo delle caratteristiche generali di un suono che per quanto veniamo motivando si mantiene piuttosto costante in mezzo secolo d’attività possiamo riferirci al primo come all’ultimo album dei Rolling Stones così come alla sola Satisfaction la quale compare nel terzo album. E possiamo indifferentemente riferirci a pezzi originali od a cover. Questo è dovuto anche al genere di musica che fanno i Rolling Stones. Si tratta di blues. E per quanto il blues possa ritmarsi generando rock e farsi mezzo di protesta sociale – anche se più spesso è confessione depressa o lamento di consorteria: onde su onde entro il mare dell’animo umano, come più o meno è stato detto … – esso deve restare, per essere blues, piuttosto semplice. Con quelle tre o quattro caratteristiche. Da variare ma non sconvolgere. Abbiamo già accennato di condurre un’analisi fenomenologica cioè limitata a ciò che risulta del suono ad un orecchio umano. Che è il mio –certo – ma che in quanto orecchio e umano può valere (si pensi all’impersonalità della sua strutturazione anatomica) in maniera piuttosto universale od interpersonale. Il “mio” dell’orecchio riguarda una specie con miliardi di rappresentanti – ed un’evoluzione con miliardi di specie (e miliardi di miliardi di individui) quali sue cause ed effetti diretti e/o indiretti. L’ineliminabilità dell’unicità del mio orecchio – o della sua originalità – va di pari passo con l’ineliminabilità dell’appartenenza ad una specie ed in ultima analisi all’universo. Rispetto al quale risulta quindi – il mio orecchio – una sorta di cover. E per questo può in qualche modo risultare. Perché gli risulta l’universo. Perché non può essere – il mio orecchio in quanto mio – totalmente irreale o falso o difuori dall’universo. In quel che dirò – in qual che chiunque dice – ci sarà tanta irrealtà e falsità

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ma non (mai) totale fuoriuscita dall’universo. Ed è per questo non fuoriuscire che vale la pena di essere letto – nel caso in cui non valesse la pena una lettura della dimensione originale o personale o non-universale del mio scritto (o di una considerazione altrettale del mio orecchio). !Piuttosto punk !I Rolling Stones suonano piuttosto punk nel 1964. A quell’epoca fanno punk ante litteram praticamente tutti i complessi inglesi che cercano di inserirsi nella musica popolare più moderna unendo la ferocia (giovanilistica e prontissima a svendersi al mercato) del rock ’n’ roll statunitense degli anni cinquanta con l’esistenzialismo viscerale – sia nel senso delle viscere dell’uomo che di quelle della terra – proprio del blues sviluppatosi anch’esso negli Stati Uniti (il rock ’n’ roll essendone notoriamente un derivato) ma risalente nei secoli a musiche popolari da un lato africane e dall’altro irlandesi o se si vuole addirittura celtiche. I Rolling Stones suonano punk nel 1964 nella misura in cui il blues è punk e più in generale nella misura in cui tutta la musica popolare – almeno da un certo punto di vista – lo è. Punk. Lo è punk tutta la musica popolare quando e dove si oppone alla cultura tecnica e alla tecnica culturale di volta in volta dominanti. E compie tale opposizione violentemente. Con violenza espressiva. Violenza che può consistere nell’intensificazione sonora – come già accade nel rhythm and blues inglese dei primi anni sessanta – la quale può arrivare sino alla negazione della (già di suo semplificata) grammatica della musica popolare – come accade nel punk propriamente detto di fine anni settanta – ma che può consistere pure – come accade nel blues acustico del Delta del Mississippi – in una sottrazione ai mimimi termini dell’espressività musicale fino a ridursi al grezzo di una voce analfabeta e di una corda di chitarra magari scordata e magari costruita artigianalmente con mezzi di fortuna (al di fuori di mercato industria e tecnica non intuitiva, o potremmo anche dire rousseauiana – anche se in Usa il riferimento più proprio per tutto ciò risulta come si dovrebbe sapere Thoreau). In questo senso di punk tra i Rolling Stones del 1964 – o addirittura i Beatles della cover di Twist & Shout, tacendo di Kinks Who ecc. – ed i Sex Pistols c’è una significativa continuità. Anche se i Sex Pistols e gli altri artefici della loro generazione portarono quello che abbiamo chiamato punk ad un livello a cui non era ancora giunto. Il livello della consapevolezza di sé. E lo fecero dopo l’acquisizione di categorie concettuali riconducibili a quella di nichilismo. Nichilismo – nel senso del

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biblico e leopardiano “vanitas vanitatum et omnia vanitas” – che segna anche rispetto alla dimensione del “tutto esaurito” la differenza tra l’embrionale punk dei Rolling Stones e quello maturo dei Sex Pistols. La ricerca del “tutto esaurito” e la considerazione che “tutto è vanità” non vanno d’accordo. Infatti per chi compie quella ricerca almeno il “tutto esaurito” non è una “vanità” ossia nulla. In caso contrario infatti non esisterebbe. E allora non varrebbe la pena ricercarlo e reiterarlo e manifestarlo per mezzo secolo come – secondo quanto veniamo sostenendo – hanno fatto i Rolling Stones. E infatti non c’è “tutto esaurito” nei Sex Pistols. Quella del punk non è tendenza all’esaurimento del tutto – né alla considerazione del concetto o dimensione del tutto – ma semmai, quand’è nichilista, al tutto come esaurimento: nel senso che ogni cosa che si fa, la si fa per esaurirsi in quello che si fa (cioè per non farla – cfr. la “vita al cinque per cento” di Montale – … e non nel senso che non vi siano altre cose o che si operi, volontariamente o colposamente, affinché non vi siano …). Verifichiamolo partendo dalla musica. Musicalmente il “tutto esaurito” nella prima raccolta dei Rolling Stones può essere rintracciato almeno in questi punti: 1) nel trattarsi per quanto riguarda le canzoni perlopiù di cover che come tali portano su di sé quella quantità spaziotemporale e fisica che è la storia; 2) nel trattarsi di interpretazioni (con una propria identità) di vecchie canzoni (con una propria identità): interpretazioni che vanno con il loro essere ad aggiungersi alla quantità o all’essere (agli esseri) di cui sopra; 3) nell’essere data tale identità – all’interpretazione dei Rolling Stones – da un lato da una tecnica che per quanto non artistica rasenta il massimo per la musica popolare (e anche questo quantitativamente va nella direzione del tutto esaurito) e dall’altro dai decibel e dal ritmo intensificati con conseguente aumento fisico di esaurimento del tutto; 4) inoltre si tende all’esaurimento del tutto – a differenza del punk – anche con il “cattolicesimo” o universalismo (mediocrità borghesia ipocrisia) di brani che avrebbero potuto raggiungere – ed in effetti hanno raggiunto – tutti e non solo adolescenti o nichilisti: questi brani infatti potevano essere recepiti dai vecchi (essendo brani vecchi) come dai giovani (essendo suonati in maniera nuova) e poi ancora dai primi – perché se violenti e duri per l’orecchio non lo erano tanto quanto poi lo saranno quelli dei Sex Pistols – e dai secondi – perché se datati nella composizione la realizzazione che ricevevano era al passo con le tecnologie di strumentazione elettrica ed amplificazione. Non è un caso che Jagger – a proposito di esaurimento del tutto o del raccogliere/scagliare tutto ciò che è possibile raccogliere/scagliare (bevi &

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vomiti – mentre per fare dell’arte ci vuole qualcosa di autentico ed oggettuale nel mezzo …) – sia stato in vita sua tanto idolo di teenager più o meno anticonformisti e teppisti quanto (dal 2003) “baronetto” (sir) della regina d’Inghilterra (la stessa a cui nel 1977 i Sex Pistols dedicarono il contro-inno God Save the Queen – secondo verso: “the fascist regime” – bandito dalla BBC). Mediocrità borghesia ipocrisia (potente, in tutto ciò, la componente psicologica dell’antropologia …) causa ed effetto del tutto esaurito. Mediocrità borghesia ipocrisia causa ed effetto del tutto esaurito dei Rolling Stones come – in ambito religioso – del cristianesimo in particolare cattolico (che d’universale non vanta nemmeno il sacerdozio). Una nota e lussuriosa/lussuosa canzone dei Rolling Stones – abbrivio dell’album del 1968, l’ultimo con Brian Jones, Beggars Banquet: il loro migliore nel senso di più estremo compatto potente – s’intitolava Sympathy for the Devil. Ma in quanto hanno a che fare con mediocrità borghesia ipocrisia e tutto esaurito i Rolling Stones sono più vicini a Cristo (“la prima rockstar” secondo Lennon – più bravo nelle battute che nelle canzoni) che a Satana. Diavolo e Male sono del resto parte integrante del Cristianesimo e più in generale – come Epicuro Sade Feuerbach Nietzsche ecc. hanno dimostrato – delle religioni. Che altrimenti – e al pari della dialettica hegeliana anche perciò religiosa o cristiana – non potrebbero mirare al tutto esaurito. !In che senso il suono !In che senso il suono o sound dei Rolling Stones tende al tutto esaurito? Nel senso su accennato in cui vi tende il blues in genere. Nel senso cioè della riduzione del complesso del mondo sonoro e non-sonoro ad un minimalismo così esasperato e sfiancante di bulimico onnivorismo da dare la sensazione di voler esaurire la trattazione (masticazione deglutizione digestione deiezione) del tutto o universo. Mentre però il blues acustico d’inizio novecento tendeva all’esaurimento come completamento della considerazione del tutto – il blues elettrico e il rhythm and blues di cui i Rolling Stones possono essere ritenuti i massimi rappresentanti – pare voler esaurire il tutto non soltanto per quanto concerne la sua descrizione ma anche la sua stessa materia o essere. Facendolo girare e rigirare – il tutto costituito da note strumenti voci e poi le cose loro causa ed effetto e il moltiplicarsi delle cose con il moltiplicarsi del successo – fino a gettarlo torrentiziamente nel torrente-universo a mo’ di olio esausto. Questo lo si vede fin dal moltiplicarsi degli strumenti – mentre il rock e la sua forma perciò più autentica che è il punk (propriamente detto)

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torneranno a diminuirli. Con chitarra basso e batteria che costituiscono la pozza dove sguazzano armonica cori e percussioni (e maracas sitar mellotron dulcimer marimba kazoo ecc. suonati fino al 1969 da Brian Jones, cui si deve non poco di una delle più caratteristiche modalità di tendere al tutto esaurito da parte dei Rolling Stones). Con chitarra basso e batteria che tendono a fare il verso ad armonica cori percussioni ecc. In particolare la chitarra di Richards corrispettivo del canto di Jagger nel rilasciare sensazioni di immani masticazioni deglutizioni digestioni deiezioni e insomma esaurimento del tutto esauribile. Senza però ingrassare di un solo etto. E sta qui, nell’apparente (fino all’ipocrisia della società dei consumi con le sue mode anoressiche: che poi non sono altro che un’applicazione di platonismo – l’Idea del Secco – cioè l’autodenuncia dei suoi tentativi di smaterializzazione …) scomparire dell’immane, l’esaurimento – il perseguirlo – del tutto. Lo squadrismo di basso e batteria – squadrismo che è anche quello del jazz rispetto agli scannatoi mega-blues di Richard e Jagger – costituisce invece una sorta di richiamo all’ordine o risparmio di qualche cosa: magari per poi consumarla al prossimo riff ma che intanto va risparmiata per poter procedere … I Rolling Stones rispetto al blues acustico non tendono maggiormente verso l’esaurimento del tutto – o il tutto dell’esaurimento – soltanto a causa di un più ampio impiego di strumenti. L’esasperazione del suono blues – soprattutto grazie alla studiata vessazione della sezione ritmica, da molti considerata la migliore della musica popolare; ma anche grazie alla rudezza minerale dei riff di Richards fatta di bradipismo e sferraglio e ai toni irriducibilmente impastati e appestati di gutturalità di Jagger; oltre che grazie alla onnipresente stratificazione sonora in variazione sul tema ed arrangiamenti sontuosi – avviene infatti in una maniera tale che: mentre sempre più materia sonora e non sonora (simbolica significante alfabetica ecc.) subisce l’inglobamento nel flusso sonoro, essa viene poi dall’invasamento in questo consunta sfiancata escoriata ed insomma distrutta o almeno dissolta. Perdendo – in polveri sottili – ogni altro valore e senso che non sia quello del consumo di sé entro violentemente inesauribili e inesauribilmente violente tracce di blues ritmico ed elettrico. Insistiamo sui famosi, tra la roccia e la fiumana passando per l’orgasmo, riff di Richards, ma limitandoci alla notazione di quelli della parte estrema, nel senso di dura o hard, del suo spettro: quelli che si incastonano su ed incastonano o crocifiggono ilarmente Jumpin’ Jack Flash (1968), Street Fighting Man (1968), Start Me Up (1981), One Hit (1986) e diversi momenti di un colpo di coda dell’irriducibilità più recidiva come A Bigger Bang. Si tratta di riff tanto cartavetra e cadavere da far risultare

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praticamente nulli quelli di gran parte del resto della musica popolare. Si prenda l’hit del 1981 e la si paragoni a quella dei Clash dell’anno dopo e da essa derivativa; rispetto al Richards di Start Me Up i riff di Should I Stay Or Should I Go, sebbene più famosi, risultano matericamente inconsistenti e spauriti (come tutte le popstar che, anche giovanissime e famosissime, si avvicendano nel palco degli Stones, fra poco ottuagenari, per un duetto …). Vengono esauriti dal tutto di Richards o sono un tutto esaurito dall’esaurimento di Richards; dimostrando quindi, se esauribili, di non essere un tutto; anzi, di non essere nemmeno tanto consistenti da reggere entro la musica popolare. Gran parte dell’effetto rollingstoniano di quasi inconfrontabilità – per il loro esaurire maggiormente il tutto espressivo ed in ultima e prima istanza il suono – con gli altri esecutori di musica pop lo si deve senz’altro alla sezione ritmica; tuttavia se ne riscontrano le radici più profonde nell’analisi del chitarrismo di Richards. Sebbene si siano considerati i riff più rocciosi di Richards, Richards non ricerca sistematicamente questi; ritiene, è come se, la roccia o violenza, qualche cosa di troppo poco: che va allargata, allagata, estremizzata, e come dissolta per eccesso di spoliazione del tessuto o terreno o mondo su cui pure si avventa o arrampica o di cui ha bisogno per grattarlo e graffiarlo. Da qui forse anche l’uso delle droghe di Richards. Ed un discorso simile si può fare per la voce e la figura di Jagger. Basterebbe considerare che nelle centinaia che hanno fatto sono relativamente poche le canzoni dei Rolling Stones dal riff davvero duro. E addirittura in occasione del riff più da tutto esaurimento della storia, quello di Satisfaction, Richards avrebbe voluto reincidere ancora la traccia con una sezione fiati … dal nostro punto di vista depotenziandola, ma dal suo, non rock bensì blues, ottenendo forse un maggiore effetto di tutto esaurito: allagando, contagiando, debordando di più (non a caso i brani composti e interpretati, anche alla voce, da Richards sono quelli, come in A Bigger Bang, più soft e tanto più perversi quanto più soft). Interessante sarebbe anche paragonare – in tema di tutto esaurito – Richards con Hendrix. Richards è anti-hendrixiano: come Watts è anti-Bonham, il batterista dei Led Zeppelin – con Hendrix che dedicandosi al virtuosismo, ingenuamente animale, risultava inesauriente o inesaustivo o non davvero esausto: così come o quanto lo risulta la tecnica senza il supporto, quale sua causa ed effetto, di un’ideologia della tecnica … Anche per quanto concerne la dimensione strettamente musicale, i maggiori epigoni dei Rolling Stones nella missione verso il tutto esaurito saranno forse considerabili gli AC/DC. Con i Led Zeppelin (e i Doors) – fra i pochi loro concorrenti in questa gara – che hanno avuto una storia più

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breve e venduto meno dischi: così da riuscire a masticare deglutire digerire defecare (intendendo tutte queste azioni anzitutto fisicamente e nei vari strati del fisico) meno quantità di mondo. Per quanto riguarda la musica di Michael Jackson, Mariah Carey o Backstreet Boys – che pure direttamente e indirettamente ha gravemente operato, a causa del suo successo planetario, per l’esaurimento fisico e culturale del tutto – la giudichiamo musicalmente, appunto, troppo irrilevante, anche entro l’infimo ambito del pop, per occuparcene ed attribuirle qualche intento come quello, che invece riteniamo i Rolling Stones esprimano o incarnino con la loro musica, della tensione all’esaurimento nientemeno che del tutto. !Prendiamo il primo album !Prendiamo il primo album omonimo del 1964 e l’ultimo – A Bigger Bang – e non troveremo una differenza se i Rolling Stones sono questo che stiamo descrivendo. Un tentativo di esaurire il tutto – sia nel senso appunto di esaurire il tutto sia in quello di rendere il tutto (ogni cosa) un esaurimento. La conferma ce l’abbiamo al di là della grammatica musicale anche in quella testuale. A Bigger Bang si intitola il loro ultimo album. Come a dire che quello che hanno tentato per l’intera carriera è stato di andare sempre illimitatamente oltre. Un po’ come nell’economia finanziaria e dei consumi. Un po’ come – anche e non a caso – nella mistica e logica medievale dell’Itinerarium mentis in Deum (con le connessioni para e con-causali che ciò ha con l’economia finanziaria e dei consumi successiva). E questo magari proprio mentre – nel tentativo di andare sempre oltre illimitatamente con il blues e il ritmo e la fagocitazione di tutto a forza di blues e ritmo – loro stessi criticavano la società dei consumi (e Dio). Dalla quale società (causa/effetto, fra le altre cose, del cristianesimo) venivano anche però ampiamente celebrati. E di nuovo non a caso. Se la società dei consumi (un po’ come la mistica e logica dell’Itinerarium mentis in Deum) ha come ideale il consumo illimitato e irriflessivo e irresponsabile. E se questa medesima forma mentis ce l’hanno i Rolling Stones tanto da costituire essa la forma del loro suono: o per meglio dire, suono della loro forma; se tutte le riduzioni sono riduzioni simboliche o tentativi – come quello di postulare un tutto e di postularne l’esaurimento – di smaterializzazione, di alienare l’uomo dalla materia e la materia dall’uomo.

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Ora, la tesi che veniamo sostenendo è che così come risulta assurda o illogica la concezione consumistica (e teologica) – lo stesso e per le stesse ragioni vale per il suono dei Rolling Stones. E ciò perché logicamente (con una logica rispettosa del fisico o materia) il tutto non è esauribile e l’esaurimento non è tutto. Ed il tutto stesso – al pari del nulla – non è.(Che è come dire che Dio non esiste.) Perché – fra l’altro: ed in questo altro sta la differenza e il divenire … – implicherebbe la dimensione antiecologica dell’Assoluto. A Bigger Bang. Dopo mezzo secolo di attività i Rolling Stones continuano a produrre fra i migliori lavori di musica popolare. Anche questo instancabile livello di produzione sfianca disarma scompagina appesantisce. Insomma tende al tutto esaurito. Ne è una componente. È una delle modalità essenziali con cui i Rolling Stones – e la nostra società dei record e dei guinness ecc. – tendono a ridurre il tutto alla loro irriducibilità. Che è poi quella – di cui anche loro sono un mezzo (o vittime) venendone ridotti – di ridurre il tutto (dopo aver ridotto la realtà a Tutto …). L’irriducibilità come riduzione di tutto ciò che è possibile ridurre al tutto esaurito. O l’esaurimento del tutto come irriducibilità incorreggibilità paradigma valore. Insomma la cupio dissolvi. O quel che Freud chiamava impulso di morte. O – anche – quel che i cosmologi chiamano morte termica dell’universo e i fisici entropia. Di Anatomia della distruttività umana parlava Erich Fromm nel 1973. In questo senso, una delle definizioni di uomo potrebbe essere: l’animale che fa estinguere tutti (o molti de)gli altri ed infine (o fin dall’inizio) se stesso. Angelo sterminatore – per dirla in linguaggio apocalittico. (Il problema è che l’uomo è anche angelo, mentre stermina …) Ontologizzando la questione potremmo parlare – noi – di (tentata) abolizione della differenza (o del differimento) mediante: a) credenza nell’esistenza del tutto (totalità, assoluto ecc.); b) riduzione del tutto alla moltiplicazione delle differenze irrilevanti o che non fanno una differenza (come le varie aziende rispetto al capitalismo o i Rolling Stones rispetto alla non-artisticità della musica popolare e tutte e due le cose – insieme alle religioni – rispetto al consumismo o mancanza d’ecologia). Intendendo con differenza – anche – l’irriducibilità o inevitabilità dell’esistenza e sussistenza (materiale) di qualcosa pur che sia indipendentemente da noi come da qualsiasi altra cosa. Indipendenza irriducibilità inevitabilità e materialità dai tre agenti su citati – capitalismo Rolling Stones religioni – non riconosciuta. Nell’automazione di questo non-riconoscimento, fra un imam che prega Allah e Keith Richards che accorda la Gibson non ci sono grandi o sostanziali differenze: di

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sostanzialità (entropia) in logica culturale e negli effetti ecologici delle loro azioni. Non ci sono grandi differenze: non c’è il porsi dalla parte dell’irriducibilità (e quindi differimento) della materia. Se “natura è tutto ciò che nel pianeta Terra non ha bisogno di noi e può esistere indipendentemente da noi” (E. O. Wilson), bisogna riconoscere che i riff di Richards non sono personali o soggettivi – o tendenzialmente umani – ma tendenzialmente indipendenti da noi, naturali: come una cateratta e al pari d’ogni musica, ed anche d’ogni idea (degna del nome) e forse d’opera o azione. Però – a differenza di natura ed arte o filosofia – i riff di Richards risultano culturalmente autoreferenziali; fondamentalmente rumore fine a se stesso; o più tecnologia che tecnica (qui sta anzi parte del loro interesse …). Ma se la tecnica può essere anche positiva od emancipativa – come accade all’arte e alla filosofia – la tecnologia, quando non subordinata alla tecnica nel senso indicato, risulta non-umana non perché naturale (e quindi possibilmente foriera, fra le altre cose, di altra umanità) ma perché, nella sua artificialità intesa come costrizione, risulta subumana. Da qui il senso – sesto ma fisicissimo senso – di vuoto o insensatezza o stupidità che – chiunque abbia fatto esperienza di musica artistica o di arte e filosofia in genere – perlopiù avverte dedicandosi a lungo (od anche solo un po’ nell’arco di una giornata) alla musica popolare. La secchezza dell’incartapecorito !La secchezza dell’incartapecorito mummificato di Jagger è proporzionale alla insaziabilità dell’espressione rhythm and blues nel tendere all’esaurimento del tutto. Stesso dicasi dei riff e delle droghe – oltreché del fisico – di Richards. Più si beve e più si risulta disidratati. Più si hanno soldi per comprare cibo e più si è secchi. Più si fanno riff e più se ne disfanno. Più si balla e più si sballa. Più si ascolta musica e più si diventa sordi. Più ci si droga e più non ci fa effetto. Tutto ciò viene trasmesso – tramite il veicolo Rolling Stones – a ripetizione a miliardi di persone: con video suoni testi, e per anni e anni. Ecco come di certe condizioni antropologiche – ancora da indagare nel loro significato ecologico – i Rolling Stones siano considerabili causa ed effetto. Il punk propriamente detto – sia come forme che come contenuti – tenta la rottura. Si prende un suo spaziotempo e poi lascia il campo. Il blues ed in particolare il blues del Rolling Stones – no. Può tentare l’esaurimento del tutto proprio perché tende a non rompere mai. Non si contrappone ma ingloba. Non è un colpo ma un’epidemia. Si assesta adatta striscia. E

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logorandosi non si logora ma logora. Perché è – o almeno cerca di essere per quello che può – logoramento. Ed il logoramento non si logora. Il logoramento non si logora? Finisse il mondo anche il logoramento si logorerebbe ed anche la fine ovviamente finirebbe. Ed è quello che succede o succederebbe nel caso del tutto esaurito come effettivo esaurimento del tutto. Distrutto – o ridotto, fatto blues, comprato, venduto, inquinato, compreso, citato, eccitato ecc. – letteralmente tutto né logoramento né altro ci sarebbe. Non ci sarebbe – senza il tutto o con il tutto – nemmeno il qualcosa dell’esaurimento. E se ci fosse perché si identifica ciò con il tutto allora l’esaurimento non avrebbe ricondotto il tutto a sé ma sarebbe stato ricondotto al tutto (o, per lui è lo stesso, a qualcosa) ed avrebbe fallito la propria mission impossible – per citare un altro esempio contemporaneo di “tutto esaurito” (ai vari livelli – dall’inquinamento al successo ai rapporti con il tutto e con l’esaurimento dell’inquinamento e del successo ed ai rapporti reciproci tra inquinamento e successo – il cinema in quanto tale e la saga filmica che porta questo titolo in particolare sostanziano fin troppo bene ciò che stiamo dicendo). Abbiamo scritto: “non ci sarebbe – senza il tutto o con il tutto – nemmeno il qualcosa dell’esaurimento”. Perché aggiungere “o con il tutto” rischiando di rendere illogico o difficilmente sostenibile un discorso che, indipendentemente dall’accettarlo o meno, sembrava in grado di conservare una sua coerenza? Perché se esistesse il tutto non potrebbe esistere il qualcosa e quindi nemmeno quel particolare qualcosa – se è un qualcosa – che è l’esaurimento? Perché se esistesse il tutto non potrebbe esistere il qualcosa? Se qualcosa non esistesse – se letteralmente ci fosse qualcosa, una qualsiasi, di non esistente (nemmeno nel senso dell’esistenza della non-esistenza) – il tutto non esisterebbe, non si sarebbe dato. Quindi non dovrebbero risultare incoerenze dalla coesistenza del tutto e del qualcosa. Anzi l’esistenza del tutto dovrebbe implicare anche l’esistenza del qualcosa perché se qualcosa può darsi senza tutto – tutto non può darsi senza (anche) qualcosa. Non solo: l’esistenza del tutto dovrebbe implicare pure la non-esistenza del qualcosa e con essa – la non esistenza oltre che esistenza – di ogni possibilità o contro-possibilità. Perché se esiste il tutto allora esso deve comprendere ogni contraddizione così come la propria negazione. Se esiste il tutto deve esistere anche il nulla. E deve esistere anche la non-esistenza del tutto. Non esistenza che sola – con il suo estremismo – garantirebbe quella assoluta del tutto. Ma è proprio la qualifica del tutto come assoluto che – trascendendo, lo abbiamo visto con Kant, il tutto come quantificazione o insieme (di tutte le cose) – impedisce (qui andiamo, con l’ecologia, oltre Kant) all’esaurimento di qualcosa di

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darsi in presenza del tutto o assoluto. Qualcosa ed esaurimento esistendo nell’assoluto del tutto – e solo nell’assoluto del tutto – non possono risultare qualcosa ed esaurimento. Risultano necessariamente (con necessità logica: l’assoluto facendo esplodere ogni logica ad esso esterna e ad esso non riconducente) manifestazioni del tutto come assoluto. Quindi non risultano. Quindi il qualcosa dell’esaurimento non ci sarebbe non solo senza il tutto ma nemmeno con il tutto. Quindi o si dà il tutto o si dà l’esaurito. Quindi il tentativo dei Rolling Stones – o dell’economia consumistica o delle religioni ed insomma della mancanza d’ecologia – d’esaurire il tutto non potrebbe darsi a priori. Consideriamo questa soltanto una prima disamina od ipotesi argomentativa. Rientreremo in merito della questione approcciandola via via da più parti. E senza troppo distinguere – dopo Nietzsche o Dewey e piuttosto in accordo con il continuum materialistico che darwinianamente si chiama gradualismo – prassi e teoria o concreto ed astratto. Proviamo a considerare !Proviamo a considerare la categoria di “tutto esaurito” addirittura come la forma principale del potere nell’epoca industriale e consumistica. Bastano rilievi random per convincerci – se mai ce ne fosse bisogno – che almeno a livello di generazione simbolica la nostra società persegue ovunque il “massimo”, il “record”, il “n. 1”. La categoria di “tutto esaurito” si accompagna alle ultime citate ma vale come qualcosa in più. Come la loro sintesi o il loro punto di arrivo/partenza (Platone, Medioevo, Modernità, Romanticismo: Idea, Dio, Scienza, Assoluto …). Ed ancora come la loro principale causa ed effetto. Lo sportivo n. 1 grazie al record che ha raggiunto con il massimo di sacrificio allenamento tecnica predisposizione ecc. fa o è chiamato per fare il “tutto esaurito” in tv o negli scaffali dove si vendono i prodotti che pubblicizza – viceversa però è a causa del fatto che ci sono tv e mercato ed il “tutto esaurito” è apprezzato in questi settori che lo sport ricerca n. 1, record, massimi. Se si obietta che ciò accadeva anche ai tempi dell’Iliade e si menziona l’episodio dei “Giochi funebri in onore di Patroclo” organizzati da Achille, accettiamo l’obiezione. 1) In tutte le scuole si ripete che le nostre radici stanno in testi classici tipo l’Iliade, i quali proprio perché ci prefigurano vanno considerati come classici. 2) I partecipanti ai “Giochi funebri in onore di Patroclo” non erano tuttavia sportivi professionisti e forse nemmeno soldati professionisti; ma l’una e l’altra cosa la facevano in termini che in una società pienamente da “tutto esaurito” – dove cioè ad esempio si persegue il “massimo” della tecnica

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militare – considereremmo amatoriali. Certo, gli Antichi ci hanno immesso nella strada del “tutto esaurito” – a partire dall’antropocentrismo e riduzionismo simbolico (l’onore, la religione ecc.) causa di quella cultura antiecologica senza la quale non vi sarebbe perseguimento del “tutto esaurito” – ma siamo stati noi Moderni ad esaurirla (tendere a) del tutto o almeno fin dove si è potuto. Proviamo a considerare la categoria di “tutto esaurito” come la forma addirittura principale del potere nell’epoca industriale e consumistica – dicevamo. Potere, da noi, può chi tendenzialmente esaurisce tutto a causa della considerazione e trattazione del tutto come esaurimento o cosa da esaurire; dove con esaurire s’intende lato sensu il massimo, il record, il n. 1 valevole dallo sport all’incremento della popolazione al numero di ore lavorative al numero di barili di petrolio estratti, alla percentuale di successo di una previsione scientifica. (Si noti come la tendenziale riduzione al “tutto esaurito” – siccome di per sé quantificabile addirittura numericamente – sia una tendenziale riduzione alla quantità discreta; con la qualità ridotta a tradurre in ordinali numeri cardinali: ma sempre di numeri – e degli stessi – si tratta. Si noti anche come questa riduzione dipenda o possa dipendere da quella su menzionata – e che da Parmenide o Platone giunge alla categoria di Crescita della nostra economia, passando dal Dio medievale – dell’Assoluto: la qualificazione ultima come giustificazione unica o principale dell’incremento quantitativo). I Rolling Stones hanno contribuito a questo stato di cose non solo perché ne sono l’effetto. Ma anche a livello di causa. Il barocchismo del loro blues indicando – più che una dimensione oceanica onnicomprensiva: e al pari del Barocco seicentesco (potremmo citare anche García Márquez, se dietro di lui non ci fosse Voltaire …) – la famelicità di chi non si accontenta mai se non incrementando indefinitamente l’incremento (in un’abbuffata che è e sarà tanto più abbuffata quanto meno fa e farà ingrassare: cosa possibile soltanto simbolicamente o in una cultura del simbolo …). Con l’unica o principale varietà e differenza che consistenze soltanto in questo aumento. Che è quantitativo – la quantità delle ripetizioni – e lo è unicamente in questo senso (falso perché non occupandosi materialisticamente della quantità la rinvia all’Assoluto del Tutto). Prova ne sia la voluta staticità – nonostante i tanti generi musicali attraversati – del suono dei Rolling Stones in mezzo secolo di carriera; nonché il suo indugiare, implodere, rigirarsi su di sé in ogni strofa di ogni canzone (in ogni nota, potremmo dire). Ma procediamo con il considerare le domande che implicitamente o esplicitamente ci siamo posti. Senza pretendere di rispondere ad esse in

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maniera del tutto esauriente (parte del domandare riguarda infatti pure una simile pretesa …) né che esse siano del tutto esaurienti come domande (parte del domandare riguarda). Altrimenti supereremmo i Rolling Stones nel tutto dell’esaurimento e nell’esaurimento del tutto. E magari qualcuno un giorno (non un bel giorno) li supererà … !1. Quanto hanno a che fare il tutto esaurito e i Rolling Stones con la morte di mio nonno? !Non è stato ancora costruito un calcolatore né sviluppata una matematica in grado di rispondere a questa domanda. Che non è una domanda surrealistica. Bensì ecologica. Se appare surrealistica appare surrealistica perché viviamo in una cultura che considera incredibile la logica ecologica (da cui una matematica un’economia ed un’etica conseguenti) non meno di quanto gli abitanti del Nuovo Mondo considerassero incredibili quelli del Vecchio e quelli del Vecchio quelli del Nuovo. Tanto da negarsi a vicenda lo statuto di uomini. Per gli amerindi gli europei erano dèi. Per gli europei gli amerindi erano bestie. Se riuscissi a rispondere ad una domanda del genere – proprio per quanto riguarda i suoi aspetti quantitativi – avrei diritto a svariati premi Nobel. Dalla medicina all’economia passando per la fisica e la chimica. Anzi avrei diritto a tutti i premi Nobel – tranne forse a quello per la letteratura – in quanto simili capacità di quantificazione potrebbero essere utilizzate come mezzo indispensabile alla pace universale non solo tra gli uomini ma anche tra gli uomini e le altre entità viventi e non. C’è chi sta facendo dei passi in questa direzione – per poter rispondere un giorno ad una domanda che oggi ci sembra assurda. Ad esempio Mathis Wackernagel con il suo indicatore tutto quantitativo – o a quantità (non la falsa economica e talora anche matematica che, risolvendosi in qualità, mira all’Assoluto – e di cui abbiamo detto …) riconducibile – di “impronta ecologica”. Ma potrei anche citare l’“ecofisica” di Luigi Sertorio oppure la “bioeconomia” di Nicholas Georgescu-Roegen o l’“ipotesi Gaia” di James Lovelock. E – a livello di integrazione – la “sociobiologia” Edward Osborne Wilson o il concetto di “meme” di Richard Dawkins magari passando per la cosiddetta “neuroetica”. Tuttavia – anche se non posso dire esattamente quanto – qualcosa hanno a che fare il concetto di “tutto esaurito” – proprio, inconsciamente o no, della nostra civilizzazione – e – di esso causa ed effetto – i Rolling Stones, con la morte di mio nonno; perché hanno a che fare con la sua nascita ed

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insomma con la sua vita. In miniera, nel consumismo, nell’ignoranza (ecologica: propria anche alla maggioranza del professori) ecc. Il fatto che non possiamo rispondere a certe domande – o che non possiamo rispondere con la dovuta precisione – non è un motivo valido per cessare di porsele. Facendolo ci allontaniamo sempre di più dalla risposta che invece – se rinvenibile – è rinvenibile soltanto tornando e ritornando sulla questione che interessa. Finora il mondo (o l’uomo) è stato ingiusto proprio perché ha ritenuto assurde domande del genere – senza accorgersi che l’assurdità stava nel ritenere assurde domande del genere e nel non ricercare risposte quantitative. Dove per quantità s’intende una quantità unica (così riduciamo la qualità a quantità) dosata però in quantitativi, appunto, o proporzioni o percentuali differenti. Iniziando a porci domande del genere, per quanto si sia lontani da una risposta, iniziamo ad immettere un po’ di giustizia nel mondo (o nell’uomo). !2. Ed anche con quella di 43 minatori per l’esplosione d’un pozzo in Maremma nel 1954 quando Mick Jagger e Keith Richards avevano 11 anni? !Approcciamo la questione stringendo sulla musica dei Rolling Stones e allargando nella disanima storica. Partiamo da un quadretto pseudo storico come questo: 28 maggio del 1291, giorno finale d’assedio di San Giovanni d’Acri (dal 1948 nello Stato d’Israele), estremo baluardo crociato: i musulmani riconquistano la città ai cristiani. L’ultimo templare con le budella di fuori e la faccia che gli si muove pazzamente fra la polvere ed il sole accecante, subisce gli sberleffi d’una giovane d’Acri che durante gli ultimi tempi della secolare occupazione cristiana è stata costretta a prostituirsi; poche ore dopo, la giovane verrà violentata a morte dai mamelucchi che compirono talmente tante distruzioni da rendere la capitale del Regno Crociato di Gerusalemme (all’epoca così la considerava Giovanni Villani: “la città di Acri porto d’ogni mercantantia sì del Levante come del Ponente; e di tute le generazioni del mondo v’usavano per fare mercantantia, e turcimanni v’avea di tutte le lingue del mondo, si ch’ella era quasi com’uno alimento al mondo”) pressoché disabitata fino al Settecento. Non si sa se la giovane sia stata cristiana o musulmana. A questa scena – a questo milieu – sovrapponeteci per es. il singolo rollingstoniano del 2005 Streets of Love (noto in Italia per la pubblicità della Vodafone). Che effetto fa? Che effetto fa San Giovanni d’Acri ecc. su Streets of Love e Streets of Love su San Giovanni d’Acri ecc.? In quanti

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filosofi si sono posti domande del genere? Quanti (pochi) filosofi ecologi ci sono stati se (troppi) pochi filosofi si sono posti domande del genere? Hermann Schmitz, nella sua Nuova Fenomenologia (2009), sostiene che la domanda centrale della filosofia – e insomma dell’uomo – sia: “che cosa devo ammettere?”; e che la risposta grossomodo sia: “l’evidenza dell’attimo”. Dove, rispetto alla quale, “il progresso consiste nell’osservare con sempre maggiore precisione ciò che è evidente” tramite “perfezionamento dell’attenzione” e “ampliamento dell’orizzonte”. In altri termini: “La revisione fenomenologia aiuta ad avvicinarsi con cautela all’esperienza vitale involontaria, cioè a ciò che agli uomini palesemente capita, anche se non l’hanno intenzionalmente progettato. L’istanza ultima a cui richiamarsi per ogni giustificazione delle affermazioni è l’esperienza vitale involontaria, fondandosi ogni altra giustificazione su una costruzione che, se si vuole, si può anche mettere in dubbio”. “Esperienza vitale involontaria” vs. “costruzione”. Accogliamo, per un momento, queste categorizzazioni. Da che parte sta San Giovanni d’Acri (l’episodio storico di)? Da che parte sta Streets of Love? Da che parte sta mio nonno? Da che parte bisogna stare? Da che parte si può stare? Se si giunge a quella che Schmitz chiama “esperienza vitale involontaria” tramite la domanda – neosocratica – “che cosa devo ammettere?”, Streets of Love si pone questa domanda? può porsela? E San Giovanni d’Acri (l’episodio storico di)? E mio nonno (o la miniera)? Se non se la pongono – se neanche possono – stanno per forza, fatta salva l’alternativa di Schmitz, dalla parte della “costruzione”. Stanno dalla stessa parte. La parte della “costruzione”; “costruzione” di che? Costruzione della distruzione, diciamo noi – andando ecologicamente oltre Schmitz e passando dalla dimensione ontologica e gnoseologica a quella politica. Costruzione della distruzione di non – schmitzianamente – “perfezionamento dell’attenzione” e di non “ampliamento dell’orizzonte”; e non “perfezionamento dell’attenzione” e non “ampliamento dell’orizzonte” nel senso (propriamente ecologico) di non considerazione, al maggior numero di livelli possibile, delle cause e degli effetti delle nostre azioni. Considerazione – magari entropicamente quantificabile – senza la quale alla domanda “che cosa devo ammettere?” risulta di fatto insignificante rispondere “l’evidenza dell’attimo” (categoria difficilmente impiegabile in ambito politico/educativo). Mio nonno (o la miniera), Streets of Love e San Giovanni d’Acri (l’episodio storico di) stanno in relazione causa/effetto nella misura in cui stanno dalla parte della “costruzione” come distruzione – schmitzianamente – della possibilità – culturale e fisica – di domandarsi

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“che cosa devo ammettere?” o, più ecologicamente e meno socraticamente (con quel tanto di platonismo che c’è in Socrate), quali sono le cause e quali gli effetti delle nostre azioni (fra cui naturalmente – da Socrate a Wittgenstein passando per Gentile si può ben usare quest’avverbio – il pensare)? L’esplosione d’un pozzo in Maremma nel 1954 ed il 1291 di San Giovanni d’Acri vanno messi in relazione non solo perché oggi Acri è sede d’industrie siderurgiche, chimiche e del vetro. Ma perché nella situazione – e da qui l’esplosione e da qui la violenza – “pozzo in Maremma nel 1954” e “San Giovanni d’Acri 1291” non c’era, diciamo così, possibilità di Socrate; non c’era – a causa della “costruzione” della situazione-pozzo e della situazione-Acri: di per sé distruttive più d’esplosioni e violenze – possibilità di domandarsi “che cosa devo ammettere?” o d’indagare cause ed effetti (di considerare la materia); indagine unicamente dopo la quale ha senso il triplice, inflazionato (ed altrimenti antiecologico) interrogativo kantiano: cosa posso sapere? cosa devo fare? cosa posso sperare? L’esplosione d’un pozzo in Maremma nel 1954 ed il 1291 di San Giovanni d’Acri – passando per Streets of Love – sono più vicini agli interrogativi kantiani che al “che cosa devo ammettere?” (se ecologicamente o materialisticamente/antisocraticamente corretto); nella misura in cui Kant dissolve la materia fisica riconducendola a dimensione disciplinare (la scienza fisica, Newton). È perché non si è considerata materialisticamente la materia che c’è stata, prima ancora che l’esplosione, la costruzione (di per sé distruttiva) del pozzo in Maremma; o anche di Acri (la cui costruzione, in mancanza di considerazione materialistica della materia, era già distruzione, assedio). Streets of Love non fa niente – non può il pop – per invertire questo stato di cose (o l’antimaterialismo). 43 cadaveri di minatori: ci diffondi sopra le note di Streets of Love e 43 cadaveri di minatori per sempre resteranno, nell’ambiente: senza una modificazione tale di questi – del loro ambiente cadaverico – da evitare nel futuro ulteriori cadaveri del genere. (Pop = alcol o droga: tutte cose che sostengono il presente nella misura in cui, dipendesse da loro, il futuro risulta insostenibile; e sostengono il presente proprio con questa insostenibilità; quindi il loro sostenere è falso o inconsapevole e irresponsabile.) 43 cadaveri di minatori: ci diffondi sopra note di musica classica. 43 cadaveri di minatori resteranno ma l’ambiente non sarà – non per forza – cadaverico; infatti, l’intelligenza smossa o resa disponibile dalla musica classica (da ciò che ha i requisiti per essere arte) fornisce la possibilità od anche la strumentazione o anche la tecnica o anche “perfezionamento dell’attenzione” e “ampliamento dell’orizzonte” per,

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eventualmente, realizzare (in onto-gnoseologia e politica) ecologia. Il fatto che per millenni si sia fatta – anche in contemporanea ai pozzi in Maremma e ad Acri – arte e filosofia eppure non ecologia non dimostra che il livello artistico-filosofico (e scientifico) non sia la condizione necessaria (anche se magari non sufficiente) per essa; né che tale possano considerarsi Streets of Love o San Giovanni d’Acri o mio nonno (a prescindere dal fatto che loro concausa possano reputarsi un’arte, una filosofia ed una scienza non ecologiche). !3. Quanto hanno a che fare il tutto esaurito e i Rolling Stones con la nascita di mia madre e quindi mia e quindi vostra? Ciò basta per il “tutto esaurito”? !La tendenza del tutto esaurito – al pari di quella dell’inquinamento o della distruzione – tende all’esaurimento o diminuzione delle possibilità effettive (con già la concezione del Tutto che è un esaurimento – o diminuzione delle possibilità – di per sé). Vediamolo nella musica popolare di cui le canzoni dei Rolling Stones sono piuttosto unanimemente fra gli esempi più significativi del Novecento. La musica popolare – Sweet Virginia, Sweet Black Angel, Tumbling Dice, Loving Cup, Let It Loose: country, folk caraibico, boogie-woogie, gospel – si differenzia per un lato da un suono non musicale o rumore e per l’altro da un suono artistico o strettamente musicale proprio perché tende all’esaurimento del tutto come riduzione massima delle possibilità. L’inquinamento – il venir meno diretto o indiretto della biodiversità – è – al pari di politiche ed educazioni dittatoriali-conformistiche – una riduzione del numero delle possibilità. Una canzone pop fa lo stesso rispetto al suono. Il rumore no e nemmeno la musica artistica o cosiddetta classica. Il rumore è la base della possibilità. La musica artistica o musica nel senso precipuo del termine è l’apertura massima o tendenzialmente massima ed infinita delle possibilità (l’infinito come non-assoluto ed indefinitezza è irriducibilità come negazione del Tutto e definizione più o meno digitale o HD). Possibilità del suono come ispirazione – a partire da quelli scelti e proposti dalla musica in questione – ad ulteriori nuovi tendenzialmente infiniti suoni. Possibilità tendenzialmente infinite poi di interpretazione di quei suoni: e creazione a partire da essi di altro, anche rispetto al suono, come possono essere poesie pitture ecc. La musica popolare invece prende il peggio del rumore e della musica impedendo un regresso al primo ed uno sviluppo alla seconda a causa della sua tendenza all’esaurimento del tutto cioè delle possibilità – in questo caso espressive ed interpretative ma anche fisiche: siccome tutto ciò

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che esiste è fisico ed espressioni ed interpretazioni musicali o non esistono o sono fisico. Prendiamo il fenomeno comune per cui, come si dice, i refrain i ritornelli i riff i motivi delle canzonette “restano in testa”. Il loro “restare in testa” o la loro facile e addirittura inevitabile e contagiosa (nonché piuttosto casuale ed estemporanea o accidentale) memorizzabilità – è viziosa e non virtuosa cioè impaccia e non agevola l’incremento di possibilità musicali e non: a causa (causa simile a quella cui si deve la non-artisticità e negatività culturale ed ecologica del cinema) del suo esigere in maniera da “tutto esaurito” un’attenzione o asservimento psicofisico pressoché totale. Refrain ritornelli riff motivi sono propri anche della musica-musica. E ti restano in testa e li memorizzi. Però in questo caso ti allargano o incrementano le possibilità. Provocano sviluppo. Non foss’altro perché a causa della loro complessità o (bio)diversità richiedono tempo e fatica ed intelligenza e sensibilità per venire ascoltati assimilati memorizzati interpretati. Molto più tempo e fatica ecc. delle canzonette. Non soltanto per motivi empirici ma anche a priori o in linea di principio. Altrimenti non si darebbe differenza tra alto e basso o tra classica e pop. E a chi obiettasse – andava di moda: si chiamava “postmoderno” – che non si dà differenza potremmo invece fargli rilevare come differenza si dia non foss’altro conteggiando: il numero dei fruitori dell’una e dell’altra – il numero delle ore necessarie per avere accesso cognitivo/emotivo all’una ed all’altra – il numero delle ore necessarie per avere possibilità espressive nell’una e nell’altra – il numero di interpretazioni che come effetto possono essere fatte scaturire dall’una e dall’altra. L’eventuale correlazione tra l’incremento tendenzialmente infinito di possibilità effetto dell’arte della musica (classica) e il concetto e prassi di Crescita dell’ancora imperante economia dei consumi – sarebbe un madornale errore. È semmai la tendenza al tutto esaurito insita nelle composizioni ed esecuzioni della musica popolare a doversi accostare alla Crescita – coincidente infatti con il decremento del numero delle possibilità biofisiche e culturali (dall’inquinamento al crollo della biodiversità al conformismo della società di massa e di mercato). Infatti per il solo fatto che l’arte è per defezione incremento di possibilità nei sensi disopra richiamati – essa non può vedersi ricondotta alla Crescita consumistica che si presenta e realizza e sostanzia con (ripetiamo) decremento del numero delle possibilità biofisiche e culturali (dall’inquinamento al crollo della biodiversità al conformismo della società di massa e di mercato). Se fosse dato più potere sociale all’arte – per ciò stesso la Crescita e il Consumismo e il Capitalismo

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scomparirebbero. Non assolutamente ma dalla loro configurazione assolutistica come l’abbiamo oramai da secoli. Sarebbero – al massimo – dei modelli e/o pratiche fra le tante. Anche se non tenuti in grande considerazione proprio perché – ed in quanto tali – antiartistici ossia detrattori di possibilità o – nella caratterizzazione e vocabolario che qui abbiamo proposto – tendenti al tutto esaurito. Con ovviamente l’ulteriore contraddizione – oltre quella inerente al fallimento della cultura popolare come controcultura o contro-la-cultura-dominante: della quale invece, come si sa, spesso finisce per essere ipocritamente massima espressione – per cui la tendenza volontaria/involontaria consapevole/inconsapevole al tutto esaurito dei Rolling Stones e del Consumismo ecc. si autodistrugge a priori perché a priori incapace di esaurire il tutto. Quel tutto che – diciamo così – distrugge prima ancora di esaurirlo. Il pop non esaurisce le possibilità della musica perché le distrugge a priori impedendone lo sviluppo o estrinsecazione. Il Consumismo non esaurisce le possibilità della biodiversità e delle culture perché le distrugge prima ancora di farle proprie o di farle essere quello che sarebbero potute divenire se esso non avesse imposto loro il suo potere distruttivo. Nella misura in cui tende al tutto esaurito – a ricondurre tutto a sé e ad esaurire del tutto o completamente le possibilità del tutto – il Consumismo si fa sfuggire il tutto e rimane alla fine solo con se stesso. Proprio come il consumista medio. Proprio come – e fisicamente anzitutto – una canzone dei Rolling Stones. La quale tende al tutto esaurito – cioè ad imporsi assolutisticamente – eliminando da un lato il silenzio e dall’altro le possibilità di musiche con apprezzabili incrementi di differenziazione. Ma facendo ciò riduce il tutto a qualcosa. Defrauda il tutto del tutto stesso. Esaurisce sì ma esaurisce ben poco – tutto il resto non avendolo esaurito ma distrutto o eliminato o ignorato o impedito. In questa maniera il tutto esaurito si rivela uno sterile esaurimento di sé. L’esaurimento del consumismo e della musica popolare – o del cinema – è dunque tutt’altro che esauriente … !4. Basta per il tutto? !A questa domanda abbiamo già risposto di no. L’esaurimento del consumismo e della musica popolare – o del cinema – è tutt’altro che esauriente … Il mondo consumistico – cioè il potere vigente, con relativa vigilanza del potere – vuole (se vuole) che ci riempiamo la testa di canzonette per impedirci di pensare. Di pensare – progettare – un’alternativa al mondo

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consumistico – cioè al potere vigente e vigilante. Lo facevano anche il feudalesimo con cristianesimo e il cristianesimo con i suoi dogmi e i dogmi con il cristianesimo ecc. E l’importanza di quello che ho detto – altrimenti considerabile un’inefficace risaputo – non è moralistica (benché morale, come conseguenza, sì eccome) ma letterale o fisico-materialistica. Quella della “testa (della testa che dà sugli orecchi) piena di canzonette” – o, potendo e dovendo dire lo stesso dell’audiovisivo: gli occhi (il cervello che dà sugli occhi) pieni d’immagini – è una condizione fisico-materialistica e come tale va anzitutto considerata. Facendo un’ecologia degli spazi pubblici e privati – degli usi e costumi – per cui abbiamo dappertutto canzonette registrate e ripetute (e poi ci si meraviglia se abituati come siamo alla ripetizione fino all’ossessione – e al riconoscimento dell’identico e nell’identico – e alla fissazione: si votano i soliti politici con carriere lunghe quanto e più dei re e i papi e i faraoni e gli imperatori di un tempo …). Facendo una diagnosi ecologica dell’impatto del suono non-artistico sull’orecchio – dell’impatto dell’immagine non-artistica sull’occhio – non meraviglierebbe un quadro del genere (come del resto da alcuni studi sembra di già emergere). La canzonetta è cancerogena per il cervello – impedendogli lo sviluppo dell’intelligenza. Uccide i neuroni. Riempie il cerebro di spazzatura. Come il cinema (fa con) gli occhi. Molto meglio il silenzio o il non-immagine-artificiale. Molto meglio il silenzio o il non-immagine-artificiale – in mancanza di arte (musica classica per gli orecchi, pittura per gli occhi). Dobbiamo liberarci dalla musica popolare non meno di quanto ci si debba liberare dall’utilizzo dei combustibili fossili e dalla giornata lavorativa di otto ore. Laddove tutte queste cose si tengono e tengono su il sistema di potere consumistico (consumo anzitutto di menti impossibilitate a pensare ecologicamente). Basterebbe forse attaccarlo da una parte e andare fino in fondo – per farlo saltare. Basterebbe forse fare una legge che obbligasse pubblico e privato a non lavorare per più di quattro ore al giorno – per non avere più pozzi di petrolio e pascià e canzonette alla radio e alla stazione e ai funerali e nei bar ecc. Basterebbe forse togliere le canzonette per togliere di mezzo la Cina o l’America (intendendo con Cina ed America non Cina ed America e cinesi ed americani ma l’iperconsumismo imperialistico ecc.) … e ridare fiato al Tibet ed a Cuba. Intendendo per Tibet e Cuba non il Tibet e Cuba ma un’alternativa alla Coca-Cola e a Santa Claus o Gesù … !!

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5. Basta per l’esaurito? !Mio nonno in quanto minatore esauriva – o tendeva volente/nolente e consapevole o meno – all’esaurimento dei minerali sotterranei. E – esaurimento nell’esaurimento – dell’acqua pulita dei fiumi. E delle colline (sventrandole). E dei boschi (per far posto agli scavi – per dare energia e strumenti agli scavi). Per non dire dell’inquinamento causato dall’industria chimica basata sulla pirite. A partire dai fertilizzanti azotati fosfatici anticrittogamici. I campi, da un lato, sono stati abbandonati dai contadini (che nell’epoca del blues del Delta non facevano blues, pur vivendo in condizioni non troppo dissimili da quelle dei braccianti neri in condizione di semi-schiavitù …) costretti a divenire minatori. Dall’altro – doppio esaurimento – sono stati coltivati – quando e dove si è voluto coltivarli – a forza di fertilizzanti. In cambio di questo suo contributo all’esaurimento mio nonno riceveva dei soldi. I soldi nell’economia di consumo – nonché di per sé in quanto simboli – servono per esaurire le risorse finite della Terra e i lavoratori pagati a causa del loro prestarsi all’esaurimento delle risorse della Terra e con l ’e ffe t to ( i l pagamento appunto) d i esaur i r la anche extralavorativamente consumando o partecipando alla logica – illogica perché tutta in perdita – dell’economia dei consumi. Infine mio nonno consumava perché senza educazione per opporsi in un senso o in un altro al consumo da lui prodotto sia lavorando sia non lavorando. Il tutto esaurito dei Rolling Stones – e dell’espressività popolare in genere – esplicita questo processo o circolo vizioso che va dalla miniera a mio nonno passando per il bar o circolo del dopolavoro. Dove però – per motivi quantitativi – mio nonno – come me e voi se non siete i Rolling Stones – esauriva un tot infinitamente inferiore rispetto ad una multinazionale (quella di mio nonno era la Montedison: l’ultimo album di Neil Young s’intitola Monsanto Years …) o ai Rolling Stones o ad una cattiva Riforma della scuola o ad una cattiva Riforma del lavoro o alla Pubblicità o ad una guerra o alle banche o papa o al Pop in genere ecc. Questa cose che dico, mio nonno non le concepiva. Come non le concepiscono i fan delle popstar o i semplici – e loro malgrado – consumatori di musica pop o di carne. Ma un omicidio colposo non è – per chi muore in quanto muore – meno omicidio di uno doloso. Le estrazioni minerarie c’erano anche ai tempi degli etruschi e dei romani. Vennero perfezionate però soltanto nel Medioevo. Per questo aspetto, dunque, tutt’altro che un’epoca premoderna – quella in cui non a caso furono inventate le banche e i finanziamenti (cioè quell’economia

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smaterializzata, principale artefice del tentativo del tutto esaurito): ma in grado di fornire un contributo al tutto esaurito dei Rolling Stones, il Medioevo; il Medioevo di Dio/Assoluto. Tutto esaurito rispetto al quale bisogna ancora adeguatamente capire e quantificare la prossimità fra Dante – con il suo simbolismo smaterializzante – mio nonno – con la sua coatta e tragica ignoranza – e Mick Jagger. Attenzione però. Quando parlo di “ignoranza di mio nonno” non voglio offendere la sua memoria. Voglio constatare. E potrei, anzi dovrei, associarci l’ignoranza – questa volta non colposa ma colpevole – degli attuali politici che dall’ultimo consigliere comunale al Presidente della Repubblica parlano ancora in Europa e nel Mondo della Crescita (dei consumi) come scopo della politica e cioè dell’uomo civile. (L’esaurimento di una cultura ecologica si è spinto tanto oltre che nel 1956 gli scrittori Bianciardi e Cassola – per altri aspetti così critici dell’economia consumistica – pubblicando l’inchiesta di denuncia filantropica I minatori della Maremma si lamentavano del fatto che – nonostante l’Italia con la Maremma toscana fosse tra i primi produttori europei di pirite – “la nostra agricoltura non ha i fertilizzanti di cui avrebbe bisogno”!) Mio nonno esauriva e consumava perché estraeva pirite e vittima di una cultura senza ecologia la riproduceva. I Rolling Stones oltre ad essere materialmente possibili grazie a questo livello d’esaurimento del tutto – un tutto geologico ed un tutto culturale – ne amplificano sia materialmente che culturalmente gli esiti. Il loro anticonformismo – in quanto non s’oppone alla mancanza d’ecologia – o è massimamente impotente o è massimamente ipocrita. !6. E poi il tutto fa esaurire? !I due concetti fondamentali: differenza e disuguaglianza. Aumentare le differenze – ridurre le disuguaglianze. Ridurre le disuguaglianze per aumentare le differenze e viceversa. Il tutto – il concetto di tutto e la prassi della sua ricerca, tipo quella del Santo Graal, nonché l’architettura societaria, sul tutto come Assoluto modellata – aumenta le disuguaglianze e diminuisce le differenze. Ogni diminuzione di differenza è aumento di disuguaglianza di per sé. Perché è costituzione di paradigmi cui ci si deve adeguare pena l’esclusione o minorità. Perché l’adeguazione è gara e nella gara c’è chi vince e chi perde e ci sono le graduatorie. Il tutto – come Assoluto declinato in Dio, palmares, successo, espressioni non artistiche quali musica pop e cinema – esaurisce e non esaurisce. Od

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esaurisce perché non esaurisce. O esaurisce in un senso e non nell’altro. Il tutto – come Assoluto: o, nell’economia consumistica, come dequantificazione di una ipostatizzata qualità, a forza di quantificazioni occasionali/convenzionali – esaurisce negativamente nel senso che è d’impedimento fisico perché culturale (e viceversa) all’esaurimento positivo (che potremmo anche intendere, per usare un altro termine altrimenti negativo, crescita positiva: la quale sta alla crescita dei consumi come la negentropia all’entropia) delle possibilità: fisiche perché culturali e viceversa. Questo tutto fa esaurire in questo senso (nel senso, e così si capisce in profondità anche il detto, che time is money). Per quanto – proprio nell’accezione quantitativa del termine – è possibile esaurire. Un’altro tutto – un’altra concezione del tutto: se ad essa volessimo e considerassimo giusto dedicarsi – farebbe invece esaurire perché non farebbe esaurire. Farebbe esaurire nel senso che amplierebbe enormemente le possibilità fisiche e culturali (tendendo all’esaurimento delle stesse ma senza credere di raggiungerlo né volere raggiungerlo mai: come in un dialogo socratico aporetico/maieutico o come in una carriera artistica). Sarebbe il tutto non come Assoluto ma come complessità relazionale infinita; od organismo ermeneutico materiale. Il contrario della miniera o della preghiera o della musica dei Rolling Stones (che pure apparentemente contro miniere e preghiere si scaglia; apparentemente anche per una riprova storica: se da mezzo secolo il pop regna e se miniere e preghiere, pur variando di forma, non retrocedono ma anzi …). !7. Il tutto stesso è esaurire? !Il tutto – termine che usiamo soltanto per amor di discussione: basterebbe forse revisionarlo in profondità per avere, quasi automaticamente, un’antropologia diversa … – non può identificarsi con l’esaurimento. L’identità del tutto non può essere solo l’identità. Ma anche la differenza – se riusciamo a dare un essere al qualcosa ricompreso nell’essere del tutto: se riusciamo, insomma, a de-assolutizzare il tutto. Altrimenti si tratterebbe di qualcosa e non di tutto. Pertanto il tutto non potendo identificarsi con niente in assoluto non può identificarsi con l’esaurimento. Può farlo soltanto in parte o relativamente. Rolling Stones e Borghesia – o aristocrazia tecno-economica – non esauriranno il tutto. Lo sanno anche loro (molti scienziati – fisici ecc. – ascoltando con piacere o acriticamente i Rolling Stones ed essendo quasi tutti borghesi). Tuttavia pur ben sapendolo fanno come se – spingendosi assai oltre il pragmatismo della “filosofia del come se” di Vaihinger e raggiungendo anzi la religione –

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fossero tutto. Rolling Stones e Borghesia (per Borghesia possiamo pure intendere nel Duemila la Cina). Che certo non si percepiscono come agenti d’esaurimento (pur ben sapendolo: essendo loro stessi – con gli scienziati – a pubblicare i dati sulla CO2 ecc.). Tuttavia se – per quello che veniamo mostrando qui e per quel che loro stessi mostrano sfacciatamente e impassibilmente di sé – lo sono. E se lo sono e se non è – a priori – la fine del mondo/cosmo allora il tutto stesso non è esaurire. Ma allora – pure – Rolling Stones e Borghesia in quanto Rolling Stones stanno anche rappresentativamente molto al di qua del tutto. E la loro non è – pertanto – arte. Fallendo nell’obiettivo. Se l’obiettivo è – come per i nazisti o Alessandro Magno – la totalità e la totalità non la raggiungono limitandosi all’esaurire/consumo. Se l’obiettivo dell’arte è sempre il tutto, arte è arte quella che ingloba differenze rispetto a qualsiasi cosa di positivo esprima. Cioè quella che è – esplicitamente ed espressivamente – autocontraddittoria o non monodirezionale. Rolling Stones e Borghesia in quanto Rolling Stones sono monodirezionali. Avendo successo e potere tutto (il massimo possibile data la situazione di partenza) loro ed io ad esempio niente o quasi. !8. Il tutto si può esaurire? !Uno potrebbe dire che il metal – e i Metallica che ne sono fin dal nome l’antonomasia – costituisce più del rhythm and blues elettrico dei Rolling Stones l’espressione del tentativo d’esaurimento del tutto. Dischi venduti a milioni e milioni di fan ecc. come i Rolling Stones cui si aggiungerebbero però sonorità più devastanti strumenti orecchi spaziotempo ecc. e quindi più implicate nell’esaurimento del tutto. Potremmo controbattere che l’ipotizzato maggiore esaurimento spaziotemporale prodotto dalle sonorità metal rispetto a quelle del rhythm and blues elettrico è compensato dalla maggiore longevità – e quindi peso spaziotemporale – del rhythm and blues elettrico rispetto al metal. Ma anche prendendo per buona l’ipotesi di partenza, questa pare venir meno dall’interno. Infatti o il metal lo si interpreta – anche a livello di suono – letteralmente – come di solito però si dice facciano maniaci e squilibrati – e allora la sua apologia in testi e suoni della consunzione va presa come tale. Oppure lo si interpreta – e se nell’equivoco gioca anche pericolosamente il marketing, tuttavia è piuttosto difficile in pratica trovare metallari omicidi terroristi stupratori guerrafondai ecc. – antifrasticamente nel senso che la consunzione imbastita serve alla manifestazione di “ciò che non vogliamo”, come direbbe Montale. Il suono spaziotemporalmente devastante del metal pare

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dunque essere a priori la negazione di se stesso. O l’ammissione dell’inefficacia di violenza e velocità, in quanto raggiunto un estremo di violenza e velocità l’obiettivo è raggiungerne un ulteriore. Di parossismo in parossismo. In passaggi e sviluppi possibili proprio perché impossibile – con violenza e velocità metal – l’esaurimento del tutto (od anche solo la concezione e presunzione del Tutto). Tant’è vero che fare metal è di volta in volta consistito nel violentare e velocizzare il suono più violento e veloce a disposizione. E siccome il fenomeno non è terminato – o non è terminato per questo – esso ha dimostrato l’impossibilità del raggiungimento dell’assoluto della distruzione o del consumo del tutto. I Rolling Stones non negando se stessi con velocità e violenze – che si superano indefinitamente perché non c’è, sotto questo profilo, una fine come raggiungimento dell’assoluto della distruzione o del consumo del tutto – ma assolutizzando – per quanto umanamente possibile – la velocità e violenze relative al blues elettrico, tanto da reiterare tendenzialmente all’infinito e da farne massmediaticamente un ambiente fisso di vita per l’uomo – risultano, di nuovo, il caso più indicato per l’analisi in musica popolare del tentativo di esaurire il tutto o raggiungere (dopo Parmenide Platone Agostino ed Hegel – ma anche Caterina da Siena con la sua anoressia, Benjamin Franklin o Newton) un qualche assoluto. (Caterina da Siena con la sua anoressia era molto Rolling Stones, e se non lo si capisce – nel modo in cui va capito: cioè ecologicamente: cioè riferendosi ad una critica del tutto esaurito – si è dei pessimi storici … Quanti storici lo hanno capito? Quanti storici hanno dato un contributo ecologicamente positivo o intelligente?) Considerando il loro successo e la loro longevità i Rolling Stones sembrerebbero aver conseguito questo intento. Che certo – non essendo loro filosofi – non poteva essere il loro intento iniziale. La nostra tesi è però che i Rolling Stones – al pari di Borghesia o Santa Caterina con ogni santo … – sembrano o possono sembrare soltanto aver raggiunto l’assoluto inteso come esaurimento del tutto. Ma quel che hanno raggiunto è unicamente – e banalmente – successo e longevità. Niente assoluto o esaurimento del tutto perché impossibile. Anche se la longevità del successo – entro un sistema consumistico e forse pure di per sé – fa il massimo possibile per un simile conseguimento. !9. L’esaurire è tutto? !Anch’io – ma questa è una questione privata di psicologia esistenziale: con il privato la psiche e l’esistenza che rimandano comunque alla dimensione

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collettiva comune o specifica della specie homo – tendo forse – privatamente psicologicamente esistenzialmente o indipendentemente dall’economia e cultura consumistica in cui sono nato e dall’ascolto dei Rolling Stones con cui sono cresciuto – ad esaurire il maggior numero possibile di cose (anche nel senso di: miei aspetti) nel minor tempo possibile. Non tanto per l’oraziano carpe diem o il neilyoungiano It’s Better to Burn Out Than to Fade Away o il rollingstonesiano (I Can’t Get No) Satisfaction. Ma – diciamo così – per vedere come va a finire sapendo che comunque dovrà andare a finire. All’ora di colazione non vorrei fare solo colazione ma colazione pranzo cena. All’inizio della lettura di un nuovo autore non vorrei iniziare ma averlo già finito e letto in tutte le sue opere maggiori minori e bibliografia critica. Le scarpe nuove quando le compro penso a quando saranno finite e mi dico che potrebbero finire subito: per risparmiarmi – perché tanto devono finire – tutte quelle camminate. E così via fino ai giorni alla vita ai rapporti interpersonali ai dialoghi a questo stesso scritto ecc. Il tempo ridotto allo spazio di un punto. Ecco – più o meno – la mia voluttà di consumo. Che poi somiglia a ciò che accade quando si dorme senza sogni. Un attimo ed è subito mattina. Che poi somiglia a ciò che accade nell’orgasmo. Che è orgasmo proprio per questo (per il suo assomigliare maledettamente e stupidamente al Big Bang). Per il tempo ridotto allo spazio di un punto. In un’autoreferenzialità nemmeno circolare ma ancora più avviluppata – che non esce da se stessa nonostante l’eiaculazione. E che non si riconosce un’identità propria – non riconoscendo quella di nient’altro. Ora, gran parte della musica popolare del secondo Novecento – e con certezza dell’unanimità quella dei Rolling Stones – celebra quando più quando meno metaforicamente l’orgasmo e si propone quando più quando meno metaforicamente come orgasmica. Il suo tema sarebbe insomma la riduzione del tempo allo spazio di un punto. E quindi il suo consumismo come tendere al tutto esaurito non sarebbe consumismo di derivazione economico-culturale ma – per usare i termini precedenti – privato psicologico esistenziale. (Intendendo, a scanso d’equivoci, tutti quest’ambiti fisicamente o materialisticamente – al pari dell’ambito economico-culturale e di ogni altro ambito …) Riescono nel loro intento – se questo è il loro intento – popstar e Rolling Stones? No. Perché non ci riesco io. Non riesco – per motivi sociali fisiologici ecc. (e comunque sia tutti fisico-materialsitici: come ogni motivo) – all’ora di colazione a fare non solo colazione ma colazione pranzo cena. All’inizio della lettura di un nuovo autore – non ci riesco: non è possibile – ad iniziare e ad averlo già finito e letto in tutte le sue opere

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maggiori minori e bibliografia critica. Le scarpe nuove quando le compro a finirle subito e risparmiarmi camminate su camminate – non ci riesco. E così via: fino ai giorni alla vita ai rapporti interpersonali ai dialoghi a questo stesso scritto ecc. Non riduco il tempo allo spazio di un punto. Non ci riesco. (Non ci riesce o riuscirà neanche il computer più potente: fino a che essere computer significherà processare … sebbene non nel senso del dialogo socratico né in quello del Processo di Kafka.) Per riuscirci dovrei abolire la differenza – ogni differenza – nell’esistente. E questo non è possibile perché significherebbe “esaurire” tutto. Ed esaurire tutto non è possibile. Più di quanto sia possibile del fuoco senza ossigeno e combustibile. Per esaurire ci vuole qualcosa da esaurire od un residuo non esaurito. E finché ci sarà questo residuo – residuo che c’è sempre logicamente – niente riduzione del tempo allo spazio di un punto. O – per dirla in altri termini – niente abolizione della differenza. (Più profondamente: il tutto non è esauribile perché il tutto come assoluto non si dà; il tutto non è inesauribile perché assoluto ma perché non si dà; e non si dà perché si dà la differenza; cioè il differire; cioè l’inevitabilità della sussistenza: che in quanto tale deborda ogni tutto o non può essere ridotta a qualsivoglia tutto e assoluto. Il darsi della differenza è dimostrato dall’inevitabilità della materia. Che non sarebbe inevitabile se non fosse differente. Cioè se non differisse o, per dirla altrimenti, se non si spostasse sempre un po’ più in là rispetto ad ogni qui ed ora …) Quando io ascolto i Rolling Stones – o voto per un partito ecocida: che poi sono quasi tutti i partiti così … – faccio – fisicamente – dei passi avanti verso l’abolizione della differenza e l’esaurimento del tutto. Non però nel senso – privatamente psicologicamente esistenzialmente da me forse ricercato o ipotizzato – della riduzione del tempo allo spazio di un punto. Infatti questa riduzione abbiamo visto ch’è a priori impossibile e pertanto è irragionevole perseguirla. Pertanto i passi avanti verso l’abolizione della differenza e l’esaurimento del tutto compiuti dai Rolling Stones o dai partiti politici saranno quelli dell’economia e cultura consumistiche. Le quali possiamo adesso considerarle assurde. Proprio per gli stessi motivi – logici – per cui ho dovuto reprimere la mia volontà e impulso nella riduzione del tempo allo spazio di un punto. Si tratta di un falso procedere. Di un’illusione. Che come tutte le falsità e le illusioni arreca tanto dolore epperò non ottiene nulla. Fallisce. Il problema è che intanto fa male. Ha fatto male a mio nonno. Sta facendo male a me (e magari la mia esistenza stessa è parte integrante di questo male: mio nonno infatti avrà procreato senza pensarci in omaggio, però, ad una prassi consumistica … prassi o mancanza di pensiero alla quale senz’altro

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anch’io debbo la nascita …). Per non dire delle migliaia di specie (le differenze …) in via d’estinzione ecc. 10. Finissero adesso, i Rolling Stones, finirebbero nel senso che scomparirebbero oppure nel senso che avrebbero finito grossomodo tutto ciò che è possibile finire e quindi, con loro, scomparirebbe il mondo-tutto o almeno un certo mondo-tutto? !Jigsaw Puzzle (da Beggars Banquet) è fra le meno note canzoni dei Rolling Stones – mai eseguita dal vivo. Decido che è la loro mia preferita – incrementando l’esaurimento del tutto rollingstoniano: che così coinvolge pure la preferenza del me, o mia; oltre estendersi anche ad un brano altrimenti, con il suo essere sconosciuto, non certo considerabile in funzione del tutto esaurito; sebbene avrebbe potuto utilizzarsi in tal senso se si considera che proprio perché non famoso va ad esaurire o coinvolgere pure quella parte del tutto che è il non essere famoso. In ogni caso, io non ho il potere di renderlo famoso e pertanto entrambe le apparentemente opposte ali dell’esaurimento del tutto da parte di Jigsaw Puzzle possono venire considerate operanti. Il tappeto sonoro di Jigsaw Puzzle è costituito da uno spietato country-blues; spietato perché ostentatamente ed ossessivamente fermo alla grammatica o grado zero del country-blues: note senza umanità o meccaniche. Meccanicità data – per la voluta mancanza di originalità – proprio dagli strumenti che avrebbero dovuto fare il canto – chitarre e piano – mentre è l’accompagnamento – Wyman e Watts, la sua batteria, soprattutto – che finisce (Finissero adesso, i Rolling Stones …) per esprimere umanità con l’esasperazione della sua fredda ripetitività che, come fa il ghiaccio, brucia. Su questo troncone – lentamente sempre più parossistico, perché a forza di chiudersi in sé pare indefinitamente andare verso l’esplosione – s’innesta lo shouting di Jagger incentrato nello sforzo, si direbbe, di dimostrare come una musica o melodia venga dal nulla (nulla di musica e melodia). Il ritornello – “Me, I’m waiting so patiently Lying on the floor” – è infatti un ritornello appena modulato sottoforma di variazione rispetto alle strofe che lo precedono e seguono; le quali a loro volta non risultano strofe ma proto-ritornelli o post-ritornelli dilatati ed infinitamente dilatabili: dilatazione ed infinito (infinito di ripetizione della dilatazione, che non è dilazione ma autoimposizione: oggettuale, non artistica …) esemplificativi di per sé del tutto esaurito, anche se non del tutto esaurito confacente ad un concerto o ad una chart.

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(Ad aumentare il senso del ricercato esaurimento del tutto, Jigsaw Puzzle descrive se stessa: sia trattando fondamentalmente di sé o suonando fondamentalmente sé – anche a forza della lunghezza, si accascia su se medesima, questa canzone – sia, in un tentativo di sabotaggio d’ogni commento e quindi d’ogni alterità, evocando esplicitamente dei membri della band, descritti, con soltanto un poca di trasfigurazione metaforica, mentre fanno quello che fanno: “Oh the singer, he looks angry / At being thrown to the lions / And the bass player, he looks nervous / About the girls outside / And the drummer, he’s so shattered / Trying to keep on time / And the guitar players look damaged / They’ve been outcasts all their lives”.) È come se in Jigsaw Puzzle i Rolling Stones avessero trovato o rasentato un vero – diciamo ontologico e non storico – esaurimento del tutto e ne avessero avuto paura rinnegando di fatto la loro composizione in tal senso più abissale. Perché l’esaurimento del tutto che i Rolling Stones, con la storia – ossia la media umana –, ricercano non è altro che quello dell’accaparramento (= esaurimento) del potere (= una metà del tutto) entro le convenzioni vigenti (= l’altra metà del tutto); a prescindere dalle cause e dagli effetti nell’esaurimento del tutto ontologico (in un prescindere od ignorare questo dove risiede, anzitutto e da sempre, la chiave del successo sociale). Mio nonno qualche volta comprava i biglietti della lotteria ed avrebbe avuto piacere se io avessi avuto successo o avessi vinto alla lotteria … Jigsaw Puzzle – 6:05 – adesso è finita. È scomparsa? No – se l’essere riguarda anche l’effettualità e se, ad es., io mi sento dopo l’ascolto di Jigsaw Puzzle un po’ più stupido o con un po’ meno di possibilità di prima. Non foss’altro perché quei sei minuti e rotti li ho passati con Jigsaw Puzzle anziché con Einstein o nel silenzio. È piuttosto facile passare il tempo con Jigsaw Puzzle – nella nostra società: il suo livello tecnologico ecc. – anziché con Einstein – nonostante le università che insegnano Einstein – o nel silenzio – per il quale manca l’abitudine tanto quanto la possibilità fisica, nel caso in cui ce ne fosse la volontà. Einstein e silenzio danno più possibilità di Jigsaw Puzzle. Perché non esauriscono il tutto. Perché non esauriscono il tutto? Perché consentono il qualcosa. Lo studio, l’ascolto. Jigsaw Puzzle esaurisce – tende a – il tutto perché si pone come tutto. Il porsi del tutto come esaurimento. Si pone come tutto Jigsaw Puzzle (“Me, I’m waiting so patiently Lying on the floor” ripetuto di continuo …) un po’ meno, e costitutivamente, di film (che rapiscono per intero il corpo: non solo l’orecchio e la parte di cervello ad esso afferente) e canzonette, proprio perché più totalitarie (o paralizzanti o istupidenti), ad essa

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peggiori; ma si pone comunque come tutto. Il porsi come tutto del qualcosa impedisce il tutto come non esaurimento. È il porsi come tutto del qualcosa – ossia l’esclusione della diversità – l’esaurimento (possibile). I Rolling Stones mi escludono costringendomi ad essere fan o loro fruitore ed impedendomi di essere Rolling Stones: il quale essere sarebbe a sua volta esclusione – di altro come possibilità (mentre Einstein amplifica assai più degli amplificatori dei Rolling Stones: aprendo tutte le strade alla ricerca scientifica che ha aperto; e stesso dicasi, nei suoi livelli di pertinenza, per il silenzio). I Rolling Stones mi escludono perché sono essi stessi (per quello che è possibile) esclusione. Anzitutto fisicamente. Nei vari effetti, nelle varie cause fisiche: remotamente o meno. Nella misura in cui hanno finito grossomodo tutto ciò che gli era possibile finire i Rolling Stones non hanno nemmeno iniziato. A differenza di Einstein o del silenzio. Il loro tutto esaurito – proprio perché propagatore di tutto come esauribile e di esaurimento come tutto – non ha nulla a che fare con l’esaurimento (o sfruttamento o esperienza o vita) positivo di nulla o d’anche solo una cosa. (Forse una sì: la possibilità della musica popolare; che andrebbe comunque lasciata o garantita …) !11. La fine come sfinimento? Note sulla foto di copertina !Ho scoperto la foto di copertina mentre scrivevo questo testo. Quando l’avevo già quasi finito. Su internet l’ho scoperta (o mi ha scoperto nel senso di – sorprendermi). Anche il fatto che quella foto, quella scena e miniera, e che mio nonno siano su internet: quanto è tutto? e quanto esaurisce (quanto contribuisce a ciò)? quanto internet contribuisce al tutto? e all’esaurimento? (anche a quello della foto …); quanto la foto contribuisce al tutto e all’esaurimento (anche a quello di internet)? e quanto mio nonno ha contribuito a foto ed internet e quanto è stato esaurito (ed esautorato) da foto e internet? e quanto i Rolling Stones hanno contribuito a tutto ciò e sono stati – magari: o lo saranno – esauriti (ed esautorati) da tutto ciò o dal tutto senza il ciò o dal ciò senza il tutto? La foto dei minatori di Boccheggiano in pausa pranzo (impossibile sapere – come per “una pietra che rotola” magari a causa della droga: con mio nonno che ha fatto rotolare senza droga tante pietre non drogate e non drogabili … – se durante il turno di giorno o di notte) dentro una galleria, risale al 1967; mio nonno – secondo da sinistra, in piedi, mano nella cintola, atteggiamento piuttosto beffardo (quanto linguaccia alla Rolling Stones?) – aveva 39 anni (5 più di me ora): ma chi era (cioè che cosa aveva esattamente: penso a cose come la fiasca di vetro in primo piano e

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alla valigetta/tascapane con la sua fantasia semi-artigianale o da industria bonaria se non altro per impotenza: cose, entrambe, medievali o antropologicamente a noi oggi irriducibili e provenienti magari, anche esteticamente, dal medioevo se non dalla romanità e perché no da quei vetrai dei fenici)? Nel 1967 da tempo i Rolling Stones esaurivano il tutto anche con il loro stesso concepire o pretendere un tutto. (Il testo di Satisfaction potrebbe far pensare il contrario: che i Rolling Stones, o il Borghese, pur avendo tutto, o proprio perché ha il Tutto e basta, non si accontenta e non ha soddisfazione; ma per le prove addotte fin qui ci pare, molto semplicemente, che anche in Satisfaction il soggetto non si accontenti perché pretende il Tutto che gli manca ed in cui confida … Il riff, del resto, è così vitalistico, e la voce di Jagger corrispondentemente sensuale, da escludere un’interpretazione nichilista e davvero proto-punk della canzone; in ogni circostanza, la cosa più nichilistica – nel precisato senso punk di anti-tutto-esaurito – dei Rolling Stones risulta semmai la batteria, per le sue sincopi razionalistiche …). Il suono – le immagini – dei Rolling Stones paiono impossibili da sovrapporre alla scena mineraria di provincia con mio nonno. Eppure facevano parte dello stesso mondo pronto a farsi esaurire da scavi minerari e da riff elettrici. Deve trattarsi di una falsa o non sostanziale differenza quella tra i primi ed i secondi. Tra minatori e Rolling Stones (si noti anche lessicalmente quanto si sia con entrambi ancora in “età della pietra” o dello sfruttamento più irreversibile dell’essere). Non foss’altro perché sono (erano) i primi a fornire energia e materia ai secondi. Che invece fornivano – senza che i minatori lo sapessero: senza che i minatori di Boccheggiano sapessero anche solo dell’esistenza dei Rolling Stones – la giustificazione culturale allo scavare (o non facevano niente o contribuivano ad impedire che si facesse qualcosa per opporsi agli scavi minerari, ad es.). Componente non secondaria del tendere al tutto esaurito da parte del blues elettrico dei Rolling Stones starà certo anche nel ricomprendere in sé ciò che esplicitamente o consapevolmente non comprende o da cui non è compreso. Come questi minatori che nel sound – così stonato o fuori luogo rispetto a loro eppure esplosivo e contraddittorio e quindi autorizzante ogni estrapolazione – dei Rolling Stones possono comunque, loro malgrado, e con tutti gli stridori ed indigestioni e kitsch del caso, venire inglobati. Come nel mercato che premiava i Rolling Stones – e nella cultura e politica che premiava, e premia, i Rolling Stones – erano di sicuro e necessariamente compresi ed operanti.

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Se ci sembrano insulsi sciocchi ridicoli bestiali gli sguardi di quei minatori – e magari lo sono – allora in maniera consimile bisogna considerare anche la nostra energia; non soltanto il modo in cui ci approvvigioniamo d’energia, ma l’energia stessa (almeno quella ottenuta da fonti non rinnovabili: ed in attesa di vedere le facce di chi ci procura o procurerà energia da fonti invece rinnovabili …). E con l’energia – bisogna considerare così – anche ciò che se ne serve per imporsi servendola: il cool, le mode, il pop, i Rolling Stones. Mio nonno – nella foto e da vivo – non mi somigliava per niente. Il mio corpo è considerabile del suo quasi esattamente l’opposto – in tutto e per tutto: anche nell’atteggiamento. Ora: pure questa è una forma d’esaurimento o di tendenza al tutto? E di chi è colpa, mia o di mio nonno o …? Questa differenza rispecchia – del resto – abbastanza bene quella fra la sua testa prodotto di una struttura energetica da combustibili fossili ed invece la mia, se non prodotto partecipante alla possibilità di struttura energetiche (e sociali) rivoluzionarie rispetto a quella: le rinnovabili, l’internet delle cose. Mio nonno era socialista e ateo. Chiamava il clero – come suo nonno – “il brigantaggio”. Eppure, per il solo fatto di essere minatore, così come – per i motivi detti – risultava causa effetto dei Rolling Stones (con cui altrimenti aveva un rapporto simile a quello che aveva con Dio: nullo o vuoto), risultava causa ed effetto del Dio cristiano (per questo avevan una parete nel tutto = esaurimento). «Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono". Poi disse: "Dirai così ai figli d'Israele: Io-Sono mi ha mandato da voi"» (Esodo 3:14). Metafisicamente si tratta né più né meno di Parmenide o di Platone. Ma con Parmenide o Platone – abbiamo detto – si tratta dell’Assoluto. Del Tutto come Assoluto – concezione che abbiamo già criticato anche con l’ausilio di Kant, spingendoci poi oltre per una critica ecologia. Ora: mio nonno ebbe a che fare col “tutto esaurito” (e i Rolling Stones) perché dovette inserirsi entro la storia dell’Assoluto. Della concezione del tutto come Assoluto – che esaurisce od esclude altre concezioni – propria dell’antropologia occidentale. Dalla Bibbia a Newton (tempo e spazio assoluti; numeri) e dall’economia finanziaria e di mercato ai Rolling Stones. Assoluto che – non esistendo: esistendo soltanto la differenza come irriducibilità della sussistenza materiale – ha dovuto tradursi in una pratica di simbolizzazione oltranzista come smaterializzazione (cioè ignoranza) di tutto ciò che è possibile smaterializzare (cioè, in un luogo od in un tempo, ignorare). L’ignoranza di Dio da parte di Mosè ha reso Dio possibile (se Mosè avesse conosciuto Dio, Dio si sarebbe dissolto: ridotto alla differenza come irriducibilità

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della sussistenza materiale). L’ignoranza dei Rolling Stones da parte di mio nonno ha reso possibile i Rolling Stones (e la loro popolarità) e l’ignoranza da parte dei Rolling Stones (che pure in quegli stessi anni inneggiavano alla “hard working people” considerandola con nostalgia disillusa “il sale della terra”) di mio nonno – in una continua applicazione della reversibilità reciproca e vicendevole a quelle una volta chiamate strutture e sovrastrutture – ha reso possibile, anzi necessario, mio nonno ed il suo lavoro da minatore. Matematica e teologia (l’economia finanziaria e di mercato – con gli approvvigionamenti energetici che ne sono causa ed effetto – ne è ovviamente una summa) vanno di pari passo: entrambe scienze del tutto – che la prima chiama totalità e la seconda assoluto – si autonegano per non riuscire a domare (nel senso di escludere da sé ed avere, con ciò, un’autentica totalità ed assoluto) l’infinito: i numeri sono infiniti, Dio è infinito. Per non denunciare il loro fallimento, matematica e teologia identificano la loro ricerca di totalità e assoluto con il rinvenuto – e come tale non totale e non assoluto: perché differente o in continuo differimento – infinito. Simile vizio logico è la causa e l’effetto del consumismo; cioè della non considerazione della materia (infinito positivo perché riguardante la possibilità della differenza) ed invece concentrazione nello smaterializzante simbolo (la nostra totalità o scienza e il nostro assoluto – ogni simbolo – o Dio). Ogni volta che si ascolta un brano dei Rolling Stones – o uno qualsiasi trasmesso, senza che noi ci si possa fare niente, alla radio, ma più uno dei Rolling Stones: per la sua pienezza espressiva – è come sentire le parole antiecologiche di Dio “io sono colui che è”. Senza deicidio nel senso dell’ateismo come negazione dell’assoluto o del Tutto (= esaurimento) non si darà ecologia. Per ogni colpo di martello pneumatico che ha dato mio nonno tra il 1946 ed il 1977 è stato così. Nel 2015 siamo ancora ampiamente nel 1977 o 1946. Alla radio, capita in tutto il mondo, danno – per ogni colpo di martello pneumatico che ha dato mio nonno … – i Rolling Stones. !!

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