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LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003 293-304 Alessandra Anselmi Università della Calabria 87036 Arcavacata di Rende (Cosenza), Italia [email protected] Resumen In questo articolo si presentano ed analizzano i ritratti, tra cui alcune incisioni inedite, di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate (1597-1658), ambasciatore a Roma ed uno dei più importanti viceré della Napoli del Seicento. Viene inoltre preso in considerazione un importan- te ma finora trascurato libro, il Theatrum Omnium Scientiarum, pubblicato nel 1650, che men- ziona un ritratto, attualmente disperso, fattogli da Ribera. Questa testimonianza è molto im- portante perché finora non si aveva notizia certa di rapporti tra il viceré e l’artista. Parole chiave: VIII conte di Oñate, Ribera, Theatrum Omnium Scientiarum. Abstract The portraits of Iñigo Vélez de Guevara and Tassis, VIII Earl of Oñate, and portrait of Ribera The portraits of Iñigo Vélez de Guevara and Tassis, VIII Earl of Oñate (1597-1658) are presen- ted in this paper, who was embassador in Rome and a very important viceroy of the naples of the Seventeenth Century. The Theatrum Omnium Scientarum, an important and forgotten book, published in 1650, is also aduced, where it is mentioned a portrait, nowadays lost, done by Ribera. This testimony is very important because there was no evidence until now of the re- lationship between the viceroy and the artist. Keywords: Will Earl of Oñate, Ribera, Theatrum Omnium Scientiarum I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera

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LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003 293-304

Alessandra AnselmiUniversità della Calabria

87036 Arcavacata di Rende (Cosenza), [email protected]

Resumen

In questo articolo si presentano ed analizzano i ritratti, tra cui alcune incisioni inedite, di IñigoVélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate (1597-1658), ambasciatore a Roma ed uno dei piùimportanti viceré della Napoli del Seicento. Viene inoltre preso in considerazione un importan-te ma finora trascurato libro, il Theatrum Omnium Scientiarum, pubblicato nel 1650, che men-ziona un ritratto, attualmente disperso, fattogli da Ribera. Questa testimonianza è molto im-portante perché finora non si aveva notizia certa di rapporti tra il viceré e l’artista.

Parole chiave:VIII conte di Oñate, Ribera, Theatrum Omnium Scientiarum.

Abstract

The portraits of Iñigo Vélez de Guevara and Tassis, VIII Earlof Oñate, and portrait of RiberaThe portraits of Iñigo Vélez de Guevara and Tassis, VIII Earl of Oñate (1597-1658) are presen-ted in this paper, who was embassador in Rome and a very important viceroy of the naples ofthe Seventeenth Century. The Theatrum Omnium Scientarum, an important and forgottenbook, published in 1650, is also aduced, where it is mentioned a portrait, nowadays lost, doneby Ribera. This testimony is very important because there was no evidence until now of the re-lationship between the viceroy and the artist.

Keywords:Will Earl of Oñate, Ribera, Theatrum Omnium Scientiarum

I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis

VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003294 Alessandra Anselmi

Al pari di molti altri ambasciatori e viceréspagnoli del Seicento, la figura di mece-nate di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis

VIII conte di Oñate e III di Villamediana, signo-re de la casa di Guevara, deve ancora essere og-getto di studi approfonditi. In questa sede ci li-miteremo a presentare ed analizzare i ritratti fi-nora rintracciati e ad esaminare una fonte im-portante che menziona un ritratto fattogli daRibera. I ritratti qui presentati potranno, dun-que, essere di aiuto nell’identificare il ritrattoche Ribera gli fece, attualmente disperso.

Iñigo Vélez de Guevara e TassisVIII conte di Oñate (1597-1658)Dalle fonti e dagli studi critici risulta che il contesia stato un abile politico tanto che «merita di es-sere ascritto nel novero dei grandi statisti dell’as-solutismo europeo del suo tempo»1. Fu anche unuomo molto colto, promotore di molteplici ini-ziative culturali ed artistiche, la maggior partedelle quali ancora attende studi approfonditi.

Nacque a Madrid il 2 giugno 1597 da una dellefamiglie più importanti e più ricche del regno2. Ilpadre, suo omonimo, Iñigo Vélez de Guevara e Tassis V conte di Oñate, era stato ambasciatore aVienna e poi a Roma, dal 1626 al 1628, morì a Madrid il 31 ottobre 1644. La prematura mortedei due fratelli maggiori, Pedro e Juan, permise adIñigo di assumere il titolo di VIII conte di Oñate3.Poche sono le notizie sulla sua giovinezza.Sappiamo che ebbe il ruolo di gentiluomo di came-ra di Filippo IV e che nel 1625 ricevette laGrandezza di Spagna. Sposò Doña AntoniaManrique de la Cerda da cui ebbe due figlie: Doña

Catalina Vélez Ladrón de Guevara e Doña Ma-riana Guevara1. Come il padre, e come molti altrinobili suoi pari, decise, al fine di assicurarsi un po-sto nel Consejo de Estado, di arruolarsi nelladiplomazia. Giunse a Roma con l’incarico di am-basciatore nel luglio del 1646, qui strinse immedia-tamente buoni rapporti con Innocenzo X e con lacognata del papa, l’intraprendente Donna OlimpiaMaidalchini, i quali gli promisero la porpora cardi-nalizia. A questa speranza si collega la decisione daparte del conte di acquistare, nel gennaio del 1647,l’edificio dove abitava, attuale palazzo dell’Am-basciata di Spagna presso la Santa Sede, affidandol’incarico della sua ristrutturazione a FrancescoBorromini. Il progetto di Borromini mostra chel’Oñate fu un committente colto, in grado diinteragire con l’architetto, come dimostra l’ampio,comodo e luminoso scalone che caratterizza il pa-lazzo, derivato da modelli spagnoli. Al conte, tut-tavia, non fu possibile far portare a termine la ri-strutturazione dell’edificio, infatti, l’opposizionedella corte di Madrid alla sua nomina cardinaliziaed il concomitante scoppio della rivolta di Masa-niello impedirono la realizzazione delle sue ambi-ziose mire cardinalizie. Quindi, nel febbraio del1648 dovette lasciare Roma per assumere l’incaricodi viceré di Napoli5. Qui riuscì a riportare il vice-regno alla quiete e si fece promotore di una serie diiniziative e riforme in campo economico e socialeche gli valsero prima gli elogi dei contemporanei epoi quelli degli storici6. Il conte fu richiamato aMadrid il 10 novembre 1653, ed entrò a far partedel Consejo de Estado7. Nel 1657 si pensò di desi-gnarlo governatore di Milano, al posto del conte diFuensaldaña, ma l’Oñate si ammalò gravemente emorì a Madrid il 28 febbraio 16588.

Dal punto di vista del mecenatismo l’Oñate aNapoli si distinse per le molteplici iniziative in

Ringrazio il Professor Bonaven-tura Bassegoda y Hugas peravermi incoraggiata a studiare iritratti del conte di Oñate. Per laloro gentilezza, cortesia ed aiutoringrazio inoltre l’AvvocatoGiacomo Antonelli, il Prof. Ber-nardo J. García García, CarlosDiez de Tejada, segretario delReal Consejo de las Ordenes deSantiago, Calatrava, Alcántara yMontesa, Ana Minguito Palo-mares, Marco Iuliano, GabrieleFinaldi, Enriqueta Harris ed ilProf. Giovanni Muto.

1. G. Galasso, Napoli Spagnoladopo Masaniello. Politica culturasocietà, Cava dei Tirreni, 1972, p.23. Sulla storia familiare e politi-ca del conte di Oñate ed in parti-colare sul periodo in cui fu vicerédi Napoli ha svolto, nell’ambitodella tesi di dottorato, un’ap-profondita ricerca Ana Mingui-to, Linaje, Poder y Cultura. Elgobierno de Iñigo Vélez de Gue-vara, VIII Conde de Oñate enNápoles 1648-1653, UniversidadComplutense de Madrid, Facul-tad de Letras y Filosofía, Depar-tamento de Geografía y Historia,tesi discussa il 2 luglio 2002 e diprossima pubblicazione.

2. Notizie approfondite sono inA. Minguito, Linaje, Poder yCultura, cit., tuttavia, dato cheho solo assistito alla discussionedella tesi di dottorato ma non hoavuto modo di leggerla qui di se-guito farò riferimento solo allabibliografia da me consultata.

3. I dati biografici sopra riporta-ti derivano da Biblioteca Nacio-nal de Madrid, Ms. 3278, J.Pellicer de Tovar, Genealogiacontinuada de varón en varón,de los Excelentisimos Señores iCondes de Oñate, de la casa deGuevara…, 1651, cc. 366-369; J.A. Álvarez de Baena, Hijos deMadrid..., Madrid, 1790, II, pp.235-237; «El Trono y la noble-za», 1846-1848, I, p. 363; A. e A.García Carraffa, Enciclopedia

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campo architettonico, urbanistico e culturale. Sideve, infatti, a lui il rifacimento dello scalone delPalazzo Reale. L’opera fu iniziata nel 1650 daFrancesco Antonio Picchiatti il quale, certamenteseguendo le direttive del conte, realizzò un magni-fico scalone che prendeva a modello lo scalonedell’Alcázar di Toledo9. Molti altri interventi ar-chitettonici ed urbanistici, tra i quali la realizza-zione di Largo Zecca de’ Panni, la ristrutturazionedi piazza del Carmine, la realizzazione di fontanein piazza della Sellaria, in piazza Mercato e davan-ti a Castel Nuovo, queste ultime due attribuite daCelano a Cosimo Fanzago, l’ampliamento deiTribunali, la ristrutturazione delle carceri femmi-nili alla Vicaria, la realizzazione di una nuovaPolveriera, l’acquisto del palazzo di AndreaCarafa, conte di S. Severino, per la soldatesca spa-gnola ed il restauro del palazzo della Dogana, so-no ricordati, oltre che dalle targhe commemorati-ve, da Fuidoro, Parrino e Celano ma devonoancora essere oggetto di studi10. Così come an-drebbero indagati alcuni importanti progetti nonrealizzati a causa della rimozione dall’incarico,quali l’abbellimento della Riviera di Chiaia e l’al-lungamento del Molo Grande11.

Per quanto concerne invece le istituzioni ediniziative culturali, egli profuse molte energie nel-la riapertura dello Studio di Napoli, su cui ci sof-fermeremo più avanti e fu il primo ad introdurrea Napoli rappresentazioni pubbliche di comme-die in musica12, facendo anche restaurare «conmolta spesa» il teatro San Bartolomeo13.

Più nebuloso, dato che si hanno pochissimenotizie, è ciò che qui più direttamente interessa,ovvero le committenze in campo pittorico. Le no-stre conoscenze in questo settore si riducono allenotizie inerenti la sala dei ritratti dei viceré nelPalazzo Reale di Napoli, all’esistenza di un ritrat-

to equestre ed all’inventario della figlia del conte,redatto a Madrid nel 1684 mentre l’inventario delconte i stato rintracciato solo molto recentemente.Per quanto concerne il Palazzo Reale di Napoli,Fuidoro attesta che il conte fece decorare una sala«di quadroni» ed «in essi vi fé ritrarre tutti li viceréo i luogotenenti e capitani generali che sono statimandati in Napoli [….] da Consalvo di Cordova[…] sino a S. E.», notizia confermata anche daCelano che attribuisce i dipinti per la maggior par-te a Massimo Stanzione14. Vi sono però anche del-le fonti discordi, infatti Parrino afferma che «NelPalagio Reale fé quella Scala magnifica, che si vedeal presente: la Sala detta de’ Vicerè, abbellita poide’ Ritratti dal Conte di Castrillo suo successore»,versione ripresa anche da Giannone15. A queste te-stimonianze è poi da aggiungere un avviso del 10dicembre 1652, dove si annuncia che dopo le feste«si darà principio alli Ritratti che S. E. ha rissolu-to di fare nella medesima Sala dal famoso pittoreCav. Massimo di 43 Vice Re che sono stati fin ho-ra di questo Regno»16; per cui, stando a questo do-cumento, nel dicembre del 1652 l’esecuzione deiritratti ancora doveva avere inizio. Quindi se daun lato è certo che questo progetto pittorico fuvoluto dall’Oñate dall’altro non si ha alcuna cer-tezza che l’abbia portato a termine, considerandoche meno di un anno dopo venne rimosso dal suoincarico. Di conseguenza, allo stato attuale dellericerche non si può affermare con certezza che i ri-tratti, ancora in situ fino al Settecento ed attual-mente non rintracciati17, siano stati tutti realizzatimentre era viceré l’Oñate.

L’unico dipinto finora collegato al conte diOñate è invece il ritratto equestre, attribuito aMassimo Stanzione, conservato a Madridall’Istituto Valencia de Don Juan18 di cui ci occu-peremo più avanti.

no, Teatro eroico e politico, cit.,pp. 466-467.

12. Cfr. R. Bossa, «La musicanella Napoli del Seicento», in Ci-viltà del Seicento a Napoli, cata-logo della mostra Museo di Ca-podimonte 24 ottobre 1984–14aprile 1985 e Museo Pignatelli 6dicembre 1984–14 aprile 1985,Napoli, 1984, II, pp. 22-23; F.Mancini, «L’immaginario di re-gime». Apparati e scenografie al-la corte del viceré», in Civiltà delSeicento, cit., pp. 27-35; S. Ca-randini, Teatro e spettacolo nelSeicento, Roma-Bari, 1990, pp.109-111 e A. Minguito Paloma-res, La política cultural, cit. pp.968-970.

13. Cfr. C. Celano, Delle No-titie del Bello cit., giornata V, pp.24-25; D. Parrino, Teatro eroicoe politico, cit., p. 467; U. ProtaGiurleo, I Teatri di Napoli nel‘600. La commedia e le maschere,Napoli, 1962, p. 137. Per quantoconcerne i suoi rapporti con ilmondo della cultura, si sa che ilconte fu anche in rapporto conJosé Vega y Verdugo, cfr. M.Cuadrado Sánchez, «En tornoa Vega y Verdugo», in Boletin delMuseo e Instituto «Camón Az-nar», XXVI, 1986, pp. 104-105,107.

14. Cfr. I. Fuidoro, Successi delgoverno, cit., p. 164 (si veda anchep. 147), C. Celano, Notizie delBello, cit., giornata V, pp. 140-141e S. Schütze, T. Willette,Massimo Stanzione. L’opera com-pleta, Napoli, 1992, pp. 263-264,scheda D 18 e p. 240, scheda A 97.

15. Cfr. D. Parrino, Teatroeroico e politico, cit., p. 466 e P.Giannone, Istoria Civile delRegno di Napoli, Venezia, 1766,IV, p. 302 «Egli fece quella granSala, ora detta de’ Viceré, abbel-lita poi de’ loro ritratti dal Con-te di Castrillo suo successore».

16. Il documento è pubblicato daF. Mancini, «L’immaginario diregime», cit., p. 29. Willette ha ri-pubblicato il documento usando-lo, unitamente a tre pagamenti aStanzione, del 23 e 26 novembre edel 24 dicembre 1652 per lavorinon specificati in Palazzo Reale,come prova che i dipinti furonofatti fare dall’Oñate, ha però igno-rato la testimonianza di Parrino emi sembra che abbia forzato il do-cumento pubblicato da Mancini,sopra citato, che non parla di ope-re realizzate ma che ci si accinge-va ad eseguire. Cfr. S. Schütze, T.Willette, Massimo Stanzione,cit., p. 264, scheda D 18.

17. Cfr. S. Schütze, T. Willet-te, Massimo Stanzione, cit., pp.240, scheda A 97, 263-264, schedaD 18. Per quanto concerne la te-stimonianza di Parrino, il qualeasserisce che le incisioni da luipubblicate derivano da questi di-pinti si veda qui stesso più avanti.

18. Cfr. S. Schütze, T. Willet-te, Massimo Stanzione, cit., pp.293-240, scheda A 97 e qui stes-so, piò avanti.

Heráldica y Genealógica Hispa-no-Americana, Madrid, 1931,pp. 246-247; L. DE Salazar yCastro, Los Comendadores dela Orden de Santiago, Madrid,1949, pp. 46-48. Cfr., inoltre, J.H. Elliott, The Count-Duke ofOlivares. The Statesman in anAge of Decline, New Haven eLondra, 1986, ad indicem.

4. Cfr. «El Trono y la nobleza»,1846-1848, I, p. 363.

5. Cfr. A. Anselmi, Il Palazzodell’Ambasciata di Spagna pres-so la Santa Sede, Roma, 2001,pp. 51-76.

6. Si veda sopra la nota 1 e: I.Fuidoro, Successi del governodel Conte d’Oñatte, 1647-1653,a cura di A. Parente, Napoli,1932; L. Crasso, Elogii di Ca-pitani Illustri, Venezia, 1688, pp.326-330, D. Parrino, Teatro

eroico, e politico de’ governi de’viceré del Regno di Napoli. Daltempo del Re Ferdinando ilCattolico fino al presente, Na-poli, 1692, II, pp. 412-476; G.Coniglio, I viceré spagnoli diNapoli, Napoli, 1967, pp. 267-271; G. Galasso, «Napoli nel Vi-ceregno Spagnolo dal 1648 al1696», in Storia di Napoli, Na-poli, 1970, VI, pp. 3-39; G. Ga-lasso, Alla periferia dell’impero.Il regno di Napoli nel periodospagnolo (secoli XVI-XVII), Tori-no, 1994, pp. 36, 280-281; R.Villari, La rivolta antispagnolaa Napoli. Le origini (1658-1647),Roma-Bari, 1980, pp. 33-58; P.Burke, Scene di vita quotidiananell’Italia moderna, Roma-Bari,1988, pp. 237-258, 240-242 e A.Musi, La rivolta di Masaniellonella scena politica barocca,Napoli, 1989, pp. 253-275.

7. Sul suo richiamo cfr. G.

Galasso, Napoli Spagnola dopoMasaniello cit., pp. 24-26; sullasua appartenenza al Consejo deEstado cfr., per esempio, Archi-vo General de Simancas, Estado,leg. 3029.

8. Cfr. G. Signorotto, Milanospagnola. Guerra, Istituzioni,uomini di governo (1635-1660),Milano, 2001, p. 266.

9. Cfr. F. Marías, «Bartolomeo yFrancesco Antonio Picchiatti,dos arquitectos al servicio de losvirreyes de Nápoles: Las Augus-tina de Salamanca y la escaleradel Palacio Real», in Anuario delDepartamento de Historia yTeoría del Arte, IX-X, 1997-1998, pp. 177-195 e A. Anselmi,Il Palazzo dell’Ambasciata, cit.

10. Cfr. I. Fuidoro, Successi delgoverno, cit., pp. 83, 106, 118-119, D. Parrino, Teatro eroico e

politico, cit., pp. 439, 460-467 eC. Celano, Delle Notitie delBello, dell’antico, e del curiosodella città di Napoli, per i signo-ri forastieri, Napoli, 1692, gior-nata IV, p. 99, giornata V, pp. 24-25, 57, 100-102, 139-141, 149,giornata VII, pp. 12-17. L’inter-vento al carcere della Vicaria èmenzionato anche da C. deFrede, «Il Tribunale della Vica-ria. Scene di vita, di dolore, dimorte nella napoli spagnuola»,in Napoli Nobilissima, XXXIV,1995, fasc. I-II, p. 44. Altri inter-venti sono menzionati da A.Minguito Palomares, «La políti-ca cultural del VIII conde deOñate en Nápoles 1648-1653»,in J. Alcalá-Zamora, E. Be-lenguer (coord.), Calderón dela Barca y la España del Barroco,Madrid, 2001, I, pp. 957-974.

11. Cfr. I. Fuidoro, Successi delgoverno, cit.,p. 178 e D. Parri-

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003296 Alessandra Anselmi

Infine, abbiamo un articolo inerente l’inventa-rio dei beni di Catalina Vélez de Guevara, IX con-tessa di Oñate, morta nel 168419. La quale però,contrariamente a quanto si pensava, non era lamoglie bensì la figlia primogenita del conte, laquale aveva sposato il fratello del padre Beltrán deGuevara e Tassis, morto nel 1652 mentre era vicerédi Sardegna, e poi in seconde nozze RamiroNuñez Felipez de Guzmán, II duca di Medina delas Torres20. Chiarito questo equivoco, è evidenteche, per stabilire quali delle 674 opere di pitturamenzionate nell’inventario potessero essere ap-partenute al padre sarà prima necessario studiarel’inventario di quest’ultimo21. L’unica opera men-zionata nell’inventario del 1684 che è certamenteda collegare al conte è però per noi piuttosto inte-ressante, in quanto si tratta di «un retratto delSeñor conde de Oñatte a cavallo quando entro enNápoles con marco dorado de Joseph Rivera dequatro baras de largo y dos y media de ancho»22.La «vara» corrisponde a 835, 9 millimetri il dipin-to dunque misurava circa 3 metri e 32 centimetriper 2 metri e 6 centimetri, quindi il dipinto citatonell’inventario, potrebbe anche corrispondere,

considerando che le misure fornite negli inventarinon sono quasi mai esatte, ed ammesso che JuanCarreño de Miranda possa essersi sbagliato23, al ci-tato ritratto attribuito a Massimo Stanzione, chemisura 3 metri e cinque centimetri per 2 metri e 40centimetri. Se anche cosí non fosse, il dipinto at-tribuito a Ribera doveva, comunque, presentareun’analoga iconografia, la stessa che caratterizzaanche il ritratto di Don Giovanni d’Austria.

Non è questo però il solo documento a parlarcidi un ritratto ufficiale del conte fatto da Ribera ab-biamo, infatti, un’altra testimonianza da una fontefinora trascurata di cui ci occuperemo di seguito.

Il Theatrum OmniumScientiarum ed un ritratto diRibera del conte di OñateCome detto sopra, il conte di Oñate fu molto in-teressato alla promozione e, qui possiamo aggiun-gere, controllo24 della vita culturale di Napoli.

19. Cfr. M. Cuadrado Sán-chez, «Contribución al estudiodel coleccionismo nobiliariomadrileño de la primera mitaddel siglo xvii: el inventario de losbienes de la Condesa de Oñate»,in Patronos, Promotores, Mece-nas y Clientes, Atti del VII Con-gresso del CEHA (Murcia,1988), Murcia, 1992, pp. 227-281.

20. Cfr. Archivo Historico deProtocolos Notariales, Madrid,prot. 111.60 e prot. 1162. Si ve-da anche L. Crasso, Elogii diCapitani Illustri, cit., pp. 477-480, D. Parrino, Teatro eroicoe politico, cit., p. 471, A. e A.García Carraffa, Enciclope-dia Heráldica, cit., p. 247 e L.de Salazar y Castro, Los Co-mendadores, cit, p. 48. Da nota-re che Parrino, diversamente daquanto riportato dalle altre,fonti afferma che Catalina erafiglia unica.

21. L’inventario dell’VIII contedi Oñate è stato rintracciato daAna Minguito, la quale mi hagentilmente inviato una copia.L’inventario, che intendo pub-blicare in un prossimo studio,elenca 120 dipinti, nessuno è at-tribuito e non sono menzionatiritratti del conte.

22. Cfr. M. Cuadrado Sán-chez, «Contribución al estu-dio», cit., p. 279 si veda anche A.E. Pérez Sánchez, «Ribera yEspaña», in Ribera 1591-1652,direzione scientifica A. E. PérezSánchez, N. Spinosa, catalogodella mostra, 2 giugno-16 agosto1992, Museo del Prado, Madrid,1992, pp. 86-87.

23. L’inventario fu redatto conl’ausilio di Juan Carreño de Mi-randa, vi sono però, oltre il di-pinto di Ribera, solo altre tre at-tribuzioni: un Sacrificio diAbramo, attribuito a Bartolo-meo (sic!) Barocci, un San Fran-cesco attribuito a El Greco, ecinquantacinque «laminas de di-ferentes pinturas» attribuite aDavid Teniers. Cfr. M. Cuadra-do Sánchez, «Contribución alestudio», cit. Vi sono menziona-ti anche molti oggetti preziosi,cui fa riferimento A. GonzálesPalacios, Las Colecciones Rea-les Españolas de mosaicos y pie-dras duras, Madrid, 2001, p. 32,che menziona anche l’invio diargenti in Spagna da parte delpadre (cfr. ibidem, p. 29).

24. Per quanto concerne l’uso delteatro a fini propagandistici cfr. F.Mancini, «L’immaginario di re-gime», cit., pp. 27-35 e S. Caran-dini, Teatro e spettacolo, cit., p.33. Per quanto concerne il con-trollo sulla stampa cfr. F. Fusco,«La “legislazione” sulla stampanella Napoli del Seicento», inCiviltà del Seicento a Napoli, cit.,pp. 459-460. Si reda, inoltre, A.Minguito Palomares, La políticacultural, cit., pp. 972-974.

25. Su questo libro vi è una bre-ve scheda di S. Barletta, «Ro-berto Mollo», in Civiltà del Sei-

Figura 1. Theatrum Omnium Scientiarum, Napoli, 1650, Emblema I, «Regna Sapientibus committenda».

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003 297I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera

Una delle sue iniziative è ricordata da un bel li-bro, il Theatrum Omnium Scientiarum Exc.moComiti de Oñate plaudentium, pubblicato aNapoli dall’editore Roberto Mollo nel 165025 ededicato al viceré dai professori dello Studio, ov-vero Università, di Napoli.

Lo Studio di Napoli, o Ginnasio Napoletano,sin dalla sua fondazione fu un’istituzione stretta-mente legata ai sovrani e poi ai viceré. Risentìsempre dei problemi politici del regno e poi delviceregno, a causa dei quali fu talvolta chiuso, co-me accadde anche durante la rivolta diMasaniello. Sedata la rivolta, il conte di Oñate ol-tre a riaprire lo Studio fece restaurare l’edificioche lo ospitava dai tempi del conte di Lemos eistituì di nuovo anche l’insegnamento diMatematica26. Il conte volle che la riapertura fos-se celebrata con una solenne cerimonia, svoltasinel novembre del 164927. All’interno dello Studio,e più precisamente nel teatro e nel percorso che adesso conduceva28, come spiegato e descritto nelTheatrum Omnium Scientiarum, venne realizza-to un fastoso apparato, formato da drappi in setaornati da figure allegoriche, imprese ed emblemiche elogiavano le capacità militari, politiche e so-prattutto culturali dell’Oñate ed in particolare lasua sapienza. Affinché non si perdesse memoriadell’apparato, come spiegato nel libro, si decise direalizzare e dedicare al conte il menzionato libro,ricco di incisioni dove sono riprodotti gli emble-mi (fig. 1)29, le imprese e le allegorie che, come so-pra detto, decoravano lo Studio in occasione del-la cerimonia30. Le immagini sono accompagnateda iscrizioni esplicative ed inoltre nel libro vi so-no odi elogiative del viceré31. Autore dei testi,scritti in latino, è Giovan Battista Cacace, profes-sore di Istituzioni Civili e Retorica32.

Il frontespizio, disegnato ed inciso da Nicolas

Scientiarum, ed in particolaresulla sua iconografia e significatoho assegnato una tesi di laurea,presso l’Università degli studidella Calabria, a Maria EmiliaGrosso Sgarrillo, la quale hasvolto un’interessante ricerca,che verrá pubblicata.

32. Cacace, morto di peste nel1656, è menzionato anche da I.Fuidoro, Successi del governo,cit., p. 119 e da C. Celano,Delle Notitie del Bello cit. gior-nata V, p. 99, il quale afferma chea Cacace, «vivacissimo ingegnode’ nostri tempi, che morì nellapassata peste», si deve la scrittadella fontana di piazza Mercato,come detto sopra fatta realizzarea Fanzago dall’Oñate. Fece an-che parte dell’Accademia degliErranti, cfr. C. Minieri Riccio,Cenno storico delle Accademiefiorite nella città di Napoli, Na-poli, 1879, p. 48.

cit., pp. 118-119 riporta che la ce-rimonia si svolse in ottobre.

28. Incisioni riproducenti l’e-sterno dello Studio, la pianta edil teatro sono pubblicate in C.Celano, Delle Notitie del Bello,dell’antico, e del curioso dellacittà di Napoli, per i signori fora-stieri, Napoli, 1759, tra le pp. 8-9 e 10-11.

29. Nel libro vi sono in tutto 29emblemi, 25 imprese, otto «Ico-nes scientiarum» e ventuno odi.L’emblema qui riprodotto, comespiegato nel libro (cfr. TheatrumOmnium Scientiarum cit., Em-blema I) è desunto dal XXIII li-bro delle Rerum gestarum libriXXXI, di Ammiano Marcellino(330 c.–400 c.) dove si parla del-l’usanza dei Persiani di far prece-dere i loro re da un carro con ilfuoco sacro. Dato che il fuocopresso gli antichi era considerato

anche simbolo della sapienza, conquesto emblema si vuole indicare,come si legge nel titolo sopral’immagine, che i regni devono es-sere affidati ai sapienti, che porta-no la pace ed il bene: «undè arrep-ta occasione in ExcellentissimumComitem de Onnate diggremur,quem omnibus sapientum Prin-cipum laudibus excellere suo bo-no laetatur nostra Neapolis».

30 Cfr. Theatrum OmniumScientiarum, cit., la dedica deiProfessori «Né tamèn idem quioccidenti soli tantae celebritatiterminus esset, omnem huncApparatum Typis committere,tuoq; Nomini constituimus con-secrare». Tuttavia, si veda quan-to osservato nella nota 25.

31. L’apparto è sommariamentedescritto anche da I. Fuidoro,Successi del governo, cit., pp.118-119. Sul Theatrum Omnium

cento a Napoli, cit., p. 464, il qua-le cita la copia della BibliotecaNazionale di Napoli (anche se inrealtrà il libro si trova nella Bi-blioteca di Storia Patria), io ne hoindividuate altre due copie: unanella Biblioteca Nazionale di Ma-drid (che ha come data di stampa1651) e l’altra alla Biblioteca Na-zionale di Roma. Barletta osservache «Quest’opera è la dimostra-zione di come, in presenza di unacommittenza ricca, in questo casoInnico de Guevara, Conte diOñate, anche tipografi che nonandavano per la maggiore, si tra-sformavano in straordinari arti-sti». È comunque da notare cheRoberto Mollo stampa molti deilibretti delle rappresentazioniteatrali patrocinate dall’Oñate.Cfr. A. Minguito Palomares, Lapolítica cultural, cit., p. 969. Il li-bro è dedicato all’Oñate dai pro-fessori dello Studio di Napoli e lopresentano come una loro inizia-

tiva (cfr. più avanti la nota 30) manon escluderei, come sembra as-serire Barletta, che il vero com-mittente dell’intera operazionesia stato il viceré.

26. Cfr. G. Origlia, Istoria del-lo Studio di Napoli, Napoli, 1753-54; N. Cortese, «L’età spagno-la», in Storia della Università diNapoli, Napoli, 1924, pp. 386-388e A. Sarubbi, «Lo Studio Na-poletano nella cultura meridiona-le del Sei-Settecento», in ArchivioStorico per le Provincie Napo-letane, XVI, 1977, pp. 231-243.

27. Cfr. G. Origlia, Istoria del-lo Studio, cit., libro V, p. 89 e N.Cortese, «L’età spagnola», cit.,p. 341. Il mese in cui si svolse lacerimonia è specificato nel Thea-trum Omnium Scientiarum, siveda la prefazione al «benevololectori» di G. B. Cacace. Mentre,I. Fuidoro, Successi del governo,

Figura 2. Nicolas Perrey, Frontespizio del Theatrum Omnium Scientiarum, Napoli, 1650.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003298 Alessandra Anselmi

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Perrey33 (fig. 2), oltre alle personificazioni dellescienze reca anche un piccolo ritratto del conte, sucui torneremo.

Ma la notizia certamente più interessante ri-guarda il fatto che, tra gli apparati realizzati perdecorare il teatro del Ginnasio in occasione dellasolenne cerimonia di riapertura, è menzionata una«tabula […] nostri Excellentissimi Comitis Imagi-nem referens mira Iosephi Reverae expictam so-lertia, a regione solii constituta quod ille insessu-rus erat», ovvero un dipinto, collocato sopra iltrono destinato al viceré. Al di sopra del dipinto,vi era un elogio dell’Oñate, definito «PrincepsSapientissime», grazie al quale, dopo gli sconvol-gimenti degli ultimi anni «revivixerint literae»34.Peraltro il tema della sapienza, saggezza e culturadel viceré è il tema ricorrente di tutto il TheatrumOmnium Scientiarum.

La menzione di questo ritratto di Ribera èmolto importante, perché, a parte il dipinto men-zionato nel citato inventario della figlia, della cuiattribuzione a Ribera, peraltro, non possiamo es-ser certi, non sia aveva altra notizia di rapporti trail viceré e l’artista.

Per favorire l’identificazione di questo ritrattosarà certamente utile l’esame dei ritratti finorarintracciati del conte di Oñate, alcuni dei quali fi-nora inediti.

I ritratti del conte di OñateConviene iniziare la disamina dei ritratti del con-te iniziando da quelli che possono essere conside-rati i più fisionomicamente attendibili.

Al primo posto dobbiamo certamente mettere ilritratto che appare nel frontespizio del TheatrumOmnium Scientiarum (fig. 2), realizzato da NicolasPerrey e pubblicato nel 1650. Il libro su cui appareil ritratto è coevo al conte e per di più è a lui dedi-cato, quindi dobbiamo presumere che Perrey abbiafatto il possibile per realizzare un ritratto in cui ilconte potesse riconoscersi. Qui l’Oñate appare conun cappello piumato, allora di moda, come mostra-no per esempio i famosi ritratti equestri di FilippoIII, Filippo IV, Olivares ed il principe BaltasarCarlos di Velázquez35. Il fatto che il conte facesseuso del cappello è testimoniato anche da Fuidoro, ilquale riporta che in occasione della festa celebratanel 1652 per la riconquista di Barcellona il viceré era«vestito di panno leonato, tutto ricamato d’oro, conpiuma bianca al cappello»36.

Nell’incisione di Perrey, il conte presenta unvolto piuttosto paffuto, occhi allungati ed un’arca-ta sopraccigliare anch’essa piuttosto allungata, na-so lungo e con dorso dritto ma con due piccolegobbe laterali, bocca piccola ma carnosa. I baffi e labarba, ovvero la «perilla», seguono la moda dell’e-poca37. I capelli sono piuttosto lunghi, anche sesotto il cappello si intuisce una fronte stempiata.L’espressione è piuttosto ingentilita, quasi traso-gnata e romantica, tanto che il viceré sembra dimo-strare meno anni dei 53 che aveva all’epoca dellapubblicazione del libro. Un ritratto molto simile aquesto ma più realistico nella resa dell’età anagrafi-ca lo abbiamo in un’incisione, incollata su un ma-noscritto conservato nella Biblioteca Nazionale diMadrid (fig. 3)38. Qui il conte indossa l’armaturacon una fascia che gli traversa il petto. Stando allascritta posta sull’incisione il ritratto raffigural’Oñate quando fu ambasciatore a Roma.

Segue in ordine cronologico un’incisione pub-blicata da Lorenzo Crasso negli Elogii di Capi-tani illustri, stampato nel 1683 a Venezia (fig. 4)39.Qui il conte ha sempre un cappello piumato, chesembra poggiare su una parrucca40, indossa l’ar-matura41, tiene il bastone del comando, ovvero la«bengala», nella mano destra ed inoltre porta gliocchiali, le cui lenti fanno apparire gli occhi piùgrandi. I tratti fisionomici sono sostanzialmentegli stessi che caratterizzano le due incisioni sopramenzionate, ma la qualità artistica del ritratto èdecisamente superiore: lo sguardo è più espressi-vo ed i particolari fisionomici sono resi con mag-giore accuratezza ed abilità disegnativa.

Abbiamo poi l’incisione pubblicata da Parrinonel 1692 (fig. 5), il quale, nel frontespizio del suo li-bro, sotto al titolo, afferma che le incisioni dei ri-tratti dei viceré da lui pubblicate derivano «da

3. Poche le notizie su Perrey,ando ad A. Omodeo, Graficaapoletana del 1600. Fabbrica-ri di immagini. Saggio sugli in-sori, illustratori, stampatori ebrai della Napoli del Seicento,apoli, 1981, p. 19. Perrey era

glio di un orafo spagnolo, atti-o nella prima metà del Seicento, un prolifico incisore con una

asta produzione di cui la Omo-eo cita alcuni esempi.

4. Cfr. Theatrum Omniumcientiarum, cit., p. 78. Anainguito Palomares, La políticaltural, cit., p. 971, menziona il

ipinto ma non la fonte, ovvero libro.

5. A. Cirillo Mastrocinque,Moda e Costume», in Storia diapoli, VI, tomo II, Cava dei

igura 3. itratto del conte di Oñate, da Biblioteca Nacional de Madrid, Ms. 2150, Memorie del Duca di Guisa, c. 40v.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003 299I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera

quelli, ch’adornano una delle Galerie del PalagioReale»42. Tuttavia, il ritratto da lui pubblicato delconte di Oñate non coincide totalmente con l’ico-nografia di quello descritto da Celano nella «saladetta de’ Vice Rè». Quest’ultimo, infatti, riportache: «nel ritratto del Conte d’Ognatte vi si veggo-no dipinti à piedi un lupo, e un agnello, che man-giano assieme per dimostrare doppo d’avere sedatii rumori populari d’havere introdotto nel Regnocolla sua giustitia una quiete grande»43. E’ dunqueevidente che Celano descrive quello che nell’inci-sione pubblicata da Parrino è il piccolo quadro ri-portato a fianco del ritratto. In mancanza dell’ori-ginale, si può solo ipotizzare o che Celano si siasbagliato o che l’incisione non riproduca fedel-mente il dipinto o che nell’incisione siano stati fu-si due dipinti in uno. Inoltre, dato che la data direalizzazione dei ritratti dei viceré del PalazzoReale non è certa44, non sappiamo se l’incisione

Tirreni, 1970, p. 782 osserva che ilcappelllo di feltro a falde largheornato di piume e nastri era detto«chapeau suédois» in quanto ispi-rato a quello che gli svedesi porta-vano durante la guerra deitrent’anni. Non mancano esempinei dipinti di persone che indos-sano cappelli di questo tipo, tut-tavia se si osservano i ritratti deiviceré pubblicati da Parrino ve-diamo che il cappello è indossatosolo dal conte di Oñate e da suofratello Beltrán de Guevara, quin-di era un accessorio diffuso maevidentemente non indossato datutti.

36. Cfr. I. Fuidoro, Successi delgoverno, cit., p. 187.

37. Cfr. C. Bernis, El Traje ylos tipos sociales en el Quijote,Madrid, 2001, pp. 192-200.

38. Biblioteca Nazionale diMadrid, Ms. 2150, Memorie delDuca di Guisa, c. 40 v.

Figura 4. Ritratto del conte di Oñate, Bibliotheque Nationale de France, D 228292, da Lorenzo Crasso, Elogiidi Capitani illustri, Venezia, 1683, p. 326.

Figura 5. Ritratto del conte di Oñate, da D. Parrino, Teatro eroico, e politico de’ governide’ viceré del Regno di Napoli…, Napoli, 1692, p. 412.

39. Ho trovato un esemplare«sciolto» dell’incisione pubblica-ta da Crasso alla Biblioteca Na-zionale di Parigi e sono risalita allibro di Crasso grazie ad E. PáezRíos, Iconografía Hispana, Ma-drid, 1967, IV, p. 304. LorenzoCrasso, che nel libro si definisceNapoletano Barone di Pianura,stando a L. Caputo, I poeti ita-liani dall’antichità ad oggi, Mi-lano, 1960, p. 36 era un giurecon-sulto e poeta. Oltre al citato libroscrisse le Epistole Eroiche, Vene-zia, 1655, gli Elogii d’huominiletterati, Venezia, 1666, una rac-colta di Poesie, Venezia, 1669 euna Historia di poeti greci e diquè che in greca lingua han poe-tato, Napoli, 1678. Nella Biblio-teca Nazionale di Roma vi è inol-tre una Vita di Galileo Galilei,pubblicata in Vite di Galileoscritte da contemporanei, ristam-pate dalle originali e rare edizio-ni, Firenze, 1907, pp. 17-18.

40. Per quanto concerne la par-

rucca I. Fuidoro, Successi delGoverno, cit., p. 72 parla di bar-bieri borgognoni e francesi chele fabbricavano attestandonedunque l’uso.

41. Sulla tipologia del ritratto amezza figura in armatura cfr. M.Pisani, «Dal ritratto classico al-la nascita ed evoluzione del ri-tratto ufficiale cinquecentesco.Committenza a Napoli tra Sei eSettecento», in Capolavori in fe-sta. Effimero barocco a Largo diPalazzo (1683-1759), catalogodella mostra Napoli, PalazzoReale 20 dicembre 1997 – 15marzo 1998, Napoli, 1997, pp.58-62.

42. Cfr. D. Parrino, Teatroeroico e politico, cit.

43. Cfr. C. Celano, DelleNotitie del Bello, cit. giornata V,pp. 140-141.

44. Cfr. quanto osservato sopra.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003300 Alessandra Anselmi

pubblicata da Parrino riproduca un ritratto realiz-zato mentre l’Oñate era ancora a Napoli. Certo èche tra tutti i ritratti qui esaminati questo è quellodove il conte appare più brutto.

Per quanto concerne la fisionomia, anche inquesto caso abbiamo un naso importante, occhigrandi ed allungati come l’arcata sopraccigliare,bocca piccola e carnosa, barba e baffi, ed un guan-cione piuttosto preminente che termina con unmento piuttosto piccolo. Il taglio dei capelli èuguale a quello delle incisioni che si trovano nelTheatrum Omnium Scientiarum (fig. 2), e nel ma-noscritto della Biblioteca Nazionale di Madrid(fig. 3). Tuttavia, i tratti fisionomici, rispetto aqueste due incisioni ed a quella pubblicata daCrasso, risultano più marcati tanto che la somi-glianza fra queste ultime, dove il conte ha unaspetto decisamente più gradevole, ed il ritrattopubblicato da Parrino non è immediatamente per-cepibile. Ovvero, analizzando i quattro ritratti siriscontrano gli stessi lineamenti fisionomici chesono però tradotti sulla carta in modo diverso.

Anche nel ritratto pubblicato da Parrino ilconte indossa un cappello piumato ed è inoltre vi-sibile, sia sull’abito sia ai lati del suo stemma difamiglia, l’insegna dell’ordine di Calatrava, ordinea cui apparteneva45.

Per quanto concerne la pittura, l’unico dipin-to che finora è stato collegato al conte di Oñate èil ritratto attribuito a Massimo Stanzione (fig. 6).L’opera, datata agli anni in cui fu viceré, quindi1648-165346, raffigura il conte a cavallo, secondouna consolidata tipologia che ha le sue origini nelprototipo istituito da Tiziano con il celeberrimoritratto di Carlo V a Mülbergh47.

In questo dipinto, dove il conte indossa sem-pre un cappello ed un ricco abito ricamato d’oro,che ricorda quello descritto da Fuidoro48, ritro-viamo le stesse caratteristiche fisonomiche sopradescritte: ovvero naso lungo e dritto, con dorsopiuttosto largo, la bocca non molto grande macon labbra piuttosto carnose, ed occhi grandi,guance prominenti, nonostante il volto sia com-plessivamente affilato, baffi e barba che nascon-dono un mento sottile. L’unica vera differenza,che ad un primo impatto fa perdere di vista la ras-somiglianza rispetto alle incisioni, è data dal fattoche il volto, nel dipinto attribuito a Stanzione, èpiù piccolo ed anche la corporatura appare piùesile49. E’ però da considerare che il ritratto eque-stre presenta una veduta da lontano con tratti fi-sionomici tutto sommato piuttosto «accennati».

In conclusione, possiamo dire che sono so-prattutto le diverse abilità artistiche di coloro cherealizzarono questi ritratti e probabilmente il fat-to che alcune delle incisioni derivano da dipintidiversi50 a determinare delle differenze che nonsono però sostanziali. Semmai, tra i cinque ritrat-ti esaminati, l’unico che potrebbe porre dei dubbi

45. Cfr. Archivo Historico Na-cional, Ordenes Militares, Cala-trava, Espediente 2.760, 1621. L.de Salazar y Castro, Los Co-mendadores, cit. Ringrazio Car-los Diez de Tejada, segretario delReal Consejo de las Ordenes deSantiago, Calatrava, Alcántara yMontesa per avermi gentilmenteaiutato ad individuare l’insegnache appare nel ritratto. Su questiordini militari cfr. E. PostigoCastellanos, Honor y privile-gio en la corona de Castilla. ElConsejo de las ordenes y los ca-balleros de hábito en el siglo XVII,Junta de Casilla y Leon, Alma-zén, 1998, la quale però non for-nisce un elenco dei nomi dellepersone che vi appartennero.

46. Cfr. S. Schütze, T. Willet-te, Massimo Stanzione, cit., pp.239-240, scheda A 97.

47. Sul Carlo V di Tiziano e sul-la sua fortuna cfr., in ultimo, Larestauración de el emperadorCarlos V a caballo en Mühlberg

de Tiziano, catalogo della mo-stra, Madrid, Museo Nacionaldel Prado, giugno-settembre2001, Madrid, 2001, cui si ri-manda anche per la precedentebibliografia.

48. Vedi sopra nota 36.

49. L. Crasso, Elogii, cit., p.327 afferma che «Hebbe il Con-te d’Ognate picciol corpo, occhigrandi, naso grosso, e alquantoaquilino». Per quanto concerneil volto le caratteristiche men-zionate da Crasso ritornano intutti i ritratti considerati. Perquanto concerne la corporatura,questa è decisamente piccola neldipinto di Stanzione e nell’inci-sione di Parrino. Il conte apparepiù robusto nell’incisione pub-blicata da Crasso ma la presenzadell’armatura rende difficile lavalutazione.

50. Certamente all’epoca dove-va esservi più di un ritratto di-pinto del conte di Oñate. Per

esempio, G. Labrot, Études na-politanes villages, palais, collec-tions XVIe-XVIII siècles, ChampVallon, 1993, pp. 212 e 217 os-serva che l’aristocrazia napoleta-na nelle sue dimore aveva i ri-tratti dei Re di Spagna e dei vi-ceré, e tra questi ultimi l’Oñateed il marchese del Carpio risul-tano i favoriti. Labrot segnala treritratti dell’Oñate, da lui rintrac-ciati negli inventari ma purtrop-po non specifica in quali dellecollezioni da lui studiate.

51. Non ho preso in considera-zione un ritratto del conte pub-blicato U. Prota Giurleo, ITeatri di Napoli nel ‘600, cit. p.137. Si tratta di una riproduzio-ne in formato molto ridotto diuna stampa di cui Prota Giurleonon indica la provenienza, inogni caso il ritratto non presentanessuna somiglianza con i ritrat-ti finora esaminati.

52. Cfr. N. Spinosa, «Un cabal-lero de la orden de Santiago», in

Figura 6. Massimo Stanzione, Ritratto equestre del conte di Oñate, Instituto de Valencia de Don Juan, Madrid.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003 301I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera

nell’identificazione è il dipinto attribuito aStanzione ma come detto la raffigurazione a di-stanza potrebbe giustificare alcune diversità ri-spetto agli altri ritratti51.

Ciò che, invece, colpisce è la straordinaria e no-tevolissima somiglianza tra il conte di Oñate, comeci appare nel ritratto pubblicato da Crasso, ed il«cavalliere dell’Ordine di Santiago» di Ribera, con-servato nel Meadows Museum di Dallas (Texas)(fig. 7). L’opera è stata anche esposta alla mostradedicata nel 1992 a José de Ribera, artista al qualeil dipinto è attribuito dalla maggior parte della cri-tica. La sua datazione è incerta, nessuna ipotesi fi-nora formulata è risultata convincente riguardo l’i-dentificazione del personaggio raffigurato e pocosi sa riguardo la sua originaria provenienza52.

Come osserva Nicola Spinosa, si tratta certa-mente di un ritratto ufficiale; inoltre, gli abiti delpersonaggio, ovvero il giubbotto di pelle sopra l’a-bito scuro, la collana da cui pende l’insegna dell’or-dine di Santiago, la banda rossa che attraversa il pet-to ed il bastone tenuto nella mano destra, e la spadanella sinistra permettono di affermare con certezzache si tratta di un alto dignitario della corte spagno-la, ovvero un Capitano Generale, e più probabil-mente, osserva sempre Spinosa, di un viceré53, ritrat-to con deciso naturalismo e «vigore espressivo»54.

Lo stesso Spinosa, tuttavia, ritiene poco proba-bile che si tratti, come supposto da Felton, diManuel de Zuñiga y Fonseca, VI conte diMonterrey, viceré di Napoli dal 1631 al 1637, infat-ti vi è una notevole diversità fisionomica rispetto airitratti che certamente raffigurano Monterrey, ov-vero la statua eseguita da Finelli per Las Augustinasdi Salamanca e l’incisione pubblicata da Parrino55, acui possiamo aggiungere un’altra incisione, che sitrova sempre nel sopra citato manoscritto dellaBiblioteca Nazionale di Madrid (fig. 8).

Il personaggio raffigurato nel dipinto diMeadows presenta invece, come sopra osservato,una notevolissima somiglianza con il ritratto delconte di Oñate pubblicato nel libro di LorenzoCrasso (fig. 4). Identici sono i tratti fisionomiciche caratterizzano entrambi i ritratti: il naso lun-go e dritto, con dorso piuttosto largo e non per-fettamente regolare dato che presenta due piccolegobbe laterali —queste ultime più evidenti nel di-pinto e nel ritratto pubblicato nel TheatrumOmnium Scientiarum (fig. 2)— la narice larga, labocca non molto grande ma con labbra piuttostocarnose, le guance paffute mentre il volto si re-stringe verso il mento, caratteristica che nel ritrat-to di Ribera ed in quello pubblicato da Crasso èben camuffata dai baffi a punta e dalla barba. Lafronte è ampia e lo è ancor di più nel dipinto datala calvizie e l’assenza del cappello, presente nel-l’incisione, al di sotto del quale è probabilmenteuna parrucca56. Gli occhi piuttosto grandi sonoleggermente deformati dagli occhiali, le cui lenti

Figura 7. José Ribera, Retrato de un caballero de la Orden de Santiago, Meadows Museum, Dallas (Texas).

Ribera, cit., pp. 360-362. Si vedaanche, più recentemente, il cata-logo della mostra Pinturaespañola de la Colección Mea-dows, Museo Thyssen-Borne-misza (10 maggio–27 agosto2000 e Museo Nacional d’Art deCatalunya, 5 settembre–5 no-vembre 2000), Madrid, 2000, p.50. Si rimanda a queste schedeper la precedente bibliografia.

53. Cfr. N. Spinosa, «Un ca-ballero», cit., il quale osservaanche che la banda rossa che at-traversa il petto «confirma susupuesta pertenencia al bandoespañol durante la Guerra de losTreinta Años». In realtà, se èvero che la banda rossa denota-

va l’appartenenza all’esercitospagnolo il suo uso non fu limi-tato alla guerra dei Trent’anni erisale almeno alla fine delCinquecento, cfr. G. Parker, ElEjército de Flandes y el caminoespañol 1567-1659, Madrid,1976, p. 208 nota 208. Non so-no, invece, riuscita a trovarestudi specifici inerenti l’abbi-gliamento dei viceré, studi chesarebbero state utili anche perl’analisi degli altri ritratti delconte sopra esaminati. L’argo-mento non è trattato da R. LeviPisetzky, Storia del costume inItalia, Milano, 1964-1969; A.Cirillo Mastrocinque, «Moda eCostume», cit., e non rientravanei limiti del pur importante la-

voro sull’abbigliamento spa-gnolo del ‘600 di C. Bernis, ElTraje, cit.

54. Sul «naturalismo» e «vigoreespressivo» che caratterizza i ri-tratti di Ribera cfr. N. Spinosa,«Il ritratto napoletano tra natura-lezza e “ufficialità”, in F. Caroli,a cura di, L’Anima e il volto.Ritratto e fisiognomica da Leo-nardo a Bacon, Milano, 1998, p.559.

55. Cfr. C. Felton, Jusepe deRibera: a catalogue raisonné,Pittsburgh, 1971, I, pp. 248.249 eN. Spinosa, «Un caballero», cit.

56. Cfr. sopra nota 40.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003302 Alessandra Anselmi

fanno sembrare le palpebre quasi rigonfie. Un co-mune attributo è poi costituito dal bastone del co-mando, tenuto nella mano destra. E’ diverso l’ab-bigliamento ma questa non è certo una differenzasignificativa per quanto concerne l’identità delpersonaggio ritratto, dato che sia l’abito del di-pinto sia l’armatura possono rimandare ad unostesso ruolo politico ovvero quello di viceré.

In sintesi, nei due ritratti ricorrono gli stessi li-neamenti fisionomici, ed identica è la foggia dibarba e baffi. Ovviamente gli occhiali, con unamontatura piuttosto consueta per l’epoca57, con-tribuiscono a rafforzare l’impressione che il per-sonaggio del dipinto sia la stessa persona raffigu-rata nell’incisione ovvero Iñigo Vélez de Guevarae Tassis VIII conte di Oñate. Vi è però un parti-colare fondamentale, che impedisce l’identifica-zione del personaggio del dipinto di Dallas con ilconte di Oñate. Il personaggio ritratto da Riberamostra, infatti, l’insegna di cavaliere dell’Ordinedi Santiago, ordine al quale il conte di Oñate nonrisulta essere appartenuto58. L’identificazione del«caballero» de la Orden de Santiago rimane dun-que un problema aperto. La somiglianza tra ilconte di Oñate ed il cavaliere ritratto da Ribera èperò talmente forte che non poteva essere ignora-ta, anche se solo per escludere l’identificazione.

Data la rarità dei ritratti con gli occhiali, l’in-cisione pubblicata da Crasso merità, però ancorala nostra attenzione.

I ritratti con gli occhialiPer quanto concerne gli occhiali è importantespecificare che si tratta di un attributo decisamen-te poco consueto nei ritratti ufficiali. Di norma,infatti, nella pittura, a partire dai celebri affreschidi Tommaso da Modena con personaggi eminentidell’ordine domenicano nella Sala Capitolare diSan Nicolò a Treviso (1352), gli occhiali sonoquasi sempre raffigurati in opere che ritraggonopersone nell’atto di scrivere o leggere, o che si ac-cingono a farlo.

Ovvero, nella maggior parte dei casi si tratta diritratti dove gli occhiali sono raffigurati in quan-to svolgono o stanno per svolgere una funzioneche è sempre di tipo dotto, come accade anche neidipinti e incisioni che, nelle opere dedicate ai cin-que sensi, rappresentano la vista. E, solo per cita-re un esempio, non è certo un caso che nell’ambi-to della serie dei Cinque Sensi, realizzata daGiuseppe Maria Mitelli (1634-1718), l’artista met-ta una dedica, che menziona «l’indole studiosa»del dedicatario, sul senso della vista, impersonifi-cato da un uomo con gli occhiali. Oppure, anchese non stanno per svolgere alcuna funzione, carat-terizzano i ritratti di «intellettuali» come il famo-

57. Cfr. Occhiali da vedere: arte,scienza e costume attraverso gliocchiali, a cura di M. Miniati eW. Winkler, Firenze, 1985, pp.32, 52, 56, 39; H. H. Mann, Au-genglas und Perspektiv. Studienzur Ikonographie zweier Bildmo-tive, Berlino, 1992; Vedere vicinovedere lontano. Guida alle colle-zioni di occhiali del Museo StoricoNazionale dell’Arte Sanitaria, acura di T. Bovi, Venezia, 1996.

58. Cfr. sopra nota 45. Appar-teneva, invece, all’ordine di San-tiago il padre, Iñigo Vélez deGuevara, V conte di Oñate, ilquale decise di lasciare in ereditàl’abito e la relativa «encomien-da» a Beltrán. Dato che quest’ul-timo già appartenava all’ordinedi Alcántara venne chiestaun’apposita dispensa ad Inno-cenzo X. L’abito fu conferito aBeltrán nel 1645 e alla sua mortei frutti dell’«encomienda» passa-rono a sua moglie Catalina. Cfr.L. de Salazar y Castro, LosComendadores cit., pp. 46-48 e277. Beltrán de Guevara fu an-

che Luogotente e CapitanoGenerale del Regno dal 7 mag-gio 1650 fino al mese di agosto,ovvero mentre il fratello era im-pegnato a Portolongone. L’uni-co ritratto finora rintracciato diBeltrán è quello pubblicato daParrino dove egli appare conl’insegna dell’ordine diAlcántara sul petto (fig. 10).Rispetto al fratello, che era an-che suo suocero, Beltrán ha unvolto più quadrato con mascellepiù robuste ed occhi grandi ma amandorla. Presenta invece unnaso ugualmente importante,una bocca piccola e carnosa eanaloghi baffi e barba. Difficilestabilire se nel ritratto indossi omeno una parrucca. Anch’eglipresenta una certa somiglianzacon il ritratto del MeadowsMuseum ma certamente non co-sì forte come il fratello, quale ciappare nel ritratto pubblicato daCrasso. Cfr. I. Fuidoro,Successi del governo, cit., pp.119, 122-123, 163 e D. Parrino,Teatro eroico e politico, cit., pp.476-480.

59. Cfr. I cinque sensi nell’arte.Immagini del sentire, cat. dellamostra a cura di S. Ferino-Pag-den, Cremona, Centro Cultu-rale «Città di Cremona», SantaMaria della Pietà, 21 sett. 1996 -12 genn. 1997, Martellago (Ve-nezia), pp. 174-175 e pp. 204-205. Per gli autoritratti diGiordano cfr. Luca Giordano1634-1705, catalogo della mo-stra Napoli 3 marzo–3 giugno2001, Napoli, 2001, pp. 310-313e M. Pisani, «Dal ritratto classi-co», cit., p. 63, fig.17.

60. Cfr. C. Baumann, «Gli oc-chiali nell’arte», in Occhiali davedere, cit., pp. 23-27. Non hoavuto invece modo di consultareil catalogo della mostra Gli oc-chiali presi sul serio: arte, storia,scienza e tecnologie della visione,a cura di R. Riccini, catalogodella mostra Milano Palazzodell’Arte, 4 maggio–29 settem-bre 2002, Milano, 2002.

61. Cfr., da ultimo, W. C. Daw-son, «Zu El Greco Portraits», in

Figura 8. Ritratto di Manuel de Zuñiga y Fonseca, VI conte di Monterrey, da Biblioteca Nacional de Madrid, Ms. 2150,Memorie del Duca di Guisa, c. 34v.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003 303I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera

so ritratto di Quevedo, conservato a Madridall’Instituto Valencia de Don Juan oppure perso-ne che evidentemente aspirano ad esserlo, comeLuca Giordano nei celebri autoritratti59. Gli oc-chiali sono dunque associati a figure di uominidotti, diventando così simbolo della sapienza edella scienza60.

Molto più rari sono invece i ritratti con gli oc-chiali di uomini politici o comunque appartenen-ti alle alte gerarchie laiche o ecclesiastiche. Oltreal ritratto del conte di Oñate, ne posso citare solotre: il celebre ritratto di cardinale di El Greco delMetropolitan Museum61, un inedito ritratto diFrancesco IV Caetani, che fu anche governatoredi Milano dal 1660 al 1662 e viceré di Sicilia dal1663 al 1667 (fig. 9)62, ed un’incisione raffiguran-te Antonio Pedro Álvarez Ossorio Gómez Davilay Toledo, Marchese di Velada y Astorga, viceré diNapoli dal 1672 al 167563. Ne esisteranno sicura-mente altri esempi ma certamente non così tanti

El Greco, a cura di S. FerinoPagden, F. Checa Cremades,catalogo della mostra Kunsthis-torisches Museum Wien, 4 mag-gio–2 settembre 2001, Milano,2001, pp. 92-93.

62. Il ritratto conservato aRoma nella Fondazione Caetanimi è stato gentilmente segnalatodall’Avvocato Giacomo Anto-nelli, presidente della Fonda-zione, che qui ringrazio per lasua gentilezza e cortesia. SuFrancesco IV Caetani, cfr. G.Signorotto, «Aristocrazie ita-liane e monarchia cattolica nelxvii secolo. Il «destino spagno-lo» del duca di Sermoneta», inAnnali di Storia Moderna eContemporanea, II, 1996, pp.57-77 e G. Signorotto, Milanospagnola, cit., pp. 268-284.

63. Ho trovato questa incisionein Occhiali da vedere, cit., p. 69

64. Cfr. Pintura española de laColección Meadows, cit.: «A pe-sar de tratarse de un retrato ofi-

Figura 9.Ritratto di Francesco IV Caetani, duca di Sermoneta, Fondazione Caetani, Roma.

Figura 10. Ritratto di Beltrán de Guevara, da D. Parrino, Teatro eroico, e politico de’ governi de’ vi-ceré del Regno di Napoli...., Napoli, 1692, p. 477.

da modificare l’assunto che il ritratto ufficiale congli occhiali, di uomini che non siano «intellettua-li» o artisti, costituisce una rarità. Forse non è uncaso che tutti i citati personaggi siano legati allaSpagna, dove stando ad alcuni studiosi gli occhia-li avevano un particolare valore simbolico di po-tere e ricchezza64. Resta però il fatto che anche inambito spagnolo la stragrande maggioranza deiritratti ufficiali ci mostra personaggi senza oc-chiali.

Si potrebbe obiettare che non tutti ne avevanobisogno o che all’epoca degli occhiali si faceva usoinferiore rispetto al presente, dato questo però sulquale non abbiamo sufficienti dati medico-stati-stici per poter rispondere.

Quindi ci dobbiamo contentare di constatarela rarità di questo tipo di ritratto e nel contemporiscontrare che di norma gli occhiali dal punto divista iconografico rimandano all’idea della sa-pienza e della saggezza.

LOCVS AMŒNVS 6, 2002-2003304 Alessandra Anselmi

Si tratta, dunque, di un attributo che ben siconfaceva all’immagine pubblica che il conte diOñate volle dare di sé, ovvero di un regnante ri-soluto ed energico ma anche sapiente, così comelodato ed esaltato nel Theatrum OmniumScientiarum. Nell’incisione pubblicata da Crassoil conte, che indossa l’armatura ma anche gli oc-chiali, ci appare dunque come un capitano gene-rale pronto alla guerra ma anche saggio. D’altra

cial, el modelo ha decidido posarcon unos grandes anteojos deébano, de un tipo que solían lu-cir los españoles distinguidos»,affermazione quest’ultima cheperò non è documentata. AncheH. H. Mann, Augenglas undPerspektiv, cit., pp. 82 e 160, ilquale pubblica il ritratto delMeadows Museum, afferma chein Spagna nel Seicento portaregli occhiali era simbolo di parti-colare potere e ricchezza e ri-manda ad uno studio di M.Scholz Hänsel che non sono riu-scita a rintracciare.

65. Cfr. Theatrum OmniumScientiarum, la citazione è trattada un paragrafo intitolato«Enarratio apparatus» ma dianaloghe se ne riscontrano intutto il libro.

parte è così che egli era celebrato nella cerimoniadel 1649 per la riapertura dello Studio di Napoli,come un «Principi verè magnanimo, pace, bello-què tam armis, quam literis probatissimo»65.Quanto di questa affermazione rifletta la realtástorica e quanto invece corrisponda all’intramon-tabile e consueta retorica del potere, che si auto-celebra ed auto-promuove, andrá verificato in al-tra sede.