I Ricordi Di Clara

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In memoria di Antonio Fabrini (1900 1944) Redatto da: Francesca Massimiano Liceo Scientifico I. Vian - Bracciano 1

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In memoria di Antonio Fabrini(1900 – 1944)

Redatto da: Francesca Massimiano

Liceo Scientifico I. Vian - Bracciano

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Questi sono i ricordi di ClaraFabrini, una bambina alla quale laguerra, il 24 Marzo del 1944,nell’Eccidio delle Fosse Ardeatine,ha portato via il padre.

Un tentativo per non dimenticare.

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Avevo nove anni, abitavo a Roma in Via Tirso 17 con il mio papàAntonio, che aveva 44 anni, mia madre Teresa e mia sorella più grande.

Mio padre mi adorava e mi portava sempre con sé, quasi come se vedesse inme quel figlio maschio che aveva desiderato ma non era arrivato ed ioricambiavo il suo amore.

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Aveva un negozio da stagnaro in viaMetauro e alcune persone lavoravanoper lui, la sua attività andava bene e acasa non ci faceva mancare nulla.

In quegli anni ogni tanto, papàriceveva degli amici e con loro sichiudeva in salone. La porta erasempre chiusa e se allora non capivocosa facessero, mi sarebbe stato moltopiù chiaro in seguito…

Mi sembrava che a mia madre questeriunioni non piacessero molto, così nonmi sorpresi quando mi accorsi cheproseguivano nel retro bottega delnegozio.

Questi incontri continuarono fino aquando mio padre fu arrestato.

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Era il 14 Marzo 1944. Mentre tornavo dascuola mi venne incontro un lavorante dimio padre e istintivamente chiesi dovefosse: quell’uomo mi rispose che era statoarrestato dai tedeschi.

Ero incredula, mi sembrava impossibile! Ilracconto del lavorante continuò: loavevano trovato nel negozio e il tentativodi uno dei suoi dipendenti di avvertirlo perfuggire era andato fallito.

Mio padre fu subito portato a viaTasso, un luogo famigerato per le tortureche le SS infliggevano agli antifascisti.

I tedeschi successivamente vennero aperquisire la nostra casa e il negozio, masenza trovare elementi che lo incolpasseroe che ne giustificassero l’arresto.

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Erano passati dieci giorni dal suo arresto, ed io che fino ad allora mi accorgevodel suo ritorno a casa dal tintinnio delle sue chiavi, facevo tante corse inutiliverso la porta, che continuava a restare chiusa, deludendo le mie speranze.

Mia madre ritornò a Via Tasso, fino a quando le comunicarono che mio padrenon era più lì. Non sapendo cosa fare, chiese aiuto a un amico di famiglia, cheera intimo conoscente di una signora tedesca: per suo tramite cercava di avere inqualche modo delle notizie.

La signora organizzò un pranzo a cui invitò un Tenente tedesco al quale furonodati tutti gli estremi dell’arresto. Dopo poco questa donna ci fece sapere che nonc’era niente a suo carico e che quindi sarebbe stato liberato.

In quei giorni terribili mia madreandava a Via Tasso a portare labiancheria pulita per mio padre equella che riportava a casa eramacchiata di sangue, a me sistringeva il cuore, ma cosa avreipotuto fare…

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Ma siamo al 23 marzo 1944, 25esimoanniversario della fondazione deiFasci Italiani diCombattimento, quando i partigianiche facevano parte dei Gruppi diAzione Patriottica compirono unattentato a Via Rasella.

Al passaggio di un reparto di 156uomini della Compagnia delReggimento “Bozen”, scoppiò unabomba collocata in un carrettino perla spazzatura.

Nell’esplosione rimasero uccisitrentadue militari tedeschi e cifurono sei vittime civili tra cui unbambino.

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La rappresaglia avvenne immediatamente e fu affidata al Colonnello HerbertKappler, coadiuvato dal Capitano Priebke.

La maggior parte dei condannati venne prelevata dal carcere di Regina Coeli edal comando di via Tasso. Durante la notte successiva all’attacco di viaRasella morì un altro soldato tedesco e Kappler, di sua iniziativa, decise diuccidere altre dieci persone. Erroneamente, causa la “fretta” di completare ilnumero dei destinati alla fucilazione per eseguire la rappresaglia, furonoaggiunte cinque persone all’elenco. Fra queste c’era mio padre, AntonioFabrini.

La reazione del comando nazista fuimmediata: fu deciso che sarebberostati fucilati dieci italiani per ognitedesco ucciso.

L’ordine di esecuzione in un primomomento riguardò trecentoventipersone, poiché inizialmente eranomorti trentadue soldati tedeschi.

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Abbiamo impiegato sei mesi per scoprire che fine avesse fatto mio padre e tanteerano state le false speranze.

Presa dalla disperazione mia madre consegnò l’ingente somma di centomila liread un repubblichino, pur di avere informazioni. Costui, infatti, tornò da noi connotizie rassicuranti, ma erano solo bugie.

Mio padre era morto il 24 marzo 1944 nell’Eccidio delle Fosse Ardeatine.

Mi fu raccontato, chevenne portato via dallasua cella dicendogli che loavrebbero portato alavorare.

Ma come si può lavorarecon le mani legate dalfilo di ferro dietro laschiena…

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I miei ricordi a questo punto diventano confusi, ma è ancora viva nella miamente l’immagine delle grotte: una fila interminabile di bare bianche erailluminata da una luce fioca.

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Clara crescendo capì che il padre quando si ritrovava con i suoi“amici”, aiutava i partigiani e per questo fu arrestato e ucciso. Il desiderio, nelraccontare la sua semplice storia che la accomuna a tante altre persone, è che sicontinui a ricordare e che i giovani di oggi facciano tesoro di un passatodoloroso che forse ad alcuni di loro appare tanto lontano.

Oggi Clara Fabrini vive aGrottaferrata, nonna e madre affettuosa elucida. Grande è stata la commozionecolta nel suo sguardo e nella sua voce.

Nonostante siano trascorsi sessanta-cinque anni, rabbia e dolore non trovanorassegnazione.

La madre di Clara morì appena alcunimesi dopo l’uccisione del marito.Ammalata di polmonite si abbandonò aldolore per la perdita del suo sposo. Clarae sua sorella furono affidate ad un tutore:erano rimaste sole ed erano minorenni.

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Le vicende personali delle famiglie superstiti e dei tanti che furonotestimoni di innumerevoli eventi dolorosi, a ricordare sono soprattuttodonne, mostrano come le generazioni del dopo guerra abbiano convissuto econvivano ancora, con una drammatica eredità: le Fosse Ardeatine restanoun simbolo per la coscienza del popolo italiano.

L’eccidio delle FosseArdeatine è diventato unsimbolo della “Lotta diLiberazione”, dell’eroismodei combattenti per lalibertà e un sicuro monitocontro le nostalgie per quelregime e per quel periodostorico.

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