I RETROSCENA DELL’ASSALTO AL COLOSSO … · lowattora l’anno. Il 5 per cento dell’inte-ro...

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gran bella operazione...». Alla porta del settantenne Giovanni Battista Brunori, primo valsabbino del- la lista, Lucchini non ha avuto neppure bisogno di bussare: nel ’96 aveva già ammesso suo figlio Ruggero nel salotto buono della Compart, da cui dipende la Montedison, insieme con Loris Fontana (bullonerie) e Giuseppe Gazzoni Fra- scara (Dietorelle). Nell’occasione il fon- datore della Ferriera Valsabbia di Odo- 66 Panorama 00/0/2000 U no è il re del tondino. Un altro il padrone delle ferriere. Un altro ancora il signore dell’acciaio. Per non parlare del magnate dell’alluminio e del boss dei bulloni. In tutto sono una quindicina di imprenditori affiatati. Fat- turano 8 mila miliardi di lire. Il visconte Etienne Davignon, commissario Cee per la Siderurgia negli anni 80, li definiva con disprezzo «les bresciens». Nel 2001 di Davignon nessuno parla più. Invece loro sono sempre in prima pagina. Ieri per la conquista della Telecom. Oggi per la scalata alla Montedison. Tra new economy e old economy, i bre- sciani incarnano la terza via: jurassic eco- nomy. Qualcosa di primordiale come gli elementi chimici e le leghe metalliche da cui traggono ricchezza: ferro, acciaio, rame, alluminio. Li guida Luigi Lucchi- ni, il dinosauro del tondino già capo del- la Confindustria, che di Montedison è presidente. «Visto che attivismo? I mila- nesi sono un po’ preoccupati» se la ride sotto i baffi l’armaiolo Ugo Gussalli Be- retta, presidente dell’Associazione in- dustriale bresciana, rappresentante del- la più antica dinastia imprenditoriale esistente sulla faccia del pianeta, 475 anni di storia alle spalle. Ma lui giura di non essere della partita. «Les bresciens» hanno lo stesso dna di Lucchini, nativo di Casto, in Valsabbia, l’uomo che nel primo dopoguerra non esitò a iscrivere nel bilancio la sua Lambretta per ren- dere più accettabile lo stato patrimoniale («Un tedesco venne a visitare l’officina di mio papà ed esclamò: “Ma questo è l’antro di Sigfrido!”, tanto era piccola»). Alla nascita ingoiano un tondino e fino alla morte non si spezzano né si piega- no. Gente solida, insomma. E tuttavia anche molto liquida: si parla di mille mi- liardi di azioni Montedison passate di mano in un mese con l’appoggio della Mediobanca. Soprattutto gente che parla poco e non ama vedersi sui giornali. Mondanità ze- ro. La riservatezza come regola di vita. «Non so chi abbia messo in giro queste voci ma non siamo noi a comprare» si chiama fuori Giuseppe Pasini, presi- dente del gruppo siderurgico Feralpi. «Smentisco formalmente le informazio- ni relative a un ipotetico coinvolgimen- to del sottoscritto nel presunto rastrella- mento di azioni Montedison» spreca ag- gettivi Ettore Lonati, socio di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno nelle po- tenti finanziarie bresciano-lussembur- ghesi Hopa e Bell che hanno conqui- stato Telecom. «Non c’entro niente, non so perché sia saltato fuori il mio nome» svicola Mario Bertoli della Metra di Ro- dengo Saiano, che ha fornito i serra- menti della nuova sede del Parlamento europeo di Strasburgo. Il fatto che il suo nome sia uscito sul Sole 24 Ore, organo confindustriale, sembra dirgli poco. «Non sono interessato né voglio esse- re implicato in giochi più grandi di me» dissimula umiltà Aldo Artioli, presiden- te della Aso di Ospitaletto e della Seb (Società elettrica bresciana), indicata co- me il cardine dell’iniziativa patrocinata da Lucchini. I 15 proprietari delle 110 im- prese siderurgiche alleate nella Seb con- sumano qualcosa come 11 miliardi di ki- lowattora l’anno. Il 5 per cento dell’inte- ro fabbisogno italiano. Una bolletta da mille miliardi di lire. «Perché allora non ci facciamo l’Enel in casa?» hanno ra- gionato. Lucchini ha individuato la via d’uscita nell’unione tra due giganti del- l’energia elettrica: Edison (controllata dalla Montedison) e Sondel (controllata dalla Falck). Senonché il piano per la fu- sione Montedison-Falck, preparato dal- la Mediobanca, è stato bocciato a fine febbraio dall’assemblea straordinaria Montedison. E per colpa di chi? Guarda caso di un bresciano d’adozione, Romain Zaleski, finanziere franco-polacco che ha rilevato la Carlo Tassara, fonderia di Breno. È bastata l’astensione di Zaleski, Banca di Roma, San Paolo-Imi e della fa- miglia milanese Strazzera per mandare a monte l’operazione. Perciò Lucchini ha chiamato a raccol- ta i bresciani, quelli giurassici della sua Valsabbia. Gente che s’è fatta da sola, come il patriarca Silvestro Niboli (Fon- dital di Vestone), leader italiano dei ca- loriferi in alluminio, da poco entrato nel segmento caldaie, sette figli, cinque coinvolti in azienda. Il quale commenta prudente: «Rastrellare Montedison? No, per ora. In futuro, forse. Certo che è una ATTUALITÀ La guerra per il controllo della Montedison, un gruppo che opera nell’energia, ali- mentare, assicurazioni, na- sce da un’ottima ragione e da una antica anomalia. L’a- nomalia è che Mediobanca possiede il 15 per cento del- la Montedison (la quota limi- te di partecipazione in so- cietà industriali fissata per legge), ma da quando «salvò» dal crac il gruppo Ferruzzi pretende di comandare come se possedesse la maggio- ranza. La ragione di tanti ap- petiti, invece, è che la Mon- tedison controlla anche Edi- son e Sondel (energia). Il che significa che, di fatto, è po- tenzialmente il più importan- te concorrente dell’Enel. Il progetto che lega i raider guidati da Romain Zaleski, è il cosiddetto «spezzatino». Il che significa vendere la Fon- diaria (assicurazioni) per fare cassa, cedere l’Eridania-Be- ghin Say (zucchero e altro) a qualche gruppo interessato, e dedicarsi a far soldi con l’e- nergia. Ma Mediobanca ha sempre privilegiato il control- lo e il potere rispetto ai pro- getti industriali. E piuttosto che vendere un gioiello come Fondiaria è disposta a con- durre una guerra a oltranza. Zucchero, luce e assicurazioni OLTRE LA OLD ECONOMY I RETROSCENA DELL’ASSALTO AL COLOSSO CONTROLLATO DA MEDIOBANCA Giurassici, ma con brio Hanno ferriere e fonderie, solide aziende di famiglia e liquidità da capogiro. Ora un gruppo di agguerriti e taciturni industriali bresciani sta tentando di scalare la Montedison. Per farsi in casa l’energia. di STEFANO LORENZETTO FRA VECCHIA GUARDIA E NEW DEAL Luigi Lucchini, attuale presidente di Montedison e «re del tondino», e l’armaiolo Ugo Gussalli Beretta, leader dell’Associazione degli industriali bresciani. L’andamento del titolo Montedison nel periodo compreso tra il 21 marzo e il 20 aprile 2001. lo, celebre per la sua parsimonia, aveva staccato un assegno di 20 miliardi. La fa- miglia Brunori ha sempre avuto il palli- no degli investimenti. Fu il salumiere Bortolo a mettere qualche lira nella Ilfo, acciaieria di Odolo. In cambio pretese che gli assumessero come apprendista operaio il figlio Giovanni Battista. Che, divenuto caporeparto, a 23 anni si con- vinse d’avere la stoffa per mettersi in proprio. Andò a batter cassa persino IMAGO ECONOMICA AGF LAURA RONCHI 3/5/2001 Panorama 67

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gran bella operazione...». Alla porta del settantenne Giovanni

Battista Brunori, primo valsabbino del-la lista, Lucchini non ha avuto neppurebisogno di bussare: nel ’96 aveva giàammesso suo figlio Ruggero nel salottobuono della Compart, da cui dipende laMontedison, insieme con Loris Fontana(bullonerie) e Giuseppe Gazzoni Fra-scara (Dietorelle). Nell’occasione il fon-datore della Ferriera Valsabbia di Odo-

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Uno è il re del tondino. Un altro ilpadrone delle ferriere. Un altroancora il signore dell’acciaio. Per

non parlare del magnate dell’alluminioe del boss dei bulloni. In tutto sono unaquindicina di imprenditori affiatati. Fat-turano 8 mila miliardi di lire. Il visconteEtienne Davignon, commissario Cee perla Siderurgia negli anni 80, li definivacon disprezzo «les bresciens». Nel 2001di Davignon nessuno parla più. Inveceloro sono sempre in prima pagina. Ieriper la conquista della Telecom. Oggi perla scalata alla Montedison.

Tra new economy e old economy, i bre-sciani incarnano la terza via: jurassic eco-nomy. Qualcosa di primordiale come glielementi chimici e le leghe metallicheda cui traggono ricchezza: ferro, acciaio,rame, alluminio. Li guida Luigi Lucchi-ni, il dinosauro del tondino già capo del-

la Confindustria, che di Montedison èpresidente. «Visto che attivismo? I mila-nesi sono un po’ preoccupati» se la ridesotto i baffi l’armaiolo Ugo Gussalli Be-retta, presidente dell’Associazione in-dustriale bresciana, rappresentante del-la più antica dinastia imprenditorialeesistente sulla faccia del pianeta, 475anni di storia alle spalle. Ma lui giura dinon essere della partita. «Les bresciens»hanno lo stesso dna di Lucchini, nativodi Casto, in Valsabbia, l’uomo che nelprimo dopoguerra non esitò a iscriverenel bilancio la sua Lambretta per ren-dere più accettabile lo stato patrimoniale(«Un tedesco venne a visitare l’officinadi mio papà ed esclamò: “Ma questo èl’antro di Sigfrido!”, tanto era piccola»).Alla nascita ingoiano un tondino e finoalla morte non si spezzano né si piega-no. Gente solida, insomma. E tuttaviaanche molto liquida: si parla di mille mi-liardi di azioni Montedison passate dimano in un mese con l’appoggio dellaMediobanca.

Soprattutto gente che parla poco e nonama vedersi sui giornali. Mondanità ze-ro. La riservatezza come regola di vita.«Non so chi abbia messo in giro questevoci ma non siamo noi a comprare» sichiama fuori Giuseppe Pasini, presi-dente del gruppo siderurgico Feralpi.«Smentisco formalmente le informazio-ni relative a un ipotetico coinvolgimen-to del sottoscritto nel presunto rastrella-

mento di azioni Montedison» spreca ag-gettivi Ettore Lonati, socio di EmilioGnutti e Roberto Colaninno nelle po-tenti finanziarie bresciano-lussembur-ghesi Hopa e Bell che hanno conqui-stato Telecom. «Non c’entro niente, nonso perché sia saltato fuori il mio nome»svicola Mario Bertoli della Metra di Ro-dengo Saiano, che ha fornito i serra-menti della nuova sede del Parlamentoeuropeo di Strasburgo. Il fatto che il suonome sia uscito sul Sole 24 Ore, organoconfindustriale, sembra dirgli poco.

«Non sono interessato né voglio esse-re implicato in giochi più grandi di me»dissimula umiltà Aldo Artioli, presiden-te della Aso di Ospitaletto e della Seb(Società elettrica bresciana), indicata co-me il cardine dell’iniziativa patrocinatada Lucchini. I 15 proprietari delle 110 im-prese siderurgiche alleate nella Seb con-sumano qualcosa come 11 miliardi di ki-lowattora l’anno. Il 5 per cento dell’inte-ro fabbisogno italiano. Una bolletta damille miliardi di lire. «Perché allora nonci facciamo l’Enel in casa?» hanno ra-gionato. Lucchini ha individuato la viad’uscita nell’unione tra due giganti del-l’energia elettrica: Edison (controllatadalla Montedison) e Sondel (controllatadalla Falck). Senonché il piano per la fu-sione Montedison-Falck, preparato dal-la Mediobanca, è stato bocciato a finefebbraio dall’assemblea straordinariaMontedison. E per colpa di chi? Guardacaso di un bresciano d’adozione, RomainZaleski, finanziere franco-polacco cheha rilevato la Carlo Tassara, fonderia diBreno. È bastata l’astensione di Zaleski,Banca di Roma, San Paolo-Imi e della fa-miglia milanese Strazzera per mandarea monte l’operazione.

Perciò Lucchini ha chiamato a raccol-ta i bresciani, quelli giurassici della suaValsabbia. Gente che s’è fatta da sola,come il patriarca Silvestro Niboli (Fon-dital di Vestone), leader italiano dei ca-loriferi in alluminio, da poco entrato nelsegmento caldaie, sette figli, cinquecoinvolti in azienda. Il quale commentaprudente: «Rastrellare Montedison? No,per ora. In futuro, forse. Certo che è una

ATTUALITÀ

La guerra per il controllodella Montedison, un gruppoche opera nell’energia, ali-mentare, assicurazioni, na-sce da un’ottima ragione eda una antica anomalia. L’a-nomalia è che Mediobancapossiede il 15 per cento del-la Montedison (la quota limi-te di par tecipazione in so-cietà industriali fissata perlegge), ma da quando «salvò»dal crac il gruppo Ferruzzipretende di comandare comese possedesse la maggio-ranza. La ragione di tanti ap-petiti, invece, è che la Mon-tedison controlla anche Edi-son e Sondel (energia). Il chesignifica che, di fatto, è po-tenzialmente il più importan-te concorrente dell’Enel.

Il progetto che lega i raiderguidati da Romain Zaleski, èil cosiddetto «spezzatino». Ilche significa vendere la Fon-diaria (assicurazioni) per farecassa, cedere l’Eridania-Be-ghin Say (zucchero e altro) aqualche gruppo interessato,e dedicarsi a far soldi con l’e-nergia. Ma Mediobanca hasempre privilegiato il control-lo e il potere rispetto ai pro-getti industriali. E piuttostoche vendere un gioiello comeFondiaria è disposta a con-durre una guerra a oltranza.

Zucchero, lucee assicurazioni

OLTRE LA OLD ECONOMY I RETROSCENA DELL’ASSALTO AL COLOSSO CONTROLLATO DA MEDIOBANCA

Giurassici, ma con brioHanno ferriere e fonderie,solide aziende di famigliae liquidità da capogiro.Ora un gruppo di agguerriti e taciturni industrialibresciani sta tentando di scalare la Montedison.Per farsi in casa l’energia.� di STEFANO LORENZETTO

FRA VECCHIA GUARDIA E NEW DEALLuigi Lucchini, attuale presidente di Montedison

e «re del tondino», e l’armaiolo Ugo Gussalli Beretta,leader dell’Associazione degli industriali bresciani.

L’andamento del titolo Montedison nel periodocompreso tra il 21 marzo e il 20 aprile 2001.

lo, celebre per la sua parsimonia, avevastaccato un assegno di 20 miliardi. La fa-miglia Brunori ha sempre avuto il palli-no degli investimenti. Fu il salumiereBortolo a mettere qualche lira nella Ilfo,acciaieria di Odolo. In cambio preteseche gli assumessero come apprendistaoperaio il figlio Giovanni Battista. Che,divenuto caporeparto, a 23 anni si con-vinse d’avere la stoffa per mettersi inproprio. Andò a batter cassa persino

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3/5/2001 Panorama • 67

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dal medico condotto e creònel ’54 la Ferriera Valsabbia, dicui oggi è amministratore suo fi-glio Ruggero, 41 anni, laureatoin legge. La figlia Paola si dedi-ca invece all’azienda agricolaCascina La Pertica di Polpenaz-ze, sul lago di Garda, che pro-duce un olio molto apprezzatoda Giorgio Bocca. Di Odolo so-no anche i Pasini (Feralpi). AiBrunori contendono la leader-ship nella produzione nazionaledi ferro tondo per cemento ar-mato. Carlo Pasini, il capostipitescomparso nell’83, marito di Ca-milla Savoldi, thatcherianamente ribat-tezzata «la lady di ferro» e padre di quelGiuseppe che nega di far parte dellacordata Montedison, aveva un fiuto fe-nomenale nell’acquisto dei rottami, ma-teria prima per la siderurgia. Nel ’69 la-sciò il paesello e s’insediò a Lonato, adue passi dalle autostrade A4 e A22.Scelta previdente.

Il primogenito, che ha 40 anni e lavora12 ore al giorno, è andato oltre: ha im-piantato fabbriche a Francoforte e a Mo-naco di Baviera e adesso alleva persinostorioni. La sua Agroittica Lombarda diCalvisano sfrutta l’acqua calda prove-niente dai forni di una delle acciaierie edè la prima produttrice in Europa di cavialed’allevamento: tre tonnellate annue diCalvisius Malossol vendute solo su pre-notazione. Fra tutti spicca però il nome diEttore Lonati, anello di congiunzione trala Brescia dei «tondinari» e la Mantovadel ragionier Colaninno. Un’amiciziaguantata dai collant, essendo i Lonati pro-prietari del colosso meccanotessile (1.500miliardi di fatturato) checostruisce il 90 per centodei macchinari vendutinel mondo per fare calzeda donna. Attività, que-st’ultima, radicata nellaterra dei Gonzaga. Infat-ti Ettore Lonati è consi-gliere della Banca agri-cola mantovana. «Ben-

ché sulla sessantina, prende ancora ordi-ni, con i fratelli, dal padre Francesco, ul-tranovantenne» confida un amico. Al-leandosi con gli Stabiumi, produttori digrana padano, nell’80 i Lonati hanno ri-levato due terzi di Alfa Acciai, mille mi-liardi di giro d’affari, stabilimenti a Bre-scia, Vicenza, Parma e Catania. AncheAmato Stabiumi è fra i personaggi indi-ziati dei movimenti su Montedison.

Non poteva mancare, in questa sagabresciana, un cognome inossidabile:Gnutti. Ecco quindi Amedeo Gnutti, del-la Eredi Gnutti metalli di Brescia, nes-suna parentela con Emilio Gnutti, dettoChicco, figlio di un sarto e collezionistad’auto, che scoprì la finanza nel ’79 leg-gendo le clausole di un contratto di lea-sing per l’acquisto di una Bentley. Edecco Giampiero Ghidini, che ha trasfor-mato in trafilerie le ex acciaierie Gnuttidi Lumezzane. Ghidini, zio di Roberta,rapita dieci anni fa dalla ’ndrangheta ca-labrese e liberata dopo 29 giorni di pri-gionia, ha sposato una Stefana delle ac-

ciaierie Fratelli Stefana fu Girolamo diNave e ha un altro business che gli stamolto a cuore (a lui come a molti altri trai quali Giovanni Dalla Bona): l’hôtelle-rie. Possiede il Villa Cortine di Sirmio-ne, dove Woody Allen pernottava conMia Farrow e prole durante i soggiorniitaliani (fu proprio qui che l’attore s’in-vaghì della figlia adottiva Soon Yi, poidivenuta sua moglie). Appartengono aGhidini anche l’Imperial Palace di San-ta Margherita Ligure, il Vittoria di Bre-scia, il Savoia di Madonna di Campiglio.

Ma perché la jurassic economy ha at-tecchito proprio qua? «Per l’abbondan-za di centrali elettriche nelle valli, vistoche la siderurgia è per sua natura “ener-givora”» risponde Gian Battista Lanza-ni, da 21 anni direttore del Giornale diBrescia. «Quando la Fiat agli inizi delsecolo contava 500 dipendenti, la Fran-chi-Gregorini, fonderia della Valcamo-nica, ne aveva già 5 mila». L’ultimo a su-bire il fascino della Valcamonica è statoZaleski, casa a Darfo e residenza estivaa Borno. C’era arrivato come ingegneredella francese Comilog. Anche lui soli-do e liquidissimo: 600 miliardi appenaincassati dal conferimento alla Compartdel suo 38,5 per cento di Falck. Que-st’anno la sola Tassara gli regalerà 200miliardi di utile. Per il momento Zaleskiha tagliato la strada a Lucchini. «Ma unaltro bresciano, Giovanni Bazoli, presi-dente di Banca Intesa e azionista Mon-tedison, amico di entrambi, alla fine limetterà d’accordo» profetizza Lanzani.«Lo penso anch’io: conviene a tutti» siassocia Ugo Gussalli Beretta. Capitoperché «les bresciens» si stanno com-prando mezza Italia? �

ATTUALITÀ

AFFAMATI DI ELETTRICITÀLe 110 imprese siderurgiche bresciane

consumano mille miliardi l’anno di energia.

VOILÀ LES BRESCIENSAltri bresciani dal portafoglimiliardario e dagli interessi

diversificati: da sinistra,Ruggero Brunori,

Giovanni Dalla Bona e Silvestro Niboli.

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