I racconti di Belzebù a suo nipote (G.I. Gurdjieff) - pdf

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GEORGES GURDJIEFF I racconti di Belzebù a suo nipote NERI POZZA Fino al 1 924, G.I. Gurdjieff aveva insegnato alla maniera orientale, comunicando le sue idee a un piccolo gruppo di allievi, sempre e solo in modo diretto sia nella teoria che nella pratica, senza mai permetter loro di trascrive- re le indicazioni ricevute. Ma quell'anno, in seguito a un grave incidente, egli ritenne che fosse giunto il momento di far conoscere l'in- sieme delle sue idee «in una forma accessibile a tutti». Si trattava cioè di evocarle in un libro che potesse suscitare nel lettore sconosciuto una nuova e inabituale corrente di pensieri; perciò egli decise di adottare la forma, comu- ne alle grandi tradizioni, di un racconto miti- co «su scala universale» e tuttavia centrato sul problema essenziale: il significato della vita umana. Allora, pur senza abbandonare le sue altre attività, si piegò al mestiere di scrittore, con la prontezza e il vigore che lo caratterizza- vano e con quell'abilità artigianale che in gio- ventù gli aveva permesso di imparare tanti altri mestieri. L'opera fu scritta in condizioni spesso difficili e nei luoghi più disparati. Man mano che procedeva la stesura, egli ne faceva leggere ad alta voce i brani, che poi rielabora- va. Qualche anno più tardi, portato a termine il suo compito, Gurdijeff non aveva scritto solo un libro, bensì una serie di libri. A que- sto insieme monumentale egli diede come titolo Di tutto e del Tutto. I Racconti di Belzebù a suo nipote ne costituiscono la prima parte. Sin dall'inizio intorno al libro si crea una leg- genda: il suo carattere insolito fa sì che molti lo dichiarino impubblicabile. E tuttavia nel 1948, un anno prima della sua morte, Gurdjieff ne fa preparare l'edizione in diverse lingue, e nel '50 viene pubblicato simultanea- mente in America, in Inghilterra e in Austria. Da allora è stato tradotto e pubblicato in deci- Grafica: Studio Bosi, Verona

Transcript of I racconti di Belzebù a suo nipote (G.I. Gurdjieff) - pdf

  • GEORGES GURDJIEFF

    I raccontidi Belzeb

    a suo nipote

    NERI POZZA

    Fino al 1 924, G.I. Gurdjieff aveva insegnatoalla maniera orientale, comunicando le sueidee a un piccolo gruppo di allievi, sempre esolo in modo diretto sia nella teoria che nellapratica, senza mai permetter loro di trascrive-re le indicazioni ricevute. Ma quell'anno, inseguito a un grave incidente, egli ritenne chefosse giunto il momento di far conoscere l'in-sieme delle sue idee in una forma accessibilea tutti. Si trattava cio di evocarle in un libroche potesse suscitare nel lettore sconosciutouna nuova e inabituale corrente di pensieri;perci egli decise di adottare la forma, comu-ne alle grandi tradizioni, di un racconto miti-co su scala universale e tuttavia centrato sulproblema essenziale: il significato della vitaumana. Allora, pur senza abbandonare le suealtre attivit, si pieg al mestiere di scrittore,con la prontezza e il vigore che lo caratterizza-vano e con quell'abilit artigianale che in gio-vent gli aveva permesso di imparare tantialtri mestieri. L'opera fu scritta in condizionispesso difficili e nei luoghi pi disparati. Manmano che procedeva la stesura, egli ne facevaleggere ad alta voce i brani, che poi rielabora-va. Qualche anno pi tardi, portato a termineil suo compito, Gurdijeff non aveva scrittosolo un libro, bens una serie di libri. A que-sto insieme monumentale egli diede cometitolo Di tutto e del Tutto. I Racconti di Belzeba suo nipote ne costituiscono la prima parte.Sin dall'inizio intorno al libro si crea una leg-genda: il suo carattere insolito fa s che moltilo dichiarino impubblicabile. E tuttavia nel1948, un anno prima della sua morte,Gurdjieff ne fa preparare l'edizione in diverselingue, e nel '50 viene pubblicato simultanea-mente in America, in Inghilterra e in Austria.Da allora stato tradotto e pubblicato in deci-

    Grafica: Studio Bosi, Verona

  • I NARRATORI DELLE TAVOLE

    Titolo originale:Rcits de Belzbuth son petit-fils 1976, by Triangle Editions Inc., New York

    Prima edizione italiana: L'Ottava Edizioni, 1988

    Quarta edizione Neri Pozza Editore, settembre 2004

    Edizione rivista daLetizia Comba e Danilo Cassina

    1999 Neri Pozza Editore, Vicenza

    ISBN 88-7305-721-7

    Il nostro indirizzo internet : www.neripozza.it

    Finito di stampare nel mese di settembre 2004per conto di Neri Pozza Editore, Vicenzada Milanostampa - A.G.G. di Farigliano (CN)

  • Prima serie in tre libriI RACCONTI DI BELZEB

    A SUO NIPOTECRITICA OGGETTIVAMENTE IMPARZIALE

    DELLA VITA DEGLI UOMINI

    Critica oggettivamente imparzialedella vita degli uomini

    a suo nipote

    Terza serie in cinque libriLA VITA REALE SOLO QUANDO IO SONO

    Seconda serie in due libriINCONTRI CON UOMINI STRAORDINARI traduzione di

    Letizia Comba e Igor Legati

    DI TUTTO E DEL TUTTODieci libri in tre serie*

    GEORGES I. GURDJIEFF

    I racconti di Belzeb

    NERI POZZA EDITORE

    Piano generale delle opere predisposto dall'Autore.

  • INDICE

    LIBRO PRIMO

    1. Il risveglio del pensiero2. Prologo. Perch Belzeb venne nel nostro sistema

    solare3. La causa di un ritardo nella caduta del Karnak4. La legge di caduta5. Il sistema dell'Arcangelo Khariton6. Moto perpetuo7. Prendere coscienza del vero dovere esserico8. In cui quel discolo di Hassin, nipote di Belzeb,

    osa chiamare gli uomini lumaconi9. Causa della genesi della Luna

    10. Perch gli "uomini" non sono uomini11. Un tratto gustoso nell'originale psichismo

    degli uomini12. Prime avvisaglie13. Perch nella ragione dell'uomo l'immaginario

    pu essere percepito come reale14. In cui si intravede una prospettiva che non

    promette nulla di buono15. Prima discesa di Belzeb sulla Terra16. Relativit della nozione di Tempo17. Arci-assurdo (in cui si trovano le affermazioni

    di Belzeb secondo cui il nostro solenon illumina e non riscalda)

    18. Arci-fantasijco19. Belzeb raccontala sua seconda discesa

    sul pianeta Terra

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    RACCOMANDAZIONE BENEVOLAimprovvisata dall'Autore al momento della consegna del libro all'editore

    Le numerose deduzioni e conclusioni cui son giunte le mie ricer-che sperimentali sul profitto che gli uomini contemporanei possonotrarre dalle nuove impressioni, prodotte da ci che leggono o asco l-tano, mi riportano alla memoria un detto popolare, pervenutocidalla notte dei tempi, che recita:

    Qualsiasi preghiera pu essere sentita dalle forze superiori evenir esaudita, a condizione che sia ripetuta tre volte:

    la prima per il bene o il riposo dell'anima dei nostri genitori;la seconda per il bene del nostro prossimo;e la terza soltanto per il nostro proprio bene.Ritengo quindi necessario, sin dalla prima pagina di questo pri-

    mo libro pronto per le stampe, di dare il seguente consiglio:Leggete tre volte ciascuna delle mie opere:la prima volta, almeno nel modo meccanico in cui vi siete abi-

    tuati a leggere i vostri libri e giornali;la seconda volta, come se la leggeste a un ascoltatore straniero;e la terza volta cercando di penetrare l'essenza stessa di ci che

    dico.Soltanto allora sarete in grado di formarvi un giudizio imparzia-

    le, vostro e soltanto vostro, sui miei scritti. E soltanto allora si rea-lizzer la mia speranza: che riceviate, secondo la vostra comprensio-ne, lo specifico beneficio che ho previsto per voi e che vi augurocon tutto il mio essere.

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    8 INDICE INDICE 9

    20. Il terzo volo di Belzeb verso il pianeta Terra21. La prima visita di Belzeb all'India22. Il primo viaggio di Belzeb in Tibet23. Quarto soggiorno personale di Belzeb

    sul pianeta Terra24. Il quinto volo di Belzeb sulla Terra25. Il Santissimo Ashyata Sheyimash inviato dall'Alto

    sulla Terra26. Legamonismo concernente le riflessioni

    del Santissimo Ashyata Sheyimash avente per titoloOrrore della Situazione

    27. L'ordine di esistenza creato per gli uominidal Santissimo Ashyata Sheyimash

    28. Il principale colpevole della distruzionedei Santi Lavori di Ashyata Sheyimash

    29. I frutti delle civilt antiche e i fiori di quellecontemporanee

    30. L'Arte

    41. Il derviscio bukhariano Hadij-Asvatz-Truv 72342. Belzeb in America 76243. Rapporto di Belzeb sul processo di reciproca

    distruzione degli uomini, ovvero l'opinionedi Belzeb sulla guerra 873

    44. Secondo Belzeb, la concezione della giustizianutrita dagli uomini , in senso oggettivo,un maledetto miraggio 924

    45. Secondo Belzeb, il fatto che gli uomini estragganol'elettricit dalla Natura e la distruggano usandola una delle cause principali dell'accorciamentodella vita umana 946

    46. Belzeb spiega al nipotino il significato della forma dell'ordine scelti per esporre le sue informazioni

    sull'uomo 96047. L'inevitabile risultato del pensiero imparziale 97048. Conclusioni dell'autore 980

    LIBRO SECONDO

    31. Sesto e ultimo soggiorno di Belzebsulla superficie della Terra

    32. L'ipnotismo33. Belzeb ipnotizzatore34. Belzeb in Russia35. Variazione della caduta prevista per il vascello

    intersistemico Karnak36. Ancora due parole sui tedeschi37. La Francia38. La religione39. Il Santo Pianeta Purgatorio

    LIBRO TERZO

    40. Belzeb racconta come gli uomini hanno conosciutoe dimenticato la legge cosmica fondamentaledi Heptaparaparshinokh 677

  • Capitolo 1

    IL RISVEGLIO DEL PENSIERO

    L'insieme, esposto secondo principi di ragionamento logico deltutto nuovi, mira a realizzare tre comiti fondamentali:p

    PRIMA SERIEEstirpare dal pensiero e dal sentimento del lettore, spietatamente esenza il minimo compromesso, le credenze e le opinioni, radicateda secoli nello psichismo degli uomini, riguardanti tutto ci cheesiste al mondo.

    SECONDA SERIEFar conoscere il materiale necessario a una riedificazione, e provar-ne la quantit e la qualit.

    TERZA SERIEFavorire lo schiudersi, nel pensiero e nel sentimento del lettore, diuna rappresentazione giusta, non fantasiosa, del mondo reale, alposto del mondo illusorio che egli percepisce.

    Fra tutte le convinzioni formatesi nella mia "presenza inte-grale" durante la mia vita responsabile, ordinata in modopiuttosto singolare, ce n' una incrollabile secondo cui tuttigli uomini qualunque grado di sviluppo abbia raggiunta , laloro comprensione, e qualunque forma di manifestazioneabbiano assunto i fattori che suscitano ideali di tutti i tipinelle loro individualit provano, sempre e dovunque sullaterra, il bisogno di pronunciare a voce alta, o almeno fra se s, quando cominciano una nuova impresa, un'invocazionecomprensibile a chiunque, anche all'individuo pi ignorante,che si modificata nelle sue parole di et in et finch oggisuona cos: Nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto. Amen.

    E perci anch'io, dovendomi imbarcare in un'avventuradel tutto nuova per me come quella di scrivere un libro, co-mincio con quest'invocazione e la pronuncio a voce ben chia-ra, anzi, per dirla con gli antichi Tulositi, con un'intonazio-ne alta e solenne; nella misura, s'intende, in cui lo consen-tono i dati gi formatisi nella mia presenza integrale e forte-mente radicati in essa: cio i dati che si costituiscono nellanatura dell'uomo durante l'et preparatoria, e che pi tardi,nel corso della sua vita responsabile, determinano il caratteree la forza vivificante di questa intonazione.

    Dopo un esordio simile posso star tranquillo, anzi dovrei,secondo le concezioni che i nostri contemporanei si fannodella "morale religiosa", essere sicurissimo che nella mia nuo-va impresa ormai "tutto andr a gonfie vele".

    Insomma, io inizio cos. E per il resto, non posso che ripe-tere col cieco: Si vedr!.

  • IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 15

    Capitolo 1

    IL RISVEGLIO DEL PENSIERO

    Fra tutte le convinzioni formatesi nella mia "presenza inte-grale" durante la mia vita responsabile, ordinata in modopiuttosto singolare, ce n' una incrollabile secondo cui tuttigli uomini qualunque grado di sviluppo abbia raggiunto laloro comprensione, e qualunque forma di manifestazioneabbiano assunto i fattori che suscitano ideali di tutti i tipinelle loro individualit provano, sempre e dovunque sullaterra, il bisogno di pronunciare a voce alta, o almeno fra se s, quando cominciano una nuova impresa, un'invocazionecomprensibile a chiunque, anche all'individuo pi ignorante,che si modificata nelle sue parole di et in et finch oggisuona cos: Nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto. Amen.

    E perci anch'io, dovendomi imbarcare in un'avventuradel tutto nuova per me come quella di scrivere un libro, co-mincio con quest'invocazione e la pronuncio a voce ben chia-ra, anzi, per dirla con gli antichi Tulositi, con un'intonazio-ne alta e solenne; nella misura, s'intende, in cui lo consen-tono i dati gi formatisi nella mia presenza integrale e forte-mente radicati in essa: cio i dati che si costituiscono nellanatura dell'uomo durante l'et preparatoria, e che pi tardi,nel corso della sua vita responsabile, determinano il caratteree la forza vivificante di questa intonazione.

    Dopo un esordio simile posso star tranquillo, anzi dovrei,secondo le concezioni che i nostri contemporanei si fannodella "morale religiosa", essere sicurissimo che nella mia nuo-va impresa ormai "tutto andr a gonfie vele".

    Insomma, io inizio cos. E per il resto, non posso che ripe-tere col cieco: Si vedr!.

    vita, quasi dal giorno in cui imparai a distinguere una femmi-na da un maschio, ho fatto una cosa, una qualsiasi benchminima cosa, allo stesso modo in cui la facevano i bipedi mieisimili, distruttori dei beni della Natura; pertanto adesso devo,anzi vi sono tenuto per principio, scrivere in modo diverso daquello di qualsiasi altro scrittore.

    Dunque, al posto della solita prefazione, inizier con unsemplice avvertimento.

    E sar molto ragionevole da parte mia iniziare con unavvertimento, per il semplice motivo che cos non contraddi-co nessuno dei miei principi, n organico, n psichico, nsemplicemente "stravagante". Sar allo stesso tempo una cosaonesta, oggettivamente parlando, beninteso, perch mi

    aspettocon certezza (come del resto chiunque mi conosca da vici-no) che i miei scritti facciano sparire nella maggioranza deimiei lettori, una volta per sempre e non progressivamente,come prima o poi capita a chiunque tutti i "tesori" chepossiedono, sia quelli ricevuti in eredit sia quelli acquisiticon la propria fatica, sotto forma di "nozioni tranquillizzanti"destinate a evocare soltanto immagini lusinghiere della vitapresente e ingenui sogni per l'avvenire.

    Ordinariamente, gli scrittori professionisti cominciano leloro prefazioni indirizzandosi al lettore con molti titoli pom-posi, e circonlocuzioni ampollose, enfatiche e melate.

    Soltanto in questo seguir il loro esempio e cominceranch'io con una "circonlocuzione" del genere, evitando be-ninteso di farla diventare troppo stucchevole, come quelle acui gli scrittori sono abituati e che hanno come unico scopodi titillare la sensibilit dei lettori pi o meno normali.

    Dunque...Miei carissimi, onoratissimi, risolutissimi e certamente pa-

    zientissimi Signri; e mie carissime, affascinanti e imparzialiSignore... oh! scusate, dimenticavo l'essenziale: mie per nullaisteriche Signore!

    Ho l'onore di dichiararvi che, in seguito ad alcune condi-zioni a me imposti dalle ultime tappe del mio processo divita, mi accingo vermente a scrivere alcuni libri, eppure fino-

  • 18 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 19

    E mi sono manifestato cos nei confronti di questa scioc-chezza se di sciocchezza si tratta grazie a tre dati costituitisinella mia presenza generale durante l'et preparatoria, dati dicui intendo parlarvi tra poco in questo primo capitolo dellemie opere.

    Sia come sia, il fatto sotto tutti gli aspetti abbagliantecome un'insegna pubblicitaria americana e nessuna forzapotrebbe modificarlo, nemmeno la scienza di qualche espertoin "affari scimmieschi": il fatto che io, considerato negli ultimianni da parecchie persone come un discreto maestro nelledanze dei templi, divento da oggi uno scrittore professionista.E imbratter migliaia di fogli, inutile nasconderlo, visto chesin dall'infanzia mia caratteristica, quando faccio qualcosa,di andare fino in fondo. Ma poich, come vedete, mi mancala necessaria pratica automaticamente acquisita e automatica-mente manifestata, sono costretto a scrivere le cose che pensoin uno stile semplice, ordinario, suggerito dall'esistenza quo-tidiana, un linguaggio corrente, senza preziosismi grammati-cali o manipolazioni letterarie.

    S, ma... non ancora finita! Non ho ancora nemmenodeciso la cosa principale!

    In che lingua scriver?Naturalmente ho gi cominciato a scrivere in russo, ma

    una lingua in cui, per dirla con le parole che avrebbe usatoil Saggio dei Saggi, Mullah Nassr Eddin', non si va moltolontano.

    Il russo una lingua eccellente, questo certo. Io stessol'apprezzo moltissimo, ma solo per raccontare aneddoti o persciorinare, fra mille epiteti elogiativi, l'albero genealogico diqualcuno.

    i Mullah Nassr Eddin, detto anche Nassr Eddin Hodja, sembra essere del tuttoignoto in Europa e in America, mentre molto noto in tutti i paesi del continenteasiatico. un personaggio leggendario, paragonabile al russo "Kusma Prutkoff allo"zio Sam" americano, o all'inglese "John Bull". In Oriente a Nassa Eddin vengonoattribuite numerose massime popolari che esprimono tutte, dalle pi antiche alle pirecenti, "la saggezza della vita".

    La lingua russa un po' come l'inglese, insuperabile perle discussioni da "smoking room" quando, comodamente spro-fondati in una buona poltrona e con i piedi appoggiati suquella di fronte, si disquisisce sulla "carne congelata australia-na" o anche sul "problema dell'India".

    Sono due lingue che somigliano al piatto che a Moscachiamano "solianka", in cui si mette un po' di tutto, trannevoi e me: persino il "cheshma di Sheherazade.

    Devo aggiungere che, grazie alle condizioni in cui mi sonotrovato in modo accidentale o forse non accidentale du-rante la mia giovinezza, ho dovuto imparare molto seriamen-te, con grandi sforzi su me stesso, a parlare, leggere e scriverein diverse lingue; tanto che se avessi deciso, per esercitare laprofessione che il destino m'impone all'improvviso, di rinun-ciare all"automatismo" dovuto alla pratica, potrei scrivereindifferentemente in ognuna di queste lingue.

    Ma per agire in modo sensato, e trar profitto da un auto-matismo diventato ormai confortevole per la lunga pratica,bisogna che scriva o in russo o in armeno; infatti negli ultimiventi o trent'anni queste sono le due sole lingue di cui mi sonservito nei rapporti con gli altri, e che mi sono diventateautomatiche.

    Ah! per l'Inferno!Mi ritrovo ancora una volta a subire i tormenti dovuti a

    una particolarit del mio strano psichismo, cos diverso daquello di un uomo normale.

    E il "tormento" che provo adesso, a un'et sin troppomatura, mi viene da una propriet radicatasi fin dall'infanzianel mio strano psichismo, insieme con tutta l'inutile paccotti-glia della vita contemporanea, propriet che automaticamen-te mi costringe, sempre e in tutto, ad agire secondo i dettamidella saggezza popolare.

    Nel caso presente, come sempre di fronte a un'incertezza,al mio cervello costruita in modo tanto sgradevole da diven-tare per me una tortura si impone un detto che la saggezza

    2 "Cheshma": velo.

  • 20 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 21

    popolare ci tramanda da tempi antichissimi con queste paro-le: un bastone ha sempre due capi.

    Qualsiasi uomo di giudizio pi o meno sano che si sforzi dicomprendere il senso recondito e la portata reale di questastrana massima, arriver presto, secondo me, a questa conclu-sione: che tutte le idee su cui si fonda la concezione inclusain questa frase riposano sulla verit, riconosciuta fin dallanotte dei tempi, secondo cui nella vita degli uomini, come intutte le altre cose, ogni fenomeno dovuto a due cause dicarattere opposto e provoca due effetti totalmente opposti,che a loro volta sono causa di nuovi fenomeni. Per esempio,se una cosa proveniente da due cause diverse genera la luce,questa "cosa" produrr inevitabilmente anche il fenomenocontrario, cio il buio; oppure se un certo fattore suscitanell'organismo di una creatura vivente l'impulso di un piace-re tangibile, lo stesso fattore susciter inevitabilmente il suocontrario, dunque un'insoddisfazione altrettanto tangibile; ecos via, sempre e in tutto.

    Applicando perci al nostro caso quest'immagine, fissatada secoli di saggezza popolare, di un bastone che ha due capi,n pi n meno, dei quali uno pu essere considerato buonoe l'altro cattivo, se io utilizzassi l'automatismo acquisito conuna lunga pratica per me le cose andrebbero benissimo; peril lettore invece, secondo quel famoso detto, accadrebbe esat-tamente il contrario, e il contrario del bene ognuno sa checosa sia, anche senza soffrire di emorroidi.

    In altre parole, se approfitter del mio privilegio per pren-dere il bastone dalla parte buona, quella cattiva inevitabilmen-te "ricadr sulla testa del lettore".

    E potrebbe accadere veramente! Infatti in russo impossi-bile esprimere tutte le sottigliezze delle questioni filosofichech mi accingo a trattare, mentre possibile in armeno: maper gran disgrazia degli Armeni d'oggi, la loro lingua nonconsente di trattare le nozioni contemporanee.

    Per addolcire l'amarezza che provo, vi dir che in giovent,al tempo in cui cominciavo a interessarmi e persino ad appas-sionarmi alle questioni filologiche, la lingua armena era quellache preferivo a tutte le altre, ivi compresa la mia lingua natale.

    E mi piaceva specialmente perch aveva un suo nerbo, enon somigliava affatto alle lingue vicine o affini.

    Ogni "tonalit", come dicono i sapienti filologi, era propriaa lei sola, e sin da allora mi sembrava corrispondere perfetta-mente allo psichismo degli uomini di quella nazione.

    Ma negli ultimi trenta o quarant'anni ho visto questa lin-gua trasformarsi a tal punto che, pur senza avere completa-mente perduto l'originalit e l'indipendenza possedute fin datempi antichissimi, oggi essa ridotta a una "grottesca insalatadi lingue" consentitemi l'espressione in cui un uditore pio meno attento e cosciente pu percepire la composita unio-ne di sonorit turche, persiane, curde, francesi e russe, mesco-late a suoni inarticolati, del tutto "indigesti".

    Si potrebbe quasi dire lo stesso della mia lingua natale, ilgreco, che ho parlato nella mia fanciullezza e che ha ancoramantenuto per me tutto il gusto del "potere associativo auto-matico". Forse in questa lingua potrei esprimere tutto quelloche voglio; ma mi impossibile utilizzarla qui per la sempliceragione, assai comica del resto, che qualcuno dovr necessa-riamente trascrivere i miei testi e tradurli nelle lingue volute.E chi potrebbe farlo?

    Si pu dire con assoluta certezza che il miglior esperto digreco contemporaneo non capirebbe una sola dannata paro-la di quel che scriverei nella mia lingua natale, da me assimi-lata sin dall'infanzia, poich in questi ultimi trenta o qua-rant'anni i miei cari "compatrioti", sedotti a loro volta dairappresentanti della civilt contemporanea e desiderosi discimmiottarla a tutti i costi anche nel linguaggio, hanno fattosubire alla mia cara lingua la stessa sorte che gli Armeni han-no inflitto alla loro, nella speranza di eguagliare l'intelli-ghenzia russa. La lingua greca, di cui mi furono trasmessiper eredit lo spirito e l'essenza, somiglia al greco parlatodai Greci contemporanei tanto quanto, secondo l'espressio-ne di Mullah Nassr Eddin, un chiodo assomiglia ad unamessa funebre.

    Che fare allora?Eh... che importa, rispettabile acquirente delle mie

    elucubrazioni! Se non mi vengono a mancare l'armagnac

  • 22 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 23

    francese e la basturma di Kaissar, trover ben il modo dicavarmela. Ne ho viste di peggio.

    Nella vita mi capitato spesso di finire in situazioni difficilie di riuscire a cavarmela, e dunque ci ho fatto, per cos dire,il callo.

    Nel frattempo scriver un po' in russo e un po' in armeno,anche perch fra coloro che mi girano sempre attorno alcunisanno pi o meno "cavarsela" con queste due lingue, e nonho perso la speranza di vedergliele trascrivere e tradurre inun modo che io ritenga passabile.

    In ogni caso, vi ripeto e lo ripeto perch ne conserviateun ricordo duraturo e non il solito ricordo, cui vi affidate abi-tualmente per tenere la parola d'onore data a voi stessi o aglialtri che, qualsiasi lingua io adoperi, eviter sempre e dovun-que quella che chiamo "la lingua letteraria di buon gusto".

    A questo riguardo, una cosa strana e degna di studio pidi quanto immaginiate che sin dalla fanciullezza, cio sin daquando in me nato il bisogno di cercare i nidi degli uccellio di punzecchiare le sorelle dei miei compagni, nel mio "cor-po planetario", come dicevano gli antichi teosofi, e particolar-mente in tutto il lato destro, non so perch, germinataspontaneamente una sensazione istintiva. Questa sensazioneistintiva si trasformata poi gradualmente in un sentimentoben definito, fino all'epoca della mia vita in cui sono diven-tato "maestro di danza"; e poich questa professione mi obbli-ga a frequentare diversi tipi d'uomo, il mio conscio si con-vinto a sua volta che le lingue, o meglio le loro "grammati-che", sono state inventate da gente che, quanto alla conoscen-za delle lingue stesse, si trova in una posizione simile a quelladegli animali che il venerabile Mullah Nassr Eddin caratteriz-za cos: Non possono far altro che discutere coi maiali sullaqualit delle arance.

    Questa gente si trasformata in "fameliche tarme" chedistruggono i beni accumulati dai nostri progenitori per esser-ci trasmessi nel corso del tempo; gente che non ha mai nep-pure sentito parlare di un fatto di elementare e totale eviden-za: che cio durante l'et preparatoria si costituisce, nel fun-

    zionamento cerebrale di ogni creatura e dunque anchedell'uomo una propriet particolare, le cui manifestazioniautomatiche si svolgono seguendo una certa legge, detta dagliantichi Korkolani "legge di associazione"; e ignorano che ilprocesso del pensiero di ciascun essere vivente, in particolaredell'uomo, si effettua esclusivamente in base a questa legge.

    Costretto ad affrontare di scorcio una questione che negliultimi tempi diventata per me quasi un'idea fissa, cio ilprocesso del pensare umano, ritengo possibile, senza aspetta-re il capitolo a ci destinato, darvi subito un'informazione dicui sono venuto a conoscenza per caso. Secondo quest'infor-mazione, sulla terra nell'antichit c'era una regola per cui unuomo abbastanza orgoglioso da volersi conquistare il drittodi essere considerato dagli altri, e di considerare se stesso, un"pensatore cosciente", sin dai primi anni della sua vita respon-

    sabile doveva essere informato del fatto che il modo di pen-sare degli uomini si pu svolgere in due modi: uno, il pensarementale, si esprime in parole che hanno sempre un sensorelativo; l'altro, proprio sia all'uomo sia a tutti gli animali, iolo chiamerei "pensare per forme".

    Il "pensare per forme", che serve a percepire il senso esattodi qualsiasi scritto e ad assimilarlo dopo averlo coscientemen-te confrontato con le informazioni acquisite in precedenza, sicostituisce nell'uomo sotto l'influenza delle condizioni geo-grafiche, del luogo di residenza, del clima, dell'epoca, e ingenerale dell'ambiente in cui ognuno si trovato da quando venuto al mondo fino alla maturit.

    Conseguentemente nel cervello degli uomini, secondo larazza e la condizione d'esistenza e la regione in cui vivono, sicostituisce, per quanto riguarda uno stesso oggetto o una stes-sa idea, una forma particolare e del tutto indipendente cheprovoca nell'essere, durante lo svolgersi delle associazioni,una sensazione ben definita, da cui viene attivata un'immagi-ne soggettiva precisa; e quest'immagine si esprime con unaparola precisa, che serve unicamente da supporto esterioresoggettivo.

    Perci una parole riferita a una cosa o a un'idea specifica

  • 24 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 25

    acquista un "contenuto interiore" ben determinato, e del tut-to diverso per uomini di paesi o di razze diversi.

    In altri termini, quando nella "presenza" di un uomo venu-to al mondo e cresciuto in una determinata regione si fissauna certa "forma" come risultato di influenze e impressionispecifiche locali, questa "forma" suscita in lui per associazionela sensazione di un "contenuto interiore" determinato, equindi un'immagine o una concezione determinata che egliesprime con una parola divenuta abituale e, come ho gidetto, soggettiva; ma chi lo ascolta e nel cui essere, per lediverse condizioni di nascita e di educazione, si costituitariguardo a questa parola una forma di contenuto interiorediverso le dar sempre un senso del tutto diverso.

    Del resto, si pu verificare tutto ci osservando con impar-zialit uno scambio di opinioni fra persone di diverse razze,cresciute sin dalla prima infanzia in paesi diversi.

    Ebbene, allegro e temerario candidato all'acquisto dellemie "elucubrazioni": ti ho avvisato che non scriver comegeneralmente fanno gli scrittori di professione ma in tutt'altramaniera, quindi ti consiglio di riflettere seriamente prima diimbarcarti nella lettura delle prossime argomentazioni. Temoinfatti che le tue orecchie e gli altri tuoi organi di percezionee di digestione siano talmente avvezzi ed automatizzati al lin-guaggio letterario imperante oggigiorno sulla terra, da far sche la lettura delle mie opere abbia su di te un effetto moltoma molto cacofonico, e possa farti perdere... sai cosa? l'appe-tito per il tuo cibo prediletto, o il piacere che ti "solletica ivisceri" alla vista di una biondina a passeggio.

    Che il mio linguaggio, o piuttosto il mio modo di pensare,possa produrre conseguenze simili, parecchie esperienze delpassato me ne hanno convinto fin nel profondo dell'essere,proprio come un "asino di razza" ben convinto della giustez-za e della legittimit della sua testardaggine.

    In ogni modo, ora che vi ho detto l'essenziale mi sentotranquillo per il futuro.

    Se i miei lavori vi procureranno qualche delusione, sappia-te che la colpa sar tutta ed esclusivamente vostra. La mia

    coscienza sar pura, proprio pura, come quella per esempio...dell'imperatore Guglielmo.

    Senza dubbio voi pensate che io sia, come si dice, un gio-vanotto "di bella presenza ma di dubbia sostanza", e che comescrittore alle prime armi io cerchi ad ogni costo di distinguer-mi con la speranza di raggiungere la celebrit e forse anchela fortuna.

    Ma se questo che pensate, ebbene, siete completamentefuori strada.

    In primo luogo io non sono affatto giovane, anzi ho givissuto abbastanza da averne viste di cotte e di crude; in se-condo luogo non scrivo per far carriera, e per "reggermi inpiedi" non conto su una professione che secondo me offre achi la esercita varie possibilit di diventare un... vero candida-to all'Inferno ammesso che questa gente arrivi a simili livellidi perfezione. Infatti costoro, pur non avendo la minima co-noscenza personale, non esitano a scrivere ogni sorta di frot-tole, e cos acquistano automaticamente una certa autorit,col risultato di costituire uno dei fattori principali che di annoin anno continuano in maniera progressiva a indebolire lopsichismo umano, per altro gi sufficientemente debole coscom'.

    Per quanto riguarda poi la mia carriera personale, grazie atutte le forze superiori, inferiori e anche se volete di destra edi sinistra, l'ho ormai realizzata da molto tempo: da tempoinfatti mi reggo sui miei due piedi, e sono convinto che sianobuoni piedi, e rimarranno ben saldi per molti anni, con gravescorno dei miei nemici passati, presenti e futuri.

    S... penso anche sia meglio parteciparvi un'idea che appena spuntata nella mia testa balzana: esiger dall'editorecui affider questo libro che il primo capitolo si possa leggeresenza tagliare le pagine; cos chiunque vedr che non scrittonel solito modo e che non intende favorire nella mente dellettore un rigoglio di immagini eccitanti o di sogni dorati; esenza mercanteggiamenti ciascuno a piacer suo lo potr resti-tuire, facendosi rimborsare i quattrini che forse aveva guada-gnato col sudore della fronte.

  • 26 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 27

    Mi sento obbligato ad agire cos perch mi tornata inmente proprio ora la storia d'un Curdo della Transcaucasiache mi avevano raccontato quand'ero piccolo, una storia chesempre, quando un caso simile me la riporta alla memoria,provoca in me un lungo e inestinguibile impulso di tenerezza.E penso sia molto utile, per me come per voi, che ve la rac-conti a mia volta per esteso.

    Ho deciso infatti che il "sale" di questa storia o, per dirlacon i moderni affaristi ebrei "purosangue", il suo "zimo" costituisce un principio fondamentale della nuova forma let-teraria di cui voglio servirmi per raggiungere lo scopo che misono prefisso.

    Un Curdo della Transcaucasia part un giorno dal suo vil-laggio per andare in citt a sbrigare alcuni affari. Arrivato almercato, vide una vetrina con frutti d'ogni genere, disposti inmaniera stupenda.

    E in mezzo all'esposizione ne not alcuni, dai colori e dalleforme molto attraenti; e ne fu tentato cos vivamente, e conun tale desiderio di metterli sotto i denti, che decise di acqui-stare col poco denaro che gli rimaneva almeno uno di tuttiquei doni della Grande Natura.

    Molto eccitato all'idea, il nostro Curdo entr nel negoziocon una disinvoltura del tutto insolita, e puntando l'indicecalloso verso i frutti prescelti ne chiese il prezzo al mercante.

    Costui rispose che costavano sei soldi la libbra.Trovando il prezzo non eccessivo per quei frutti meravi-

    gliosi, il nostro Curdo ne comper una libbra intera.Poi, terminati gli affari, la sera stessa si avvi a piedi verso

    il suo villaggio.Mentre camminava sul finire del giorno per monti e per

    valli, quasi senza saperlo percepiva l'aspetto esteriore delleincantevoli parti che la Grande Natura, Madre di noi tutti,nasconde in seno. L'aria che involontariamente assorbiva erapura, non avvelenata dalle esalazioni delle citt industriali; etutt'a un tratto fu preso dal desiderio di concedersi anche inutrimenti ordinari.

    Si sedette al bordo della strada, tir fuori dal sacco il panee i "frutti" meravigliosi, e si mise allegramente a mangiare.

    Ma subito... orrore! cominci a sentirsi bruciare tutto al-l'interno. Ciononostante, il nostro Curdo continu a man-giare.

    E continu a mangiare, questa sfortunata creatura bipededel nostro pianeta, per il semplice effetto d'una proprietspecifica dell'uomo, cui gi prima ho accennato, il cui princi-pio servir da base alla nuova forma letteraria che sto cercan-do e mi indicher la direzione fino alla meta, come un faro.Ne coglierete ben presto il senso e la portata voi stessi, nesono sicuro secondo il vostro grado di comprensione, benin-teso se leggerete alcuni capitoli della mia opera assumendo-vi interamente il rischio di continuare la lettura. A meno chenon siate in grado di "subodorare" qualcosa gi alla fine delprimo capitolo. A

    Dunque, proprio nel momento in cui il nostro Curdo erasopraffatto dalla marea di strane sensazioni provocate in luida quell'originale festino in seno alla Natura, pass da l unuomo del villaggio, noto per il suo buon senso e la sua espe-rienza. Costui vide che il Curdo aveva il viso in fiamme e gliocchi pieni di lacrime, ma che ciononostante, come fosseinteramente assorbito nel compimento d'un supremo dovere,continuava a mangiare dell'autentico "peperoncino rosso".

    E gli disse:Che diavolo fai? Triplo idiota di Gerico, vuoi proprio

    bruciare vivo? Butta via quel cibo insolito e non adatto alla tuanatura!

    Replic il nostro Curdo:Ah no! Non sia mai! L'ho pagato coi miei ultimi sei soldi.

    Anche se l'anima dovesse schizzarmi dal corpo, lo mangerfino all'ultimo pezzo.

    E qui il nostro Curdo ostinato dobbiamo ben pensareche lo fosse anzich sbarazzarsi del peperoncino, si misedaccapo a mangiare.

    Dopo questa lettura spero che nel vostro pensiero cominciad affacciarsi la prevista associazione che vi possa finalmentecondurre, come capita a qualcuno anche oggi, a ci che chia-mate comprensione::.

  • 28 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 29

    Comprenderete allora perch io che conosco bene que-sta propriet specifica dell'uomo e spesso mi sono lasciatointenerire dalla sua inevitabile manifestazione, per la qualeallorch si pagato qualcosa ci si sente obbligati a sorbirselofino all'ultima goccia mi sia veramente animato all'idea, sor-ta nel mio pensiero, di prendere tutte le misure affinch voi,o miei fratelli "in ispirito" ed "in bramosa carne" (come sidice), voi abituati forse a leggere qualsiasi libro purch scrittonella "lingua dei letterati", non dobbiate accorgervi, dopoaver pagato per questa mia opera, che essa non stata scrittain una lingua ordinaria e per voi confortevole, e d'esseretuttavia obbligati a leggerla fino in fondo, costi quel che costi:proprio come il nostro Curdo della Transcaucasia, che si videcostretto a mangiare fino in fondo un alimento da cui erastato sedotto per la sola apparenza, e cio il nobile "peperon-cino rosso", col quale c' poco da scherzare.

    E ancora: per evitare qualsiasi malinteso dovuto a questapropriet umana, i cui dati evidentemente si fissano nella"presenza" dell'uomo contemporaneo perch va spesso al ci-nema e non perde occasione per sbirciare con l'occhio sini-stro i membri dell'altro sesso, voglio far pubblicare la miaintroduzione nel modo che ho detto, sicch nessuno, perleggerla, sar costretto a tagliare le pagine.

    Altrimenti il libraio, come suol dirsi, vi "pianter una gra-na", e ancora una volta si comporter secondo il principiotanto caro ai mercanti e da loro cos formulato: lasciarsi sfug-gire il pesce dopo che ha gi abboccato all'amo non dapescatore ma da cretino, e rifiuter di riprendersi il librocon le prime pagine tagliate.

    Del resto non ho dubbi in proposito, perch da loro nonposso che aspettarmi questa mancanza di onest.

    Le modalit di questo modo disonesto di comportamentoda parte dei librai le ho apprese al tempo in cui esercitavo laprofessione di "fachiro indiano", e per chiarire alcune que-stioni "ultra-filosofiche" mi fu necessario apprendere il pro-cesso associativo con cui si manifesta l'atteggiamento psichicoautomatico dei librai contemporanei e dei loro commessi,mentre rifilano i libri ai clienti.

    Conscio di tutto ci, ed essendo diventato dopo il mioincidente giusto e scrupoloso all'estremo, non posso che ri-cordarvi il mio avvertimento, e consigliarvi caldamente di leg-gere con attenzione a varie riprese questo primo capitolo,prima di cominciare a tagliare le pagine del libro.

    Ma se nonostante il mio avvertimento vorrete conoscere ilseguito, non mi resta che augurarvi con tutta l'anima, la mia"vera anima", un eccellente "appetito", ed esprimere voti af-

    finch possiate "digerire" tutto quello che leggerete, non soloper la vostra salute, o lettori, ma anche per quella di tutti ivostri cari!

    Ho detto "la mia vera anima": ecco perch. Spesso in Eu-ropa, dove ho vissuto negli ultimi tempi, ho incontrato gen-te che amava ripetere a proposito e a sproposito i nomisacri riservati alla vita interiore dell'uomo, e bestemmiava sen-za ragione. Inoltre, secondo la dichiarazione che vi ho reso,io sono convinto della saggezza popolare, i cui detti sonocollaudati ormai da secoli: e non lo sono soltanto in teoria,come gli uomini contemporanei, ma anche nella pratica.Orbene uno di questi detti corrisponde perfettamente alcaso presente: Chi vuol vivere coi lupi, impari ad ululare.Allora, per non infrangere il costume europeo, ho decisod'imprecare anch'io; ma non volendo disobbedire al co-mandamento del Santo Mos non pronunciare invano inomi sacri ho pensato di trar profitto da una curiositche ci offre l'ultima lingua "alla moda", l'inglese intendo, eogni volta che l'occasione lo richiede giuro sulla mia "ani-ma inglese".

    Il fatto che in quella lingua la parola "anima" e la parola"suola" sono pronunciate, e scritte, quasi allo stesso modo.

    Non so che cosa ne pensiate voialtri, semicandidati all'ac-quisto delle mie opere; quanto a me, qualunque sia il miodesiderio intellettuale, non posso impedire alla mia singolarenatura di rivoltarsi contro questa manifestazione dei rappre-sentanti della civilt contemporanea. Come possibile, tuttosommato, designare con la stessa parola ci che nell'uomo vi di pi elevato e di pi amato dal Creatore Nostro PadreComune, e ci che in: lui pi basso e sporco?

  • 30 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 31

    Ma ora basta con la "filologia". Torniamo allo scopo essen-ziale di questo primo capitolo, che deve scuotere i miei pol-verosi pensieri e anche i vostri, e dare alcuni avvertimenti allettore.

    Ho gi chiaro in mente il piano e l'ordine di esposizioneche voglio seguire, ma quale forma dar loro sulla carta? Con-fesso che attualmente il mio conscio non ne sa ancora nulla;e tuttavia il mio istinto sente con chiarezza che sar una cosadavvero "scottante", e che avr sulla presenza generale di tuttii lettori un effetto analogo a quello prodotto dal peperoncinorosso sul povero Curdo della Transcaucasia.

    Adesso che conoscete la storia del nostro Curdo, consideromio dovere confessarvi alcune cose. Prima di continuare ilprimo capitolo, che funge un po' da introduzione a quel chemi propongo di scrivere, voglio informare il vostro "puro statoconscio", voglio dire il vostro ordinario "stato conscio di ve-glia", che nel seguito dei miei lavori esporr apposta le mieidee in un ordine e secondo un processo di confronto logicotali che l'essenza di alcune nozioni reali possa passare auto-maticamente dallo "stato conscio di veglia" (che la maggio-ranza degli uomini contemporanei considera, per ignoranza,come il vero stato conscio, mentre io affermo e posso provaresperimentalmente che fittizio) a quello che voi chiamate"subconscio" (che dovrebbe essere, secondo me, il vero con-scio umano) cos da indurre meccanicamente nella presenzagenerale dell'uomo la trasformazione necessaria, i cui risulta-ti, sotto l'azione del suo pensare volontario attivo, faranno dilui un uomo anzich un semplice animale uni-cerebrale o bi-cerebrale.

    Ho preso questa decisione perch desidero che il capito-lo introduttivo, destinato a risvegliare la vostra consapevolez-za, giustifichi pienamente la sua missione e non tocchi sol-tanto il vostro "stato conscio fittizio" (come lo chiamo sol-tanto io) ma anche il vero conscio (che secondo voi il"subconscio") e vi forzi, forse per la prima volta, a pensareattivamente.

    Nella "presenza" di ogni uomo si costituiscono, quali chesiano la sua educazione e la sua eredit, due "stati consci"

    indipendenti che, sia nel modo di funzionare sia in quello dimanifestarsi, non hanno nulla in comune fra loro.

    Il primo si costituisce attraverso la percezione di tutte leimpressioni meccaniche, sia accidentali sia deliberatamenteprodotte dagli altri, incluse quasi tutte le parole, che in realtsono soltanto "suoni" vuoti; il secondo si costituisce sia parten-do da "risultati materiali fissati anteriormente" nell'uomo, tra-smessigli per eredit e integrati alle parti corrispondenti dellasua presenza generale, sia a partire da confronti associativi in-tenzionalmente effettuati sui medesimi "dati materializzati".

    Il secondo stato conscio dell'uomo, che altro non se nonquello che voi chiamate "subconscio" e che si costituisce,come vi ho appena detto, tramite i "risultati materializzati"dell'eredit ed i confronti volontariamente compiuti, deve, amio avviso, diventare predominante nella presenza integraledell'uomo.

    La mia opinione si fonda su ricerche sperimentali che hoeseguito per molti anni in condizioni eccezionalmente favo-revoli.

    Partendo da questa convinzione (che corrisponde senzadubbio per voi alla fantasia di una mente malata) mi impos-sibile non tener conto oggi, come vedete, del secondo statoconscio, anzi mi sento costretto dalla mia propria essenza acostruire il primo capitolo delle mie opere, che funge da pre-fazione, in maniera da farlo trovare continuamente in urto ein contrasto, ma utilmente ai miei fini, con le nozioni accu-mulate nei vostri due stati consci.

    Con quest'idea in capo, comincer a istruire il vostro "con-scio fittizio" sul fatto che, grazie a tre dati psichici singolaricristallizzatisi nella mia presenza generale durante l'et prepa-ratoria, sono veramente "unico nel mio genere" per "ingarbu-gliare e confondere", nella gente che incontro, tutte le nozio-ni e convinzioni che ciascuno considera sicure dentro di s.

    Guarda, guarda, guarda, guarda...!Gi sento nel vostro falso conscio ma "vero" secondo voi

    agitarsi come mosche impazzite tutte quelle nozioni traman-datevi da "pap e maihm" che nell'insieme generano in voi,

  • 32 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 33

    sempre e comunque, soltanto un impulso, peraltro estrema-mente positivo, di curiosit. Per esempio, voi vorreste sapereal pi presto perch io, scrittore novellino, il cui nome finoranon mai uscito nemmeno su un giornale, possa a buondiritto considerarmi unico.

    Che importa! Personalmente sono ben contento che, siapure nel vostro "falso" conscio, sorga una curiosit del gene-re, poich so per esperienza che una tendenza simile, inde-gna dell'uomo, in alcune persone pu cambiare natura e tra-sformarsi in un impulso meritorio, chiamato "desiderio disapere"; e a sua volta questo favorisce una miglior percezionee una comprensione pi giusta dell'essenza dell'oggetto sucui pu capitare che l'uomo contemporaneo concentri la suaattenzione; dunque acconsento, persino con piacere, a soddi-sfare la vostra curiosit.

    Allora ascoltate, e cercate di non deludermi ma di giustifi-care le mie speranze!

    La mia originale personalit, gi "fiutata" da alcuni Indivi-dui appartenenti ai due cori del Tribunale Supremo per laGiustizia Obiettiva e sulla terra da un numero limitatissimo dipersone, si edificata su tre dati specifici, fissati in me duran-te l'et preparatoria.

    Il primo divenne, fin dalla sua comparsa, una leva e unadirettrice del mio Tutto integrale; gli altri due furono le "sor-genti vivificanti" destinate ad alimentare e a perfezionare ilprimo.

    Il primo dato si costitu in me quand'ero ancora un mar-mocchio.

    Viveva ancora a quel tempo la mia cara nonna, ora defun-ta, e aveva poco pi di cent'anni.

    Al momento della sua morte che il Regno dei Cieli sia lasua dimora! mia madre mi condusse vicino al letto, secondol'uso di quei tempi, e mentre mi chinavo a baciare la suamano destra, la cara nonna pose sul mio capo la sua morentemano sinistra, e disse con voce bassa ma distinta:

    O primogenito dei miei nipoti!Ascolta!... e ricorda sempre le mie ultime volont. Nella

    vita, non fare mai quello che fanno gli altri.

    Poi mi fiss la radice del naso, e notando probabilmenteche alle sue parole ero rimasto perplesso aggiunse, un po'contrariata e in tono autoritario:

    O non fai nulla, cio vai solo a scuola; o fai qualcosa chemai nessuno abbia fatto.

    Cos disse, poi con un chiaro impulso di sdegno per l'am-biente che la circondava e di dignitosa coscienza di s, rimisesenza esitare la sua anima nelle mani di Sua Fedelt l'Arcan-gelo Gabriele.

    Penso che sar interessante per voi, anzi direi persinoistruttivo, sapere che tutto ci produsse su di me un'impres-sione talmente forte che improvvisamente mi sentii del tuttoincapace di tollerare i miei simili, e appena uscito dalla

    camerain cui riposava quel corruttibile "corpo planetario", causadella causa della mia venuta al mondo, me la svignai pianpiano, cercando di passare inosservato, fino alla fossa in cuivenivano conservate durante la quaresima la crusca e le buccedi patate per gli "spazzini" della casa, cio i maiali; l mi co-ricai e l restai, senza mangiare n bere, assalito da un turbinedi pensieri disordinati e inquietanti che per fortuna si affac-ciavano in numero limitato nel mio cervello di bambino finch mia madre, tornata dal cimitero, coi suoi pianti dovutialla mia assenza e all'inutilit delle sue ricerche, non mi ebberisvegliato dal torpore.

    Uscito dalla fossa rimasi immobile qualche istante, a manitese, poi mi precipitai verso di lei e mi attaccai strenuamentealle sue gonne, e pestando i piedi a terra senza sapere perchcominciai a ragliare come l'asino del nostro vicino, ch'era ungiudice istruttore.

    Perch quest'evento produsse in me un'impressione tantoforte? Perch mi comportai, quasi automaticamente, in modocos strano? Ci ho ripensato spesso negli ultimi anni, special-mente nei giorni cosiddetti di "mezza quaresima", ma a tut-t'oggi non sono venuto a capo del problema.

    Mi chiedo intanto se quest'effetto non fosse dovuto ancheal fatto che la camera in cui ebbe luogo la cerimonia appenadescritta, destinata ad avere un'enorme importanza per tuttala mia vita, era impregnata fin negli angoli pi riposti del-

  • 34 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 35

    l'odore di un incenso speciale importato dal Monte Athos,molto famoso fra gli adepti di tutte le varie sfumature dellareligione cristiana.

    In ogni modo, questi furono i fatti.Nei giorni seguenti il mio stato generale non mostr segni

    particolari, se si eccettua il fatto che camminavo pi del solitocoi piedi in aria, cio sulle mani.

    Il primo atto nettamente discorde rispetto alle manifesta-zioni dei miei simili, compiuto senza partecipazione del miostato conscio, anzi senza neppure quella del subconscio, ac-cadde il quarantesimo giorno dopo il decesso della mia caranonna.

    La nostra famiglia al gran completo, coi parenti prossimi elontani e tutte le persone affezionate alla mia antenata che sipu dire godesse della stima di tutti, era radunata al cimiterosecondo l'usanza, per celebrare sulla sua spoglia mortale unacerimonia detta "requiem". Tutt'a un tratto, senza una ragio-ne al mondo, anzich osservare l'"etichetta" che consiste,presso gli uomini di moralit tangibile e intangibile, nellostarsene tranquilli e come affranti, con un'espressione di tri-stezza sul volto e se possibile le lacrime agli occhi mi misi adanzare e a saltare intorno alla tomba cantando:

    Pace all'animapace all'anima della nonnaera unapiccolaunapiccola donnatutta d'oro

    e cos via...Da quel momento, qualsiasi "scimmiottamento", cio qual-

    siasi imitazione del modo automatico di comportarsi dellagente, provoca nella mia presenza "qualcosa" che vi suscita ciche chiamerei una "tendenza imperiosa" a non far mai quelloche fanno gli altri.

    A quell'et, per esempio, mi comportavo cos.Se mio fratello, le mie sorelle e i ragazzini del vicinato si

    esercitavano a pigliare la palla con la mano destra, e comin-

    davano col buttarla in aria come fan tutti, io, per partecipareal gioco, in primo luogo la facevo rimbalzare con forza, poi laacchiappavo delicatamente per aria fra il pollice e il mediodella mano sinistra, non senza aver eseguito una graziosacapriola.

    E se i bambini in slitta scendevano da un pendio a testa ingi, io invece facevo la cosiddetta "discesa a marcia indietro".O ancora, quando ci distribuivano i dolci di Abaram, gli altriprima di mangiarli si mettevano come al solito a leccarli, sen-za dubbio per assaporarne il gusto e far durare il piacere: ioinvece per prima cosa annusavo questo pan di spezie da tuttii lati, a volte anzi avvicinandolo alle orecchie e ascoltandolocon attenzione, e poi borbottavo, in modo senz'altro inconsa-pevole eppure con tono molto serio: fatto bene, via, fattoproprio bene; ora non rimpinzarti, per favore, e accompa-gnandomi con qualche suono ritmato me lo mangiavo in unsolo boccone, inghiottendolo tutto intero, senza gustarne ilsapore. E cos via.

    Il primo avvenimento che suscit in me uno dei due fattoridivenuti da allora le "sorgenti vivificanti" destinate ad animaree a rinforzare l'esortazione della mia defunta nonna ebbeluogo all'et in cui il marmocchio si era trasformato in un"allegro monello" pronto a candidarsi al titolo di "giovanot-to di bella presenza, ma di dubbia sostanza".

    L'avvenimento si produsse per caso se non stata unaspeciale disposizione del Fato nelle circostanze che vi dir.

    Un giorno, con l'aiuto di alcuni monelli come me, stavosistemando sul tetto di una casa vicina un laccio per catturarei piccioni.

    Uno dei ragazzi, curvo su di me, stava osservando con at-tenzione quel che facevo, e disse:

    Fossi in te, metterei il nodo di crine in modo che il ditopi lungo della zampa del piccione non possa restare impi-gliato; infatti il nostro maestro di zoologia ci ha appena spie-gato che l si concentrano tutte le riserve di forza del piccionequando si dibatte, e :naturalmente proprio questo dito, seresta preso al laccio, l strapper facilmente.

  • 36 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 37

    A quest'osservazione un altro ragazzino che si trovava pro-prio di fronte a me, e che non riusciva a parlare senza schiz-zare saliva da tutte le parti, cominci ad annaffiarci con que-ste parole:

    Chiudi il becco, sporco bastardo e figlio di Ottentotto! Iltuo maestro un aborto e tu anche. Ammettiamo che tutta laforza fisica del piccione sia concentrata nel dito pi lungo:ragione di pi perch proprio quello resti impigliato nelnodo. Solo allora acquister veramente un senso il nostroobiettivo cio la cattura dei piccioni, povere creature peruna certa particolarit innata in tutti i portatori di quell'orga-no molle e viscido detto "cervello". Eccola: quando sottol'azione di influenze nuove da cui dipende l'insignificantepotere di manifestarsi del cervello, si effettua secondo le leggiun cambiamento di presenza periodicamente necessario, illeggero smarrimento che si produce la cui ragion d'essere l'intensificarsi di altre manifestazioni del funzionamento ge-nerale determina in breve tempo un momentaneo sposta-mento del centro di gravit di tutto l'organismo, nel quale la"roba viscosa" ha un ruolo assai ridotto, e ci produce soven-te, nell'insieme di quel funzionamento, dei risultati inattesi eridicoli fino all'assurdo...

    E lanci quest'ultima frase con tali getti di saliva che il mioviso sembrava reduce dagli effetti di un "nebulizzatore" pertingere le stoffe all'anilina, di concezione e fabbricazione te-desche.

    Era pi di quanto potessi sopportare. Senza alzarmi, miprecipitai su di lui a testa bassa, e gli assestai alla bocca dellostomaco un colpo talmente forte da farlo cadere a terra privodi conoscenza.

    Non so e non desidero sapere quali conclusioni ricavi lavostra mente dal racconto dello straordinario concorso dicircostanze che vi descriver: quanto a me, la coincidenzacontribu a convincermi che gli avvenimenti della mia gio-vent, di cui qui vi faccio il racconto, non furono semplicieffetti del caso bens eventi creati apposta da alcune forzeesterne.

    Ecco i fatti.

    Appena qualche giorno prima dell'incidente ero statoistruito in questo genere di prodezze da un prete greco pro-veniente dalla Turchia. Perseguitato dai Turchi per le sueopinioni politiche aveva dovuto fuggire, e quando arriv danoi i miei genitori gli chiesero di darmi qualche ripetizione digreco moderno.

    Non so su che cosa si fondassero le convinzioni politiche ele idee di questo prete greco, ma ricordo molto bene che intutte le nostre conversazioni anche quando mi spiegava ladifferenza fra le esclamazioni usate nel greco antico e quelledel greco moderno traspariva il suo desiderio di tornare aCreta al pi presto, per poter agire in modo degno di un veropatriota.

    Devo ammettere che mi spaventai anch'io dei risultatidella mia destrezza, poich non conoscevo ancora l'effetto diun colpo in quel punto, e credetti di aver ammazzato il miocompagno.

    Ero ancora in preda alla paura quando un altro ragazzo,che mi aveva visto ed era cugino di colui che era stato vittimadella mia "rapidit di risposta", spinto probabilmente da unsentimento di "consanguineit" si gett su di me senza unattimo di esitazione e cominci a scaricarmi una gragnuola dipugni in piena faccia.

    I colpi mi fecero "vedere le stelle", come si dice, e la boccami si riemp di una poltiglia adatta a ingozzare un migliaio dipolli.

    Dopo un momento le due insolite sensazioni si calmaronoun po', e mi sentii in bocca un corpo estraneo. Lo tirai subitofuori con le dita: non era n pi n meno che un dente,piuttosto grande e di foggia assai strana.

    Mentre esaminavo questo dente straordinario i ragazzi misi strinsero intorno e uno dopo l'altro si misero ad osservarlocon grandissima curiosit e nel massimo silenzio; e quello cheera stato la mia vittima, ripresa conoscenza e rimessosi inpiedi, si avvicin come se niente fosse per guardare anche luistupefatto il mio dente.

    Era un dente bizzarro, con sette ramificazioni alle cuiestremit brillavano come perle sette gocce di sangue; e at-

  • 38 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 39

    traverso ogni goccia traspariva, limpido e chiaro, uno deisette modi di manifestazione del raggio bianco.

    AI mutismo insolito per monelli come noi si sostitu benpresto il chiasso abituale, e in mezzo a un gran vociare fudeciso di andare immediatamente dal barbiere, cavatore didenti a pieno titolo, a domandargli perch il mio dente fossefatto in quel modo.

    Ci calammo dal tetto e filammo diritti alla bottega del bar-biere. Naturalmente capofila ero io, l'"eroe del giorno". Ilbarbiere, degnandoci di un'occhiata distratta, dichiar cheera semplicemente un dente del giudizio, n pi n meno,uguale a quello di tutti gli esseri umani di sesso maschile cheprima di balbettare, "pap" e "mamm" hanno succhiato soloil latte della madre, e che sanno riconoscere il padre al primosguardo in mezzo a un folto gruppo di persone.

    Quest'avvenimento, di cui il mio dente del giudizio fu percos dire il "capro espiatorio", ebbe un duplice effetto. Per unverso, il mio stato conscio da allora non manc di assorbire inogni occasione l'essenza stessa delle ultime volont della miadefunta nonna che il Regno dei Cieli sia la sua dimora! Perun altro verso, non avendo fatto ricorso a un "dentista diplo-mato" per curare la cavit che mi era rimasta aperta (n sa-rebbe stato possibile, poich la nostra casa era lontana daqualsiasi centro di cultura moderna) in quel punto continua prodursi un'essudazione cronica, che aveva la propriet come mi fu spiegato recentemente da un noto meteorologo,di cui ero per caso diventato amico intimo in seguito a fre-quenti incontri nei ristoranti notturni di Montmartre dirisvegliare in me una tendenza imperiosa a cercare le cause diqualsiasi "fatto reale" un po' insolito; e indipendentementedalla mia eredit, questa caratteristica poco a poco fece di meuno specialista in "fenomeni sospetti d'ogni tipo" che incon-travo qua e l sul mio cammino.

    E quando mi trasformai con l'aiuto, s'intende, del NostroUniversale Padrone, lo spietato Heropas detto anche "il corsodel Tempo" nel tipo di giovanotto che ho gi descritto,questa propriet divenne per il mio stato conscio un fuocoinestinguibile di calore e di vita.

    Il secondo fattore vivificante che assicur una fusione de-finitiva delle ultime volont della mia cara nonna con gli ele-menti costitutivi della mia individualit, fu l'insieme di im-pressioni prodotte su di me da alcune informazioni sull'origi-ne di un principio che seguendo le dimostrazioni fatte dalsignor Allan Kardec nel corso di una seduta "assolutamentesegreta" di "spiritismo" divenne in seguito un "principiofondamentale di vita" per gli esseri che popolano tutti gli altripianeti del Nostro Grande Universo.

    Quest'universale principio di vita dice cos:Chi fa la festa, la faccia fino in fondo, compresi porto e

    imballaggio.Poich il principio nato sul pianeta dove siete nati anche

    voi e dove oltretutto passate il tempo adagiati su letti di rose ,quando non ballate il fox-trot non mi assumo la responsa-bilit di nascondervi ci che ne so e che potr rendervi picomprensibili alcuni particolari legati alla sua origine.

    Nella mia natura si era innestato da poco il desiderio in-conscio di conoscere la causa dei "fatti reali" di qualsiasi tipo,quando mi capit di recarmi per la prima volta nel cuoredella Russia, nella citt di Mosca. Ma non trovandovi nienteche soddisfacesse il bisogno del mio psichismo, mi dedicai adalcune ricerche sulle leggende e i detti russi. E un bel giorno forse per caso, forse per un seguito di circostanze oggettiva-mente conformi alle leggi appresi quel che segue.

    Un Russo, che per quelli del suo ambiente era soltanto unmercantucolo, dovette andare un giorno per affari dalla suacittadina di provincia a Mosca, la seconda capitale del paese;e il suo figliolo prediletto (per il fatto di somigliare solo allamadre, indubbiamente) lo preg di portargli da laggi uncerto libro.

    Arrivato a Mosca, l'insigne autore dell'universale principiodi vita si ubriac assieme a un amico con dell'autentica vodkarussa fino a superare il livello di guardia, com'era e com'ancora d'obbligo laggi.

    E quando ebbero vuotato un congruo numero di bicchieridella "delizia russa", i due membri di quel notevole raggrup-pamento umano da creature bipedi si lanciarono in un elo-

  • 40 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 41

    quio sull'"istruzione pubblica", argomento considerato tradi-zionalmente un buon inizio di conversazione. All'improvvisoil mercante si ricord per associazione dell'incarico ricevutodal figlio, e decise di andare immediatamente in compagniadell'amico a comprare il libro desiderato.

    Al negozio egli sfogli l'opera mostratagli dal libraio, pois'inform del prezzo.

    Il commesso dichiar che il libro costava sessanta copechi.Avendo osservato che il prezzo di copertina era solo di

    quarantacinque copechi, il mercante si mise a riflettere cosadel tutto insolita, specie per un Russo; poi si abbandon a unabizzarra mimica con le spalle, gonfi il petto come un ufficia-le della guardia, si irrigid sul posto e, dopo una breve pausa,disse con fare tranquillo ma in tono di grande autorit:

    Il prezzo segnato di quarantacinque copechi. Perch leime ne chiede sessanta?

    Il commesso, prendendo il fare untuoso di tutti i commes-si, rispose che in effetti il libro costava solo quarantacinquecopechi, ma bisognava venderlo a sessanta perch c'eranostati quindici copechi di spese per il trasporto e l'imballaggio.

    A questa risposta sembr che il nostro mercante russo,molto imbarazzato di trovarsi davanti a due fatti contradditto-ri eppure chiaramente conciliabili, cadesse in preda a qualco-sa d'insolito. Alz gli occhi al soffitto e si rimise a pensare, maquesta volta con l'aria di un professore inglese che abbia in-ventato la pillola dell'olio di ricino. Poi a un tratto si voltverso l'amico e per la prima volta al mondo pronunci leparole che per la loro essenza esprimono una verit oggettivaincontestabile, e sono diventate da allora una massima: Cheimporta, amico mio! Compriamo questo libro; oggi stiamofacendo festa, e chi fa festa, la faccia fino in fondo, compresiporto e imballaggio.

    Quanto a me, infelice condannato a provare ancora in vitale delizie dell'inferno, dopo questa scoperta rimasi a lungo inuno stato completamente diverso da ogni altro mai sperimen-tato, sia prima sia dopo. Era come se tutte le associazioni e leemozioni di varie fonti che abitualmente sono dentro di me

    si fossero messe a "correre il derby" come direbbero i con-temporanei Hivinzi.

    E sentivo allo stesso tempo anche un prurito intenso, quasiinsopportabile, lungo tutta la colonna vertebrale, e al centrodel plesso solare avvertivo una fitta dolorosa, ugualmente in-sopportabile; finch queste due sensazioni, che si stimolavanoa vicenda, dopo qualche tempo cedettero il posto a uno statodi calma interiore come non ne ho mai pi provati se sieccettua il giorno in cui celebrarono su di me la cerimoniadella "grande iniziazione alla confraternita dei fabbricanti diburro d'aria". Quando il mio "io", questa cosa sconosciuta cheun originale d'altri tempi qualificato come "saggio" dal suoambiente, come capita ancor oggi a gente simile descrissecos: Apparizione relativamente passeggera, dipendente dal-la qualit del funzionamento del pensiero, del sentimento, edell'automatismo organico, e che un altro celebre saggiodell'antichit, l'Arabo Mal el Lel, descrisse a sua volta comerisultato congiunto del conscio, del subconscio e dell'istinto definizione "presa a prestito" in seguito, sia detto per inciso,da un non meno celebre saggio greco di nome Senofonte allorch il mio "io", dicevo, ebbe rivolta la sua attenzionecosternata verso l'interno, constatai molto chiaramente inprimo luogo che tutto quel che mi aveva permesso di com-prendere sino all'ultima parola la massima riconosciuta come"universale principio di vita" si era convertito in me in unasostanza cosmica particolare che, fondendosi coi dati prece-dentemente cristallizzati per effetto delle ultime volont dellamia cara nonna, si era a sua volta trasformata in un "qualco-sa"; e che questo "qualcosa" compenetrava tutta la mia pre-senza fissandosi per sempre in ciascun atomo di essa. In se-condo luogo il mio disgraziato "io" prov e dovette riconosce-re, con un sentimento di sottomissione, la triste certezza cheda quel momento avrei dovuto manifestarmi sempre, in tuttoe senza eccezioni, secondo le propriet cos formatesi nellamia presenza, senza seguire le leggi dell'eredit e neppurel'influenza delle condizioni ambientali, ma semplicementeper effetto di tre capse esterne accidentali e prive di qualun-que rapporto fra loro; e cio: le esortazioni della persona che

  • 42 LIBRO PRIMO

    era stata, senza alcun desiderio da parte mia, la causa passivadella causa della mia comparsa in questo mondo; il denteperso in seguito all'intervento di un piccolo monello qualsia-si, e anche grazie al fatto che suo cugino era "bavoso"; infine,la massima uscita dalla bocca avvinazzata di un certo "mercan-te russo", a me completamente estraneo.

    Prima di conoscere questo "universale principio di vita",quando mi manifestavo diversamente da tutti gli altri bipedimiei simili che vedono la luce e vegetano sul mio stesso pia-neta, lo facevo in modo automatico e a volte anche solo semi-cosciente; ma dopo questa scoperta cominciai a farlo coscien-temente, con la sensazione istintiva di due impulsi mescolatifra loro: e cio la soddisfazione di s e la coscienza di s, chenascono dall'adempimento leale e corretto del mio dovereverso Madre Natura.

    Devo anzi insistere sul fatto che prima di quest'evento,sebbene agissi in maniera diversa dagli altri, il mio compor-tamento non attirava in particolar modo gli sguardi; madopo che la mia natura ebbe assimilata l'essenza di quelprincipio di vita, tutte le mie manifestazioni, sia volontarie edirette a uno scopo sia semplicemente destinate a "passareil tempo", acquistarono una grande forza vivificante e favo-rirono la comparsa di "calli" sui diversi organi percettivi ditutte le creature mie simili, senza eccezioni, non appena laloro , attenzione si posava, direttamente o indirettamente, suquello che stavo facendo; d'altra parte, per obbedire alle ul-time volont della defunta nonna, spinsi i miei atti fino al-l'estremo limite e presi l'abitudine, all'inizio di ogni nuovoaffare e quando l'affare si modificava, per ampliarsi beninte-so, di pronunciare sempre, sia mentalmente che a voce alta,la formula:

    Chi fa la festa, la faccia fino in fondo, compresi porto eimballaggio!

    Adesso, per esempio, poich per ragioni indipendenti dame e dipendenti da alcune condizioni fortuite e singolari del-la mia vita, sono obbligato a scriver libri, non posso farlo senon mi attengo al principio determinatosi in me poco a poco

    per straordinari concorsi di circostanze, e identificatosi conciascun atomo della mia presenza generale.

    Questa volta metter in pratica il principio psico-organicoche vi ho appena descritto nel modo seguente: invece di se-guire il costume degli scrittori, che prendono come temadell"opera" un avvenimento svoltosi (cos pretendono) sullaTerra, in passato o al presente, io prender come scenario deimiei eventi l'intero Universo. Perci, anche in questo caso,visto che abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno, che come dire: se fai la festa, falla veramente.

    In scala terrestre pu scrivere qualsiasi persona. Ma io nonsono una persona qualsiasi!

    Come potrei limitarmi alla nostra, oggettivamente parlan-do, "povera piccola Terra"?

    No, non posso, non posso scegliere per le mie opere untema come quelli che in genere scelgono gli altri scrittori;non posso farlo per la semplice ragione che se mia nonnavenisse a saperlo dopo tutto, le affermazioni dei nostri sa-pienti spiritisti potrebbero non essere del tutto inesatte viimmaginate che cosa capiterebbe alla povera cara nonnina?

    Si rivolterebbe nella tomba; come dicono, e non solo unavolta ma se ben la conosco, visto che sono diventato un"asso" nell'arte di mettermi nella pelle degli altri moltissimevolte, fino a correre il rischio d'esser scambiata per una "ban-deruola irlandese".

    Quanto a voi, miei cari lettori, non vi preoccupate... parle-r anche della Terra, ma da un punto di vista cos imparzialeche il pianeta, con tutto quello che vi sta sopra, nel mio libroavr un posto corrispondente al suo posto reale, che , persi-no secondo la vostra sana logica, purch beninteso io le servada guida, quello che dovrebbe occupare nel Nostro GrandeUniverso.

    E cos sar per' gli eroi: bisogner dunque che io presentinei miei lavori dei "tipi" diversi da quelli che gli scrittori diogni tempo e luogo descrivono, sulla Terra, con parole esal-tate diversi da Giovanni, Giuseppe o Carlo, che nascono persbaglio e che durante il processo della loro preparazione aun'"esistenza responsabile" non acquisiscono per niente ci

    IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 43

  • 44 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 45

    che deve possedere una creatura fatta a immagine di Dio, unuomo insomma, e sviluppano progressivamente in se stessi,fino all'ultimo respiro, solo alcune "piacevolezze", come la"lussuria", il "capriccio", la "seduzione", la "perfidia", la "sve-nevolezza", l'"invidia", e altri simili vizi indegni dell'uomo.

    Per le mie opere ho intenzione di scegliere come eroi al-cuni tipi che, o di riffa o di raffa, siano percepiti come reali,per cui dovr cristallizzarsi nel lettore la nozione che ognunodi essi "qualcuno" e non "uno qualsiasi".

    Durante queste ultime settimane, mentre ero ancora a let-to fisicamente stremato e abbozzavo mentalmente il program-ma delle mie opere, meditando sulla forma e sull'ordine diesposizione, decisi che l'eroe principale della prima partesarebbe stato... sapete chi?... il grande Belzeb in persona.

    E ci, naturalmente, malgrado il fatto che sin dall'inizio lamia scelta potrebbe provocare nel pensiero della maggioranzadei miei lettori tali associazioni di idee da suscitare in loroogni sorta di impulsi automatici contraddittori, prodotti daun insieme di dati formatisi necessariamente nel loro psichi-smo per le anormali condizioni di vita esteriore degli uomini,e cristallizzatisi in essi grazie alla loro famosa "morale religio-sa". E tutto ci non mancherebbe di tradursi in una inespli-cabile ostilit nei miei confronti.

    Sapete una cosa, miei cari lettori?Se nonostante il mio avvertimento volete rischiare di cono-

    scere il resto di quest'opera, sforzarvi di assimilarla con unospirito di imparzialit e comprendere la vera essenza dellequestioni che intendo chiarire, allora per tener conto dellaparticolarit psichica innata nell'uomo, secondo cui questinon si oppone a percepire il bene solo se stabilisce un legamedi mutua sincerit e fiducia desidero confessarvi sin d'ora intutta franchezza quali associazioni sono scattate in me, costi-tuendo poco a poco nella sfera appropriata del mio statoconscio i fattori che hanno suggerito alla mia individualit discegliere come eroe di quest'opera un Individuo come il Si-gnor Belzeb, con tutto quel che rappresenta per voi.

    La mia decisione non priva di astuzia, e la mia astuzia

    consiste semplicemente nel calcolare che, se gli concedoun'attenzione simile, egli si degner certamente di testimo-niarmi la sua riconoscenza non vedo motivo di dubitarne e mi assister con tutti i mezzi a sua disposizione nei lavoriche mi appresto a scrivere.

    Il Signor Belzeb fatto, si dice, di un'altra pasta. Eppurepossiede come mi stato concesso di apprendere parecchiotempo fa dai trattati d'un celebre monaco cattolico, frateFullon una coda ricciuta; e l'esperienza mi ha convinto inmodo formalmente esaustivo che i ricci non sono mai natura-li, ma si producono solo a seguito di varie manipolazioni in-tenzionali; e secondo la "sana logica" formatasi nel mio statoconscio attraverso la lettura di vari libri di chiromanzia, ne hoconcluso che il Signor Belzeb deve avere anche lui la suapiccola dose di vanit... Dunque, come potrebbe non aiutarechi fa pubblicit al suo nome?

    Non per nulla il nostro famoso e insuperabile maestroMullah Nassr Eddin dice spesso:

    Se non si liscia il pelo della bestia non si pu viver benein nessun posto, anzi nemmeno ci si pu respirare.

    E un altro saggio terrestre detto Till Eulenspiegel, che sitrov egli pure a edificare la sua saggezza sulla scempiaggineumana, esprime la stessa idea con le parole:

    Chi non unge il mozzo della ruota non pu pretendere dipartire.

    Conoscendo queste massime di saggezza popolare, questee molte altre simili, elaborate in secoli di vita comune, hodeciso di "lisciare il pelo per il verso giusto" al Signor Belzeb il quale, come ben sapete, dispone di potenti mezzi e di unavasta scienza.

    Ma ora basta, vecchio mio.Scherzi (anche filosofici) a parte: sembra che con tante

    digressioni tu abbia violato un principio importantissimo an-zi la base stessa del sistema destinato a realizzare i tuoi sogniper mezzo di questa nuova professione secondo il quale nondevi mai dimenticare che presso il lettore contemporaneo lacapacit di pensare/;: si indebolita, dunque non devi stan-

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    tarlo, forzandolo ad assorbire troppe idee in poco tempo.Quando ho chiesto a una delle persone che mi stan sem-

    pre intorno (nella speranza di ottenere l'ingresso al Paradiso"senza togliersi gli stivali") di leggermi a voce alta e di filatoquello che avevo scritto in questo primo capitolo, il mio "io" sostenuto, beninteso, dai numerosi dati fissatisi nel mio ori-ginale psichismo nel corso della vita passata, dati che mi per-misero fra l'altro di comprendere lo psichismo di creaturemie simili di vari tipi il mio "io", dicevo, constat e riconob-be formalmente che questo primo capitolo avrebbe senzadubbio suscitato nella presenza generale di ogni lettore, diqualsiasi tipo, un certo "non so che" destinato a provocareautomaticamente una marcata ostilit nei miei confronti.

    A dire il vero, per ora non questa la cosa che m'inquietadi pi; mi preoccupa invece il fatto, evidente verso la finedella lettura, che nell'insieme di questo capitolo la mia pre-senza integrale a cui il mio "io" partecipa in misura assairistretta si sia manifestata in modo totalmente contrario aun comandamento del saggio universale che gode di tutta lamia stima, Mullah Nassr Eddin:

    Non ficcare mai il bastone in un nido di vespe.Ma l'agitazione, che aveva scosso il sistema da cui dipende

    il mio sentimento appena ebbi capito che il lettore avrebbesenz'altro provato una certa animosit nei miei confronti, si pacificata di colpo quando al mio pensiero s' affacciato ilricordo di un altro antico proverbio russo:

    Il tempo cancella ogni offesa.Da allora, il turbamento causato nel suddetto sistema dalla

    coscienza di aver disobbedito a Mullah Nassr Eddin non miagita pi per niente; ma un bizzarro processo si scatenatonelle mie due anime di recente acquisizione sotto forma diviolenti pruriti, e poco a poco aumenta fino a provocarmidolori quasi intollerabili nella zona situata un po' sotto il latodestro del mio "plesso solare", per altro gi abbastanza sovraf-faticato.

    Aspetta, aspetta!... Mi sembra che anche questo processo sistia calmando, mentre dalle profondit del mio stato conscio

    diciamo pure, per adesso, del mio "subconscio" cominciaa sorgere tutto il necessario per convincermi che presto ces-ser completamente, perch mi sono ricordato un altro esem-pio di saggezza popolare, in base al quale ho potuto riflettereche, se mi sono condotto in maniera contraria al parere delvenerabile Mullah Nassr Eddin, in verit ho agito senza pre-meditazione, in modo conforme ai principi di un personaggioestremamente simpatico, la cui fama non si forse propagatamolto, ma che rimane indimenticabile per chi l'abbia incon-trato sia pure una sola volta: vi parlo di una vera perla, Kara-pet di Tiflis.

    In fin dei conti, questo capitolo introduttivo diventatotanto lungo che se lo allungo ancora un po' per pararvi ' delsimpaticissimo Karapet di Tiflis non cambia nulla.

    Circa trenta o trentacinque anni fa, il deposito della stazio-ne ferroviaria di Tiflis aveva una "sirena a vapore".

    Ogni mattina la sirena svegliava gli operai della strada fer-rata e gli impiegati del deposito. Ma siccome la stazione diTiflis si trovava su una collina da cui il fischio raggiungevaquasi tutti i quartieri della citt, non svegliava solo gli impie-gati delle ferrovie ma anche l'altra gente. Mi sembra anzi chel'amministrazione municipale di Tiflis avesse avuto con l'am-ministrazione delle ferrovie uno scambio epistolare relativo aldisturbo arrecato al sonno mattutino di pacifici cittadini.

    L'obbligo di far funzionare la sirena era stato affidato pro-prio a Karapet, allora impiegato al deposito. Al mattino appe-na arrivato, prima di tirare la corda che azionava il fischio,costui sventagliava le braccia in tutte le direzioni e gridavasolennemente, a pieni polmoni, come un mullah maometta-no dall'alto del suo minareto:

    Tua madre una... uhm! Tuo padre un... uhm! Tuononno il pi grande... uhm! Che i tuoi occhi, il tuo naso, iltuo fegato, la tua milza, i tuoi calli.. uhm! In una parola,scagliava tutt'intorno le ingiurie peggiori che conosceva, esoltanto quando aveva finito impugnava la corda della sirena.

    Avendo sentito parlare di Karapet e della sua abitudine,una sera decisi di andarlo a trovare dopo la fine del lavoro,portandomi dietro una botticella di vino di Cacezia; e dopo

  • 48 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 49

    aver fatto "il rituale dei brindisi" ancora d'uso in quei paesi,gli chiesi utilizzando la forma suggeritami dal codice dicortesia locale, s'intende il motivo del suo modo d'agire.

    Tracann d'un colpo il suo bicchiere, e dopo aver intonatoun famoso canto conviviale indispensabile in Georgia in similicircostanze Rimpinziamoci fino al collo, amici mi rispo-se senza fretta.

    Lei non beve il vino alla maniera moderna, e cio soloper le apparenze; lei beve in maniera franca e onesta. Questomi dimostra che se cerca i motivi del mio usuale comporta-mento non lo fa per semplice curiosit, come gl'ingegneri ei tecnici che mi perseguitano con le loro domande, ma lo faperch veramente desidera sapere; e perci io voglio anzi,considero in tutta franchezza che devo confessarle onesta-mente le scrupolose riflessioni che mi hanno condotto a com-portarmi cos.

    In passato lavoravo al deposito come manovale nei turni dinotte e dovevo lavare le caldaie delle locomotive. Dopo l'in-stallazione di questa sirena a vapore, il capo-deposito, certa-mente considerando la mia et e quindi la mia crescente in-capacit a svolgere mansioni pesanti, mi assegn come com-pito unicamente l'obbligo di venire mattina e sera, a ora fissa,ad azionare il fischio.

    Fin dalla prima settimana dopo l'assunzione nel mio nuo-vo servizio, notai che dopo aver eseguito il mio compito peruna o due ore mi sentivo piuttosto a disagio.

    Era uno strano sentimento... Cresceva di giorno in giorno,e fin per trasformarsi in un'angoscia istintiva che mi facevaperdere l'appetito persino per la zuppa di cipolle. Ci pensavoe ci ripensavo senza sosta, e cercavo di indovinarne la causa.

    Ruminavo il mio problema con particolare intensit quan-do mi recavo al lavoro e quando me ne tornavo a casa.

    Ma nonostante tutti i miei sforzi non riuscivo a trovarenessuna spiegazione, neanche approssimativa.

    Le cose andarono avanti cos per quasi sei mesi, e quandogi avevo i calli alle mani a forza di tirare la corda della sirena,improvvisamente per un caso stranissimo riuscii a comprende-re che cosa stava accadendo.

    Lo shock che mi port a una corretta comprensione e a unpieno convincimento fu provocato da un'esclamazione cheudii nelle circostanze, davvero strane, che le racconter.

    Me ne andavo una bella mattina verso il mio deposito,senza aver dormito molto perch avevo passato una partedella notte da certi vicini a festeggiare il compleanno dellaloro nona figlia, e l'altra parte a leggere un libro, raro e moltointeressante, che mi era capitato in mano per caso ed eraintitolato Sogni e Magia. Mentre mi stavo affrettando alla voltadella sirena, scorsi improvvisamente all'angolo della strada uninfermiere di mia conoscenza, dipendente del servizio sanita-rio municipale, che mi ferm con un cenno.

    La funzione di quest'infermiere consisteva nel percorrerea ore fisse le strade del paese, insieme con un aiutante chespingeva un carretto appositamente attrezzato, e nel catturareal passaggio tutti i cani randagi che non avevano al collare latarghetta metallica comprovante il pagamento della tassa mu-nicipale alla citt di Tiflis. In seguito egli portava i cani almacello, dove venivano custoditi per due settimane a spesedella citt e nutriti coi resti della macellazione. Se durantequesto periodo non erano stati reclamati dai loro padroni ese la tassa non era stata pagata, i cani, con una certa solennit,venivano inoltrati verso un'uscita che conduceva direttamentea un forno speciale.

    Poco dopo dall'altro lato di questo notevolissimo forno,con un incantevole gorgoglio e gran vantaggio del nostro co-mune, colava fuori una certa quantit di grasso, di purezzaideale e trasparenza perfetta, destinato alla fabbricazione disapone e forse anche di qualcos'altro; e inoltre si riversavaall'esterno, fra diversi rumori altrettanto incantevoli, una granquantit di sostanze molto utili per la concimazione.

    Il mio amico infermiere acchiappava i cani con un proce-dimento semplicissimo e molto ingegnoso.

    Egli si era procurato una vecchia rete da pesca di grandeampiezza, che portava ripiegata in un certo modo sulla poten-te spalla nel corso delle spedizioni intraprese a beneficiodell'umanit nei quartieri malfamati della nostra citt, equando un cane "senza passaporto" cadeva nel campo percet-

  • 50 LIBRO PRIMO IL RISVEGLIO DEL PENSIERO 51

    tivo dei suoi occhi onniveggenti e terribili per tutta la stirpecanina, lui, senza fretta, si avvicinava silenziosamente al canecon l'agilit di una pantera, e cogliendo il momento in cuil'animale mostrava interesse o affezione per qualcosa, gli get-tava addosso la rete e lo avviluppava abilmente; poi, tirando as il carretto, allentava il viluppo in modo che il cane neuscisse per entrare direttamente in gabbia.

    Al momento di fermarmi, l'amico infermiere stava appun-to sorvegliando una vittima, cio spiava il momento opportu-no per gettare la rete su un cane che scodinzolava davanti auna cagna.

    Quando stava per compiere il gesto fatale, la campanadella chiesa vicina si mise improvvisamente a suonare perchiamare gli abitanti alla messa del mattino.

    Spaventato dai rintocchi inattesi che rompevano il silenziomattutino, il cane diede un balzo di lato e fugg di volata,ventre a terra, lungo la via deserta.

    L'infermiere, scosso da capo a piedi da una furia terribile,gett la rete sul marciapiede, e sputando sopra la spalla sini-stra url: "Ah, per tutti i diavoli! Proprio adesso doveva suo-nare!"

    Appena l'esclamazione dell'infermiere ebbe raggiunto ilmio apparato riflessivo, molti pensieri mi si affollarono in te-sta, e mi condussero infine a una visione secondo me correttadella ragione per cui ero preda di quell'angoscia istintiva.

    Subito dopo la scoperta provai una forte contrariet per ilfatto che un'idea cos semplice e limpida non mi fosse maivenuta in mente prima.

    Sentivo con tutto l'essere che il mio intervento nella vitapubblica non poteva che portare al risultato di quella sensa-zione che la mia presenza subiva ormai da sei mesi.

    In effetti, qualsiasi uomo strappato al suo dolce sonnomattutino dall'urlo infernale della sirena a vapore non potevaastenersi dal riversare le sue ingiurie, per dritto e per traverso,su di me ch'ero la causa di quell'infernale cacofonia e que-sto faceva indubbiamente confluire verso la mia persona levibrazioni di numerosi malauguri da tutte le parti.

    Quel famoso giorno, dopo aver compiuto il mio dovere,

    andai a sedermi nell'osteria vicina in preda alla mia solitaangoscia. Mentre mangiavo il mio spuntino, riflettevo; e giun-si alla conclusione che se avessi anticipatamente ingiuriatotutti quelli che parevano fortemente disturbati dal mio servi-zio, costoro, trovandosi nella "sfera dell'idiozia" cio, secondoil libro che avevo letto la notte precedente, nel dormiveglia,avrebbero potuto insultarmi a volont senza che questo avessesu di me alcun effetto.

    E devo dire che da allora non ho mai pi sentito quell'an-goscia istintiva.

    Questa volta, mio paziente lettore, bisogner che il miocapitolo introduttivo finisca. Devo solo firmarlo.

    Colui che...Fermati, specie di mostro! Con una firma non si scherza!

    Ricordati quando fosti obbligato, in un paese dell'Europacentrale, a pagare dieci anni d'affitto per una casa in cui aveviabitato tre mesi, per il solo motivo che avevi firmato di tuopugno una carta che ti impegnava a rinnovare il contrattoannualmente!

    Dopo questa e altre simili esperienze, devo essere moltoma molto prudente, quando in ballo la mia firma.

    Ma ora basta.Colui che da bambino era chiamato "Tatah", nell'adole-

    scenza "il Moretto", pi tardi "il Greco Nero", negli anni dellamaturit "la Tigre del Turkestan", e che oggi non uno qual-siasi ma "Monsieur" o "Mister" Gurdjieff in persona, o anche"il nipote del principe Mukhransky"; o semplicemente:

    IL MAESTRO DI DANZA.

  • 53PERCH BELZEB VENNE NEL NOSTRO SISTEMA SOLARE

    Capitolo 2

    PROLOGOPERCH BELZEB VENNE

    NEL NOSTRO SISTEMA SOLARE

    Era l'anno 223 dalla creazione del mondo, secondo uncalcolo oggettivo del tempo; o, secondo l'usanza terrestre,l'anno 1921 dell'era cristiana.

    Nell'Universo volava il vascello Karnak, destinato a comu-nicazioni trans-spaziali.

    Partito dagli spazi "Assuparazata", cio dalla "Via Lattea",esso volava dal pianeta "Karatas" verso il sistema solare "Pan-aznokh ", il cui sole anche chiamato "Stella Polare".

    Su questo vascello trans-spaziale si trovava Belzeb, con isuoi familiari e alcuni assistenti, diretto verso il pianeta "Re-vozvradendr" per partecipare a una conferenza cui un gruppodi vecchi amici l'aveva invitato: solo il ricordo della lungaamicizia aveva potuto indurlo ad accettare l'invito, poich egliera gi vecchio e il lungo viaggio, con tutto il suo corteo divicissitudini, non rappresentava davvero alla sua et un com-pito facile.

    Poco tempo prima di quel viaggio, Belzeb era tornatoal suo pianeta natale Karatas da luoghi molto remoti dove,per circostanze varie e indipendenti dalla sua essenza, avevatrascorso numerosi anni in condizioni non adatte alla suanatura.

    Quei lunghi anni di esistenza inconsueta, che avevano im-plicato percezioni ed esperienze estranee alla sua essenza,non avevano mancato di lasciare un segno visibile nella suapresenza. Certo, il tempo l'aveva invecchiato, ma le insolitecondizioni d'esistenza avevano condotto Belzeb, proprioquel Belzeb che aveva avuto una giovinezza eccezionalmen-te forte, ardente e bella, a una vecchiaia non meno eccezio-nale.

    Molto, molto tempo prima, quando ancora trascorreva lasua esistenza sul pianeta natale Karatas, Belzeb era stato scel-to per le sue straordinarie doti d'intelligenza a prestare servi-zio sul "Sole Assoluto", residenza principale del Nostro Sovra-no Signore Eterno, ed era stato accolto con alcuni suoi similinella cerchia degli assistenti di Sua Eternit.

    Ma poich la sua ragione non aveva ancora avuto il tempodi svilupparsi e il suo pensare giovane, e perci stesso ardente,non era a quel tempo che un pensare fondato su concezioniristrette com' naturale per esseri non ancora pienamenteresponsabili , un giorno egli individu nell'amministrazionedel mondo qualcosa che gli pareva "illogico", e trovando ap-poggio fra i compagni, esseri incompiutamente formati comelui, ficc il naso in faccende che non lo riguardavano.

    La forza e l'impetuosit della natura di Belzeb erano taliche il suo intervento, sostenuto dai compagni, si cattiv benpresto la ragione di tutti, e per poco non fece scoppiare unarivoluzione nell'Impero Centrale del Megalocosmo.

    Venutane a conoscenza, Sua Eternit, nonostante il SuoGrande Amore e la Sua Infinita Misericordia, si vide costrettaa esiliare Belzeb e i suoi amici in una lontana contrada del-l'Universo, sul sistema solare "Ors", detto dai suoi abitantisemplicemente "il sistema solare"; e fu loro assegnato comeluogo d'esistenza il pianeta Marte, col diritto di abitare anchegli altri pianeti, ma soltanto all'interno di quel sistema.

    Fra gli esiliati si trovavano, oltre ai compagni di Belzeb,tutti quelli che avevano simpatizzato con lui e i familiari e sub-alterni suoi e dei suoi amici. Tutti quanti approdarono a queilidi lontani con famiglia e servit, e presto sul pianeta Marte siform una colonia d'esseri tricentrici provenienti da diversipianeti della zona centrale del Nostro Grande Universo.

    La popolazione straniera si adatt pian piano al nuovoambiente e parcchi suoi membri, per abbreviare i lunghianni d'esilio, scelsero persino qualche occupazione su Martestesso o sui pianeti vicini, quasi totalmente abbandonati perla lontananza dal Centro e la povert della materia che licostituiva.

    Nel corso degli anni molti emigrarono a poco a poco sugli

  • 54 LIBRO PRIMO PERCH BELZEB VENNE NEL NOSTRO SISTEMA SOLARE 55

    altri pianeti, sia per scelta propria sia per necessit d'ordinegenerale; Belzeb invece rimase con i suoi familiari su Marte,dove organizz la propria esistenza in modo pi o meno sop-portabile.

    Fra le sue occupazioni su Marte ebbe un posto eminentel'installazione di un osservatorio destinato a esplorare le con-centrazioni lontane dell'Universo e a studiare le condizionid'esistenza dei pianeti vicini: osservatorio che in seguit