I processi di guarigione del tendine

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Una breve ma dettagliata review sulle varie fasi di guarigione del tessuto tendineo. http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/i-tendini-biologia-patologia-aspetti-clinici Tratto da: I tendini: biologia, patologia, aspetti clinici Gian Nicola Bisciotti

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7.1 Introduzione

Per una migliore comprensione dei principi biologici sui quali si basa il pro-cesso di guarigione della struttura tendinea, in questo capitolo faremo una brevema dettagliata review su quelle che sono le varie fasi della guarigione del tessutotendineo dopo che quest’ultimo abbia subito un evento lesivo od un atto chi-rurgico. La piena comprensione in senso biologico di queste differenti fasi co-stituisce la premessa assolutamente necessaria per poter comprendere appienol’eziologia e lo sviluppo dei disordini tissutali a carico del tessuto tendineo ed ipathways che possono comprometterne il completo recupero anatomico e fun-zionale.

Tale base teorica è quindi il presupposto indispensabile per poter mettere inpratica delle efficaci strategie il cui scopo sia l’ottimizzazione dei naturali pro-cessi di guarigione tendinea. Il processo di guarigione del tessuto tendineo, comed’altro canto anche quello degli altri tessuti molli, si può basare essenzialmentesu tre principi biologici: la rigenerazione, la riparazione oppure una loro com-binazione. La rigenerazione rappresenta una forma di guarigione biologica chesi attua attraverso la produzione di un nuovo tessuto le cui caratteristiche strut-turali e funzionali sono identiche a quelle del tessuto primitivo (Leadbetter,1992). La rigenerazione tissutale rappresenterebbe quindi, in via del tutto teo-rica, il processo di guarigione ideale per i tessuti molli lesionati; tuttavia esatta-mente come nel caso del muscolo scheletrico (Bisciotti, 2010), la guarigione deltessuto tendineo avviene grazie ad un processo di riparazione che esita nella for-mazione di una più o meno cospicua area cicatriziale, che ancora una volta esat-tamente come nel caso del muscolo scheletrico, si presenta di natura connettivalee con proprietà strutturali e funzionali inferiori a quelle del tessuto originario(Józsa e Kannus, 1997).

Il tessuto tendineo, in confronto a quello muscolare, presenta ridotte capacitàdi auto-riparazione date dalla scarsa vascolarizzazione che, a sua volta, comportaun ridotto apporto di ossigeno e di nutrimento a livello tissutale, anche se alcuniAutori sosterrebbero che i processi autoriparativi del tendine sarebbero co-munque sottostimati (Holch e coll., 1994; Maagaard-Mortensen e coll., 1994;Zwipp., 1995).

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7.2 Le fasi della riparazione tendinea

Da un punto di vista generale il processo di riparazione tendinea si suddividenelle stesse fasi in cui è strutturato il processo di riparazione del muscolo sche-letrico, ossia in tre fasi tra loro consequenziale ma, nel contempo, estremamenteinterconnesse che sono:

- La fase infiammatoria, che ha inizio nell’immediatezza dell’evento lesivoe si protrae sino a circa il quarto-settimo giorno.

- La fase proliferativa che si protrae dalla fine della prima settimana post-lesionale sino a circa la quarta–sesta settimana.

- La fase di maturazione o di rimodellamento che dalla fine della fase pro-liferativa può protrarsi sino ad un anno dall’insorgenza dell’evento lesivo.

Come nel caso della riparazione del tessuto muscolare, il passaggio da una fasea quella successiva è estremamente sfumato, tanto da creare dei veri e propriquadri di coesistenza biologica tra le due fasi considerate. Esaminiamo ora le trediverse tappe biologiche prima sommariamente descritte nei loro dettagli prin-cipali.

La fase infiammatoriaLa fase infiammatoria, detta anche fase essudativa, ha inizio nell’immediato pe-riodo post-traumatico come risposta fisiologica nei confronti del danno strut-turale. In seguito al danno subito dalle rete vascolare, sangue, plasma e fluiditissutali si riversano all’interno dell’area lesionata. Le piastrine presenti nellazona della lesione si legano al collagene esposto dall’evento traumatico e rila-sciano fosfolipidi che stimolano i meccanismi di coagulazione (Houglum, 1992).Circa un’ora dopo il trauma, nel sito lesionale sono già osservabili fibrina e fi-bronectina che formano dei cross-link con le fibre di collagene lesionate (Józsae coll., 1989a; Lehto e coll., 1990). Già queste prime tappe portano alla forma-zione di una tenue struttura simil-collosa che agisce come un vero e proprio“tappo”, seppure ancora strutturalmente fragile, che in ogni caso argina l’e-morragia locale e supporta meccanicamente le fibre tendinee danneggiate nelsopportare le forze tensili alle quali sono sottoposte durante questa prima faseimmediatamente post-lesionale. A questa prima risposta fa seguito, nell’arco dipoche ore, una massiccia migrazione nell’area lesionata di leucociti polimorfo-nucleati e di monociti. Tale infiltrazione cellulare avviene entro 24 ore daltrauma e prosegue per i successivi 2-3 giorni. La fase infiammatoria rappresenta

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un periodo temporalmente piuttosto breve, dell’ordine di circa una settimana(Enwemeka, 1989; Garret e Lohnes, 1990; Houglum., 1992). Gli elementi cel-lulari, i leucociti polimorfonucleati, i monociti ed i macrofagi migrano massi-vamente all’interno dell’area lesionata, attratti da particolari sostanze prodotteall’interno del sito lesionale stesso, denominati agenti chemiotattici. Tra questesostanze spicca per importanza l’istamina, sostanza che viene rilasciata dai ma-stociti, dai leucociti granulari e dalle piastrine. L’istamina esplica un’azione va-sodilatatoria, incrementando in tal modo la permeabilità vascolare. Sempre trale sostanze chemiotattiche, spiccano per importanza anche la fibronectina, cheesplica la sua azione chemiotattica sui leucociti e sui macrofagi, e la bradichi-nina che, oltre ad incrementare la permeabilità vascolare, stimola il rilascio diprostaglandine durante il prosieguo della fase infiammatoria. Quest’ultima è in-fluenzata da due prostaglandine, in particolare la prostaglandina E (PGE) – cheincrementa la permeabilità vascolare- e la prostaglandina E2 (PGE2) che presentala capacità di attrarre i leucociti. Immediatamente dopo l’evento lesivo si puòanche osservare un rapido incremento del contenuto di DNA all’interno dellecellule tendinee, che poi tende a stabilizzarsi nelle successive fasi di prolifera-zione e di rimodellamento e maturazione (Okuda e coll., 1987; Abrahamsson ecoll., 1989a; Abrahamsson e coll., 1989b). Nel periodo tardivo della fase in-fiammatoria le PGE e le PGE2 possono dare inizio ad un precoce processo di ri-parazione continuando, nel contempo, la reazione infiammatoria, fornendo intal modo un primo esempio di come le varie fasi siano spesso tra loro sovrap-poste. Uno dei compiti principali delle cellule pro-infiammatorie è quello di ri-muovere dall’area lesionata i tessuti necrotici ed i prodotti di rifiuto: soltantodopo che questi ultimi sono stati rimossi, ossia dopo circa 5-7 giorni dall’eventolesivo, può iniziare appieno la fase proliferativa. Come già accennato, non esi-ste una netta suddivisione tra la fase infiammatoria, quella proliferativa e l’ultimafase di maturazione, ma si può osservare piuttosto un continuum di attività bio-logiche che presentano aspetti spesso sovrapposti (Houglum, 1992). Alcune ri-cerche hanno suggerito come le diverse caratteristiche che la fase infiammatoriapuò assumere, si possano rivelare determinanti per il successo od, al contrario,per il fallimento dei processi di guarigione del tendine (Dovi e coll., 2003). Adesempio nel modello animale la neutropenia1 accelera i processi di guarigionedelle ferite da taglio (Dovi e coll., 2003) ma non influisce sui processi di guari-gione di un tendine riparato chirurgicamente (Godbout e coll., 2010).

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1. La neutropenia è la diminuzione del numero dei granulociti o neutrofili, o leucociti polimorfo-nucleati (PMN), uno dei 5 tipi di globuli bianchi (o leucociti) che circolano nel sangue periferico,al di sotto del limite inferiore di normalità di 1800 per millimetro cubo (o microlitro).

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La deplezione dei macrofagi invece compromette i processi di riparazione dellacute causando sia una diminuzione dei processi di deposizione del collagene,che dell’angiogenesi (Mirza e coll., 2009; Khanna e coll., 2010). Tuttavia su que-st’argomento in letteratura i dati sono molto contrastanti. Infatti, se da una partealcuni Autori indicano che l’attivazione dei macrofagi può rappresentare unnuovo ed interessante approccio terapeutico nell’ambito della riparazione tis-sutale, ad esempio per ciò che riguarda i danni al tessuto cardiaco in caso d’i-schemia (Brechot e coll., 2008), dall’altra altri studi indicherebbero che unadeplezione dei macrofagi implicherebbe un sostanziale miglioramento sia dellamorfologia, che delle proprietà meccaniche dell’interfaccia tendine-osso dopo ri-costruzione chirurgica di LCA (Hays e coll., 2008). Questa lacunosa compren-sione del ruolo dei neutrofili e dei macrofagi nel quadro del processo diriparazione tissutale può essere, perlomeno in parte, giustificata dal fatto chenell’ambito della riposta infiammatoria una molecola può adempiere a svariatefunzioni e, nello stesso tempo, diverse molecole possono svolgere ruoli sostan-zialmente sovrapponibili (Sercarz e coll., 2004). A questo proposito è oppor-tuno ricordare che i differenti gradi di severità della lesione possono determinaredifferenti stati di attivazione dei macrofagi (Krysko e coll., 2006; Poon e coll.,2010), ossia :

Un primo tipo di attivazione denominata “innata”, innescata dai lipolisac-icaridi2 o dall’IFN-γ3 associati allo stato pro-infiammatorio ed alla produ-zione di IL-64, IL-1β5 e TNF-α6;Una seconda modalità d’infiammazione denominata “classica”, attivata dal-iil’azione dell’IL4 ed IL-23 associate all’azione del TGF-β, del TGF-α, del b-FGF7, del PDGF e del VEGF.

Infatti, alcuni studi, seppur preliminari, indicherebbero un alto livello di com-plessità nell’attivazione dei macrofagi, livello che dipenderebbe dalla natura, dal-l’interazione e dalla combinazione degli stimoli biologici ai quali i macrofagistessi sono esposti (Woodall e coll., 2008).

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2. Il Lipopolisaccaride (LPS) è forte attivatore policlonale aspecifico timo-indipendente dei linfo-citi B; innesca la reazione bi-direzionale tra macrofagi e linfociti T-helper (produzione di gamma-interferon e Interleuchina-2); esalta l`attività dei macrofagi; induce sintesi prolungata di IgM,associata o in alternativa alla sintesi di IgG.3. Interferon-γ-inducing factor.4. Interleukin 6.5. Interleukin 1-β.6. Tumor-necrosis factor-α7. bFGF: basic fibroblastic growth factor.

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La risoluzione dei processi infiammatori verrebbe infine regolata dall’attivitàdei fibroblasti i quali contribuirebbero in modo sostanziale in tal senso, per-mettendo ai leucociti infiltratisi nella zona lesionale sia di avviarsi verso un pro-cesso di apoptosi oppure di lasciare i tessuti attraverso il circolo linfatico (Andiae coll., 2010). Inoltre, sono da segnalare alcuni studi che riporterebbero dell’os-servazione di un incremento dei mastociti durante la fase infiammatoria in pa-zienti affetti da tendinopatia cronica con evidente iperplasia vascolare e chelamentavano una spiccata sintomatologia algica (Scott e coll., 2008). Dal mo-mento che i mastociti contengono numerosi granuli ricchi in eparina, istaminae tryptase8, proprio il rilascio di queste ultime due sostanze da parte dei masto-citi stessi durante la fase di degranulazione parteciperebbe ad innescare il rilasciodi sostanza P, a sua volta responsabile della sintomatologia algica (Scott e coll.,2008a; Scott e col., 2008b; Del Buono e coll., 2011).

La fase proliferativaLa fase proliferativa ha inizio con un accumulo di fibroblasti, miofibroblasti9 ecellule endoteliali all’interno dell’area lesionata (Peacock e Van Winkle, 1970;Katenkamp e coll., 1976; Gelberman e coll., 1985; Gelberman e coll., 1988). Iprocessi di migrazione e proliferazione di queste cellule sono promossi dallapresenza di fattori di crescita prodotti sia dalle piastrine che dai macrofagi (Hou-glum, 1992). In questa fase inizia la proliferazione di nuovi capillari che comin-ciano a comunicare funzionalmente con la rete capillare preesistente. Durantela fase proliferativa i fibroblasti ed i miofibroblasti, che possono provenire daltendine stesso, dall’epitenonio, dalla guaina tendinea o dal paratenonio (Garnere coll.,1989), mostrano una forte attività proliferativa e di sintesi delle compo-nenti della matrice extracellulare (ECM). In quest’ambito un importante ruoloè svolto dal Basic Fibroblast Growth Factor (bFGF), soprattutto per ciò che ri-guarda la proliferazione cellulare e la vascolarizzazione all’interno dell’area le-sionata (Chang e coll., 1998). L’interazione tra capillari neo-formati, fibroblasti,miofibroblasti ed ECM dà origine al tessuto di granulazione e l’originale “tappo”di sostanza simil-collosa, formatosi nei primi stadi della fase infiammatoria,

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8. Tryptase: enzima proteolitico presente nei granuli dei mastociti.9. I miofibroblasti sono cellule del tessuto connettivo con capacità contrattili simili alla muscolaturaliscia. Scoperte nel 1970, a queste cellule è riconosciuto un ruolo importante nel processo di gua-rigione delle ferite, nella fibrosi dei tessuti e nelle contratture patologiche della fascia. La loro evo-luzione avviene generalmente da normali fibroblasti a proto-miofibroblasti, fino alla completadifferenziazione in miofibroblasti e ad una apoptosi terminale che è influenzata dalle tensioni mec-caniche, dalle citochine e da specifiche proteine che provengono dalla matrice extracellulare.

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viene sostituito con una struttura più stabile; contemporaneamente la fibro-nectina migliora la migrazione e l’adesione dei fibroblasti. Nello stadio inizialedella fase di proliferazione, e più precisamente a partire dal settimo giorno dal-l’evento lesivo, i fibroblasti producono i glicosaminoglicani dell’ECM (princi-palmente acido ialuronico) ed il collagene di tipo III, anche se un nettoincremento della sintesi di collagene è osservabile solamente a partire dalla terzasettimana post-lesionale. Le nuove fibre collagene che si vanno formando nonhanno ancora tuttavia né una consistente organizzazione strutturale né un nettoorientamento. L’ultimo periodo della fase di proliferazione fa registrare un produzione di col-lagene di tipo I, che continuerà sino alla fine della fase di maturazione e rimo-dellamento (Leadbetter, 1992). Il collagene di tipo I, a cominciare all’incirca daldodicesimo/quattordicesimo giorno, inizia a sostituire il collagene di tipo III, nelfrattempo il tessuto di granulazione è ulteriormente maturato e la formazionecicatriziale sta assumendo una sua solidità strutturale. Durante questa fase si puòosservare un decremento dell’attività degli enzimi ossidativi, ed un netto incre-mento di quella degli enzimi anaerobici (Józsa e Kannus , 1997). A questo pro-posito è interessante notare che anche nel muscolo scheletrico lesionato nel girodi poche ore dall’evento lesivo, il consumo di ossigeno a riposo, all’interno del-l’area muscolare lesa, si alza drasticamente, generando come conseguenza unosquilibrio tra il rifornimento e la richiesta di O2, che determina a sua volta unarapida discesa della tensione di O2 all’interno dell’area insultata, contestualmentea questo, si assiste ad aumento della concentrazione di lattato all’interno dellalesione. Nel tendine la fase di proliferazione dura mediamente da tre a sei setti-mane, periodo oltre il quale viene progressivamente sostituita dalla fase di ma-turazione e rimodellamento.

La fase di rimodellamento e maturazioneQuest’ultima fase è quella temporalmente più lunga, si può infatti protrarre sinoad oltre un anno dall’evento lesivo (Houglum, 1992). Durante la fase di rimo-dellamento il numero dei macrofagi, dei fibroblasti, dei mioblasti e dei capillaridiminuisce in modo lento e progressivo, contestualmente a questo anche l’atti-vità di sintesi va scemando. La zona cicatriziale diviene meno densa, la sua ca-pillarizzazione decresce ed anche la sua matrice perde una certa quota fluida; inquesta fase si assiste, in un primo tempo, ad una progressiva sostituzione del tes-suto granulare di riparazione da parte del tessuto fibroso e, dalla decima setti-mana in poi, un’ulteriore sostituzione del tessuto fibroso da parte del tessutotendineo (Wang, 2006). Anche la quantità di glicosaminoglicani diminuisce len-tamente cambiando la propria distribuzione. Il collagene tendineo diviene meno

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denso nella sua compattazione strutturale e principalmente composto da colla-gene di tipo I10. In sostanza, durante quest’ultima terza fase si assiste ad un ri-modellamento delle fibre di collagene neo-formate, sino a che queste ultime nonvengano a formare una forte struttura permanente (Leadbetter, 1992). La pienamaturazione del collagene ed un totale riallineamento delle fibre richiedonousualmente un periodo di 5 o 6 mesi calcolato dall’insorgenza dell’evento le-sivo. Verso la fine della fase di rimodellamento i fibroblasti, cessando la loro at-tività biosentitica, si trasformano in fibrociti. Nonostante questo grossoprocesso di rimodellamento, i deficit biomeccanici e biochimici conseguenti al-l’insulto traumatico possono mantenersi indefinitamente (Leadbetter, 1992; Bi-sciotti e coll., 2007). La forza tensile del tendine può ridursi di oltre il 30%(Leadbetter, 1992; Bisciotti e coll., 2007) e la struttura di quest’ultimo può pre-sentare difetti nella distribuzione del collagene (con un aumento del collagenedi tipo III e V a scapito di quello i tipo I), dell’orientamento delle fibre e delcontenuto in acqua, DNA e proteglicani (Gelberman e coll., 1988). È interes-sante notare che un meccanismo comune delle tre fasi appena descritte è rap-presentato dal processo di proteolisi. L’attività proteolitica risulta infatti unacomponente biologica essenziale sia della crescita tissutale, che del suo mante-nimento, nonché dei suoi processi di adattamento e riparazione. Dopo unevento lesivo la proteolisi diviene quindi necessaria sia per la rimozione della ma-trice danneggiata, che per il rimodellamento dell’area cicatriziale (Everts e coll.,1996).

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10. A questo proposito dobbiamo comunque ricordare che molti Autori sottolineano il fatto che a se-guito dei processi di riparazione il collagene di tipo I viene sostituito da collagene di tipo III e V, mec-canicamente più deboli e che possono predisporre il tendine alla rottura meccanica.

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7.3 Il ruolo della risposta nervosa nell’ambito dei processi di guarigione del tendine

A seguito di un trauma di qualsivoglia natura, lo stress iniziale subito dall’or-ganismo è codificato in un segnale neurale (Andia e coll., 2010). Nonostante ilfatto che il tendine sia essenzialmente sprovvisto di una vera e propria compo-nente nervosa (Acherman e coll., 2009), gli assoni amielinici che innervano il pe-ritenonio e l’endotenonio recepiscono i prodotti molecolari derivantidall’evento lesivo e, pertanto, trasmettono il segnale registrato al fine di modu-lare la risposta neurale efferente con la risposta immunitaria (Stayaert e coll.,2006). Pertanto, il sistema nervoso gioca un ruolo fondamentale nella regola-zione dei processi di riparazione tendinei; ne è testimone il fatto che l’applica-zione di CGRP11, di sostanza P (Burssens e coll., 2005; Stayaert e coll., 2006;Carlsson e coll., 2011) oppure di NGF12 (Mammoto e coll., 2008) migliorano,nel modello animale, il processo di riparazione del tendine, mentre la denerva-zione, sia in un modello murino (Yeung e coll., 2005) che nel coniglio (Ivie ecoll., 2002), peggiora e ritarda sensibilmente i processi di riparazione tissutale ri-spettivamente del legamento collaterale mediale e del tendine di Achille. Infatti,come è ovvio supporre, un sistema anatomico denervato non possiede un po-tenziale fisiologico tale da consentirgli di poter far fronte alla richiesta d’inte-grazione delle varie e molteplici richieste biologiche provenienti dai tessuti infase di riparazione. D’altro canto, anche le scarse capacità riparative della carti-lagine sono sostanzialmente addebitabili alla sua natura aneurale ed avascolare(Nelson e coll., 2010). I nervi ed i vasi sanguigni quindi adottano una strategiasinergica di vicendevole supporto nell’ambito della riparazione del tendine; inun modello murino, ad esempio, si può osservare come nervi e vasi proliferinoinsieme dal peritenonio durante la fase proliferativa, mentre durante la fase dirimodellamento si può osservare una forte neo-innervazione nelle zone perife-riche rispetto all’area di riparazione tissutale; neo-innervazione che avrebbe loscopo di ridurre l’angiogenesi durante la fase di rimodellamento stessa (Acker-mann e coll., 2002).

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11. Il CGRP (acronimo dall'inglese Calcitonin Gene Related Peptide, peptide correlato al gene dellacalcitonina) è un peptide composto da 37 amminoacidi ed è vasodilatatore che può intervenire nellatrasmissione del dolore, intervenendo nel sistema nervoso periferico e centrale[1]. L'aumento dei li-velli di CGRP è stato segnalato in emicrania e una serie di altre malattie, come l'insufficienza car-diaca e l'ipertensione.12. NGF: nerve growth factor o fattore di crescita nervoso, è una proteina segnale coinvolta nellosviluppo del sistema nervoso nei vertebrati.

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7.4 Il ruolo del processo di apoptosi nell’ultimo stadio di guarigione del tendine

Il ritorno ad una normale situazione di omeostasi tissutale dopo l’evento lesivoè condizionata da una “clearance” dei fibroblasti neo-formati (Lui e coll., 2007).La densità dei fibroblasti cresce normalmente sino al quarto giorno post-lesio-nale per decrescere poi in modo costante. In ogni caso, durante i processi di gua-rigione del tendine la densità dei fibroblasti resta elevata di una percentuale paria 6-7 volte il valore basale. Questo notevole incremento dell’attività fibrocita-ria è giustificato dal fatto che i fibroblasti rivestono un ruolo fondamentale neiprocessi di deposito e rimodellamento della ECM; tuttavia questo indica anchela necessità biologica che tali elevati livelli ritornino normali alla fine del pro-cesso di guarigione del tendine. Alcuni Autori ipotizzano che questa down-re-gulation avvenga grazie ad un fenomeno di apoptosi, processo caratterizzato dacondensazione di cromatina, frammentazione, formazione di masse circoscritteintorno all’involucro cellulare e distruzione del citoscheletro (Hengartner 2000;Kaufmann e Hengartner, 2001; Barkhausen e coll., 2003) Tutti questi fenomeniesitano in una contrazione dell’involucro nucleare e della membrana cellulare,conducendo la cellula ad una auto-eliminazione programmata. Le cellule apop-totiche vengono poi rimosse attraverso un meccanismo fisiologico silente nelquale il ruolo di regolatore centrale è svolto dalle caspasi (un gruppo di proteasiche contengono cisteina nel sito attivo). Un certo numero di studi testimoniadell’esistenza del fenomeno apoptotico nei fibroblasti di tendini posti in colturasia su modello umano che animale, in vivo ed in vitro (Barkhausen e coll., 2003;Stutek e coll., 2003; Scott e coll., 2005). Sia i campi elettromagnetici (Blumen-thal e coll., 1997), che lo stress ossidativo (Yuan e coll., 2003) ed i fluoroqui-nolonici (Sendzik e coll., 2005) si sono dimostrati in grado di provocare ilfenomeno dell’apoptosi su fibroblasti tendinei posti in coltura. Nel modello ani-male il rateo di apoptosi appare molto basso in un tendine strutturalmente ebiologicamente sano (range da 0.56 a 1.3%) (Scott e coll., 2005), mentre appareassai più elevato in caso di tendinopatia (Hosaka e coll., 2005). Al contrario, neicampioni di tendine umano scevro da patologie si possono osservare un numeroparticolarmente alto di cellule apoptotiche, con un indice di circa il 35% a livellodei siti di rimodellamento attivi ed in media del 26% nei tenociti (Chuen e coll.,2004). Dal momento che il rateo di apoptosi di un tessuto tendineo affetto datendinopatia non differisce sostanzialmente da quello osservabile in un tendinesano, ossia 34% versus 35% (Chuen e coll., 2004;Yee e coll., 2007), possiamo ra-gionevolmente supporre che, nel modello umano, il fenomeno dell’apoptosi sia

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naturalmente correlato al normale turn-over delle cellule tendinee all’internodi quello che è il più complesso processo del rimodellamento della ECM, e chetale processo si verificherebbe sia in condizioni normali, che patologiche. In unquadro patologico rappresentato dal processo di guarigione tendinea, l’apoptosisarebbe quindi coinvolta nel meccanismo di “clearance” dell’eccessiva prolife-razione di fibroblasti che si verificherebbe nel sito di riparazione lesionale. Ilfenomeno dell’apoptosi durante il processo di riparazione tendineo, come te-stimonierebbe l’attività delle Caspasi, si verificherebbe solamente a partire dal14° giorno per poi raggiungere il suo apice attorno al 28° giorno post-lesionale,anche se alcuni Autori formulano l’ipotesi che l’apoptosi potrebbe essere me-diata anche da altre proteine rispetto alle sole Caspasi (Daugas e coll., 2000; Luie coll., 2007). L’apoptosi interessa non solamente i fibroblasti ma anche i mio-fibroblasti che scomparirebbero, a causa di quest’ultima, nella fase finale delprocesso di guarigione (Desmouliere, 1995; Gabbiani, 2003). L’apoptosi è unprocesso piuttosto rapido, che richiede da pochi minuti a qualche ora, e per-tanto presenta indubbie difficoltà di campionamento e di studio, visto che alcunecellule potrebbero rispondere più velocemente di altre allo stimolo apoptotico.Probabilmente è questo il motivo che può spiegare la relativa mancanza di studie la conseguente necessità di ulteriori approfondimenti in quest’ambito. Tutta-via, dato che la densità cellulare del tendine alla fine dei suoi processi di ripara-zione è determinata dal rateo tra la crescita e la morte cellulare che si verifica alivello del sito lesionale, il poter approfondire la conoscenza dei processi che re-golano tale fenomeno, primo tra tutti l’apoptosi, ci permetterebbe di com-prendere appieno i meccanismi che consentono al tessuto tendineo diraggiungere una nuova situazione di omeostasi una volta terminati i processi ri-parativi.

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7.5 Il ruolo dei fattori di crescita nel processo di guarigione del tendine

I fattori di crescita (GF) rivestono un ruolo molto importante all’interno dellevarie fasi del processo di guarigione del tendine, ruolo diversificato in base alloro target d’intervento specifico ed al loro eterocronismo d’azione. La pienacomprensione di come e quando i vari GF ed i loro recettori implicati nei pro-cessi di riparazione tendinea vengono espressi, rappresenterà una futura ed im-portantissima tappa nella ricerca tesa all’ottimizzazione dei processi diriparazione del tessuto tendineo. Schematicamente possiamo così riassumere ilruolo ed il timing dei vari GF implicati nel corso delle tre tappe del processo diriparazione del tessuto tendineo: - Il Platelet Derived Growth Factor (PDGF) viene prodotto solamente per unbreve periodo immediatamente dopo l’evento lesivo, e stimola la produzionedi altri GF (Kuroda e coll., 2000; Visser e coll., 2010).

- Il Transforming Growth Factor-beta (TGF-β) è attivo durante la fase infiam-matoria e quella proliferativa, ma riveste un ruolo più importante durante la se-conda di dette fasi. Analizzando separatamente le sue tre isoforme, possiamoosservare come il TGF- β1 contribuisca alla sedimentazione della ECM e cheuna sua sovra-espressione esiti in una formazione di tessuto fibrotico; inoltre èpossibile notare come il TGF- β2 agisca in modo molto simile al TGF- β1 e cheinfine il TGF- β3 mostri la capacità di migliorare qualitativamente il tessuto ci-catriziale. Il picco di attività dei recettori dell’espressione del TGF- β si registraattorno al 14° giorno post-lesionale, e inizia a decrescere da circa il 56° giornoin poi ( Duffy e coll., 1995; Chang e coll., 1997; Oryan e Moshiri, 2011).

- Il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) stimola la proliferazione dellecellule endoteliali, migliora l’angiogenesi ed aumenta la permeabilità capillare.All’interno dell’area lesionata l’espressione del VEGF RNA si può osservarea partire dal 7° giorno post-lesionale, mentre il suo picco si registra attorno al10° giorno (Bidder e coll., 2000; Savitskaya e coll., 2011).

Le isoforme di ossido nitrico sintetasi13 (NOS) vengono espresse, attraverso di-versi patterns di espressione, durante tutte le tre fasi della riparazione tendinea(Chang e coll., 1998).

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174 Gian Nicola Bisciotti

13. NO sintetasi è un enzima distribuito quasi in maniera ubiquitaria nei tessuti e nei viventi in ge-nerale che provvede a produrre NO a partire dall’arginina che viene trasformata in citrullina (meta-bolita intermedio del ciclo dell'urea). L'enzima nell'organismo è presente in 2 tipi di isoforme:inducibile e costitutiva. La seconda è localizzata principalmente nell'endotelio vasale e nel cervello,mentre l'inducibile è tipica dei globuli bianchi e viene attivata durante l'infiammazione sia con fun-zione segnalatoria che battericida.

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175I TendiniAnatomia ed aspetti generali

Periodo Principali alterazioni cellulari e della matrice osservabili

Immediatamentedopo l’evento lesivo

Preponderante presenza di eritrociti spesso raggruppati sotto formadi piccoli coaguli. Presenza di fibronectina (entro 1 ora) e macrofagi.

24 ore dopo Presenza di leucociti polimorfonucleati, monociti e macrofagi (ancheprima nel caso di rottura meccanica e più tardi nel caso di rotturaspontanea).Inizio della sintesi di acido ialuronico, seguita dalla sintesi di glicosa-minoglicani (comunque più tardiva).

4°-5° giorno Presenza di fibroblasti.

Dal 7° giorno in poi Lenta e progressiva diminuzione dei leucociti e dei macrofagi e del-l’attività dei fibroblasti.Aumento della presenza di fibronectina.Nessuna presenza di pro-collagene prima del 7° giorno.Dal 7° giorno in poi inizia la sintesi collagene nelle cellule prolifera-tive dell’epitenonio, ma non ancora negli endotenociti.Presenza di miofibroblasti nel tessuto di granulazione.

2a settimana Il tessuto di granulazione diviene più compatto.I fibroblasti (tenoblasti) iniziano a mostrare un orientamento secondol’asse principale del tendine. La sintesi di collagene è molto evidente anche in zone relativamentediscoste dalla zona di riparazione.Il collagene neo-formato di tipo III (formatosi nell’area di lesione),inizia ad essere progressivamente sostituito dal collagene di tipo I(formatosi all’esterno dell’area di lesione).Con la sostituzione del collagene di tipo I a quello di tipo III inizia unprogressivo aumento della forza tensile del tendine.

4a settimana Il numero dei fibroblasti, miofibroblasti e capillari inizia a diminuire.Il numero dei macrofagi diminuisce nettamente.Il collagene forma densi pacchetti di fibre.

Dalla 4a settimanain poi

Continua la fase di rimodellamento e maturazione che può protrarsiper un periodo compreso tra i 4 e gli 11 mesi.

Tabella 1

Schema riassuntivo delle principali alterazioni cellulari e della matrice osservabiliin funzione del periodo di riparazione.

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