I problemi di matematica nel nuovo insegnamento · un'altra, d'una apertura più grand~, ... volta,...

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I problemi di matematica nel nuovo insegnamento La nuova funzione dei problemi Nell'insegnamento tradizionale la principale dei problemi la il consoli damento e l'apphcazlone del con- cetti imparati. Per questo li troviamo nu- merosi nelle serie di esercizi che lezioni e neg li esperimenti da svolgere IndI- vidualmente. Con il nuovo insegnamento a questa funzione viene ad (o, per lo meno, acquista maggior un'altra, d'una apertura più che in- veste tutto il processo d'apprendimento. I probl emi non servono .per tarsi se gli allievi abbiano assimilato. I cetti imparati e se siano in grado. di carli correttamente in svari ate Situazioni, ma attraverso la riflessione su di essi, con - di scoprire relazioni, strutture e concetti nuovi, d'imparare cioè la matema- tica. Questo, in relazione al fatto che go no proposti offrono. un a- pertu ra maggiore alla dialogo e non esauriscono subito la loro istruttiva, come avviene spesso con I pro: bl emi tradizionali. L'interesse è centrato SUI metodi di risoluzione più che sul risultato; la soluzione esatta passa in secondo piano. Una pa rticolare attenzione è dedicata l'insegnante anche ai tentativi in quanto da essi possono ele- menti interessanti per la formaZione della cosci enza matematica. Capire le insuffi- cien ze di certi procedimenti aiuta a conso- lidare concetti non del t utto stabilizzati. . Si cerca di modificare inoltre l'atteggia- mento degli allievi nei confronti del proble- ma che non deve richiamare l'idea d'uno sp;uracchio ma di d.i al?passio: nante. Gli alunni sono pure Invitati a problemi nuovi, realta h circonda dal punto di vista ma- tematici o partendo da schemi rlcava .tl dal: la risoluzione di problemi precedenti. esSI devono imparare ad assume. re un tamento pfiduc!oso . Il procedimento d anahsl problemi è facilitato, negh alhevi delle cl aSSI sperimental i, da nuove menta li che consentono loro di tradurre In modo più ecorlomico e chiaro termini problema e le. ni esi stenti tra i dati (CI nferlamo al diverSI tipi di diagramma: Venn, Carrol! ecc.). Dai problem i arit metici ai problemi logico- matematici Con il nuovo orientamento, il problema di matematica è considerato in un'accezione più va sta. Il problema è dalle condizioni (a volte imphclte nel dati) e da una o più in cognite. . In quelli tradizionali i dati riguardano I nu- meri o la loro applicazione a grandezze e le operazioni che sono aritmetiche. Nel nuovo Insegnamento, I da: ti del problema concreti, rappresentazl om grafiche, slmboh numerici o meno; le richieste possono <:or- rispondere a .reali, a. a enunciati o ad altre attività partlcolan e le operazioni da svolgere non sc;>no te di tipo aritmetico. Anche.In relaZione al- l'introduzione dei diagrammi, vengono pro- posti agli allievi numerosi problemi per soluzione dei quali bisogna per esempio interpretare o un Il campo dei problemi risulta più ampio gia a partire dal primo. di scuola in quanto per problema SI Intende qualsiasi situazione spontanea o ta in cui, a partire da un certo numero di In - formazioni, bisogna cercare qualcosa <:on le forme del pensiero (non immediatamente ottemblle con gh schemi dell'abitudine). . Piaget ha messo in che casi di insuccesso scolastiCO nelle materie scientifiche sono in relazione con un saggio troppo rapido dalle strutture tative dei problemi senza introduzione di numeri e delle leggi metriche) alle forme quantitative. Ora, i nu - merosi problemi-gioco imperniati sulla logi- ca hanno appunto lo scopo di i! terreno alla comprensione delle astraZIOni matematicne vere e proprie. Si tratta di situazioni generalmente conce- pite partendo da un materiale li blocchi logici del Dienes, per esempIo) o da altri dispositivi concreti o figurativi pre- parati dall'insegnante con i suoi Tal- . volta, in apparenza, possono dare Ilmpres- sione di avere ben poco in comune con la matematica, mentre in realta propongono situazioni che consentono di esercitare le strutture del pensier? in profondità. Infatti, cambiando e combi- nando le regole dei giochi in modo diverso, essi arrivano a scoprire i fattori invarianti e quelli varianti, i rapporti di .analogia, dif: ferenza di complementarità con gh altrt giochi, comprendere cioè la dinamica del- le costruzioni matematiche. Una domanda che i genitori rivolgonospes- so agli insegnanti nell'esperienza « matematica moderna» è Intesa a sapere se gli allievi risolvono an.cora i problemi della vita reale le. attl- vita familiari, sociali, commerclah, del tra- sporti e delle comunicazioni ecc.). . Il nostro modo di vedere è ch e questi pro- blemi debbano mantenere il loro posto di riguardo nell'insegnamento: A però che i problemi propOSti rispondano effettivamente a situaZIOni reah: Purtroppo bisogna dire che sono entra t. 1 nelle scuole sotto l'etichetta di «problemi di vita pratica» numerosi problemi che con la vita pratica non hanno nessun egame. Non è infatti sufficiente che un problema parli di hl di vino o di m di stoffa per corri- spondere a una situazione reale in cui l'al- lievo o la persona con la quale egli si identi- fica potrebbe trovarsi un giorno o l'altro. Una mag giore apertura dei p ro b lemi Quasi sistematicamente, i problemi propo- sti nelle cl assi tradizionali ammett ono uni- camente una soluzione e spesso, per ri sol- verli, l'allievo è incline a utilizzare il condi- zionamento più che la riflessione. Ora nella vita d'ogni giorno siamo spesso di f;onte a prOblemi che hanno parecchie o magari nessuna soluzione poss.ibile, o i dati che disponiamo sono insuffiCienti, oppure si tratta d'un Nel caso in cui le solUZIOni posslblh sono di- verse, spesso ne esiste una che può essere considerata migliore in quanto offre van- taggi per rapporto alle altre, meglio al temperamen.to, alla situazione presente di una persona. sempre la soluzione mlghore è plU razionale. Di conseguenza occor re abituare gli allievi a considerare i proble.mi .da questo punto di vista: soluzlo.n esserci? Ce n'è una plU conveniente al mio caso? Essi impareranno così, anche in altre situazioni, a soppesare i vari elementi e a decidere in base a un'analisi particolareg- giata. . .. ., Inoltre in alcuni problemi tradiZionali I al- lievo arrivare benissimo alla soluzio- ne esatta anche senza aver compreso p.er- fetta mente la struttura del problema, Cioè mediante l'automatismo. Qui, questa pos- sibilita non esiste, in quanto per s?opnre tu tte le soluzioni possibili è necessartO ave- re compreso la struttura del problema nella sua totalità. Quanto ai problemi che non ammettono soluzioni a nostro avviso sembra pedago- gicamente valido proporre, di tanto in tan- to, problemi di questo tipo, in quanto con: sentono di comprendere veramente quali sono i dati e le condizioni necessarie per poter ottenere una per .deter- minare un'incognita particolare; ossia per- mettono di abituare il fanciullo a considera- re il risultato come un elemento solidale di un certo numero di dati e di condizioni. La discussione attorno alle cause che non consentono di conseguire il risultato o che determinano certe incongruenze è molto formativa ai fini della comprensione mate- matica. Come negli altri campi della cono- scenza, anche in matematica, affincné un'acquisi zi one diventi veramente tale, oc- corre che risulti inserita in un processo or- ganico, cioè connessa ad altre Bisogna fare in modo. che stabili- sca dei ponti tra le diverse di co.no - scenza. La coesione non deriva semplice- mente dal mettere le conoscenze nuove accanto a quelle vecchie, implica qualcosa in più d'una semplice giustapposizione acquisizioni: c'è differenza tra un mucchiO di pietre e un muro. Possiamo sviluppare un atteggiamento di- namico di messa in relazione delle diverse conoscenze mediante i problemi a catena. Con essi intendiamo le attivita che prendo- no avvio dalla soluzione d'un problema , la quale viene considerata come punto d! tenza per un altro problema, e COSI via. Spesso, situazioni di tipo guito a certe scoperte relative a caSI parti- colari, dove scaturisce abbastanza sponta- neamente la questione a sapere se deter- minati nessi si verificano anche in situazi oni più generali o di tipo diverso. Oppure si possono ottenere attraverso le trasforma- zioni d'un problema (facendo variare i dati, le condizioni ecc.). Con particola re entu- siasmo da parte degli allievi so no conside- rati i cosiddetti problemi-indagine, cioè le ricerche che vengono svolte dalla classe o da gruppi di alunni attorno a problemi che 3

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I problemi di matematica nel nuovo insegnamento

La nuova funzione dei problemi

Nell'insegnamento tradizionale la fun~i~ne principale dei problemi rig.uar~a la ve~lflca, il consolidamento e l'apphcazlone del con­cetti imparati. Per questo li troviamo nu­merosi nelle serie di esercizi che seguo~o I~ lezioni e negli esperimenti da svolgere IndI­vidualmente. Con il nuovo insegnamento a questa funzione viene ad aggi~ng~r.sene (o, per lo meno, acquista maggior rlhe~o) un'altra, d'una apertura più grand~, che in­veste tutto il processo d'apprendimento. I problemi non servono soltan~o .per ~ccer­tarsi se gli allievi abbiano assimilato. I co~­cetti imparati e se siano in grado. di appl~­carli correttamente in svariate Situazioni, ma attraverso la riflessione su di essi, con­se~tono di scoprire relazioni, strutture e concetti nuovi, d'imparare cioè la matema­tica. Questo, in relazione al fatto che v~n­go no proposti proble~i ch~ offrono. un a­pertura maggiore alla n~esslone, a~ dialogo e non esauriscono subito la loro ncc~ezza istruttiva, come avviene spesso con I pro: blemi tradizionali. L'interesse è centrato SUI metodi di risoluzione più che sul risultato; la soluzione esatta passa in secondo piano. Una particolare attenzione è dedicata da~­l'insegnante anche ai tentativi infr~ttuosl, in quanto da essi possono sca~unre ele­menti interessanti per la formaZione della coscienza matematica. Capire le insuffi­cienze di certi procedimenti aiuta a conso­lidare concetti non del t utto stabilizzati. . Si cerca di modificare inoltre l'atteggia­mento degli allievi nei confronti del proble­ma che non deve richiamare l'idea d'uno sp;uracchio ma di qualco~ d.i al?passio: nante. Gli alunni sono pure Invitati a pors~ problemi nuovi, inter~o~ando ~a realta ~he h circonda dal punto di vista del.r~pport~ ma­tematici o partendo da schemi rlcava.tl dal: la risoluzione di problemi precedenti. esSI devono imparare ad assume.re un co~por­tamento più fiduc!oso ~~rso.' ~roble.ml. . Il procedimento d anahsl ~ dl.rI~luzlone de~ problemi è facilitato, negh alhevi delle claSSI sperimentali, da nuove conos~enze .str~­menta li che consentono loro di tradurre In modo più ecorlomico e chiaro ~ termini ~el problema e compre~de.re. m~gho le. re~azlo: ni esistent i tra i dati (CI nferlamo al diverSI tipi di diagramma: Venn, Carrol! ecc.) .

Dai problemi arit metici ai problemi logico-matematici

Con il nuovo orientamento, il problema di matematica è considerato in un'accezione più vasta. Il problema è cos~it~ito ~ai d~ti, dalle condizioni (a volte imphclte nel dati) e da una o più incognite. . In quelli tradizionali i dati riguardano I nu­meri o la loro applicazione a grandezze e le operazioni che interve~gono sono q~elle aritmetiche. Nel nuovo Insegnamento, I da: ti del problema pos~on~ es~ere o~gett~ concreti, rappresentazlom grafiche, slmboh numerici o meno; le richieste possono <:or­rispondere a costruzio~i .reali, a. dise~nl , a enunciati o ad altre attività partlcolan e le

operazioni da svolgere non sc;>no uni~amen­te di tipo aritmetico. Anche.In relaZione al­l'introduzione dei diagrammi, vengono pro­posti agli allievi numerosi problemi per ~a soluzione dei quali bisogna per esempio interpretare o compl~t~re un dia~ramma. Il campo dei problemi risulta ~rclò molt~ più ampio gia a partire dal primo. ~nno di scuola in quanto per problema SI Intende qualsiasi situazione spontanea o strutt~~a­ta in cui, a partire da un certo numero di In­formazioni, bisogna cercare qualcosa <:on le forme del pensiero logico:~atematlc~ (non immediatamente ottemblle con gh schemi dell'abitudine). . Piaget ha messo in evide~za che parecc~1 casi di insuccesso scolastiCO nelle materie scientifiche sono in relazione con un pa~­saggio troppo rapido dalle strutture qu~h­tative dei problemi (ragiona~ento loglc~ senza introduzione di numeri e delle leggi metriche) alle forme quantitative. Ora, i nu­merosi problemi-gioco imperniati sulla logi­ca hanno appunto lo scopo di prepara~e i! terreno alla comprensione delle astraZIOni matematicne vere e proprie. Si tratta di situazioni generalmente conce­pite partendo da un materiale suutt~rato li blocchi logici del Dienes, per esempIo) o da altri dispositivi concreti o figurativi pre­parati dall'insegnante con i suoi alli~vi. Tal- . volta, in apparenza, possono dare Ilmpres­sione di avere ben poco in comune con la matematica, mentre in realta propongono situazioni che consentono di esercitare le strutture logico-matematic~e del pensier? in profondità. Infatti, cambiando e combi­nando le regole dei giochi in modo diverso, essi arrivano a scoprire i fattori invarianti e quelli varianti, i rapporti di .analogia, ~i dif: ferenza di complementarità con gh altrt giochi, ~ comprendere cioè la dinamica del­le costruzioni matematiche. Una domanda che i genitori rivolgonospes­so agli insegnanti impegnat~ nell'esperienza « matematica moderna» è Intesa a sapere se gli allievi risolvono an.cora i co~iddet~i problemi della vita reale (rtguar~a~tl le. attl­vita familiari, sociali, commerclah, del tra-sporti e delle comunicazioni ecc.). . Il nostro modo di vedere è che questi pro­blemi debbano mantenere il loro posto di riguardo nell'insegnamento: A .co~di~ione però che i problemi propOSti ~gh al.he~1 co~­rispondano effettivamente a situaZIOni reah: Purtroppo bisogna dire che sono entrat.1 nelle scuole sotto l'etichetta di «problemi di vita pratica» numerosi problemi che con la vita pratica non hanno nessun egame. Non è infatti sufficiente che un problema parli di hl di vino o di m di stoffa per corri­spondere a una situazione reale in cui l'al­lievo o la persona con la quale egli si identi­fica potrebbe trovarsi un giorno o l'altro.

Una maggiore apertura dei problemi

Quasi sistematicamente, i problemi propo­sti nelle classi tradizionali ammettono uni­camente una soluzione e spesso, per risol-

verli, l'allievo è incline a utilizzare il condi­zionamento più che la riflessione. Ora nella vita d'ogni giorno siamo spesso di f;onte a prOblemi che hanno parecchie o magari nessuna soluzione poss.ibile, ~~rch~ o i dati che disponiamo sono insuffiCienti, oppure si tratta d'un 'pr~blem~ !~solubil~. Nel caso in cui le solUZIOni posslblh sono di­verse, spesso ne esiste una che può essere considerata migliore in quanto offre van­taggi per rapporto alle altre, co~risp~nde meglio al temperamen.to, alla situazione presente di una determ!n~ta persona. N~~ sempre la soluzione mlghore è quel~a plU razionale. Di conseguenza occorre abituare gli allievi a considerare i proble.mi .da questo punto di vista: quan~~ soluzlo.n posso~o esserci? Ce n'è una plU conveniente al mio caso? Essi impareranno così, anche in altre situazioni, a soppesare i vari elementi e a decidere in base a un'analisi particolareg-giata. . .. ., Inoltre in alcuni problemi tradiZionali I al­lievo p~teva arrivare benissimo alla soluzio­ne esatta anche senza aver compreso p.er­fetta mente la struttura del problema, Cioè mediante l'automatismo. Qui, questa pos­sibilita non esiste, in quanto per s?opnre tutte le soluzioni possibili è necessartO ave­re compreso la struttura del problema nella sua totalità. Quanto ai problemi che non ammettono soluzioni a nostro avviso sembra pedago­gicamente valido proporre, di tanto in tan­to, problemi di questo tipo, in quanto con: sentono di comprendere veramente quali sono i dati e le condizioni necessarie per poter ottenere una costr~zione, per .deter­minare un'incognita particolare; ossia per­mettono di abituare il fanciullo a considera­re il risultato come un elemento solidale di un certo numero di dati e di condizioni. La discussione attorno alle cause che non consentono di conseguire il risultato o che determinano certe incongruenze è molto formativa ai fini della comprensione mate­matica. Come negli altri campi della cono­scenza, anche in matematica, affincné un'acquisizione diventi veramente tale, oc­corre che risulti inserita in un processo or­ganico, cioè connessa ad altre ~onoscen~~. Bisogna fare in modo. che 1'~llIevo. stabili ­sca dei ponti tra le diverse I~ole di co.no­scenza. La coesione non deriva semplice­mente dal mettere le conoscenze nuove accanto a quelle vecchie, implica qualcosa in più d'una semplice giustapposizione ~i acquisizioni: c'è differenza tra un mucchiO di pietre e un muro. Possiamo sviluppare un atteggiamento di­namico di messa in relazione delle diverse conoscenze mediante i problemi a catena. Con essi intendiamo le attivita che prendo­no avvio dalla soluzione d'un problema, la quale viene considerata come punto d! p~r­tenza per un altro problema, e COSI via. Spesso, situazioni di quest~ tipo fa~no s~­guito a certe scoperte relative a caSI parti­colari, dove scaturisce abbastanza sponta­neamente la questione a sapere se deter­minati nessi si verificano anche in situazioni più generali o di tipo diverso. Oppure si possono ottenere attraverso le trasforma­zioni d'un problema (facendo variare i dati, le condizioni ecc.) . Con particolare entu­siasmo da parte degli allievi sono conside­rati i cosiddetti problemi-indagine, cioè le ricerche che vengono svolte dalla classe o da gruppi di alunni attorno a problemi che

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l. Esemei di problemi che ammettono varie soluzioni (II classe)

Fabio ha lanciato le sue frecce. Gino deve ancora fare tre tiri. Disegna dove deve lanciarle per fare lo stesso punteggio di Fabio.

bersaglio di Fabio

Il papà di Carlo per recarsi al lavoro pub servirsi di vari mezzi di trasporto, come vedi nel disegno. Indica le diverse possibilità per recarsi al lavoro.

,~~a stazione abitazione

~ 2. Esempio di problema senza una soluzione possi bile

(II classe)

In un recinto ci sono alcuni cavalli in numero minore di 20. Marco dice che se li conto a 7 a 7 ne avanzano 2, se li conto a 4 a 4 ne avanzano 2. Quanti cavalli ci sono nel recinto ?

(Contando a 7 a 7 i cavalli potrebbero essere: 9 o 16. Contando a 4 a 4 i cavalli potrebbero essere: 6, lO, 14, 18, 22, 26. I dati sono in contraddizione per cui non si pub sapere il numero dei cavalli).

4. E sem . d' 10 l ero bI • d • ema-ln aalne

3. Esempio di problema risolvibile in modi diversi (con l ' utilizzazione del diagramma di Carroll, Venn e l'albero) (III classe)

In una classe ci sono 30 allievi. 21 hanno già viaggiato in treno; 7 hanno già preso il treno e il battello, 6 non hanno mai viaggiato né in treno né in battello.

a) Quanti sono i bambini che hanno viaggiato solo in treno ?

b) E quelli che non hanno mai viaggiato in treno 1

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Commento d'un gruppo d'allievi

"Gli animali preferiti sono i gatti. 6> 5) 3 > l. I gatti sono in numero doppio degli uccelli e dei criceti. 6-3x2. 3 é la metà di 6. Soltanto Pippo ha i pesci. 5+6+3+1-.3-18. 18 é 2 volte 9. 18 é 3 volte 6. Solo 16 bambini hanno animali; 9 non ne hanno. 25-16-9. Giorgio e Lisa hanno un cane e un gatto. ·

riguardano i loro giochi, la loro vita scola­stica, il loro ambiente o semplicemente la loro curiosità verso determinate cose. Si tratta di attività che insegnano all'allievo come la matematica sia uno strumento molto utile per descrivere e interpretare pa­recchi fenomeni della realtà e si applichi anche a settori che apparentemente pre­sentano poche affinità con essa. Sono'questi i problemi che aiutano a stabi­lire un legame con le altre materie e a far capire l'interdisciplinarità della conoscenza. In altre parole si tratta di situazioni in cui l'allievo mette in relazione due insiemi (me­si dell'anno/frequenza di compleanni in ogni mese, giorni della settimana/condizio­ni atmosferiche ecc.) e che egli matematiz­za con forme grafico-figurative, mettendo in evidenza i rapporti da un punto di vista matematico. (cfr. il problema-indagine nel­la pagina precedente, sugli animali preferiti dalla classe). Prima di affrontare la questione delle diffi­coltà che un allievo può incontrare risol­vendo un problema, conviene ancora sof­fermarci un istante su due punti essenziali. Il primo riguarda l'invenzione o la libera composizione di problemi da parte degli alunni. Se è importante insegnare ai fanciulli a ri­solvere i problemi, è altrettanto importante che imparino a porre i problemi facendoli nascere dalle situazioni pill svariate. Infatti la formulazione del problema è un punto capitale del procedimento scientifico e si tratta di avviare i fanciulli, sin dai primi anni di scuola, a un atteggiamento scientifico nel porre e organizzare i loro perché. Si tratta d'un aspetto fondamentale della didattica dell'insegnamento della matema­tica che merita di essere sviluppato in un lavoro a parte. Qui, limitiamoci a indicare come sia possibile sviluppare questo atteg­giamento inventivo proponendo per esem­pio agli allievi situazioni in cui, a partire da un certo numero di informazioni (presenta­te in forma verbale o grafica), essi sono in· vitati a cercare nuove informazioni deduci­bili da quelle di partenza. Sempre a proposito dell'illvenzione di pro­blemi vale la pena di segnalare i risultati sorprendenti ottenuti da Madeleine Gou­tard in certe scuole primarie canadesi e dagli insegnanti che da noi hanno seguito il suo insegnamento. Alcuni esempi tratti dal libro di Goutard, Les mathématiques et les enfants, che di­mostrano la ricchezza (in fatto d'immagi­nazione e di creatività) delle produzioni dei fanciulli . Gens,6 anni ; Nell'oceano ci sono 8OOcoc­codrilli e nel lago ce ne sono 200. In tutto 800 + 200 = 1000 coccodrilli. Harold, 7 anni; Un'aquila sorvolava una fattoria. Ha rubato 5 galline, 2 galli, 50 pul­cini, 100 uova, 1 maiale. I: una ladra. Quan­te cose ha rubat07100+ 50+5 +2 + 1 = 158 Jean-Claude, 6 anni; Il nonno si è com­perato un rasoio e la nonna l'ha sgridato ZJ. volte. Il nonno si è comperato una par­rucca e la nonna l'ha sgridato ~ volte. Il nonno le ha comperato una gonna e essa non ha sgridato. Quante volte la nonna ha sgridato il nonn07 2?- + ~-O = 12 L'altro punto concerne i procedimenti di­versi per conseguire il medesimo risultato. Parecchi problemi possono essere risolt i seguendo strade diverse.

Anche seguendo la medesima strada, ge~ neralmente, gli allievi la percorrono in modi diversi, a dipendenza della loro personalità, del loro livello di sviluppo, della loro espe­rienza ecc. I: molto istruttivo discutere con loro i diversi procedimenti per prendere co­scienza che possono esserci diverse vie per arrivare allo stesso punto e per imparare, di fronte a un problema difficile, ad affrontar­lo da punti di vista diversi invece di inte­stardirsi nel voler seguire una sola pista. Ciò serve per rendersi conto che esistono me­todi pill economici (in fatto di risparmio di energie) in confronto con altri.

Psicopedagogia dell'errore nella risoluzione dei problemi

Senza avere la pretesa di voler identificare tutte le difficoltà che gli allievi possono in­contrare risolvendo un problema, richia­miamo l'attenzione su alcuni punti critici ricavati dall'esperienza e dalla riflessione su un certo numero di lavori di psicopedago­gia. Del resto, gli specialisti stessi sono ancora lontani dall'aver risolto tutte le questioni a sapere come gli allievi reagiscono di fronte ai problemi. Le loro reazioni sono compies­se e dipendono da molti fattori, spesso in interazione tra di loro, che si situano nel rapporto allievo-problema. Inoltre, non vi è sempre corrispondenza tra il semplice logi­co e il semplice psicologico: davanti a due problemi che noi adulti riteniamo l'uno fa­cile e l'altro difficile, i fanciulli potrebbero riservarci delle sorprese mostrandoci di sa­pere risolvere quello difficile e sbagliare quello facile. Lo scopo cui miriamo con le osservazioni che seguono è di mettere in evidenza alcu­ni aspetti importanti della psicopedagogia dei prOblemi e di richIamare agli insegnanti determinate difficoltà che l'allievo può in­contrare, in modo che, una volta localizza­to l'ostacolo, il loro intervento possa risul­tare piu efficace.

I problemi devono essere significa­tivi per gli alunni

Tutti gli insegnanti sanno, per averlo stu­diato e constatato attraverso l'esperienza, che l'allievo impara meglio quando è inte­ressato all'argomento che costituisce l'og­getto d'apprendimento. La risoluzione d'un problema è, per eccellenza, un'attività che richiede la mobilitazione dell'intelligenza. Pure noto è che ogni atto di intelligenza è solidale dell'affettività, la quale costituisce appunto l'aspetto energetico dell'azione. La conseguenza sul piano didattico è evi­dente: i problemi da proporre agli allievi de­vono interessarli. Generalmente, un vero problema mobilita spontaneamente le energie perché causa nel soggetto uno stato di tensione affettiva e cognit iva che egli desidera eliminare, ri­stabilendo cioè l'equilibrio con la risoluzio­ne del problema. Se l'alunno normale non reagisce di fronte a un problema, molto probabilmente è per­ché il contesto è talmente distante dal suo mondo o dalla possibilità di identificarvisi, che non lo può interessare; è cioè senza si­gnificato per lui. Potrebbe anche darsi però che il problema sia troppo facile (da non costituire pill un problema) o troppo diffi­cile. Si pone qui la questione del livello di

sviluppo '3 aella soglia di difficoltà d'un pro­blema, sulla quale è conveniente soffer­marci un istante per qualche riflessione. I: risaputo che le capacità d'imparare e di risolvere determinati problemi sono in rela­zione con il livello di sviluppo del fanciullo. Questo sviluppo avviene per tappe che si succedono con una certa sequenza e a ogni stadio corrisponde un'organizzazione mentale particolare. Studiando la questione delle relazioni tra processo di sviluppo e capacità potenziale d'apprendimento, Vygotskij introduce una distinzione, pertinente dal punto di vista delle conseguenze didattiche, tra livello di sviluppo effettivo e area di sviluppo potenziale. In pratica intende sottolineare quanto segue. Ciò che un bambino sa fare da solo, in modo indipendente, è condizio­nato dal suo livello effettivo di sviluppo conseguito. I: pervenuto a un livello di svi­luppo tale che gli consente di imparare e di capire determinate cose in modo auto­nomo. Bisogna riconoscere però che potrebbe fa­re molto di pill, comprendere contenuti e strutture pill complessi se gli adulti lo aiu­tassero mediante domande-guida, esem­plificazioni ecc. L'area di sviluppo poten­ziale corrisponde appunto a questa zona compresa tra ciò che l'allievo riesce a fare da solo e quello che sa compiere invece con l'aiuto degli adulti. Dal punto di vista didattico, questa distinzione è di estrema importanza. «Ciò che il bambino può fare oggi con l'aiuto degli adulti, lo potrà fare da solo domani. L'area di sviluppo poten­ziale ci permette di determinare i futuri pas­si del bambino e la dinamica del suo svilup­po, e di prendere in esame non solo ciò che lo sviluppo ha già prodotto ma anche ciò che produrrà nel processo di maturazione». (Vygotskiil· Quale, quindi, dovrà essere la soglia di diffi­coltà dei problemi da proporre agli allievi? A nostro avviso dipende dallo scopo che si desidera conseguire attraverso i problemi. a) Se lo scopo è di consolidare certi con­

cetti o di vedere in che misura sono stati assimilati, le difficoltà devono corrispon­dere aUe possibilità reiat ive a un deter­minato livello effettivo di sviluppo.

b) Se invece con i problemi si mira a altro scopo (quello d'imparare cose nuove) allora, in un certo senso, SI deve precor­rere lo sviluppo e proporre proDlemi le cui esigenze si situano nell'area di svi­luppo potenziale.

Per concludere queste osservazioni attorno alla relazione sviluppo-apprendimento, con­viene richiamare quanto sia auspicabile arrivare a una forma differenziata dei pro­blemi a seconda degli allievi, in quanto i mutamenti nello sviluDpo (livelli e aree di sviluppo) si verificano in periodi diversi, a dipendenza della personalità del singolo allievo, del suo modo di vita e di educa­zione.

Una particolare attenzione alla for­mulazione del problema

A volte la difficoltà nella risoluzione d'un problema può situarsi a livello del codice linguistico nel quale il problema è formula­to. Ogni insegnante avrà fatto l'esperienza di accorgersi che un allievo ha sbagliato un problema non perché gli mancassero le ca­pacità operative per risolverlo, ma per un

difetto di comprensione o d'interpretazio­ne del testo del problema. Ci sembra utile fare qualche considerazione al riguardo. Sappiamo che lo stesso oggetto o lo stesso fenomeno può essere descritto in modi diversi e che la stessa informazione può essere trasmessa con frasi molto differenti. Dal punto di vista psicologico si sa pure che l'assimilazione d'una informazione può va­riare a seconda del modo con il quale è co­dificata. In un aritcolo di Bruner e Dlsonll troviamo l'esperienza seguente. Un ricer­catore distribuisce a un gruppo di ragazzi fogli sui quali ci sono le cifre dall'l all'8 di­sposte a caso. Alcuni ricevono l'indicazione al, altri l'indicazione bI. a) Cancellare le cifre 3, 4, 7, 8. bI Cancellare tutte le cifre meno l'l, il 2, il

5,il6. Quest'ultimo esercizio si è rivelato più dif­f icile del primo. Ciò dimostra che la riuscita nel risolvere un problema può dipendere dal t ipo di formulazione. In secondo luogo, una medesima parola può essere connessa in un problema con una determinata operazione aritmetica, in un altro problema con un'operazione diffe­rente. Se gli allievi imparano a basare la lo­ro scelta dell'operazione partendo da una determinata parola è molto probabile che incorrano in errori. Soffermiamo l'attenzio­ne sugli esempi seguenti: a) l uca leva 7 biglie da un sacchetto; ne

rimangono ancora 18. Quante biglie c'e­rano nel sacchetto 7

b) Da un sacco di 25 biglie luca ne leva 7. Quante biglie rimangono nel sacco?

Nei due problemi ricorre il verbo «levare)): nel primo esempio esso è connesso con un'addizione, nel secondo con una sottra-

. zione. Nell'esame dei problemi gli allievi de­vono centrare l'attenzione sui verbi e su determinate parole (nel, meno,più ecc.) che traducono i rapporti tra i dat i, ma è al­t rettanto importante che si guardino bene dal basare il criterio per scegliere l'opera­zione appropriata su schemi associativi at­tinti in modo errato dall'esperienza. Nella risoluzione di problemi complessi in cui bisogna combinare e coordinare diver­se operazioni per trovare la soluzione, il successo dell'allievo è spesso condizionato dalla presenza o meno di punti intermedi per guidare le sue azioni verso la soluzione, cioè se ci sono le domande intermedie che permettono di distinguere i sottoproblemi. Può essere molto utile per risolvere i pro­blemi più complessi definire assieme con gli allievi la successione delle tappe da se­guire in quanto tale attività sviluppa le ca­pacità d'analisi e di sintesi e di coordina­mento.

Operazioni matematiche e opera­zioni psicolo.giche

Se si esamina il rapporto tra operazioni ma­tematiche e operazioni psicologiche biso­gna sottolineare il fatto che non sempre vi è una corrispondenza biunivoca t ra i due tipi d'operazione. Cioè, alla stessa opera­zione aritmet ica possono corrispondere di­verse operazioni psicologiche. Esaminiamo il caso dell'operazione più semplice, l'addizione, e illustriamo con qualche esempio come alla scrittura mate­matica a + b = c possono corrispondere

1) «Apprentissage par expérience directe et apprentis­sage par expérience médiatisée», in Perspectives vol. III, numero 1, 1973.

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operazioni molto diverse dal punto di vista psicologico. ConJrontiamo questi problemi. al Piero vince 8 biglie in una prima partita e

5 nella seconda. Quante biglie ha vinto? bI Giorgio ha colto 9 margherite e 7 bottoni

d'oro. Quanti fiori ha colto in tutt07 cl Per strada Franco ha perduto 5 sassolini.

Adesso ne ha 11. Quanti sassolini aveva prima di venire qui7

Se dal punto di vista matematico i tre pro­blemi corrispondono alla medesima strut ­tura, quella additiva, da quello psicologico invece sono molto diversi. In al e in c) in­terviene un'operazione additiva di due in­siemi omogenei (biglie-biglie; sassi-sas­si); in bI invece l'operazione additiva ri­guarda due insiemi eterogenei (margheri­te - bottoni d'oro I, il cui risultato corri­sponde a una classe più generale (quella dei fioriI . Se analizziamo il problema c) vediamo un'altra differenza per rapporto agli altri due: vi interviene la questione della suc­cessione temporale. l'allievo per trovare quanti sassi aveva all'inizio deve ripercor­rere il tempo in senso inverso, cioè deve trovare la situazione di partenza conoscen­do la situazione d'arrivo e la trasformazione (la perdita di 5 sassolini). Si tratta d'un pro­blema in cui la successione temporale è ca­povolta, e l'allievo non può riferirsi all'espe­rienza vissuta. la mancanza di corrispondenza tra opera­zioni matematiche e opera~ioni pSicologi­che è messa ancora meglio in evidenza nei problemi che richiedono una sottrazione. In essi, l'allievo deve tradurre nella scrittura matematica a = b-c operazioni psicologi­che che si presentano sotto forme diverse (ricerca d'un resto, confronto, addizione complementarel. Per comprendere che dal punto di vista matemat ico gli enunciati a + b = c; a = c - b b = c -a sono equivalenti, gli allievi devono compiere uno sforzo notevole di sintesi. Un tale livello può essere raggiunto progressi-

va mente att raverso numerosi esercizi sulla generalizzazione in svariate situazioni.

Confusione nel det erminare l 'uni­verso operativo

A volte le difficolt à degli allievi nel risolvere problemi sugli insiemi (in cui bisogna deter­minare la proprietà d'un insieme, per esem­pio) sono legate a una confusione che si situa a livello della determinazione dell'u­niverso in cui si deve operare. Infatti è pos­sibile distinguere tre piani sui quali portare la riflessione. 11 l'allievo è di f ronte a oggetti reali; li ana­

lizza e ragiona partendo dalle loro pro­prietà. e il caso dei numerosi esercizi di ricerca sulle proprietà d'un materiale strutturato o di altro materiale manipola­bile.

21 l'allievo è di fronte a disegni (f igurat ivi o astratti) nei quali sono messe in risalto determinate proprietà (il colore, la for­ma, la presenza o l'assenza d'un partico­lare ecc.l. Egli analizza questi stimoli percettivi e fa le sue deduzioni, partendo dalle proprietà percettive dei disegni.

3) l'allievo è di fronte a disegni o simboli che rappresentano degli oggetti e opera sulle caratteristiche di questi ultimi, ca­ratteristiche che non necessariamente appaiono nel disegno. (e difficile astrarre dal disegno d'una gallina la caratteristica «fare le uova)), senza il riferimento al­l'oggetto realel. In questo caso il dise­gno designa soltanto l'oggetto non di­sponibile. Sono quindi le proprietà di quest'ultimo da prendere in considera­zione.

Nella fase delle rappresentazioni iconiche degli insiemi (in cui gli oggetti sono rappre­sentati con le figure corrispondenti) può capitare che gli allievi confondano i livelli 2 e 3 come lo mostra l'esempio seguente in cui 1/3 degli allievi di 1. classe hanno esclu­so dal loro insieme il gatto e la poltrona poi­ché dalla percezione non è possibile dedur­re la caratteristica di avere ~uattro gambe.

(L'esercizio è stato presentato oralmente dall'insegnante). «Ecco alcuni disegni: essi rappresentano degli animali (un asino, una giraffa, una gallina, un gatto) e dei mobili (un tavolo, una sedia, una pol-

J1Jl1 ~

Soluzione di coloro che probabilmen­te hanno ragionato situandosi allivel­lo indicato al punto 2.

L'esperienza anteriore p uò essere font e di errori

Se parte dai dati fornitigli dall'esperienza, il fanciullo elabora, attraverso una riorganiz­zazione attiva, schemi operatoril ) che im­piega poi in situazioni analoghe. Quanto più questi modelli sono generali, tanto più sono preziosi per aiutarlo a risolvere nuovi problemi. Può anche darsi però che i modelli ast ratti dall'esperienza ostacolino la risoluzione d'un nuovo problema in quanto gli allievi applicano alla nuova situazione schemi an­teriori che non si addicono. Come in certi casi essi non arrivano a sco­prire l'affinità strutturale di determinati problemi e, di conseguenza, li considerano diversi , così capita anche il caso contrario in cui attribuiscono la stessa struttura a problemi sostanzialmente diversi (magari centrando l'attenzione su analogie pura­mente accidentali ). Ci limit iamo a presentare un esempiQ che secbndo noi illustra l'applicazione errata d'uno schema antecedente a una situazio­ne nuova. Un giorno, in una 1. classe, abbiamo svolto esercizi che consistevano nello stabilire re­lazioni tra una serie di foglie e gli alberi cor­rispondenti e tra una serie di animali (di cui un uccello) e le abitazioni corrispondenti. Alcuni giorni dopo abbiamo proposto agli stessi allievi un problema sulla nozione d'appartenenza. Essi avevano costruito un insieme di alberi mettendo assieme l'abete, la quercia ecc. (ritagliati su cartoncini) e le­gando al (<recinto» l'etichetta con il simbo­lo dell' albero. In seguito, abbiamo presen­tato loro altri cartoncini sui quali figurava­no una foglia, un albero spoglio, una pigna, un uccello e un'asse. La domanda consi-

1) Schema operatorio: cio che, in un'azione, è applica­bile alle stesse situazioni o si può generalizzare in situa­zioni analoghe.

st eva a sapere se, tra questi elementi ce n'era qualcuno che potesse appartenere all'insieme di alberi. Ebbene, parecchi allievi sono incorsi in errore facendo appartenere all' insieme la foglia o/e l'uccello. A che cosa ricollegare questo tipo di errore se non molto probaDilmente al fenomeno cui abbiamo accennato, e cioè all'applica­zione d'uno schema precedente a una si­tuazione nuova, strutturalmente diversa? Per concludere, sempre a proposito dell'e­sperienza conviene richiamare la necessità di fare variare i dati che costituiscono il supporto dell'esperienza per evitare che la

comprensione rimanga ancorata a uno schema rigido prodotto dall'abitudine. Un esempio mostrerà quanto ciò sia importan­te. Siamo entrati un giorno in una 2. classe e gli allievi stavano risolvendo un problema sugli scambi dove, a partire da una certa regola, dovevano costruire diversi insiemi equipotenti combinando i pezzi. La regola doveva essere di questo tipo :

. -4--~""" ,,-4--~ ••••

Abbiamo chiesto a una bambina di indicar­ci il pezzo che valeva di più. La bambina, con aria sorpresa per la nostra domanda rispose: « il quadrato già». « E perché il qua­drato è il pezzo che vale di più 7». Con al­trettanta sicurezza ci rispose: «Perché il quadrato è il primo, viene prima di tutti gli altri». La risposta ci sorprese e accentuò in noi la convinzione della necessità di variare costantemente i dati dell'esperienza per evi­tare l'astrazione di schemi non corretti. (D'abitudine gli insegnanti presentano le regole di scambio secondo quest'ordine spaziale). « E se la regola fosse questa» - e invertim-

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mo le due serie di simboli mettendo al pri­mo posto l'equivalenza

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«quale sarebbe il pezzo che vale di più]» «Allora il triangolo perché viene prima», fu la risposta della bambina. Questo non è un caso eccezionale. Questo anno in una prova alla fine del I ciclo abbia­mo avuto la dimostrazione che parecchi al­lievi, in una situazione come questa, non ragionano sulle relazioni di equivalenza dei simboli, ma si riferiscono ad uno schema attinto dalle precedenti esperienze, basato sulla disposizione spaziale. Reagiscono non in modo intelligente, ma secondo uno sche­ma associativo dato dall'abitudine. L'inse­gnamento moderno deve fare di tutto per impedire la formazione di questi schemi stereotipati, per garantire una vera com­prensione da parte dell'allievo.

Note bibliografiche

G.GOUTARD

Renato Traversi

Les mathématiques et les enfants, Delachaux & Niestié, Neuchatel, 1967

C. HUG Il fanciullo e la matematica, Boringhieri, Tori­no, 1972.

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PROGETIO NUFFIELD PER LA MATEMA­TICA Zanichelli, Bologna, 1968.

VYGOTSKIJ LURIJA LEONTJEV Psicologia a pedagogia, Editori Riuniti, Roma, 1971.

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