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I passi e il cammino L’esperienza dell’AC nella nostra diocesi e in ciascuna parrocchia racconta le storie di tanti educatori che con impegno e passione si sono resi disponibili ad un servizio associativo per la Chiesa. L’Azione Cattolica continua a rendere grazie al Signore per questi sì che hanno permesso a tanti ragazzi, giovanissimi, giovani e adulti di vivere nell’esperienza associativa un incontro con il Signore unico, coinvolgente e testimoniato! La passione e l’entusiasmo di questi sì non sono però mai abbandonati a se stessi; in AC il servizio educativo non è mai individuale né autoreferenziale. L’AC - piccola/grande palestra di comunità ecclesiale - sceglie sempre di accompagnare queste vocazioni educative perché ogni servizio in AC sia espressione di comunità, frutto di condivisione. Il Progetto formativo dell’AC descrive l’educatore come “un testimone …che ha compiuto scelte di vita e di fede, …è espressione dell’associazione, ….sa ascoltare lo Spirito, …è capace di relazione”. Questa descrizione non è solo un identikit, ma può essere considerata un orizzonte verso cui tendere per la formazione di ciascun educatore. Tuttavia, è importante che chi inizia un servizio possa vivere con consapevolezza questa bella esperienza di fede e di vita. Può capitare, infatti, che il bisogno “di braccia educative” porti qualche Associazione parrocchiale a proporre in maniera frettolosa o ‘poco pensata’ un servizio educativo ad un educatore – spesso molto giovane – che rischia di buttarsi in un’esperienza impegnativa senza aver fatto propri alcuni punti di riferimento importanti che rendono il servizio educativo in AC. Per questo motivo il Laboratorio della Formazione diocesano ha pensato di suggerire ai Consigli parrocchiali un percorso con cui accompagnare chi inizia a svolgere un servizio in AC a maturare alcune consapevolezze che non sono un pacchetto di contenuti per “un’abilitazione a diventare educatori”; quello proposto è un cammino di formazione associativa per mettersi in ascolto della voce del Signore e rispondere, coerentemente e consapevolmente, alla vocazione educativa a servizio della Chiesa in compagnia dell’AC! Il kit di formazione per gli educatori è solo la traccia per un cammino da condividere insieme ai consigli parrocchiali, i presidenti, gli assistenti e i gruppi educatori delle nostre parrocchie! …si tratta di un’indicazione, come i segnali stradali, per continuare insieme la storia dei tanti sì che rendono l’AC ministero laicale, esperienza di Chiesa, sogno di Dio! …allora, buon cammino, insieme! Kit di formazione per nuovi educatori ISTRUZIONI PER LUSO …chi!? I primi destinatari di questo kit sono i Consigli parrocchiali. È il Consiglio, infatti, il luogo dove l’Associazione fa discernimento per accogliere nuove vocazioni educative, sostenere le scelte di servizio e accompagnare gli educatori perché il servizio diventi un’occasione di crescita umana e cristiana per ciascuno.

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I passi e il cammino

L’esperienza dell’AC nella nostra diocesi e in ciascuna parrocchia racconta le storie di tanti

educatori che con impegno e passione si sono resi disponibili ad un servizio associativo per la

Chiesa. L’Azione Cattolica continua a rendere grazie al Signore per questi sì che hanno permesso a

tanti ragazzi, giovanissimi, giovani e adulti di vivere nell’esperienza associativa un incontro con il

Signore unico, coinvolgente e testimoniato!

La passione e l’entusiasmo di questi sì non sono però mai abbandonati a se stessi; in AC il servizio

educativo non è mai individuale né autoreferenziale. L’AC - piccola/grande palestra di comunità

ecclesiale - sceglie sempre di accompagnare queste vocazioni educative perché ogni servizio in AC

sia espressione di comunità, frutto di condivisione.

Il Progetto formativo dell’AC descrive l’educatore come “un testimone …che ha compiuto scelte di

vita e di fede, …è espressione dell’associazione, ….sa ascoltare lo Spirito, …è capace di relazione”.

Questa descrizione non è solo un identikit, ma può essere considerata un orizzonte verso cui

tendere per la formazione di ciascun educatore. Tuttavia, è importante che chi inizia un servizio

possa vivere con consapevolezza questa bella esperienza di fede e di vita.

Può capitare, infatti, che il bisogno “di braccia educative” porti qualche Associazione parrocchiale a

proporre in maniera frettolosa o ‘poco pensata’ un servizio educativo ad un educatore – spesso

molto giovane – che rischia di buttarsi in un’esperienza impegnativa senza aver fatto propri alcuni

punti di riferimento importanti che rendono il servizio educativo in AC.

Per questo motivo il Laboratorio della Formazione diocesano ha pensato di suggerire ai Consigli

parrocchiali un percorso con cui accompagnare chi inizia a svolgere un servizio in AC a maturare

alcune consapevolezze che non sono un pacchetto di contenuti per “un’abilitazione a diventare

educatori”; quello proposto è un cammino di formazione associativa per mettersi in ascolto della

voce del Signore e rispondere, coerentemente e consapevolmente, alla vocazione educativa a

servizio della Chiesa in compagnia dell’AC!

Il kit di formazione per gli educatori è solo la traccia per un cammino da condividere insieme ai

consigli parrocchiali, i presidenti, gli assistenti e i gruppi educatori delle nostre parrocchie! …si

tratta di un’indicazione, come i segnali stradali, per continuare insieme la storia dei tanti sì che

rendono l’AC ministero laicale, esperienza di Chiesa, sogno di Dio!

…allora, buon cammino, insieme!

Kit di formazione per nuovi educatori

ISTRUZIONI PER L’USO

…chi!?

I primi destinatari di questo kit sono i Consigli parrocchiali. È il Consiglio, infatti, il luogo dove l’Associazione fa discernimento per accogliere nuove vocazioni educative, sostenere le scelte di servizio e accompagnare gli educatori perché il servizio diventi un’occasione di crescita umana e cristiana per ciascuno.

Il Laboratorio diocesano per la Formazione consegnerà questa riflessione ai Presidenti parrocchiali, ma si rende già da ora disponibile per incontrare i Consigli e i responsabili per condividere insieme una riflessione sulla formazione degli educatori in modo da ‘personalizzare’ questa traccia a misura di parrocchia e territorio. …per?!

Il kit è pensato per educatori (ACR, giovanissimi, giovani) e animatori adulti che iniziano per la prima volta un servizio associativo. Naturalmente i presidenti e i consigli parrocchiali possono decidere se ‘offrire’ il percorso anche ad educatori associativamente più anziani o anche a quei soci cui vorrebbero proporre un servizio, per accompagnarne con questo percorso il discernimento.

…dove?!

Il percorso di formazione si svolge a livello parrocchiale; tuttavia sarebbe bello che – compatibilmente con le esigenze di tutti – alcune parrocchie vicine si possano mettere insieme per condividere questo percorso, o almeno una parte di esso, a livello interparrocchiale. …quando? Il Kit di formazione è composto da 5 tappe. Spetta al consiglio parrocchiale, insieme al responsabile per la formazione, stabilire quanto tempo dedicare ad ogni singola tappa. Si possono pensare 5 incontri (uno per tappa), si possono accorpare delle tappe (c’è un filo conduttore unico che collega i 5 step); si possono dedicare anche più incontri ad una dimensione che il Consiglio ritiene particolarmente significativa. …come?!

Il kit propone, al termine di ogni fase, alcuni spunti pratici per lasciar risuonare nell’ordinario della vita associativa le idee di quella tappa per mettere a fuoco lo stile di un’associazione che ascolta la Voce dello Spirito e cammina all’interno della Chiesa. Non si tratta di una pagella, ma di alcune tracce di impegno pratico che l’associazione ha a cuore per ogni educatore.

C’è un tempo! di Monica Del Vecchio, consigliere nazionale AC «Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo» (Qo 3, 1).

C’è un tempo, quello dell’educazione, che alla nostra Associazione sta particolarmente a cuore. L’espressione prima di questa attenzione è il discernimento comunitario affidato al Consiglio parrocchiale il quale si fa garante che il tempo del servizio educativo sia il tempo giusto. A questo proposito, il Progetto formativo stabilisce che un educatore non possa avere meno di 18 anni: la ragione che sottende tale scelta risiede nella necessità di garantire che chi si mette a servizio del compito educativo abbia raggiunto una condizione personale ed una scelta di vita cristiana il più possibile stabili e consapevoli1. C’è un tempo da attendere.

Curare la vita associativa, far sì che essa sia davvero “buona” e di qualità è il modo migliore per favorire il protagonismo degli adolescenti in Azione cattolica. È invece rischioso e inopportuno approfittare del loro entusiasmo e della loro preziosa spontaneità per ravvivare un’associazione che, per i motivi più diversi, non riesce a esprimersi in maniera creativa e a proporre una formazione curata e pensata, in specie per i più piccoli. Controcorrente – recuperando la nostra

1 Azione Cattolica Italiana, Perché sia formato Cristo in voi. Progetto formativo, Editrice Ave, 2004, cap. 7.

capacità di essere in qualche modo profetici – proponiamo alla società del “tutto e subito” un tempo da aspettare. L’attesa del tempo di mettersi a servizio dell’educazione aiuta i giovanissimi a crescere nella consapevolezza dell’importanza e della responsabilità di questa “nobilissima ed esigente impresa” e a maturare una scelta con convinzione. C’è un tempo da difendere.

Il tempo dell’educazione in Ac è un tempo bello per tutti e ad ogni età, per chi educa e per chi è educato. Perciò, la sua bellezza va difesa, va protetta dal rischio dell’improvvisazione. L’esperienza educativa deve essere qualificante, pertanto è necessario che chi si impegna in tal senso abbia raggiunto una maturità tale da avere “consapevolezza delle dinamiche pedagogiche che caratterizzano la vita di chi è chiamato a servire”2 e da possedere una buona conoscenza degli elementi che caratterizzano la proposta associativa. C’è un tempo per accompagnare e uno per essere accompagnati.

Mettere gli adolescenti nella condizione di essere luce per i loro coetanei, permettere loro di “diventare grandi insieme” ai loro compagni, è un atto di riconoscenza verso la loro capacità di essere generatori di sorrisi per i giovani e gli adulti. È il modo in cui possiamo davvero custodire la loro freschezza. Il modo attraverso il quale farci via per la realizzazione dei loro sogni veri. Non possiamo rinunciare a tutto questo perché c’è “bisogno” di educatori in parrocchia, ne ridurrebbe il valore e la cura del servizio, dell’esperienza associativa e della persona stessa. Se non ci sono abbastanza educatori, significa che l’Associazione – mediante la decisione del consiglio parrocchiale di Ac – deciderà di attendere il tempo giusto per prepararsi e poter poi mettere a frutto e a servizio persone, educatori preparati e consapevoli. Potrà sembrare agli occhi di molti miopi di essere sprovveduti o incapaci, ma è la via necessaria per avere uno sguardo che vede al bene dei ragazzi e giovani di oggi e di domani, capace di non vedere solo l’immediato ma il futuro.

Il responsabile parrocchiale per la formazione

Il Progetto Formativo dell’AC, al capitolo 7, dice: “Il responsabile ha cura di suscitare vocazioni

educative e di promuovere tutti quei luoghi collegiali, che favoriscono il dialogo tra gli educatori e

consentono un’azione educativa pensata e condivisa. Per questo, il consiglio parrocchiale può

istituire la figura dell’incaricato per la formazione. A livello diocesano, questa figura è certamente

necessaria: il suo compito specifico è quello di sostenere l’azione degli educatori e di curare la

realizzazione di iniziative per la loro specifica formazione.” Il responsabile della formazione non è ‘uno specialista di questioni formative’, né il delegato a pensare dei percorsi formativi per i responsabili ed educatori. Si tratta di solito di un responsabile con una consolidata esperienza associativa, cui viene affidata la cura del della formazione degli educatori e l’attenzione a suscitare ed accompagnare nuove e meno nuove vocazioni educative. È chiaro che questa figura ha una cifra unitaria, come – è bene ricordarlo – è chiamato a camminare unitariamente il Gruppo degli educatori (non esiste più, infatti, il gruppo degli educatori dell’ACR, o del Settore Giovani, etc…), perché ciascuno non si senta, per es., “educatore dei giovanissimi” o “…dell’ACR”, ma educatore dell’Azione Cattolica che presta servizio nei giovanissimi, nell’ACR etc… Da questa descrizione si capisce bene che il responsabile della formazione non è un battitore libero, ma diventa il segno dell’attenzione di tutto il Consiglio parrocchiale per la formazione degli educatori e degli animatori operando all’interno di un legame costante con il Presidente

2 Azione Cattolica Italiana, Pietre vive. Appunti sul servizio degli educatori e animatori di AC, Editrice Ave, 2009, p. 21.

parrocchiale e il Consiglio stesso. Nelle realtà parrocchiali più piccole questa figura può coincidere, infatti, con lo stesso Presidente. Questa figura diventa quindi un ‘nodo’ di attenzioni, contatti, studio e preghiera, per cui non è facile stilare un ‘mansionario’ per il responsabile della formazione; sarà l’esperienza e l’ascolto degli educatori a suggerire buone prassi e percorsi utili; si possono però individuare tre dimensioni importanti di cui il responsabile della formazione dovrebbe avere cura:

- l’accompagnamento del gruppo degli educatori parrocchiali perché sia sempre più il luogo di scambio fecondo di esperienze;

- il contatto costante con il Laboratorio Diocesano per la Formazione per condividere difficoltà e risorse della propria parrocchia e promuovere al meglio nella propria associazione le proposte diocesane formative;

- la lettura, condivisa con il Consiglio, dell’esperienza associativa parrocchiale nel confronto con lo Statuto e il Progetto formativo per individuare obiettivi, strumenti e percorsi a breve come a lungo termine per una formazione costante degli educatori in parrocchia.

Gli strumenti dell’educatore In ogni tappa di questo kit si trovano alcuni riferimenti bibliografici utili per approfondire alcune dimensioni della formazione dell’educatore. Gli strumenti associativi non sono ‘libri di testo’ da studiare per dare un’esame di abilitazione per essere educatori, ma sono una traccia che può orientare e verificare il cammino di ogni socio e il servizio di ogni educatore. Tra gli strumenti imprescindibili per la formazione degli educatori occupano un posto importante lo Statuto e il Progetto formativo dell’AC (Perché sia formato Cristo in voi, AVE 2010). Il primo esprime il’identità dell’Associazione, ne indica le finalità e la struttura e regola il funzionamento; l’esigenza di pensare la formazione giustifica l’impegno ad elaborare un Progetto formativo: dare efficacia alla prassi con il rigore del pensiero. L’AC ha una grande ricchezza di esperienza in ambito formativo, ma l’esperienza non basta, se non è accompagnata da un pensiero critico su di essa e da alcune scelte che le diano di continuo attualità. L’AC che viviamo è figlia del Concilio: questo grande evento della Chiesa ha messo a fuoco l’identità del laico spiegando bene le responsabilità cui ogni credente è chiamato in virtù del Battesimo. Per scavare un po’ più a fondo nella nostra vocazione laicale è bene conoscere, magari un po’ per volta, le Costituzioni conciliari e i documenti che riguardano i laici, in modo particolare l’Apostolicam Actuositatem che è dedicata proprio all’apostolato dei laici nella Chiesa. I documenti, oltre che nelle librerie cattoliche, sono reperibili in formato digitale a questo indirizzo: http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/index_it.htm L’Associazione si è dotata poi di diversi strumenti utili per la formazione degli educatori e per l’accompagnamento delle associazioni parrocchiali: tra questi ricordiamo soltanto: Pietre vive. Appunti sul servizio degli educatori e animatori di AC (AVE 2009) è diviso in tre parti: Educare, missione dell'AC; Rinnovare la cura degli educatori. Contenuti di fondo per un itinerario di formazione al servizio; e infine I luoghi per la formazione degli educatori; A misura di parrocchia. Idee, pensieri, progetti per fare nuova l’AC (AVE 2006) è uno strumento semplice che può aiutare le associazioni parrocchiali a vivere al meglio l’associazione perché l’identità associativa si trasformi in buone prassi, percorsi di gruppo, stile condiviso e responsabile.

È importante poi consultare il sito dell’AC diocesana (www.finoincima.net) dove saranno presto disponibili tanti materiali da consultare per approfondire questo Kit formativo; preziosi risultano poi sempre il sito nazionale (www.azionecattolica.it) e la stampa associativa, in particolare Segno

per, il bimestrale per i responsabili e gli educatori di AC, offre tantissimi spunti di riflessione perché la formazione associativa possa trovare il giusto equilibrio tra riflessione sull’esperienza e condivisione dei percorsi.

PRIMA TAPPA

…e camminava con loro…

L’ascolto della Parola e la vita spirituale

Icona biblica : Giovanni 24, 13-27

Obiettivi

� Radicare il proprio servizio e soprattutto il proprio percorso su un rapporto costante e maturo con Gesù (Parola di Dio, cammino di appartenenza, Sacramenti, Accompagnamento Spirituale);

� Mettere al centro il proprio cammino di fede come “sostentamento” per il servizio che si va a svolgere, ma soprattutto come “primo servizio cui si è chiamati” verso i propri coetanei, la comunità e il territorio (è il fine generale apostolico della Chiesa);

� Offrire ai nuovi educatori un percorso con strumenti personali di “autoformazione” proponendo alcuni strumenti di riferimento importanti per il proprio servizio.

…impegnarsi nel decentramento da sé e nel successivo ricentrarsi in Cristo: l’educatore assume Gesù come

misura del proprio sentire, pensare, agire…

L’educatore di AC è una persona con una forte spiritualità, o che perlomeno tende a maturarla. E’ alla ricerca o ha già instaurato un rapporto con il Signore intimo, totalizzante, stabile, che impegni e penetri l’intera sua persona, le sue scelte, la sua vita, i suoi rapporti. Il servizio educativo non può e non deve esaurire la formazione spirituale dell’educatore, anzi al contrario ne è una conseguenza perché non si limita ad un generico attivismo pedagogico, ma ha a cuore di introdurre ragazzi, giovani ed adulti all’esperienza della vita nuova in Cristo. È un modo con il quale adulti e giovani dell’Associazione rendono ragione della loro fede. L’educatore che si sente chiamato a svolgere questo servizio è una persona che ha compiuto e continua a compiere un percorso di interiorizzazione della Parola e dei contenuti della fede, di maturazione di una propria vocazione, di crescita personale all’interno dell’associazione, del proprio gruppo di appartenenza, della propria comunità, e grazie a tutto ciò si sente così ricco da riuscire a dare e a trasmettere questa esperienza ad altre persone. L’educatore mette al centro della propria vita e del proprio essere il Signore, si lascia educare e trasformare da Lui grazie all’ascolto attento della Parola e alla celebrazione dei Sacramenti. Si lascia interrogare dalla Parola e sa ascoltare lo Spirito soprattutto nel comunicare con le persone che gli sono affidate. Cerca di leggere la propria vita alla luce del Vangelo anche grazie all’aiuto di una guida spirituale che possa aiutarlo a scoprire i propri doni da mettere a disposizione, le proprie paure ed i propri limiti per riuscire a superarli, per guidarlo nelle scelte della propria vita e nel modo di relazionarsi con gli altri. L’educatore deve essere cosciente che la prima responsabilità non è verso il gruppo che gli è affidato, ma verso sé stesso, curando la propria persona, la propria spiritualità, il proprio rapporto con il Signore ed alimentando la propria fede, di conseguenza si riuscirà ad essere riflesso di questa ricchezza anche con le persone che l’associazione e la Chiesa gli ha affidato. Chi si forma a questo compito sa che è Dio ad agire e

non lui.

Proposte per un percorso

In questa fase sarebbe bello se si riuscisse a far uscire l’esperienza personale di ogni singola persona. E’ una tappa molto delicata che tocca l’interiorità dell’educatore quindi sarebbe necessario che ognuno riuscisse a leggere il proprio cammino di fede, i passi fatti, quelli da fare, trovare una parola, un’icona, qualcosa che

possa descrivere il proprio rapporto con il Signore facendo emergere luci ed ombre per capire su cosa puntare e cosa modificare….

Riferimenti biblici e strumenti associativi

- Progetto formativo dell’Azione Cattolica - cap. 3 “Fedeli al Vangelo in questo tempo” e cap.4 “Nel mondo,

non del mondo”, paragrafo 2 relativamente all’Interiorità; - Pietre vive: appunti sul servizio degli educatori e animatori di AC - parte II, paragrafo 2 “Dimensione Vocazionale”; - Christifideles laici – parte V “Perché portiate più frutto”.

- Lettera ai cercatori di Dio (CEI)

http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/bd_edit_doc.edit_documento?p_id=14580 - La pedagogia di Gesù nell’educare alla fede di Enzo Bianchi

Impegni pratici e spunti per la verifica

Gli educatori, grazie alla lettura del proprio cammino di fede, dovrebbero assumersi degli impegni pratici in base a ciò che è uscito dall’attività di analisi, trovare dunque il modo più adatto per sviluppare i punti di forza che hanno individuato nel proprio rapporto con il Signore e cercare la soluzione per affrontare invece i punti deboli. Dovrebbero uscire con un “piano d’azione” personale che sia finalizzato alla crescita del proprio cammino spirituale come, ad esempio: � una esperienza matura di preghiera (mai slegata dalla vita quotidiano!); � la partecipazione ai momenti formativi comunitari; � la presenza costante alla liturgia e ai sacramenti; � il rapporto personale con una propria guida spirituale (o la ricerca della stessa dove manchi); � una costante familiarità con i testi biblici nella preghiera personale.

SECONDA TAPPA

Da questo vi riconosceranno L’identità ecclesiale

Icona biblica: Giovanni 13, 31-38

Obiettivi

� Maturare nell’educatore il senso di un servizio alla Chiesa attraverso l’AC e l’idea di una

rappresentatività ecclesiale;

� Comprendere che la vocazione educativa non è un’iniziativa personale, né il campo in cui “si è bravi”,

ma è la chiamata al servizio dove ce lo chiede la comunità (non esistono servizi di serie A o di serie B,

né esistono “specialisti di un servizio”) che è chiamata al dono della sintesi dei carismi di fronte ai

bisogno della Chiesa, dell’Associazione e del territorio.

� Far maturare l’idea che non si è educatori per conto proprio, né in rappresentanza di se stessi, ma

ciascun educatore è espressione di una ‘comunità educante’;

� Coltivare una relazione di corresponsabilità e dialogo aperto con il parroco/assistente nella prospettiva

della diocesanità che sceglie la parrocchia.

Il carisma dell’Azione cattolica e la sua identità prendono slancio da alcuni assunti che i padri conciliari

hanno sancito dando una originalità alla missione specifica dei laici nella Chiesa: cristiani nel mondo ma non

del mondo. (cfr. AA 20)

La Chiesa come comunità di fede, di speranza e di carità, organismo visibile fondato da Cristo offre, grazie al

Concilio Vaticano II, pienezza di corresponsabilità a tutti i suoi membri. Il popolo di Dio con i diversi

ministeri, doni e carismi si adopera per la crescita della comunità e si spende per adempiere alla sua

missione: camminare nella storia dell’umanità per trasformarla in storia di salvezza.

L’apostolato dei laici di Azione cattolica assume, dunque, natura ecclesiale in virtù del sacerdozio comune

attraverso cui si esprime la missione salvifica del popolo di Dio. (cfr. Statuto ACI, art. 1)

Senza un riferimento alla concezione della Chiesa conciliare e della laicità nella Chiesa, sarebbe difficile

comprendere il ministero che l’AC vive intimamente inserita nella vita della Chiesa locale- anche se non

limitata esclusivamente ad essa-. Per questo, riteniamo indispensabile riflettere sulla Chiesa: “Luce delle

genti”. Negli Atti degli Apostoli (2,42) -testo guida delle prime chiese- la comunione ecclesiale permanente è presentata

come fraternità basata sull'ascolto della Parola - « l'insegnamento degli apostoli»-, sull'eucarestia -«la frazione

del pane»-, sulla condivisione - «Koinonia»-, sulla preghiera comune. Il mistero della Chiesa, che si vive

come comunione di fratelli nella fede nell'unico Padre, perciò, si dilata verso una dimensione sempre più

«cattolica». E’ la missione della Chiesa", all'interno della quale, il Concilio riconosce come presenza

caratteristica e diffusa quella dei laici".

L'annuncio del Risorto deve, quindi, esprimersi nei modi di vita della gente, se la si vuole raggiungere nel

cuore della sua esistenza. L’AC, i responsabili, gli educatori, i soci si immettono in questo solco che viene da

lontano e si sostanzia di alcune cose semplici ma fondamentali al tempo stesso, che concorrono ad una

formazione globale della persona: la meta di tutti coloro che aderiscono responsabilmente e liberamente

all’AC.

Per ogni educatore d’AC l’icona da contemplare è Maria: vivere, con lei, l’ordinario come straordinario per

educarsi a cogliere “le grandi cose“ che il Signore compie per noi.

E’ il discernimento che tutti noi auspichiamo e aneliamo, ma che non possiamo condurre individualmente.

Esso è orientato all’essenziale ed al vero: Oggi è difficile vivere l’essenziale, ma bisogna ritrovare il cuore e

provare. Come? Comprendendo e vivendo la Parola, l’Eucaristia, la domenica, la vita sacramentale, la

preghiera e la comunione come “vero che basta”. Senza effetti speciali...

Questa è’ la scelta religiosa (dell’AC), che ripropone, specialmente oggi, il primato dello spirituale, non

come rifugio, ma assunzione della storia, alla luce della Parola di Dio e della liturgia; di una vita teologale

(fede, speranza, carità); dei Padri della Chiesa (senso della tradizione); del Concilio e del Magistero.

Ciò fa dell’Azione Cattolica un cammino vocazionale, rivolto a persone consapevoli. Un’itineranza che

è alimento, lievito di comunione e fraternità liberante, che supera pregiudizi e diversità e nutre il

dialogo in collaborazione e corresponsabilità. La scelta non è emozionale, sentimentale, o intimista,

ma si qualifica e sostanzia

� nella collaborazione con la gerarchia

� nella realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa;

� nell’Evangelizzazione e formazione cristiana delle coscienze;

� …nella formazione personale e comunitaria continua attraverso i cammini ordinari propri,

imprescindibili, per ogni socio, specialmente per quelli che svolgono incarichi di servizio,

perché altrimenti si cadrebbe nella tentazione dell’autoreferenzialità, della supponenza, del

sentirsi arrivato o il migliore, o peggio, “laureato in AC”.

E’ inderogabile, quindi, per i soci, i responsabili ed gli educatori promuovere e vivificare fraternità e dialogo,

lavorando insieme come un corpo unico –portando gli uni i pesi degli altri- nella certezza di essere chiamati a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale.

Siamo chiamati ad essere “ponte”, con gli uomini che sono il volto di Dio che si manifesta nella storia.

Siamo chiamati a vivere la fede non come ”luogo della tranquillità” o rifugio intimista, né la vita come

“luogo di conflitto”, ma da laici: chiamati -anzi impegnati- a far incontrare il vangelo con la vita, a tenere

insieme vita e fede, ad essere di Dio e per il mondo . Dobbiamo, specialmente se responsabili, imparare a

diventare dotti in “grammatica umana”, promuovendo l’attenzione alle persone: tutte le persone…

Ogni educatore è chiamato innanzi tutto a ‘camminare insieme’, segno della testimonianza corale di

relazioni fraterne, libere ed oneste che devono caratterizzare e scaturire dalla comunità ecclesiale.

In quanto corpo mistico di Cristo non possiamo non amare, non possiamo non camminare insieme, né

dobbiamo scordarlo.

Il Vangelo esige l’annuncio nella condivisione, nella stupenda diversità dei talenti, dei carismi delle

vocazioni, delle missioni. Per l’AC ciò significa lo spendersi di ognuno dei soci, personalmente e come

singolare forma di ministerialità laicale, organica e collaborativa con la gerarchia, di concorrere a costruire

la comunione, ad essere luogo di vocazione alla Chiesa, a divenire sempre di più “sentinelle del mattino”

vigilanti ed attenti come una “sorella maggiore” in modo che ognuno respiri l’aria rigeneratrice della

comunione della Chiesa, nella Chiesa locale ed in quella universale.

Ogni cristiano e ogni comunità parrocchiale e a maggior ragione l’Azione cattolica ed i suoi soci possono

interrogarsi sul modo di essere Chiesa sviluppando gli spunti sopra accennati e aggiungendone altri,

ma “ l'inno alla carità ” dell'apostolo Paolo (1 Cor 13) - che ci siamo permessi di parafrasare - può essere senza

dubbio un utile specchio per delineare la fisionomia del nostro essere per la Chiesa,con la Chiesa e nella

Chiesa nelle nostre parrocchie.

Proposte per un percorso

Si può realizzare una mappa dei segni (gesti, esperienze, situazioni concrete, legami) che indicano la mia

appartenenza alla Chiesa tentando, in un secondo momento, di tracciare a partire da questi segni la propria

esperienza educativa-ecclesiale.

Riferimenti bibliografici

La visione conciliare della Chiesa e della laicità nella Chiesa, base e fondamento dell’attuale AC, si trova

espressa specialmente nella Lumen gentium, nella Gaudium et spes, nel decreto Ad gentes ed in quello

sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem. È utile anche leggere l’Esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii nuntiandi sull’evangelizzazione nel

mondo contemporaneo (1975), e il documento della CEI Evangelizzazione e ministeri (nn. 78, 79) del 1977.

Impegni pratici e spunti per la verifica

L’esperienza di un educatore matura un senso ecclesiale attraverso la proposta della stessa vita

comunitaria (incontri parrocchiali, diocesani, partecipazione alle proposte pastorali). Un’altra attenzione

potrebbe essere il coltivare relazioni fraterne con le altre realtà/persone presenti nella comunità

parrocchiale come sul territorio.

TERZA TAPPA

…a Dio ciò che è di Dio Lo stile associativo

Icona biblica : Matteo 22, 15-22

Obiettivi

� Recuperare il senso di appartenenza associativa come l’orizzonte naturale entro cui svolgere un servizio; offrire quindi dei punti fermi di conoscenza dell’Associazione per chi inizia a svolgere un servizio; � Comprendere che la vocazione al servizio non è un’iniziativa personale, né il campo in cui “si è bravi”, ma è la chiamata al servizio dove ce lo chiede la comunità (non esistono servizi di serie A o di serie B, né esistono “specialisti di un servizio” o “addetti ai lavori”) che è chiamata al dono della sintesi dei carismi di fronte ai bisogno della Chiesa, dell’Associazione e del territorio. Per questo motivo ci sembra importante che sia centrale il discernimento del Consiglio Parrocchiale nell’individuare, accompagnare e sostenere le vocazioni educative; � Far comprendere che l’educazione non si improvvisa, ma si progetta e si pensa scegliendo degli obiettivi verificabili, congruenti e rispondenti alle esigenze delle persone che ci sono affidate (evitando così la pratica del “sarebbe bello fare”, “abbiamo sempre fatto così”, “mi piacerebbe parlare di questa cosa”). La progettualità formativa non può prescindere dalla conoscenza del Progetto formativo e degli Itinerari formativi, bussola insostituibile per ogni educatore; � Attenzione ai giovanissimi perché vivano la loro esperienza di AC nella chiesa ‘da adolescenti’ senza rischio di diventare manovalanza associativa. Troppo spesso chiedere loro servizi in ACR diventa una distrazione dal loro cammino di fede e dall’impegno nel gruppo di appartenenza; � L’educatore di AC non è uno specialista, non esiste “l’educatore abilitato o patentato”; ci sono solo dei giovani e degli adulti che si mettono in cammino e seguono un percorso di formazione continuo (nel gruppo di appartenenza prima e specifico-metodologico in alcuni momenti unitari). Lo stile di un educatore di AC è quello di chi ha colto nella propria vocazione personale la chiamata della comunità a servire la Chiesa con spirito di comunione, solidarietà e generosità per mezzo del linguaggio dei laici credenti: testimoni e missionari nella vita di ogni giorno. Queste idee, se approfondite, consentono di comprendere il valore della scelta religiosa: essere laici impegnati per raggiungere il fine apostolico generale della Chiesa. (cfr. AA 2) La struttura democratica dell’associazione, con le sue responsabilità associative e gli organismi statutari (l’assemblea, il consiglio, la presidenza) offrono la possibilità di esprimere, attraverso una singolare ministerialità laicale, tutta la forza e la bellezza della proposta dell’AC. All’Azione Cattolica aderiscono gruppi di persone che hanno scelto il dialogo come strumento di prossimità, la comunicazione come mezzo di socializzazione e formazione, lo scambio come azione di confronto e missione. L’azione formativa, missione specifica e particolare carisma, non è quindi un puro fatto organizzativo ma diventa carica umana e spirituale di incontro tra le persone che scoprono l’amore di Cristo ogni giorno, in un continuo tirocinio di vita ecclesiale. Il servizio educativo in AC non è un’iniziativa personale ma risponde ai bisogni della Chiesa, dell’Associazione e del territorio. Lo stile unitario e la popolarità dell’associazione aiutano a comprendere la bellezza del servizio educativo, pensato e progettato all’interno di una comunità

educante che promuove stili di vita personali e comunitari, fondati sull’edificazione del bene comune in sintonia con la dottrina sociale della Chiesa. L’Azione cattolica grazie al cammino dei gruppi ed alla proposta educativa negli Itinerari formativi, al Progetto Formativo ed a tutti quegli strumenti associativi a servizio della formazione, segna l’oggi dei cristiani che vivono, in forza del Battesimo, la sobrietà delle scelte quotidiane, la solidarietà dei figli di Dio

che partecipano con amore il loro dovere professionale e la tensione verso il futuro delle nuove generazioni. Ciò richiama con forza e chiarezza, nella vita di ogni cristiano, la coerenza tra sfera privata e pubblica perché proprio nel quotidiano possa trasparire la potenza salvifica del Vangelo di Gesù Cristo che entra a contatto con la vita di ciascuno di noi, così da renderci pronti a dar ragione della speranza dinanzi a tutti coloro che ce ne chiedono conto. È importante che un educatore conosca la realtà dell’intera associazione e non solo del gruppo che gli è direttamente affidato. A questo scopo può essere utile una riflessione sulle dimensioni costitutive dell’AC: la laicità, la democraticità, l’unitarietà e l’intergenerazionalità e la missionarietà. In modo particolare è importante il confronto con gli organismi dell’Associazione (parrocchiale prima e poi anche diocesana) senza fermarsi al mero funzionamento ‘burocratico’. Ognuno di questi organismi ha, infatti, una ‘vocazione’ precisa che esprime l’attenzione e la cura comunitarie che l’Associazione ha per ogni persona e per il suo cammino. Ogni educatore, inoltre, fa propria la scelta del gruppo attraverso cui l’AC propone per ogni socio un cammino a misura della sua età dove la formazione di ciascuno si intreccia e arricchisce quella degli altri.

Proposte per un percorso

� Educare ad una sana spiritualità laicale, che aiuti le persone a vivere il quotidiano accogliendo la presenza del Signore dentro la normalità della propria vita; � Pensare il gruppo associativo come luogo dove si impara a bilanciare il rapporto fede-vita; � Produrre strumenti che aiutino a leggere criticamente il proprio tempo anche creando interazione con le agenzie presenti nel territorio (istituti, scuole, giornali) deputate ad uno studio della realtà; � Con l’aiuto di “esperti” approfondire i documenti del Concilio Vaticano II promuovendo momenti di formazione da offrire a tutta la comunità parrocchiale; � Aiutare la comunità parrocchiale a diventare soggetto che pensa con continuità il proprio cammino, lo organizza, lo rivede, assumendosi la responsabilità evangelica del proprio territorio qualificando il consiglio parrocchiale quale luogo di discernimento comunitario.

Riferimenti bibliografici e strumenti associativi

- Il fedele laico. Esortazione pastorale Mons. G. Agostino all’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano (2000); - Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio

2010-2020; - Perché sia formato Cristo in voi, Statuto e Progetto formativo dell’Azione Cattolica Italiana. AVE

(2004); - Sentieri di speranza. Linee guida per gli itinerari formativi. AVE (2007); - A misura di parrocchia. Idee, pensieri, progetti per fare nuova l’AC. AVE (2004) - Pietre vive. Appunti sul servizio degli educatori e degli animatori di AC. AVE (2009) - Crescere insieme. Appunti sul gruppo di AC. AVE (2009)

Le diverse dimensioni dello stile educativo di AC sono spesso approfondite nel bimestrale per i responsabili e gli educatori di AC: Segnoper che è reperibile sul sito www.azionecattolica.it in versione elettronica.

Impegni pratici e spunti per la verifica 1. “AC, una associazione democratica”. Progettare dei percorsi di formazione associativa per il consiglio parrocchiale di Azione cattolica in occasione delle assemblee elettive per conoscere meglio l’associazione la sua storia ed il funzionamento dei suoi organismi. 2. “L’educazione non si improvvisa”. Offrire agli educatori dei gruppi, attraverso il consiglio parrocchiale di Azione cattolica, gli strumenti per un qualificato servizio educativo che riconosca negli educatori persone ricche di esperienza cristiana ed associativa, capaci di accompagnare con autorevolezza e con discrezione il cammino dei gruppi.

QUARTA TAPPA

Come ho fatto io… L’educatore in relazione

Icona Biblica: Giovanni 13, 1-17

Obiettivi

� Curare la dimensione relazionale del servizio come elemento centrale dell’educazione (per relazione si

intende relazione con il gruppo affidato, con le singole persone, con la comunità, con le famiglie);

� L’educatore deve prestare attenzione al modo in cui comunica mentre svolge il suo servizio; è

necessaria quindi una dimestichezza con i linguaggi delle persone che gli sono affidate (dimestichezza

che si può acquisire gradualmente). In questa attenzione ai linguaggi è importante anche riflettere sugli

atteggiamenti e lo stile che l’educatore assume mentre svolge un servizio;

� L’educatore ha cura della relazione con il parroco con cui ha uno scambio (di esperienze, pareri,

responsabilità) responsabile e costante.

L’azione formativa di un educatore ha caratteristiche ben precise: si colloca all’interno di una

relazione, di un rapporto fatto di reciproco riconoscimento ed ha bisogno di dialogo, fiducia, incontro,

autorevolezza. Lo scopo principale di questa relazione è quello di aiutare le persone a maturare le scelte

che realizzano la propria personale risposta al dono di Dio. Come scrive Bignardi, educatore è termine che

dice quella disposizione dell’anima attenta alla vita dell’altro per aiutarne la crescita; che sa leggere in

profondità nell’esperienza e nella storia di una persona per intuirne la fisionomia più profonda. In ogni

contesto educativo indica l’azione forte e nobile del mettersi a servizio del cammino con cui ogni persona

diventa se stessa e da cristiani sappiamo che, diventare se stessi, significa assumere nella propria vita la

forma del Signore Gesù, che è l’immagine secondo cui siamo stati creati; significa dare al nostro volto i

tratti del Suo Volto che vive dentro di noi.

Il primato della persona e delle relazioni è centrale nella tradizione dell’Azione cattolica: come

recita il nostro Statuto la vita associativa dell’Azione Cattolica Italiana pone al centro la persona, che vuole

servire nel suo concreto itinerario di formazione cristiana; e ancora “ il carisma dell’Ac è comunitario: non

si vive isolatamente ma insieme, in una testimonianza corale ed organica”. L’esperienza associativa

costituisce infatti una scuola di grande valore che richiede però cura ed attenzioni perché non scada in puro

fatto organizzativo ma conservi la carica umana e spirituale di incontro fra le persone. Educare non è solo

far teoria: è anzitutto un donarsi, coinvolgersi spendersi con una fiducia e una speranza che spinge a

puntare su un futuro che ancora non si vede. E’ essenziale dunque che, chi si impegna nel servizio, abbia

consapevolezza di cosa significhi “centralità della persona” in ogni azione educativa. Riconoscere che il

ragazzo è persona, significa superare visioni moderne che privilegiano l’individuo in un panorama di

solitudine, valorizzando invece i legami con la storia del popolo di Dio e i legami con una comunità fatta di

coetanei e di adulti. Ognuno è persona in quanto figlio di Dio e in quanto fratello, cioè essere capace di

relazioni vive con le altre persone. Per questo servizio è prioritario avere un tratto umano forte: aiutare

l’educatore a mettere realmente la persona al centro vuol dire dare forte rilevanza alle domande, ai

sentimenti, alle paure al tutto che l’altro porta con sé. “Questo “tutto dell’altro” è la vera ansia evangelica

dell’educatore.”

Assumere la centralità della persona come stile educativo con i ragazzi comporta alcune attenzioni

costanti e fondamentali quali valorizzare il primato dell’essere sull’apparire; crescere nella cura

dell’interiorità; sviluppare l’accoglienza di se stessi e degli altri e avere cura delle relazioni. Si educa con la

vicinanza, con l’incontro, con la testimonianza, conoscendo chi ci viene affidato. Si educa coltivando il

dialogo, la comunicazione interpersonale, gli atteggiamenti di apertura e perdono che diventano stile non

solo per il rapporto tra i ragazzi ma anche nell’asimmetrico rapporto tra l’educatore e i ragazzi.

E’ nella relazione personale che avviene dunque la prima forma di evangelizzazione e trasmissione della

fede. Una relazione che richiede un grande impegno in termini di dedizione, fedeltà e responsabilità: non

esistono educatori una-tantum; essere educatore è una scelta a lungo termine, che impone amore per le

persone affidate, che significa investire il proprio tempo nel confronto con gli altri, nell’autenticità delle

relazioni, nella gratuità. Essere educatori è mettersi alla scuola dello stile educativo di Gesù per il quale

l’educazione è relazione, come nel caso dei primi discepoli, che seguono Gesù perché si sono sentiti

considerati, amati, compresi, quasi al di là di se stessi. A partire dall’intenzionalità educativa si costruisce,

nella semplicità e nella fatica della vita di ogni giorno, una rete di relazioni personali significative, capaci di

scorgere – nell’amicizia e nella condivisione – i doni e i talenti di ciascuno. Doni e talenti da trafficare al

servizio di Dio nella Chiesa e nel mondo. L’AC diventa così una casa aperta in cui ciascuno si sente accolto e

invitato ad accogliere, ascoltato e invitato ad ascoltare, amato e invitato ad amare.

Gli educatori sono dunque persone di relazione,“esperti di umanità”; uomini e donne che camminano nella

fede e nell’umanità, perché nessuno può accompagnare senza mettere un passo dopo l’altro anche lui;

sono persone che amano, sono appassionati della Chiesa e dell'Associazione, che sanno che educare è

viaggio condiviso, è dimensione comunitaria; sono persone con occhi attenti sugli altri, che sanno aprire

orizzonti ma mai da soli, sempre in uno scambio reciproco di doni che è la ricchezza della Chiesa e dell’AC.

Nella sua dimensione umana e relazionale L’educatore deve cercare l’altro, anche il più lontano; lo deve

cercare in altri luoghi e non solo attenderlo nei locali parrocchiali. Questo significa essere persone davvero

“popolari” che vivono i luoghi e i tempi dell’altro, anche al di fuori dell’orario tipico dell’incontro

associativo. Per questo occorre formare a cercare spazi sempre nuovi e diversificati di incontro

aggregazione annuncio. Accompagnare a una capacità di reale empatia, accoglienza e calore con chiunque

essi incontrino sulla strada e negli ambienti di vita, all’interno della propria parrocchia, correttamente

intesa nella sua relazione con il territorio. Far maturare l’importanza di un annuncio fatto di gesti pensieri,

sentimenti, e comportamenti esemplari, un annuncio che fa parlare la vita. Queste competenze umane non

si esercitano solo verso le persone affidate all’educatore. Sono un tratto caratterizzante del laico di AC. E

sono anche le modalità primaria attraverso la quale ciascuno può rendere affascinante il Signore per i

lontani.

L’educatore in Azione Cattolica non deve essere un individualista che rende il suo servizio a nome

personale: egli è inviato dall’Associazione, e quindi dalla Chiesa. Ogni impegno educativo significativo, in

ambito ecclesiale, si caratterizza per la sua dimensione comunitaria, viene dalla comunità e si effettua per

la sua crescita Questa è la grande ricchezza dell’Ac, che non vive per se stessa, ma per la Chiesa e per il

Vangelo. Ciascun educatore deve essere capace di relazioni con tutti, in grado di rappresentare la Chiesa

come realtà accogliente; capace di vivere i luoghi e i tempi dell’altro anche al di là dell’incontro associativo,

capace di fare sintesi tra fede e vita.

L’educazione non può mai essere considerata un’azione solitaria in quanto non può fare a meno della

comunità: Comunità è la famiglia, la scuola, la parrocchia, realtà che rimandano alla “necessità di

un’alleanza educativa” e quindi di “un progetto attuale e aggiornato, declinato su tutte le dimensioni della

persona”. Un cammino di fede matura completamente all'interno di una comunità familiare, associativa,

parrocchiale, grazie a una rete di relazioni autentiche, arricchite continuamente dal dialogo e dall'incontro

con gli altri. Curare la dimensione relazionale del servizio come elemento centrale dell’educazione significa

dunque curare non solo la relazione con il gruppo affidato, ma anche e soprattutto con le famiglie, luogo

formativo primario ove avviene la prima e più importante educazione; con le singole persone, con il gruppo

educatori e l’associazione tutta, con il parroco e la comunità, con il territorio e le realtà in esso operanti,

con la società e tutte quelle esperienze che i ragazzi e i giovani vivono, compresi scuola, sport e il tempo

libero.

Proposte per un percorso

Si possono elenca i gesti e le attenzioni che caratterizzano una relazione educativa per delineare il

significato di ‘relazione’.

In un secondo momento si può tracciare una ‘mappa delle relazioni’ (genitori, parroco, altri gruppi

associativi/ecclesiali, scuola) che ogni socio-educatore è chiamato a vivere.

Riferimenti bibliografici

- Perché sia formato Cristo in voi, Statuto e Progetto formativo dell’Azione Cattolica Italiana. AVE

(2004);

- Enzo Bianchi, La pedagogia di Gesù nell’educare alla fede, 2010.

- Sentieri di speranza. Linee guida per gli itinerari formativi. AVE (2007);

- Pietre vive. Appunti sul servizio degli educatori e degli animatori di AC. AVE (2009)

- Crescere insieme. Appunti sul gruppo di AC. AVE (2009)

- C. Benedetti, Educare è cosa del cuore, in SegnoPer 1/2010

- P. Bignardi, Educare, impegno di tutti, AVE (2010)

Spunti pratici per la verifica

� L’educatore ha il dovere di curare la relazione individuale con ogni singolo ragazzo, che da lui si deve

sentire accolto, accettato, sostenuto, amato, cercato, è importante non avere delle preferenze verso

alcuni ragazzi, questo demotiva gli altri.

� Comprendere che la cura dei ragazzi e dei giovani che ci vengono affidati impone affetto, attenzione,

fedeltà e responsabilità;

� Acquisire l’attitudine al confronto con i più piccoli significa maturare una particolare predisposizione al

dialogo e all’ascolto.

� Prestare molta attenzione agli atteggiamenti dei ragazzi, ai bisogni, ai cambiamenti, a tutte le

dimensioni della loro crescita, andando a fondo del loro vissuto.

� Prestare molta attenzione ai linguaggi e agli strumenti utilizzati : cercare di entrare in relazione con i

ragazzi non significa dimenticare il ruolo di testimoni che abbiamo il dovere di conservare.

� Attivare il protagonismo dei ragazzi in ogni modo perché si sentano soggetti attivi in associazione e

nella comunità;

� Rendere il gruppo una realtà accogliente e stimolante

� Maturare una capacità missionaria e di accoglienza verso tutti i ragazzi ed i giovani, non solo del

gruppo ma del territorio.

� Favorire la conoscenza del territorio e l’impegno missionario in esso.

� Condividere il servizio col gruppo degli educatori, col parroco e con l’assistente.

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QUINTA TAPPA

Riferirono ciò che era accaduto

La testimonianza di vita

Icona biblica: Lc 24, 28-35

Obiettivi

� Curare la dimensione dell’educatore come un testimone (non solo all’interno del gruppo e della parrocchia); � Evitare la tentazione di identificare l’educatore con un maestro infallibile; � Sottolineare che l’educazione non è fine a se stessa, né catechesi …ma è un percorso che conduce il socio a riconoscersi e a diventare se stesso maturando in sé la chiamata a spendersi, con i propri talenti, per il bene comune; Tutti i cristiani , dovunque vivano, sono tenuti a manifestare con l'esempio della loro vita e con la testimonianza della loro parola l'uomo nuovo, di cui sono stati rivestiti nel battesimo, e la forza dello Spirito Santo, da cui sono stati rinvigoriti nella cresima; sicché gli altri, vedendone le buone opere, glorifichino Dio Padre e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l'universale legame di solidarietà degli uomini tra loro. L’educatore è una persona credibile. Vive con convinzione ciò che propone e che chiede; in qualche modo, lo fa vedere, al di là delle parole che pronuncia. Tutto questo è evidente nella vita quotidiana, soprattutto nella famiglia dove ha un banco di prova interessante. I genitori trasmettono valori, modelli, comportamenti, attraverso lo stile del vivere di ogni giorno; l’educatore di AC, attraverso la capacità di accoglienza, di preghiera, di solidarietà, mostra lo stile evangelico di un’esistenza. L’educatore è una persona che ama la vita e sa presentarne il volto più bello. Gli adulti educatori — genitori, insegnanti, preti, catechisti... — devono essere in grado di mostrare il valore e la bellezza dell’esistenza, in tutti i suoi aspetti; di proporre le ragioni per cui vale la pena avere fiducia in essa; di far intravedere la sapienza che si trasforma in stili di vita coerenti. L’educazione deve mostrare la bellezza di un’umanità realizzata, attraverso una vita credibile, attraverso la stessa umanità di chi educa, attraverso la serenità con cui si affronta la vita. Certe proposte arcigne, fatte solo di no e di divieti, fatte da persone tristi e spente, non possono esercitare nessun fascino, né suscitare alcun interesse. L’educatore è una persona di speranza e dunque capace di pazienza. Chi educa sa che deve seminare per il futuro. Come il contadino: semina oggi, non vede più il seme che sparisce sotto la terra, ma sa che vedrà germogliare quel seme, se avrà la pazienza di attendere, di prendersi cura del seme che non vede più e del germoglio che non vede ancora. E tuttavia semina con generosità, senza temere di perdere il seme che affida alla terra, perché ha fiducia nella forza di esso, e anche nella fecondità del terreno. E dopo aver seminato, sa pazientare, accompagnare l’attesa del germoglio con la passione, che è amore, che è fiducia, che è la forza di non lasciarsi intimorire dal tempo che passa. Una condizione fondamentale di una relazione educativa riguarda la dimensione del tempo: occorre aver tempo per l’altro e dargli tempo. accompagnandolo nella durata con fedeltà, vivendo con perseveranza la gratuità del dono del proprio tempo. Oggi si parla di “banca del tempo” per dire quanto è prezioso il mettere a disposizione degli altri gratuitamente anche solo qualche ora della nostra settimana: l’impegno educativo esige una immensa disponibilità a spendere le risorse di questa banca. Chi ha fretta o non è pronto ad ascoltare ed accompagnare pazientemente il cammino altrui, non sarà mai un educatore. Tutt’al più potrà pretendere di proporsi come un modello lontano, alla fine poco significativo e coinvolgente per la

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vita degli altri. Gesù sulla via di Emmaus avrebbe potuto svelare subito il suo mistero: se non lo ha fatto, è perché sapeva che i due discepoli avevano bisogno di tempo per capire quanto avrebbe loro rivelato. Come in ogni rapporto basato sull’amore, anche nel rapporto educativo il dono del tempo è il segno più credibile del proprio coinvolgimento al servizio del bene dell’altro. La seconda condizione necessaria a stabilire una vera relazione educativa, del tutto evidente nel racconto di Emmaus: occorre camminare insieme. Prima che essere per l’altro, chi educa deve stare con l’altro. Accompagnarsi, porre domande, ascoltare le risposte, leggere il cuore dell’altro e farlo ardere con l’annuncio della parola di vita, accendere il desiderio e corrispondervi coi gesti della condivisione: questo è la compagnia della vita, lo spezzare insieme il pane dei giorni (‘compagnia viene da “cum pane”, pane condiviso), stando in cammino con l’altro per comprendere e parlare al suo cuore e trasformarlo. Non si tratta insomma tanto di insegnare dall’alto di una cattedra, ma di contagiare la vita con l’eloquenza della vita, stessa: “Il mondo di oggi - diceva Paolo VI ascolta più volentieri i testimoni che i maestri; e, quando ascolta i maestri, lo fa perché sono anche testimoni”. Chi educa deve insomma farsi prossimo: la Luce della vita sì trasmette nella reciprocità fra i due; nell’attenzione all’altro; nella pazienza di accettare i suoi tempi e di stimolarne le scelte. E’il cuore che parla al cuore. Accompagnare vuol dire prevenire e accogliere l’altro nell’amore: chi educa deve. amare per primo e senza stancarsi, o non educa affatto. Per essere buoni educatori bisogna dare amore ricordandosi sempre dell’amore ricevuto e accettando dì lasciarsi continuamente educare dall’amore. Chi sa accogliere, sa anche dare! Per accompagnare fedelmente l’altro, l’educatore deve dimostrargli di apprezzarlo, deve valorizzarlo, perché chi va educato ha bisogno anzitutto di fiducia, di quel sentirsi amato che gli consentirà anche di lasciarsi correggere e ammonire, L’incoraggiamento e l’elogio sono spesso più utili del rimprovero, perché danno la forza di impegnarsi a migliorare. Il rigorismo stanca e deprime. Solo l’amore eleva e incoraggia ed è vita che genera alla vita. Scopo dell’educazione schiudere orizzonti, raccogliere le sfide e accendere la passione per la causa di Dio tra gli uomini, che è la causa della verità, della giustizia e dell’amore. L’ educatore deve poter ripetere con l’apostolo Paolo queste parole, che sono un autentico progetto educativo: “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra

gioia” (2 Corinzi 1,24).

Proposte per un percorso

Si possono individuare degli esempi di buona e cattiva testimonianza provando a spiegare il perché della bontà di questi esempi. In un secondo momento gli educatori possono provare a ‘specchiarsi’ in questi esempi cercando di capire quali stili (positivi o negativi) gli appartengono. Sarebbe bello, infine, incontrare alcune testimonianze di coerenza laicale nei santi e beati dell’AC

Riferimenti bibliografici e strumenti associativi

- B. Forte, Sulla via di Emmaus. Lettera pastorale (2011). http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/pls/cci_dioc_new/bd_edit_doc_dioc.edit_documento?p_id=935606&s2dedicato=0

- Esortazione apostolica Ad Gentes, n. 11; - Traccia di riflessione per il IV Convegno Ecclesiale Nazionale, Verona 2006; n. 10; - Benedetto XVI, Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis, n. 85; - Sulle strade dei cercatori di Dio. AC e primo annuncio, AVE 2011 - Catechismo degli adulti, n. 145; - Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1972; - Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali CEI, nn. 28, 34.

Impegni pratici e spunti per la verifica

L’educatore è chiamato a curare i linguaggi, gli atteggiamenti e le scelte della sua vita ordinaria perché tutti possano leggere nella sua esperienza un riflesso di ciò in cui crede. È quindi utile una verifica costante, ma serena, del proprio stile di vita (non solo in parrocchia!).