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I dodici Cesari: Nerone di MARIA PACE Le nostre conoscenze sui Cesari, soprattutto i primi Cesari, si basano in primo luogo sulle opere di due storici: Tacito e Svetonio, il primo appartenente all’Ordine Senatorio e il secondo all’Ordine Equestre. Gli Ordini, cioè, che, più degli altri con l‘avvento del nuovo regime, avevano visto ridursi i privilegi. Scrissero le loro opere all’inizio del II secolo, il primo sotto Traiano e il secondo sotto Adriano ed entrambi, per esaltare le qualità dei loro Protettori, esagerarono sugli eccessi dei predecessori. Sull’esempio di questi, gli storici che seguirono, seguitarono sulla stessa linea, ma il mito negativo di Nerone si é sviluppato soprattutto con il romanzo “QUO VADIS” dello scrittore Sienkiewicz, l’assegnazione del Premio Nobel, che contribuì alla diffusione del libro e le trasposizioni cinematografiche. Oggi tutti immaginano Nerone con i tratti somatici di Peter Ustinof e tutti ricordano la scena in cui brandendo la lira, egli canta l’incendio di Roma. E’ nato così, si é radicato e perdura ancora, il mito di Nerone incendiario e persecutore dei primi 1 / 13

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I dodici Cesari: Nerone

di MARIA PACE

Le nostre conoscenze sui Cesari, soprattutto i primi Cesari, si basano in primo luogo sulle operedi due storici: Tacito e Svetonio, il primo appartenente  all’Ordine Senatorio e il secondo all’Ordine Equestre. Gli Ordini, cioè, che, più degli altri con l‘avvento del nuovo regime, avevanovisto ridursi i privilegi. Scrissero le loro opere all’inizio del II secolo, il primo sotto Traiano e ilsecondo sotto Adriano ed entrambi, per esaltare le qualità dei loro Protettori, esagerarono suglieccessi dei predecessori.

Sull’esempio di questi, gli storici che seguirono, seguitarono sulla stessa linea, ma il mitonegativo di Nerone si é sviluppato soprattutto con il romanzo “QUO VADIS” dello scrittoreSienkiewicz,  l’assegnazione del Premio Nobel, che contribuì alla diffusione del libro e  letrasposizioni cinematografiche. Oggi tutti immaginano Nerone con i tratti somatici di PeterUstinof e tutti ricordano la scena in cui  brandendo la lira, egli canta l’incendio di Roma.

E’ nato così, si é radicato e perdura ancora, il mito di Nerone incendiario e persecutore dei primi

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cristiani, nonostante i lavori seri e documentati, condotti dai revisionisti.

.Chi era Nerone? Il vero nome era Lucio Domizio Enobarbo, figlio di Agrippina e Gneo DomizioEnobardo. Successivamente Agrippina sposò l’imperatore Claudio e questi lo adottò e designòquale erede. Discendeva, dunque, per via materna dai Claudii e dai Giulii e per via paterna daiDomizi.

Svetonio afferma, senza mezzi termini, una ereditarietà biologica da questo ramo, facendonotare il carattere violento e dissoluto di alcuni dei suoi appartenenti. Ad es. del nonno Lucio,uomo arrogante e crudele, amante di giochi gladiatori particolarmente  violenti.

Fisicamente conosciamo Nerone abbastanza bene e non solo dalle numerose descrizioni che dilui hanno fatto i vari storici, ma anche e soprattutto dalle immagini sulle monete durante il lungoregno, quattordici anni, che hanno permesso di farne notare i cambiamenti nel corso del tempo,dovuta alla propensione per il buon vino e la buona cucina.

Il ritratto tracciato da Svetonio è piuttosto impietoso:

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“… statura giusta, corpo macchiato e fetido, capelli biondicci, volto bello, occhi azzurri, colloobeso, ventre prominente, gambe  gracilissime”.

Plinio il Vecchio, però, suo contemporaneo, precisa che quelle macchie altro non erano chelentiggini e che il  fisico era ben proporzionato.

Lo stesso fece Seneca, che nell’opera composta per  celebrare l’avvento al trono del suopupillo, lo paragonò addirittura ad Apollo per la bellezza e per il canto: un giudizio,naturalmente, non scevro da un certo servilismo.

In molti hanno voluto accostare Nerone a Caligola, non solo autori cristiani, che vedevano in luil’AntiCristo, ma anche  autori come Svetonio.

E allora dove sono gli accostamento fra i due?  Forse, in realtà, solo nella morte. All’età di 30anni circa. Sregolatezze le avevano accumulate entrambi, ma il primo in soli 4 anni, mentre ilsecondo in più di 14. Per di più, quest’ultimo, Nerone, aveva avuto un precettore, Seneca, findall’assunzione del potere, che all’altro era mancato.

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L’accostamento viene fatto soprattutto in virtù della sregolata vita notturna, ma,  se per Caligolasi trattava di una vera malattia legata all’insonnia, in Nerone potevano considerarsi sempliciscappatelle, le stesse che si concedevano tutti i rampolli di buona famiglia.

Quanto agli eccessi a tavola, erano gli stessi di tutti i cittadini romani facoltosi: banchettiinterminabili; quelli di Nerone duravano anche un giorno e una notte interi, intervallati da bagni egiochi.

L’altra passione di cui fu accusato era quella per le donne. In realtà egli amò con passione duesole donne: la liberta Atte, che fu sul punto di sposare e che gli restò accanto fino alla morte ePoppea che sposò in seconde nozze.

Il primo matrimonio, combinato da Agrippina, fu quello con Ottavia, figlia di Claudio e Messalina,di cui si sbarazzò subito con una falsa accusa di adulterio Lei aveva solo 12 anni e lui 16..

Il terzo, invece, con Statilia Messalina. Anche questa volta fu un colpo di fulmine, seguito dauno scandalo, poiché egli la portò via al marito Attico Vestino. Statilia lo accompagnò nei suoiviaggi, ma al primo sentore della fine, si eclissò.

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Un po’ di interesse merita la storia con Poppea, donna di una bellezza rara. Nerone se ne erainnamorato a prima vista. Poppea, però, era già sposata con Crispino. a cui fu portato via daOtone, amico di Nerone.

E qui nasce un piccolo giallo. Plutarco dice che fu Nerone ad incaricare Otone di sedurrePoppea per poi cederla a lui, ma che al momento di farlo, questi si  rifiutò. Svetonio riferisceinvece che fu lo stesso Nerone a sedurre la donna e ad affidarla all’amico per evitare loscandalo, ma che alla morte di Ottavia si sia rifiutato di cedergliela. Terza versione, quella diCassio secondo il quale, in realtà, si trattava di un rapporto a tre.

Completamente conquistato da quella donna, la sua morte lo sprofondò nella più cupadisperazione. Si può credere, allora, che sia stato lui ad ucciderla con un calcio nel ventre, siapure in un eccesso di collera? E’ difficile crederlo; gli stessi Tacito e Svetonio  riferiscono il fattopiù come un incidente che un fatto voluto.

Scandalosa fu, invece, la violenza fatta alla vestale Rubria; in questo caso, però, citato solo daSvetonio, la prudenza suggerisce cautela. La stessa cautela che si impone riguardo l’accusa diincesto con la madre Agrippina.

Sregolatezze, follie notturne e altro ancora, dunque, che, non solo non furono mai represse dai

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precettori Burro e Seneca, ma che, al contrario, furono favorite, perché impedivano al giovane Princes di fare altri guai.

Per comprendere i comportamenti licenziosi di Nerone occorre analizzare tutto il contesto che lifavorirono: una adolescenza oziosa, la dissolutezza della vita di palazzo e uno sconfinatopotere che  sviluppò in lui il desiderio di superare ogni  limite.

Forse é proprio in questa ottica che si pone il presunto incesto con la madre. Ad un’analisi piùattenta, però, questo fatto risulta inverosimile agli stessi autori storici i quali lo riportarono soloper dovere di cronaca.

Ben nota, invece, la sua passione per il canto e la musica, ma Svetonio ci parla di una vocedebole e velata e Dione Casso riferisce quanto fosse flebile, tanto da suscitare ironia ederisione. Diversa l’opinione di alcuni moderni storici secondo i quali, tali giudizi erano dettatisolamente da sentimenti personali,

In realtà, Nerone amava sinceramente il canto e si sottoponeva a grandi sforzi e sacrifici permigliorare la voce e  salvaguardarla.  Come un vero professionista.

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La stessa passione metteva nella Poesia e nella Composizione, ma, ancora una volta, i giudizisono discordi.: Svetonio gli riconosce una certa capacità, mentre Tacito afferma che si facesseaiutare da altri.  A preparargli i discorsi, riferisce ancora Tacito, era Seneca, ma poi per primo gliriconosce qualità nell’Eloquenza,  alle cui gare Nerone amava partecipare,  dicendotestualmente: “Non manca di grandezza né di fascino…”

Ad una persona che gli chiedeva che cosa avrebbe fatto se fosse stato deposto da imperatore, Nerone rispose: “L’arte mi darebbe sempre da vivere.”

Ecco un’immagine di Nerone che potrebbe cancellare quella del tutto inaccettabile del Quo Vadis .Una immagine quasi completa che ci parla di passioni sincere e genuine: passione per i cavalli,il canto, la poesia e il teatro, per cui calcò le scene nei ruoli di Tieste, Oreste, Edipo, ecc.

Cantare, suonare, scrivere, comporre… queste la sue vera passioni, più che i giochi gladiatori,e meno ancora  la politica o il potere. A procurargli il trono, infatti, era stata una madreambiziosa ed intrigante come Agrippina. Nerone aveva solo diciassette anni quando fu eletto,con il nome di Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus, ma il vero capo dell’Impero eralei, Agrippina, che, con i numerosi delitti si era guadagnato il potere.

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L’influenza della madre sul figlio, però, durò poco. Non più di sei mesi, dopo di che, egli si lasciòguidare dal precettore Seneca e dal Prefetto del Pretorio, Burro, che mal tolleravanol’assolutismo della donna..

I rapporti con la madre, in realtà, erano sempre stati  difficili, le ingerenze di Agrippina loavevano sempre  infastidito. Ora, però, la questione s’era fatta proprio seria: Agrippina avevaminacciato di ripristinare il diritto di Britannico ad occupare il trono e lo avrebbe fatto andando afarlo proclamare Imperatore sul campo dai pretoriani. Una minaccia reale, da quando si erascoperto che l’imperatore poteva essere eletto anche lontano da Roma. Una minaccia chesconvolse Nerone, ma anche una imprudenza  che segnò la sorte di Britannico e la suacondanna.

La morte del ragazzo, che aveva solo quattordici anni, avvenne con il veleno e per mano diLocusta, la stessa che aveva avvelenato suo padre, Claudio. Morì a cena,  dopo un primotentativo fallito e il suo cadavere fu messo sul rogo quella notte stessa ed al popolo si disse cheera morto di epilessia, male di cui soffriva. Dopo aver comprato il silenzio dei cortigiani congenerosissimi donativi, Nerone si presentò al Senato con un discorso commemorativo,probabilmente scritto da Seneca, in cui esprimeva tutto il dolore per la morte del fratello.

Dopo quella morte, però, i contrasti fra madre e figlio divennero sempre più aspri; istigato daBurro e Seneca, Nerone si liberò di quella serrata tutela ed Agrippina si ritrovò privata di ognipotere e perfino della Guardia Personale.

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Burro e Seneca, furono per Nerone quello che Agrippa e Mecenate erano stati per Augusto. Laloro influenza sul principe inizialmente fu assai positiva, come ci rivela un episodio, una frasepronunciata in occasione di una condanna a morte  “Vorrei non saper scrivere.”

Su indicazione di Seneca, il giovane imperatore fece molte riforme in favore del popolo, come lariforma tributaria e monetaria che diede molti vantaggi ai più poveri.

Non solo Burro e Seneca, in realtà, ma anche la presenza a corte di alcuni liberti di Claudio,come  Pallante, consentirono, con il loro operato, una continuità nella soddisfacente  attivitàamministrativa.

Sempre più difficili e tesi, intanto, i rapporti con la madre, soprattutto quando gli arrivò voce diun complotto ordito da Agrippina  per detronizzarlo che lo turbò così tanto da spingerlo adordinare la sua morte. Davanti al Senato si giustificò dicendo che la donna aveva complottatocontro l’imperatore e lo Stato.

In effetti, pare proprio che Agrippina avesse intenzione di detronizzarlo e mettere  al suo postosul trono un uomo che intendeva sposare.

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Burro e Seneca rimasero estranei a questo delitto,  ma non fecero nulla per impedirlo. Quellamorte, però, tormentò molto Nerone, assalito di notte da tremendi incubi e lo cambiòprofondamente.

Senza più il controllo della madre, egli cominciò a soddisfare ogni capriccio. Ripudiò Ottavia esposò Poppea. Ottavia fu esiliata, ma il popolo scese in piazza per manifestare in suo favore eNerone allora la fece uccidere e disse che si era suicidata.

Coincise proprio con questo delitto la svolta che segnerà la fine del periodo d’oro, il famoso Quinquennium Neronis, il periodo più felice di tutto l’impero romano, un’età dell’oro di 5 anni. I primi 5 anni del regno diquesto Princes, da tutti apprezzato.

Burro morì poco dopo e Seneca pian piano si ritirò dalle scene e al loro posto fecero lacomparsa due loschi figuri: i nuovi Prefetti del Pretorio, Rufo e Tigellino e il giovane Princes sitrovò alla mercé dei propri istinti e di  soggetti  dissoluti e privi di ogni morale.

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Fu l’inizio di un’epoca sempre più buia, che andò inesorabilmente sprofondando in un’atmosferadi disordine, libertinaggio, lassismo e di una scia interminabile di delitti che, tuttavia, non glialienò il favore del popolo. Irresistibilmente attratto dai fasti orientali, fu prodigo, infatti, didonativi, regalie e banchetti sontuosi. Tutto questo richiedeva grandi risorse economiche.Denaro che egli si procurò in modo lecito o illecito a spese soprattutto della provincia, ma chegli guadagnò il consenso del popolo

Eccentrico ed esteta, era anche profondamente superstizioso, tanto da “vedere” in ognifenomeno della natura (il disporsi delle nuvole, l’accumularsi della nebbia, ecc…) unavvertimento divino e fu così che la paura di congiure contro la sua persona, divenne una veraossessione e scatenò in lui una  vera paranoia  che lo portò al delirio.

In effetti, di congiure ce ne furono tante, la più famosa fu quella di Calpurnio Pisone; i congiuratierano senatori e cavalieri appoggiati da ufficiali della guardia pretoriana, la guardia personaledell'imperatore. Pare che tra di loro ci fosse anche Seneca cui fu dato l'ordine di togliersi la vitaed egli si suicidò bevendo della cicuta.

Sulla fine di Nerone si è tanto favoleggiato. Dichiarato dal Senato nemico pubblico, Nerone siritrovò solo e senza appoggi:  chiunque  avrebbe potuto ucciderlo. In realtà, egli aveva preso ladecisione di suicidarsi prima ancora di darsi alla fuga. Le circostanze, però, gli furono tuttecontrarie: la cassetta dei veleni che non si trovava e nessuno dei servi disposto a prestarsi per

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quell’azione. Egli era, infatti, completamente incapace di darsi morte da solo. Tentennò a lungo,come

recitando su un palcoscenico in una parte di grande immedesimazione.

“Quale artista perisce con me!” e ancora

“Turpe e vergognoso è sopravvivere. Non è, non è da Nerone…”

Ma, nel momento estremo, egli trovò il coraggio e la dignità e, come riferisce Svetonio:

“ Di pié veloci cavalli mi giunge all’orecchio il rumor.” recitò  e si cacciò in gola il ferro.

Morì suicida forzato, dunque, ma morì da esteta. Nell’ora della verità non si riproverava le

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colpe, neppure le più orrende, come la morte della madre… né si preoccupava della tragicitàdel presente… l’unica cosa che deplorava era la perdita del proprio talento.

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