I CONSUMI E LA PRODUZIONE DI RIFIUTI Rifiuto è qualunque ... · D'altra parte, è indispensabile...

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Introduzione A0 I CONSUMI E LA PRODUZIONE DI RIFIUTI I CONSUMI E LA PRODUZIONE DI RIFIUTI La crescita economica si identifica in un maggior benessere e nella conseguente offerta di un gran numero di prodotti, diversificati tra loro. Il tutto si traduce quindi nella produzione di una grande mole di rifiuti, purtroppo in crescita. Rifiuto è qualunque oggetto o sostanza di cui ci disfiamo, si tratti di residui, scarti, avanzi, oggetti rotti o inutilizzabili, derivanti sia dal consumo dei cittadini che dalle attività industriali. [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Didattica D0a “Conoscere i rifiuti”] Una volta prodotti, si pone il problema della gestione e dello smaltimento ecocompatibile dei rifiuti; un problema complesso da affrontare in chiave sociale, economica, ambientale, con l'obiettivo generale dell'uso razionale e sostenibile delle risorse. Una corretta politica di gestione dei rifiuti deve essere globale, attenta cioè a tutto il ciclo del prodotto che a fine vita diventa rifiuto; per questo è importante agire sin dalla progettazione del bene e, successivamente, nelle varie fasi della sua vita: produzione, distribuzione e consumo. E' evidente quindi la necessità di azioni preventive finalizzate a diminuire la produzione dei rifiuti alla fonte [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A2 “La prevenzione nella produzione di rifiuti”], incoraggiare il recupero nelle forme del riutilizzo, del riciclaggio [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Didattica D3 “Il riciclaggio e/o riutilizzo: il passaggio da rifiuto a risorsa] e del recupero energetico, in particolare incentivando le raccolte selettive. D'altra parte, è indispensabile garantire la sostenibilità dello smaltimento attraverso una rete di impianti dotati delle migliori tecnologie disponibili e di forme di recupero [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A5a “Lo smaltimento: la discarica” e A5b “Lo smaltimento: il termovalorizzatore”]. I temi sopra brevemente descritti sono indirizzi precisi contenuti nelle vigenti normative comunitarie, nazionali e regionali che introducono un ordine di priorità per le diverse fasi di vita dei rifiuti: riduzione della produzione e della pericolosità; riutilizzo, differenziazione e riciclaggio (e sostegno al mercato di prodotti riciclati); recupero, nelle sue diverse forme (materia, energia); smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, di quei rifiuti che non possono essere recuperati. La pianificazione provinciale quindi, le recepisce e le trasforma in quello che è il Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A1 “La normativa”].

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Introduzione A0 I CONSUMI E LA PRODUZIONE DI RIFIUTI

I CONSUMI E LA PRODUZIONE DI RIFIUTI

La crescita economica si identifica in un maggior benessere e nella conseguente offerta di un gran numero di prodotti, diversificati tra loro. Il tutto si traduce quindi nella produzione di una grande mole di rifiuti, purtroppo in crescita.

Rifiuto è qualunque oggetto o sostanza di cui ci disfiamo, si tratti di residui, scarti, avanzi, oggetti rotti o inutilizzabili, derivanti sia dal consumo dei cittadini che dalle attività industriali. [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Didattica D0a “Conoscere i rifiuti”]

Una volta prodotti, si pone il problema della gestione e dello smaltimento ecocompatibile dei rifiuti; un problema complesso da affrontare in chiave sociale, economica, ambientale, con l'obiettivo generale dell'uso razionale e sostenibile delle risorse. Una corretta politica di gestione dei rifiuti deve essere globale, attenta cioè a tutto il ciclo del prodotto che a fine vita diventa rifiuto; per questo è importante agire sin dalla progettazione del bene e, successivamente, nelle varie fasi della sua vita: produzione, distribuzione e consumo.

E' evidente quindi la necessità di azioni preventive finalizzate a diminuire la produzione dei rifiuti alla fonte [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A2 “La prevenzione nella produzione di rifiuti”], incoraggiare il recupero nelle forme del riutilizzo, del riciclaggio [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Didattica D3 “Il riciclaggio e/o riutilizzo: il passaggio da rifiuto a risorsa”] e del recupero energetico, in particolare incentivando le raccolte selettive. D'altra parte, è indispensabile garantire la sostenibilità dello smaltimento attraverso una rete di impianti dotati delle migliori tecnologie disponibili e di forme di recupero [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A5a “Lo smaltimento: la discarica” e A5b “Lo smaltimento: il termovalorizzatore”].

I temi sopra brevemente descritti sono indirizzi precisi contenuti nelle vigenti normative comunitarie, nazionali e regionali che introducono un ordine di priorità per le diverse fasi di vita dei rifiuti:

• riduzione della produzione e della pericolosità;

• riutilizzo, differenziazione e riciclaggio (e sostegno al mercato di prodotti riciclati);

• recupero, nelle sue diverse forme (materia, energia);

• smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, di quei rifiuti che non possono essere recuperati.

La pianificazione provinciale quindi, le recepisce e le trasforma in quello che è il Programma Provinciale di Gestione dei Rifiuti [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A1 “La normativa”].

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Scheda approfondimento A1 LA PREVENZIONE NELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI

LA PREVENZIONE NELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI

La quantità totale dei rifiuti è sicuramente un indice di crescita economica e di aumento dei consumi ma, al tempo stesso, è anche una misura dell'impoverimento delle risorse naturali. Per quanto riguarda l'aumento generalizzato della quantità dei rifiuti, l'analisi dei dati disponibili a livello europeo e nazionale non segnala al momento inversioni di tendenza.

Sebbene sia chiara l’impossibilità di eliminare totalmente i rifiuti, in quanto facenti parte integrante dei cicli di produzione e dei nostri consumi, operando con azioni individuali e collettive possiamo limitare la quantità, qualità e pericolosità dei rifuti stessi.

Nella Strategia comunitaria (Community Waste Management Strategy), documento di riferimento per la nuova politica di gestione dei rifiuti, si sottolinea che la prevenzione della produzione dei rifiuti deve essere considerata tra le azioni prioritarie per ridurne il volume e i pericoli connessi.

L’emergenza rifiuti non può, infatti, essere affrontata solamente tramite una gestione più efficiente e un maggiore tasso di riciclo quanto, piuttosto, all'interno di una strategia integrata di sviluppo sostenibile, che abbia tra le priorità la riduzione dello sfruttamento delle risorse, il minore consumo di energia e la minimizzazione delle emissioni.

Questi principi, introdotti a monte dalla normativa comunitaria (quindi recepiti in ambito nazionale e locale), vengono attuati attraverso strategie in grado di garantire un approccio sistemico alle problematiche connesse al ciclo dei rifiuti e di indirizzare il sistema di gestione verso schemi di prevenzione e recupero.

La riduzione della quantità, del volume e della pericolosità dei rifiuti viene perseguita attraverso un approccio che prende in considerazione tutto il ciclo di vita dei prodotti: dalla progettazione, alla fabbricazione, distribuzione, commercializzazione, fino al consumo e post-consumo. Tale impostazione richiede interventi integrati di natura giuridico-amministrativa, economico-fiscale, finanziaria, informativa e negoziale.

I settori interessati sono, in primo luogo, quelli relativi alla progettazione, realizzazione e fornitura di prodotti e servizi; in tale contesto un ruolo di primo piano spetta al settore degli imballaggi. Per questi ultimi, in particolare, si deve sottolineare che, pur risultando ancora in crescita nel nostro paese il consumo interno pro-capite, sono state avviate azioni di prevenzione quali, ad esempio, il Programma generale di prevenzione e gestione, predisposto dal Consorzio nazionale imballaggi (Conai), che prevede interventi finalizzati a ridurre il peso e la pericolosità degli imballaggi in fase di produzione, indirizzare i consumi verso imballaggi riutilizzabili o più facilmente riciclabili, favorirne il riuso.

La prevenzione nella produzione. COSA POSSONO FARE LE AZIENDE?

Prevenire la produzione di rifiuti richiede innanzitutto un'analisi del ciclo di vita dei beni che consenta, attraverso la valutazione degli impatti delle varie fasi (progettazione, produzione, distribuzione, consumo e post consumo), di individuare azioni specifiche tese a :

controllare l'impiego di sostanze pericolose e in particolare ridurre gli inquinanti metallici nella produzione dei beni; introdurre tecnologie pulite e cicli di produzione che consentano di ridurre le emissioni, la produzione di

rifiuti e di scarti di lavorazione, limitando l’uso di energia e materie prime.; usare materie prime – seconde (ottenute dal recupero); aumentare le opportunità di recupero attraverso la produzione di beni facilmente scorporabili nelle

diverse componenti e pertanto agevolmente riciclabili; ottimizzare l'uso dei materiali, evitando la realizzazione di componenti in materiale "ibrido" e favorendo

invece quelli in monomateriale; ridurre i costi energetici per la confezione, il trasporto e lo smaltimento; perseguire il miglioramento della concezione dei prodotti con lo scopo di ottimizzare la durata della vita

media del prodotto e dei componenti attraverso l'utilizzo di materiali più resistenti all'usura, all'invecchiamento, meglio protetti contro la corrosione; questi aspetti sono particolarmente rilevanti per i manufatti durevoli e complessi; favorire la progettazione modulare e la standardizzazione dei componenti per rendere applicabile lo

sviluppo dell'economia della riparazione, dell'assistenza tecnica e della manutenzione.

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Scheda approfondimento A1 LA PREVENZIONE NELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI

Tutte le azioni elencate riguardano direttamente i produttori, chiamati a prendere decisioni chiave rispetto alla progettazione, all'uso dei materiali specifici, alla composizione e alla vendita dei prodotti.

La prevenzione nel consumo. COSA POSSONO FARE I CONSUMATORI?

Ma un ruolo chiave è giocato dai consumatori che, attraverso i loro acquisti, possono influire sul mercato e sugli stessi produttori scegliendo un prodotto piuttosto che un altro. [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Didattica D2a “Il consumo consapevole”] Misure specifiche messe in atto dalle autorità pubbliche possono ulteriormente indirizzare verso scelte di acquisto di beni contrassegnati da marchi ecologici (Ecolabel) [Per una descrizione più dettagliata si veda l’Allegato 2a“Cos’è l’Ecolabel”] e prodotti da aziende aderenti a schemi di ecogestione e audit (Emas).

Fondamentale, inoltre, ove possibile (perché si dispone di uno spazio verde, anche minimo) praticare il compostaggio domestico del rifiuto organico [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Approfondimento A4 “Il processo di compostaggio” e la Buona Pratica BP4 “Il manuale sul compostaggio”]. L’autocompostaggio è quel processo che a partire da scarti alimentari, foglie secche, resti di potature e altri rifiuti organici domestici, consente di ottenere un ottimo terriccio biologico ideale nella coltivazione di piante, fiori e ortaggi.

La prevenzione nel consumo pubblico. COSA POSSONO FARE ENTI LOCALI E SOGGETTI PRIVATI?

Attuare i cosiddetti Acquisti Pubblici Ecologici o acquisti verdi. [Per una descrizione più dettagliata si veda la Buona Pratica BP2 “Gli acquisti verdi”]

La prevenzione nei servizi

In questo campo, l'attuazione di politiche di prevenzione implica lo studio delle fasi di fornitura del servizio per individuare la possibilità di modificare comportamenti o procedure che possono contribuire a ridurre i rifiuti. La priorità andrebbe assegnata ai servizi pubblici (dagli enti locali agli ospedali), ad alcune categorie artigianali (carrozzieri, meccanici, riparatori in genere), alle strutture ricettive e agli esercizi pubblici (in particolare per alberghi, ristoranti, fast- food, mense.

I principi ispiratori di efficaci interventi di prevenzione nel campo dei servizi dovrebbero essere:

impiego di prodotti durevoli, riutilizzabili, facilmente riparabili;

limitazione dei prodotti usa e getta e sostituzione con beni facilmente riutilizzabili;

utilizzo di nuove tecnologie al fine del risparmio di energia e di materia;

obbligo di utilizzo di prodotti fatti con materiali o componenti riciclati.

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Scheda di approfondimento A2a LA RACCOLTA DIFFERENZIATA

RACCOLTA DIFFERENZIATA

La raccolta differenziata svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione integrata dei rifiuti in quanto consente, da un lato, di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento e, dall’altro, di condizionare in maniera positiva l’intero sistema di gestione.

Essa consente:

la valorizzazione delle componenti merceologiche dei rifiuti sin dalla fase della raccolta;

la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti da avviare allo smaltimento indifferenziato, individuando tecnologie più adatte alla gestione e minimizzando l'impatto ambientale dei processi di trattamento e smaltimento;

il recupero di materiali e di energia nella fase di trattamento finale;

la promozione di comportamenti più corretti da parte dei cittadini, con conseguenti cambiamenti dei consumi, a beneficio delle politiche di prevenzione e riduzione.

Per il conseguimento di tali obiettivi è, tuttavia, indispensabile che la raccolta differenziata venga realizzata secondo logiche di integrazione rispetto all'intero ciclo dei rifiuti, e che ad essa corrispondano la dotazione di efficienti impianti di recupero ed una sempre maggiore diffusione dell'utilizzo dei rifiuti recuperati. [Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Didattica D3 “Il riciclaggio e/o riutilizzo: il passaggio da rifiuto a risorsa”]

In base all’esperienza che si è venuta consolidando, il sistema dovrebbe sempre più privilegiare raccolte domiciliari, affiancate a raccolte stradali, ed ampliare il campo di applicazione a raccolte più complesse (come quella della frazione organica putrescibile) o ad aggregazioni di differenti materiali (raccolta multimateriale o raccolta combinata). Ovviamente però, la raccolta differenziata viene organizzata in maniera differente a seconda delle caratteristiche del territorio e del numero di utenti.

Le raccolte domiciliari si distinguono da quelle stradali per diversi aspetti. La raccolta differenziata con cassonetti stradali è un sistema aggiuntivo perché si somma senza modificarlo a quello già attivo per il rifiuto indifferenziato. In questo caso la raccolta differenziata subisce minori controlli e pertanto si ottengono delle percentuali maggiori di rifiuti indifferenziati non riciclabili e i prodotti ottenuti dai rifiuti sono sicuramente di qualità inferiore rispetto a quelli che si ottengono con la raccolta porta a porta.

Le raccolte porta a porta secco/umido costituiscono un sistema integrato visto che con la loro introduzione si modificano totalmente le caratteristiche della raccolta del rifiuto residuo. Infatti se le raccolte differenziate con campane stradali mantengono di fatto inalterata la raccolta ordinaria dei rifiuti, soprattutto in termini di frequenza di svuotamento dei cassonetti, con la domiciliarizzazione delle raccolte dell’umido si possono modificare le modalità e le frequenze di raccolta del secco residuo. Le raccolte domiciliari consistono fondamentalmente nel prelievo dal luogo di produzione dei rifiuti, conferiti dagli utenti in sacchi e/o bidoni che nei giorni diversi da quelli previsti per la raccolta vengono stoccati all’interno della proprietà. Permettono di raccogliere in maniera differenziata e con elevate rese qualitative e quantitative anche la frazione organica dei rifiuti urbani, fondamentalmente costituita dallo scarto di cucina e di giardino, che, trattata adeguatamente, può diventare compost da utilizzare in attività agronomiche (in questo caso si parla di raccolte secco/umido).

I risultati della Raccolta Differenziata nella Provincia di Torino

I dati relativi alle raccolte differenziate vengono acquisiti su scala comunale. La percentuale di RD viene calcolata applicando il metodo normalizzato individuato dalla Regione Piemonte. Lo sviluppo delle raccolte differenziate sul territorio provinciale prosegue con un trend positivo ma non sufficiente a raggiungere gli obiettivi di legge. Si registra un progressivo miglioramento in tutti i bacini di raccolta.

Il risultato migliore si registra nell’area del Chierese e Eporediese.

La ripresa nello sviluppo del trend di crescita è imputabile sostanzialmente alla introduzione di sistemi di raccolta domiciliare.

La Città di Torino è riuscita a superare il periodo di assestamento che si era registrato dal 2001 al 2003 aumentando le tonnellate di RD del 28% . In particolare tra il 2004 e il 2005 è stato registrato un incremento di 3,5 punti percentuali sebbene i dati relativi al 2005 non siano definitivi.

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Scheda di approfondimento A2a LA RACCOLTA DIFFERENZIATA

Campagne di comunicazione per promuovere la raccolta differenziata

La Provincia di Torino ha promosso a partire dal 2002 una campagna di comunicazione triennale in tema di rifiuti indirizzata a tutti i cittadini e agli amministratori con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della gestione dei rifiuti e sulla sempre più impellente necessità di impegnarsi a fondo nella raccolta differenziata.

"IN 315 CON UNA MISSIONE COMUNE": è questo il concept (concetto chiave) della nuova campagna di comunicazione per promuovere la raccolta differenziata della Provincia di Torino: "Comune" è l'Ente Istituzionale coinvolto in primo piano in questo progetto, "Comune" è l'obiettivo che i cittadini della provincia hanno condiviso.

Il concept viene declinato in 3 differenti messaggi:

differenziare e riciclare;

raggiungere il 50% di raccolta differenziata;

dare valore al residuo della raccolta differenziata e produrre energia.

L'elemento chiave che lega i tre soggetti, facendoli diventare parte di un unico messaggio di forte impatto espressivo è lo slogan "La raccolta differenziata, Non Scade Mai".

6,0%

8,9%12,3% 15,2%

18,0%20,3%

21,9%25,2%

31,2%

34,7%

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%

30,0%

35,0%

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Percentuali di Raccolta Differenziata nella Provincia di Torino

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Scheda Approfondimento A2b PORTA A PORTA, SCELTA VINCENTE

PORTA A PORTA, scelta vincente

Le raccolte porta a porta (dette anche domiciliari) consistono fondamentalmente nel prelievo dal luogo di produzione dei rifiuti, conferiti dagli utenti in sacchi e/o bidoni che nei giorni diversi da quelli previsti per la raccolta vengono stoccati all’interno della proprietà. Permettono di raccogliere in maniera differenziata e con elevate rese qualitative e quantitative anche la frazione organica dei rifiuti urbani, fondamentalmente costituita dallo scarto di cucina e di giardino, che, trattata adeguatamente, può diventare compost da utilizzare in attività agronomiche (in questo caso si parla di raccolte secco/umido).

Questo tipo di raccolta era già praticato da diversi anni nell’Europa centro settentrionale e nei primi anni novanta anche in alcune realtà territoriali “pioniere” del nord Italia. Dal 1997, anno di approvazione del decreto Ronchi, ad oggi è diventato un sistema sempre più adottato tra le amministrazioni comunali del Belpaese, per un motivo ben preciso: la nuova legge sui rifiuti, infatti, tra le tante novità introdotte, ha stabilito degli obiettivi minimi di raccolta differenziata, crescenti nel tempo (15% a marzo 1999, 25% a marzo 2001 e 35% a marzo 2003), difficilmente raggiungibili con il sistema delle raccolte differenziate con contenitori stradali. Le assai numerose esperienze di raccolta differenziata stradale, infatti, non erano mai andate oltre il risultato del 20-25% (Tornavacca, Favoino 2000).

Le raccolte domiciliari si distinguono da quelle stradali per diversi aspetti. La raccolta differenziata con cassonetti stradali è un sistema aggiuntivo perché si somma senza modificarlo a quello già attivo per il rifiuto indifferenziato, mentre le raccolte porta a porta secco/umido costituiscono un sistema integrato visto che con la loro introduzione si modificano totalmente le caratteristiche della raccolta del rifiuto residuo. Infatti se le raccolte differenziate con campane stradali mantengono di fatto inalterata la raccolta ordinaria dei rifiuti, soprattutto in termini di frequenza di svuotamento dei cassonetti, con la domiciliarizzazione delle raccolte dell’umido si possono modificare le modalità e le frequenze di raccolta del secco residuo.

L’integrazione tra le raccolte domiciliari dell’umido e del secco residuo porta una serie di benefici. Infatti con il sistema integrato e con l’introduzione del nuovo circuito di raccolta dell’umido si rivoluzionano le caratteristiche degli altri circuiti, in particolare di quello relativo al rifiuto secco residuo. Quest’ultimo infatti, essendo ormai povero di organico putrescibile, può essere ritirato con minore frequenza senza causare problemi di cattivo odore.

Va poi considerato che le raccolte porta a porta non hanno bisogno di contenitori stradali, poiché si utilizzano sacchetti in plastica (biodegradabile per la raccolta dell’umido) e/o secchielli di dimensioni variabili, distribuiti dalle amministrazioni comunali ai cittadini: si va dai secchi monofamiliari a quelli più grandi da 20-30 litri per condomìni fino a 5 famiglie, entrambi scaricati manualmente, fino ad arrivare ai bidoni da 120-240 litri con scarico meccanizzato per i condomìni più grandi. Facendo a meno dei cassonetti stradali, oltre a risparmiare sul loro acquisto non c’è bisogno né della loro manutenzione (i lavaggi e le disinfezioni, se necessari, visto l’uso dei sacchetti in plastica, sono fatti direttamente dai cittadini senza utilizzare i costosi mezzi lavacassonetti) né della loro sostituzione in caso di atti di vandalismo, garantendo quindi un ulteriore contenimento dei costi del servizio.

Altra caratteristica importante delle raccolte porta a porta è la loro obbligatorietà e il controllo sul rifiuto contenuto nei sacchi. I cassonetti implicano una partecipazione volontaria dei cittadini alla raccolta, in genere i più sensibili alle tematiche ambientali, e non c’è alcuna possibilità di controllare se il conferimento dell’utente è giusto o sbagliato, con le raccolte domiciliari c’è l’obbligo di partecipare e viene praticato un serio controllo da parte degli addetti alle raccolte sul contenuto del sacco. In poche parole con le raccolte porta a porta si ottengono migliori risultati in termini di quantità e qualità.

Le quantità intercettate con i sistemi domiciliari secco/umido sono infatti generalmente elevate. Soprattutto grazie all’attivazione della raccolta della frazione putrescibile dei rifiuti, che rappresenta circa il 30% del rifiuto urbano totale, è possibile raggiungere e superare con una certa facilità anche il più elevato obiettivo percentuale stabilito dal decreto Ronchi (35%), con un conseguente risparmio anche sul costo da sostenere per lo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati. E’ evidente - dai dati in letteratura - la forte dipendenza delle percentuali di raccolta differenziata dall’intercettazione media dello scarto organico domestico, legata a sua volta alla diffusione dei sistemi integrati secco/umido di raccolta differenziata (Centemero, Favoino, 2001).

Questa dipendenza risulta anche dall’elaborazione fatta dalla provincia di Pescara sui dati relativi ai cosiddetti “Comuni ricicloni” premiati da Legambiente: sui 669 comuni partecipanti all’edizione del 2002 nei 583 dove è stata attivata la raccolta domiciliare dell’organico la percentuale media di raccolta differenziata si è attestata al 33% (esclusa la frazione verde), mentre nei restanti 86 dove l’umido domestico non viene

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Scheda Approfondimento A2b PORTA A PORTA, SCELTA VINCENTE

raccolto in modo differenziato la percentuale si ferma al 19% (in alcuni casi comprensiva anche del verde). Tra i 583 comuni che fanno la raccolta secco/umido nei 523 dove la raccolta dell’organico domestico è ormai a regime la percentuale arriva al 45%, mentre negli altri 60 comuni dove questo tipo di raccolte è ancora in fase sperimentale o, come a Milano, è limitata alle sole grandi utenze il dato si ferma al 24% (Di Scerni, Piselli, 2003).

Un’altra caratteristica importante delle raccolte differenziate porta a porta sta nella purezza delle frazioni intercettate. Tenendo presente che in Germania e Austria la purezza merceologica dello scarto alimentare per la produzione di compost di qualità è considerata soddisfacente se è superiore al 93-95%, la qualità dell’organico domestico raccolto in Italia con sistemi secco/umido ha ampiamente superato l’esame “europeo”. Tanto per fare un esempio, in una recente analisi commissionata dalla Provincia di Milano sulla qualità del rifiuto compostabile raccolto in modo differenziato in 24 comuni, tra cui Monza (è stata esclusa Milano perché la raccolta dell’umido è limitata alle grandi utenze), la purezza è stata sempre superiore al 95%, mentre in un solo caso il dato è “sceso” al 93% (Di Scerni, Piselli, 2003). In effetti, e anche questo è ormai assodato, la qualità del materiale raccolto dipende molto di più dal sistema di raccolta adottato (il domiciliare ottiene risultati migliori rispetto allo stradale) che dalle dimensioni del centro abitato servito: in Italia non è raro avere a che fare con elevate purezze merceologiche del rifiuto raccolto in modo differenziato in centri di grandi dimensioni (vedi Monza, 120mila abitanti e purezza oltre il 97%!) e scarsa purezza in comuni medio-piccoli.

Altro vantaggio delle raccolte porta a porta consiste nella forte riduzione dei conferimenti non corretti da parte dei cittadini e soprattutto dei conferimenti impropri dei rifiuti speciali da parte delle piccole imprese artigiane o dei commercianti, proprio perché responsabilizzano gli utenti e semplificano le attività di controllo da parte degli addetti alle raccolte.

di Stefano Ciafani Coordinatore dell’Ufficio scientifico Direzione nazionale di Legambiente tratto dal libro “Ecosistema urbano 2004” di Legambiente, edizioni LabItalia

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Scheda Approfondimento A2b PORTA A PORTA, SCELTA VINCENTE

Comuni della provincia di Torino con servizi integrati di raccolta differenziata

L’introduzione dei sistemi di raccolta porta a porta in diversi comuni della Provincia di Torino (ben 91 su 315 al 10 gennaio 2005) ha portato a risultati decisamente incoraggianti in termini di RD. Nei Comuni in cui tali sistemi sono stati avviati si osservano nel 2004 e nel 2005 punte di RD superiori all' 80% e la maggior parte si colloca comunque oltre il 50%; salvo rare eccezioni tutti i Comuni superano il limite critico del 35% (obiettivo Ronchi).

Risultati raggiunti da alcuni comuni della Provincia di Torino che hanno adottato il sistema Porta a Porta.

Comune abitanti 2003 2004 2005*

Beinasco 18.477 28.9% 42.4% 62.62%

La Loggia 6.589 28.0% 29.2% 77.31%

Montalenghe 884 22.6% 51.1% 79.64%

Barone Canavese 588 50.8% 91.1% 84.28%

* Dati non definitivi

Abitanti dei comuni con sistema PAP avviato sul totale della Provincia : 30%

Comuni che hanno aderito al sistema PAP: 138

Comuni con sistema PAP avviato (al 10/01/2006) : 91

Abitanti dei comuni con sistema PAP avviato: ca. 700.000

Nel comune di Torino il sistema diraccolta PAP è stato avviato solo inalcuni quartieri (150.000 ab. su902.000 ca.)

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Scheda approfondimento A3 IL PROCESSO DI COMPOSTAGGIO

IL PROCESSO DI COMPOSTAGGIO

Il compostaggio è una particolare tecnica di recupero che utilizza i rifiuti organici e sfruttando l’azione combinata di microrganismi ed agenti naturali quali aria, umidità e calore permette la produzione di compost, ottimo ammendante organico in grado di incrementare la fertilità del suolo.

Il compostaggio è una tecnica attraverso la quale viene controllato, accelerato e migliorato il processo naturale a cui va incontro qualsiasi sostanza organica per effetto della flora microbica naturalmente presente nell'ambiente. Si tratta di un "processo aerobico di decomposizione biologica della sostanza organica che avviene in condizioni controllate (Keener et al., 1993) che permette di ottenere un prodotto biologicamente stabile in cui la componente organica presenta un elevato grado di evoluzione"; la ricchezza in humus, in flora microbica attiva e in microelementi fa del compost un ottimo prodotto, adatto ai più svariati impieghi agronomici, dal florovivaismo alle colture praticate in pieno campo.

Il processo di compostaggio si compone essenzialmente in due fasi:

1. bio-ossidazione, nella quale si ha l'igienizzazione della massa: è questa la fase attiva (nota anche come high rate, active composting time), caratterizzata da intensi processi di degradazione delle componenti organiche più facilmente degradabili

2. maturazione, durante la quale il prodotto si stabilizza arricchendosi di molecole umiche: si tratta della fase di cura (nota come curing phase), caratterizzata da processi di trasformazione della sostanza organica la cui massima espressione è la formazione di sostanze umiche.

Il processo di compostaggio può riguardare matrici organiche di rifiuti preselezionati (quali la frazione organica raccolta dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata o i residui organici delle attività agro-industriali) per la produzione di un ammendante compostato da impiegare in agricoltura o nelle attività di florovivaismo, noto come "Compost di qualità".

Nel caso di trattamento dei rifiuti indifferenziati per il recupero della frazione organica tramite compostaggio, questi vengono avviati a sistemi di trattamento meccanico-biologico per la produzione della Frazione Organica Stabilizzata (FOS) da impiegare in usi diversi non agricoli, quali l'impiego per attività paesaggistiche e di ripristino ambientale (es. recupero di ex cave), o per la copertura giornaliera delle discariche.

Il compost di qualità è un ottima fonte di sostanza organica per il terreno: ne aumenta la fertilità in quanto migliorandone i caratteri fisici, chimici e biologici.

Esso può essere ottenuto:

collettivamente in grandi impianti appositamente attrezzati e adibiti al trattamento giornaliero di notevoli quantità di materiale

in ambito domestico, per smaltire autonomamente i rifiuti organici familiari.

La prima soluzione è applicabile se viene attuata la raccolta differenziata dei rifiuti solidi organici; la seconda soluzione è realizzabile da ogni nucleo familiare che disponga o di uno spazio libero (giardino, orto) dove porre il cumulo o di una compostiera, ossia un contenitore aerato, studiato per fare il compostaggio in piccoli giardini, senza generare cattivi odori e senza attirare animali indesiderati; esistono diverse soluzioni: dall'economico fai-da-te (in rete metallica rivestita), al composter chiuso in plastica.

Il compostaggio domestico, se attuato in modo sistematico in una comunità, consente immediatamente di ridurre il volume dei rifiuti da smaltire ed eliminare gli odori dai cassonetti dei rifiuti. Se poi nei cassonetti non vengono introdotti rifiuti umidi e putrescibili è possibile separare meccanicamente tutte le altre categorie di rifiuti: es. carta, plastica, vetro, metalli, stracci etc. Le comunità che praticano il compostaggio domestico di scarti alimentari e di scarti biodegradabili in generale, contribuiscono ad evitare gli odori nauseabondi che fuoriescono dalle discariche e che arrecano un perenne disagio alle persone che vivono nei dintorni. Infine

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Scheda approfondimento A3 IL PROCESSO DI COMPOSTAGGIO

non va dimenticato che i rifiuti putrescibili non generano solamente odori sgradevoli ma anche liquidi inquinanti e maleodoranti che si accumulano sul fondo delle discariche e che devono essere portati spesso a grandi distanze per essere depurati secondo le disposizioni di legge.

Una compostiera

I vantaggi del compostaggio

• Recupero di una parte di rifiuti organici in termini di volume sottratto alle discariche.

• Ripristino e mantenimento della fertilità organica nei suoli, con un approccio ecologico ma anche economico, poiché vengono risparmiati i costi dell’acquisto di terricci.

• Possibile riduzione sulla tariffazione dei rifiuti.

• Eliminando la parte putrescibile dalle discariche diminuiscono sia gran parte degli odori che gran parte del percolato

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Scheda Approfondimento A4a LO SMALTIMENTO: LA DISCARICA

LO SMALTIMENTO

L'incremento dei rifiuti è legato al crescente livello dei consumi individuali e al benessere a cui il nostro paese è arrivato: un sistema industriale-commerciale che ha favorito la produzione e l'utilizzo di merci sempre meno durevoli fino alla “modalità” dell'usa e getta, dal fazzoletto al pannolone, dalla penna a sfera al pennarello, passando per il rasoio, che associano la "comodità" individuale alla crescita, sempre più rapida dei rifiuti.

I rifiuti infatti, sono una funzione diretta della cultura e dell'organizzazione di vita dell'uomo. Storicamente sono diventati un problema grave proporzionalmente allo sviluppo della società industriale.

Da allora l'uomo ha dato vita a dei cicli non naturali, "aperti": le sue attività si lasciano dietro una quantità di scorie prodotte artificialmente, che l'ambiente naturale non riesce ad assorbire.

La dissipazione, lo spreco di risorse, l'occupazione sempre maggiore di territorio per smaltire il rifiuto, obbligano ad intraprendere un nuovo cammino: innanzitutto la riduzione dei rifiuti e poi il riuso e il riciclo dei materiali. Se il deposito in discarica era infruttuoso e nocivo, poco risolutivo è anche il bruciare tutto: l'incenerimento, anche nella sua forma più sofisticata e conveniente, quella con recupero dell'energia prodotta dalla combustione, appare subito meno vantaggioso se si pensa a quanta energia si spreca comunque distruggendo risorse potenziali anziché incrementarne il riuso, il riciclo, l'allungamento del ciclo di vita.

LA DISCARICA

Dopo tutte le possibili operazioni di recupero, quello che ancora rimane dei rifiuti deve essere smaltito tramite il deposito permanente nel terreno (discarica).

La discarica non è altro che una grande vasca scavata nel terreno il cui fondo è reso impermeabile tramite la deposizione di uno strato di argilla e da un manto di materiale plastico.

L'aumento smisurato di rifiuti in peso e volume, l'eterogeneità dei materiali e la sempre più grande richiesta di territorio, hanno fatto della discarica un metodo inadeguato, anche se in Italia nel 2004 sono finiti in discarica circa il 57% dei rifiuti urbani.

Il superamento di tale forma di smaltimento è uno degli obiettivi prioritari da perseguire nel campo della tutela ambientale.

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Scheda Approfondimento A4a LO SMALTIMENTO: LA DISCARICA

Precauzioni necessarie

La scelta del sito idoneo per la discarica è premessa indispensabile per evitare conseguenze negative sull’ambiente che possono rivelarsi anche a distanza di anni: l’area deve essere adeguatamente distante dai centri abitati e deve avere peculiari caratteristiche geologiche. Infatti non tutti i tipi di terreno sono idonei (no ai terreni con risorgive, con fondo permeabile, con problemi di dissesto idrogeologico, etc.).

Oltre all’impermeabilizzazione del fondo con argilla e teli plastici (di solito si tende a fare un doppio strato di teli alternato ad un doppio strato di argilla) al fine di proteggere le falde idriche è necessario un recupero e una depurazione del percolato: con questo termine si intende il liquido derivato dalla pioggia che infiltrandosi nell’ammasso di rifiuti stoccati, si carica di un gran numero di composti organici ed inorganici trasformandosi in un refluo altamente inquinante.

Occorre inoltre recuperare il biogas (prodotto della decomposizione dei rifiuti costituito fondamentalmente da metano ed anidride carbonica) sia per evitare possibili conseguenze di inquinamento, sia perché questo costituisce una risorsa energetica.

Ultima cosa ma non meno importante è il controllo dei rifiuti immessi nella discarica: in base al tipo di rifiuto si può prevedere il tipo di inquinamento e di conseguenza le misure da adottare.

Discarica in costruzione (a sinistra) e in coltivazione (a destra)

Rete di estrazione del biogas da una discarica

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Scheda Approfondimento A4a LO SMALTIMENTO: LA DISCARICA

Alcuni problemi legati alla discarica

Difficoltà sempre crescenti a reperire aree tecnicamente idonee e ambientalmente sicure.

Pericoli per la contaminazione di suolo e sottosuolo, in particolare delle falde freatiche e dell'atmosfera, a causa dei gas di fermentazione, degli odori, delle polveri trasportabili dal vento.

Formazione di incendi spontanei non facilmente controllabili se profondi nella massa e produzione di fumi maleodoranti e tossici (una fonte non trascurabile di diossina deriva proprio dall’usanza di bruciare i rifiuti in discariche abusive per diminuirne il volume).

La lontananza dai centri abitati porta a costi elevati di gestione e trasporto dei rifiuti urbani.

Nessuna possibilità di recupero dei materiali.

Bonifica delle discariche esistenti

L'abbandono progressivo della discarica impone che si proceda a sanare quelle già chiuse e quelle in via di esaurimento. La bonifica della discarica prevede in genere il recupero a verde pubblico.

Perché esistono le discariche

Non esiste nessun ciclo integrato dei rifiuti che possa prescindere dalla gestione di una discarica controllata, purché venga utilizzata per le quantità di rifiuti non più riciclabili e recuperabili, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale 36 del 2003 che ha recepito l’ultima direttiva europea su questa tipologia di impianto.

Recupero a verde pubblico di alcune discariche

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Scheda Approfondimento A5b LO SMALTIMENTO: IL TERMOVALORIZZATORE

IL TERMOVALORIZZATORE

Un altro sistema per lo smaltimento dei rifiuti è la combustione controllata con recupero di energia, detto genericamente “incenerimento” o “termovalorizzazione”.

L'incenerimento dei rifiuti urbani è un processo di combustione controllata che avviene all’interno di un forno (camera di combustione primaria) a temperature non inferiori a 850°C ed ha lo scopo primario di ridurre la volumetria dei rifiuti e nel contempo di renderli biologicamente e chimicamente inerti.

All’interno del forno si generano tre flussi di materia:

un flusso gassoso (fumi)

un flusso di particolato e di sostanze condensabili (ceneri volanti) pari al 2 - 3 % in peso del RU in ingresso

un flusso di scorie pesanti pari al 15 - 25% in peso del RU in ingresso.

Il flusso gassoso in uscita dal forno viene convogliato in una camera di combustione secondaria dove permane per almeno 2 secondi alla temperatura di 1200-2000°C e con una percentuale di ossigeno residuo dell’11%; l’obiettivo è quello di completare la combustione dei gas, riducendo al minimo la possibilità di emissione di composti organoclorurati, come diossine e furani che possono formarsi durante la combustione per la presenza di cloro nei rifiuti (il cloro è contenuto nelle plastiche «clorurate» come il PVC, in alcune carte sbiancate e nel sale da cucina).

Il calore dei fumi è utilizzato per generare vapore che viene inviato in una turbina per la produzione di energia elettrica o immesso nella rete di teleriscaldamento.

Prima di essere convogliati alle ciminiere e disperdersi in atmosfera i fumi vengono filtrati per rimuovere le polveri e trattati con reagenti chimici che abbattono i contaminanti gassosi.

Le scorie, contenendo sostanze tossiche e persistenti nell’ambiente come i metalli pesanti piombo e cadmio, devono essere smaltite in apposite discariche.

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Scheda Approfondimento A5b LO SMALTIMENTO: IL TERMOVALORIZZATORE

L’unico modo per ridurre la quantità e la pericolosità dei flussi in uscita dagli impianti di termovalorizzazione consiste nella riduzione dei rifiuti prodotti e in una buona raccolta differenziata.

Nei forni si dovrebbero bruciare la carta, la plastica, il legno e i tessuti non più riciclabili presenti nei rifiuti. Esistono impianti per la produzione di CDR (combustibile derivato dai rifiuti) che selezionano i rifiuti prima che vengano avviati all’incenerimento isolando quelli che non dovrebbero essere bruciati. Tra l’altro vetro e metalli non bruciano e, se non vengono separati a monte, si ritrovano nell’identica quantità a valle, nelle

scorie dell’impianto di combustione, senza poter più essere riutilizzati come risorse.

Considerando gli aspetti positivi della combustione possiamo dire che essa consente di ridurre fino al 20-30% il peso iniziale dei rifiuti trattati. Inoltre i rifiuti possono bruciare per autocombustione una volta avviato il processo, senza necessità di combustibile ausiliario: maggiore è la frazione di materia combustibile (carta, plastica, legno) presente nella spazzatura, tanto più alto è il suo potere calorifico. Attualmente un chilogrammo di rifiuti domestici è in grado di sviluppare almeno 2000 kcal, capaci di assicurare l’indipendenza termica al processo di incenerimento una volta avviato il processo.

Alcuni problemi legati all’inceneritore Tempi di realizzazione e avvio dell’impianto relativamente lunghi (2-3 anni).

Alti costi di costruzione (paragonato ad altri impianti).

Elevati costi di manutenzione.

Disponibilità di una discarica ad accogliere le scorie e le polveri prodotte dalla combustione.

Perché esistono gli inceneritori Premettendo che l’inceneritore deve essere utilizzato solo a valle di una buona raccolta differenziata, che consente una notevole riduzione dei rifiuti e soprattutto permette di utilizzare un CDR di buona qualità senza correre il rischio di bruciare sostanze che portano ad emissioni non controllate di inquinanti, se dimensionato su una quota minimale dei rifiuti prodotti:

permette di recuperare energia dai rifiuti combustibili non più riciclabili;

alcuni rifiuti, come quelli ospedalieri infettivi, debbono comunque essere bruciati per motivi di igiene;

i nuovi impianti e le nuove norme garantiscono emissioni molto meno inquinanti rispetto a quanto previsto negli anni ’70 e ‘80.

In Italia nel 2004 circa l’ 11% dei rifiuti è stato avviato agli impianti di incenerimento sparsi su tutto il territorio nazionale.

Combustibile derivato dai rifiuti (CDR)

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SCHEDA DI APPROFONDIMENTO A5 LE PROBLEMATICHE CONNESSE AI RIFIUTI

LE PROBLEMATICHE CONNESSE AI RIFIUTI

Le problematiche connesse alla produzione di rifiuti hanno assunto negli ultimi decenni proporzioni sempre maggiori in relazione al miglioramento delle condizioni economiche, al veloce progredire dello sviluppo industriale, all'incremento della popolazione e delle aree urbane. La produzione dei rifiuti è infatti progressivamente aumentata quale sintomo della crescita economica e dell'aumento dei consumi. La diversificazione dei processi produttivi ha inoltre moltiplicato le tipologie dei rifiuti, generando impatti sempre più pesanti sull’ambiente e sulla salute.

I rifiuti possono produrre inquinamento: liquami, gas, sostanze tossiche e materiali non biodegradabili possono inquinare le diverse matrici ambientali (aria, acqua, terra), soprattutto qualora non si realizzi una corretta gestione degli impianti connessi allo smaltimento.

I rifiuti costano: occupano spazio, devono essere trattati, possono portare danni ambientali e sanitari.

L’impatto sull'ambiente non dipende solo dalla quantità ma anche, e soprattutto, dalla qualità dei rifiuti; le sostanze pericolose in essi contenute, anche in piccole quantità, possono infatti essere fonte di gravi rischi.

Discarica abusiva Lo smaltimento illegale

Come denuncia annualmente il “Rapporto Ecomafia” di Legambiente, il punto di arrivo di notevoli quantità dei nostri rifiuti sono le discariche abusive. Tale smaltimento illegale è relativo principalmente ai rifiuti industriali, mentre una piccola parte riguarda anche i rifiuti urbani di cui i cittadini si disfano senza seguire le prassi corrette (l’abbandono di frigoriferi, lavatrici o batterie delle auto al di fuori dei centri di raccolta predisposti sono solo alcuni esempi).

Questo modo di smaltire i rifiuti è un pericolo costante per l'igiene delle popolazioni: è terreno di coltura ideale per germi patogeni

ed una riserva illimitata di cibo per ratti, scarafaggi, mosche ed altri animali che possono fungere da veicolo di molte malattie; inquina non solo le acque superficiali, ma anche le falde profonde, in quanto la massa dei rifiuti fermenta, producendo liquami di scolo, il percolato, con elevatissimo carico inquinante; inquina l'aria con i gas che si sprigionano dalla massa dei rifiuti; “inquina” soprattutto il ciclo legale dei rifiuti.

La localizzazione degli impianti e la sindrome Nimby

Si tratta di una vera e propria sindrome, nota sotto il nome di NIMBY Syndrome (Not In My Back Yard = non nel mio cortile), che si traduce nel rigetto dei progetti che hanno qualsiasi legame con l’ambiente in cui si risiede.

Questo atteggiamento è oggi sempre più diffuso nei vari strati della popolazione nazionale. Per superare diffidenze e opposizioni è essenziale intraprendere opportune azioni e iniziative di informazione e comunicazione basate sulla trasparenza e sul dialogo, sulla negoziazione e sulla partnership. E’

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SCHEDA DI APPROFONDIMENTO A5 LE PROBLEMATICHE CONNESSE AI RIFIUTI

indispensabile creare un clima di fiducia reciproca tra l'impresa/ente proponente il progetto e il territorio, con l'obiettivo di rendere i cittadini partecipi alle decisioni.

Questo scenario si contrappone sempre più a quanto osservato nel passato, dove la realizzazione dei progetti era subordinata all'approvazione dei soli referenti politici e amministrativi locali e nazionali. Oggi i grandi progetti devono confrontarsi con una molteplicità di attori che hanno, ciascuno, il proprio interesse specifico sul territorio: comitati liberi di cittadini, associazioni ambientaliste, associazioni di categoria, media. Diventa quindi essenziale avviare, fin da subito, una politica del consenso intrinseca al progetto stesso, che ne faciliti l'iter burocratico di approvazione e renda possibile la successiva fase costruttiva. Il ruolo della comunicazione - intesa come interazione tra soggetti - e in particolare delle relazioni pubbliche territoriali, è fondamentale per allentare le tensioni sociali sul territorio.

Naturalmente, tutto questo a patto che le politiche di programmazione territoriale siano state correttamente impostate, e che l'esigenza di un nuovo impianto o una nuova infrastruttura nasca a valle di un processo locale coordinato con il Piano Territoriale Regionale, con la pianificazione urbanistica, paesistica e delle infrastrutture, con la valutazione dell'impatto urbanistico di rilevanti opere pubbliche e insediamenti produttivi, con l'ottenimento delle autorizzazioni richieste per quella tipologia di impianto (Valutazione di Impatto Ambientale, Valutazione Ambientale Strategica, ecc.). E anche, a condizione che l'impianto o l'infrastruttura risponda a tutti i requisiti tecnico progettuali necessari a garantire la massima sicurezza e il minimo impatto, nella direzione delle cosiddette BAT (Best Available Technology – Migliori Tecnologie Disponibili).

Tratto da Nimby forum http://www.nimbyforum.net/

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Allegato 1a IL CONSUMO CONSAPEVOLE

Ecolabel

Che cos’è l’Ecolabel europeo?

L'Ecolabel è il marchio europeo di certificazione ambientale per i prodotti e i servizi nato nel 1992 con l'adozione del Regolamento europeo n. 880/92, e aggiornato con il nuovo Regolamento n. 1980 del 17 luglio 2000. E' uno strumento ad adesione volontaria che viene concesso a quei prodotti e servizi che rispettano criteri ecologici e prestazionali stabiliti a livello europeo. L'ottenimento del marchio costituisce, pertanto, un attestato di eccellenza che viene rilasciato solo a quei prodotti/servizi che hanno un ridotto impatto ambientale. I criteri sono periodicamente sottoposti a revisione e resi più restrittivi, in modo da favorire il miglioramento continuo della qualità ambientale dei prodotti e servizi.

Come si definiscono i criteri dell’Ecolabel europeo?

I criteri ambientali si applicano a tutti i beni di consumo (eccetto alimenti, bevande, e medicinali) e ai servizi. I criteri sono definiti a livello europeo per gruppi di prodotto/servizio, usando l'approccio "dalla culla alla tomba" (LCA - valutazione del ciclo di vita) che rileva gli impatti dei prodotti sull'ambiente durante tutte le fasi del loro ciclo di vita, iniziando dall'estrazione delle materie prime, dove vengono considerati aspetti volti a qualificare e selezionare i fornitori, passando attraverso i processi di lavorazione, dove sono gli impatti dell'azienda produttrice ad essere controllati, alla distribuzione (incluso l'imballaggio) ed utilizzo, fino allo smaltimento del prodotto a fine vita. Gli aspetti che sono analizzati, in particolare, sono il consumo di energia, l'inquinamento delle acque e dell'aria, la produzione di rifiuti, il risparmio di risorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione dei suoli. Tra gli elementi che hanno un maggior impatto negativo sull'ambiente vengono individuati i più rilevanti, e per ciascuno di essi sono stabiliti precisi limiti che non possono essere superati. E' escluso l'uso di sostanze che possono essere dannose per la salute umana. I criteri così definiti sono sottoposti ad una ampia consultazione in seno al Comitato dell'UE (CUEME) che è composto dagli Organismi competenti degli Stati membri, da rappresentanti delle ONG ambientaliste, da associazioni dei consumatori e dell'industria, da sindacati nonché da rappresentanti delle PMI e del mondo del commercio. Infine, i criteri devono essere sottoposti per l'approvazione alla Commissione delle Comunità Europee. Una volta adottati i criteri restano validi fino alla successiva revisione, che potrebbe renderli più restrittivi, in relazione al mercato e ai progressi scientifici e tecnologici, sempre al fine di migliorare le prestazioni ambientali del prodotto etichettato e di mantenere la selettività del marchio.

Quali sono i prodotti/servizi che oggi possono richiedere l'Ecolabel Europeo?

Attualmente possono richiedere l'Ecolabel europeo 23 gruppi di prodotti/servizi: calzature, tessili, lampadine, materassi, frigoriferi, detersivi (per lavastoviglie, per bucato, per stoviglie, multiuso e per sanitari), lavastoviglie e lavatrici, carta per copie, ammendanti, personal computer, carta per uso

Un Fiore è il simbolo dell'Ecolabel europeo che contraddistingue prodotti e servizia minor impatto ambientale. Per i produttori l'Ecolabel europeo può essere unaopportunità per poter dimostrare il loro impegno e la loro attenzione alleproblematiche ambientali in un mercato sempre più sensibile a queste tematiche.Per i consumatori è la via migliore per identificare e scegliere prodotti cherispettano l'ambiente.

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Allegato 1a IL CONSUMO CONSAPEVOLE

domestico, pitture e vernici, piastrelle, lubrificanti e i servizi di ricettività turistica e di campeggio. Sono in corso di definizione i criteri per i mobili e la carta stampata. Il numero di prodotti che hanno ottenuto l'Ecolabel europeo è in costante crescita in tutta Europa.

Per conoscere i dati aggiornati si può consultare http://www.emas-ecolabel.it/site/it-IT/Ecolabel/ (cliccare sulla sezione prodotti certificati)

Chi può richiedere l’Ecolabel europeo?

Le domande di assegnazione del marchio di qualità ecologica possono essere presentate da produttori, importatori, prestatori di servizi e distributori all'ingrosso e al dettaglio. I distributori possono presentare domanda solo per i prodotti che immettono in commercio contrassegnandoli con il proprio marchio.

Quali sono i vantaggi che possono derivare dall'Ecolabel Europeo?

L'Ecolabel costituisce un vantaggio competitivo legato all'aumento di visibilità sul mercato e all'allargamento del target clienti. Il marchio, infatti, dà la possibilità di avvalersi di un elemento distintivo, sinonimo di qualità ambientale e prestazionale, che può evidenziare il prodotto/servizio su tutto il mercato europeo e attirare il consumatore attento alla salvaguardia ambientale.

Al consumatore l'Ecolabel europeo garantisce che il prodotto:

• ha un minor impatto ambientale rispetto agli altri prodotti presenti sul mercato;

• è stato sottoposto a severissimi test per assicurarne le qualità ambientali e prestazionali;

Scegliendo prodotti/servizi Ecolabel, quindi, il consumatore contribuisce a migliorare l'ambiente, riceve un'informazione trasparente e credibile, acquista prodotti che non hanno componenti dannosi alla salute, e verificati da un Organismo indipendente.

Al produttore e al distributore l' Ecolabel europeo:

• consente di richiedere per i propri prodotti un marchio valido in tutti i Paesi europei;

• accresce la visibilità sul mercato nazionale ed europeo;

• dà una pubblicità aggiuntiva attraverso le campagne di promozione dell'UE e degli Stati membri, i siti web dedicati, etc.

Ultimo aggiornamento: 17/03/2005 fonte: APAT

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Buone pratiche BP0 QUALI BUONE PRATICHE REALIZZABILI DALLA SCUOLA?

QUALI BUONE PRATICHE REALIZZABILI DALLA SCUOLA?

1 ACQUISTI VERDI NELLA SCUOLA

[Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Buona Pratica BP2 “Gli acquisti verdi”]

2 COMPOST A SCUOLA

[Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda Buona Pratica BP4 “Il manuale sul compostaggio”]

3 RIDUZIONE DEI RIFIUTI NELLE MENSE SCOLASTICHE

[Per una descrizione più dettagliata si veda la Scheda D2b “La riduzione dei rifiuti e il sostegno all’assistenza” ]

[Per una descrizione più dettagliata si veda il testo “Linee guida per la riduzione dei rifiuti nei servizi mensa scolastici”]

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Scheda Buona Pratica BP1 GLI ACQUISTI VERDI

GLI ACQUISTI VERDI

Il settore degli approvvigionamenti pubblici rappresenta mediamente il 16% del PIL dell'UE (il 17% in Italia); le amministrazioni pubbliche quindi, con le loro spese, possono contribuire in modo sostanziale ad uno sviluppo sostenibile, svolgendo una funzione di esempio e di stimolo particolarmente significativo sia nei confronti dei loro utenti, i cittadini, sia nel rapporto con le imprese, riuscendo ad orientare il mercato.

La gestione ecologica degli acquisti pubblici (il cosiddetto “Green Public Procurement”, GPP) consiste nella possibilità di inserire criteri di qualificazione ambientale nelle ordinarie procedure di acquisto di beni e servizi delle Pubbliche Amministrazioni. Con questo termine quindi, si fa riferimento ad un sistema di acquisti di prodotti e servizi ambientalmente preferibili adottato dalle amministrazioni pubbliche che può giocare un ruolo fondamentale dal lato della domanda, per sostenere la produzione di beni e servizi ambientalmente preferibili e fungere da traino nel processo di orientamento delle scelte di consumo in chiave sostenibile.

L’importanza di questo tema è andata via via aumentando, affermandosi prima in atti di settore, quindi nella legislazione europea e spesso oggi viene affiancata, talvolta non in modo completamente corretto, al tema dell’utilizzo dei materiali di riciclo e dell’attuazione del Decreto Ministeriale n.203 del 2003 che, recependo una specifica indicazione del Decreto Ronchi, impone agli Enti pubblici di acquistare almeno il 30% dei beni di cui necessitano. tra prodotti provenienti dal riciclo.

Sebbene la categoria dei prodotti cosiddetti “verdi” e dei materiali riciclati, non sempre o solo parzialmente coincidano, entrambi gli aspetti si configurano come politiche di sostenibilità che non possono non essere perseguite in modo sinergico da una Pubblica Amministrazione.

Cos’e’ il Green Public Procurement

Per la maggior parte degli acquisti “istituzionali” esistono oggi alternative a minor intensità di risorse, meno inquinanti e meno dannose per la salute rispetto ai prodotti tradizionali.

Il cammino verso gli acquisti eco-compatibili è una realtà consolidata a livello di paesi industrializzati (Stati Uniti, Austria, Danimarca, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Australia), e si sta diffondendo anche in Italia.

La strategia europea, attraverso il Libro verde sulle Politiche Integrate di Prodotto e il VI Piano di Azione Ambientale ha recentemente contagiato anche la legislazione italiana (nazionale e regionale) e dato vita ad alcune esperienze locali.

Oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica, i consumatori e i produttori sulle responsabilità e impatti ambientali legati alle scelte di consumo e agli stili di vita, il Green Public Procurement agisce direttamente sul risparmio delle risorse (idriche, energetiche, di materia) e sulla minor produzione di rifiuti.

I principali vantaggi legati all’applicazione del GPP potrebbero essere così sintetizzati:

1.Segnale concreto di coerenza interna degli enti pubblici con gli obiettivi di politica ambientale

2.Sensibilizzazione dei consumatori

3.Indicazione ai fornitori di un percorso di miglioramento ambientale

4.Incremento della domanda di prodotti con basso impatto ambientale

5.Promozione della certificazione ambientale dei prodotti e dei sistemi produttivi

6.Agevolazione delle imprese eco-efficienti

Fattivamente l’introduzione di criteri di preferibilità ambientale avviene individuando le indicazioni tecniche, nelle procedure di acquisto di beni e servizi, basandosi su standard previsti nei marchi ambientali (con preferenza per l’ecolabel comunitario).

Il futuro della diffusione del GPP sarà principalmente legato all’evoluzione del contesto normativo e della trasparenza delle regole, alla disponibilità di prodotti ecologici alternativi e delle informazioni, alla sensibilità del settore pubblico, e alla priorità data a questo strumento nella politica ambientale.

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Scheda Buona Pratica BP1 GLI ACQUISTI VERDI

Cosa prevede il Decreto Ministeriale n.203 del 2003

E’ il decreto che sancisce l’obbligo da parte di enti pubblici (e società a prevalente capitale pubblico) di coprire con almeno il 30% di prodotti riciclati il proprio fabbisogno annuale di beni. Stabilisce altresì che le Regioni adottino disposizioni affinché gli uffici e gli enti pubblici, e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, adempiano a tale misura. Il tutto al fine di promuovere il mercato dei materiali recuperati da parte della Pubblica Amministrazione e dei soggetti economici.

Il decreto quindi definisce il materiale riciclato e le categorie di prodotto e individua i destinatari della norma, oltre ad istituire il Repertorio del Riciclaggio, tenuto e reso pubblico dall’Osservatorio dei Rifiuti, che contiene l’elenco dei materiali riciclati e l’elenco dei manufatti e beni in materiale riciclato, oltre ad indicare l’offerta, la disponibilità e la congruità del prezzo. Al fine di rendere operativo il Dm 2003/2003 il Ministero dell'Ambiente ha nel corso del tempo affidato a singole circolari le istruzioni da seguire per il corretto acquisto dei beni in relazione a ciascun settore merceologico.

IL PROGETTO ACQUISTI PUBBLICI ECOLOGICI. La Rete degli Acquisti Pubblici Ecologici in Provincia di Torino

La strategia provinciale di acquisti sostenibili nasce nell’ambito del Piano d’Azione per la Sostenibilità, scaturito dal processo di concertazione dell’Agenda 21 provinciale. Nell’ambito del primo asse strategico è previsto un obiettivo di promozione dei consumi più sostenibili e l’ampliamento delle attività economiche legate a prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione ambientale.

Il progetto APE (Acquisti Pubblici Ecologici), avviato nel 2003 con il supporto tecnico di ARPA Piemonte, ha permesso di sensibilizzare i funzionari degli uffici acquisti e ambiente di numerosi Comuni, Comunità Montane, del Toroc, di associazioni e di consorzi, che si sono impegnati, in una prima fase, ad utilizzare criteri ecologici nell’acquisto di beni e servizi per i propri uffici quali autoveicoli, mobili, attrezzature informatiche, carta per fotocopie e pubblicazioni, meeting di lavoro ecc.

I partner di progetto hanno quindi definito in modo concertato una politica di acquisti sostenibili, racchiusa in un Protocollo d’intesa per la promozione degli Acquisti Pubblici Ecologici che impegna all’introduzione nei propri acquisti dei criteri identificati negli allegati.

Nel corso del primo anno del progetto il volume degli acquisti “verdi” effettuati è stato di 4,5 milioni di euro, pari al 50% della spesa totale per i beni e i servizi suddetti. Il gruppo di lavoro istituito dal protocollo d’intesa si sta occupando anche di servizi, in particolare di ristorazione biologica, di servizi di pulizia e di energia-calore. Quest'ultimo tema è di forte attualità con l'entrata in vigore della direttiva sulla certificazione energetica degli edifici.

Il protocollo è sempre aperto a nuove sottoscrizioni.

Tutto il materiale è disponibile all’indirizzo:

http://www.provincia.torino.it/ambiente/agenda21/strategie/prodotti

http://www.buoneinpratica.it/acquisti/index.shtm

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Buone pratiche BP3 IL MANUALE SUL COMPOSTAGGIO

Il Manuale sul Compostaggio

Sintesi

1. Imitando la natura 2. Cosa Compostare 3. Una macchina biologica 4. Le 6 regole d'oro del compostaggio 5. E per completare... 6. Alcune indicazioni per l'impiego

1 Imitando la natura

Con il compostaggio vogliamo imitare i processi che in natura riconsegnano le sostanze organiche al ciclo della vita

In natura la sostanza organica prodotta e non più "utile" alla vita (foglie secche, feci, spoglie di animali, ecc.) viene decomposta dai microrganismi presenti nel terreno che la restituiscono al ciclo naturale. Le componenti meno degradabili rimaste costituiscono l'humus una vera e propria riserva di nutrimento per le piante data la capacità di liberare lentamente ma costantemente gli elementi nutritivi, assicurando la fertilità costante del suolo.

2 Cosa Compostare

SI ! POCO ! NO !

• avanzi di cucina, come residui di pulizia delle verdure, bucce, pelli, fondi di the e caffè

• scarti del giardino e dell'orto come legno di potatura, sfalcio dei prati, foglie secche, fiori appassiti, gambi,

• altri materiali biodegradabili, come carta non patinata, cartone, segatura e trucioli provenienti da legno non

• avanzi di cibo di origine animale (pesce, carne)

• piante resistenti alla degradazione p.es.: foglie di magnolia, lauroceraso, aghi di conifere, bucce di arancia)

• lettiere per i cani e gatti

• vetro

• pile scariche

• tessuti

• vernici

• manufatti in plastica o metallo

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Buone pratiche BP3 IL MANUALE SUL COMPOSTAGGIO

trattato. • farmaci scaduti

• carta patinata (riviste)

3 Una macchina biologica

il processo di compostaggio avviene in presenza di ossigeno, in contatto con l'aria: questa è la garanzia di una buona trasformazione e della mancanza di cattivi odori.

Il compostaggio è un processo naturale perché tutto il merito delle trasformazioni è di batteri "aerobici" e funghi presenti naturalmente nel terreno e negli scarti, che degradano e trasformano la sostanza organica. Tali batteri hanno bisogno per la loro vita dell'ossigeno presente nell'aria.

Per merito dell'attività batterica la temperatura del materiale aumenta: un aumento che può essere tale da ottenere l'effetto di eliminare i microrganismi dannosi (igienizzare) presenti negli scarti (tra questi anche gli agenti delle malattie delle piante).

4 Le 6 regole d'oro del compostaggio

1) Scegliere il luogo adatto Il cumulo va posto all'ombra d’estate: l'ideale sarebbe all'ombra di alberi che in inverno perdono le foglie, in modo che in estate il sole non possa essiccare il materiale, mentre in inverno i tiepidi raggi solari accelerino le reazioni biologiche.

2) La miscela ideale La miscela ideale dei materiali organici da compostare serve:

• a fornire in modo equilibrato gli elementi necessari all'attività microbica;

• a raggiungere l'umidità ottimale; • a garantire la porosità necessaria

ad un sufficiente ricambio dell'aria.

Un modo semplice per garantire un buon equilibrio è quello di miscelare sempre gli

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Buone pratiche BP3 IL MANUALE SUL COMPOSTAGGIO

scarti più umidi con quelli meno umidi. La "miscelazione" si può ottenere mediante la "stratificazione" alternata dei due gruppi di scarti (strati alti 5/10 cm).

3) La forma e la dimensione del cumulo.

Si può dare al cumulo una forma "a trapezio" durante l'estate (per assorbire gran parte delle piogge e sostituire l'acqua via via evaporata) Tendete invece al "triangolo" verso l'inverno per garantire lo sgrondo di gran parte delle piogge

4) L'ossigeno garantito dall'aria Occorre rivoltare periodicamente il materiale in modo da facilitare il ricambio di aria e garantire sufficiete porosità

Mai comprimere il materiale!

Per avere un idea sulla lunghezza del ciclo sul numero e frequenza dei rivoltamenti in cumuli con sufficiente porosità, si può consigliare:

inverno: 1 rivoltamento ogni 3-4 mesi estate: 1 rivoltamento ogni 2 mesi

5) Il controllo dell'umidità. L'umidità del cumulo tende a cambiare in conseguenza di piogge ed evaporazione. La giusta umidità si ottiene e mantiene:

• mediante una equilibrata miscelazione degli scarti;

• dando la conformazione appropriata al cumulo;

• evitando il ristagno dell'acqua in eccesso: alla base del cumulo mettete uno strato di 10/15 centimetri di materiale legnoso

• innaffiando se necessario.

6) il controllo della temperatura .

La temperatura del cumulo che si sta compostando dovrebbe innalzarsi sensibilmente all'inizio per la massiccia attivazione delle trasformazioni

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Buone pratiche BP3 IL MANUALE SUL COMPOSTAGGIO

microbiche (se la miscelazione è stata ben eseguita ed i microbi hanno a disposizione acqua ed elementi nutritivi in misura sufficiente); poi, man mano, dovrebbe diminuire ai livelli della temperatura ambiente, parallelamente alla diminuzione di intensità delle trasformazioni stesse.

5 e per completare...

Come evitare gli odori

Un compostaggio ben condotto non deve produrre odori sgradevoli. Se accade vuol dire che il sistema di trasformazione biologica che porta alla degradazione dello scarto organico si "inceppa", probabilmente per queste ragioni:

eccesso di azoto (basso C/N della miscela) e liberazione dello stesso in forma ammoniacale (odore di urina);

condizioni anaerobiche (cioè mancanza di ossigeno per scarsa porosità o eccesso di umidità) con putrefazioni e produzione di sostanze che producono odori.

Ecco le misure di prevenzione:

provvedete ad una giusta miscelazione degli scarti, sin dalla fase di accumulo, evitando sia gli eccessi di azoto (C/N equilibrato) che di umidità ed assicurando la porosità necessaria;

conferite e mantenete una giusta porosità nel materiale mediante una opportuna aggiunta di materiale "strutturante" (legno, foglie secche, cartone lacerato grossolanamente);

assicurate il drenaggio al "piede" del cumulo, con uno strato di fascine o trucioli di 10/15 centimetri;

rivoltate quando necessita (soprattutto in cumuli poco porosi) per rifornire di ossigeno l'interno del cumulo;

coprite eventualmente il cumulo con materiali "filtranti"; rispondono a questi requisiti i materiali con un'alta superficie reattiva, quali la terra (quella argillosa in particolare) e soprattutto il compost maturo.

6 Alcune indicazioni per l'impiego

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Buone pratiche BP3 IL MANUALE SUL COMPOSTAGGIO

In dipendenza dai tempi di compostaggio si distinguono essenzialmente tre tipi di compost:

Maturità Impiego compost fresco (2/4 mesi)

compost ancora in corso di trasformazione biologica. E' un prodotto ancora ricco in elementi nutritivi fondamentali per la fertilità del suolo e la nutrizione delle piante, grazie alla facilità con cui può rilasciare tali elementi nel corso delle ulteriori trasformazioni cui deve sottostare; evitate l'applicazione a diretto contatto con le radici perchè non è sufficientemente "stabile"; da impiegare nell'orto ad una certa distanza di tempo dalla semina o dal trapianto della coltivazione;

compost pronto (5/8 mesi)

compost già stabile in cui l'attività biologica non produce più calore; a causa delle trasformazioni più lente ha un effetto concimante meno marcato; possibile l'impiego per la fertilizzazione dell'orto e del giardino subito prima della semina o del trapianto;

compost maturo (12/18/24 mesi)

compost che ha subito una fase di maturazione prolungata; è il compost che possiede il minor effetto concimante, ma che presenta caratteristiche fisiche (grado di affinamento) e di perfetta stabilità, idoonee al contatto diretto con le radici e i semi anche in periodi vegetativi delicati (germinazione, radicazione, ecc.); indicato soprattutto come terriccio per le piante in vaso e per le risemine e rinfittimenti dei prati.

Fonte:Scuola Agraria Parco Monza

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Scheda didattica D0a CONOSCERE I RIFIUTI E TRASFORMARLI IN RISORSA

CONOSCERE I RIFIUTI E TRASFORMARLI IN RISORSA

Rifiuto è qualsiasi oggetto o sostanza di cui ci disfiamo: residui, scarti, avanzi, oggetti rotti o inutilizzabili, risultato delle attività domestiche o dei processi produttivi.

I rifiuti sono classificati, in base alla loro origine, in rifiuti urbani e speciali. I rifiuti sono anche suddivisi, in base alla loro pericolosità, in rifiuti pericolosi e non pericolosi.

La gestione dei rifiuti nella provincia di Torino

La raccolta differenziata significa:

1. Recupero e riutilizzo di “oggetti” per ridargli una nuova vita, un nuovo utilizzo;

2. Riciclo e “trasformazione” dei rifiuti in nuovi materiali: ri-plastica, ri-vetro, ri-metallo, ri-carta, etc. ma anche compost per i gerani …..

3. Recupero energetico; produrre da quanto non è in altro modo recuperabile, calore (per riscaldare le nostre case) ed energia elettrica.

Esisterà però sempre una parte di rifiuti che non riusciremo a riciclare, una parte che deve sempre più ridursi, che chiamiamo indifferenziato (o frazione residua della Raccolta Differenziata).

Questa frazione può essere trattata in due modi: mandandola in discarica, ovvero sprecando ancora, seppure in quantità minore di oggi, materia e spazio, oppure ricercando un ulteriore canale di valorizzazione.

Con percentuali di raccolta differenziata alte (oltre il 50%), il rifiuto residuo diventa un buon combustibile che può essere trasformato in energia elettrica e termica grazie agli impianti di termovalorizzazione.

Nella Provincia di Torino è prevista la realizzazione di un termovalorizzatore per la frazione residua del rifiuto prodotto nella Zona Sud, che sarà attivo nel 2010, e di un ulteriore impianto di trattamento termico dei rifiuti per la Zona Nord.

La termodistruzione dei rifiuti è un sistema diffuso in tutta Europa e con le attuali tecnologie non presenta rischi per la salute della popolazione; consente di ottenere energia elettrica per le abitazioni e le attività dei pressi della centrale e di ridistribuire il calore prodotto dalla combustione attraverso il teleriscaldamento, “spegnendo” centinaia di riscaldamenti privati, con il conseguente beneficio per la qualità dell’aria che respiriamo.

A questo punto il ciclo dei rifiuti può dirsi chiuso?

Non proprio, perché dal termovalorizzatore escono le ceneri della combustione (dal 10 al 20% del materiale “incenerito”, secondo la tecnologia utilizzata) che devono essere stoccate in una discarica, che a differenza di quelle che conosciamo ha volumi decisamente più contenuti e non produce né cattivi odori né rischia di inquinare il suolo con infiltrazioni di percolato.

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Scheda didattica D0a CONOSCERE I RIFIUTI E TRASFORMARLI IN RISORSA

NON UTILIZZABILI

RIFIUTI INDUSTRIALI

MATERIE PRIME

INDUSTRIE

PRODOTTI SOTTOPRODOTTI

UTILIZZABILICONSUMATORI

RIFIUTI SOLIDI URBANI: RACCOLTA DIFFERENZIATA

RIFIUTI SOLIDI URBANI: FRAZIONE

RESIDUA

TERMOVALORIZZATORE SUD

TERMOVALORIZZATORE NORD

DISCARICA

SCORIE E CENERI RECUPERO DI ENERGIA

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Scheda didattica D0b LE TIPOLOGIE E I QUANTITAVI PRODOTTI

LE TIPOLOGIE E I QUANTITAVI PRODOTTI

I rifiuti sono classificati:

in base alla loro origine

in base alla loro pericolosità:

RIFIUTI URBANI (RU) All'interno della categoria dei rifiuti urbani (RU) rientrano:

- i rifiuti domestici, provenienti dalle abitazioni;

- i rifiuti provenienti dalla pulizia delle strade e di aree pubbliche, dalle attività di commercio, dai servizi di pulizia del territorio e dei giardini (taglio dell'erba e potature), dalle spiagge di laghi e mari, dalle rive dei fiumi;

- i cosiddetti rifiuti ingombranti (elettrodomestici vecchi, mobili ecc.)

RIFIUTI SPECIALI La definizione comprende:

i rifiuti derivati da lavorazioni industriali, attività agricole, artigianali, commerciali e dei servizi;

i rifiuti di ospedali;

i materiali provenienti da scavi, demolizioni e costruzioni;

macchinari e apparecchiature dismesse;

veicoli, motori e loro parti; residui del trattamento dei rifiuti stessi.

All’interno di questa categoria ricadono anche i rifiuti pericolosi che sono quelli che contengono sostanze tossiche o nocive per l’uomo e per l’ambiente, come per esempio batterie, pile, farmaci, oli usati o pannelli contenenti amianto.

La situazione italiana

La quantità di rifiuti prodotti in Italia è in continuo aumento: la produzione dei rifiuti urbani è aumentata di oltre il 20% nell’arco di nove anni, passando dai 25 milioni di tonnellate del 1995 a oltre 31 milioni di tonnellate nel 2004. Ai rifiuti di origine domestica poi occorre aggiungere i cosiddetti rifiuti speciali, quali per esempio i fanghi di depurazione delle acque, gli ospedalieri, quelli di origine industriale o derivanti dalle demolizioni edili o inerti.

Sommando tutte le tipologie di rifiuti nel 2003 la produzione totale in Italia ammonta a 131 milioni di tonnellate, di cui circa 31 di rifiuti urbani, 58 di rifiuti speciali e 42 di rifiuti inerti.

La situazione della Provincia di Torino

In particolare per la Provincia di Torino nel 2004 la produzione complessiva di rifiuti urbani è aumenta del 3,4% per effetto dell’aumento della popolazione infatti la produzione pro-capite resta costante, mentre il rifiuto indifferenziato conferito a discarica diminuisce del 5,7%, il quantitativo di rifiuti raccolti in modo

Rifiuti urbani

Rifiuti speciali

Rifiuti pericolosi

Rifiuti non pericolosi

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Scheda didattica D0b LE TIPOLOGIE E I QUANTITAVI PRODOTTI

differenziato aumenta del 28%. La percentuale di raccolta differenziata, nell’intera provincia, raggiunge il 31,2%, al di sotto dell’obiettivo del 35% che il decreto Ronchi poneva al 2003.

La produzione pro-capite di rifiuti urbani rappresenta un importante indicatore di sostenibilità ambientale: per questo motivo si propone un raffronto fra il dato della Provincia di Torino e quelli della Regione Piemonte, dell’Italia, nonché con il dato medio dell’Unione Europea. Da questo confronto si evidenzia che il dato provinciale supera il dato medio regionale mentre è più basso rispetto al dato nazionale.

Produzione RU pro-capitekg/ab/a

Provincia Torino Piemonte Italia

1996 427 423 452

1997 435 446 463

1998 453 447 466

1999 480 468 492

2000 497 476 501

2001 503 494 516

2002 510 504 521

2003 521 504 524

2004 523 n.d. n.d.

I dati relativi alle medie italiane sono tratti da “Rapporto Rifiuti 2003” dell’ONR, nello stesso e’ riportato il valore medio europeo registrato all’anno 1999 e pari a 540Kg/ab/a.

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti la composizione merceologica media dei rifiuti urbani in Italia nel 2000 è stata la seguente:

COMPOSIZIONE MEDIA DEI RIFIUTI URBANI

Materiale % sul totale

Carta 24%

Plastica 11%

Vetro 8%

Legno 4%

Metalli 4%

Organico 33%

Tessili 3%

Altro 13%

Totale 100%

Fonte: Rapporto sulla gestione dei rifiuti, Osservatorio nazionale sui rifiuti (2003)

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Scheda didattica D1a IL CONSUMO CONSAPEVOLE

La prevenzione nella produzione di rifiuti - IL CONSUMO CONSAPEVOLE

La prima azione da fare per ridurre i rifiuti consiste nel non acquistarli. Responsabili del continuo aumento di rifiuti sono in parte i consumatori che con le loro scelte durante gli acquisti privilegiano prodotti usa e getta ed acquistano imballaggi di cui presto si disfano facendoli diventare rifiuti.

Come è possibile migliorare le nostre abitudini di acquisto? E’ importante osservare la spesa al rientro nelle nostre case per verificare le differenze tra i vari tipi di prodotti in relazione al loro confezionamento e alla quantità di scarto che produciamo già prima del consumo. Infatti, quasi la metà dei nostri rifiuti, (50-60% in volume) è rappresentata da bottiglie, flaconi, sacchetti vari, scatole, vassoi, che non si riciclano e creano comunque problemi nello smaltimento finale.

Dobbiamo inoltre verificare quanti prodotti ecologici e facilmente riciclabili abbiamo acquistato.

Alcuni suggerimenti per ridurre i rifiuti durante la spesa

Usiamo una borsa di cotone, anziché i sacchetti in plastica. Qualora questo non sia possibile riutilizziamo più volte gli shopper in plastica.

Preferiamo i vuoti a rendere, meglio il vetro che le bottiglie in PET o le lattine in alluminio o il poliaccoppiato del latte o dei succhi.

Cerchiamo i prodotti in tubetto senza scatola di cartone per dentifrici, salse, ecc.

Non acquistiamo prodotti “usa e getta” (penne, accendini, macchine fotografiche, stoviglie di plastica, rasoi, ecc…).

Acquistiamo prodotti con minore imballaggio, possibilmente prodotto con materiale recuperato; preferibilmente in carta o legno piuttosto che polistirolo e altre plastiche non riciclabili.

Scegliamo imballaggi biodegradabili o recuperabili.

Scegliamo le uova in confezioni di cartone (che butteremo in modo differenziato).

Acquistiamo pile ricaricabili o preferiamo la corrente elettrica.

Preferiamo le ricariche flosce per i detersivi.

Impariamo ad usare i dispenser o distributori alla spina (che in taluni casi esistono già nei supermercati).

Dove possibile prima di cambiare un prodotto elettrico, ripariamolo.

Preferiamo le confezioni famiglia a quelle mono-dose.

Orientiamoci su prodotti concentrati.

Preferiamo frutta e verdura fresca non preconfezionata.

Preferiamo prodotti con il marchio Ecolabel

Non gettiamo indumenti, mobili, oggetti vecchi ancora utilizzabili, ma regaliamoli ad associazioni di solidarietà

A scuola

Evitiamo lo spreco di carta, usando carta di recupero per appunti.

Fotocopiamo su ambo i lati.

Usiamo fogli, quaderni, su carta riciclata e penne in mater-bi.

Pratichiamo gli Acquisti Verdi

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Scheda didattica D1b LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI E IL SOSTEGNO ALL’ASSISTENZA

LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI E IL SOSTEGNO ALL’ASSISTENZA

Ridurre gli sprechi alimentari, diminuire la produzione di rifiuti organici, sostenere gli enti assistenziali sono i tre obiettivi che Legge n.155 del 2003 (Disciplina della distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale), meglio nota come legge del "buon samaritano” consente di perseguire. Tale provvedimento prevede la possibilità di distribuire agli indigenti le grandi quantità di cibo inutilizzato che mense scolastiche e aziendali, ristoranti e supermercati erano, fino ad oggi, costretti a distruggere. Più precisamente, chi vuole donare il surplus di cibo destinato alla distruzione, può farlo attraverso le organizzazioni preposte, senza l’obbligo di fornire garanzie anche dopo la consegna alle organizzazioni, sul corretto stato di conservazione, il trasporto, il deposito e l'utilizzo degli alimenti.

La legge, in pratica, consente a tutte le ONLUS che operano a fini di solidarietà sociale di recuperare gli alimenti non consumati nel circuito della ristorazione organizzata o in prossimità di scadenza nella grande distribuzione, in favore degli enti assistenziali. Un aiuto ai meno abbienti e un favore all’ambiente, visto che tali generi alimentari, seppur ancora in buono stato di conservazione, sarebbero altrimenti finiti in discarica.

Un esempio già realizzato: il recupero di alimenti delle scuole elementari del Comune di Torino

L’iniziativa attivata dal Comune di Torino nel 2004 permette di recuperare tutto il pane e la frutta non somministrati agli alunni delle scuole elementari comunali per destinarli ad enti assistenziali.

Nel primo anno di realizzazione i risultati sono stati lusinghieri: da gennaio a giugno 2005 sono stati infatti recuperati complessivamente 18.330 kg di prodotti, così suddivisi: 11.260 kg di pane e 7.070 kg di frutta.

La Città di Torino, considerato l’esito positivo, ha deciso di riprendere tale iniziativa, anche per l’anno scolastico in corso.

Le ditte fornitrici dei pasti alle 120 scuole elementari torinesi raggiunte dal servizio del Comune (Camst scrl e Sorico spa, Eutourist spa) raccolgono pane e frutta non portata a tavola e la Sotral srl li riporta presso i cinque centri di cottura.L’Amiat si occupa del trasporto successivo, dai centri di cottura agli enti assistenziali. Data l’esperienza e la missione sociale, Amiat ha affidato l'incarico al Banco Alimentare del Piemonte e della Valle d'Aosta, quale ONLUS in grado di garantire un servizio quotidiano e affidabile in questo ambito.

Gli enti assistenziali torinesi che usufruiscono di questo importante servizio, individuati dall’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Torino, sono la Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo, i Servizi Vincenziani, la chiesa di Sant’Antonio da Padova e la parrocchia di S. Luca.

Un esempio già realizzato: il recupero delle derrate alimentari da Auchan di Torino

E’ inoltre in corso il recupero delle derrate alimentari non più vendibili, ma ancora commestibili provenienti da supermercati e ipermercati. La sperimentazione ha coinvolto Auchan al fine di ritirare le derrate in scadenza. Il progetto prevede quindi lo sviluppo di un sistema di cessioni gratuite di derrate alimentari ancora commestibili, ma non più utilizzabili per scopi commerciali, come i prodotti prossimi alla scadenza, quelli rimasti invenduti o quelli inseriti in imballi rovinati.

L'obiettivo è dunque quello di coinvolgere in futuro altre catene commerciali e di ristorazione, mense aziendali, non soltanto comunali, aziende alimentari ed altri soggetti produttori di derrate in surplus, realizzando un circolo virtuoso utile all'intera collettività.

L'Amiat è pronta ad accompagnare qualsiasi ente pubblico o privato che voglia recuperare le proprie derrate avanzate e desideri destinarle in beneficenza a organizzazioni senza scopo di lucro per la somministrazione in sicurezza agli indigenti.

Per maggiori informazioni: [email protected]

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Scheda Didattica D2 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLAGGIO

IL RICICLAGGIO e/o RIUTILIZZO: il passaggio da rifiuto a risorsa.

La continua crescita dei rifiuti, soprattutto nei paesi industrializzati, ha portato ad affrontare non solo il problema della loro eliminazione, ma anche quello di un riutilizzo delle sostanze utili che essi contengono, data la nuova consapevolezza che le materie prime sono destinate ad esaurirsi.

Per riciclaggio si intende la selezione ed il recupero diretto di diverse sostanze dalla massa dei rifiuti.

Il recupero, come alternativa alla distruzione, presenta vantaggi economici, offre una maggiore salvaguardia ambientale e permette risparmi energetici.

a) vantaggi economici: tutto ciò che si ricicla diventa fonte di guadagno, invece che di spesa per il suo smaltimento;

b) salvaguardia ambientale: con il recupero diminuisce il ricorso alle materie prime vergini: ciò limita l'intervento distruttivo dell'uomo sulla natura.

c) risparmi energetici: risulta molto meno dispendioso lavorare risorse di recupero piuttosto che le analoghe materie vergini.

I rifiuti che ci riguardano più da vicino sono i rifiuti urbani, e in particolare quelli prodotti in casa, a scuola o in ufficio; è quindi opportuno imparare a classificarli, per poter mettere in pratica la raccolta differenziata, indispensabile per una loro corretta e sostenibile gestione.

LA CARTA

La carta deriva dalla cellulosa, il materiale di cui è composta la membrana esterna delle cellule degli organismi vegetali. La cellulosa per la produzione della carta si ottiene dal legno e, per avere un’idea delle quantità, per produrre una tonnellata di carta da cellulosa vergine sono necessari all’incirca 15 alberi. Per la maggior parte, circa il 75%, la carta prodotta finisce in libri, giornali, riviste e solo il rimanente 25% serve a confezionare e imballare.

Buttare la carta usata è uno spreco, perché molte sono le motivazioni che ci devono spingere al riciclo:

1) Salvaguardia ambientale: rispetto del patrimonio boschivo: per produrre una tonnellata di carta non occorre nessun albero. Oltre a salvaguardare il patrimonio forestale e boschivo del nostro pianeta si riducono anche alcuni rischi e danni derivanti dal disboscamento, come dissesti idrogeologici, alluvioni, desertificazioni, impoverimento della fauna, alterazioni climatiche; riduzione del tasso di inquinamento: la produzione di carta, partendo dal legno, comporta procedimenti di lavorazione che utilizzano grandi quantità d'acqua (per produrre 1 Kg di carta partendo dalla cellulosa, sono necessari 440 litri di acqua); dopo il ciclo di lavorazione vi è quindi uno sversamento di acqua fortemente inquinata; nei processi di produzione di carta riciclata, il fabbisogno di acqua è solo 1,8 litri.

2) Vantaggi economici: tutto ciò che si ricicla diventa fonte di risparmio invece che di costo per il suo smaltimento: vantaggio per l'economia nazionale, dovuto alla riduzione dell'importazione dall'estero di legno, cellulosa, pasta di carta.

3) Risparmio energetico: come abbiamo visto prima per produrre 1 Kg di carta partendo da un albero, si consumano circa 6,7 kwh; se invece si parte dalla carta da macero, sono sufficienti 2,7 Kwh.

Cosa si può riciclare: tutti i prodotti cartari o cartotecnici come libri, giornali, riviste, quaderni usati, fogli scritti o disegnati, scatole vuote, cartoncini e cartoni di ogni tipo, documentazione di archivi, registri, tabulati etc.

Cosa si deve scartare: bicchieri e piatti di carta plastificata, contenitori per il latte o bevande (anche se in realtà alcuni comuni raccolgono in maniera differenziata insieme alla carta anche questo tipo di rifiuti), carta carbone, carta vetrata, carta bitumata, carta plastificata, carta stagnola, carta paraffinata, carta oleata ed in genere la carta accoppiata con un qualsiasi altro materiale, la carta sporca o unta.

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Scheda Didattica D2 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLAGGIO

IL VETRO

Il vetro è il materiale che apparentemente presenta i minori problemi ambientali tra tutti i componenti dei rifiuti urbani. La materia prima per la produzione del vetro, cioè i materiali silicei, sembrava negli anni scorsi piuttosto abbondante e il suo recupero quindi si è perso gradualmente (soprattutto negli anni ’80 e ’90) con la pratica del "vuoto a perdere" dei contenitori di bevande.

Al contrario, anche alla luce dell’obiettivo di riduzione delle materie prime prelevate in natura e di energia consumata per la produzione del vetro, occorre ribaltare questa logica, incentivando la sua raccolta differenziata, provando addirittura a riaffermare, laddove possibile, il concetto di "vuoto a rendere".

Se si ricicla il vetro…

Per produrre vetro occorrono: Silice, Soda, Carbonato di Calcio e una temperatura di fusione di 1500°C per portare il materiale a fusione e produrre appunto il vetro.

Per produrre vetro con uguali quantità di materia prime e vetro di recupero si risparmia: metà del fabbisogno di materia prima; un terzo di energia in quanto la temperatura di fusione è più bassa e si riducono di molto le emissioni in atmosfera.

Oggi in Italia il riciclaggio e riutilizzo del vetro permette di coprire all’incirca il 60% delle bottiglie prodotte e reimmesse nel mercato.

I vantaggi della raccolta differenziata del vetro sono simili a quelli evidenziati per la carta:

1) Risparmi energetici: il processo di produzione di vetro richiede in genere 6,3 Kwh di energia per Kg, mentre la trasformazione del rottame abbisogna solo di 3 Kwh per Kg.

2) Salvaguardia ambientale: meno combustibile usano le vetrerie (per 1 Kg di vetro nuovo occorrono 500 g di petrolio, per 1 Kg di vetro riciclato ne occorrono solo 350 g), minori sono le scorie e i fumi tossici da esse prodotti. Il recupero del vetro permette poi un risparmio nell'estrazione della sabbia. La tutela delle cave da sabbia diviene rilevante dal momento che tale materiale concorre con il 65% della sua composizione.

3) Vantaggi economici: con il vetro si è in grado di recuperare contenitori riutilizzabili, progettati per essere impiegati in numerosi cicli d'uso. Attualmente il recupero annuo è stimato in 8,6 Kg procapite, corrispondente ad un 23% del vetro a rifiuto. Anche se l'Italia è al 3° posto, dopo Germania e Francia come quantità di vetro recuperato, le circa 500 mila tonnellate recuperate annualmente sono poche rispetto a quelle che ogni anno finiscono tra i RU, prevalentemente in discarica.

L’ALLUMINIO

L'alluminio si estrae dalla bauxite, una roccia residuale sempre più rara e i processi indispensabili per l’estrazione e per la produzione del metallo puro sono molto tortuosi e soprattutto costosi. E' leggero, non si ossida, dunque, è un materiale eccellente ed indispensabile in tantissimi campi, ma come tutte le risorse non è inesauribile.

Se si riciclano le lattine...

Con 800 lattine si costruisce una bicicletta completa di accessori, con 3 si fa un paio di occhiali e tutte le caffettiere italiane sono prodotte a partire da alluminio riciclato.

Inoltre il riciclaggio dell’alluminio permette di ridurre di molto l’impatto ambientale legato alle grosse miniere a cielo aperto di bauxite: per 1 Kg di alluminio occorrono infatti 4 Kg di bauxite; si risparmia nell'importazione di bauxite; si risparmia nell'importazione di rottami di alluminio (importiamo dalla Francia il 50% dell'alluminio che ci è necessario); inoltre anche il risparmio energetico legato alla produzione di alluminio secondario è notevole: per produrre 1 kg di alluminio dalla bauxite servono circa 14 kWh, mentre per ottenere la stessa quantità di metallo dal rottame si utilizzano solo 0,7 kWh. La principale fonte di alluminio da riciclare sono gli imballaggi e i rottami delle auto.

Ad oggi CiAl (Consorzio Imballaggi Alluminio, www.cial.it) mediante convenzioni coi comuni italiani (40% a nord, 35% al centro e 56% al sud), ha raggiunto e superato l’obiettivo di raccolta del 52% di alluminio immesso al consumo. Il mercato del recupero non solo svolge un ruolo fondamentale nell’approvvigionamento di materie prime secondarie alle fonderie (senza intaccare le risorse naturali ed evitando inutili depositi in discarica) ma garantisce al paese anche la possibilità di disporre di una materia prima di elevato valore da esportare (svincolando così l’Italia dall’importazione di alluminio primario).

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Scheda Didattica D2 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLAGGIO

LE MATERIE PLASTICHE

Le materie prime impiegate nella preparazione della plastica sono diverse; oltre alle resine naturali e alle sostanze proteiche, oggi vengono usati essenzialmente i derivati della cellulosa e le resine sintetiche ricavate dal petrolio e dal metano. A questi prodotti fondamentali vengono aggiunti materiali ausiliari che hanno particolari funzioni (rinforzanti, coloranti, antiadesivi, solventi, induritori, etc.)

Le varietà merceologiche della plastica (polietilene, polipropilene, poliuretano, polistirene, cloruro di polivinile - Pvc, etc.), anche in uno stesso manufatto, creano qualche difficoltà per il recupero di materia, ma riciclarla a livello industriale è realtà già da diversi anni. Per avere idea delle varietà di plastica presenti sul mercato e dei loro usi ecco alcuni esempi: il polietilene (Pe) viene utilizzato soprattutto per la produzione di sacchetti, pellicole e imballaggi; il polipropilene (Pp) viene utilizzato dalla moquette ai mobili; il cloruro di polvinile (PVC) viene utilizzato per le applicazioni industriali, per l’edilizia e viene sintetizzato attraverso dei processi chimici che producono sostanze altamente tossiche come il mercurio, le diossine e i furani; il polietilentereftalato (PET) è il materiale che costituisce tanto le bottiglie dell’acqua minerale, quanto i nastri delle videocassette; il polistirene (Ps), meglio conosciuto come polistirolo, viene utilizzato soprattutto negli imballaggi;

Riciclare la plastica…

I vantaggi che le materie plastiche presentano, come l'alta resistenza, il basso peso, hanno una contropartita molto pesante: la loro eliminazione.

1) Nelle discariche occupano uno spazio enorme perché non si degradano. In Italia circa il 30% del volume dei rifiuti è costituito dalla plastica.

2) Negli inceneritori, in caso di malfunzionamento dell’impianto, alcuni tipi di plastica (quelle contenenti cloro soprattutto) possono produrre sostanze molto pericolose come la diossina; altre sono colorate con sostanze velenose che si diffondono facilmente nell'ambiente.

Il processo di riciclaggio dei prodotti plastici può realizzarsi secondo 3 filoni:

a) riutilizzo (rigenerazione dello stesso prodotto presente nei rifiuti urbani);

b) riciclaggio (produzione di manufatti diversi rispetto a quelli di partenza);

c) recupero di energia (incenerimento dei rifiuti plastici per ricavarne calore ed energia).

Rinunciare alla plastica non è certo facile ma è indispensabile limitarne l'uso ai prodotti assolutamente necessari, che dopo l’uso devono comunque essere avviati al riciclaggio!

Anche se la riutilizzazione di materia seconda prodotta a partire dai gli RU non è ancora così scontata, il riutilizzo degli scarti di produzione industriale della plastica avviene da molto tempo, pertanto sono molte le sperimentazioni che si sono attuate soprattutto per migliorare gli interventi di separazione dei diversi tipi di plastica subito dopo la raccolta. Infatti questo è un passaggio fondamentale dal momento che la qualità del prodotto che si ottiene dai processi di trattamento varia molto a seconda se si parte da un solo tipo di plastica oppure se il materiale che subisce il processo ha una composizione mista. Ad esempio a partire dal PET si producono maglioni o moquette (dopo che il materiale di origine è stato ridotto in fiocchi), mentre dal Pe si ottengono nuovi contenitori. Mentre con il riciclaggio del PVC si ottengono materiali utilizzati nell’edilizia e nella casa (tubi, condutture…). Comunque anche le materie seconde prodotte a partire da materiale plastico indifferenziato possono essere poi riutilizzate. Infatti le plastiche eterogenee trovano ad esempio impiego negli arredi urbani, nella cartellonistica stradale o nella pavimentazione delle piste ciclabili.

I RIFIUTI ORGANICI

Un buona percentuale dei nostri rifiuti (oltre il 35%) è costituita da sostanza organica. Smaltita nelle discariche dà luogo a processi di fermentazione in carenza di ossigeno producendo il maleodorante biogas (fondamentalmente costituito da metano e anidride carbonica), mentre sottoposta a trattamento biologico aerobico può essere trasformata in "compost".

Il processo di compostaggio consiste nel sottoporre la frazione organica dei rifiuti a fermentazione aerobica fino a trasformarla in una sorta di terriccio, chiamato compost, inodore e con proprietà ammendanti, regolatrici della struttura dei terreni agricoli.

Il compost potrebbe sostituire, con enormi vantaggi, i concimi chimici e ridare fertilità a terreni impoveriti, dal momento che nessun fertilizzante chimico potrà mai surrogare la perdita di humus. Ecco perché è

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Scheda Didattica D2 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLAGGIO

importante "chiudere il cerchio" attraverso il reintegro, nel suolo, della sostanza organica asportata con le coltivazioni.

L'impiego di compost in agricoltura ha sicuramente vantaggi economici.

Un buon compost può avere un prezzo di vendita inferiore a quello dei concimi chimici. Senza considerare poi i benefici legati al minor uso di concimi chimici in agricoltura. L'uso di tali prodotti, in particolare i concimi azotati, provoca notevoli danni al terreno. Il 50% dell'azoto contenuto in tali prodotti viene in genere asportato e sottratto alla fertilizzazione, con conseguente eutrofizzazione dei corsi d'acqua e delle zone costiere.

Sarebbe molto semplice ed economico organizzare raccolte di sostanza organica almeno presso le grandi utenze, come i mercati, le mense o i grandi servizi di ristoro.

PILE E BATTERIE

La raccolta differenziata di pile e batterie, come quelle di medicinali scaduti e oli, risponde ad una logica diversa rispetto a quella della raccolta di altre componenti dei rifiuti urbani. Infatti, mentre gli imballaggi e la frazione organica vengono selezionati per diminuire la massa dei rifiuti da smaltire in discarica o negli inceneritori e per averne un ricavo dal riciclaggio, il recupero di pile, batterie, medicinali scaduti e oli ha lo scopo di sottrarre dai rifiuti, prima delle operazioni di smaltimento, sostanze che hanno un forte potere inquinante.

Le pile si suddividono in batterie primarie o pile a secco e batterie secondarie o accumulatori. Le pile a secco costituiscono tutte le pile di piccolo formato utilizzate comunemente per un gran numero di apparecchi elettrici. Le batterie ricaricabili o secondarie sono quelle di avviamento al piombo per autoveicoli e gli accumulatori nichel/cadmio o simili.

Prima che entrasse in vigore la legge 441 del 29/10/1987 le pile venivano incenerite o interrate nelle discariche assieme ai rifiuti urbani, con gravi danni ambientali, dal momento che esse contenevano diversi metalli, come mercurio, cadmio, litio, zinco, manganese, ferro, piombo, oltre a una quantità non trascurabile di acido solforico. Oggi stiamo assistendo ad una progressiva diminuzione di utilizzo di questi metalli: il cadmio non viene più utilizzato dal 1993, l'apporto di mercurio si è ridotto con il tempo fino alla sua completa sostituzione.

MEDICINALI

I farmaci sono classificati come rifiuti "pericolosi". Lo smaltimento differenziato dei farmaci è necessario per una corretta eliminazione dei principi attivi contenuti nei medicinali.

L'uso della discarica è sconsigliabile poiché, oltre a dar luogo a biogas, possono formarsi prodotti volatili e si rende necessario un trattamento del percolato. L'uso dell'inceneritore è possibile solo in impianti adeguati.

E' impossibile dire quanti farmaci vengono gettati (sicuramente molti, data la pessima abitudine di comprarne più di quanti se ne usino).

Il recupero di medicinali scaduti previene un inquinamento all'ambiente e costituisce quindi un risparmio economico che deve iniziare ad essere considerato, per evitare i consueti, parziali ed assai costosi interventi tardivi.

OLII MINERALI E DI CUCINA

L'olio minerale esausto, ovvero l'olio usato per il funzionamento dei motori, contiene scorie che, se bruciate in maniera non controllata, sviluppano fumi e gas tossici. Lo sversamento incontrollato causa inquinamento delle acque e del terreno.

Se si recuperano gli oli…

1) si evita l'inquinamento di acque superficiali e sotterranee e dei suoli;

2) si ottiene un gran risparmio di petrolio (da cui derivano) e quindi di risorse e di denaro.

L'olio alimentare già utilizzato, generalmente residuo di fritture, viene già raccolto separatamente in diverse città estere ed anche in qualche comune italiano. L'olio gettato nel lavandino crea notevoli problemi al depuratore posto all'estremità della fognatura prima dello scarico in un corpo idrico ricettore.

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Scheda Didattica D2 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLAGGIO

Comincia a farsi strada la raccolta differenziata dell’olio da cucina presso le grandi utenze (friggitorie, ristoranti, alberghi, mense, etc.) e mentre ancora non è molto diffusa quella a servizio dei cittadini presso le isole ecologiche. Può essere usato, mescolandolo a grassi bovini, per varie produzioni tra cui quella del sapone o in altri casi per la produzione di biodiesel.

GLI IMBALLAGGI

All'interno del problema rifiuti merita una riflessione a parte la questione imballaggi. Il problema degli imballaggi sta diventando centrale per l'ambiente: circa il 50% in volume e in peso dei rifiuti urbani prodotti nel nostro Paese è costituito da rifiuti da imballaggio.

Il settore industriale, da quello alimentare al chimico fino ad arrivare al settore igienico sanitario e di bellezza, investe capitali ingenti per attirare l’attenzione del consumatore, abbellendo i contenitori dei prodotti, andando molto oltre gli obiettivi per i quali l'imballaggio è stato originariamente pensato. Poco importa se conseguentemente il costo del prodotto lievita, visto che il prezzo della confezione è in genere ricaricato sul costo complessivo dell’oggetto in vendita. Quello che invece non viene recuperato è il maggior costo dovuto al consumo di materie prime per produrre carta, cartone, plastica, alluminio, vetro, cellophane, etc. e alle modalità di smaltimento dell’imballaggio stesso.

Una trentina di anni fa, la maggior parte dei prodotti alimentari veniva posta in vendita sfusa. Oggi, invece, quasi tutti i prodotti alimentari si presentano confezionati. La confezione è importante: protegge il prodotto e ne garantisce l'igienicità, permette di informare il consumatore su ciò che acquista, agevola nell'acquisto e assicura un rapido e sicuro trasporto.

Ma l’eccessiva produzione di materiali da imballaggio provoca anche molti problemi ambientali, sia al momento della produzione che dello smaltimento: maggiori consumi di energia e di emissioni inquinanti, impatto sull'ambiente di discariche e inceneritori.

Quali rimedi si possono proporre per portare l'uomo a sfruttare i benefici della nuova società senza subirne gli svantaggi? Non è pensabile un ritorno all'antico, ad una vita semplice a contatto con la natura; non è pensabile di presentare la società dei consumi in contrapposizione con la società contadina. Sul problema degli imballaggi occorre capire che il contenuto è più importante del contenitore o, ancora meglio, che il prodotto è più importante della confezione. Occorre sensibilizzare e indirizzare il cittadino all'acquisto di prodotti che seguano una politica più attenta nei confronti dell'ambiente e quindi anche con il quantitativo giusto di imballaggi. Dal 1997, anno di approvazione del decreto Ronchi, l’industria di produzione degli imballaggi è stata obbligata a consorziarsi, costituendo il Conai, Consorzio nazionale imballaggi (www.conai.org). Sono ormai più di 1.400.000 le aziende consorziate nel Conai. I produttori di imballaggi pagano una quota annuale al Consorzio che reinveste questo denaro per retribuire le amministrazioni locali che con le raccolte differenziate hanno recuperato i rifiuti da imballaggio. Che in questo modo tornano a chi li ha prodotti, garantendo di fatto il loro recupero e riciclaggio.

I RI-PRODOTTI

Con questo termine vengono indicati tutti quei prodotti ottenuti da materiali riciclati. Tra i principali ri-prodotti troviamo i materiali per ufficio come la carta, le cartucce da stampante rigenerate e i mobili in legno riciclato, ma anche il terriccio per il verde pubblico ottenuto dal compostaggio dei rifiuti organici, l'arredo urbano fatto in plastica riciclata, i residui di demolizioni edili da usare per costruire le strade, ecc.

Attorno ai Ri-prodotti si è sviluppato un sistema di imprese che fanno del recupero e del riutilizzo la loro attività. E’ il caso ad esempio delle biciclette prodotte dall’alluminio ricavato dal riciclaggio delle lattine o degli indumenti in “pile” ricavati dal Pet delle bottiglie di plastica dell’acqua minerale. Ci sono poi industrie che, a partire dal riciclaggio dei rifiuti, hanno creato anche nuovi materiali.

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ANNO 2006 La sfida dei rifiuti

Conoscere il tema dei rifiuti, le tipologie dei rifiuti, i metodi di raccolta. Stimolare la raccolta differenziata, la riduzione dei rifiuti, il consumo consapevole. Realizzare le buone pratiche, coinvolgendo le scuole che possono essere di esempio per altre realtà locali.

Schede approfondimento Schede didattiche Allegati Le Buone pratiche D0a Conoscere i rifiuti e trasformarli in risorsa

A0 Introduzione: i consumi e la produzione di rifiuti D0b Le tipologie di rifiuti e i

quantitativi prodotti

BP0 Quali Buone pratiche realizzabili dalla scuola?

D1a Il consumo consapevole All1a Il consumo consapevole - Cos’è l’Ecolabel A1 La Prevenzione nella produzione

dei rifiuti D1b La riduzione dei rifiuti e il sostegno all’assistenza

BP1 Gli acquisti verdi

Linee guida per la riduzione dei rifiuti prodotti dalle mense scolastiche

A2a La raccolta differenziata A2b La Raccolta differenziata porta a porta

D2 Il riciclaggio e/o riutilizzo: il passaggio da rifiuto a risorsa

A3 Il processo di compostaggio BP3 Il manuale sul compostaggio

A4a Lo smaltimento: La discarica A4b Lo smaltimento: il termovalorizzatore

A5 Le problematiche connesse ai rifiuti