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I C L A S S I C I D E L L A P S I C O L O G I A

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Ernest Jones

Che cos’èla psicoanalisi?

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© 1952, 2009 Giunti Editore S.p.A.Via Bolognese, 165 - 50139 Firenze - ItaliaVia Dante, 4 - 20121 Milano - Italia

ISBN 9788809753877

Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

Prima edizione digitale 2010

Traduzione di Vera Nozzoli

Titolo originale dell’opera:What is Psychoanalysis?

È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasimezzo, se non espressamente autorizzata dall’editore.

L’editore si dichiara disponibile per gli eventuali aventi diritto con cuinon sia stato possibile comunicare.

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Indice

Presentazione VIIBiografia dell’autore IXPubblicazioni dell’autore IX

IntroduzioneCap. I – Che cos’è la psicoanalisi? 5Cap. II – La storia della psicoanalisi 13

Contenuto della psicoanalisiCap. III – L’inconscio 23Cap. IV – Rimozione e conflitto 31Cap. V – La sessualità 37Cap. VI – I sogni 43Cap. VII – Errori del funzionamento mentale 49Cap. VIII – Disturbi del funzionamento mentale 55

Applicazioni della psicoanalisiCap. IX – La medicina 63Cap. X – L’educazione 67Cap. XI – Antropologia 73Cap. XII – Sociologia e politica 77Cap. XIII – Legge e criminologia 81Cap. XIV – Arte e letteratura 85Cap. XV – Mitologia, leggende, folklore e superstizione 89Cap. XVI – Religione 93

Conclusione 97Appendice 101

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Presentazione

Ernest Jones, noto in particolare come l’autore di una mo -nu mentale biografia di Sigmund Freud, fu il più autorevo leespo nente della psicoanalisi inglese per tutto il primo Nove -cento, e fu l’artefice della diffusione della teoria e della terapiapsicoanalitica nel suo paese. Per quanto difendesse i principiteorici fondamentali del pensiero freudiano, non rifiutò lenuove correnti che si svilupparono a partire dagli anni ’30,accolse le innovazioni introdotte da Melanie Klein e interven-ne come mediatore nel conflitto che la Klein ebbe con AnnaFreud su problemi di interpretazione e di sviluppo della dot-trina freudiana.

Tutti i principali temi della psicoanalisi furono esposti sin-teticamente in questo saggio, comparso per la prima volta nel1948 e più volte ristampato. Jones si rivolgeva a un pubbliconon specialista che desiderasse essere documentato sull’im-postazione freudiana nello studio dei processi psichici e nellacura dei loro disturbi.

Dopo una concisa analisi storica delle origini della psicoa-nalisi, lo studioso illustra l’importanza di nuove tecnichecome l’interpretazione dei sogni e dei lapsus o l’impiego delleassociazioni libere per fare emergere dinamiche psichiche cherimangono a livello inconscio. Uno speciale risalto è dato aiprocessi che si oppongono al lavoro dell’analista, alle resisten-ze che la psiche del paziente mette in atto quando si indaganel profondo del suo inconscio. Jones, richiamando l’impor-tanza della sfera sessuale nello sviluppo psichico del bambi-

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no, precisa come dopo Freud la sessualità abbia assunto unsignificato più ampio, di natura psicodinamica, non riducibi-le ai meccanismi fisiologici finalizzati alla riproduzione.

Lo studioso inglese da sempre aveva concepito la psicoa-nalisi non solo come una teoria e una terapia della psiche,secondo la classica definizione freudiana, ma anche comeuna visione generale dell’uomo e delle sue attività. Per que-sto motivo ampio spazio è dato, nella seconda parte dellibro, al ruolo che la psicoanalisi può avere nei campi piùdisparati, oltre a quelli in cui l’intervento è più diretto comela psichiatria e la pedagogia.

Jones indica nell’arte e nella letteratura, su cui egli stessoscrisse vari saggi, le aree che possono ricorrere all’interpre-tazione psicoanalitica per comprendere la genesi della crea-tività degli autori e la natura simbolica delle loro opere.Sono trattate anche la mitologia, l’antropologia, le scienzesociali e politiche, e infine la religione: discipline e settori diricerca sui quali la psicoanalisi aveva già dato nel corso delprimo Novecento una serie di contributi originali.

Per questa edizione, si è provveduto a rivedere la termino-logia psicoanalitica tenendo conto della traduzione italianadelle Opere di Sigmund Freud (Bollati Boringhieri, Torino,1966-1980) e di altri classici della psicoanalisi.

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PRESENTAZIONE

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Biografia dell’autore

Ernest Jones nacque a Gowerton (Galles) il primo gennaio1879. Si laureò in medicina a Cardiff nel 1900. Il suo inte-resse per la psicoanalisi si sviluppò dopo aver conosciuto C.G. Jung nel 1907 e S. Freud nel 1908. Dopo un periodo tra-scorso in Canada come direttore della Toronto PsychiatricClinic, tra il 1909 e il 1913, ritornò a Londra dove fondò laLondon Psycho-Analytical Society e poi la British Psycho-Analytical Society. Nel 1920 fondò l’«International Journalof Psychoanalysis», presto divenuta la più autorevole rivistadi psicoanalisi. Fu poi presidente, per oltre venti anni, dellaInternational Psycho-Analytical Society. Morì a Londra l’11febbraio 1958.

Pubblicazioni dell’autore

Papers on Psychoanalysis, Baillière, Tindall & Cox, London 1912, 19485

(tr. it. Teoria del simbolismo. Scritti sulla sessualità femminile e altrisaggi, Armando, Roma, 1972).

Treatment of the Neuroses, New York-London, 1920 (tr. it. Il tratta-mento delle nevrosi, Astrolabio, Roma, 1971).

Essays in Applied Psychoanalysis, Hogarth Press, London 1923, 19512

(tr. it. Saggi di psicoanalisi applicata, 2 voll., Guaraldi, Bologna, 1971).What is Psychoanalysis?, International University Press, New York,

1948.Hamlet and Oedipus, Hogarth Press, London 1949 (tr. it. Amleto e

Edipo, Milano, 1987).On the Nightmare, Liveright, New York, 1951 (tr. it. Psicoanalisi del-

l’incubo, Newton Compton, Roma, 1978).Free Associations. Memoirs of a Psycho-Analyst, Basic Books, New

York, 1959 (tr. it. Memorie di uno psicoanalista, Armando, Roma,1974).

The Life and Work of Sigmund Freud, Basic Books, New York, 1953-

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1957 (tr. it. Vita e opere di Sigmund Freud, 3 voll., Il Saggiatore,Milano, 19663).

The Complete Correspondence of Sigmund Freud and Ernest Jones 1908-1939, Cambridge (Mass.)-London, 1993 (tr. it. Corrispondenza 1908-1939, 2 voll., Bollati Boringhieri, Torino, 2001).

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BIBLIOGRAFIA

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Che cos’è la psicoanalisi?

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Introduzione

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CAPITOLO PRIMO

Che cos’è la psicoanalisi?

Le idee correnti intorno alla psicoanalisi oscillano fra dueestremi. Secondo alcuni, la psicoanalisi non è che la tradu-zione in un linguaggio pomposo di luoghi comuni che ri-guardano la natura umana e che sono conosciuti perfettamen-te da ogni scrittore, ed anche da ogni uomo qualsiasi. Se-condo altri, la psicoanalisi consiste in affermazioni che sa-rebbero repulsive al massimo grado se la loro fantastica im-probabilità non impedisse di prenderle sul serio. La verità, co-me spesso accade, si trova fra i due estremi.

Noi faremo qui ogni sforzo per collegare le nuove sco-perte della psicoanalisi ad altre conoscenze più familiari, manon si può nascondere il fatto che esse presentino molti ca-ratteri di novità. La psicoanalisi tenta di rispondere a pro-blemi che precedentemente non erano stati nemmeno posti;problemi la cui esistenza viene spesso negata. Per lo più ri-guarda quasi esclusivamente un campo della conoscenza, l’in-conscio, che è o sconosciuto o negato. Molto del materiale de-rivato dai pazienti nevrotici interessa quella zona di semire-sponsabilità a cui non è stato assegnato alcun posto nello sche-ma della società. E peggio di tutto, le verità annunciate dallapsicoanalisi come importanti scoperte sono sgradevoli, urtan-ti o ripugnanti, così che non ci si può sorprendere che in-contrino il ripudio generale. Nondimeno, come testimoniala pubblicazione di questo volume, c’è una richiesta impazien-te per essere informati intorno a questo strano argomento,un sospetto che veramente ci siano delle profondità inesplo-

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rate nella natura umana, un parziale riconoscimento di que-gli echi e di quei riflessi suscitati dalle affermazioni deglipsicoanalisti. È possibile che ci sia qualche cosa di vero e diutile che può essere illuminato da questa nuova scienza; puòessere che col tempo impariamo a tollerare e perfino a pro-fittare di ciò che ha da dirci?

In questo studio avremo a che fare con molti paradossi, ecominciamo pure col primo. La parola “psicoanalisi” è usa-ta per intendere tre cose e la domanda che sorge spontaneaè come questo possa avvenire se le tre cose sono così diversenella loro essenza. “Psicoanalisi” significa uno speciale me-todo di trattamento escogitato dal professor Freud di Vien-na per la cura di una certa categoria di malattie nervose;questo significato ristretto fu il primo ad essere usato. Signi-fica pure una speciale tecnica per lo studio dei più profondilivelli della mente. Infine si usa per descrivere il campo delsapere che si è acquistato con l’esercizio di questo metodo,e in questo senso è praticamente sinonimo di “scienza del-l’inconscio”. Questo terzo uso della parola è forse da rite-nersi come un’evidente estensione del significato, ma, percapire come un metodo di studio possa essere allo stessotempo un metodo di cura, occorre la conoscenza di alcuni pro-blemi reconditi del funzionamento mentale. Si potrebbe pen-sare che tre significati siano sufficienti per un solo termine tec-nico, ma il lettore deve essere avvertito che la parola è usataspesso illegittimamente in diversi altri sensi e che questa è lavera ragione della confusione e della difficoltà nel compren-dere ciò che la psicoanalisi è realmente. I profani e perfinoalcuni medici parlano di psicoanalisi quando si riferiscono aqualsiasi forma di psicoterapia (trattamento mentale di dis-turbi nervosi), non curandosi se il metodo scoperto da Freudvi è impiegato o meno. Questo accade ancora più frequente-mente quando solo una parte del metodo e delle conclusio-ni di Freud, spesso comprese imperfettamente, sono adotta-te, mescolate col fermento di altre incompatibili. Allora dinuovo, come ognuno può vedere dagli avvisi pubblicitari o daaltre fonti di informazione, il termine è comunemente usato

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CAPITOLO PRIMO

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per designare dei metodi psicologici e delle conclusioni chepossono considerarsi del tutto moderne, appartenenti, peresempio, al periodo della prima guerra mondiale. In questomodo il termine viene applicato ad argomenti che hannouna remota connessione o non ne hanno affatto con la psi-coanalisi propriamente detta.

La domanda che serve da titolo al presente capitolo tro-verà risposta, sia pure schematicamente, nel corso dell’inte-ro volume, particolarmente nella seconda sezione. Ma pri-ma di scendere nei particolari, sarà bene chiarire uno fra ipiù caratteristici e peculiari aspetti dell’intero argomento. Chela mente contenesse elementi non accessibili alla coscienza èstato da tempo sospettato ed è stato asserito parzialmente pri-ma di Freud; ma è stato Freud che per primo ha riconosciu-to che questi elementi erano in uno stato di disarmonia colresto della mente. Nel corso dei suoi studi, per mezzo dellasua tecnica che portò alla luce gli elementi più profonda-mente sepolti, trovò che la mente può, per molti rispetti, es-sere paragonata ad una serie di compartimenti stagni. Lacomunicazione fra i diversi compartimenti è attivamente osta-colata dal funzionamento di fattori perfettamente definiti, sul-la natura dei quali egli ha pure indagato. I suoi sforzi peraprire le più profonde parti della mente erano ostacolati dalsoggetto in un modo che gli diede l’impressione precisa di unaforza contrastante; così che egli non esitò a descrivere lo sta-to di fatto in termini dinamici. Freud parlò di forze mentaliche si opponevano al divenire consapevole di certe altre par-ti e le chiamò “resistenze”. Allora fece la brillante supposi-zione, presto ampiamente confermata, che le forze trovate nelsuo lavoro di esplorazione come resistenze ostacolanti fosse-ro le stesse che avevano originariamente impedito alla per-sona la conoscenza di una parte della sua mente, in quest’ul-timo caso sono dette “rimozioni”. Ora, noi tutti sappiamo checi sono in noi idee, sentimenti, desideri, l’esistenza dei qualinon riconosciamo volentieri, e, infatti, spesso riusciamo anegarli. Semplicemente noi preferiremmo non conoscere nien-te riguardo a ciò e inventiamo ogni sorta di ragioni, alcune

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CHE COS’È LA PSICOANALISI?

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buone, alcune cattive, per spiegare che sarebbe meglio nonsaperne niente e più saggio“non pensarci più”. Questo è unpunto in cui le scoperte di Freud si agganciano alla comuneosservazione, ma allo stesso tempo non si può asserire insenso assoluto che la parte della mente a cui egli si riferiscequi ha soltanto una remota connessione con i processi men-tali da noi coscientemente disprezzati in noi stessi. Sia le“resistenze” in questione, che la parte della mente a cui sioppongono, sono interamente sconosciute alla coscienzadel soggetto, ed è per questo che Freud usa il termine di“inconscio” (tedesco, “das Unbewusste”). Per quanto l’incon-scio sia inconscio, pure, soltanto una diretta personale espe-rienza – e questo non è realmente possibile con le sole paro-le – può mettere un individuo in grado di sapere che non haneppure un sospetto della reale esistenza di ciò che è chia-mato il vero inconscio. Di più, la totalità della sua ignoranzaè soltanto eguagliata dalla forza della resistenza che mantie-ne questa ignoranza. Questo, forse, può essere chiarito dal fat-to che, perfino in circostanze favorevoli e con l’uso dellatecnica più completa, occorrono anni di lavoro per far co-noscere ad una persona quali processi si stanno svolgendo nel-la profondità della sua mente. L’intensità dell’intima resi-stenza contro la piena conoscenza di noi stessi è una dellepiù importanti scoperte di Freud. L’uomo, con tutta la suaricerca di nuove scoperte, ha spesso resistito furiosamentealle idee nuove, né sembra che questa esperienza, pure cosìcomune, gli abbia giovato a qualcosa. Tentativi di compren-dere questo atteggiamento sono appena andati oltre vaghe fra-si come “innato conservatorismo”. Questa osservazione ge-nerale non viene fatta soltanto perché l’accoglienza dellapsicoanalisi offre un esempio di più di questa verità: c’è unaconnessione molto più interessante tra le due cose.

È merito della psicoanalisi, stimolata senza dubbio dal-l’esperienza, di aver spiegato questo fatalistico conservatori-smo del genere umano. La spiegazione è che la generale op-posizione a idee contrarie, incluse quelle concernenti il mon-do esterno, consiste principalmente in un’irradiazione dell’in-

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CAPITOLO PRIMO

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terna opposizione, o “resistenza” contro la conoscenza di sestessi.

Se riflettiamo su esempi storici ben conosciuti di questoconservatorismo, come l’opposizione all’astronomia nel se-dicesimo secolo, alla fisiologia nel diciassettesimo, alla chi-mica nel diciottesimo, alla biologia nel diciannovesimo, nonpossiamo non essere colpiti da certi stereotipi che tale op-posizione presenta. La manifestazione più visibile di ciò so-no la collera e l’ostilità, che naturalmente si esprimono in at-ti di persecuzione contro ciò che offende; la collera assumecaratteristicamente la forma di una religiosa indignazione ele nuove idee sono spesso denunciate come perverse e im-morali. Ma non è difficile scoprire sotto questo atteggia-mento, come forse dietro tutte le tendenze di questo tiponella vita individuale, una nota di allarme inconfondibile. Sisente che qualcosa di prezioso viene minacciato e le dimostra-zioni ostili sono una semplice reazione di difesa contro quel-l’attacco immaginario.

Le lagnanze contro il nuovo sapere sono piuttosto mo-notone nella loro uniformità. Esso distruggerebbe o altere-rebbe un certo possesso prezioso; sarebbe degradante, ma-terialistico, o perfino ateo. Abbasserebbe l’uomo facendoloscadere dal suo alto livello, intaccherebbe la buona opinio-ne che egli ha di se stesso, o gli porterebbe via qualcosa di mol-to caro. Questo qualcosa è quasi sempre un non so che di este-tico, spirituale, etico e di natura religiosa, qualcosa che l’uo-mo tesoreggia come il suo bene più prezioso. Consideriamoun semplice esempio: la paura di Keats che la conoscenza scien-tifica dell’arcobaleno, mediante l’analisi dello spettro, do-vesse diminuire o portar via il godimento estetico del fenome-no. Noi possiamo imparare da questo esempio che tali pau-re si dimostrano, col tempo, illusorie. Keats sentiva che ilsuo godimento dell’arcobaleno era intimamente dipendentedal senso del mistero e pensava che la luce della conoscenzalo avrebbe dissolto, togliendo la necessaria condizione di que-sto godimento. Ci sono due risposte a questo atteggiamen-to. In primo luogo, nessun uomo di scienza può pensare che

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CHE COS’È LA PSICOANALISI?

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ogni acquisizione nel sapere diminuisca il suo senso di me-raviglia di fronte all’universo. Al contrario: il conoscere mag-giormente può soltanto insegnare quanto piccolo è ciò chesi conosce e quanto grande è l’inconoscibile. L’umiltà difronte a ciò che non si conosce aumenta al dissiparsi delle il-lusioni dell’ignoranza. In secondo luogo, la psicoanalisi puògettare luce sul pregiudizio assurdo che mistero e ignoranzasiano necessari per poter conservare quello che viene chia-mato il senso del valore spirituale.

C’è ragione di sperare che il timore per la scienza stialentamente diminuendo. Sembrerebbe che ci fosse una ca-pacità maggiore nel tollerare questa paura rispetto ai tempipassati. Certamente l’unico progresso notevole che l’uomo hacompiuto negli ultimi cinque o diecimila anni è strettamen-te associato all’aumento di questa sua tolleranza e alla fidu-cia da essa generata. Dopo tutto, l’esperienza produce i suoieffetti, presto o tardi, e un giorno l’uomo capirà che ha gua-dagnato, invece che perduto, cambiando l’arroganza e la pau-ra con l’umiltà e la fiducia. La psicoanalisi pone la sua mate-ria ad un esame severo. Ma, in più, avanza la pretesa di ren-dere capace l’uomo di vincere quelle paure indefinite che fi-no ad ora lo avevano reso schiavo.

Possiamo soltanto indicare il modo di avvicinarsi a que-sto grave problema. Non è difficile vedere che è legato conil problema del libero arbitrio, perché questo è strettamenteassociato al nostro senso dell’infinito e dell’assoluto. Nella no-stra storia il concetto di causalità ha ancora una portata estre-mamente ristretta. I più importanti avvenimenti della vitasono creduti un’arbitraria intrusione volontaria in quell’or-dine, qualunque esso sia, che sembra apparire nell’universo.Per lunghissimo tempo il potere volitivo è stato attribuito invari gradi agli esseri umani e soprannaturali, e, poiché que-sti ultimi potevano frequentemente essere indotti ad eserci-tare i loro poteri d’accordo con i desideri dei primi, l’uomopoteva credere di esercitare, mediante il suo solo potere vo-litivo, una considerevole influenza sopra gli avvenimenti cheda vicino concernevano il suo benessere generale. Lo svi-

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CAPITOLO PRIMO

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lupparsi della civiltà è commisurato con la graduale rinun-cia dell’uomo a questo illusorio potere. L’esperienza lenta-mente gli insegna che il riconoscere l’esistenza di leggi natu-rali gli offre realmente un potere in cambio di quello a cuirinuncia; ma ogni volta questo gli costa uno sforzo doloro-so. L’inesorabile richiesta della scienza è che nessun avveni-mento sia considerato isolatamente, ma come un anello di unacatena inevitabile. La psicoanalisi avrebbe adattato ai pro-cessi della mente umana questo principio generale. Non è sta-to di aiuto l’indicare che il senso personale di libera volontàe di libera scelta è un fatto reale e che c’è un significato im-portante nella frase, apparentemente paradossale, che alcu-ne persone sono mentalmente più libere di altre. La feritarimane, e la gente rifiuta di credere che l’intero edificio del-la responsabilità personale, etica sociale, gusto e giudizio in-dividuale non sia violentemente minacciato. Nondimeno,col tempo, si vedrà come questo tentativo di portare ordinenel caos apparente, di mostrare che i più audaci voli dellafantasia e i più profondi slanci dell’anima fanno parte del-l’armonia dell’universo, può avere lo stesso risultato di ulte-riori avanzamenti nella scienza. Infatti può soltanto aumen-tare il reale potere dell’uomo e proprio nel campo dove egline ha più bisogno, vale a dire nel campo del potere sopra sestesso.

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CHE COS’È LA PSICOANALISI?

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CAPITOLO SECONDO

La storia della psicoanalisi

Il germe della psicoanalisi è da cercarsi in una strana os-servazione fatta quasi cinquanta anni fa da un medico vien-nese, il dottor Breuer. Egli aveva notato che i vari sintomiisterici di cui soffriva una sua paziente sparivano quando ri-usciva a farle ricordare anche nello stato di veglia un fatto par-ticolare che essa aveva ricordato durante l’ipnosi. Il ricordoin questione era effetto di quel fatto e causa del sintomo in-dividuale. Era stato così dimostrato che l’esistenza del sinto-mo dipendeva da un’amnesia (mancanza di memoria), da qual-cosa che era stato dimenticato, e che il sintomo poteva esse-re rimosso distruggendo questa condizione essenziale.

Questa osservazione di limitato interesse medico può sem-brare insignificante, ma fu tale da illuminare la mente di ungenio e produrre una vita di portata rivoluzionaria nel cam-po della psicologia, il cui significato cominciamo a compren-dere interamente soltanto adesso. Freud, un collega più gio-vane di Breuer, fece uso dell’osservazione quando le esigen-ze della vita lo spinsero a lasciare la ricerca anatomica per lapratica neurologica. Egli si trovò faccia a faccia con gli insie-mi confusi dei sintomi isterici che ci sono oggi e mancanodomani e che cambiano nel modo più strano da una parteall’altra del corpo, e si propose il compito di capirli. A queltempo il problema in se stesso non esisteva perché a nessu-no era venuto in mente che quei fenomeni potessero avereun significato psicologico: si supponeva che dipendesseroda un male nascosto del cervello o che fossero creati nel mo-

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