I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

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I CLASSICI DEL PENSIERO Vittorio Mathieu, direttore SEZIONE II MEDIOEVO E RINASCIMENTO Giovanni Santinello, direttore TOMMASO D'AOUINO L'UOMO E L'UNIVERSO OPUSCOLI FILOSOFICI A cura di Antonio Tognolo RUSCONI ----------- ----"'-----

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I CLASSICI DEL PENSIERO

Vittorio Mathieu, direttore

SEZIONE II

MEDIOEVO E RINASCIMENTOGiovanni Santinello, direttore

TOMMASO D'AOUINO

L'UOMOE L'UNIVERSO

OPUSCOLI FILOSOFICI

A cura di Antonio Tognolo

RUSCONI

----------- ----"'-----

dipartimento
Casella di testo
Milano 1982
Page 2: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

12 AVICENNA, SutJicientia, 1,12 (Venetiis 1508, f. 20 a, B).

quanto tale, per esempio l'architetto è causa della casa,e il legno è la materia dello sgabello. Causa accidentale,invece, è quella che viene ad aggiungersi alla causa persé, come quando diciamo che" un grammatico costruisce n;il grammatico, infatti, è causa della costruzione in sensoaccidentale, perché costruisce, non in quanto gramma­tico, ma in quanto è, per caso, costruttore. E cosÌ per lealtre cause.

Ancora, vi è la causa semplice e la causa composta.La causa è semplice quando è detta causa soltanto quellache è causa per sé, o anche quella che lo è accidental­mente, come quando diciamo che causa della casa è il co­struttore, oppure quando diciamo che causa della casa èil medico. Una causa, invece, è composta quando è causainsieme e per sé e accidentale, come quando diciamo «cau~

sa della casa è un costruttore medico". Secondo l'inter­pretazione di Avicenna 12, può essere detta semplice anchequella che è causa senza il concorso di un'altra, come ilrame rispetto alla statua, perché la statua è fatta solo dirame, senza il concorso di altro materiale; allo stesso mododiciamo che il medico procura la salute, o che il fuocoriscalda. Può esser detta, invece, composta, quando performarla si richiede il concorso di più cose, come per ilmovimento di una nave, ave non basta come causa unuomo solo, ma ne occorrono molti; e come per il mate­riale di una casa, dove non basta un solo mattone, ma neoccorrono tanti,

Ancora, vi è la causa in atto, vi è la causa in po~

tenza. Causa in atto è quella che è nell'atto stesso di pro­durre una cosa, come il costruttore nel momento in cuicostruisce, o il rame nel momento in cui con esso vienefatta la statua; causa in potenza, invece, è quella che,sebbene non sia nell'atto di produrre una cosa, è tuttaviain grado di produrla, come il costruttore mentre non co-

6. [L'analogia.]

161I PRINCIPI DELLA NATURA,· 6

struisce. E si deve sapere che, parlando di cause in atto,è necessario che causa ed effetto si diano insieme, per cuise vi è l'una, deve esserci anche l'altra; se vi è il co­struttore in atto, deve esserci la costruzione, e se vi è lacostruzione in atto deve esserci il costruttore in atto. Ciòche, invece, non è necessario per le cause che sono sol~

tanto in potenza.Bisogna poi sapere che la causa universale è in re­

lazione con l'effetto universale, e la causa particolare conl'effetto particolare; cosI diciamo che il costruttore è lacausa della casa, e questo costruttore qui è la causa diquesta casa qui.

Bisogna anche sapere che, parlando dei prinCIpI lU­

trinseci, ossia della materia e della forma, la convenienzae la differenza di ciò che deriva dai principi corrispondealla convenienza e alla differenza dei principi. Alcuni, in­fatti, sono numericamente gli stessi, come nel caso diSocrate e "questo uomo qui" designato come Soerate; al~

cuni sono numericamente diversi e specificamente identici,come nel caso di Socrate e Platone, i quali, identici dalpunto di vista della specie umana, sono numericamentediversi. Altri ancora sono diversi nella specie ma iden­tici nel genere, come uomo e asino, che convengono nelgenere animale; altri, infine, sono diversi anche nel ge­nere e identici soltanto secondo analogia, come la sostan­za e la quantità, le quali non convengono in alcun genere,ma solo secondo analogia: infatti, convengono soltantonell'essere, che non è un genere, perché l'essere si pre­dica non in modo univoco, ma in modo analogo.

Per meglio comprendere queste cose giova ricordareche tre sono i modi in cui un termine può essere attri~

buito a più cose: univocamente, equivocamente, analogi-

I PRINCIPI DELLA NATURA, 5160

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lJ ARISTOTELE, Metaph., IV,7,1012a 22-2},

camente. Univocamente, quando un termine viene attri­buito secondo il medesimo nome e la medesima ragione,ossia definizione; così si attribuisce il termine animale al­l'uomo e all'asino: entrambi sono chiamati animali, edentrambi sono per definizione sostanze animate sensibili.Equivocamente, quando un termine viene attribuito adalcune cose secondo lo stesso nome ma secondo una ra­gione diversa; così si attribuisce il termine cane all'ani­male e alla costellazione, che convengono soltanto nelnome ma non nella definizione o nel significato; dal mo­mento che, come afferma Aristotele B, ciò che viene signi­ficato per mezzo del nome è la definizione. Analogica­mente, quando uno stesso termine viene attribuito a piùcose, diverse per ragione, ma in relazione a un'unica eidentica cosa, così, per esempio, si dice sano il corpo del­l'animale, l'urina e la medicina, ma con significati che nonsono totalmente identici per tutti, perché si dice dell'urinacome segno che manifesta la salute, del corpo come sog­getto della salute, della medicina come causa della salute;ragioni, queste, che dicono tutte riferimento a un unicofine: la salute.

A volte, infatti, le cose che convengono per analo­gia, ossia per proporzione, comparazione o convenienza,dicono riferimento a un unico fine, come risulta chiara­mente dal precedente esempio; a volte, invece, a un unicoagente, come quando il termine medico viene attribuitosia a chi opera con arte, sia a chi opera senza arte, comela vecchia (che opera per esperienza), e anche agli stru­menti, sempre però con il riferimento a un unico agente:la medicina; a volte, invece, in riferimento a un unicosoggetto, come quando il termine essere si attribuiscealla sostanza, alla qualità, alla quantità e alle altre cate­gorie: infatti, la ragione per cui la sostanza è essere non èdel tutto identica alla ragione per cui sono essere la quan-

163I PRINCIPI DELLA NATURA, 6

tità e le altre categorie, che si dicono tutte essere inquanto sono attributi della sostanza, che è il loro sog­getto. Perciò, essere si dice primariamente della sostanza,secondariamente delle altre categorie; per questo, esserenon è il genere della sostanza e della quantità, perchénessun genere si predica delle sue specie secondo il pri­ma e il poi, ma si predica analogicamente. Perciò abbiamodetto che la sostanza e la quantità sono diverse per ge­nere, identiche per analogia.

Le cose, quindi, numericamente identiche hanno for­ma e materia identiche, come nel caso di Tullio e Cice­rone; le cose, invece, identiche nella specie, ma diverseneI numero, hanno forma e materia non numericamente,ma specificamente identiche, come nel caso di Socrate ePlatone. Le cose identiche nel genere hanno principi iden­tici nel genere, come l'anima e il corpo dell'asino e delcavallo, diversi per specie, ma identici per genere. Allostesso modo, le cose che convengono soltanto per ana­logia hanno principi identici soltanto per analogia, ov­vero soltanto per proporzione. Infatti, materia, forma eprivazione, ossia potenza e atto, sono i principi della so­stanza e degli altri generi; ma la materia della sostanza,e quella della quantità, così come la forma e la priva­zione, diverse per genere, convengono soltanto per propor­zione: come la materia della sostanza sta alla sostanzasotto la ragione di materia, così la materia della quantitàsta alla quantità. Ma come la sostanza è la causa deglialtri generi, così i principi della sostanza sono i principidi tutti gli altri generi.

I PRINCIPI DELLA NATURA, 6162

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S. TOMMASO D'AQUINO

COMMENTO

ALLE SENTENZE

di Pietro Lombardoe testo integrale di Pietro Lombardo

LIBRO PRIMO

DISTINZIONI 1-21

Il mistero di DioLa Trinità delle Persone - 1a parte

Introduzione generale di Inos Biffi

Traduzione di P. Roberto Coggi o.p.

EDIZIONI STUDIO DOMENICANO

dipartimento
Casella di testo
Bologna 2001
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ARTlCULUS 2

Utrum talltum ulla doctrilla debeat esse praeter physicas(I, q. 1, a. 3)

Ad tertium dieendum, quod in his quae aequirunt aequalem bonitatem pro fine,tenet propositio inducta, scilicet, nobilius est eo quod per se consequi non pote­st. Sed illud quod acquirit bonitatem perfectam pluribus auxiliis et motibus, estnobilius eo quod imperfeetam bonitatem acquirit paucioribus, vel per seipsum,sieut dicit Philosophus (De eoelo 5, 12); et hoc modo se habet homo respeetualiarum creaturarum, qui faetus est ad ipsius divinae gloriae participationem.

Circa secundum sic proceditur.1. VIDETUR quod non una tantum doctrina debeat esse praeter physieas doctri­nas, sed plures. De omnibus enim de quibus instruitur homo per rationes creatu­rarum, potest instrui per rationes divinas. Sed scientiae procedentes per rationescreaturarum sunt plures, differentes genere et specie, sieut moralis, naturalisetc. Ergo scientiae procedentes per rationes divinas, debent plures esse.

2. Item, una seientia est unius generis subiecti, sieut dicit Philosophus (Post. 1,text. 43). Sed Deus et creatura, de quibus in divina doetrina traetatur, non redu­cuntur in unum genu.\', neque univoce neque analogice. Ergo divina scientianon est una. Probatio mediae. Quaecumque conveniunt in uno genere univocevel analogice, partieipanì aliquid idem, vel seeundum prius et posterius, sicutsubstantia et accidens rationem entis, ve! aequaliter, sicut equus et bos ratio­nem animalis. Sed Deus et creatura non participant aliquid idem, quia illudesset simplieius et prius utroque. Ergo nullo modo reducuntur in idem genus.

3. Item, ea quae sunt ab opere nostro, sicut opera virtutum et quae sunt abopere naturae, non reducuntur ad eamdem scientiam; sed unum pertine! admoralem, alterum ad naturalem. Sed divina scientia determinat de his quaesunt ab opere nostro, tractando de virtutibus et praeeeptis: tractat etiam de hisquae non sunt ab opere nostro, sicut de Angelis et aliis creaturis. Ergo videturquod non si! una scientia.

CONTRA, quaecumque conveniunt in ratione una possunt ad unam scientiampertinere: unde etiam omnia, inquantum conveniunt in ratione entis, pertinentad metaphysicam. Sed divina scientia determinat de rebus per rationem divi­nam quae omnia complectitur: omnia enim et ab ipso et ad ipsum sunto Ergoipsa una existens potest de diversis esse.Praeterea, quae sunt diversarum' scientiarum, distinctÙn et in diversis librisdeterminantur. Sed in Sacra Scriptura permixtim in eodem libro quandoquedeterminatur de moribus, quandoque de Creatore, quandoque de creaturis,sicut patet fere in omnibus libris. Ergo ex hoc non diversificatur scientia.

139Prologo, q. l, a. 2

3. Nelle cose che acquistano un'uguale bontà quale fine vale la proposizione addot­ta, che cioè [una cosa che può conseguire il fine da se stessa] è più nobile di una chenon lo può conseguire. Però ciò che acquista con più aiuti e moti una bontà penettaè più nobile di ciò che con meno aiuti, o anche da sola, acquista una bontà imperfet­ta, come dice il Filosofo; e in questa condizione si trova l'uomo 11spetto alle altrecreature, essendo stato fatto in vista della partecipazione alla stessa gloria divina.

ARTICOLO 2

Se ci debba essere una sola dottrina oltre a quelle natnrali

Problema1. SEMBRA che oltre alle scienze naturali non ci debba essere una sola dottrina, mapiù di una. Infatti l'uomo può essere istruito con le nozioni divine su tutte le cosenelle quali può essere istlUito con le nozioni delle creature. Ora, le scienze che pro­cedono dalle nozioni delle creature sono più di una, differenti per genere e specie,come la scienza morale, quella naturale ecc. Quindi le scienze procedenti dallenozioni divine devono essere più di una.

2. Un'unica scienza richiede un unico genere elel soggetto, come dice il Filosofo.Ora, Dio e la creatura, di cui si tratta nella dottrina sacra, non si riducono a ununico genere, né univocamente né analogicamente. Quindi la scienza divina non èunica. Prova della media. Tutte le cose che convengono in un unico genere o univo­camente o analogicamente partecipano qualcosa di identico, o secondo una priOlitàe posteriorità, come la sostanza e l'accidente la nozione di ente, o ugualmente,come il cavallo e il bue la nozione di animale. Ora, Dio e la creatura non partecipa­no qualcosa di identico, poiché quel qualcosa sarebbe più semplice e più nobile del­l'uno e dell'altra. Quindi in nessun modo si riducono a uno stesso genere,

3. Le cose che dipendono dalla nostra attività, come le opere virtuose, e quelle chedipendono dall'attività della natura non si riconducono a una stessa scienza, ma l'unacosa appartiene alla scienza morale, e l'altra alla scienza naturale, Ora, la scienzadivina tratta di quelle cose che dipendono dalla nostra attività, considerando le virtù ei precetti, e tratta anche di quelle cose che non dipendono dalla nostra attività, comedegli Angeli e delle altre creature. Quindi sembra che non sia un'unica scienza.

MA AL CONTRARIO, tutte le cose che convengono in un unico carattere possonoappartenere a un'unica scienza: per cui anche tutte le cose, in quanto convengononel cmattere di ente, appartengono alla metafisica. Ora, la scienza divina tratta dellecose attraverso la ragione divina, che abbraccia tutte le cose: infatti tutte le cosesono da lui e per lui, Quindi essa, pur essendo unica, può riguardare cose diverse.Inoltre, le cose che appartengono a scienze diverse vengono trattate distintamente ein libli diversi. Ora, nella Sacra Scrittura si tratta insieme nello stesso libro talvoltadei costumi, talvolta del Creatore, talvolta delle creature, come appare chiaro daquasi tutti i libri. Quindi in base a ciò non viene diversificata la scienza,

Prologus, q. 1, a. 2138

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Respondeo. Ad hoc notandum est, quod aliqua cognitio quanto altior est, tantoest magis unica et ad plura se extendit: unde intellectus Dei, qui est altissÙnus,per lumen quod est ipse Deus, omnium rerum cognitionem habet distincte. ltaet eU/n ista scientia sit altissima et per ipsum lumen in\pirationis divinae effica­ciam habens, ipsa unica manens, non multiplicata, diversanan rerum conside­rationem habet, non tantum in cOlnmuni, sicut metaphysica, quae considera!mnnia inquantum sunt erltia, non descendens ad propriam cognitionel1'l mora­liunI, vel naturalium. Ratio enim entis, eum sit diversificata in diversis, non estsujficiens ad specialem rerum cognitionem; ad quarum manifestationem divi­num lwnen in se unum manens, secundum beatum Dionysium in principio cae­lestis Hierarchiae, efficaciam habet.

AD OBIECTA

Ad prÙnum ergo dicendum, quod divinum lumen, ex cuius certitudine procedithaec scientia, est efficax ad manifestationem plurium quae in diversi,\' scientiisin philosophia traduntur, ex eorum rationibus in eorum cognitionem proceden­tibus; et ideo non oportet scientiam istam multiplicari.

Ad secundum dicendum, quod Creator et creatura reducuntur in unum, noncommunitate univocationis sed analogiae. Talis autem communitas potest essedupliciter. Aut ex eo quod aliqua participant aliquid unum secundum prius etposterius, sicut potentia et actus rationem entis, et similiter substantia et acci­dens; aut ex eo quod unum esse et rationem ab altero recipit, et talis est analo­gia creaturae ad Creatorem: creatura enÙn non habet esse nisi secundUln quod aprimo ente descendit: unde nec nominatur ens nisi inquantum ens prÙnum imita­tur; et sÙniliter est de sapientia et de omnibus aliis quae de creatura dicuntur.

Ad tertium dicendum, quod ea quae sunt ab opere nostro et ea quae sunt abopere naturae, considerata secundum proprias rationes, non cadunt in eamdemdoctrinam. Una tamen scientia utrumque potest considerare, quae per lumendivinum eertitudinem habet, quod est efficax ad cognitionem utriusque. Potesttamen aliter dici, quod virtus quam theologus considerat, non est ab operenostro: inuno eam Deus in nobis sine nobis operatur, secundum Augustinw11(De lib. arb. 2, 19).

Bisogna notare che quanto più una conoscenza è alta, tanto più è unica e si estendea più cose: per cui l'intelletto di Dio, che è altissimo, ha una conoscenza distinta ditutte le cose mediante il lume che è Dio stesso. Così, essendo questa scienza altissi­ma e avendo efficacia in forza dello stesso lume dell'ispirazione divina, essa rima­nendo unica, non moltiplicata, ha la considerazione delle diverse cose; e non sol­tanto in comune, come la metafisica, che considera tutte le cose in quanto sonoenti, non scendendo alla conoscenza propria delle realtà morali o naturali. Infatti lanozione di ente, essendo diversificata nelle diverse cose, non è sufficiente per unaconoscenza speciale delle cose; per la manifestazione delle quali il divino lume,rimanendo unico in se stesso, secondo il beato Dionigi, ha [invece] efficacia.

RISPOSTA ALLE DIFFICOLTÀ

1. Il lume divino, dalla cui certezza questa scienza procede, è efficace per la mani­festazione delle molte cose che vengono insegnate nelle diverse discipline filosofi­che, le quali procedono dalle nozioni delle cose alla loro conoscenza: quindi non ènecessario che questa scienza si moltiplichi.

2. Il Creatore e la creatura si liconducono all'unità non per una comunanza univo­ca, ma analoga. Ora, tale comunanza può essere duplice. O perché alcune cose par­tecipano qualcosa di uno secondo una priorità e una posteriorità, come la potenza e ,l'atto il carattere di ente, e similmente la sostanza e l'accidente; oppure perché unacosa riceve l'essere e la nozione dall'altra, e tale è l'analogia della creatura al:Creatore: infatti la creatura non ha l'essere se non in quanto discende dal primoente; per cui nenuneno è denominata ente se non in quanto imita il primo ente; e ~a

stessa cosa si dica della sapienza e di tutte le altre cose che si dicono delle creature.

3. Le cose che dipendono dalla nostra attività e quelle che dipendono dall'attivitàdella natura, considerate secondo le loro nozioni proprie, non cadono nella medesi­ma dottrina. Tuttavia un'unica scienza può considerare entrambe le cose se ha cer­tezza grazie allume divino, che è efficace per la conoscenza di entrambe le cose. Sipuò però anche dire che la virtù che il teologo considera non dipende da noi; anzi,Dio la opera in noi senza di noi, secondo S. Agostino.

141Prologo, q. l, a. 2

SoluzioneSolutio

Prologus, q. 1, a. 2140

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1014 In l Sententiarum, Dist. 19, q. 5, a. 2

nisi accipiatur non ens particulariter pro remotione alicuius cui substernitur ali­quod ens. Unde sicut quaelibet privatio entis particularisfundatur in bono sic etfalsum fundatur in aliquo vero sicut in aliquo esse. Unde sicut illud in duo estfalsitas vel malitia, est aliquod ens, sed non est ens completum; ita etiam illudquod est malum vel falsum, est aliquod bonum vel verum incompletum.

ARTlCULUS2

Utrum omnia sint vera veritate inereata(I, q. 16, a. 6)

Ad seeundum sie proeeditur.

l. VIDETUR quod omnia sint vera una veritate quae est veritas increata. Sicutenim dicWm est in solutione praecedentis articuli, verum dicitur analogice dellhs In qUlbus est ventas, sicut sanitas de omnibus sanis. Sed una est sanitasnumer~ a qua den?minatur animal sanum, sicut subiectum eius, et medicinasana slcuf causa elUS, et urina sana sicut signum eius. Ergo videtur quod unasi! veritas qua omnia dicuntur vera.

2. Praeterea, omnis rectitudo attenditur per aliquam mensuram. Sed veritas estrectitudo quaedam. Cum igitur videamus, omnibus temporalibus respondereunum t~mpus quasi mensuram, videtur etiam quod omnibus veris respondeatuna verztas, secundum quam dicantur vera.

3. P~aeterea, sicut se habet bonitas ad bona, ita se habet veritas ad vera. Sedomma sunt bona una bomtate. Unde Augustinus (De Trin. 8, 3): «Bonus esthomo, bona est facies, bonum est hoc et illudo Tolle hoc et illud, et videbisbo~um omnis boni». Unde videtur quod sit una bonitas numero in omnibus par­tlclpata, secundum quam dicuntur bona. Ergo videtur quod simi/iter omniadicantur vera una verifa/e, quae est veritas increata.

4. Si dic~s quod omnia dicuntur vera veritate increata exemplariter; contra.Umusculusque formae exemplar est in Deo, quod est creatrix essentia. Si igitur~oc suf!iceret ul omn~a ~~cerentur.vera veritate inereata, quia exemplantur ablpsa, vldetur quod slnllhter omma possent dici colorata, quia exemplanturcolore, qUI est In Deo exemplariter: quod est inconveniens.

5. CONTRA, mala fieri est verum. Sed nullum malum est a Dea. Ergo videturquod non omnia vera sint vera veritate increata.

Commento di S. Tommaso, Libro 1, Dist. 19, q. 5, a. 2 J015

il non ente in particolare mediante la rimozione di qualcosa a cui soggiace un qual­che ente. Per cni come qualsiasi privazione dell'ente particolare si fonda sul bene,così anche il falso si fonda su qualcosa di vero come su qualche essere. Per cuicome ciò in cui vi è la falsità o la malizia è un qualche ente, ma non è un ente com­pleto, così anche ciò che è male o falso è un qualche bene o vero incompleto.

ARTICOLO 2

Se tutte le cose siauo vere della verità increata

Problemal. SEMBRA che tutte le cose siano vere in forza di una sola verità, che è la veritàincreata. Come infatti si è detto nella soluzione dell'articolo precedente, il veroviene detto analogicamente di quelle cose nelle quali c'è la verità, come la sanità ditutte le cose sane. Ora, c'è numericamente una sola sanità dalla quale l'animaleviene denominato sano come suo soggetto, e la medicina sana come sua causa, el'urina sana come suo segno. Quindi sembra che sia unica la verità in forza dellaquale tutte le cose sono dette vere.2. Ogni rettitudine viene considerata mediante una qualche misura. Ora, la veIità èuna certa rettitudine. Poiché dunque vediamo che a tutte le realtà temporali corri­sponde un unico tempo come misura, sembra anche che a tutte le cose vere debbacorrispondere un'unica verità, secondo la quale vengano dette vere.

3. La verità sta alle cose vere come la bontà alle cose buone. Ora, tutte le cose sonobuone di un'unica bontà. Per cui S. Agostino: «Buono è l'uomo, buono l'aspetto,buono è questo e quello. Togli questo e quello, e vedrai il bene di ogni cosabuona». Per cui sembra che vi sia numericamente una sola bontà partecipata in tuttele cose, secondo la quale vengono dette buone. Quindi sembra che similmente tuttele cose vengano dette vere in forza di una sola verità, che è la verità increata.

4. Se dici che tutte le cose vengono dette vere della velità increata esemplarmente,si replica che di ogni fOlma l'esemplare è in Dio, che è l'essenza creatrice. Se dun­qne ciò bastasse perché tutte le cose siano dette vere della verità increata, cioè ilfatto di essere modellate su di essa, allora sembra che similmente tutte le cosepotrebbero essere dette colorate poiché modellate sul colore che è in Dio esemplar­mente; il che è inamtIÙssibile.5. MA AL CON1RARIO, è vero che avvengono i mali. Ora, nessun male è da Dio.Quindi sembra che non tntte le cose siano vere della verità increata.

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1016 In I Sententiarum, Dist. 19, q. 5, a. 2

Solurio

~espond~otd~cendum, q~od, :,icut dictum est, art. antec., ratio veritatis in duo-u: CO~')lS Il. m ,esse rei, et In apprehensione virtutis cognoscitivae proportio­

na.a a esse reI. Utrumque autem horum quamvis, ut dictum est dist' 8quaest. I, art. 1, reducatur in Deum sicut in causam efficientem t' 1

m.,

nihilominus tamen quaelibet re, partl'cl'pat . e exemp arem;. suum esse creatum quo fi l'test, et unusquisque intellectus participat lumen per quod rec;e de O':"~.' erquod quidem est exemplatum a lumine increato Habet eti . II re IU lcat,operati . . am tnte eelus suam

onem. m se, ex qua completur ratio veritatis. Unde dico, uod sicu;mum esse d,vmum quo omnia sunt, sicut a principio effectivo ex~mplari ~ .;~te~::U; tamen m. r~bu~. diversis .est diversum esse, quo formaliter res ;,t; li~~. st una Venla,\, s(lilcet dlvma, qua OInnia vera \'un! sicutp' ..

Uvo exemplari' n'h'l . " nnClplO effec-, .' l ommus sunt plures veritates in rebus creatis quibus i'tur verae fonnahter. ' lcun-

AD OBIECTA

1dpri71Um ig:ur dicendum, quod aliquid dicitur secundum analogiam triplici­ero ve secun um zntentlOnem tantum, et non secundum esse' e hu~a intentio ~efertur adplura per prius et posterius, quae ta~Je~ n~~e;~%~a;'domSI m uno; SICUt mtentlO sanitatis refertur ad animai urinam et d' t d" ssemode secundun" ,leam lverSI-

, . . 1 prlUS et pastenus; non tamen secundum diversum esse q .esse SanItatI,') non est nisi in animali. . .Ula

Vel ~~cundu~ esse et non secundum intentionem; et hoc cOl1tin ilparificantur m intentione alicuius communis ,ed illud c g quahndo plura. .... ' ' ommune non abet esseumu~ ra,t1OnlS In om~lbus, si~ut omnia corpora parificantur in intentione cor­poreltatls. Unde IOglCUS, qUI considerat intentiones tantum dicit hcorpus de omnibus c 'b . ' ,oc nomen. . . o.rpon us unzvoce praedicari: sed esse huius naturae nest elllsdem ratlOms '~ corporibus corruptibilibus et incorruptibilibus Un~:quantum ad metaphyslcum et naturalem, qui considerant res secundu .~~e, nec. hoc nom~n (~corpus», nec aliquid aliud dicitur univoce de cor;u;~i~:l us et tncorruptlblltbus, ut patet lO Metaphys. (text. 5) ex Ph'l h

Commentatore. ' l osop o et

Vel secundum intentionem et secundum esse' et hoc est d ..tur in . t t' . ,quan o neque pariflca-d t .m/; lO~ebcommunt,neque in esse; sicut ens dicitur de substantia et acci-

en e, e e ta l us oportet quod natura communis habeat ali uod esse' _quoqu~ e0r::.m de qUlbus dlCitur, sed differens secundum rati~nem mai~;i~:~Imznarzs pefJectlOnls. '

Et ~m~iter dico, quod veritas et bonitas et omnia huiusmodi dicuntur analogi­ce e. eo et creatuns: Unde oportet quod secundum suum esse omnia haec inDea sznt, et In creaturzs secundum rationem maioris peifectioni~' et . .qua sequitur. cum n . ' mznarzs; ex

d. : on pOSStnt esse secundum unum esse utrobique quod SI' tlversae verztates. ' n

Commento di S. Tommaso, Libro 1, Dist. 19, q. 5, a. 2 1017

Soluzione

Come si è detto, la nozione di verità consiste in due cose: nell'essere della cosa enell'apprensione della facoltà conoscitiva proporzionata all'essere della cosa. Ora,sebbene entrambe queste due cose, come si è detto, vengano ricondotte a Dio comealla causa efficiente ed esemplare, tuttavia ogni cosa partecipa il suo essere creatomediante il quale formalmente è, e ogni intelletto partecipa il lume per cui giudicarettamente della cosa, il quale certamente è modellato sul lume increato. L'intellettoha anche una sua operazione in sé, in hase alla quale si completa la nozione diverità. Per cui dico che come c'è un unico essere divino mediante il quale tutte lecose sono come dal principio efficiente esemplare, e tuttavia nelle diverse cose c'èun essere diverso_, con cui fonnalmente la cosa è, così anche vi è un'unica verità,cioè quella divina, mediante la quale tutte le cose sono vere come per il principioefficiente esemplare; tuttavia vi suno più verità nelle cose create, mediante le qualiesse vengono dette vere fonnalmente.

RISPOSTA ALLE DIFFICOLTÀ

1. Una cosa viene detta secondo l'analogia in tre modi: o solo secondo il concetto enon secondo l'essere, e ciò si verifica quando un concetto viene riferito a più cosesecondo un prima e un poi; e tuttavia non ha l'essere che in una sola; come il con­cetto di sanità si riferisce all'animale, all'urina e alla dieta in modi diversi, secondoun prima e un poi, non tuttavia secondo un diverso essere, poiché l'essere dellasanità non è che nell'animale.Oppure secondo l'essere e non secondo il concetto; e ciò accade quando più cosevengono parificate nel concetto di qualcosa di comune, ma quella cosa comune nonha un essere della stessa natura in tutte, come tutti i corpi vengono parificati nelconcetto di corporeità. Per cui illogico, che considera solo i concetti, dice che ilnome corpo si predica in modo univoco di tutti i corpi; ma l'essere di questa naturanon è dello stesso genere nei corpi corruttibili e in quelli incorruttibili. Per cuiquanto al metafisica e al filosofo della natura, che considera le cose secondo il loroessere, né il nome «corpo» né qualche altro viene detto in modo univoco dellerealtà corruttibili e di quelle incorruttibili, come appare dal Filosofo e dal Commen­

tatore.Oppure secondo il concetto e secondo l'essere: e ciò si ha quando non si parifica néin un concetto comune né secondo l'essere: come l'ente è detto della sostanza edell' accidente; e in tali cose bisogna che la natura comune abbia qualche essere inognuna delle cose di cui viene detta, ma differente secondo il carattere di una mag­giore o minore perfezione.E similmente dico che la verità e la bontà e tutte le cose del genere vengono detteanalogicamente di Dio e delle creature. Per cui è necessario che secondo il loroessere tutte queste cose siano in Dio e nelle creature secondo il carattere di unamaggiore e minore perfezione; dal che segue che vi sono diverse verità, nonp~,~~nii}~;:

do esse trovarsi dall'una e dall'altra parte secondo un unico essere. f .•.•/.. ''''j0~i' 1h,.,\\\JEflSnF ~" DI BilRI o\ ::J.I

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Page 9: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

S. TOMMASO D'AQUINO

COMMENTO

ALLE SENTENZE

di Pietro Lombardo

e testo integrale di Pietro Lombardo

LIBRO PRIMO

DISTINZIONI 22-48

EDIZIONI STUDIO DOMENICANO

La Trinità delle Persone - 2a parteGli attributi divini

dipartimento
Casella di testo
Bologna 2000
Page 10: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

ARTICULUS4

Utrum scientia Dei sit univoca scientiae nostrae

Ad quartum sic proceditur.

1. VIDETUR quod scie~tia Dei sit univoca scientiae nostrae. Agens enimdum formam produca effectum sibi univocum, sicut ignis per calorem imiuc'itcalor~m umvocum suo calori. Sed sicut dicit Origenes (In Rom. 16), et Dinnvsi'u.ç(De. dIv.. nom. 7), Deus dicitur sapiens, inquantum nos sapientia implet persaplentram. Ergo vldetur quod sapientia sua sit nostrae univoca.

535Commento di S. Tommaso, Libro 1, Dist. 35, q. 1, a. 4

Se la scienza di Dio sia univoca con la nostra scienza

ARTICOLO 4

D"oor,o"A ALLE DIFFICOLTÀ

Non si dice che l'essere divino non ha il carattere del nostro essere nel senso chemeno al carattere del nostro essere, ma nel senso che lo supera. Ora, quanto

un mezzo è perfetto, tanto più perfettamente in esso viene conosciuta la cosa:quanto il suo essere supera il nostro, altrettanto la sua scienza dell' essere

cosa, che conosce attraverso il suo essere, supera la nostra scienza che figuar-l'essere della cosa, ed è ricevuta dalla cosa stessa.

2. In nessuna scienza vi può essere la certezza se non mediante la riconduzione aisuoi primi principi. Ora, il fatto che il primo principio nella scienza geometrica nonbasti alla conoscenza celta delle cose che conseguono dipende dal fatto che essonon è la loro causa totale: per cui si deve giungere alla loro conoscenza mediante'aggiunta di tutti gli altri [principi]. Invece Dio stesso è la causa perfetta di tutte le

cose che sono da lui; e così egli attraverso la sua essenza conosce perfettamentetutte le cose.

3. È impossibile che una stessa cosa sia propria di più cose che la partecipano nellostesso modo, e totalmente, e perfettamente; ora, sebbene tutte le cose partecipino labontà divina, tuttavia nessuna realtà creata la imita perfettamente, ma una cosa le siassimila in qualcosa in cui non le si assimila un'altra; e così egli è l'immagine rap­presentativa propria di ciascuna cosa, come risulta chiaro nell'esempio portatosopra (a. 1) di colui che ha nn abito sufficiente a più scibili: infatti il suo abitounico è la somiglianza di ciascuno dei tre abiti che si trovano nei diversi soggetti,anche secondo che uno si distingue dall'altro; infatti conviene con la grammaticaper il fatto che con esso vengono conosciute le regole grammaticali, e così per glialtri [abiti]. E così è chiaro che un'unica cosa può essere l'immagine rappresentati­va di più cose che non la imitano perfettamente, come le creature non imitano per­fettamente la bontà divina.

4. Non solo l'essere divino è la causa dell' essere delle cose, ma anche la sua scien­za e la sua volontà: dalle quali si deduce ottimamente l'essere della cosa: poiché ciòche Dio vuole che sia, potendolo e conoscendolo, procede nell'essere in virtù dellasua essenza. Ora, queste cose sono conosciute da Dio: e così ha una conoscenzacerta delle cose.

Problemal. SEMBRA che la scienza di Dio sia univoca con la nostra scienza. Infatti l'agentesecondo la forma produce un effetto univoco a sé, come il fuoco mediante il caloreinduce un effetto univoco al suo calore. Ora, come dicono Origene e Dionigi, Dio èdetto sapiente in quanto ci riempie di sapienza con la sua sapienza. Quindi sembrache la sua sapienza sia univoca alla nostra.

In I Sententiarum, Dist. 35, q. 1, a. 4534

AD OBIECTA

Ad primum ergo dicendum, quod esse divinum non negatur eiusdem raitiOiqi~esse cum esse nostro quia deficiat a ratione nostri esse, ,l'ed quia eX.celti.Quanto autem medlum peifectius est, tanto in eo res periectius cognos.citur:Ideo qu~nto esse SUum excedit nostrum, tanto scientia sua de esse reicogno~clt per esse suum, excedit scientiam nostram, quae est de esse rei'ta ab lpsa re.

Ad se~undum dicendum, quod nullius scientiae certitudo potest esse nisireductzone"'. m przma sui principia. Sed quod primum principium in Re,om:etr'i"~IS non SUfflClt ad certam cognitionem eorum quae consequuntur, hoc estlpsum non. est tota causa eorum; unde oportet quod adiunctis omnibus 'eoru.m notal~n: veniatur. &d ipse Deus est perfecta causa omnium quae absunt, cum .mhll possa aCClpl quod ab ipso non sit: et ideo ipse per e".erltill/ilsuam omnra perjecte cognoscit.

Ad tertium dicendum, quod impossibile est idem esse proprium pluriume~dem modo lp~um participent, et secundum totum, et peifecte; sed bo'ni.tatelizdl~mam quan:vls omnes res participent, tamen nulla res creata ipsam pertectélml!atur,. sed m alzquo assimilatur sibi una res in qua non assimilatur sibiet ldeo lpse est propria similitudo uniuscuiusque rei, sicut patet in ex,em.vtiJprzus mducto, art. 1 huius quaest. in corp., de ilio qui habet habitum sw'tirip"cte~n ad pl~ra scibilia: est enim habitus illius unus similitudo uniU.'CI,iu,sfJuPtrzwn habltuum, qui in diver~is inveniuntur, etiam secundum id quodallO dlstmgwtur.: co~vemt emm cum grammatica in eo quod per ipsum co,gn,oi,cuntur g:~mmatlcalra, et sic de aliis. Et ila patet quod una res potest esseprza s.",ulztudo plurzum non peifecte ipsam imitantium, sicut creaturae nonfecte lmltantur dlvinam bonitatem.

Ad quartum dicendum, quod non solum esse divinum est causa essendi res,etlam SCIentra et voluntas sua: ex quibus optime concluditur esse rei; quiaquod Deus vult esse, cum possit et sciat, virtute essentiae suae in esse nrtJrpr/itHaec autem Deo cognita sunt; et ita certam de rebus cognitionem habet.

Page 11: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

Solutio

537Commento di S. Tommaso, Libro 1, Dist. 35, q. 1, a. 4

In tre modi accade che una certa cosa sia comune a più cose: o univocamente, oequivocamente, o analogicamente. Indnbbiamente nulla pnò essere detto in modounivoco di Dio e della creatura. E la ragione è che, dovendosi considerare nellacosa due componenti, cioè la natnra o quiddità della cosa e il suo essere, bisognache in tutti gli univoci vi sia comunità secondo la nozione della natura, e nonsecondo 1'essere: poiché un solo essere non è che di una sola cosa, per cui 1'abitodell'umanità non è secondo lo stesso essere in dne nomini; quindi ogniqualvolta laforma significata dal nome è lo stesso essere non può convenire univocamente, percui nemmeno 1'ente viene predicato in modo univoco. Dato quindi che la natura ola forma di tutte le cose che vengono dette di Dio è lo stesso essere, poiché il suo

Soluzione

2. La misura e il misurato sono della stessa natura, per cui a ciascuna cosa corri­sponde una misura propria: infatti non vengono misurate con la stessa misura lecose liquide e qnelle ascintte, come dice Aristotele. Ora, la scienza di Dio è lamisura della nostra scienza, la quale è tanto più vera quanto più si avvicina ad essa.Quindi sembra che sia univoca con la nostra scienza.

3. Se dici che non è univoca per il fatto che la scienza di Dio eccede la nostra scien­za, si risponde che il più e il meno non diversificano la specie. Ora, 1'eccesso di unascienza viene considerato secondo l'essere più o meno conoscente. Quindi sembrache da ciò non venga tolta l'univocità della scienza.

4. Se dici, con il Commentatore, che non è nnivoca in qnanto la scienza di Dio ècausa delle cose e la nostra è causata dalle cose, si risponde che in noi la scienzaspecnlativa è causata dalle cose, ma la scienza pratica è causa delle cose: e tnttaviail nome di scienza non è predicato in modo eqnivoco nei due casi. Qnindi anche lasuddetta ragione non toglie 1'nnivocità.

5. MA AL CONTRARIO, nnlla è comune all'eterno e al corrnttibile se non secondo ilnome, come dice il Commentatore, e anche il Filosofo. Ora, la scienza di Dio èeterna, mentre la nostra è corrnttibile, essendo possibile perderla per dimenticanzae acquisirla con l'apprendimento e la scoperta. Quindi la scienza compete a noi e aDio in modo equivoco.

6. Tutte le cose che sono univoche sotto qualche aspetto sono simili in qualcosa.Ora, fra tntte le cose simili vi è nna certa comparazione, e d'altra parte la compara­zione rignarda solo le cose che convengono in qualche natura. Poiché dunqne nes­suna creatura conviene con Dio in qualche natura comune, poiché quella precede­rebbe entrambi, sembra che nulla si dica in modo univoco di Dio e della creatura.

7. Nessuna cosa detta univocamente può essere in uno sostanza e in un altro acci­dente. Ora, la scienza in noi è un accidente, mentre in Dio è una sostanza. Quindiviene predicata in senso equivoco.

In I Sententiarum, Dist. 35, q. 1, a. 4536

2. Praeterea, mensura et mensuratum sunt unius ralionis; unde UrliCI"ir,ru<pria mensura respondet: non enim eodem mensurantur liquida etMetaph. dicitur. Sed scientia Dei mensura est scientiae nostrae'verior est quanto ad eam magis accedit. Ergo videtur quod sit univ~canostrae.

3. Si dicas, quod non est univoca ex eo quod scientia Dei nn,trnm

scientiam; contra. Magis et minus non diversificant speciem.scientiae attenditur secundum hoc quod est esse magis et minus scienltelnvidetur quod ex hoc univocatio scientiae non tollatur.

4. Si dicas, ut dicit Commentator in IO Metaph. (text. comm. 51),tanto non est univoca, quia scientia Dei est causa rerum, et nostra sc,ieni{acausata a rebus; contra. Scientia speculativa in nobis causata est ascientia practica est causa rerum; nec tamen de utroque nomen scier'tii"voce praedicatur. Ergo et rafio praedicta univocationem non tollit.

5. CONTRA, aeterno et corruptibili nihil est commune, nisi secundum num.nin lO Metaphysic. (text. comm. 26) a Commentatore dicitur, etPhilosopho. Sed scientia Dei est aeterna, nostra autem est corrr"TJI!ib.iliscontingit per oblivionem amitti, et per doctrinam vel inventionem acauiri.scientia aequivoce et nobis et Deo convenit.

6. Praeterea, quaecumque univocantur in aliquo, horum est similitudoSed omnium similium est aliqua comparatio; comparatio autem nonconvenientium in natura aliqua. Cum igitur nulla creatura cum Deo rnnv,i;'

in aliqua natura conununi, quia illa esset utroque prius, videtur quodvoce de Deo et creatura dicatur.

7. Praeterea, nihil univoce dictum potest esse in uno substantia et indenso Sed scientia in nobis est accidens, in Deo autem substantia. Ergovoce praedicatur.

Respondeo dicendum, quod tribus modis contingit aliquid aliquibus comn1U!esse; vel univoce, vel aequivoce, vel analogice. Univoce quidem nonquid de Deo et creatura dici. Huius ratio est, quia cum in re duo sit r",",i.·1Prre: scilicet naturam vel quidditatem rei, et esse suum, oportet quod in On1nlmunivocis sit communitas secundum rationem naturae, et non se.cu,ndumquia unum esse non est nisi in una re; unde habitus humanitatis nondum idem esse in duobus hominibus: et ideo quandocumque formaper nomen est ipsum esse, non pales! univoce convenire, propterens non univoce praedicatur. Et ideo cum omnium quae dicuntur de Deavel forma sit ipsum esse, quia suum esse est sua natura, propter quod dÙ:itll(

Page 12: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

539Commento di S. Tommaso, Libro 1, Dist. 35, q. 1, a. 4

RISPOSTA ALLE DIFFICOLTÀ

l. Dall'agente secondo la fonna non viene prodotto un effetto univoco se non qnan­do il ricevente è proporzionato a ricevere tutta la virtù dell' agente, o secondo lastessa natura: e così nessuna creatura è proporzionata a ricevere la scienza da Dionel modo in cui è in lui; come nemmeno i corpi inferiori possono ricevere il caloredel sole univocamente, sebbene esso agisca mediante la sua forma.

2. La scienza di Dio non è una misura adeguata alla nostra scienza, ma eccedente:quindi non segue che sia della stessa natura della nostra scienza in modo univoco,ma secondo l'analogia.

3. Il più e il meno non tolgono mai l'univocità, ma le cose dalle quali è causato ilpiù e il meno possono determinare una differenza nella specie, e togliere l'univo­cità: e ciò accade quando il più e il meno sono causati non da una diversa partecipa­zione a una medesima natura, ma dai gradi di nature diverse; come r Angelo è piùintellettuale dell'uomo.

La ragione del Commentatore di per sé non vale se non in quanto viene presa inmateria: infatti la scienza che è causa delle cose come la scienza divina non

può essere univoca con la scienza causata dalle cose; e la ragione è stata detta.

poiché le altre ragioni sembrano conclndere che [la scienza di Dio] venga detta indel tutto equivoco, bisogna rispondere ad esse.

Quel detto va inteso quanto all'essere, e non quanto all'idea della cosa che vienepf<,dical[a in comune: poiché il corpo, anche secondo che viene detto qui, viene pre­

in modo equivoco dei corpi corruttibili e di quelli incorruttibili; eppure lanozicme è la stessa in entrambi, se viene considerata secondo l'idea comune.

essere è la sua natura, per cui alcuni filosofi dicono che è un ente non in un'essen­za, e conoscente non mediante la scienza, e analogamente per le altre cose, cosìnulla può essere detto in modo univoco di Dio e delle creature.

E così alcuni dicono che tutto ciò che viene detto di Dio e della creatura viene dettoper pura equivocazione. Ma anche questo non può reggere: poiché in quelle coseche sono puramente equivoche per il caso o la fortuna da una non si conosce 1'altra,come quando lo stesso nome compete a due uomini. Poiché dunque attraverso lanostra scienza si giunge alla conoscenza della scienza divina, non ci può essere solol'equivocità.

Quindi bisogna dire che la scienza viene detta analogicamente di Dio e della crea­tura, e similmente tutte le cose del genere. Ma vi è una duplice analogia. Unasecoudo la convenienza in qualcosa di unico, che compete agli analoghi secondo unprima e un poi: e questa analogia non ci può essere fra Dio e la creatura, comenemmeno l'univocità. L'altra analogia è secondo che una cosa imita l'altra perquanto può, senza uguagliaria perfettamente: e questa analogia è della creaturaverso Dio.

In I Sententiarum, Dist. 35, q. I, a. 4538

AD OBIECTA

Ad primum ergo dicendum, quod ab agente secundum formam non modl.tcieffectus univocus nisi quando recipiens est proportionatus ad mcll.iend,totam virtutem agentis, vel secundum eamdem rationem; et sic nullaest proportionata ad recipiendum scientiam a Deo per modum quo insicut nec corpora inferiora possunt recipere ca/vrem univoce a sole,per formam suam agat.

Ad secundum dicendum, quod scientia Dei non est mensura CO,2el]Ulltatiae nostrae, sed excedens; et ideo non sequitur quod sit eiusdemsecundum univocationem cum scientia nostra, sed secundum an'al,ol{,ia,n.

Ad tertium dicendum, quod magis et minus nunquam univocationem nuFPrJi.sed ea ex quibus magis et minus causatur, possunt dijferentiam specieiet univocationem auferre: et hoc contingil quando magis et minus caUSl11ltnon ex diversa participatione unius naturae, sed ex gradu diversarumrum; sicut Angelus est homine intellectualior.

Ad quartum dicendum, quod rafio Commentatoris, per se non est ",Ffir·ip,."

secundum quod accipitur in tali materia; scientia enim quae siererum ut scientia divina, non pales! scientiae causatae a rebus uHi"r.rfl

cuius ratio dieta est.

Et quia aliae rationes videntur concludere quod omnino aequivoce di,cmfur,ad eas respondendum est.

Ad quintum ergo dicendum, quod dictum illud est intelligendum qu,antLtmesse, et non quantum ad intentionem rei quae communiter praedi,:atur;corpus, etiam secundum hoc quod dicitur ibi, aequivoce de co'muTJitibilill!lincorruptibilibus praedicatur, cuius tamen ratio eadem est in utroquedum intentionem communem consideretur.

quibusdam philosophis, quod est ens non in essentia, et sciens non pertiam, et sic de aliis, ut intelligatur essentia non esse aliud ab esse, etaliis: ideo nihil de Deo et creaturis univoce dici potest.

Et ideo quidam dicunt, quod quidquid de Deo et creatura dicitur, peraequivocationem dicitur. Sed hoc etiam non potest esse; quia in hispure aequivoca per casum et fortunam, ex uno non cognoscitur nlin,,,,,.,

quando idem nomen duobus hominibus convenit. Cum igitur per scie"'ti,,;"nostram deveniatur in cognitionem divinae scientiae, non pales! esseomnino aequivocum.

Et ideo dicendum, quod scientia analogice dicitur de Deo et creatura,ter omnia huiusmodi. Sed duplex est analogia. Quaedam secundum rn""",OH;';'

tiam in aliquo uno, quod eis per prius et posterius convenii; et haec ana/è,dnon pales! esse inter Deum et creaturam, sicut nec univocatio. Alia ana/è'Rest, secundum quod unum imitatur aliud quantum potest, nec nprf"'rt"

assequitur; et haec analogia est creaturae ad Deum.

Page 13: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

ARTICULUS5

Vtrum scientia Dei sit universalis

-.ì

541Commento di S. Tommaso, Libro 1, Dist. 35, q. 1, a. 5

Se la scienza di Dio sia universale

ARTICOLO 5

Problemal. SEMBRA che la scienza di Dio sia universale. È infatti universale quella scienzache è mediante le cause universali. Ora, Dio conosce tutte le cose mediante la causapiù universale, cioè mediante la sua essenza. Quindi la sua scienza è sommamenteuniversale.

2. Sembra che sia particolare. Infatti la conoscenza particolare è quella mediantecui si conosce la natura propria della cosa. Ora, Dio conosce perfettamente le natu­re proprie delle cose. Quindi la sua scienza è particolare.

3. Sembra che sia anche in potenza. Come infatti la sua operazione si estende aquelle cose che sono fuori di lui, e sono causate dalla sua operazione, così anche lascienza: dato che le cose che sono fuori di lui sono da lui conosciute. Ora, Dio nonsempre ha operato le cose in atto, poiché non sono esistite dall'eternità. Quindisembra che nemmeno debba essere detto conoscente sempre in atto, ma talora inpotenza.

4. Sembra che lo sia auche in abito. Come infatti la potenza è intermedia fra l'es­senza e l'operazione, così l'abito è intermedio fra la potenza e l'atto. Ora, sebbenein Dio tutte le cose siano una cosa sola, tuttavia designiamo l'essenza, l'operazionee la virtù. Quindi similmente potremo designare in lui anche l'abito, in modo dadire che Dio è conoscente in abito [o ha l'abito della scienza].

5. Sembra che la scienza sia in atto. Nessuna cosa infatti è agente se non in quantoè in atto. Ora, Dio fa tutte le cose mediante la sua sapienza, per cui è scritto: «Haifatto ogni cosa con sapienza», Quindi la sua scienza è sommamente in atto.

MA AL CONTRARIO, le cose che non hanno una medesima nozione non si dividonole stesse differeuze: poiché, secondo il Filosofo, di generi diversi sono diverse

le specie e le differeuze. Ora, la scienza di Dio e la nostra scienza non hanno unamedesima nozione. Poiché dunque le cose predette sono differenze della nostrasciienza, sembra che non vadano riferite alla scienza divina.1111)urto, anche il Commentatore dice che la scienza di Dio non è né universale, népartl(:ol,,,e, né in potenza.

6. Fra Dio e la creatura non c'è somiglianza per convenienza in qualcosa di comu­ne, ma per imitazione: per cui si dice che la creatura è sirrùle a Dio mentre non èvero l'inverso, come dice Dionigi.

7. La scienza non viene predicata di Dio secondo la nozione del suo genere, cioèdella qualità accidentale, ma solo secondo la nozione della differenza, che appartie­ne alla perfezione, secondo la quale è imitata dalla natura, come si è detto.

In I Sententiarum, Dist. 35, q. I, a. 5540

Ad sextum dicendum, quod inter Deum et creaturam non est similitudovenientiam in aliquo uno communi, sed per imitationem; unde creaturaDeo dicitur, sed non convertitur, ut dicit Dionysius (De div. nom. 9).

Ad septimum dicendum, quod scientia non praedicatur de Deo secundumnem generis sui, qualitatis scilicet accidentalis, sed solum secundum ral'iGlteidifferentiae, quae ad peifectionem pertinet, secundum quam a natura atltendÌJtUper imitationem, ut dictum est.

Ad quintum sic proceditur.I. VIDETUR quod scientia Dei sit universalis. Scient/a enim universalis estest per causas universales. Sed Deus scit omnia per causam un!iv,",,'al,issimamscilice! per essentiam suam. Ergo sua scientia est maxime universalis.

2. ltem, videtur quod sit particularis. Cognitio enim particularis est percognoscitur propria natura rei. Sed proprias naturas omnium rerumfecte cognoscit. Ergo sua scientia particularis est.

3. ltem, videtur quod etiam sit in potentia. Sicut enim operatio sua extendit\.i.ad ea quae sunt extra ipsum, quae ipsius operatione causantur, ita et sc,ientìti.cum ea quae extra ipsum sunt, ab eo cognoscantur, Sed Deus non .,pm,wr

rm~s est res in. actu, quia ab aeterno non fùerunt. Ergo videtur quod necdIcI semper SClens In actu, sed quandoque in potent/a.

4. !tem, videtur quod etiam sit in habitu. Sicut enim potentia est medium inlessentiam et operationem, ita habitus est medium inter potentiam et actum.Squa';lvis in Dea omnia unum sint, tamen designamus essentiam, operationeet VlTtutem. Ergo et similiter habitum in ipso designare poterimus, ut dicamDeum esse scientem in habitu.

5. ltem, videtur quod scientia sit in actu. Nihil enim est agens nisi secunduquod est in actu. Sed Deus agit omnia per sapientiam suam; unde in Psalm.l24, dicitur: «Omnia in sapientia fecisti». Ergo sua scientia maxime est in

SED CONTRA, ea quae non sunt eiusdem rationis non dividuntur eisdem ,/;''fp,.';,

liis: quia, secundum Philosophum (Antepraedicam.), diversorum oP'np'h,

diversae sunt species et differentiae. Sed scientia Dei et scientiasunt elusdem rationis. Ergo cum omnia praedicta sint differentiae no'str'q,scientiae, videtur quod ad divinam scientiam non sint referenda.

Praeterea, ho~ et/am Commentator dicit (Metaph. 2, text. 5I), quodDel nec est Unlversalis, nec particu!aris, nec in potentia.

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S. TOMMASO D'AQUINO

LA OMMT aLaCI

TRADUZIONE E COMMENTO

A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI

TESTO LATINO DELL' EDIZIONE LEONINA

I

AA4"~,'A E NATUHA

(I, qq. 1-13)

UNIVERSITÀ DEGli STUDI· BARIfACOl TÀ DJ LETTeRE r: FilOSOFI/l,

LI FILOSOFIA

·130)0/inv.X; m'-lm ---

CASA EDITRICE ADRIANO SALANI

dipartimento
Casella di testo
Firenze 1964
Page 20: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

304 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 13, Ha.. 3-4 I NOMI DI DIO 305

senza che alcun limite di partecipazione sia incluso nel loro sìgnifi­cato, come ente, buono, vivente e simili: e questi si dicono di Dioin senso proprio. l

2. Dionigi dice che tali nomi si debbono negare a Dio precisamen~ep~r .<ì\jcisto, _p,erchè ciò che è espresso nel nome non compete a DIOnetmodo col quale il nome lo signifìc~, nla in una ffi.anieru,P!.ù SU~blime. Perciò Dionigi nel medesimo punto dice che DIO è al dIsopraili ogni sostanza e di ogni vita.

3. Qnesti nomi che si dicono di Dio in sensp proprio, importanocondizioni corporali, non nello stesso significato de~ nome, ma quantoal modo di significare. Quelli invece che si applicano a Dio in senspmetaforico, implicano [maierialità o] condizione corporale nellostesso loro significato.:I

ARTICOLO 4

Se nomi che si danno a Dio siano sinonimi.

SEMBRA che i diversi nOfili che si danno a Dio siano dei sinonimi.Infatti :

1. Si chiamano sinonimi quei terminl che significano in tutto lamedesima cosa. Ora, i nomi' che si dicono di Dio indicano, in tutto,la medesima cosa in Dio, perchè la bontà di Dio è la sua essenza,come anche la sapienza. Dunque tutti questi termini sonp sinonimi.

2. A chi dicesse che questi nomi significano in realtà. la stessacosa però con una diversità di concetti, si ribatte: un concetto, acui ~on corrisponde qualcosa di reale, è vano: ~e dunqu.e questi con­cetti sono molti e la realtà è una, pare che talI concettI SIano vani.

3. Ciò che è uno realmente e concettualmente, è più uno di ciò cheè uno reahnente e molteplice concettualmente. arai Dio è uno almassimo grado. Dunque paro che non sia uno realmente e molte·plice concettualmente. E così i nomi detti di Dio non indicano con­cetti diversi, e perciò sono sinonimi.

iN CONTRARIO: Termini sinonimi, uniti insieme, no~ sono che ungiuoco di parole, come se si di~esse: La. vest.B ~ un md~mento. ~~dunque tutti i nomi dett~ di DiO sono smon~mI! non. SI. J:l?trà pIUdire convenientemente D'W buono ed espresslOlll consImIlI, e~pur~sta scritto in Geremia: « O fortissimo, o grande, o potente, 11 CUInome è il Signore. degli eserciti n.

HrSPONDo: I nomi che si danno a Dio non sono ~inoni~ni Asserzi:)]'?-e,questa, facile a provarsi se dicessimo che. questI nomI ~ono st~h In­trodotti per escludere qualche cosa da DIO, o per desIgna.re 11 ~u~rapporto di causa verso le creature: -cbè .allora sotto questI npmI v~sarebbero diverse nozioni secondo le varIe cose negate, o secondo ldiversi effetti che si hanno di mira. Ma anche stando a quel che

l Lo prime perfezioni si dicono "perfezioni miste,,; le seconde si dicono "per-ferioni sempllcL". (Vedi p. 286, nota 1). t

2 Vi sono dunque dei nomi che, quanto alla perfezione che esprimono, sono at ia qualificare propriamente l'infinita perfezione divina. Sono nomi dI realtà .sem-

absolute, absque hoc quod aliquis modus participandi claudatur inearum significatione, ut ens, bonum, 'Uivens, et huiusmodi: et taliaproprie dicuntur de Deo.

AD SECUNDUM DICENDUM guod ideo huiusmodi nomina dicit Diony~

sius negari a Deo, quia id quod significatur per nomen, non conveniteo modo ei, qua nomen significat, sed excellentiori modo. Unde ibi­dem dicit Dionysius quod Deua est {( super omnem substantiam etvitam)).

AD TERTIUM DlCENDUM quod ista nomina qnae proprie dicuntur deDea, important conditiones corporales, non in ipso significato nomi­nis, sed quantum ad modum significandi. Ea vero quae metaphoricede Dea dicuntur, important conditionem corporalem in ipso suo si­gnificato.

ARTICULUS 4

Uirum nomina dieta de Deo sint nomina synonyma.

I Sent., d. 2, a. 3 j d. 22, a. 3; I Conto Gent., c. 35; De Pot.. q. 7, a. 6 iCompend. Tlteol., c. 25.

AD QUARTUM SIC PROCEDITVR. Videtur quod i8ta nomina dicta de Deojsint nomina synonyma. Synonyma enim nomina dicuntur, quae omenino idem significant. Sed is1:a nomina dieta de Deo, omnino idemsignificant in Deo: quia bonitas Dei est eius essentia, et similitersapientia. Ergo ista nomina sunt omnino synonyma.

2. Si dieatur quod ista nomina significant idem secundum rem,sed S'ecundum rati-ones diversas, contra: Ratio cui non respondet ali­quid in re, est vana; si ergo istac l'ationes sunt multae, et l'es estuna, videtur quod rationes istue sint vanae.

3. PRAETEREA, magis est unum quod est unum re et ratione, quamquod est unum re et multiplex ratione. S<"d Deus est maxime unus.Ergo videtur qllod non sit nuns re et muItiplex ratione. Et Bic nominadieta de Deo non significant rntiones divE'rsas: et ita snnt synon}'ma.

SED CONTRA, omnia synonyma, sibi invicem adiuncta, nugationemadducunt, sicut si dicatur vestis indurnenlmn. Sì igitur omnia no~

mina dieta de Deo suni:. synonyma, non posset convenienter dici Deusbonus, vel aliquid huiusmodi; cum tamen scriptum sit Ierem. 32, /8:

({ Fortissime, magne, p-otens, Dominus exercituum rtomen libi lI.

RESPONDEO DICENDUM quod huiusmodi nomina tiicta de Deo, non suntsynonyma. Quod quidem facile esset videre, si dicere-mus quod huius­modi nomina sunt inducta ad removenduffi, vel ad designandumhabitudinern causae respectu creaturarum: sic enim essent diversaeratianes horUffi nominum serundum divcl'sa negata, vel secundumdiversos effectus connotatos. Sed secundum quod dictum est [a. 2]huiusmodi nomina substantiam divinam significare, licet imperfecte,etiam pIane apparet, secundum praemissa [aa. l, 2], quod habent

plici, che si ritrovano secondo vari modi e gradi anche nelle cr.eature stesse; nèil concetto nè li nome di esse includono necessariamente un modo limitato di es­sere delle medesime. Sicchè niente vieta che possano esistere anche secondo un' in­tensità infinita. Cosi, p. E's., la l'ontà, la vita, la felicità. l'essere... : perfezioni af­tatto semplici, massimamente comprensive, racchiudenti l' infinltà della perfezione.

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306 LA SoMMA TEOLOGiCA, i, q. i3, aa. 4·5I NOMI DI DIO 307

abbiamo. detto, che cioè tali nomi significhino, per quanto imperfet­tamente,' la sostanza divina, si dimostra facilmente, da quanto pre­cede, che c()ntengopoidee diverse. li~iIlveroJ l'idea espressa dal n()TD8è la concezione che 1'intelletto si fa della oosa indicata dal nomè.-Ora, il nostro intelletto, siccOme cpnosee Dio per mezzo delle créa­ture,perconoscere Dio forma dei concetti proporzionali alle perfe­zioni derivanti da Dio nelle creature; le quali perfezioni in Dio pree­~istqno.allo statp di unità e semplicità; ma nelle creature son rice­vute divise e molteplici. Come dunque alle diverse perfezioni dellecreatlue corrisponde lin unico principio semplice, rappresentato inmaniera varia e multipla dalle diverse perfezioni delle creature; cO.<;Ì

alle concezioni molteplici e varie del nostro intelletto cprrispondeun unico oggetto assolutamente semplice, conosciuto imperfetta­mente secondo tali concezioni. !5 perciò i nomi attribuiti a Dio, seJJ::1?:Eln~~i15Ilifichino realmente una sola cosa, tuttavia, siccome la si~gnifi~ano in concetti molteplici e diversi, non sono sinonimi.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. E cosi è sciolta la prima difficoltà.Infatti si chiamano sinonimi i nomi che significano una sola cosa se­condo un unico concetto. Ma quelli che esprimono nozioni diverse diuna identica realtà non significano prima'riamente e direttamenteqna medesima cosa.; perchè il nome non indica la realtà se non me­diante la concezione dell' intelletto, come si è dimostrato.

2. I molteplici sensi di questi termini non sono falsi e vani, perw

chè a tutti corrisponde una realtà semplice rappresentata da essi inmodo vario ed imperfetto.

3. Dipende dalla perfetta unità di Dio che si trovi in lui in ma­niera semplice e unitaria ciò che è mplteplice e' diviso nelle cose. Edè per questo che egli è uno realmente, e molteplice secondo i con­cetti [che ne abbiamo]; perchè il nostro intelletto lo apprende inmolteplici modi, come in molteplici modi le cose lo rappresentano. 1

ARTICOLO 5

Se i nomi attribuiti a Dio e alle creature siano loro attribuitiin senso univoco. li

SE'MBRA che i nomi attribuiti a Dio e alle creature siano loro attri­buiti in se,uso lmivoco, Infatti:

1. Ogni equivoco si riduce all'univoco, come il multiplo all'uno.Difatti, se è vero che la parola cane è applicata equivocamente al.

l La semplicissima essenza dlvin,l non ne scapita nulla, dunque, dal fatto cheil nostro Intelletto forma di essa diversi concetti e 11 esprime con diversi nomi. Ledistinzioni non sono in Dio, ma nella n,ostra mente. incapace di conoscerlo conun solo concetto, come Dio conosce se stesso. Ma la ricchir.sima semplicità dIvinafornisce un ottimo fondamento alla distlnzi.one che la nostra mente è costretta afare., Nò la nostra mente ignora che i suoi va.rI concetti non sono vari modi diessere della r8<'lltà divina, ma sono varì modi secondo cui è da noi conosciuta.f;: nece~.sario, perchè si abbia verità, che ci sia una certa conformità tra la cosaconosciuta e la conoscenza j ma questa conformità non v,<t spinta fino a identifi­care il pensiero e la realtà pensata, o l modi del pensare con i modI dell'essere,

~ationes diversas,. R~tio enim quam significat nom,en, est conceptiomtellectus de' re slgmficata per nomen. Intellectus autem noster cumcog~oscat Deum ex creaturis, format ad intelligendurn Deuro' con..,cephones proportionatas perfectionibus procedentibus a Deo in crea­t,;uas. Quae quidem perfectiones in Deo praeexistunt unite et simpli..'.clter: in ?reaturis .vero recipiuntur divise et multipliciter. 8icut'igi,.t';lr, dlversls perfectIpnibus creaturarum respondet unum simplex prÌ.I!-.mpmm, repraesentatum per diversas perfectiones creaturarum varieet m';lltipliciter; ita variis et multiplicibus· conceptibus intellectusnost~l l'espondet U111!m omnino simplex, secundum: huiusmodi COTI-,

c~pt:ones lmperfecte mtellectum. Et ideo nomina Dea attributa, licetslgm,ficent .nnaI? rem, tamen, quia signUìcant eam sub l'ationihusIll.Ultl$ et dlversls, non sunt synonyma. ...,

ET SI.C P~TET SOLUTIO AD PRIMUM: quia nomin'a synonyma dicuntur,quae slgn.lficant ~num secl~ndum unam rationem. Quae eniro s.igni,.ficant ratl?nes dlversas un~us .rei, non primo et per se unum signl­ficant: qma nomen non slgmficat rem nisi mediante conceptioneintellectus, ut dictum est [a. 1]. , .

AD SECUNDUM DICENDUM quod rationes plures horum norninum nonsunt cassae et vanae: quia omnibus eis l'espondet unum quid sim­plex, per omnia huiusmodi multipliciter et imperfect.e repraesen­tatum..A~ TERTIUM DICE~'1JUM quod hoc ipsum ad perfectam Dei unitatern

pertm~t, q~?d ea qu~e sunt multipliciter et· divisim in aUis, in ip80sunt SlIDphClter e~ umte. Et .ex .hoc contingit quod est uuns re et plu~

l'es secu!1dum rahonem: qma mtellectus noster Ha multipliciter ap~

prehendlt eUffi,' sicut l'es multipliciter ipsum repraesentant.

ARTICULUS 5Utrum ea quae de Deo dicuntur et creaturis

univoce dicantur de ipsis. '

I Sent., Pro1., a. 2, ad 2: d. i9, q. 5, a. 2. ad i: d. 35, a. -4;I Conto Gent" cc, 32, 33, 34:

De Vel'tt" q. 2, a. 11; De Pot., q. 7, a. 7: CompentL. Theol., ·c. 27.

An QUINTUM SIe PROeEDITeR. Videtur quod ea quae dicuntur de De~iet c,reaturis, UJ::ivpce de ~psis dicantur. Orone enim aequivocum re-'duc~tur a~ unlvo:-~m, Sleut multa ad unum. Naro si hoc nomencan'/.s aeqUlvpce dlcltur de latrabili et mari;no, oportet quod de aU-.

come pretendevano. fra gli antichi, Parmenide e Platone e fra I moder~i filosofiHegel e seguaci. ,. ,

Il Questo articolo è fondamentale. Riassume e condensa in un quadro logicOperfetto tutto l'insegnamento circa la nostra c01!;nizione di Dio e il valore dellenostre espressioni. Poichè i nomi riferiscono imlllediatamente i concetti che lanostra mente si fa delle realtà, c mediante essi la realtà stessa ci si domanda'I, nomi usati a qualifl.~are Dio e le creature (quando si dice, p, e;" Dio è sapiente',l uomo è sapiente j DIO è adirato, l'uomo è adirato....) che valore hanno? E unaunivocazlone puramente materiale, oppure ('.cla anche un senso unico o almenosimile? C'è unlvocità anche quanto al loro senso, oppure c' è rtmfibOlogia 't V~I~

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SOS LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. lS, R. 5 I NOMI DI DIO

t'

l'animale che abbaia e all'animale marino, bisogna pure che di al­cuni animali sia detto in senso univoco, cioè di tutti i latranti, al­trimenti bi30gnerebbe procedere all' infinito [per trovare il signifi­catò originale]. Ora, esistono degli agenti univoci, i quali concor­dano con i loro effetti nel nome e nella definizione, come l'uomo [ilquale] genera l'uomo; ed esistono altri agenti equivoci, come il sole[il quale] causa il caldo, pur non essendo esso stesso caldo se nonin senso equivoco. l Sembra dunque che il primo agente, al quale siriducono tutti gli altri agenti, sia un agente univoco. E cosi quelloche si dice di Dio e delle creature è detto iusenso univoco.

2. Tra i termini equivoci non si dà somiglianza alcuna. Siccomedunque qualche somiglianza c'è tI'a la creatura e Dio, secondo ildetto della Genesi: « Facciamo l'uomo a nostra immagine e somi­glianza Il ; sembra che qualcosa si possa affermare di Dio e delle crea­ture univocamente.

3. La misura, al dire di Aristotele, è omogenea al misurato. 'Ora,Dio, come il medesimo afferma, è la prima misura di tutti gli esseri.Dunque Dio è omogeneo alle creature, e quindi qualche cosa si puòdire di Dio e delle creature in sen~o univoco.

IN CONTRARIO: 1. Tutto ciò che si predica di più cose sotto il mede­simo nome, ma non secondo lo stesso concetto, si predica di esse insenso equivoco. Ma nessun nome si applica a Dio secondo il mede­simo concetto .con cui si applica alle creature": infatti la sapienzanelle creature è qualità, ma non in Dio [nel quale è sostanza] j ora,mutato il genere di una cosa, ne resta mutato anche il concetto, dalmomento che il genere fa parte della definizione. 2 E la stessa ragionevale per tutte le altre cose. Dunque qualsiasi cosa si dica di Dio edelle creature, si di.ce in senso equivooo.

2. Dista niù Dio dalle creature che non le creature tra loro scam­bievolmente. Ora, a motivo della distanza di alcune creature, av­viene che niente si possa dire di esse in senso univoco, come è diquelle che non convengono in nessun genere. 3 Dunque molto menosi può affermare cosa alcuna in senso univoco di Dio e delle crea~

ture: ma tutto di essi si predica in senso equivoco.RISPONDO: ?,_~:rnpossibile che alcuna cosa si predichi di Dio e deUe

~I'e_fl.ture univocamente. Poichè ogni effetto, che non è proporzionatoalla potenza della causa agente, ritrae una somiglianza dell'agentenon secondo la stessa natura, ma imperfettamente; in maniera chequanto negli effetti si trova diviso e molteplice, nella causa è sem­plice e uniforme i cosi il sole mediante un'unica energia producenelle cose di quaggiù forme molteplici e svariate, Allo stesso modo,

a dire: i nomi comuni a Dio e alle creature esprimono nei due casi una _realtàessenzialmente identica (senso del termine Il univoco Il), oppure affatto diversa(senso del termine (l equivoco ,,)? ... L'Aquinate risponde: nè del tutto identica. nèdel tutto diversa; ma in qualche modo, ossia proporzionalmente, simile,

I nomi comuni a Dio e alle creature non sono univoci quanto al sen50. maneppure equivoci, sibbene analoghi. L'articolo, denso di dottrina, mira a spie­gare questo,

1 Sacando gli antichi il sole, e in generale gli astri. erano composti di elementidiversi da quelli componenti 1 corpi terrestri: questi I1sultavano dalla comuni­cazione dei quattro elementi: terra. acqua. aria, fuoco. Una quinta essenza for·mava gli astri. Il calore proveniva propriamente dal fuoco. Ma l'elemento fuoconon eSif>teva nel sole: tuttavia i suoI raggi scaldano. Quindi, dicevano, il sole nondoveva. essere caldo In senso proprio o formalmente, ma solo virtualmente; In

I

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Il

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quibus univoce 'dicatur, scilicet de omnibus latrabilibus: aliter enimeSBet procedere in infinitl1ID. Inveniuntnr autem quaedam agentiaunivoca, qnae conveniunt cum suis effectibus in nomine et defi­nitione, ut homo generat hominem; quaedam vero agentia aequi­voca, sicut spI r;ausat caUduro, cum tamen ipse non sit calidus 'nisiaequiyoce. Videtur igitul' quod primum agens, ad quod onmia agen­tia reducuntur, sit agoos univocuID. Et ita, quae de Dea et ,creaturisdicuntur, univoce praedicantur.

2. PRAETEREA, secundum aequivoca non attenditur aliqua similitudo.Cum igitur creaturae ad Deum sit aliqua similitudo, secundum illudGen. 1,26: ((Faciamus hominem ad imaginem et similitudinem no­stram Il, videtur quod aliquid univoce de Dea et creaturis dicatur.

3. PRAETEREA,mensura est homogenea mensurato, ut dicitur in/O Metaphys. [c. 1, leet. 2]. Se'd Deus est prima mensura amniuffientium, ut ibidem c1icitur. Ergo Deus est' homogeneus creaturis. Etita aliquid univoce de Dea et creaturis dici potest.

SEn CONTR.-\, quidquid praedicatur de aliquibus secundurn idem no~

men et non secundum eandem rationem, praedicatur de eis aequi­voce. Sed nullum nomen convenit Dea secundrnn illam rationem, se­cundum quam dicitur de creatura: nam sapientia in creaturis estqualitas, non autero in Deo; genus autem variatum mutat rationem,cum sit pars definiti'onis. Et eadem ratio est in aliis. Quidquid ergode Deo et creaturis ùicltur, aequivoce dicitur.

PRAETEREA, Deus plns distat a creaturis, quam quaecumque creatu­l'ae ab invicem. Sed propter distantiam quarundam creaturarumcontingit quod nihil univoce de eis praedicari potest; sicut de·· hi~quae non conveniunt in aliquo genere. Ergo multo minus de Dea etcreaturis aliquid univoce praedkatur: sed omnia praedicantur ae­quivoce;

RESPONDEO DlCENDUM quod impossibile est aliquid praedicari de Deaet creaturis univoce. Quia omnis effeetus non adaeqllans virtutemcausne agentis, recipit similltudinem agentis non secundum eandemraUonem, sed deficienter: Ha uì quod divisim et multipliciter est ineffectibus, in' causa est simpliciter et eodem modo j sicut sol secun~

dum unam virtutem, multiformes et varias formas in -istis inferio~

ribus producit. Eodem-modo, ut supra [a. praec.] dictum est, omnes

quanto cioè produceva effetti calorifici; come produce altri effetti. p. es.. la ger­minazione clolla vita, senz'esser vtvo.

2 Secon?o l'insegnamento della logica dassica. la definizione è data dal generee dalIa dIfferenza specifica; p. es" la definizione di uomo è: «animale (geneI'elragionevole" (differenza specifica). Ora 11 nome significa la definizione della cosadenominata (uomo f>igniflca animale ragionevole). SI3 perciò nel definire 11 signi.flcato dello stesso nome, secondo che è applicato a diverse cose, si deve mutare ilgenere, è c~aro che il concetto espresso, secondo che si applica all'una o all'altracosa. è essenzialmen'W diverso. Cosi se sapiente, applicato a Dio, vuoI dire,' nelsignifica;to del 'genere. perfezione sostanziale identica all'essere di Dio; e appli­cato ali uomo vuoI dire perfezione accidentale sopraggiunta all'essere umano, èchiaro che il termine sapten~e ha significato essenzialmente diverso nei due casi.Il termine è equivoco di quella equivoCità, che è tra l'univoco puro e l'equlvòcOpuro, come dirà. S. Tommaso, cioè è analogo.

3 Non convengono in nessun genero, p. es., l"uomo, il COlOl'C del suo viso lapaternità che lo lega ai suoi figli, le azioni che compie. le tnfluenze che subi~ce,il· pos~o che occupa, 11 tempo, in cui vive. Tutte quef>te sono realtà che hanno incomune soltanto la' nozione di esistere: esistono non nella nostra mento ma "inrerumnatura ", sono enti. Ma l'essere o l'ente non è un genere contrappòsto a unaltro genere: è un trascendentale. cioè si realizza in tutti i generi di cose. .

1

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310 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 13, a. 5 Ì NOl\fr bÌ bIO ll1i

come si è detto, tutte le perfezioni delle cose, che nelle creature sonoframmentarie e molteplici, in Dio prcesistano in semplice unità.

<;CosÌ, dunque, quando un nome che indica perfezione si applica a// lina creatura, significa quella perfezione come distinta da altre, se­

condo la nozione espressa danll,<4~fi1?:~i2J:l~: p. es., quando il termines!;'llipnJ.e lo attribuiamo all'uomo, indichiamo l'll1a p~:r!'~ziolle~~~~iI?:taaa:ll'essenza dell'uomo e dalla sua potenza e- dalla sua esistenza ·edà alfrècose dèlgériere. Quando, invece, attribuiamo questo nomeft j)ip; non intendiamo indicare qualche cosa di distinto dalla suaessenza., dalla sua potenza o dal suo essere. Per conseguenza, ap­plicato all'uomo, il termine sapiente circoscrive, in qualche modo,a racchiude la qualità che esprime j non così se appUcato a Dio, mal.~s~i?: [in tal caso] la perfezione indicata senza delimitazione e nel~

PaHo ·di oltrepassare il significato del nom~. Quindi è chiaro che iltermine sapiente si dice di Dio e dell'uomo non secondo l'identicoconcetto [formale]. E così. è di tutti gli altri nomi. Perciò ~essun

nome si attribuisce in senso univoco a Dio e alle creature.M.a neanche in senso del tutto equivoco, Cl)IDe alcuni hanno affer­

mafo. Perchè in tal modo niente si potrebbe conoscere o dimostrareintorno a Dio partendo dalle creature j ma S.i cadrebbe continua­mente nel sofisma chiamato Il equivocazione )1. 1 E ciò sarebbe incontrasto sia con i filosofi, i quali dimostrano molte cose su Dio, siacon l'Apostolo, il quale dice: «( le perfezioni invisibili di Dio, com·prendendosi dalle cose fatte, si rendono visibilÌll.

Si deve dunque concludere che tali termini si affermanp di Dio edelle creature secondo analogia. cioè proporzi()ne,. E ciò avviene indue W<3.tliere: o perchè più termini dicono ordille a un termine unico[originario e inderivato] - come sano si dice della medicina e del­l'orina, in quanto che l'una e l'alira dicono un certo ordine e unrapporto alla sanità dell'animale, questa come indice, quella comecausa - oppure perchè un termine presenta [risp,andenza o] propofw

zione con un altro, come sano si dice della medicina e dell'animale,in quanto la medicina è e~llS:g.. della sanità che è nell'animaJe. E intal modo alcuni nomi si -"aIe·ono di Dio e delle creature analogica­mente, e non in senso puramente equivoco, e neppure univoco. In­fatti noi non possiamo parlare di Dio se non partendo dalle crea­ture, cpme più sopra abhiamo dimostrato. E cosi qualunque terminesi dica di Dio e delle creature, si dice per il rapporto che le creaturehanno con Dio, come ~ principio o causa. nella quale preesistonoin modo eccellente tutte le perfezioni delle cose.

E questo modo di èòmunanza sta iq.rnezzg trala pura equivocità ela semplice univocità, perchè nei nomi detti per analogia non vi è unanozione unica come negli univoci, nè totalmente diversa, come negliequivoci; ma il nome che analogicamente si applica a più soggettisignifica diverse propprzioni riguardo a una medesima c()sa.. cosìsano detto dell'orina, indica il segno deUa sanità; detto della me­dicina invece significa la causa della stessa sanità. :I

1 Infatti 11 silloglsmo avrebbe quattro termini e no-n co-llcluderebbe. P. es" sedico: gli animali sono esseri viventi, ma in cielo tra gli astri ci sono degli ani"mali (P. es., il toro. il 'pesce, ecc.), dunque tra gli astri ci sono degli esseri vIventi j

evidentemente, essendo equivoco 11 termine «animale n, 11 sillogismo non con·clude.

l'erum perfectiones, quae sunt in rebus creatis divisim ct multipli­citer, in Dea praeexistunt unite. Sic igitur, cum aliquod npmen adperfectionem pertinens de creatura dicitur, significat illam perfe­ctionem ut distinctam secundum rationem definitionis ab alBs: putacum hoc nomen sapiens de homine dicitur, significamus aliquamperfectionem distinctam ab esse~tia hominis, et a potentia et ab e~~e

ipsius et ab omnibus huiusmodl. Sed curn hoc nomen de Deo dICI­mus ~on intendimus significare aIiquid distinctum ab essentia velpote~tia vel esse ipsius. Et sic, cum hoc nomen sapiens d~ h?mine di w

citur. quodammodo circumscribit et co~pre:lBndit ~em. slgmficata~:non auiem cum diritur de Deo, secJrelmqmt rem sIgnlficatam ut In­comprehensam et excedentemri(j.minis significationem. Unde patetquod non secu;dum eandern rationem har:: nomen sapiens de Deo etde homine dicitur. Et eadem ratio est de aliis. Unde nullum nomenunivoce de Dea et creaturis praedicatur.

Sed nec etiam pure aequivoce, ut aliqui dixerunt. Quia sBcu!ldumhoc, ex creaturis nihil posset cognosci de Dea, nec demonstran; sedsemper incideret fallacia Aequivocationis. Et hoc est tam contra phi­losophos qui multa demonstrative de Deo probant, quam etiam con';'tra Apo~tolum dicentem, Rom. 1, 20: « invisibilia Dei per ea quaefacta sunt, intellecta, conspiciuntur )1. .

Dicendum est igitur quad huiusmodi nomina dicuntur de Deo etcreaturis secundum analogiam, idest proportionem. Quod quidem du­pliciter contingit in nominibus: vel quia milita habent praportionemad unum sicut sanum dicitur de medicina et urina, inquantumutrumqu~ habet ordinem et proportionem ad sanitatem animalis,cuius hoc quidem signum est, illud yero causa; vel ex eo quod unumhabet proportionem ad alterum, sicut sanum dicitur de medicina et3nimali, inquantum medicina est causa sanitatis quae est in animali.Et hoc modo aliqua dicuntur de Dea et creaturis analogice, et nonaequivoce pure, negue univoce. Non enirn possllmus nominare Deumuisi ex creaturis ut supra [a. 1] dictum est. Et sic, quidquid diciturde Dea et creatu'ris dicitur secundum quod est aliquis ardo creatu:'rae ad Deum, ut ad principium et causam, in qua praeexistunt exc,el­lenter omnes rerum perfectiones.

Et iste fiodus communitatis medius est inter puram aequiv,ocatio~

nem et 5implicem llnivocationem. Neqlle enim in his quae analogicedicuntur, Bst una ratio, sicut est in univocis j nec totaliter diyer~a,

sicut in aequivocis j s-ed nornen quod sic mnltipliciter dicitur. SIgnifi­cai diversas proportiones ad aliquid llnum ; sifout r,am.l'1n, de ul'Ìnadictum, significat signum sanitatis animalis, de medicina vero di­ctum, significat callsam eiusdem sanitatis.

:I li termine" analogia" indica precisamente «proporzione ". «ordine ". il con.cetto di proporzione è desunto dalla. matematica, il cui oggetto, la quantità, è ilfondamento d'infinite proporzioni. ogni numero o quantità ha determinate pro­porzioni con altri numeri e quantità; e si può conoscere un numero igno-to Deril rapporto che lo lega a un numero noto. Dalla matematica il concetto e l'u&Odell'analogia fu trasferito nel camDO metafisica dell'essere: tutte le cose sonolegate da rapDortt o proporzioni; e per mezzo di Questi rapporti, una, quella ptùnota può servire per farci conoscere l'altra ignota. Conoscenza reale anche se im­perfetta, perchè 11 rapporto è reale. Come reale è quello tra il mondo e Dio.

Qui S. Tommaso indIca più specie di analogia: al due o più cose sono analo­ghe e si denominano con lo stesso nome p0l'chè tutte e due hanno ordine reale,sia pur diverso, il. una terza cosa: p. es., la medicina e il polso si dicono sant,

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312 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 13, a. 5 I NOMI DI DIO 313

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SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene logicamente sia necessarioridurre i termini equivoci a quelli univoci, tuttavia ne1l'.ordine dell~

C.~US~ l'a,gente non univoco precede necessariamente l'agent.e uni-"yoco. l'Infatti l'agente non univoco è causa universale di tutta laspecie, c.ome il sole è causa della generazione di tutti gli uomini.L'agente univoco invece non è causa agente universale di tutta laspecie (chè altrimenti sarebbe causa ili se stesso, essendo contenutosotto la specie): ma è causa particolare rispetto a tale individuo incui assicura la partecipazione della speCie. _:r..acallsad.ungueuniver~sale di tutta una specie non è un agente mlivoco. Ora, la causa uni­versale è anteriore a quella particolare. - Tale agente universale poi,

perchè tutte e due si riferiscono all'animale. Questu lIon e il caso dell'analogiadei nomi che sI dicono di Dio e delle creature; vprcilè al disopra di Dio non c'èuna terza realtà, a cui, sia Dio sia le creat.ure abbiano· ordine, perchè Dio è laprima causa, font.e di tutto l'essere, prima della (JuaLB nulla assolutamente esiste.

b) Due cose sono analoghe, perchè l'una dice ordine all'altra: cosi l'animale e lamedicina si dIcono sant, perchè la medicina dice ordIne alla sanità dell'animale.

Que.Ho caso è proprio quello dell'analogia dei nomi che si dicono di Dio e{lelle cr,eature. Le creature hanno un molteplice orrllne alla perfezione di Dio,come a loro causa efficiente, esemplare, finale. Quest'ordine reale, come più voltesi è espresso S. Tomruaso, è 11 fondamento della nostra conoscenza delle perfe~

zionl divine; conoscenza, la quale è vera, anche se imperfett<'l.; perchè veramente,in forza di prlnclpil evidenti, le perfezioni che sono nelle creature devono prce­sistere in modo l:'-ccellentc nella loro C'lllsa.

Questa analogia S. Tommaso stesso la chiama, altrove, analogia di· propor·zione (cfr. De Vn·it., ({. 2, a. ti). Si può verificare, come nell'esempio addottodella medicina sana, per un puro rapporto estrInseco: e allora si ba pura attri­buzione (analogia di aW'ibuzione, come anche si chiama questa forma di analogia).Quando invece si verifica non per un rapporto estrinseco, ma a causa di unarealtà intrinseca comune, in forza della quale gli analogatl vengono costituiti edenominati in modo simile, avremo analogia di proponiona'Utà, che è la somI·glianza vicendevole tra due proporzioni «similitudo duarum ad invicem propor­tionum» (ibia.). !!: questo il caso dell'anl'1logia tra la sostanza e gli accidenti, iquali sono denomInati entt e pel'chè conviene loro l'essere e perchè hanno ordinealla sostanza. È il caso, ancor meglio, delle creature e di DIo, poiChè le creaturesono dette enti, vere, buone, ecc., sia in ordine a Dio, perchè manifestano 11 suoessere, la sua verità, la sua bont.à; sia per 1'Intrinseca perfezione, che le fa tali(cfr. q 6, a. 4).

Se si fa forza sulla prima forma di analogia, (analogia di proporzione o dtattribuzione), allora si può dire che Dio solo P1'o})riamentR è (<< lo sono Colui cheè », vedi a. 11), che lui solo è buono (onde è detto nel Vangelo« Dio solo è buono",Mat., 19, 11), che lui solo è giusto, perfetto, sapiente .... E le creature sono comese non fossero, secondo le parole del Salmo 38,6: "La mia vita è come il nulladavanti a Te ". E se si dicono divine, si intende: solo in quanto sono effet.ti di Dio.

Ma la seconda fOl'IUa di analogia, Inclusa nella prima come consl:'guenza, rI·chiede non minore considerazione. L~.<:reatl1re.hannod"lle loro proprleperfe.:­_zio~i ._~Iltr:~fl.:Se<:he,: le hanno da Dio;- nel quale preesistono in modo eminente.'q~-est'e 'perfeziOIII ~reate sono pl'oporzionall alle perfezioni di Dio! l'essere delle'crl3ature sta alla loro sostanZa,.C(HIleJ'eSseI'eJILDio.staall3,S9stMZ~dr"PJ6-T"'Dl6è'-siipiente a &uo mod{), come le cre<ltUl'e a lqro 1:t1,{),de. Le cl'eMm'e si PO'iiSCÙI'O chia­mare divtne, p.-erchl' nelle loro perfezionI co'dtltutive partecipano di Dio e manI·festano Dio in ragiono di Ulla reale somiglìanza. BiS'Ogna tener ben dIstante que­sta somiglianza e non avvicinarla troppo; per non correre il rischio di confon­dere Dio ,con le cose. Bisogna tenerlo nella sua piena trascendenza, perchè Dio,essendo agente analogo, non produce effetti simili a sè nè secondo la specie, nèsE'conelo il genere, altrimenti sarebbfl univoco <'llie cr'3ature (cfr. ad i e ad 2;q. 4, aa. 2 (1 3); lfl;::LJ1,lJtavin,.H,IJI'{)(j}ICemfIml~~J"lraI!l()tl{)~irngLasè, essendolegge universale della ca».mwtà che ogri"i agenté produca un "effettO simile a sè.Altrimenti come Dio coIfl'isoorebbe tutte lo cosa conoscendo se stesso '{ CosI unIngegnere, che produce una macchina, la preconosce, perchè ne contiene l'idea,e imprime in essa in qualche modo la somigHanz-a di sè; la macchIna realmenteper le sue qualità Intrinseche manifesta la genIalità dell' inventore. Si deve per­ciò concludere che Ò;,all~lconoscenzadelIf'creature a quel1ade~ Creatore è possiÌ/lle

l

An PRIMUM ERGO DICENDUM quod, licet in proodicationibus oporteataequivoca ad univoca reduci, tamen in actionibus agens non univo­cum ex necessitate praecedit agens univocum. Agens enim non uni·vocll'm est causa uniyersalis totill's speciei, ut sol est causa generatio­nis omnium hominum. Agens vero univocum non est causa agensuniversalis tptius speciei (alioqllin esset causa sui ipsius cum subspecie contineatur): sed est causa particularis J'lespectu huius indi­,vidui, quod in participatione speciei constituit. Causa :i.gitur uni­versalis totius speciei non est agens uniyocum. Causa autern uni­versalis est prior particulari. - Hoc autem agens universale, licet

ture Ullpassaggio. Nè vale l'obiezione che S. Tommnso si la, che. fra la creaturae l~ Creatore, essendo la distanza infinita, non è possibne il passag·gio dall'uno<'lll altra (cfr. q. 2, a. 2, ilrg. 3 Cl soluzione); perchè da ciò sI conclude bensi, che,dunq~e, da tali effetti non si può ricavare una conoscenza perfetta della causa; manon SI può concludere che non st possa nemmeno conoscere l'esist.enza della causae qualche cosa della sua perfezione. Conosciamo sIcuramente di essa ciò che ledeve necessariamente convenire come Prima Causa eccedente tutti gli effetti cau.saU, dist.in.ta necessariamente da essi, precontenente le perfezioni degli effetti, ma~enza I limiti con cui esistono,l11 essI. Le perfezionI create ci manHestano v'èrtL~mente le perfezioni increate, perché «se è vero che tra il finito e l'infinito nonc'è prOporzione In senso matematico secondo una determinata distanza (comec'è prOporzione tra una quantità e uit'altra), ci può essere tuttavia proporzIona­lità, poichè ~'ln.finj.t0 stal:ll1'~1ltìnlt? come il finito al finito. E in questo modoc'è somJgH::nia tra Dio' f! la creatu~a; percbè· corneDlo'staa· Ciò che gli com­pete; cosrra creatura a CIÒ che le è proprio" (cfr. De Ve1'it., q. 23, a. 7, ad 9).

Cosi senza definire propriamente Dio com' è in se stesso, l(), <:(}!!{).sc:i.~IJ:I{).co:1lcel"­tez~a. nello specchio ,delle creature, .in cui una sua lmmàgin'e necessariamenterisulta;"--'Nell'articolo 6 S. Tommaso precisa l dh'er~i modi di questa analogia di pro­P?rzionalità, mettendo in evidenza una proprietà dell'analogia in genere: checlOè n.t:ln.~a.nalogia 11 nome comnne si dioo primariamente di uno de~ll l'1nl'11og-ntle secondariamente degli altri. Da questa pror,rietn risulta elle l'andogia è 1[t,e,l'f­/QE1fJb qua.nrlo il tormJne comune include un qualche cosa che è proprio 'ifeÙitcreatura, e cioè una materialltà o imperfezione di cuI non può essere spogliato(p. es.: Dio è il sole delle menti elette e dei cuori ardenti); invece l'analogia èPt.:9J!.r:t.Q" quando 11 termIne comune non include difetto nel suo significato prinCi­pale (P. es., Dio è spirito, è sapiente, è buono; cfr. De Vel'it., q, 2, a. 11).

f!: questa l'analogia che più conta (vedi p. 316 nota I).CIrca l'analogia la ~lbliografia è copIosa, dala la sua grande importanza. Ci·

tiamo i seguenti autorI: BLANCHE F., "La notion d'analogie dans la philosophied.e S. 'fhomaS d'Aq. ", In Rev. dr.s S.~flmces PhiZ. et Théol., 1921, pp. 169 ss.:Idem, CI L'analogie", In Rev. Phtl., 1923, PP. 348 SS.; Idem « Une théol'ie del'analoA'ie", 1oia., 193'J, pp. 37 S8. ; RAMIREZ J., «De analogIa sècundum doctrinamaristotelico-thomisticam ", in Ciencia Tomtsfa, anni 1921, 1922, 1923; l\1ANSER M.,ti Die analoge, Erlmnntnis Gottes ", in Div. Thomas (Frib.), 1928, pp. 385 55.; .1929,pp. 3 ss.; 322 ss.; 373 ss.; MUNN'iNCK (DE) A., « Intultion et analogie ", in Atti delV Congresso inte1'1lazionale dt Filosofla, pp. 88 5S. Napoli, 1!J28; PENInO M. T. L.,Le rt'JT.e de l'ana'lagie (,n 'l'heoloOit doomatiqul'. Paris. tD3i; l'fAllC A., "L' idée tbomi<;te de l'étrc et l'analogie d'attrIbution et (1e pl'oportlon<'lilte ", in Rev. Néoscol.drl Phtl., 1933, pp. 157 S8'.; BnUSOT'I'I V., "L'analogia di attribuzione e la conoscenZadi Dio ", in Riv. dt Ftlosofla Neoscolastica, 1935, pp. 31 ss.; BALTHASAR N., L'ab­stractton métaphysique et l'analogte des i!tres dans l'ét1'e. Louvaln 1935' VAN LEU·WEN A., «L'analogie de l'ètre. Genèse et contenu du concept analoglque'", in Rev.Néoscot. de Phtl., 1936, pp. 293 ss. ; Idem, « Précisatio-n SUl' la nature de cette ana­logie ", iold., PP. 469 ss.

l Questa osservazione indica bene che l'ordino del pensare è sovente inversoall'ordine d.ell'essere. Cosi noi conosciamo l'l'ima una cosa e poi la sua causa; mala caus'a ~ prima dell'effetto causato. Usiamo un nome che si applica in sensoidentico a più cose (P. es., "uomo n), un nome univoco, e lo trasferiamo a signi­ficare cose a cui non conviene che per una certa proporzione o somiglianza (p, 00.,dicIamo « uomo Il anche una pIttura, e "umana" anche una casa): ne faccIamoun nom.e a.nrao(Jo. Nel nostro conoscere precede sovente l'univoco; ma nell'ordinedellafausaHtA - ordine reala dell'esistere - precede come prImo assoluto l'agenteanalogo, che è causa della molteplicità delle specie.

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Page 25: I CLASSICI DEL PENSIERO TOMMASO D'AOUINO

314 LA SOMMA TEOLOGICA, I, q. 13, aa. 5·6 I NOMI DI DIO 315

n

sebbene non sia univoeo, non è tuttavia del tutto equivoco, perchècosì non causerebbe un qualche cosa di simile a sè ; ma si può chia­mare agente analogico: così in logica i vari attributi univoci si 1'i­du~on() a un teDmineprinio,lloIl univoco, ma analogico, che è l'ente. l

, 2. La spmiglianza della creatura con Dio è ,imp,er%et~.a; non lo rap­presenta neppure secondo un medesimo genere, come si è provatoaltrove.

3. ,Dio [come causa] è misura [degli entn ma è una misura ecce­dente ogni loro prop,orzione. Per cui non è necessario che Dio e le'creature siano contenute sotto un medesimo genere.

Gli argomenti in contrario provano che i predetti nomi non si di­cono di Dio e delle creature univocamente; ma non provano che sidicano equivpcamente. 2:

ARTICOLO 6

Se nomi si dicano delle creature prima che di Dio.

SEMBRA che i nomi si dicano delle creature prima che di Dio. In~

fatti:1. Noi nominiamo ]e cose secondo che le conosciamo, essendo le

parole, a detta di Aristotele, c( segni dei concetti n. Ora, noi cono­sciamo prima la creatura che Dip: quindi i nomi da noi impostiprima convengono alle crea ture e poi a Dio.

2. Secondo Di,onigi c{ noi nominiamo Dio dalle creature n. Ma inomi che noi dalle creature trasferiamo in Dio, sr dicono prima dellecreature che di Dio, come le parole leone, pietl'a e simili. Dunquetutti i nomi che si attribuiscono a Dio ed alle creature, si diconoprima delle creature che di Dio.

l Vedi p. 309, nota 3. Tutta la realtà esistente si riconduce al concetto di ente(= qualche cosa che è; ogni realtà è un qualche cosa che è). Tutto ciò che èpartecipa dell'ente; ma l'ente in senso pieno è la sostanza, a cui propriamentecompete di essere. Alle altre realtà non compete che in sen5.O partecipato e dimi­IlUito: non sono proprIamente ciò che esiste, ma ciò per cui la sostanza esistesotto determinati aspetti; vale a dire è, P. es., bianca, c"alda, ecc, E dunque,que-llo di ente, un concetto e un termine analogo. Sicchè anche nell'ordine logir.odei nostri concetti e del termini, risalendo fino al principio, troviamo come primonon l'unIvoco, ma l'analogo: il differente che non è del tutto differente, ma si­mile senza. essere identico. La realtà, che è molteplice in sè, e si moltiplica anchedi più nei nostri concetti, non è affatto omogenea, senza essere del tutto ete·rogenea: è identica e dIversa, simile e dissimile: :;tmiltludo dtsstmilts, dtsstmil'l­tudo stmfUs. Ecco la ragione ossia il fondamento dell'analogia. Già le creaturesono cosi tra loro: simili e dissimil1, nella stessa dissomiglianza simili. A più forteragione va affermata la stmiUtudo dtsstmtlts quando si tratta delle creature edi Dio.

2 Tenendo presente questa dottrina dell'analogia, st eviterà: 1) l'errore del­l'antropomorfismo, che consiste nel concepire Dio in tutto simile all'uomo; ol'uomo trfrPPo simile a Dio. Non han detto i filosofi idealisti dell'atto puro, chela divinità non è che il pensiero dell'uomo? Non han detto certi filosofi moderniche- Di'o non si deve concepire come infinito e onnipotent.e, ma limitato essostesso e lottante contro ostacoli che tenta superare, alla maniera che l'uomo tentadi superare i suoi ostacoli; bIsognoso anch'esso, questo Dio, di essere aiutato nellesue lotte dalle s~le stesse creature? Un Dio demiurgo, ma neppure nel senso pienocIle Platone nttrlbuiva a questo termine. Un tale Dio sarebbe un' il)otesi inutile, dicui si può fare Il. meno, perchè lascerebbe tutte le questioni aperte e insolubili, -

non sit ~n~v~cu.m, non tamen e~t. oITUlino aequivocum, quia sie nonf~-cer~t ~lbI slIrul~ j se~ potest dICI agens analogicum: sicut in prae­dlcahonibus omma unIvoca reducuntur ad unum primum non uni-vocum, sed analogicum, quod est ens. '

AD SECUNOUM DlCENDUM quod similitudo cI1eaturae ad Deum est im~per:feda: quia etiam nec idem secundum genus repraesentat, ut au­pra [q. 4, a. 3] dictum est.

An TER'~IUM DICENDliM quod Deus non est mensura proportionatamensuratIs. Unde non opol'tet. quod Deus et creaturae sub uno ge~nere contineantur.~a vero. quae. sunt in contrarium, concludunt qupd non univoce

hmusmodl. nomIna de Deo et creaturis praedicentur: non autemqund aequlvoce.

ARTICULLS 6

Utrum nomina per prius dicantur de creaturis quam de Deo.

Supra, a. 3; , Sent., d. 22, ~. 2; l Conto Gent., c. 34; Compend. l'heot., c. 27.m E:phes., c. 3, lect. 4. '

An SEXTU.M arc PROCEDITUR. Videtur quod nomina per prius dicanturde. creatuTls quam d.e Dea. Secundum enim quod cognoscimus ali­qmd, secundum ~oc Lllud nominamus; cum nomina, secundllm Phi­losoph~lm [1 Pert~e1"1n" c. I, leet. 2], sint signa intellectuum, Sedp~r prms .cognosclm~s creaturam quam Deum. Ergo nomina a no­bIS lmposrtR, per PTlUS conveniunt creaturis quam Deo.

2. PRAETEnEA, secund~m Dip;oysiumJ in libro De Div. Nom. [c. 1,lect. 3], Deum ex creaturlS nommamus. Sed nomina a creaturis trans~lata ,in peum, :per pri?s dicuntur de creaturis quam de Dea; sicutleo,.•aP.ls, et hUlUSmO~l. Ergo omnia nomina qllae de Deo et de crea~tUTlS dlcuntur, per prms de creaiuris qnam de Deo clicuntur,

Dio e l'uomo non convengono neppure nello S~$SO genere remoto. Nota 11 Ser­ttllanges (SOM. ~~ANC., llieu, II, p. 335): 'l nell' interno di uno stesso genere vipossono essere gla somiglianze ben lontane, p. es., Quella di un ciottolo e di uncervello umano, che appa~tengono tutti e due al genere sostanza. A clle cosa dovràdunque ridursi la somlglIan~a quando tra due e5.seri non vi è comune neppure 11genere? l'. Per non materIahzzare le cose divine, bisogna insistere molto su Que­sta diversità. "Tra tI Creatore e la creatura, dice il Concilio Lateranense IV nonsi dev:e mai affermare somiglianza tanto grande, senza afl'ermare una dissomi­glianza aneora più grande" (DENZ., 432).

2} Con la dottrIna dell'analogia si evita pure l'eITore dell'agnosticismo Il qualeconsiste nel negare ogni possibIle conoscenza di Dio a partire dalle creat~re L'es~sere delle creature e l'essere di Dio, secondo l'agnosticismo, s:arebbe del tutto· equi­voco, sicchè, cornEI asseriva i! nominaHsta Nicola d'Autrécourt (secolo XII; cfr.DENZ., 553 ss.) sia dicendo: II DIO è >l, sia dicendo: "Dio non è >l, si verrebbe ad afl'er­mare la stessa cos': sebbene in modo difrcl'ente; cioè non si affermerebbe nulla,polch~ i nomi dettI di pio e dell~ creature sono un puro equivoco. Di Dio tuttoignoriamo e nulla posswmo di 1m affermare {'on verità. Ed è Questa la posizionedei te910gi prote~nti, K; Barth e scuola, I Quali misconoscono del tutto questaconceZIOne realistlca delI analogIa chiamandola, anzi, invenzione dell'Anticristo(cfr. Int1·od., n. 7). Ma per questo sono costretti a chiudersi in un agnosticismomortiftcapte che rende del tutto sterile per noI la parola stessa di Dio. S. Tornmasoinvece dlmostra che qualco-&.;t di Dio possiamo sapere, a partire dai suoi effetti,perchè essI, sebbene remotiSStmi da lui, contengono tuttavia una certa reale somi.gl1anza delle perfezioni dell'assoluto; onde la nostra conoscenza delle cose divine~ vera, ancil-e sp molto Imperfetta. (Vedi p. 286, nota 1; p. 311, noia 2).