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PRIMO PIANO 2 Corriere del Ticino GIOVEDÌ 1. DICEMBRE 2016 Storia Ticino, così nacquero i diritti nel mondo dei lavoratori Uno studio racconta il lento sviluppo delle tutele all’epoca dell’industrializzazione Dalla ricerca emergono tutte le difficoltà riscontrate nell’applicazione della legge Il diritto del lavoro ha una storia molto recente, è infatti figlio della rivoluzio- ne industriale: quest’ultima determinò un profondo mutamento del sistema di produzione delle economie europee e dei rapporti sociali. I progressi tec- nici e la conseguente meccanizzazione degli strumenti di produzione favori- rono la concentrazione nelle fabbriche del sistema produttivo, fino ad allora essenzialmente confinato al domicilio. I problemi derivati da questo stravol- gimento delle condizioni lavorative emergono ben presto: sfruttamento del lavoro minorile, pessime condizioni igienico-sanitarie, orari estenuanti, as- senza di tutela a livello contrattuale e salari molto bassi. Emerge quindi pre- sto la necessità di dotarsi di una legislazione che permetta di intervenire con misure di protezione dei lavoratori. Ma come è avvenuto questo percorso in Svizzera e in Ticino? Vanessa Bignasca di Sonvico, laureata in storia contem- poranea all’Università di Friburgo, ha dedicato la sua tesi di Master a questo argomento. La presentazione del volume «La legislazione sul lavoro in Ticino tra eccezioni e resistenze (1877-1914)» si terrà oggi alle 18.30 nell’Aula ma- gna della Scuola cantonale di commercio di Bellinzona. PAGINE DI VIVIANA VIRI zxy La rivoluzione industriale ha introdot- to il mondo rurale nella modernità e alla lunga ha certamente portato ad un teno- re di vita migliore per tutti. È avvenuto anche in Ticino, dove le condizioni lavo- rative dell’ambiente contadino (così co- me il livello economico) precedenti que- sto salto storico non erano certo ottimali. Soprattuto per le donne, costrette secon- do i resoconti dell’epoca, ad una vita di stenti e sacrifici. L’arrivo delle fabbriche cambia radicalmente la situazione. Ma l’avvio di questa fase – non solo nel no- stro cantone – si rivela selvaggio, con condizioni di lavoro che oggi defini- remmo vicine allo schiavismo. E a li- vello federale non esisteva alcuna legi- slazione che permettesse di interveni- re con misure di protezione dei lavora- tori. Di questo, ma anche degli sviluppi positivi della legge svizzera, parla il li- bro di Bignasca, da cui traiamo le in- formazioni che seguono. Nella seconda metà dell’Ottocento so- lo pochi cantoni, quelli particolarmen- te avanzati nello sviluppo industriale, avevano adottato specifiche leggi a tu- tela della salute dei lavoratori. Il qua- dro legislativo evolve con la revisione totale della Costituzione federale, av- venuta nel 1874, quando vengono cre- ate le basi per la nascita e lo sviluppo del diritto del lavoro in Svizzera. Sulla base del nuovo articolo costituzionale, nel 1878 entra in vigore la Legge fede- rale sulle fabbriche, con le prime nor- me di protezione dei lavoratori. Il no- stro fu uno tra i primi Stati europei a dotarsi di una legge che proteggeva l’insieme dei lavoratori nelle fabbri- che, fissando la durata massima di la- voro giornaliero a 12 ore, stabilendo il IL LIBRO Lo studio di Vanessa Bigna- sca viene presentato oggi a Bellizona. principio di responsabilità civile del fabbricante e limitando in modo sen- sibile il lavoro di donne e bambini. Queste innovazioni suscitarono forti reazioni soprattutto da parte degli in- dustriali attivi nel settore tessile. Gli oppositori si organizzarono quindi per avvalersi del diritto al referendum, già largamente utilizzato quale strumento per contrastare le misure legislative prese a livello federale. Ma cosa prevedeva la legge? Il cardine su cui poggiava era la limitazione dell’orario di lavoro. Un altro gruppo di articoli definiva i doveri del fabbrican- te in materia di protezione dell’operaio e della sua salute. Ad esempio l’obbli- go di prendere misure per prevenire gli infortuni, apportando le dovute modi- fiche ai macchinari, e gli accorgimenti per garantire l’igiene dello stabilimen- to (illuminazione, pulizia, qualità dell’aria). Ancora più innovativi e radi- cali si presentavano gli articoli che stabilivano il principio della responsa- bilità civile del fabbricante e l’obbligo di denuncia degli infortuni gravi all’au- torità cantonale preposta. Di fatto an- ticipavano una legge ad hoc in fase di elaborazione che fu varata nel 1881. In base all’articolo 5, infatti, nel caso di un infortunio occorso a un operaio, il proprietario della fabbrica era tenuto a rispondere dei danni. Sempre che non riuscisse a provare che l’incidente era stato causato da un errore della vittima o determinato da cause di forza mag- giore. Era inoltre sancito il diritto del Consiglio federale di stilare una lista di malattie gravi la cui causa era da ricon- durre all’esercizio di determinate in- dustrie, alle quali si estese la responsa- bilità civile del fabbricante. Gli anni tra il 1870 e l’inizio della Prima guerra mondiale rappresentano quin- Costituzione La Svizzera fu oggettiva- mente uno dei primi Stati del Vecchio continente a dotarsi di una legge che proteggeva l’insieme dei lavoratori nelle fabbriche LA DURA VITA NELLE FILANDE Per 14 ore curve sulla caldaia zxy In quali condizioni lavoravano le donne in filanda nell’Ottocento e all’i- nizio del Novecento in Ticino? Per ca- pirlo è necessario prima di tutto ricor- dare che cosa facevano di preciso. Lo spiega – tra gli altri – Ivan Campono- vo, ne «Il Mulino dei Galli. Momenti di vita quotidiana nella valle della Motta e dintorni nel XIX secolo» (2007): «Nella filanda – scrive – veniva effet- tuata la prima operazione del ciclo di lavorazione della seta, denominata ‘‘trattura’’ . Per svolgere il filo dai bozzo- li occorreva lasciarli ammollire all’in- terno di bacinelle contenenti acqua molto calda, permettendo alla mate- ria vischiosa che teneva uniti i sottilis- simi fili di seta di sciogliersi. La filatri- ce, con mano sicura ed esperta, estra- eva il bozzolo e cercava l’inizio del filo, che poteva misurare dai 300 metri fino ad un chilometro di lunghezza, unen- done alcuni in numero necessario per ottenere lo spessore richiesto. In se- guito i fili, disposti in modo incrociato, venivano avvolti su di un aspo. Se du- rante questa delicata operazione il filo si spezzava, intervenivano delle ope- raie specializzate che lo riunivano con dei nodi, permettendo alla filatrice di continuare il suo lavoro». Lavoro deli- cato e pesante, quindi. Come hanno ricostruito gli studi storici sull’Otto- cento ticinese che, sfogliando i docu- menti del Dipartimento di igiene can- tonale del 1873, hanno trovato il rap- porto di un ispettore secondo il quale «bisogna immaginare queste povere filatrici sotto l’influsso di un calore tropicale, curvate per 14 ore sopra una caldaia in continua ebullizione, co- strette ad un incessante dimenare del- le braccia e quindi immerse ognora in un profuso sudore». Vite sbilenche si consumavano nelle filande, e non solo per ragioni di lavoro. Nel volume «Sto- ria del Canton Ticino. L’Ottocento» a c. di Raffaello Ceschi (1998) si cita il re- soconto di un ispettore cantonale che a fine Ottocento constatava che «nelle filande di Lugano Melano, Riva San Vitale e Mendrisio ho notato un’abitu- dine funesta e antigenica al massimo: le operaie introducono nei locali di lavoro minestra, caffè o altro con reci- pienti raramente coperti, così che gli alimenti entrano in contatto con l’aria viziata per un lungo periodo della giornata. Dovrebbe essere seriamente proibito alle operaie di consumare i pasti sul posto di lavoro, un’usanza fra le più deplorevoli che occorre assolu- tamente far scomparire, creando per ogni fabbrica un locale speciale vicino al refettorio nel quale le operaie do- vranno depositare alla mattina appe- na arrivate il loro pasto quotidiano». Condizioni che non toccavano solo le donne adulte. Lo racconta Fabrizio Mena in un capitolo della già citata «Storia del Canton Ticino. L’Ottocen- to» di Ceschi. «Nel 1873 – scrive Mena – due deputati chiesero che si interve- nisse in favore dei fanciulli ‘‘sottoposti a fatiche ed orari insopportabili’’ negli di un periodo cruciale per lo sviluppo del lavoro in Svizzera; ed è proprio su questo periodo che si concentra la ri- cerca di Vanessa Bignasca, la quale mette in luce la situazione particolare del Canton Ticino, confrontato con le novità legislative federali e il compito di metterle in atto. «Questo studio – scrive nella prefazione l’avvocato Raf- faella Martinelli Peter, specialista in diritto del lavoro – affronta un tema centrale del nostro sistema costituzio- nale: il federalismo di esecuzione, principio in base al quale i Cantoni so- no chiamati a mettere in atto le norme emanate dalla Confederazione. Que- sto principio, che restituisce una parte di autonomia ai Cantoni, permette di adattare l’attuazione delle leggi federa- li alle particolarità e agli usi locali. Va- nessa Bignasca tratta in modo detta- gliato e approfondito questo tema, analizzando la percezione della legge attraverso lo studio delle fonti disponi- bili e ricostruendo l’atteggiamento con il quale la legge è stata accolta e le con- seguenze di questa percezione sull’e- secuzione della legge». Il confronto col presente Il tema, secondo Raffaella Martinelli Peter, resta di grandissima attualità. «Secondo il Prof. omas Geiser, esperto nella materia – scrive – siamo di fronte a una vera e propria situazio- ne d’emergenza, in quanto la legge sul lavoro non viene rispettata e le autorità preposte all’esecuzione ‘‘chiudono un occhio’’ e non intervengono, in parti- colare in determinati settori economi- ci. Egli ritiene che queste norme non siano sufficientemente radicate nella popolazione. Rileva inoltre che gli FATICHE IMMANI Il monumento alle vittime del lavoro di Vincenzo Vela ad Airolo (foto Crinari) e, a lato, filandaie giovani adulte (litografia pubblicata nel numero unico «Il lago di Como», 1903-1904, e supplemento dalla «Illustrazione italiana» da un acquarello di Luigi Rossi), immagine pubblicata poi su «Storia del Cantone Ticino. L’Ottocento», a c. di Raffaelo Ceschi. (© ProLitteris)

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PRIMO PIANO 3Corriere del TicinoGIOVEDÌ 1. DICEMBRE 2016PRIMO PIANO2 Corriere del Ticino

GIOVEDÌ 1. DICEMBRE 2016

StoriaTicino, così nacquero i dirittinel mondo dei lavoratoriUnostudio racconta il lento sviluppodelle tuteleall’epocadell’industrializzazioneDalla ricercaemergono tutte ledifficoltà riscontratenell’applicazionedella legge

Il diritto del lavorohauna storiamolto recente, è infatti figliodella rivoluzio-ne industriale: quest’ultimadeterminòunprofondomutamentodel sistemadi produzione delle economie europee e dei rapporti sociali. I progressi tec-nici e la conseguentemeccanizzazionedegli strumenti diproduzione favori-rono la concentrazionenelle fabbriche del sistemaproduttivo, fino ad alloraessenzialmente confinatoal domicilio. I problemiderivati daquesto stravol-gimento delle condizioni lavorative emergono ben presto: sfruttamento dellavorominorile, pessime condizioni igienico-sanitarie, orari estenuanti, as-senza di tutela a livello contrattuale e salarimolto bassi. Emerge quindi pre-sto la necessità di dotarsi di una legislazione chepermetta di intervenire conmisure di protezione dei lavoratori. Ma come è avvenuto questo percorso inSvizzera e inTicino?VanessaBignascadi Sonvico, laureata in storia contem-poranea all’Università di Friburgo, ha dedicato la sua tesi diMaster a questoargomento.Lapresentazionedelvolume«La legislazionesul lavoro inTicinotra eccezioni e resistenze (1877-1914)» si terrà oggi alle 18.30 nell’Aula ma-gnadella Scuola cantonaledi commerciodiBellinzona.

PAGINE DIVIVIANA VIRI

zxyLarivoluzioneindustrialehaintrodot-to ilmondo ruralenellamodernità e allalungahacertamenteportatoadunteno-re di vita migliore per tutti. È avvenutoanche inTicino, dove le condizioni lavo-rative dell’ambiente contadino (così co-meil livelloeconomico)precedentique-stosaltostoricononeranocertoottimali.Soprattutoper ledonne,costrettesecon-do i resoconti dell’epoca, ad una vita distenti e sacrifici. L’arrivo delle fabbrichecambia radicalmente la situazione. Mal’avvio di questa fase – non solo nel no-stro cantone – si rivela selvaggio, concondizioni di lavoro che oggi defini-remmo vicine allo schiavismo. E a li-vello federale non esisteva alcuna legi-slazione che permettesse di interveni-re conmisure di protezione dei lavora-tori.Di questo,maanchedegli sviluppipositivi della legge svizzera, parla il li-bro di Bignasca, da cui traiamo le in-formazioni che seguono.Nella secondametà dell’Ottocento so-lo pochi cantoni, quelli particolarmen-te avanzati nello sviluppo industriale,avevano adottato specifiche leggi a tu-tela della salute dei lavoratori. Il qua-dro legislativo evolve con la revisionetotale della Costituzione federale, av-venuta nel 1874, quando vengono cre-ate le basi per la nascita e lo sviluppodel diritto del lavoro in Svizzera. Sullabase del nuovo articolo costituzionale,nel 1878 entra in vigore la Legge fede-rale sulle fabbriche, con le prime nor-me di protezione dei lavoratori. Il no-stro fu uno tra i primi Stati europei adotarsi di una legge che proteggeval’insieme dei lavoratori nelle fabbri-che, fissando la durata massima di la-voro giornaliero a 12 ore, stabilendo il

MELANO Lo stabile dove sorgeva la filanda di Melano in una foto di qualche anno fa. Oggi si presenta in altra veste eospita appartamenti privati. (Foto Gonnella)

IL LIBRO Lo studio di Vanessa Bigna-sca viene presentato oggi aBellizona.

L’INTERVISTA zxy VANESSA BIGNASCA*

«Laposizionegeograficapenalizzava il cantone»AZurigo la legislazioneèdel 1815,danoidel 1873zxy Quando e come vengono create lebasi per la nascita e lo sviluppodel di-rittodel lavoro inSvizzera?«Con la progressiva industrializzazioneil luogo del lavoro si sposta dal domici-lio alla fabbrica. Questo cambiamentofa sì che il lavoro non rimanga più con-finato solo nell’ambiente familiare masi inserisca in un contesto di una piùampia e collettiva presa di coscienzadeiproblemiconnessi al lavoro.Fupro-prio il lavoro infantile negli opifici a es-sere oggetto delle preoccupazioni dimedici, filantropi, autorità scolasticheepolitiche, ed ebbe quale conseguenzal’implementazione di una legislazionenei singoli Cantoni: Zurigo fu il primonel1815,mentre ilTicinoseguì soltantonel1873.Questoprimo interventodelloStatonell’ambitodella regolamentazio-ne del lavoro rappresentò un punto dipartenza per la legislazione socialesvizzera, chenel 1877 raggiunse unpri-mo importante traguardo con la pro-mulgazione della legge federale sullefabbriche».Quali erano le condizioni di lavoro?«Principalmente l’attenzione si è foca-lizzata sulle categorie più deboli di la-voratori, come iminori. Sui giovani erafacilmente visibile il risultato delle fati-che estenuanti nelle fabbriche chespessocomportavaancheproblemiperlo stesso sviluppo dei bambini. Inoltrec’era molta preoccupazione perchéproprio questi bambini avrebbero do-vuto creare le generazioni future delPaese. L’unico indicatore che testimo-nia il lavorominorile era la scuola, ci siaccorgeva quando i bambini non sipresentavano.L’alimentazioneera scar-sa, avevano problemi di rachitismo,erano spesso spossati e stanchi. Donneebambini erano sicuramente le vittimepiù visibili,ma c’erano operai che subi-vanospessogravi infortuni. Inizialmen-te imacchinari utilizzati erano sprovvi-sti di apparecchiature di protezione. Leconseguenzeeranogravissime, come laperdita di un arto e i lavoratori non era-no tutelati in nessun modo. I prodottiutilizzati erano spesso tossici, come ilfosforo giallo utilizzato nella produzio-nedi fiammiferi.Nel casodegli infortu-ni succedevadi frequentecheall’opera-io costasse di più cercare un avvocatoper fare valere i propri diritti che accet-tare la situazione o la proposta di liqui-dazionedaparte dell’azienda».Quali sono stati i motivi di rilievo chehanno permesso di migliorare la si-tuazione?«Lentamente, verso la fine dell’Otto-cento, si sono sviluppati i primi sinda-cati. Inizialmente divisi per professio-ne. con il passare del tempo si sono

principio di responsabilità civile delfabbricante e limitando in modo sen-sibile il lavoro di donne e bambini.Queste innovazioni suscitarono fortireazioni soprattutto da parte degli in-dustriali attivi nel settore tessile. Glioppositori si organizzaronoquindi peravvalersi del diritto al referendum, giàlargamente utilizzato quale strumentoper contrastare le misure legislativeprese a livello federale.Ma cosa prevedeva la legge? Il cardinesu cui poggiava era la limitazionedell’orario di lavoro.Unaltro gruppodiarticoli definiva i doveri del fabbrican-te inmateria di protezionedell’operaioe della sua salute. Ad esempio l’obbli-godi prenderemisureper prevenire gliinfortuni, apportando le dovutemodi-fiche ai macchinari, e gli accorgimentiper garantire l’igiene dello stabilimen-to (illuminazione, pulizia, qualitàdell’aria). Ancora più innovativi e radi-cali si presentavano gli articoli chestabilivano il principio della responsa-bilità civile del fabbricante e l’obbligodi denunciadegli infortuni gravi all’au-torità cantonale preposta. Di fatto an-ticipavano una legge ad hoc in fase dielaborazione che fu varata nel 1881. Inbase all’articolo 5, infatti, nel caso diun infortunio occorso a un operaio, ilproprietario della fabbrica era tenuto arispondere dei danni. Sempre che nonriuscisse a provare che l’incidente erastato causatodaunerroredella vittimao determinato da cause di forza mag-giore. Era inoltre sancito il diritto delConsiglio federale di stilare una lista dimalattie gravi la cui causa erada ricon-durre all’esercizio di determinate in-dustrie, alle quali si estese la responsa-bilità civile del fabbricante.Gli anni tra il 1870 e l’inizio della Primaguerra mondiale rappresentano quin-

CostituzioneLa Svizzera fu oggettiva-mente uno dei primi Statidel Vecchio continente adotarsi di una legge cheproteggeva l’insieme deilavoratori nelle fabbriche

to importante giunsedalla nascita dellaCamera del lavoro, nel 1901, ricono-sciutaanchedalConsigliodiStatoqual-che anno più tardi. La crescita di sensi-bilità verso queste tematiche va anchericercata negli apporti degli operai tici-nesi che emigravano ed erano a contat-to con realtà esterne».Qual era invece la situazione in Tici-no?«Il Ticino viveva una situazione di rela-tiva arretratezza, non aveva unamano-dopera stabile, che era essenzialmentecomposta da donne che lavoravanonelle fabbrichedi sigari e nelle filande eda ragazzi molto giovani. Mentre gliuomini eranoper lamaggiorparte lavo-ratori italiani o stagionali e quindi nonavevano interesse a far parte di associa-zioni inquantononerano legati al terri-torio. All’epoca l’emigrazione ticineseeraancoramolto forte, siaquella stagio-nale sia quella definitiva. Inoltre il Tici-no era penalizzato dalla sua posizioneperiferica, dai costi di trasporto più alti,dalla concorrenza con la vicina Italia esoprattutto perché per anni il suo svi-luppo fu trascurato dalla politica deicantoni confederati».

Come si muoveva il mondo politicocantonale di fronte ai problemi evo-cati?«In questi stessi anni il Partito sociali-sta ticinesemuoveva i suoi primi passi.Proprio sull’Aurora, il giornale del par-tito, troviamo le prime testimonianzedi denuncia. Per la prima volta l’opi-nionepubblica aveva accesso a ciò cheavveniva nelle fabbriche, qualcosa sistava muovendo. Precedentemente igiornali non si erano mai occupatimarginalmente di queste tematiche, illavoro minorile veniva considerato‘‘normale’’ perché per le famiglie erafonte di reddito ed era anche una con-dizione socialmente accettata fino ache il lavoro si svolgeva appunto alproprio domicilio. Oltre a questi fatto-ri, anche il contesto politico e socialeevolve e offre le premesse per una pre-sa di coscienza di problemi che primarestavano in ombra o, anche se noti,nessuno era interessato a risolvere».Quali sono le sue conclusioni?«Ciò che mi sembra interessante è co-me l’applicazione della legge sul lavo-

cambiano gli attori e i rapporti di forzatra di essi. Un esempio particolare è ilTicino , che per anni ha beneficiato diuna deroga sull’applicazione della leg-ge voluta soprattutto dal ramo indu-striale più influente del Cantone, l’in-dustria serica. Oggi abbiamo delle re-gole codificate, delle leggi, però pareche in certi ambiti la loro applicazionesia ancora difficile. Leggiamo frequen-temente notizie su problemi di lavoronero sui cantieri. Sono problematicheche sulla carta non dovrebbero esiste-re ma si producono di continuo. Oc-corre quindi domandarsi quali dina-miche ci siano alla base e perché rie-scono a svilupparsi».Già, perché?«Bisognachiedersi soprattutto se i con-trolli siano sufficienti o adeguati allasituazione attuale che sembra davverograve, almenoda ciò che si legge quoti-dianamente sui giornali. Vedere comecerte dinamiche che esistevano untempo si ripetano ancora oggi e capireche non basta una legge per risolvere ilproblema. L’apparato di controllo sta-bilito dalla legge e che dovrebbe realiz-zarla è importantissimo. Bisognerebbepartire da questo per capire come maici sianodei probleminell’applicazione.L’applicazione è il risultato di dinami-che e rapporti di forza tra diversi attori.Come gli ispettori federali delle fabbri-che che verificavano l’esecuzione dellalegge, gli operai stessi, gli imprenditori,i sindacati quando hanno iniziato asvilupparsi e la messa a punto di unapparato di controllo cantonale, ossiadi funzionari designati per verificarel’applicazione della legge».Nelle sue ricerche quali problemi hariscontrato nell’applicazione dellalegge?«Nell’epoca che ho studiato uno deigrossi problemi riguardava la denun-cia degli infortuni, anche perché ini-zialmente le aziendenoneranoassicu-rate per far fronte a tali incidenti. Erapoi arduo appurare quante ore lavo-rassero gli operai, non c’erano metodidi controllo come le registrazioniodierne. Era inoltre difficile verificarese fossero stati retribuiti regolarmente.A volte il pagamento veniva dilaziona-to, oppure parte di esso doveva esserespeso negli spacci alimentari del dato-re di lavoro. Gli operai non denuncia-vano quanto avveniva perché avevanopaura di perdere l’impiego. Per leggeera compitodegli imprenditori denun-ciare gli infortuni, ma non lo facevano.Così, di frequente, gli operai finivanosul lastrico, le spese mediche non era-no coperte se non se ne occupava ildatore di lavoro».

‘‘Allora il lavoromino-rile era consideratonormale, era fontedi reddito in famiglia

LA DURA VITA NELLE FILANDE

Per 14orecurvesulla caldaia

zxy In quali condizioni lavoravano ledonne in filanda nell’Ottocento e all’i-nizio del Novecento in Ticino? Per ca-pirlo è necessario prima di tutto ricor-dare che cosa facevano di preciso. Lospiega – tra gli altri – Ivan Campono-vo, ne «IlMulino deiGalli.Momenti divita quotidiana nella valle della Mottae dintorni nel XIX secolo» (2007):«Nella filanda – scrive – veniva effet-tuata la prima operazione del ciclo dilavorazione della seta, denominata‘‘trattura’’. Per svolgere il filo dai bozzo-li occorreva lasciarli ammollire all’in-terno di bacinelle contenenti acquamolto calda, permettendo alla mate-ria vischiosa che teneva uniti i sottilis-simi fili di seta di sciogliersi. La filatri-ce, con mano sicura ed esperta, estra-eva il bozzolo e cercava l’inizio del filo,che potevamisurare dai 300metri finoad un chilometro di lunghezza, unen-done alcuni in numero necessario perottenere lo spessore richiesto. In se-guito i fili, disposti inmodo incrociato,

venivano avvolti su di un aspo. Se du-rante questa delicata operazione il filosi spezzava, intervenivano delle ope-raie specializzate che lo riunivano condei nodi, permettendo alla filatrice dicontinuare il suo lavoro». Lavoro deli-cato e pesante, quindi. Come hannoricostruito gli studi storici sull’Otto-cento ticinese che, sfogliando i docu-menti del Dipartimento di igiene can-tonale del 1873, hanno trovato il rap-porto di un ispettore secondo il quale«bisogna immaginare queste poverefilatrici sotto l’influsso di un caloretropicale, curvate per 14 ore sopra unacaldaia in continua ebullizione, co-strette ad un incessante dimenare del-le braccia e quindi immerse ognora inun profuso sudore». Vite sbilenche siconsumavanonelle filande, e non soloper ragioni di lavoro. Nel volume «Sto-ria del CantonTicino. L’Ottocento» a c.di Raffaello Ceschi (1998) si cita il re-soconto di un ispettore cantonale chea fine Ottocento constatava che «nelle

filande di Lugano Melano, Riva SanVitale eMendrisio ho notato un’abitu-dine funesta e antigenica al massimo:le operaie introducono nei locali dilavorominestra, caffè o altro con reci-pienti raramente coperti, così che glialimenti entrano in contatto con l’ariaviziata per un lungo periodo dellagiornata. Dovrebbe essere seriamenteproibito alle operaie di consumare ipasti sul posto di lavoro, un’usanza frale più deplorevoli che occorre assolu-tamente far scomparire, creando perogni fabbrica un locale speciale vicinoal refettorio nel quale le operaie do-vranno depositare alla mattina appe-na arrivate il loro pasto quotidiano».Condizioni che non toccavano solo ledonne adulte. Lo racconta FabrizioMena in un capitolo della già citata«Storia del Canton Ticino. L’Ottocen-to» di Ceschi. «Nel 1873 – scriveMena– due deputati chiesero che si interve-nisse in favore dei fanciulli ‘‘sottopostia fatiche ed orari insopportabili’’ negli

opifici per delle paghe irrisorie. Un’in-chiesta del 1865 aveva rivelato che lesetaioleminori di 14 anni percepivano2,1 centesimi all’ora, mentre nel 1872il dottor Beroldingen appurò che nellafilanda Bolzani-Torriani di Mendrisioesse lavoravano 14 ore al giorno,men-tre la fatica e la cattiva alimentazionecui erano sottoposte gli avevano fattosembrare sorprendente il loro discretostato di salute».Non che non esistessero leggi a tuteladelle ragazzine-schiave. Ma spesso idatori di lavoro le ignoravano e se pro-prio incappavano in controlli non esi-tavano a fingere di essere in regola.Salvo essere poi presi con le mani nelsacco.Nel saggio già citato di Camponovo siricorda, per esempio, un rapporto for-nito al Consiglio di Stato dal Segreta-rio della Camera del lavoro in cui silegge: «Abbiamo fatto un’ispezionenello stabilimento di filatura Segòmadi Capolago. Dal direttore seppimo

che 2 o 3 giorni prima era passato l’I-spettore federale delle fabbriche, mache non aveva trovato nulla di anor-male. Non persuasi abbiamo non dimeno voluto compiere il nostro dove-re e con la presente ci pregiamo tra-smettervi le risultanze della nostra vi-sita. Molteplici certificati dei mino-renni presentavano evidenti tracce diraschiature e cancellazioni delle datedi nascita delle bambine impiegate.Durante la nostra visita ci accorgem-mo di un certo lavorío che ci fece du-bitare che si tentava di nasconderciqualcosa. Infatti, appena terminata lavisita, ci siamo recati nei prati circo-stanti lo stabilimento e trovammounadecina di bambine fatte fuggire dallostabilimento e che avevano imparatouna lezione nel caso che venissero in-terrogate. Interrogate alcune di questeragazze, ingenuamente ci raccontaro-no che la direzione aveva loro tantoraccomandato di non dire a nessunoné il nome né l’età». RED.

di un periodo cruciale per lo sviluppodel lavoro in Svizzera; ed è proprio suquesto periodo che si concentra la ri-cerca di Vanessa Bignasca, la qualemette in luce la situazione particolaredel Canton Ticino, confrontato con lenovità legislative federali e il compitodi metterle in atto. «Questo studio –scrive nella prefazione l’avvocato Raf-faella Martinelli Peter, specialista indiritto del lavoro – affronta un temacentrale del nostro sistema costituzio-nale: il federalismo di esecuzione,principio in base al quale i Cantoni so-no chiamati a mettere in atto le normeemanate dalla Confederazione. Que-sto principio, che restituisce una partedi autonomia ai Cantoni, permette diadattare l’attuazionedelle leggi federa-

li alle particolarità e agli usi locali. Va-nessa Bignasca tratta in modo detta-gliato e approfondito questo tema,analizzando la percezione della leggeattraverso lo studio delle fonti disponi-

bili e ricostruendo l’atteggiamento conil quale la legge è stata accolta e le con-seguenze di questa percezione sull’e-secuzione della legge».

Il confronto col presenteIl tema, secondo Raffaella MartinelliPeter, resta di grandissima attualità.«Secondo il Prof. Thomas Geiser,esperto nella materia – scrive – siamodi fronte a una vera e propria situazio-ne d’emergenza, in quanto la legge sullavorononviene rispettata e le autoritàpreposte all’esecuzione ‘‘chiudono unocchio’’ e non intervengono, in parti-colare in determinati settori economi-ci. Egli ritiene che queste norme nonsiano sufficientemente radicate nellapopolazione. Rileva inoltre che gli

ispettori del lavoro sono in numerotroppo esiguo rispetto alle aziende chedovrebbero essere controllate».È bene ricordare che le condizioni deilavoratori oggi sono infinitamente su-periori rispetto a un secolo fa (vedi ar-ticolo in basso).Maè vero chenel 2014la Segreteria di Stato dell’economia(SECO) ha pubblicato uno studio dalquale emerge che in Svizzera 1,1milio-ni di lavoratori sonoaffetti daproblemidi salute connessi con l’attività profes-sionale. Nella conclusione l’autricesottolinea l’importanza fondamentaleper l’implementazione della legge, de-gli attori che sono intervenuti a fiancodelle autorità cantonali esecutive: isindacati, la Camera del lavoro, gliispettori federali e alcuni politici parti-

colarmente attenti a questo tema. Ve-rosimilmente, sostieneVanessaBigna-sca, l’intervento di questi attori puòfare la differenza e contribuire in ma-niera preponderante all’implementa-zionedella legislazione sul lavoro.Dal-la ricerca emergono tutte le difficoltàriscontrate in Ticino un secolo fanell’implementazione della legislazio-ne sul lavoro, un vero e proprio «brac-cio di ferro» tra le autorità incaricatedell’esecuzione e gli imprenditori cheopponevano una forte resistenza, avolte coadiuvati da autorità locali pocosolerti. La ricerca di Bignasca ripercor-re questa importante fase storica dellalegge del lavoro mettendo in rilievoanche gli elementi che hanno permes-so dimigliorare la situazione.

FATICHE IMMANI Il monumento alle vittime del lavoro di Vincenzo Vela adAirolo (foto Crinari) e, a lato, filandaie giovani adulte (litografia pubblicata nelnumero unico «Il lago di Como», 1903-1904, e supplemento dalla «Illustrazioneitaliana» da un acquarello di Luigi Rossi), immagine pubblicata poi su «Storiadel Cantone Ticino. L’Ottocento», a c. di Raffaelo Ceschi. (© ProLitteris)

ne. con il passare del tempo si sonouniti e rafforzati. In Ticinoun contribu-

me l’applicazione della legge sul lavo-ro sia cambiata negli anni, perché * storica

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GIOVEDÌ 1. DICEMBRE 2016

StoriaTicino, così nacquero i dirittinel mondo dei lavoratoriUnostudio racconta il lento sviluppodelle tuteleall’epocadell’industrializzazioneDalla ricercaemergono tutte ledifficoltà riscontratenell’applicazionedella legge

Il diritto del lavorohauna storiamolto recente, è infatti figliodella rivoluzio-ne industriale: quest’ultimadeterminòunprofondomutamentodel sistemadi produzione delle economie europee e dei rapporti sociali. I progressi tec-nici e la conseguentemeccanizzazionedegli strumenti diproduzione favori-rono la concentrazionenelle fabbriche del sistemaproduttivo, fino ad alloraessenzialmente confinatoal domicilio. I problemiderivati daquesto stravol-gimento delle condizioni lavorative emergono ben presto: sfruttamento dellavorominorile, pessime condizioni igienico-sanitarie, orari estenuanti, as-senza di tutela a livello contrattuale e salarimolto bassi. Emerge quindi pre-sto la necessità di dotarsi di una legislazione chepermetta di intervenire conmisure di protezione dei lavoratori. Ma come è avvenuto questo percorso inSvizzera e inTicino?VanessaBignascadi Sonvico, laureata in storia contem-poranea all’Università di Friburgo, ha dedicato la sua tesi diMaster a questoargomento.Lapresentazionedelvolume«La legislazionesul lavoro inTicinotra eccezioni e resistenze (1877-1914)» si terrà oggi alle 18.30 nell’Aula ma-gnadella Scuola cantonaledi commerciodiBellinzona.

PAGINE DIVIVIANA VIRI

zxyLarivoluzioneindustrialehaintrodot-to ilmondo ruralenellamodernità e allalungahacertamenteportatoadunteno-re di vita migliore per tutti. È avvenutoanche inTicino, dove le condizioni lavo-rative dell’ambiente contadino (così co-meil livelloeconomico)precedentique-stosaltostoricononeranocertoottimali.Soprattutoper ledonne,costrettesecon-do i resoconti dell’epoca, ad una vita distenti e sacrifici. L’arrivo delle fabbrichecambia radicalmente la situazione. Mal’avvio di questa fase – non solo nel no-stro cantone – si rivela selvaggio, concondizioni di lavoro che oggi defini-remmo vicine allo schiavismo. E a li-vello federale non esisteva alcuna legi-slazione che permettesse di interveni-re conmisure di protezione dei lavora-tori.Di questo,maanchedegli sviluppipositivi della legge svizzera, parla il li-bro di Bignasca, da cui traiamo le in-formazioni che seguono.Nella secondametà dell’Ottocento so-lo pochi cantoni, quelli particolarmen-te avanzati nello sviluppo industriale,avevano adottato specifiche leggi a tu-tela della salute dei lavoratori. Il qua-dro legislativo evolve con la revisionetotale della Costituzione federale, av-venuta nel 1874, quando vengono cre-ate le basi per la nascita e lo sviluppodel diritto del lavoro in Svizzera. Sullabase del nuovo articolo costituzionale,nel 1878 entra in vigore la Legge fede-rale sulle fabbriche, con le prime nor-me di protezione dei lavoratori. Il no-stro fu uno tra i primi Stati europei adotarsi di una legge che proteggeval’insieme dei lavoratori nelle fabbri-che, fissando la durata massima di la-voro giornaliero a 12 ore, stabilendo il

MELANO Lo stabile dove sorgeva la filanda di Melano in una foto di qualche anno fa. Oggi si presenta in altra veste eospita appartamenti privati. (Foto Gonnella)

IL LIBRO Lo studio di Vanessa Bigna-sca viene presentato oggi aBellizona.

L’INTERVISTA zxy VANESSA BIGNASCA*

«Laposizionegeograficapenalizzava il cantone»AZurigo la legislazioneèdel 1815,danoidel 1873zxy Quando e come vengono create lebasi per la nascita e lo sviluppodel di-rittodel lavoro inSvizzera?«Con la progressiva industrializzazioneil luogo del lavoro si sposta dal domici-lio alla fabbrica. Questo cambiamentofa sì che il lavoro non rimanga più con-finato solo nell’ambiente familiare masi inserisca in un contesto di una piùampia e collettiva presa di coscienzadeiproblemiconnessi al lavoro.Fupro-prio il lavoro infantile negli opifici a es-sere oggetto delle preoccupazioni dimedici, filantropi, autorità scolasticheepolitiche, ed ebbe quale conseguenzal’implementazione di una legislazionenei singoli Cantoni: Zurigo fu il primonel1815,mentre ilTicinoseguì soltantonel1873.Questoprimo interventodelloStatonell’ambitodella regolamentazio-ne del lavoro rappresentò un punto dipartenza per la legislazione socialesvizzera, chenel 1877 raggiunse unpri-mo importante traguardo con la pro-mulgazione della legge federale sullefabbriche».Quali erano le condizioni di lavoro?«Principalmente l’attenzione si è foca-lizzata sulle categorie più deboli di la-voratori, come iminori. Sui giovani erafacilmente visibile il risultato delle fati-che estenuanti nelle fabbriche chespessocomportavaancheproblemiperlo stesso sviluppo dei bambini. Inoltrec’era molta preoccupazione perchéproprio questi bambini avrebbero do-vuto creare le generazioni future delPaese. L’unico indicatore che testimo-nia il lavorominorile era la scuola, ci siaccorgeva quando i bambini non sipresentavano.L’alimentazioneera scar-sa, avevano problemi di rachitismo,erano spesso spossati e stanchi. Donneebambini erano sicuramente le vittimepiù visibili,ma c’erano operai che subi-vanospessogravi infortuni. Inizialmen-te imacchinari utilizzati erano sprovvi-sti di apparecchiature di protezione. Leconseguenzeeranogravissime, come laperdita di un arto e i lavoratori non era-no tutelati in nessun modo. I prodottiutilizzati erano spesso tossici, come ilfosforo giallo utilizzato nella produzio-nedi fiammiferi.Nel casodegli infortu-ni succedevadi frequentecheall’opera-io costasse di più cercare un avvocatoper fare valere i propri diritti che accet-tare la situazione o la proposta di liqui-dazionedaparte dell’azienda».Quali sono stati i motivi di rilievo chehanno permesso di migliorare la si-tuazione?«Lentamente, verso la fine dell’Otto-cento, si sono sviluppati i primi sinda-cati. Inizialmente divisi per professio-ne. con il passare del tempo si sono

principio di responsabilità civile delfabbricante e limitando in modo sen-sibile il lavoro di donne e bambini.Queste innovazioni suscitarono fortireazioni soprattutto da parte degli in-dustriali attivi nel settore tessile. Glioppositori si organizzaronoquindi peravvalersi del diritto al referendum, giàlargamente utilizzato quale strumentoper contrastare le misure legislativeprese a livello federale.Ma cosa prevedeva la legge? Il cardinesu cui poggiava era la limitazionedell’orario di lavoro.Unaltro gruppodiarticoli definiva i doveri del fabbrican-te inmateria di protezionedell’operaioe della sua salute. Ad esempio l’obbli-godi prenderemisureper prevenire gliinfortuni, apportando le dovutemodi-fiche ai macchinari, e gli accorgimentiper garantire l’igiene dello stabilimen-to (illuminazione, pulizia, qualitàdell’aria). Ancora più innovativi e radi-cali si presentavano gli articoli chestabilivano il principio della responsa-bilità civile del fabbricante e l’obbligodi denunciadegli infortuni gravi all’au-torità cantonale preposta. Di fatto an-ticipavano una legge ad hoc in fase dielaborazione che fu varata nel 1881. Inbase all’articolo 5, infatti, nel caso diun infortunio occorso a un operaio, ilproprietario della fabbrica era tenuto arispondere dei danni. Sempre che nonriuscisse a provare che l’incidente erastato causatodaunerroredella vittimao determinato da cause di forza mag-giore. Era inoltre sancito il diritto delConsiglio federale di stilare una lista dimalattie gravi la cui causa erada ricon-durre all’esercizio di determinate in-dustrie, alle quali si estese la responsa-bilità civile del fabbricante.Gli anni tra il 1870 e l’inizio della Primaguerra mondiale rappresentano quin-

CostituzioneLa Svizzera fu oggettiva-mente uno dei primi Statidel Vecchio continente adotarsi di una legge cheproteggeva l’insieme deilavoratori nelle fabbriche

to importante giunsedalla nascita dellaCamera del lavoro, nel 1901, ricono-sciutaanchedalConsigliodiStatoqual-che anno più tardi. La crescita di sensi-bilità verso queste tematiche va anchericercata negli apporti degli operai tici-nesi che emigravano ed erano a contat-to con realtà esterne».Qual era invece la situazione in Tici-no?«Il Ticino viveva una situazione di rela-tiva arretratezza, non aveva unamano-dopera stabile, che era essenzialmentecomposta da donne che lavoravanonelle fabbrichedi sigari e nelle filande eda ragazzi molto giovani. Mentre gliuomini eranoper lamaggiorparte lavo-ratori italiani o stagionali e quindi nonavevano interesse a far parte di associa-zioni inquantononerano legati al terri-torio. All’epoca l’emigrazione ticineseeraancoramolto forte, siaquella stagio-nale sia quella definitiva. Inoltre il Tici-no era penalizzato dalla sua posizioneperiferica, dai costi di trasporto più alti,dalla concorrenza con la vicina Italia esoprattutto perché per anni il suo svi-luppo fu trascurato dalla politica deicantoni confederati».

Come si muoveva il mondo politicocantonale di fronte ai problemi evo-cati?«In questi stessi anni il Partito sociali-sta ticinesemuoveva i suoi primi passi.Proprio sull’Aurora, il giornale del par-tito, troviamo le prime testimonianzedi denuncia. Per la prima volta l’opi-nionepubblica aveva accesso a ciò cheavveniva nelle fabbriche, qualcosa sistava muovendo. Precedentemente igiornali non si erano mai occupatimarginalmente di queste tematiche, illavoro minorile veniva considerato‘‘normale’’ perché per le famiglie erafonte di reddito ed era anche una con-dizione socialmente accettata fino ache il lavoro si svolgeva appunto alproprio domicilio. Oltre a questi fatto-ri, anche il contesto politico e socialeevolve e offre le premesse per una pre-sa di coscienza di problemi che primarestavano in ombra o, anche se noti,nessuno era interessato a risolvere».Quali sono le sue conclusioni?«Ciò che mi sembra interessante è co-me l’applicazione della legge sul lavo-

cambiano gli attori e i rapporti di forzatra di essi. Un esempio particolare è ilTicino , che per anni ha beneficiato diuna deroga sull’applicazione della leg-ge voluta soprattutto dal ramo indu-striale più influente del Cantone, l’in-dustria serica. Oggi abbiamo delle re-gole codificate, delle leggi, però pareche in certi ambiti la loro applicazionesia ancora difficile. Leggiamo frequen-temente notizie su problemi di lavoronero sui cantieri. Sono problematicheche sulla carta non dovrebbero esiste-re ma si producono di continuo. Oc-corre quindi domandarsi quali dina-miche ci siano alla base e perché rie-scono a svilupparsi».Già, perché?«Bisognachiedersi soprattutto se i con-trolli siano sufficienti o adeguati allasituazione attuale che sembra davverograve, almenoda ciò che si legge quoti-dianamente sui giornali. Vedere comecerte dinamiche che esistevano untempo si ripetano ancora oggi e capireche non basta una legge per risolvere ilproblema. L’apparato di controllo sta-bilito dalla legge e che dovrebbe realiz-zarla è importantissimo. Bisognerebbepartire da questo per capire come maici sianodei probleminell’applicazione.L’applicazione è il risultato di dinami-che e rapporti di forza tra diversi attori.Come gli ispettori federali delle fabbri-che che verificavano l’esecuzione dellalegge, gli operai stessi, gli imprenditori,i sindacati quando hanno iniziato asvilupparsi e la messa a punto di unapparato di controllo cantonale, ossiadi funzionari designati per verificarel’applicazione della legge».Nelle sue ricerche quali problemi hariscontrato nell’applicazione dellalegge?«Nell’epoca che ho studiato uno deigrossi problemi riguardava la denun-cia degli infortuni, anche perché ini-zialmente le aziendenoneranoassicu-rate per far fronte a tali incidenti. Erapoi arduo appurare quante ore lavo-rassero gli operai, non c’erano metodidi controllo come le registrazioniodierne. Era inoltre difficile verificarese fossero stati retribuiti regolarmente.A volte il pagamento veniva dilaziona-to, oppure parte di esso doveva esserespeso negli spacci alimentari del dato-re di lavoro. Gli operai non denuncia-vano quanto avveniva perché avevanopaura di perdere l’impiego. Per leggeera compitodegli imprenditori denun-ciare gli infortuni, ma non lo facevano.Così, di frequente, gli operai finivanosul lastrico, le spese mediche non era-no coperte se non se ne occupava ildatore di lavoro».

‘‘Allora il lavoromino-rile era consideratonormale, era fontedi reddito in famiglia

LA DURA VITA NELLE FILANDE

Per 14orecurvesulla caldaia

zxy In quali condizioni lavoravano ledonne in filanda nell’Ottocento e all’i-nizio del Novecento in Ticino? Per ca-pirlo è necessario prima di tutto ricor-dare che cosa facevano di preciso. Lospiega – tra gli altri – Ivan Campono-vo, ne «IlMulino deiGalli.Momenti divita quotidiana nella valle della Mottae dintorni nel XIX secolo» (2007):«Nella filanda – scrive – veniva effet-tuata la prima operazione del ciclo dilavorazione della seta, denominata‘‘trattura’’. Per svolgere il filo dai bozzo-li occorreva lasciarli ammollire all’in-terno di bacinelle contenenti acquamolto calda, permettendo alla mate-ria vischiosa che teneva uniti i sottilis-simi fili di seta di sciogliersi. La filatri-ce, con mano sicura ed esperta, estra-eva il bozzolo e cercava l’inizio del filo,che potevamisurare dai 300metri finoad un chilometro di lunghezza, unen-done alcuni in numero necessario perottenere lo spessore richiesto. In se-guito i fili, disposti inmodo incrociato,

venivano avvolti su di un aspo. Se du-rante questa delicata operazione il filosi spezzava, intervenivano delle ope-raie specializzate che lo riunivano condei nodi, permettendo alla filatrice dicontinuare il suo lavoro». Lavoro deli-cato e pesante, quindi. Come hannoricostruito gli studi storici sull’Otto-cento ticinese che, sfogliando i docu-menti del Dipartimento di igiene can-tonale del 1873, hanno trovato il rap-porto di un ispettore secondo il quale«bisogna immaginare queste poverefilatrici sotto l’influsso di un caloretropicale, curvate per 14 ore sopra unacaldaia in continua ebullizione, co-strette ad un incessante dimenare del-le braccia e quindi immerse ognora inun profuso sudore». Vite sbilenche siconsumavanonelle filande, e non soloper ragioni di lavoro. Nel volume «Sto-ria del CantonTicino. L’Ottocento» a c.di Raffaello Ceschi (1998) si cita il re-soconto di un ispettore cantonale chea fine Ottocento constatava che «nelle

filande di Lugano Melano, Riva SanVitale eMendrisio ho notato un’abitu-dine funesta e antigenica al massimo:le operaie introducono nei locali dilavorominestra, caffè o altro con reci-pienti raramente coperti, così che glialimenti entrano in contatto con l’ariaviziata per un lungo periodo dellagiornata. Dovrebbe essere seriamenteproibito alle operaie di consumare ipasti sul posto di lavoro, un’usanza frale più deplorevoli che occorre assolu-tamente far scomparire, creando perogni fabbrica un locale speciale vicinoal refettorio nel quale le operaie do-vranno depositare alla mattina appe-na arrivate il loro pasto quotidiano».Condizioni che non toccavano solo ledonne adulte. Lo racconta FabrizioMena in un capitolo della già citata«Storia del Canton Ticino. L’Ottocen-to» di Ceschi. «Nel 1873 – scriveMena– due deputati chiesero che si interve-nisse in favore dei fanciulli ‘‘sottopostia fatiche ed orari insopportabili’’ negli

opifici per delle paghe irrisorie. Un’in-chiesta del 1865 aveva rivelato che lesetaioleminori di 14 anni percepivano2,1 centesimi all’ora, mentre nel 1872il dottor Beroldingen appurò che nellafilanda Bolzani-Torriani di Mendrisioesse lavoravano 14 ore al giorno,men-tre la fatica e la cattiva alimentazionecui erano sottoposte gli avevano fattosembrare sorprendente il loro discretostato di salute».Non che non esistessero leggi a tuteladelle ragazzine-schiave. Ma spesso idatori di lavoro le ignoravano e se pro-prio incappavano in controlli non esi-tavano a fingere di essere in regola.Salvo essere poi presi con le mani nelsacco.Nel saggio già citato di Camponovo siricorda, per esempio, un rapporto for-nito al Consiglio di Stato dal Segreta-rio della Camera del lavoro in cui silegge: «Abbiamo fatto un’ispezionenello stabilimento di filatura Segòmadi Capolago. Dal direttore seppimo

che 2 o 3 giorni prima era passato l’I-spettore federale delle fabbriche, mache non aveva trovato nulla di anor-male. Non persuasi abbiamo non dimeno voluto compiere il nostro dove-re e con la presente ci pregiamo tra-smettervi le risultanze della nostra vi-sita. Molteplici certificati dei mino-renni presentavano evidenti tracce diraschiature e cancellazioni delle datedi nascita delle bambine impiegate.Durante la nostra visita ci accorgem-mo di un certo lavorío che ci fece du-bitare che si tentava di nasconderciqualcosa. Infatti, appena terminata lavisita, ci siamo recati nei prati circo-stanti lo stabilimento e trovammounadecina di bambine fatte fuggire dallostabilimento e che avevano imparatouna lezione nel caso che venissero in-terrogate. Interrogate alcune di questeragazze, ingenuamente ci raccontaro-no che la direzione aveva loro tantoraccomandato di non dire a nessunoné il nome né l’età». RED.

di un periodo cruciale per lo sviluppodel lavoro in Svizzera; ed è proprio suquesto periodo che si concentra la ri-cerca di Vanessa Bignasca, la qualemette in luce la situazione particolaredel Canton Ticino, confrontato con lenovità legislative federali e il compitodi metterle in atto. «Questo studio –scrive nella prefazione l’avvocato Raf-faella Martinelli Peter, specialista indiritto del lavoro – affronta un temacentrale del nostro sistema costituzio-nale: il federalismo di esecuzione,principio in base al quale i Cantoni so-no chiamati a mettere in atto le normeemanate dalla Confederazione. Que-sto principio, che restituisce una partedi autonomia ai Cantoni, permette diadattare l’attuazionedelle leggi federa-

li alle particolarità e agli usi locali. Va-nessa Bignasca tratta in modo detta-gliato e approfondito questo tema,analizzando la percezione della leggeattraverso lo studio delle fonti disponi-

bili e ricostruendo l’atteggiamento conil quale la legge è stata accolta e le con-seguenze di questa percezione sull’e-secuzione della legge».

Il confronto col presenteIl tema, secondo Raffaella MartinelliPeter, resta di grandissima attualità.«Secondo il Prof. Thomas Geiser,esperto nella materia – scrive – siamodi fronte a una vera e propria situazio-ne d’emergenza, in quanto la legge sullavorononviene rispettata e le autoritàpreposte all’esecuzione ‘‘chiudono unocchio’’ e non intervengono, in parti-colare in determinati settori economi-ci. Egli ritiene che queste norme nonsiano sufficientemente radicate nellapopolazione. Rileva inoltre che gli

ispettori del lavoro sono in numerotroppo esiguo rispetto alle aziende chedovrebbero essere controllate».È bene ricordare che le condizioni deilavoratori oggi sono infinitamente su-periori rispetto a un secolo fa (vedi ar-ticolo in basso).Maè vero chenel 2014la Segreteria di Stato dell’economia(SECO) ha pubblicato uno studio dalquale emerge che in Svizzera 1,1milio-ni di lavoratori sonoaffetti daproblemidi salute connessi con l’attività profes-sionale. Nella conclusione l’autricesottolinea l’importanza fondamentaleper l’implementazione della legge, de-gli attori che sono intervenuti a fiancodelle autorità cantonali esecutive: isindacati, la Camera del lavoro, gliispettori federali e alcuni politici parti-

colarmente attenti a questo tema. Ve-rosimilmente, sostieneVanessaBigna-sca, l’intervento di questi attori puòfare la differenza e contribuire in ma-niera preponderante all’implementa-zionedella legislazione sul lavoro.Dal-la ricerca emergono tutte le difficoltàriscontrate in Ticino un secolo fanell’implementazione della legislazio-ne sul lavoro, un vero e proprio «brac-cio di ferro» tra le autorità incaricatedell’esecuzione e gli imprenditori cheopponevano una forte resistenza, avolte coadiuvati da autorità locali pocosolerti. La ricerca di Bignasca ripercor-re questa importante fase storica dellalegge del lavoro mettendo in rilievoanche gli elementi che hanno permes-so dimigliorare la situazione.

FATICHE IMMANI Il monumento alle vittime del lavoro di Vincenzo Vela adAirolo (foto Crinari) e, a lato, filandaie giovani adulte (litografia pubblicata nelnumero unico «Il lago di Como», 1903-1904, e supplemento dalla «Illustrazioneitaliana» da un acquarello di Luigi Rossi), immagine pubblicata poi su «Storiadel Cantone Ticino. L’Ottocento», a c. di Raffaelo Ceschi. (© ProLitteris)

ne. con il passare del tempo si sonouniti e rafforzati. In Ticinoun contribu-

me l’applicazione della legge sul lavo-ro sia cambiata negli anni, perché * storica