Housing is back in town

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Giovanni Corbellini

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L’abitazione è probabilmente la questione che ha maggiormente caratterizzato l’architettura dell’ultimo secolo. Nella sua versione unifamiliare ha fornito ai protagonisti del moderno un terreno di sperimenta-zione estetica che si è popolato nel tempo delle ville-manifesto riportate in tutte le storie dell’arte. Ma è la residenza collettiva, genere completamente reinventato nel Novecento, a costituirne il nucleo più originale e rappresentativo. Spinta all’interno della riflessione di-sciplinare dai drammatici fenomeni dell’incremento demografico e dell’inurbamento delle masse rurali, la soluzione quantitativa e concentrata dell’abitazione at-trae enormi energie intellettuali, economiche e realiz-zative. Una impresa costellata da successi e fallimenti, parzialmente marginalizzata dall’inversione delle dina-miche di crescita delle popolazioni nelle città dei paesi affluenti (e dal riflusso privatista degli anni ottanta) e che i bisogni delle persone riportano oggi al centro del-le esperienze progettuali più avanzate. La ricerca di si-stemi abitativi più densi e condivisi rappresenta infatti una risposta ineludibile alla domanda pressante di al-loggi a basso costo, di un uso più razionale dei suoli, di stili di vita sostenibili, di accoglienza e integrazione dei migranti (e di condizioni abitative decenti nei luoghi dai quali provengono). Domanda che la crisi economi-ca sta ulteriormente alimentando.

Il ritorno della densità

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Si tratta di una questione tutt’altro che risolta e, in termini generali, intrinsecamente irrisolvibile. La co-perta del progetto della residenza collettiva è infatti irrimediabilmente corta, tirata da una parte o dall’altra dai conflitti socioeconomici e dalla complessità delle problematiche coinvolte, tanto che né le utopie del controllo verticale di forme e comportamenti, a suo tempo portate avanti dalla cultura architettonica, né la presunta autoregolazione mercatista del laissez-faire hanno saputo dare risposte universalmente applicabili, limitando gli esiti positivi all’interpretazione di speci-

fici contesti spazio-temporali e di processi localmente determi-nati, spesso al di là delle stesse intenzioni progettuali. Il carat-tere collettivo legato al progetto dell’abitazione densa introduce una componente negoziale che mette ogni volta in discussione le sicurezze disciplinari e le pro-cedure consolidate, facendo del-la residenza uno dei campi spe-rimentali per eccellenza del pro-getto di architettura e delle sue metodologie. Anche per questo, è difficile solo pensare a una teo-ria generale dell’housing. I saggi che affrontano questa tematica

possono ricostruire vicende storiche, seguire punti di vista ideologici e agire come manifesti che sostengono

tra i più attivi negli ultimi annila rivista “A+T”, sia nei periodici:

_“A+T”, n. 19, 2002, Density/Densidad I, a cura di Javier Mozas.

_“A+T”, n. 20, 2002, Density/Densidad II, a cura di Atelier Kempe Thill.

_“A+T”, n. 21, 2003, Density/Densidad III, a cura di Javier Mozas.

_“A+T”, n. 22, 2003, Density/Densidad IV, a cura di Xavier González.

che nei volumi, impostati su dati quantitativi riguardanti densità:

_Aurora Fernández Per, Javier Mozas, Javier Arpa, Dbook. Density, Data,

Diagrams, Dwellings, a+t, 2007._ Aurora Fernández Per, Javier Mozas,

Javier Arpa, HoCo. Density Housing Construction & Costs, a+t, 2009.

o costi:__Aurora Fernández Per, Javier Arpa, Next. Collective Housing in Progress,

a+t, 2010.

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determinate direzioni di ricerca o, più diffusamente, af-fidarsi all’analisi comparata di esempi significativi, nel tentativo di cogliere la tensione fra le singole pressioni locali, le narrative progettuali che sviluppano e alcu-ni fondamentali parametri quantitativi. Un approccio, quest’ultimo, che ha assistito alla recente pubblicazione di numerosi contributi, grazie anche alla ripresa di ini-ziative in questo campo e al moltiplicarsi di progetti e realizzazioni interessanti.

Questo piccolo libro intende fornire un dispositivo di orientamento, una sorta di guida per muoversi più agevolmente in questa materia così complessa e tra i numerosi apporti che provano a descriverla. Vengono così rapidamente affrontate le contraddizioni intrinse-che alla questione abitativa, una rassegna delle vicende che hanno segnato il suo evolversi e i maggiori obiettivi sperimentali che si pongono al progetto della residen-za oggi, il tutto accompagnato da alcuni suggerimenti bibliografici.

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Certosa del Galluzzo, Firenze, 1346; 43°43’53”N 11°13’17”E.Fuggerei, Augsburg, 1521; 48°22’08”N 10°54’15”E.

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Costruire case è una delle attività maggiormente ra-dicate nelle necessità e nella cultura dell’uomo, almeno da quando i nostri antenati si sono inventati l’agri-coltura e sono diventati stanziali. Proprio per questo è uno dei temi più difficili per gli architetti. Il nostro sapere disciplinare è infatti nato per tutt’altri scopi: per realizzare spazi e oggetti legati all’esercizio e alla rappresentazione del potere (militare, politico, religio-so...), per dare senso con la trasformazione ambientale a esperienze trascendenti (soprattutto alla morte e alla sua memoria), per organizzare nello spazio pubblico e privato la proiezione simbolica e iden-titaria della collettività o di po-chi, fortunati individui. Si può quindi affermare, usando la ter-minologia introdotta da Save-rio Muratori e dalla sua scuola, che fino a non molto tempo fa gli architetti si occupavano esclusivamente di “edilizia speciale”: tombe e templi, palazzi e fortezze, piazze e fontane, giardini e ville. Di queste opere eccezionali, anche molto antiche, conosciamo spesso gli artefici e, a volte, si sono conservati i disegni. L’“edilizia di base”, fatta delle abitazioni anonime (appunto) e delle picco-le botteghe che costituivano i tessuti connettivi delle

specificamente legati al pensiero di Muratori in rapporto alla residenza collettiva sono i volumi di:_Gianfranco Caniggia, Gian Luigi Maffei, Composizione architettonica e tipologia ediliza. 1. Lettura dell’edilizia di Base, Marsilio, 1979._Gianfranco Caniggia, Gian Luigi Maffei, Composizione architettonica e tipologia ediliza. 2. Il progetto nell’edilizia di Base, Marsilio, 1984.

Alcuni paradossi

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Michiel Brinkman, Spangen, Rotterdam, 1919-21; 51°54’57”N 4°25’51”E.Johannes Jacobus Pieter Oud, Kiefhoek, Rotterdam, 1924; 51°53’39”N 4°30’24”E.

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Fino alla rivoluzione industriale i casi in qualche modo assimilabili al tema della residenza collettiva sono sporadici e dedicati a categorie del tutto parti-colari: i conventi (come la certosa di Ema, 1341-95, che tanto ha affascinato Le Corbusier), gli “alberghi dei poveri” (ad esempio quello gigantesco di Ferdinan-do Fuga a Napoli, 1751) e altri interventi caritatevoli (tra i più noti le case costruite dai banchieri Fugger ad Augsburg, 1516-23, e le corti olandesi, delle qua-li il Begijnhof ad Amsterdam è uno dei primi esem-pi). L’autonomia e l’isolamento che contraddistingue queste esperienze continua a manifestarsi nelle prime proposte che nell’Ottocento rispondono ai fenomeni collegati allo sviluppo tecnologico e produttivo della rivoluzione industriale. Le company town realizzate da imprenditori illuminati per i propri lavoratori (Saltaire, 1853; Akroydon, 1859; Port Sunlight, 1888...) comin-ciano a estendere su scala più ampia l’idea dell’insieme resi-denziale di progettazione uni-taria. Si tratta spesso di villaggi composti di case singole, dop-pie o a schiera, il cui modello abitativo a densità relativamen-te bassa troverà una sistematiz-zazione teorica nell’idea di cit-

Un po’ di storia

una carrellata, molto illustrata, che ripercorre gli elementi fondamentali del fenomeno urbano dalle sue origini:_Leonardo Benevolo, Storia della città, Laterza, 1975.sulle condizioni abitative operaie a metà dell’Ottocento vedi l’inchiesta di:_Friedrich Engels, Die Lage der arbeitenden Klasse in England. Nach eigner Anschauung und authentischen Quellen, Otto Wigand, 1845.

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Bruno Taut, Martin Wagner, Hufeisen, Berlin, 1925-33; 52°26’51”N 13°26’55”O.

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tà giardino proposta a cavallo del secolo da Ebenezer Howard. Solo raramente, e dove al miglioramento del-le condizioni abitative si aggiungono nuovi modelli di relazioni sociali derivati dalle idee dei socialisti utopisti (New Lanark, 1786; il Familisterio di Guisa, 1858...), si cerca una maggiore compattezza, concentrando per-sone e servizi in grandi edifici.

La questione dell’abitazione collettiva dovrà tutta-via aspettare la fine della prima guerra mondiale per assumere una vera centralità. La forte do-manda di alloggi a basso costo spinge le città delle maggiori nazioni europee a intraprende-re vasti programmi di edilizia popolare. L’Olanda, risparmiata dal conflitto, si propone come terreno di sperimentazione, dap-prima con la “scuola di Amster-dam” (il cui approccio privilegia il decoro urbano e il disegno dei prospetti), poi con molte realizzazioni legate alla ricer-ca della densità attraverso differenti altezze e tipologie, portata avanti da progettisti come Brinkman, Duiker e soprattutto J.J.P. Oud. In Germania si realizzano quar-tieri in genere meno concentrati, con standard abitativi e di verde più generosi di quelli olandesi (la disponi-bilità di orti costituiva una risorsa fondamentale per integrare il reddito delle famiglie) e, a volte, di dimen-sioni particolarmente vaste. Oltre all’apporto teorico

sul movimento della città giardino, oltre al seminale:_Ebenezer Howard, Garden Cities of Tomorrow, London 1902 (1898).vedi anche, per l’approccio architettonico che lo sosteneva:_Raymond Unwin, Town Planning in Practice. An Introduction to the Art of Designing Cities and Suburbs, T. Fisher Unwin, 1909.sui Paesi Bassi:_Donald I. Grinberg, Housing in the Netherlands 1900-1940, Delft University Press, 1977._Maristella Casciato, La scuola di Amsterdam, Zanichelli, 1987.

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Frans Ottenhof con Inbo (A.C. Kromhout, J. Groet, K. Geerts), Bijlmermeer, Amsterdam, 1966-82; 52°19’10”N 4°57’57”E.

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Nazioni previdenti come l’Olanda - paese che si è dotato per primo di una legge urbanistica - hanno sempre prestato una forte attenzione al loro sviluppo abitativo, promuovendo da un secolo a questa parte una consistente politica residenziale pubblica. Anche nel momento attuale, caratterizzato da un generale rallentamento della crescita demografica, la tensio-ne al continuo incremento del patrimonio abitativo non è venuta meno. Anzi, di fronte alla necessità di rispondere ai fenomeni in atto (immigrazione, nuove famiglie, nuclei familiari sempre più ri-stretti, anziani...) è stato varato un piano nazionale, identificato dalla sigla Vinex, che ha inne-scato nel periodo 1995-2010 la realizzazione di 635.000 nuove abitazioni, in grado di ospitare una popolazione pari a circa il 10% dell’intero paese. Una operazione non priva di ombre: la compat-tezza del tessuto edilizio olandese è stata infatti intac-cata dalla diffusione di più appetibili e meno efficienti tipologie a bassa densità; la massiccia partecipazione dei privati nello sviluppo dei nuovi interventi ha di-minuito la quota di proprietà pubblica dello stock abi-tativo olandese a circa il 30%; e anche lo spazio col-lettivo ha subito un analogo processo di riduzione e

Processi recenti

riguardo al piano Vinex:_Jeroen Mensink, Jelte Boeijenga, Vinex Atlas, 010, 2008.per un confronto tra Olanda e Gran Bretagna nelle politiche abitative:_Matthew Cousins, Design Quality in New Housing. Learning from the Netherlands, Taylor & Francis, 2008.

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