HIS412_LA DONNA DEL CAPITANO

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Diane Gaston

La donna del capitano

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Immagine di copertina: Nicola Parrella

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

Chivalrous Captain, Rebel Mistress Harlequin Historical

© 2010 Diane Perkins Traduzione di Elena Vezzalini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony History ottobre 2011

Questo volume è stato stampato nel settembre 2011

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

HARMONY HISTORY ISSN 1124 - 7320

Periodico quindicinale n. 412 del 19/10/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 624 dell'11/10/1996 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Prologo

Badajoz, Spagna 1812 I passi pesanti della banda di predoni erano così vicini che il Tenente Allan Landon sentì nelle narici l'odore di sudore e di sangue delle loro uniformi. Lui e il suo capitano, Gabriel Deane, si nascosero nell'oscurità al passaggio della folla inferocita. Impossibile immaginare qualcosa di più orribile di quegli uomini in preda a una furia omicida, che si in-citavano reciprocamente alla violenza, alla distruzio-ne, al massacro di civili innocenti. Le lingue di fuoco che stavano distruggendo un alto edificio di pietra illuminarono da dietro il branco che, brandendo bastoni e baionette, passò di fianco ad Al-lan. Il tenente si accese di sdegno. Perché quegli uo-mini non erano i suoi nemici ma i suoi connazionali, soldati inglesi privi di ogni decenza, di ogni morale, vittime della follia. Dopo il sanguinoso assedio di Badajoz, dove ave-vano perso la vita migliaia di loro compagni d'armi, tra le truppe inglesi era circolata voce che Wellington avesse autorizzato tre ore di saccheggio. Quella era stata la scintilla che aveva fatto divam-pare la sommossa.

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Quando i saccheggiatori scomparvero dietro l'ango-lo, Allan e Gabriel Deane tornarono sulla strada. «Wellington dovrebbe farli impiccare» commentò Allan. Ma Gabe scosse il capo. «Sono troppi. Ne abbiamo bisogno per combattere contro i francesi. Voi e io stia-mo rischiando la vita, e tutto per colpa di quel dannato Tranville» borbottò. Edwin Tranville. Era stato il padre di Edwin, il Brigadiere Generale Lionel Tranville, a spedirli in quella bolgia di violen-za. Quando il figlio, che era anche il suo aiutante di campo, era scomparso aveva ordinato ad Allan e a Deane di andare a cercarlo e di riportarlo al campo. «Gli ordini sono ordini.» Il tono di Allan suonò fa-talista alle sue stesse orecchie ma, che gli piacesse op-pure no, il suo dovere era obbedire ai superiori. Due uomini, spuntati all'improvviso da un vicolo, li superarono di corsa. E da quel vicolo provenne l'urlo di una donna. «Non!» Per tutta la notte le grida femminili risuonate nelle loro orecchie erano state come coltellate al cuore di Allan, ma erano troppo lontane perché lui e Gabe po-tessero accorrere in aiuto. Quell'urlo, tuttavia, sembra-va più vicino; imboccarono il vicolo di corsa e giunse-ro in un piccolo cortile, dove si aspettavano di trovare una donna in pericolo. Invece la donna aveva in mano un coltello, e stava per colpire alla schiena un soldato rannicchiato, che frignava come un bambino. La giubba rossa che in-dossava lo identificava come inglese. Gabe afferrò la donna da dietro e la disarmò. «Oh no, señora, non lo farete.» Il soldato inglese, coprendosi il viso con le mani in-

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sanguinate, cercò di alzarsi. «Voleva uccidermi...» piagnucolò prima di accasciarsi al suolo svenuto. Allan notò il corpo di un soldato francese che gia-ceva in una pozza di sangue. «Dovete venire con noi» disse Deane afferrando la donna per un braccio. «Capitano...» si intromise Allan a quel punto indi-cando il cadavere. All'improvviso un altro soldato inglese sbucò dal-l'oscurità. «Aspettate.» Allan si girò di scatto puntando la pistola. L'uomo alzò le braccia. «Sono il Sottotenente di fanteria Jack Vernon, dell'East Essex.» Poi, indicando il soldato inglese svenuto con il viso rivolto in basso, continuò: «Voleva uccidere il bambino e violentare la donna. Ho visto con i miei occhi. Era insieme ad altri due uomini, che sono fuggiti». «Di quale bambino parlate?» chiese Gabe guardan-dosi intorno. Una sagoma si mosse nell'oscurità. Allan stava per sparare, ma Vernon gli fermò il braccio con una mano. «Non sparate, è lui.» Tenendo stretta la donna, Deane si avvicinò all'uo-mo svenuto e lo girò di schiena aiutandosi con un pie-de. «Santo cielo, Landon, avete visto chi è?» «Edwin Tranville» rispose con disprezzo il sottote-nente al posto suo. «Il figlio del Generale Tranville.» Allan sentì la collera montare dentro di sé. «State scherzando? Cosa diavolo ci fa qui?» chiese guardan-dosi intorno. Il sottotenente indicò Edwin: era evidente che lo di-sprezzava quanto Allan. «Ha cercato di strangolare il bambino e la donna lo ha difeso con il coltello. È ubriaco.» Il bambino in questione, sui dodici anni, corse di-

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sperato verso il corpo del povero soldato francese. «Papa!» «Non, non, non, Claude!» gridò la donna. «Diamine, sono francesi.» Il capitano si inginoc-chiò di fianco al corpo e posò le dita sulla gola del-l'uomo. «È morto.» Una famiglia francese coinvolta nella carneficina, immaginò Allan, un uomo che aveva cercato di porta-re in salvo la moglie e il figlio. Si girò verso Tranville, con un sapore di bile in bocca, domandandosi se pri-ma avesse ucciso il francese davanti al ragazzo e a sua madre e poi cercato di violentare la donna. «Mon mari» dichiarò la donna. Gabe si alzò di scatto e, indicando il cadavere, chie-se al sottotenente: «L'ha ucciso Tranville?». Vernon scosse la testa. «Non ho visto.» «Accidenti. Cosa ne sarà di lei adesso?» Gabe guar-dò preoccupato la donna. Solo un istante prima era pronto ad arrestarla. «Dobbiamo condurli via di qui. Landon, portate Tranville al campo. Sottotenente, ho bisogno del vo-stro aiuto.» Allan si avvicinò. «Non vorrete consegnarla alle guardie?» «Naturalmente no» rispose Deane in tono brusco. «Cercherò un posto sicuro dove sistemarla. Forse una chiesa.» Guardò Allan e il sottotenente. «Nessuno do-vrà sapere ciò che è accaduto. Siamo d'accordo?» «Meriterebbe l'impiccagione» protestò Allan. «È il figlio del generale» replicò Gabe. «Se denun-ceremo il suo crimine, Tranville chiederà di certo la nostra testa, non quella di suo figlio.» Indicando la povera donna con il capo, concluse: «Potrebbe anche prendersela con lei e il bambino». Poi abbassò lo sguardo su Edwin. «Il bastardo è talmente ubriaco che

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forse non sa nemmeno che cosa ha combinato.» «L'ubriachezza non è una giustificazione.» Allan non riusciva a credere che Gabe avrebbe permesso a Edwin di passarla liscia. Poi guardò la donna, che cercava di consolare il fi-glio. Lui era disposto a rischiare la vita per amore di giustizia, ma non aveva il diritto di mettere a repenta-glio l'incolumità di due persone che avevano già subi-to un torto. «E va bene. Non apriremo bocca...» dichiarò suo malgrado. Gabe si rivolse a Vernon. «Ho la vostra parola, sottotenente?» «Sissignore.» Si udì un rumore di vetri infranti e il tetto di un edi-ficio crollò, facendo levare alte scintille al cielo. Dopo averlo messo a sedere, Allan si issò in spalla Edwin. «Fate attenzione» si raccomandò Gabe. Con un cenno del capo, Allan si incamminò a fatica nella direzione da cui erano arrivati. Si ritrovò a spera-re di essere attaccato dai predoni, se avesse significato la fine di Edwin, ma le strade che percorse erano state saccheggiate e abbandonate. Così, lasciandosi alle spalle i rumori di Badajoz, condusse Edwin al campo dove erano alloggiati i Royal Scots. Arrivato all'alloggio del generale, bussò alla porta. «L'ho trovato» si limitò a dire all'ufficiale. Tranville si alzò dalla sedia, aveva il tovagliolo le-gato al collo. «Cosa gli è successo?» Allan strinse le mascelle prima di rispondere. «Era così quando l'abbiamo trovato.» Solo dopo che ebbe depositato Edwin su una branda, si accorse che aveva un taglio sul viso che andava dall'orecchio alla bocca. «È ferito!» gridò il padre. Poi, rivolgendosi all'at-

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tendente, ordinò: «Presto, chiamate il dottore. Non sa-pevo che fosse stato ferito in battaglia». La ferita era troppo recente perché Edwin se la fos-se procurata durante la battaglia, e Allan era pronto a scommettere che anche il padre lo sapesse. Il generale cominciò a camminare su e giù nella stanza. Allan restò in attesa, con la segreta speranza di es-sere congedato per non dover fornire ulteriori dettagli sul ritrovamento. Ma Tranville sembrava immerso nei suoi pensieri. Di colpo si fermò e si mise di fronte ad Allan. «È stato ferito durante l'assedio, ne sono certo. Non avrebbe dovuto prendere parte al combattimento, ma a quanto pare non ha saputo resistere.» Stava cercando di convincere se stesso. «Sissigno-re» rispose Allan. Il generale gli rivolse uno sguardo penetrante. «È stato ferito durante l'assedio. Avete capito?» Capiva benissimo. Quella era la versione dei fatti che il generale voleva che lui raccontasse. Si mise sul-l'attenti. «Ho capito, signore.» Allan rabbrividì. Era certo che nascondere la verità su come Edwin si fosse procurato la ferita, o la vera natura del suo carattere, non avrebbe portato a niente di buono, ma aveva dato la sua parola al capitano. E il destino di troppe persone dipendeva da lui.

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18 giugno 1815, Waterloo Marian Pallant sentiva i polmoni bruciare, le gambe doloranti. Correva come se fosse stata inseguita dal diavolo in persona. E forse si trattava proprio del diavolo, se il suo no-me era Napoleone Bonaparte. L'imperatore francese, fuggito dall'isola d'Elba tre mesi prima, era già in marcia verso Waterloo per affrontare l'esercito di Wellington. E Marian si trovava tra i due fuochi. Udì alle sue spalle il crepitio dei moschetti e il ru-more di migliaia di stivali che affondavano nel terreno fangoso al rullo dei tamburi dei francesi. Da qualche parte più avanti c'erano gli inglesi. O almeno lei lo sperava. Come artigli le dita melmose del terreno, ancora in-zuppato dalle piogge torrenziali della notte appena tra-scorsa, si aggrappavano ai suoi stivaletti. Le alte spi-ghe della segale le sferzavano gambe e braccia. Ma-rian scorse una fattoria in lontananza, e si mise a cor-rere. Se non altro, avrebbe potuto nascondersi. Solo tre giorni prima stava danzando con la sua a-mica Domina al ballo della Duchessa di Richmond quando si era presentato Wellington con la notizia che

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l'esercito di Napoleone era in marcia verso Bruxelles. Gli ufficiali presenti se n'erano andati in tutta fretta, ma nel corso di uno straziante addio Domina aveva appreso dal suo innamorato, il Tenente Harry Oliver, che se gli alleati non avessero vinto in una località chiamata Quatre Bras il duca avrebbe dovuto difende-re Bruxelles, vicino a Waterloo. Domina aveva tra-scorso i due giorni successivi a supplicare Marian di andare con lei a cercare il reggimento di Ollie: voleva a tutti i costi assistere alla battaglia, ed essere nei pa-raggi nel caso il suo fidanzato avesse bisogno. Alla fine Marian aveva ceduto, ma solo perché non voleva lasciar partire l'amica da sola. Dopo avere in-dossato gli abiti del fratello di Domina, poiché due donne in viaggio da sole avrebbero attirato l'attenzio-ne, avevano cavalcato per ore sotto una pioggia bat-tente. E cominciavano a pensare di essersi perse, quando finalmente avevano udito delle voci maschili. Che parlavano francese. In preda a un attacco di panico, Domina aveva inci-tato il cavallo al galoppo al punto da far cadere di sella una Marian senza fiato. Non volendo urlare per timore che i francesi potessero sentirla, Marian aveva guarda-to Domina e il cavallo scomparire nella notte piovosa. Poi si era rannicchiata vicino a un albero, sperando nel ritorno dell'amica. Invano. Per tutta la notte Marian aveva temuto che Domina fosse stata catturata dai francesi. Cosa avrebbero fatto dei soldati francesi a una fanciulla inglese? Ma quan-do era spuntato il giorno, Marian aveva cacciato dalla mente le preoccupazioni per l'amica. Le colonne di soldati francesi avevano ripreso a marciare, e puntava-no dritte verso di lei. La fattoria era la sua unica possibilità di salvezza,

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perché l'erba alta l'avrebbe nascosta alla vista dell'e-sercito di Napoleone. Che però sentiva sempre più vicino. Mentre correva, infilò un piede in una buca del ter-reno e cadde. Per un istante restò immobile, con il vi-so contro la fredda terra umida; era troppo stanca per reagire. Ma di colpo sentì la terra vibrare per l'incon-fondibile scalpitio degli zoccoli di un cavallo. Era forse Domina? Si alzò a fatica, ma era troppo tardi. Il destriero sbuffante, troppo grande per essere quello della sua amica, stava piombando su di lei. Mentre cercava di spostarsi con un salto, gli stivaletti scivolarono sul terreno fangoso. A quel punto si coprì il viso con le mani e si preparò a essere travolta. Invece sentì una mano forte che, dopo averla affer-rata per il bavero della giacca, la issò sulla sella come se avesse sollevato una piuma. «Ehi, giovanotto. Cosa ci fate in questo campo?» Parlava inglese. Grazie a Dio. Marian socchiuse gli occhi e intravide un'uniforme rossa. «Sono diretto a quella fattoria» rispose indican-do il gruppo di edifici circondati da un muro. «Siete inglese? A dire il vero anch'io sto andando là. A Hougoumont.» Si chiamava dunque così la fattoria? A Marian non interessava. Le bastava non dover più camminare, e a-vere incontrato un soldato inglese. In poco tempo il cavallo raggiunse il boschetto che Marian aveva visto da lontano. Mentre lo attraversa-vano, il suo cappello restò impigliato in un ramo basso e i biondi capelli le caddero sulle spalle. «Santo cielo, siete una donna.» L'uomo tirò le redi-ni bruscamente e il cavallo girò in tondo. «Che cosa diavolo ci fate qui?»

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Marian si girò sulla sella per guardarlo con maggior attenzione e sgranò gli occhi: l'aveva già visto. Lei e Domina avevano notato quell'ufficiale alto e avvenen-te mentre passeggiavano nel parco di Bruxelles. «Mi sono persa.» «Non sapete che sta per iniziare una battaglia?» «Stavo cercando un luogo sicuro dove rifugiarmi.» «Nessun luogo è sicuro» commentò in tono seccato. Invece di proseguire verso la fattoria, tornò all'albero per recuperare il cappello. «Rimettetelo. Meglio che non si sappia che siete una donna.» Già. Credeva forse che lei non se ne rendesse con-to? Marian raccolse i capelli come poteva e li ficcò sotto il cappello. Alle loro spalle udirono degli uomini che entravano nel bosco. Il proiettile di un moschetto le sfiorò un orecchio. «Sono francesi, penso che cerchino una scaramuc-cia.» L'ufficiale spinse il cavallo al galoppo, e dopo un istante gli alberi divennero una macchia indistinta di verde e marrone. Finalmente raggiunsero il cancello di Hougoumont. «Sono il Capitano Landon, porto un messaggio per il Colonnello MacDonnell» annunciò. Quando il can-cello si aprì, informò subito gli uomini: «Ci sono dei soldati francesi nel bosco». «Li abbiamo visti!» rispose un soldato, indicando un muro dove alcuni uomini si stavano preparando a sparare attraverso le feritoie. «Il colonnello è laggiù.» MacDonnell camminava avanti e indietro nel corti-le, controllando i soldati e sbraitando ordini. Alcuni uomini indossavano la giubba rossa dell'esercito ingle-se, altri un'uniforme verde. «Restate vicino a me» intimò il Capitano Landon a Marian. Una volta scesi da cavallo, la tenne stretta per un

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braccio come se temesse che potesse fuggire, e non la lasciò nemmeno dopo avere consegnato il messaggio all'ufficiale. Il colonnello ripiegò il biglietto. «Resterete qui fin-ché non avrò capito cosa vogliono questi francesi. Poi vi darò la mia risposta. Chi è quel ragazzo?» domandò indicando Marian. «Un inglese, si è perso.» Landon strizzò il braccio di Marian, per farle capire che non doveva contraddirlo. MacDonnell la guardò con sospetto. «Siete con l'e-sercito, ragazzo?» Marian cercò di parlare con voce profonda. «No, signore. Vengo da Bruxelles, volevo vedere la battaglia.» Il colonnello scoppiò a ridere. «Bene, la vedrete. Come vi chiamate?» Marian esitò, mentre pensava a un nome facile da ricordare. «Fenton» mormorò infine. «Marion Fen-ton.» Marion era un nome anche maschile, Fenton era il cognome di Domina; se le fosse successo qualcosa, forse la famiglia dell'amica sarebbe stata avvisata. Nessun altro sapeva che lei si trovava a Bruxelles. «Dopo la battaglia tornerò a prenderlo, e farò in modo che sia restituito alla sua famiglia» si intromise il Capitano Landon. «Dove può stare nel frattempo?» Il colonnello indicò con il capo un edificio di mat-toni rossi. «Portatelo al castello e trovategli un posto.» Il vestibolo del castello, e le stanze che vi si affac-ciavano, erano affollati di soldati in uniforme verde. «Perché mai indossano quell'uniforme?» sussurrò Marian. «Sono tedeschi. Una sorta di mercenari.» «Questo ragazzo è inglese» spiegò poi il capitano ad alta voce.

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Un ufficiale si avvicinò. «Io parlo inglese.» «Bene. Si è perso, e ha bisogno di un luogo sicuro dove restare durante la battaglia.» «Può scegliere una stanza, ma senza finestre.» Insieme a Marian, Landon fece un giro dell'edificio. «Posso arrangiarmi, capitano. Il vostro dovere vi a-spetta...» mormorò. «Prima voglio parlare con voi» rispose lui in tono grave. Sembrava in collera. Dopo avere percorso un corridoio, giunsero in una stanza che doveva essere stata un salotto. I mobili era-no coperti da teli bianchi. A quel punto il capitano la lasciò andare, poi prese una sedia e la portò nel corridoio. «Qui sarete al sicu-ro, penso.» Con uno sguardo feroce le fece cenno di accomodarsi. Marian fu felicissima di mettersi finalmente a sede-re. Le dolevano le gambe, sentiva i piedi gelati negli stivaletti bagnati. Con le mani sui fianchi, Landon abbassò lo sguardo su di lei. «Adesso dovete dirmi chi siete veramente, e cosa diavolo ci fate in un campo di battaglia.» Marian lo guardò con aria di sfida. «Non era mia intenzione finirci.» Lui continuò a fissarla, in attesa di una risposta più esaustiva. Togliendosi il cappello, Marian dichiarò: «Sono Miss Marian Pallant...». «Non Fenton?» Il capitano sembrava confuso. Non poteva biasimarlo. Marian raccolse i capelli in una treccia e continuò: «Ho dato quel nome nel caso mi succeda qualcosa. Ero insieme a un'amica, Domina Fenton, ma questa notte siamo state separate». «Eravate con un'amica? E cosa vi ha portato qui?» Marian fermò la treccia sul capo. «Domina è la fi-

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glia di Sir Roger Fenton. È fidanzata in segreto con un ufficiale, e voleva stargli vicino durante la battaglia.» Landon si morse le labbra. «Due giovani dame ri-spettabili non si travestono da uomo e fuggono di casa nel bel mezzo della notte.» Marian distolse lo sguardo. «Sono così preoccupata per Domina. Comunque sono d'accordo con voi, è sta-ta una pessima idea. Ci siamo perse, e il cavallo è pra-ticamente finito in un accampamento francese. Stava-mo fuggendo quando sono caduta da cavallo. Non so che ne è stato di Domina.» Dopo averla fissata a lungo, il capitano dichiarò in-fine: «I vostri genitori e quelli di Domina saranno molto preoccupati». «I miei genitori sono morti da tempo» rispose Ma-rian con un pallido sorriso. Allan Landon inspirò a fondo. In quel momento Marian Pallant non sembrava af-fatto un ragazzo. Davanti a lui c'era una giovane don-na, vulnerabile e bellissima. «Morti?» fu l'unica domanda che riuscì a formulare. Marian annuì. «Sì, in India. Per una febbre. Io ave-vo nove anni.» «Allora Sir Roger Fenton è il vostro tutore?» «No. Il mio tutore non si preoccupa molto di me. Mi ha affidato al suo amministratore, che sapeva che ero ospite dei Fenton. Perciò forse si può dire che in questo momento sono sotto la responsabilità del padre di Domina.» Sembrava più preoccupata per l'amica che per se stessa. «Immagino che i Fenton siano in grande apprensio-ne per voi due, allora.» Marian annuì. Pareva davvero pentita. Landon provò un moto di simpatia per lei, anche se

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si era cacciata in quel dannato pasticcio da sola. «C'è qualcuno preoccupato per voi, capitano?» gli domandò lei, guardandolo con i suoi stupendi occhi azzurri. Stranamente, il pensiero di Landon non andò alla madre e al fratello più vecchio che abitavano nella te-nuta di famiglia nel Nottinghamshire, bensì a suo pa-dre. Era stato così orgoglioso di quel figlio ufficiale, e avrebbe gioito della sua carriera, della promozione da tenente a capitano e delle menzioni in battaglia. Suo padre era mancato quattro anni prima, la vita gli era stata strappata con la violenza. Miss Pallant aggrottò la fronte. «È così difficile pensare a qualcuno che si preoccu-pi per voi?» «Be', mia madre e mio fratello, immagino.» «Staranno in pena» commentò Marian distogliendo lo sguardo. Dal vestibolo giunse un ordine dato in tedesco, se-guito da uno scalpiccio e da concitate voci maschili. I francesi dovevano essere vicini alla fattoria. «Cosa succede?» domandò Marian preoccupata. Landon cercò di tranquillizzarla. «Penso che ai mercenari sia stato ordinato di lascia-re l'edificio. Tutto qua.» Gli occhi di Marian sembravano quelli di una volpe presa in trappola. «Non è un buon segno. Vorrei esse-re rimasta a Bruxelles. Ma è tardi per pentirsi, non è vero?» chiese in tono ironico. «Mio padre diceva che è meglio vivere di rimpianti che di rimorsi.» «Un uomo saggio.» «Sì.» Marian guardò il capitano. «È morto?» «È stato ucciso.» Dopo essersi schiarito la voce,

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continuò: «Avete sentito parlare delle sommosse lud-diste che si sono verificate nel Nottinghamshire qual-che anno fa, immagino». Marian annuì. «Mio padre era il magistrato locale. I rivoltosi han-no fatto irruzione in casa nostra e lo hanno ucciso.» L'espressione di Marian rispecchiava il dolore di lui. «È terribile.» All'improvviso udirono il rumore di moschetti che venivano caricati, seguiti da grida. I suoni tipici di un assedio. Marian impallidì. «I francesi hanno deciso di attaccare?» «Sì. E io devo andare. Restate qui, non sarete di in-tralcio e non correrete pericoli. Tornerò a prendervi dopo la battaglia. Se siamo fortunati, vi farò riportare a Bruxelles.» «Sarete prudente, capitano?» gli chiese fissandolo intensamente. Allan pensò che avrebbe portato con sé in battaglia lo sguardo di quei due occhi scintillanti. «Non preoc-cupatevi per me.» Altri moschetti vennero caricati. «Devo sbrigarmi.» Porgendogli la mano, che Allan strinse per un istan-te, Marian sussurrò: «Che Dio vi protegga». Il compito assegnato a Landon era di messaggero dei Generali Tranville e Picton durante la battaglia. Lavorava in coppia con Edwin Tranville, figlio del ge-nerale; a entrambi veniva affidato lo stesso messaggio, in modo che, se uno dei due fosse stato colpito o cat-turato, l'altro avrebbe potuto consegnarlo. Malaugura-tamente, subito dopo avere ricevuto il primo messag-gio Edwin si era dileguato.

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Di certo era andato a nascondersi, come aveva già fatto infinite volte. Quando iniziava una battaglia, Edwin si dava alla fuga per poi riapparire con qualche scusa una volta che il combattimento era terminato. Perciò toccava ad Allan fungere da messaggero. L'esito della battaglia poteva dipendere da lui. Non aveva scelta. Doveva lasciare Miss Pallant a Hougoumont, che fra l'altro poteva diventare un luogo molto pericoloso. Per raggiungere il fianco destro del reparto di Wellington i francesi dovevano attaccare la fattoria, e il generale inglese aveva ordinato di resiste-re a ogni costo. Uscito dall'edificio, Allan fermò un ufficiale delle Guardie Reali del reggimento Coldstream, che difen-deva Hougoumont. «Com'è la situazione?» «I nostri uomini sono stati respinti dal bosco. Il ne-mico si avvicina.» Mentre un fante caricava il moschetto, Allan corse a guardare da una feritoia. Il bosco pullulava di soldati francesi, con le giubbe blu e i pantaloni in origine color crema incrostati di fango. Appena uscirono allo scoperto, furono falciati dai moschetti dei soldati inglesi. Allan si mise in cerca del Colonnello MacDonnell, che trovò all'interno della casa colonica davanti a una finestra che offriva un'ottima visuale della battaglia. «Se fossi in voi, aspetterei a partire Landon» lo ac-colse l'ufficiale. «Sono d'accordo, signore. Posso essere d'aiuto?» «I miei uomini stanno facendo del loro meglio. Non ho bisogno di voi» rispose l'altro con orgoglio. Ma Allan non poteva mettersi a sedere e restare a guardare. Tornò nel cortile per cercare qualche punto

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debole nella difesa. Un soldato, colpito in fronte da una pallottola, era caduto a terra. E nel punto che lui difendeva apparvero delle scale francesi. Landon prese il moschetto, la polvere da sparo e le munizioni e lo sostituì. Sparò attraverso la feritoia fi-no a far cadere le scale e gli uomini sopra di esse, che si aggiunsero ai corpi di morti e feriti disseminati sul terreno. Era talmente concentrato nell'azione da perdere la cognizione del tempo. A un tratto si rese conto che gli spari del nemico erano diminuiti. «Si stanno ritirando!» gridò qualcuno. Allan posò il moschetto e lasciò la postazione. Vici-no alle scuderie incontrò MacDonnell. «Informate Wellington che abbiamo respinto il pri-mo attacco, e che se ce ne saranno altri avremo biso-gno di munizioni» gli ordinò. Quando un soldato gli portò il suo cavallo, Allan montò in sella. «Sissignore.» C'era una cosa che vole-va ricordare al colonnello, ma non trovava le parole. «Il ragazzo è al castello. Posso chiedervi di farlo tene-re d'occhio da qualcuno?» L'ufficiale annuì, ma in quel momento uno dei suoi uomini lo chiamò. E così Allan partì senza la certezza che MacDon-nell ricordasse che al castello c'era un ragazzo. Quello che Miss Pallant fingeva di essere.

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411 - UNA NOTTE D'INVERNO di Elizabeth Beacon Inghilterra, 1818. Quando una notte d'inverno vede un bel-lissimo giovane scendere da cavallo nel paesaggio innevato, Roxanne Courland decide che un giorno diventerà sua mo-glie. Il destino tuttavia è capriccioso e, dopo averle tolto ogni speranza di convolare a nozze con il bel Capitano Afforde, le offre una seconda opportunità. Mettere la propria vita nelle mani di un famigerato libertino come Charles la spaventa, ma mentre si dibatte tra ragione e sentimenti, ecco arrivare una lettera da lontano che sembra decidere del suo futuro...

412 - LA DONNA DEL CAPITANO di Diane Gaston Belgio - Inghilterra, 1812 - 1820. Per il Capitano Allan Landon il dovere e l'onore vengono prima di tutto. Così, quando si imbatte in una giovane travestita da uomo che vaga sul campo di battaglia, a Waterloo, non ha alcuna esitazione e la porta in salvo. Le conseguenze del suo gesto sono enormi: non può abbandonarla al suo destino ma non può neppure venire meno alle proprie responsabilità di soldato. E quando la vede per la prima volta in abiti femminili, capisce che do-vrà affrontare una nuova guerra. Dentro il proprio cuore.

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413 - SCANDALOSO PASSATO di Mary Brendan Inghilterra, XIX secolo. Jemma Bailey vive ai margini della buona società londinese a causa di un passato turbolento che l'ha vista, suo malgrado, protagonista di più di uno scandalo. Poi, dopo anni di solitudine, un nuovo fatto sembra riportarla alla ribalta delle cronache mondane, e davanti agli occhi d'ar-gento dell'affascinante Marcus Speer. Lui non ha mai dimen-ticato il suo candore di giovane debuttante, la magia dei loro incontri, e neppure il suo rifiuto di sposarlo. E Jemma, benché sia trascorso parecchio tempo, non ha ancora trovato marito. Può dunque sperare di riconquistarla?

414 - LADRA DI CUORI di Emily May Inghilterra, 1818. Tutti, nell'alta società, sanno che Lady A-rabella Knightley ha passato l'infanzia nei sobborghi malfama-ti di Londra, mentre ora, grazie alla protezione della famiglia del padre, frequenta i salotti più eleganti. Nessuno, tuttavia, conosce l'altro volto della fanciulla, quello di un benefattore mascherato che ruba ai violenti e ai maligni. Quando, nel cor-so di una delle sue scorribande, si imbatte in Adam St. Just, un gentiluomo che in passato le ha creato problemi durante la Stagione mondana, Bella teme che lui possa smascherarla, su-scitando uno scandalo. Invece lui la sorprende davvero.

DAL 16 NOVEMBRE

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DAL 5 OTTOBRE

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Le sorelle Titan devono cercare di risolvere i rapporti con il

fratellastro Garth Duncan e l’unica persona in grado di avvicinarsi

a lui sembra essere l’amica Dana Birch. Ma per quest’ultima tenere d’occhio Garth potrebbe

rivelarsi… una bellissima sorpresa. Romanzo ricco di colpi

di scena e sentimento.

L’abbraccio delle montagne rende l’arrivo a Virgin River un caldo benvenuto, che si tratti di un vecchio amico come Rick Sudder o di un nuovo arrivato come Dan Brady Corale, emozionante: il nuovo romanzo di Robyn Carr, ambientato nella valle dove tutte vorremmo vivere.

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Francesca Moretti, investigatrice privata, sta indagando sulla scomparsa di una giovane con l’aiuto dell’aitante Jonah Young. Peccato che la presenza di Jonah, invece di aiutarla, complichi ulteriormente le cose… BRENDA NOVAK fi rma una vicenda mozzafi ato, dove il passato torna a fare i conti con il presente in un susseguirsi di sospetti, colpi di scena e incontri appassionati.

CALDO PERICOLO

IL VERDETTO

Per l’avvocato Jaywalker non c’è caso che non possa fi nire con un trionfo. Ma ci sono

processi che neppure lui può vincere. Eppure, anche quando ogni indizio sembra essere contro il suo

assistito, il suo istinto gli suggerisce di non mollare. E forse, ancora una volta, potrebbe non sbagliare.JOSEPH TELLER torna con un nuovo, avvincente

legal-thriller, dove nulla è ciò che sembra…

Brenda Novak

Joseph Teller

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