HI-END MAGAZINE...La parte finale del disco è molto bella, con delle “ Miniatures for solo Bass,...

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Molti caratteri genetici saltano una generazione, percui avrei avuto buone chance di ereditare l’acutae gravissima forma di melomania che affliggeva

mio nonno nei suoi interminabili pomeriggi davanti al gi-radischi Philips nel fumosissimo salotto. Avendo essa by-passato a piedi pari mio padre (credo per quella sorta di ri-fiuto dell’imitazione paterna che sopraggiunge ad un cer-to punto della vita di tutti i figli maschi) toccava a me: qual-cosa è andato storto, perché non sono quel che si definisceun amante dell’opera, né un grande esperto.Però sono da sempre affascinato dal bello e quindi da al-cune (per alcuni troppo poche) cose e una di queste è pro-prio “Il Flauto Magico” (“Die Zauberflöte”) di Mozart; per cuiimmaginate la mia contentezza quando mia moglie è tor-nata da una gita con in mano un triplo CD (usato!) dell’operain una pregevole incisione Phonogram/Philips.Alcune favorevoli congiunture hanno fatto sì che questa am-plificazione H.E.A.D. rimanesse nel mio salotto per pa-recchio tempo e potesse così passare per le forche caudinedi tanti generi musicali, accompagnata da altre elettroni-che e diversi diffusori, condizione che mi ha dato modo diapprezzarne a fondo le qualità e di evidenziarne i (pochi)difetti. Anche con l’opera, perbacco!

DESCRIZIONEA me questi due aggeggi piacciono, nel senso estetico deltermine. Poi musicalmente vedremo. Mi piace anche que-sta azienda, che ha fatto dell’acronimo una ragione di vita(H.E.A.D. sta per “Hi End Audio Devices): questi ragazziromani non sono nuovi alle pagine di FDS e la loro pro-duzione non si limita alle amplificazioni. Ho avuto mododi provare anche delle validissime torri, le Pigreco, sulle qua-li insistono dei brevetti. Tornando alla passione (nerd) pergli acronimi, che condivido, ecco che vado a spiegare i nomiarzigogolati degli esemplari in prova: M.U.SI.C.A. sta per“Modular Unit Silicon Core Amplifier”, mentre TU.LI.P. è“Tube Like Preamplifier”. Lo stesso Graziano Ponzo diH.E.A.D. ha confessato che questo gioco delle sigle, di-vertente anzichenò, sta diventando una condanna per la dif-ficoltà di trovarne di nuovi da appioppare ai prossimi pro-dotti. Sto divagando come sempre: io ho avuto in casa ledue versioni “black” che risultano essere molto compatte,sviluppate in profondità per occupare in larghezza la metàdello spazio di un componente standard e con un fronta-le asciutto ma importante. Display minimalista ma com-

pleto, connessioni posteriori ben accessibili e tastoni di ac-censione veramente belli. Critica #1: la manopolona del vo-lume (affidata ad ALPS motorizzato regolabile con appo-sito telecomando) mi pare eccessiva. Critica #2: averli fat-ti della stessa altezza avrebbe reso possibile il posiziona-mento fianco a fianco con maggior equilibrio dimensionale,ma così possono essere impilati sfruttando uno spazio ri-stretto in larghezza e verticalmente più generoso. Critica#3: perché canale destro/sinistro sono invertiti tra il pre eil finale? I cavi di segnale si “incrociano” per passare da Ta-mino a Pamina: i Ghostbuster ci insegnano che incrociareè male...

TECNICACome prima cosa cito ancora le parole di Graziano, che ciha tenuto a specificare come i due progetti siano indipen-denti e non sviluppati realizzando delle particolari siner-gie che ne amplificano la compatibilità (e potenzialmenteli rendono difficili da accoppiare con altro). Tamino e Pa-mina, però, tra di loro hanno quella intesa così musicale –di cui parlo sotto – che sarebbe un peccato farli lavorare spa-iati. Certo, il livello è tale che si potranno trovare finali digrido da abbinare al TU.LI.P. e preamplificatori esoterici daabbinare al M.U.SI.C.A., ma per ora chiudo la parentesi perriparlarne nell’ascolto. Ai meri dati tecnici pensa la tabel-la in fondo alla prova, qui voglio fare cenno ad altre cose.Io ho aperto solo il finale e ho capito il perché del peso: untoroidale delle dimensioni di un padellino per le uova con-ferisce al M.U.SI.C.A. un peso niente male, ma quello checolpisce è la disposizione interna dei componenti. Tutto èincastrato in una specie di ordinatissimo Tetris, con sche-de messe in verticale e una super ventola che si occupa diraffreddare il generoso dissipatore, a sua volta chiamato atenere a bada le calorie sviluppate dagli 8 Sanken SAP 16N/P. Specie quando si va in classe A, penserà qualcuno, maio sul display non ho mai visto una temperatura al di so-pra dei 45°. A proposito: il passaggio da classe AB a A/ABè selezionabile dall’utente e così la corrente di polarizza-zione statica dei finali viene aumentata per agevolare i pas-saggi “delicati” e tornare alla normalità in quelli più “mu-scolari”. All’avvio c’è un soft start e nel frattempo la cor-rente di polarizzazione dei finali viene incrementata per con-sentire un loro velocissimo riscaldamento e poter operareal meglio già da subito. Ovviamente, se la temperatura su-pera i livelli di sicurezza, i finali vengono esclusi, così come

di Dimitri Santini

tAMINo E pAMINA

PREAMPLIFICATORE E FINALE DI POTENZAH.E.A.D. TU.LI.P. & M.U.SI.C.A.

Lui tranquillo, pacato, controllato e lei una principessa. Si amano così tanto che lui la salveràdalle forze del male e la renderà felice. Insomma, senza stare a scomodare la Bibbia, non osil’audiofilo separare quello che gli acrostici ingegneri hanno unito!

se c’è corrente in continua vengono inibiti gli output. Il dri-ver che pilota i Sanken è un LME 49810 che, grazie alla sualinearità e alla sua buona corrente, permette di pilotare i fi-nali senza buffer aggiuntivi mantenendo anche questi nelloro punto di linearità. Pas-sando al TU.LI.P. c’è poco dadire, perché i progettisti nonsi scuciono: il componenteibrido analogico in grado difornire la timbrica “valvo-lare” (questo aggettivo lasciail tempo che trova, ma è diuso comune) è top secret. Larete utilizzata non viene ri-velata e viene detta SST,ovvero “solid state tube”: ilsuo compito è arricchire learmoniche pari riducendo ledispari. A monte c‘è unSSTD, “solid state tube dri-ver”, ed è anch’esso tenutosegreto: l’accoppiamento tral’uno e l’altro viene fatto se-lezionando strumentalmente i componenti e poi ascoltan-doli. Per il TU.LI.P. voglio citare il DAC con ingresso soloS/PDIF coassiale e USB, con chip Cirrus Logic e frequen-ze fino a 192 kHz. Forse qui si può fare di più, ma vedre-

mo che la sezione di uscita analogica fa comunque un bellavoro e rende gradevole la musica liquida. Mi lascio perultimo uno degli aspetti più interessanti (e nerd) di questidue progetti: ognuna di queste elettroniche ha infatti un mi-

crocontrollore Arduino chepilota le principali funzionidi alimentazione, velocitàventole, soft start, abilita-zione delle uscite e anchepolarizzazione di classe (peril finale) ed esclusione delSST (per il pre). Tutto confi-gurabile attraverso i tastinisu display.

ASCOLTOPer come sono fatto io saràfacile immaginare che hotenuto sempre il finale inclasse A/AB e il pre in con-figurazione SST. Devo direche, alzando di molto il vo-

lume, la differenza si sentemeno: la potenza richiesta fa infatti tornare la polarizzazioneverso la AB e l’SST non fa emergere le armoniche in più,se c’è tanta pressione sonora. Ma considerato il volume sem-pre più che civile che uso a casa, i due bottoncini di sele-

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In alto a sinistra il M.U.S.I.C.A. con il suo frontale pulito, subito sotto la sua vista posteriore con le uscite di potenza (min 2 ohm) el’ingresso dal preamplificatore. A destra invece l’interno molto ordinato, perfettamente schermato e con il grande toroidale per il trasformatore.

Il mio ampli ha tremato: per una cifracomplessiva paragonabile a quella che ne-gli anni ‘90 occorreva per portarsi a casa ilMusical Fidelity, i romani di H.E.A.D. mi han-no fatto ascoltare qualcosa che mi verrebbevoglia di tenere per sempre. Musicali ma ana-litici, caldi ma corretti, capaci di risoluzioneelevata e di grande dinamica, con una tra-sparenza che non fa mai opera di prevari-cazione sull’emozione che un pezzo deve po-ter trasmettere.

zione sono stati toccati solo i primi giorni per capire me-glio quale fosse la differenza. Il test finale è stato eseguitocon le solite Audiovector SR1 Avantgarde ma con l’aggiuntadi un CDP Accuphase DP-410. Cablaggio di alimentazio-ne Goldkabel e come riferimento tutto quello che si è tro-vato a passare (o che ancora risiede) a casa mia: vedi sot-to. Partirò con un aggettivo che poi non ripeterò. O forsesì: musicali. Tanto da far sembrare mansuete le SR1, anchese sicuramente una buona parte l’ha giocata la sorgente giap-ponese che ha esaltato il carattere dei due H.E.A.D. Sebbene io abbia parlato nell’introduzione di Mozart,vorrei cominciare questo breve racconto di ascolti fatti conun disco che comprai da post-adolescente per fare il figoe poi lasciai lì sulla libreria perché ritenevo troppo di ma-niera. Ne ho riscoperto un certo piglio ed estro creativo eallora ecco a voi “Heart of the Bass” di John Patitucci, che siapre con un “Concerto for jazz bass & Orchestra” compostoda Jeff Beal. Già nel primo movimento, Westward Expansion,la presenza è veramente notevole e la risoluzione da bri-vidi. Tutte le frequenze sono ben tenute ed esaltate. Dal-l’inizio in cui le viole attendono il resto dell’orchestra (il tim-bro potrebbe essere migliore, ma do la colpa all’incisione)si arriva all’ingresso del basso Yamaha pizzicato che si sta-glia nitido, mentre il contrabbasso stende un tappeto da pel-le d’oca. Quando Patitucci si lascia andare ai virtuosismi,le note non si perdono mai e la dinamica espressa fa par-lare i silenzi come le esplosioni. Il piano risente del gustosonoro di quello stile e di quegli anni, peccato…Ogni discesa in basso, dal contrabbasso alla grancassa, è untuffo nel vuoto e toglie il fiato. Alla fine del pezzo l’im-manenza del contrabbasso e la drammaticità dell’orchestrastemperano anche l’indugiare al manierismo troppo au-toreferenziale del bravissimo John.

Nel secondo movimento, After the Storm, il violoncello è vi-brante ed emozionante: tutto al suo posto, sia in alto chein basso, e la scena è veramente molto bella. Nel terzo, Mar-di Gras, il piano è martellante e il basso ostinato su una par-te che sembra non variare mai. Sebbene gli archi siano unpo’ finti, la grande musicalità rende il tutto ipnotico. Skip.Nella traccia #6 (Mullagh, che non fa parte del concerto) sem-bra di stare lì: John Patitucci pizzica il contrabbasso con vee-menza e un tocco imperioso, nervoso, una discesa agli in-feri delle frequenze, ma tutto viene restituito con emozio-ne e realismo. La parte finale del disco è molto bella, condelle “Miniatures for solo Bass, Piano & String Quartet”. Laprima, Ivory Tower, è la mia preferita: il basso è suonato dafar venire i brividi (l’ho già scritto?), vibrante e tragico; ab-bandona a volte la tristezza del suo spartito per dare unasperanza, ma lascia sempre con il dubbio. Per evitare di di-lungarmi troppo cito solo la seconda miniatura, Lonely Peo-ple, per dire come qui il piano sia migliore e faccia un bel-

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Il TU.LI.P. visto posterior-mente con l’uscita analogicae i suoi 4 ingressi (sempreanalogici) oltre all’ingresso di-gitale USB o S/PDIF.

Sotto a sinistra il frontale conil dispay LCD blu e qui sottol’interno molto ordinato eperfettamente schermato.

l’effetto. Ma è sempre l’aspro archetto sul contrabbasso cherende l’ascolto magnetico: non ci si sposta dalla poltronae anche i violini catturano con una strana magia…E per un’altra strana magia e associazione di idee sono fi-nito al contemporaneo (di Patitucci) Pat Metheny e al suobel “Secret Story”, una registrazione Geffen a 20 bit con laLondon Orchestra diretta da Jeremy Lubbock. Orchestra cor-posa e realistica, ma molto misurata, in Tell Her You Saw Me,orchestra che introduce il tocco inconfondibile di P.M.: unachitarra che entra dapprima a punteggiare la fondamentaleper poi sviluppare la sua parte e le sue emozioni, staccan-dosi di netto rispetto al resto. Realismo e drammaticità pro-seguono anche nel pezzo di chiusura del disco, Not to be For-gotten (Our Final Hour), dove il grande equilibrio fa del-l’esecuzione una delle migliori che io abbia mai sentito, nonsolo per gli archi, ma anche per i legni.Avanti veloce, ché Tamino, Pamina, Papageno e la Regina(e ci scappa la rima) attendono, e le battute rimaste son po-che. Andiamo in Islanda, con l’opera prima della mia ado-rata Emiliana Torrini, dal titolo “Merman”. Si tratta di unadisco abbastanza raro, perchéstampato in poche copiedall’etichetta Japlis e cheho acquistato online pressoun negozio di usato diReykjavík ad un prezzo chedefinirei spropositato. Lamia preferita (uomo triste) èThe Boy Who Giggled so Swe-et: senza conoscere le paro-le si fa subito avanti la gran-de malinconia del pezzo. UnaTorrini acerba sfoggia una voce asciutta e molto ben arti-colata, su archi veramente molto presenti. Anche ben pre-si, se si pensa che stiamo parlando di una etichetta semi in-dipendente… bellissimi i bassi, sempre a posto e parte in-tegrante di un ottimo arrangiamento. Dinamica ancora una

volta da citare. Nella traccia 5, Old Man and Miss Beautifulla voce è strepitosa e la resa spaziale lo è altrettanto. Gli ar-chi entrano per una stoccata improvvisa e quasi spaventosa,

ma sono così coinvolgentiche rimane la voglia diascoltarli di nuovo. Finalecon una scena eccellente.La gamma alta rispondecristallina alle richieste ditrasparenza, viene portatacon leggerezza dai dueH.E.A.D. Liquido a malincuore la miaadorata (repetita iuvant)

Emiliana con il pezzo che dàil titolo al disco: in Merman e nella sua atmosfera sognan-te si intravede già la deriva trip-hop che E.T. avrà nel suc-cessivo disco. Forse un po’ troppo frizzantine le code del-l’effetto voce, ma il pezzo rapisce e porta in fondo al mare…Ormai è ora di parlare brevissimamente di Mozart e del suoflauto magico… Per puro dato statistico egli aspetta da 11652battute, record assoluto da quando scrivo per Fedeltà delSuono. Premesso che non mi addentrerò in discorsi com-plicati sul significato dell’opera, voglio solo citare per do-vere di cronaca che si tratta di una registrazione digitale del1984, suonata dalla Staatskapelle di Dresda diretta dal mae-stro Sir Colin Davis e con il Rundfunkchor di Lipsia; le vociprincipali sono di Kurt Moll (Sarastro), Peter Schreier (Ta-mino), Margaret Price (Pamina) e Luciana Serra (Königinder Nacht, la Regina della Notte). Mi pareva doveroso, sequalcuno fosse curioso di ascoltare nello specifico questaregistrazione. Bene, sin dall’inizio l’imponenza del tutto èsorprendente: la struttura mozartiana, complessa ma sem-pre ben riconoscibile, viene risolta con abilità. La dinami-ca, ancora una volta, è esaltante, la scena incredibile, so-prattutto se si considera che questo non è un impianto damusica classica. Che dire? Nonostante la lunghezza del-l’opera ci si siede con il libretto e si ascolta; in certi brani,come la celeberrima “Der Hölle Rache kocht in meinem Her-zen” ci si può concentrare sulla tecnica espressa dalla voce,tanta è la trasparenza e la raffinatezza di esecuzione degliH.E.A.D.Torniamo sulla terra (e nel presente) e mettiamo sul piat-tello un live: “MTV Unplugged” di Maxwell, e come sem-pre parto dalla traccia 1, The Suite Urban Theme. Era facileprevedere, a inizio articolo, che avrei ripetuto quel sostantivoche sta arrivando… Grande musicalità, basso eccellente nelcontrollo, nella profondità e nell’articolazione. Le voci dei

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CaratteristiChe teCniChe DiChiarate

PreaMPLiFiCatOre tU.Li.P.risPOsta in FreQUenZa: 5 Hz – 25 kHz (+/- 1 dB)raPPOrtO s/n: 96 dBiMPeDenZa Di UsCita: 25 ohmiMPeDenZa in inGressO: 56 K / 25 pFsensiBiLitÀ: 500 mV per 1 V outinGressi: 4 linea RCA, 1 coassiale, 1 USBDaC: Cirrus Logic 24/192

Prezzo: Euro 2.400,00

FinaLe Di POtenZa M.U.si.C.a.POtenZa: 150 W (8 ohm) – 300 W (4 ohm) – 400 W (2ohm) – 600 W (8 ohm mono) – 800 W (4 ohm mono)raPPOrtO s/n: 113 dBsLeW rate: 40 V/usDaMPinG FaCtOr: 145CLasse: AB o A/AB

Prezzo: Euro 2.600,00

Produttore:H.E.A.D.www.head-audio.it

WaF – the Wife acceptance FactorDialoghi alla George e Mildred. (Io indicando l’autocostruitoflexi table rimpinzato di 2 ampli, un lettore, due DAC, un lettoreDVD): “Vuoi che ti spiego come ascoltare la musica o vede-re un DVD?”. (Lei con nonchalance: “No, tanto non ascoltoniente”. Segue una telefonata con punta di ira il giorno dopocausa difficoltà nella visione di “Zoolander” con DVD convertitodirettamente in coassiale nel TU.LI.P.).Certo, quando c’è confusione niente è gradito alle nostre con-sorti, ma appena i test si diradano e le elettroniche scema-no torna la quiete in famiglia. E questi due H.E.A.D. sono ri-masti abbastanza a lungo in casa per essere apprezzati da gran-di e piccini. Del prezzo parliamo un’altra volta, è argomentosempre spinoso con il gentil sesso.

Realismo e drammaticità proseguono an-che nel pezzo di chiusura del disco, Not to beForgotten (Our Final Hour), dove il grandeequilibrio fa dell’esecuzione una delle miglioriche io abbia mai sentito, non solo per gli ar-chi, ma anche per i legni.

cori sono un po’ sintetiche, ma la parte solista di Maxwellsi stacca, si eleva, avanza. C’è groove, c’è senso del live. Laband è eccezionale, ma i due H.E.A.D. fanno la loro partenel dare realismo con la sfumatura appena calda che a mol-ti piacerà. In ogni caso questi due ampli non sono mai fa-sulli: le chitarre sono nitidissime, il micro e il macro dettagliosono corposi e di rango.Per tirare fuori il groove dal soul ci vuole un’amplificazionecon l’anima nera: il TU.LI.P. e il M.U.SI.C.A. lo sono den-tro e fuori. Nella traccia 3, The Lady Suite (una fissa per leSuite, ‘sto Maxwell…), andando oltre il falsetto di manie-ra, quello che colpisce è la spazialità che si riesce a perce-pire, più che immaginare. Dal silenzio della platea sale unamagia tale che si perdona anche l’eccesso di effetti voce. An-cora una volta la capacità di risolvere le trame sottese nel-le parti intrecciate regala l’emozione con cui il pezzo è sta-to composto. Skip. Traccia 6, Ascension. È bello ascoltare l’abi-lità dei musicisti nel dialogare all’unisono e gli H.E.A.D. sonosempre lì a cavarsela a meraviglia e a restituire una presenzascenica di livello alto in assoluto. I suoni di questo disco for-se non sono molto realistici, ma li si ascolta come ci si aspet-terebbe in un live in grandi spazi.Chiudo con uno dei miei duetti preferiti e con (a mio mo-desto parere) l’ultimo loro album ispirato: i Kings of Con-venience e “Riot on an Empty Street”, soffermandomi sulleprime due tracce. In Homesick si esalta la grande trasparenzache dà fiato alle bellissime armonizzazioni delle voci; in Mi-sread è da annotare la scansione perfetta delle parti da cuisi staccano nitide le voci: il cantato assume plasticità, comeil soggetto di un ritratto si staglia sullo sfondo sfocato. Ar-chi magari perfettibili, voci a volte spigolose: non è forsel’espressione migliore, in termini tecnici, del duo Norve-gese, ma le chitarre sono sempre le grandi protagoniste, sianei pezzi semplici e facili da districare, sia in quelli più ric-chi e impegnativi; come Know How (#5), vero capolavorodi questo disco con la nota triste della voce di Feist, ripro-dotta con fedeltà ma anche con cuore.Nota a latere. Non mi sono sperticato in lodi e ho fatto pococenno (zero negli ascolti) al DAC integrato. Sono un po’ com-battuto nel dare un giudizio, perché non è un convertito-re da dimenticare (sempre un Cirrus è, seppur limitato) néche esalta. D’altra parte il TU.LI.P. viene proposto ad unprezzo interessante per quello che dà, quindi il “plus” delDAC ci permette di procrastinare la scelta di un converti-tore hi-end. Però avrei preferito magari qualche spiccioloin più nel cartellino e un clock più generoso: probabilmentebasterebbe quello, perché lo stadio di uscita sembra alquantovalido. Chissà che non esca un MKII con DAC “definiti-vo”… In questo sono passati tanti brani liquidi che non mihanno deluso, ma non hanno neppure lasciato un segno in-delebile come altri ascolti a quarantaquattro kilohertz.

CONCLUSIONIIl mio ampli ha tremato: per una cifra complessiva para-gonabile a quella che negli anni ‘90 occorreva per portar-si a casa il Musical Fidelity, i romani di H.E.A.D. mi han-no fatto ascoltare qualcosa che mi verrebbe voglia di tenereper sempre. Musicali ma analitici, caldi ma corretti, capa-ci di risoluzione elevata e di grande dinamica, con una tra-sparenza che non fa mai opera di prevaricazione sul-l’emozione che un pezzo deve poter trasmettere. Facili daposizionare e con un’estetica accattivante, realizzano unascena di primissimo livello e si esprimono al massimo nel-le voci maschili. Hanno pilotato bookshelf sordi ma corretti(Trenner & Friedl ART) senza aggiungere colorazioni, twee-

ter a nastro invadenti (Audiovector SR1 Avantgarde) mi-tigandone i tratti esuberanti, torri pacate (Tannoy PrestigeStirling Gold Reference) esprimendo raffinatezza. Hannoregalato buone esecuzioni a lettori di bassa e altissima fa-scia, senza neanche sfigurare troppo con la musica liqui-da. Che dire? Riassumo i pro e i contro in un’unica colon-na per entrambe le elettroniche, tanto è vicina la filosofiadi progettazione e tanto sono assimilabili queste due rea-lizzazioni dell’ingegno al servizio del bel suono: uno aiu-ta l’altro nella ricerca di una musicalità raffinata ma potente.Tamino e Pamina possono amarsi per sempre, come nel fi-nale del Zauberflöte...

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L’iMPiantO D’asCOLtO UtiLiZZatO sorgente digitale per musica liquida: Mac Book Air (Amarra Sim-phony), Windows 7 Pro (Foobar); sorgente digitale: SACD SonyDVP NS930VL, M2Tech EVO DAC 2 con EVO CLOCK 2; CDP Ac-cuphase DP-410; amplificatore integrato: Musical FidelityA200; Diffusori: Audiovector SR1 Avantgarde, Trenner & FriedlART; Cavi di segnale: Sound Fidelity Silver, Acrolink 7N-A2200 III,Goldkabel Highline Series Chinch; Cavi di potenza: Autocostruitia 24 conduttori solid core, Goldkabel Edition Series Chorus Mo-nowire; Cavi COaX: Sound Fidelity Silver; Cavo di alimentazio-ne: Goldkabel Supercord 120 Gold

aLCUni Dei DisChi UtiLiZZati neLLa PrOVa:Heart of the Bass – John Patitucci – GRPSecret Story – Pat Metheny - GeffenMerman – Emiliana Torrini – JaplisDie Zauberflöte – W.A. Mozart – Phonogram/Philips (Dresden,1984)MTV Unplugged – Maxwell – Columbia/SonyRiot on an Empty Street – Kings Of Convenience – Emi/Virgin