HEPATOS Periodico della Fondazione Lionello Forin Hepatos … · 2017. 2. 12. · HEPATOS a tutto...
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HEPATOSa tuttoFEGATO
Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 2096del 23.07.2007 - Poste Italiane S.p.a. -Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46)art. 1, comma 2 e 3, CNS PD
ANNO 11 - N. 1 - FEBBRAIO 2017
Periodico della FondazioneLionello Forin Hepatos Onlus
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Figura 1. Struttura tridimensionale del virus dell’epatite E(tratto da: http://virology-online.com/viruses/HepatitisE.htm)
OGGI
PARL
IAMO
DI... Epatite E
L’epatite E è causata
dal virus dell’epatite E
(HEV), un virus a singolo
fi lamento di RNA descrit-to inizialmente negli anni ‘80, che viene trasmesso attraverso la contamina-zione degli alimenti ed è una causa comune di epatite acuta in India e al-tri paesi tropicali. Nell’in-fezione acuta il perio-do di incubazione varia
da 3 a 8 settimane, poi compaiono i sintomi che durano da giorni a setti-mane. Possono presen-tarsi ittero, stanchezza
e nausea e questa fase
sintomatica coincide con elevati livelli di transami-nasi nel sangue. Di soli-to la malattia si manife-sta in forma acuta, con successiva guarigione,
mentre nei pazienti im-munocompromessi o neisoggetti con trapianto
d’organo l’infezione da
virus dell’epatite E può
causare un’infezione cro-nica che a volte può
determinare una fi brosi epatica progressiva ed
anche evoluzione della
malattia a cirrosi. Prima di scoprire che il virus
HEV può causare infe-zione cronica associata
a peggioramento della
funzione epatica, nei
pazienti trapiantati di
fegato in alcuni casi si
era attribuito erronea-mente il quadro a rigetto cronico o anche a danno
indotto da farmaci.La diagnosi di infezio-ne acuta HEV richie-de la rilevazione delle
immunoglobuline IgM anti-HEV o dell’RNA del virus HEV nel siero
o nelle feci del pazien-te, oppure lo sviluppo di
anticorpi I gG anti-HEVentro 6-12 mesi in un pa-
ziente precedentemente sieronegativo. Nei pa-zienti con epatite acuta
sintomatica, solo il 50% -66% dei pazienti pre-senta RNA virale rileva-bile nel sangue. Nei pae-si occidentali l’infezio-ne acuta HEV è rara, a
meno che i pazienti non presentino una storia di
recenti viaggi in zone en-demiche come l’Asia o in Africa. Tuttavia, nelle nostre aree geografi che ben il 20% degli individui presenta una positività
Patrizia Pontisso
Professore
Associato di
Medicina Interna
Università
di Padova
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OGGI
PARL
IAMO
DI...per anti-HEV di tipo IgG, indicativa di esposizione pregressa al virus, sen-
za storia antecedente
di epatite conclamata, suggerendo una prece-dente infezione subcli-nica. Sulla base delle
conoscenze attuali, si
ritiene che in questi casi
si tratti di una zoonosi,
ossia di una malattia che dagli animali si trasmet-te all’uomo. Il virus HEV di genotipo 3 si trasmet-terebbe infatti all’uomo attraverso il consumo dicarne di maiale poco cot-ta o di selvaggina.
Nelle aree endemiche, l’epatite acuta E è più
comunemente attribuita a infezione da HEV di
genotipo 1 o 2 ed è stata associata allo sviluppo
di insuffi cienza epatica
acuta, in particolare nel-le donne in stato di gra-vidanza.
Nei pazienti che presen-tano già una malattia epatica cronica, l’infe-zione da virus HEV può
anche determinare unrapido peggioramento del-la funzione epatica, dan-do luogo a uno stato di
infezione acuta-su-cro-nica del fegato.
Recenti rapporti effet-tuati nel Regno Unito e in Australia suggerisco-no che l’infezione acuta
da HEV possa essere
responsabile del 5% -10% dei casi di danno epatico attribuito ai far-maci. Questi dati sono anche stati confermati in un recente studio pro-spettico effettuato negli
Stati Uniti, dove è stato
documentato che il 3% dei pazienti con sospet-to danno epatico da far-maci, in realtà presenta-va non solo positività di
tipo IgM per gli anticorpi anti-HEV, ma aveva an-che l’RNA virale rilevabi-le nel sangue. Tali reper-ti suggeriscono che la
stragrande maggioran-za dei casi è asintoma-tica e indicano che oltre
il 90% delle infezioni non producono sintomi.L’infezione da virus dell’e-patite E è anche stata as-sociata a manifestazioni di tipo extraepatico, le
più importanti delle qua-li comportano un danno neurologico e in questi
casi il coinvolgimento epa-tico è spesso modesto o assente del tutto.
Figura 2. Distribuzione geografi ca dell’epatite E(tratto da: http://www.virology.wisc.edu/virusworld/viruslist.php?virus=hev)
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L’ANG
OLO
DEL D
IRETT
ORE
Ospedale a misura d’uomo
L’ospe-dale ha
origini lontane
nel tem-po, e la sua na-scita e
diffusione è collegata al principio della solidarietà umana. Nel mondo occi-dentale, troviamo ospe-dali in quello greco (iatrei) e romano (asclepiei nei santuari del dio Asclepio) e ancora prima, fra gli an-tichi egizi come risulta dal papiro egiziano di Ebers scoperto nel 1872. Essi hanno poi un grande svi-luppo con il cristianesi-mo in accordo al precet-to “Ama il prossimo tuo”, in particolare il povero, il malato, il pellegrino. Il Concilio di Nicea, 325 d.C., promuove l’istituzio-ne di ospizi in ogni città; anche il monachesimo è importante nella creazio-ne e diffusione dei luoghi per l’assistenza sanitaria. Nella Regola di S. Bene-detto da Norcia (480-547 d.c.) si stabilisce che la cura per i fratelli mala-ti e bisognosi è “prima e sopra tutte le cose” e in ogni monastero è prevista una struttura per il rico-vero dei poveri e la cura degli infermi. Con l’inizio del rinascimento l’ospe-dale comincia ad assu-mere anche una conno-tazione di impegno laico e sociale delle istituzioni di governo (come l’ospe-
dale Ca’ Granda di Milano voluto nel 1456 dal duca Francesco Sforza e l’o-spedale di S. Bartolomeo a Londra voluto da Enri-co VIII alla fi ne del 1500). Con l’avanzamento del-le conoscenze in campo medico diventa nei secoli la sede dove si sviluppa e si insegna la medicina scientifi ca, applicandone i principi per la cura delle malattie (la scuola di Pa-dova era la più famosa in Europa). Modernamente diventa un sistema com-plesso, una “fabbrica del-la salute”, che si avvale di procedure informatizzate e di sofi sticate tecnologie mediche e rigidi protocol-li amministrativi; la salute non viene più erogata da un singolo curante, ma da una organizzazione che prevede l’integrazione e il coordinamento di compe-tenze specialistiche, esple-tate da equipe e fi gure diverse secondo regole e norme codifi cate (buro-crazia sanitaria); la conno-tazione principale diventa quella di una azienda che produce salute secon-do principi di scientifi cità delle cure, effi cienza or-ganizzativa e gestionale ed economicità. La medi-cina ha raggiunto nell’o-spedale le vette massime del progresso scientifi co e tecnologico, ma ha re-almente realizzato il suo scopo ultimo che è la cura della persona mala-ta considerata nella sua
interezza fi sica, psicolo-gica e sociale? Non com-pletamente; infatti oggi nell’ospedale si privilegia la malattia rispetto alla persona malata; si pone in seconda linea e si trascura l’individualità del pazien-te che avverte e subisce una spersonalizzazione, ed è esposto alla pau-ra e all’ansia rispetto alla malattia, alla terapia e al suo esito. Così l’ospeda-le talvolta può apparire un luogo ostile, che ti rende anonimo e ti domina, in-vece il paziente dovrebbe sentirsi accolto ed essere aiutato nella sua fragilità esistenziale di persona ammalata e sofferente. Va quindi ripensato un nuo-vo ospedale, un luogo a misura d’uomo, centrato sulla persona e sul sod-disfacimento dei bisogni dell’ammalato, che ne-cessita della cura, ma an-che di attenzione, di com-prensione, di speranza e di fi ducia nell’affi darsi. Bi-sogna conciliare la com-plessità e la tecnologia dell’Azienda salute con le esigenze del paziente, facendo sì che l’ospeda-le sia più rispettoso della dignità della persona, sia nei suoi aspetti strutturali e organizzativi, che nella applicazione di una medi-cina più personalizzata ed attenta alla sofferenza. In altre parole bisogna ren-dere l’ospedale più uma-no.
Angelo Gatta
Professore
Emerito
di Medicina
Interna
Università
di Padova
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L’ESP
ERTO
RISP
ONDEHo le varici esofagee: quali sport devo evitare?
È noto che un’attività fi si-ca regolare ha un effetto benefi co su molte patolo-gie croniche, in primis su quelle di natura cardio-vascolare. Recentemente acuni studi hanno eviden-ziato che anche in pazien-ti con epatopatia cronica, una continuità nell’attività motoria può avere effet-ti positivi sull’evoluzione della malattia. In partico-lare nella steatosi epati-ca (comunemente det-ta “fegato grasso”), che può evolvere verso l’in-fi ammazione e la cirrosi, un’attivit à fi sica costante, in combinazione con una restrizione calorica, sem-bra effi cace nel diminuire la componente lipidica del fegato e quindi la progres-sione della malattia.I soggetti con cirrosi epa-tica solitamente presenta-no una ridotta tolleranza all’esercizio fi sico, e per-tanto gradualmente ten-dono a ridurre l’impegno nelle attività motorie. Le cause responsabili di tale ridotta tolleranza sono va-rie, tra cui vanno ricorda-ti l’alterato metabolismo degli zuccheri (insulino-resistenza) e la malnutri-zione proteico-energetica che contribuisce a ridur-re la massa muscolare e la forza in questi sog-getti, in particolare nelle fasi avanzate di malattia. Inoltre, una preoccupa-zione riguardo all’esecu-zione di attività sportiva negli individui con cirrosi
epatica fa riferimento alla eventuale presenza di va-rici esofagee o gastriche. Infatti, è stato dimostrato che in pazienti con cirro-si epatica, durante l’eser-cizio fi sico, il gradiente pressorio venoso epatico, che rifl ette i valori pressori nella vena porta, aumenta a causa di un incremento delle resistenze vascolari all’interno del fegato. Poi-ché tali varici si formano e vanno incontro a san-guinamento proprio in se-guito ad un aumento della pressione portale, ne deri-va il timore che un aumen-to improvviso della pres-sione nel sistema portale possa favorire un’emor-ragia da varice. D’altra parte altri studi hanno di-mostrato che a lungo ter-mine, neg li individui con cirrosi epatica, un’attività fi sica moderata è sicura e potrebbe addirittura in-durre una riduzione della pressione portale. Inoltre, è stato dimostrato che nei soggetti con cirrosi epati-ca, effettuare lunghe cam-minate in associazione ad un adeguato apporto ca-lorico e proteico aiuta a prevenire la perdita della massa muscolare. Pertanto nei soggetti con cirrosi epatica, la presen-za di varici esofagee e ga-striche non deve preclu-dere la possibilità di pro-seguire un’attività fi sica moderata, però suggeri-sce di evitare di sottopor-si a sforzi troppo intensi
che potrebbero favorirne il sanguinamento.
Garcia-Pagan JC, et al. Physical exercise increases portal pressure in patients with cirrhosis and por-tal hypertension. Gastro-enterology 1996;111:1300-1306.Berzigotti A, et al. Lifestyle intervention by a 16-week programme of supervised diet and physical exercise ameliorates portal hyper-tension in patients with cirrhosis and obesity: the SportDiet study. HEPA-TOLOGY 2014;60:253A.Macıas-Rodrıguez RT, et al. Changes on hepatic ve-nous pressure gradient in-duced by a physical exer-cise program in cirrhotic patients: a randomized open clinical trial. HEPA-TOLOGY 2014;60:246A.
Marco Di PascoliRicercatore
Universitario
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COSA
C’È
DI N
UOVO Tenofovir alafenamide (Vemlidy): un’arma in più per iltrattamento dell’infezione da virus dell’epatite B (HBV)Tenofovir alafenamide (Vemlidy): un’arma in più per iltrattamento dell’infezione da virus dell’epatite B (HBV)Tenofovir alafenamide (Vemlidy): un’arma in più per il
Si stima che nel mondo 250 mi-lioni di
persone risultino
affetteda un’infezione cronica da virus dell’epatite B che può essere causa di com-promissione della funzione epatica fi no alla cirrosi epa-tica e di tumore del fegato (epatocarcinoma). I farma-ci attualmente disponibili per la terapia dell’epatite cronica da HBV sono l’in-terferone (siringhe per uso sottocutaneo) o farmaci che agiscono direttamen-te sulla replicazione vira-le che sono defi niti come analoghi nucleosidici o nu-cleotidici (formulati in com-presse). Tra i farmaci che agiscono sulla replicazio-ne virale, i due farmaci più recentemente introdotti e largamente usati risultano essere il Tenofovir (Viread) e l’Entecavir (Baraclude). Tali farmaci consentono di controllare la malattia da HBV, eliminando o ri-ducendo la progressione del danno epatico anche in caso di malattia del fegato avanzata come la cirrosi. I farmaci disponibili per l’e-patite B consentono l’e-liminazione completa del virus in meno del 10% dei pazienti, negli altri casi pur controllando la progressio-ne malattia epatica il DNA del virus permane all’inter-no delle cellule dell’organi-
smo. Il Tenofovir e l’Ente-cavir consentono di tratta-re i pazienti con HBV non responsivi o non trattabili con IFN, con percentuali di resistenza alla terapia, in pazienti non trattati in precedenza con analoghi nucleosidici/nucleotidi-ci, del 3% per Entecavir e dello 0% per Tenofovir. La terapia con analoghi nucleosidici/nucleotidici richiede un trattamento a lungo termine che può es-sere gravato da effetti col-laterali, in particolare l’uso del Tenofovir può essere associato ad alterazione della funzionalità renale ed ad una riduzione della mi-neralizzazione ossea con possibilità di danno osseo a lungo termine. Un nuovo farmaco per l’HBV, il Teno-fovir alafenamide (Vemlidy) è stato approvato l’11 gen-naio di quest’anno dall’A-genzia Europea per i Medi-cinali (EMA). Si tratta di un analogo del Tenofovir con potente attività antiviralecon capacità di elevata con-centrazione intracellulare adosaggio minore rispettoad esso. L’effi cacia del Vemlidy nel controllo della malattia da HBV sembra essere analoga a quella del Tenofovir. Tale farmaco rappresenterebbe un’evo-luzione nella terapia dell’e-patite B in quanto in due recenti studi ha mostrato avere un minore impatto sull’alterazione della fun-zionalità renale ed un mi-nore effetto sulla riduzio-
ne della mineralizzazione ossea, consentendo vero-similmente una migliore tollerabilità a lungo termine della terapia dell’epatite B.
Chan HLY et. al. Lancet Gastroenterology and Hepatology 2016;1253: 30024-30033.Buti M et.al. Lancet Gas-troenterology and Hepa-tology 2016; 1253:30107-30118.
Antonietta Romano
Medico
internista,
Dottoranda
in Scienze
Epatologiche e
Trapiantologiche,
Clinica Medica
5, Università di
Padova
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DALLA
PART
E DEL
PAZIE
NTE“Dottore: sono malato? Guarirò?”
Diagnosi e prognosi nella relazione di cura
In prece-denti inter-
venti, in questa
rubrica, ho avuto modo di
soffermarmi sulla “medi-cina palliativa”, illustran-done il signifi cato e cer-cando di evidenziare co-me, al di là di quanto l’ag-gettivo potrebbe indurre a ritenere (qualcosa di scar-samente utile, se non ad-dirittura una sorta di sur-rogato della “vera” tera-pia), essa vada oggi con-siderata un contributo fon-damentale nella relazio-ne di cura, non necessaria-mente confi nata alle fasi terminali della malattia ma soprattutto per la peculia-re relazione che si viene ad instaurare tra i curan-ti, il paziente, ma anche i suoi familiari. Ho anche ri-chiamato l’attenzione sul-le preziose esperienze che sono in corso, ormai da alcuni anni, nel territorio padovano con il coinvol-gimento diretto di medici di famiglia (mai come in questa prospettiva il riferi-mento alla famiglia suona preferibile a quello, quasi burocratico, di “medici di base”).Vorrei prendere spunto da quelle esperienze (alcune delle quali ho avuto modo di conoscere anche per-sonalmente) per proporre due rifl essioni che ritengo estensibili ad ogni relazio-
ne di cura, sia per malattie croniche non necessaria-mente a prognosi infau-sta sia anche, in qualche modo, per malattie acute. È infatti il tipo di approc-cio al paziente da parte di chi opera in sanità (non solo i medici, dunque) che deve risentire di quella particolare attenzione alle diverse dimensioni della persona malata (e del suo nucleo familiare) che car-atterizzano la metodolo-gia e l’esperienza concre-ta proprie delle cure palli-ative. Le due rifl essioni, neces-sariamente sintetiche, ri-guardano rispettivamente le due domande fonda-mentali di chi si trova “dalla parte del paziente”: la diagnosi e la prognosi. La diagnosi: “cosa vor-rei sapere?”Esiste il diritto di ciascu-no di essere informato sul proprio stato di salute, al quale corrisponde il dovere del medico di informare. Non esiste tuttavia una modalità di informazio-ne che può andare bene per tutti i pazienti. La comu-nicazione della diagnosiè condizionata dalla co-noscenza reciproca ed esige un rapporto solidale ed empatico. Altrimentisi farebbe solo dell’infor-mazione diagnostica espres-sa in maniera asettica ed impersonale. Per la per-sona malata la domanda racchiude in sé non sol-
tanto una richiesta di spie-gazione tecnica ma anche l’esigenza di relazione, il desiderio che qualcuno si occupi di sé e si prenda cura delle proprie emozio-ni. Tradire tali richieste o, ancor peggio, costruire (magari con i familiari) la “congiura del silenzio” costringe il medico a reci-tare la commedia della dia-gnosi “banale” e priva il malato della possibilità di esprimere le proprie ansie e paure. A volte si camuffa la verità per il timore delle conseguenze a cui andrà incontro il paziente, ma se egli non sa non potrà sce-gliere tra le possibili alter-native terapeutiche. La questione, dunque, non è tanto “se” dire o non dire la verità, quanto piuttosto del “come” dirla, dato che il modo in cui si fornisce la diagnosi e il tipo di rappor-to in cui viene inserita val-gono più dell’informazi-one stessa. “Dalla parte del paziente” la richiesta di fondo, anche se non sempre esplicitamente e-spressa, è di aiutarlo a mantenere una suffi ciente capacità di controllo per affrontare l’incertezza, an-che emotiva, determina-ta dal vissuto di malattia.
segue nel prossimo numeroPaolo BencioliniProfessore
Ordinario di
Medicina Legale
Università
di Padova
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FEGA
TO E
DINT
ORNI Pillola memore
Bar Sole 13 gennaio ’17. Malgrado il brusio, Mirko non perde sillaba di quanto dicono il veterinario Gior-gio e il farmacista Marcel-lo: “Incontri o scontri che siano, non puoi evitare i ricordi. Li subisci, li vivi. E danno forma e colore alla vita.” “Ma ne sei consape-vole solo in minima par-te; e non sempre.” “Pensi ai sogni?” “No. Ero, ben sveglio, in Radiologia, ieri, quando Mariella, in ricezio-ne, mi ha tolto 60 anni.” “E dai!” “Giuro! Sono tornato in IV^ elementare, con Lu-isa.” “Il tuo primo amore?” “È amore il guazzabuglio di timidezza e sfrontatez-za che abita un monello di 9 anni, indifferente a tutte le compagne, tranne una,
Luisa, appunto?” “Tipo speciale?” “Occhi e capel-li neri. Alta, snella, decisa. Grembiule, scarpe, cartel-la, tutto a posto, sempre.” “E tu?” “Io.. ogni martedì, le ghermivo gli occhi: ci fi ssavamo due tre secon-di, immobili, colti da stra-no imbarazzo.” “Il marte-dì!?” “Si facevano due fi le per bere l’olio di fegato di merluzzo; e noi eravamo affi ancati. Nulla di simile, a te?” “Olio di merluzzo no, imbambolamenti si, ma a 15 anni.” “Comun-que l’attrazione o incan-to o emozione che fosse, svaniva appena usciti da scuola. Almeno per me.” “E poi?” “Nei 6 anni di col-legio, qualche volta l’ho vista in piazza, d’esta-
te, dopo messa. Sempre cenni rapidi, impacciati, Ciao Luisa, Ciao Marcel-lo, e via.” “Timidezza?” “E scarsità di tempo. Troppo poco un saluto perché tra adolescenti nasca o cre-sca qualcosa.” “Finita lì?” “Sparita per 50 anni.” “E ieri?” “Te l’ho detto: in Ra-diologia mi ha teso un pia-cevole agguato.” “Mm..” “Uffa! senti: entro, vado allo sportello, alzo la testa, parlo, guardo, e..” “Si..?” “l’eleganza di Mariella, il suo porgersi gentile e stac-cato, mi traghettano senza scampo nell’incanto di Lu-isa.” “Quello delle elemen-tari?” “e della timida ado-lescente, e della splendida sessantenne incrociata nel 2010.” “2010? Dove?” “In paese. Per caso. C’era un signore con lei. E nell’aria il solito sortilegio: Ehi Luisa.. -Marcello.. che fai qui?- Un salto da Luigi. E tu? -Noi da Laura. Ciao- Ciao, Toccata e fuga. Come da piccoli all’uscita di scuola. Salvo riapparire nei tratti di Mariella.” “Beh.. mica male il gioco di neuroni nella tua testa!” “Bestie diffi cili da addomestica-re, i ricordi! Fanno ciò che vogliono. E a te, Mirko, è mai capitato qualcosa del genere?” Mirko tentenna il capo: “Non ancora. Però la voglia di fare un salto in Radiologia è tanta.” Gli sorridono i due amici, e brindano: “Salute!”
Gabriele Bacilieri
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La vignetta di Franco Ferlini
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IL FE
GATO
NEL
LA ST
ORIA
DEL
LA M
EDIC
INA
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Bighe Volanti e Cirrosi Biliare: quando la Storiadella Filosofi a incontra la Storia della MedicinaBighe Volanti e Cirrosi Biliare: quando la Storiadella Filosofi a incontra la Storia della MedicinaBighe Volanti e Cirrosi Biliare: quando la Storia
Platone non mi è mai pia-ciuto. Fin dai tempi del liceo, l’ho trovato utopi-stico, un po’ troppo auto-ritario, a volte oscuro ed eccessivamente fantasio-so. Di Platone, tuttavia, ho sempre ammirato le splen-dide metafore, con cui rende di immediata com-prensione concetti osticie lontani dal senso comu-ne. Tra queste, resta di im-pareggiabile bellezza l’im-magine dell’anima come una biga volante, guidata da un auriga e trainata da due cavalli (uno bianco e uno nero), che volano in opposte direzioni. Con questa metafora, Pla-tone presenta la sua visio-ne dell’anima, costituita da tre parti: (i) la parte ra-zionale e divina (l’auriga), che governa le scelte del-la vita e controlla i deside-ri e gli appetiti; (ii) la par-te passionale (il cavallo bianco), che aiuta l’auriga a raggiungere la perfezio-ne celeste; e (iii) la parte concupiscibile (il cavallo nero), che è attirata dalle passioni terrestri e allon-tana l’uomo dalla perfe-zione divina. Nel Timeo, Platone rie-labora le sue idee sull’a-nima, mettendole in re-lazione con la struttu-ra del corpo umano. In particolare, egli ritiene che l’anima razionale ri-sieda nella testa e che qui sia preservata incon-taminata. L’anima pas-sionale si troverebbe in-
vece nel torace, vicino al cuore e ai polmoni, che risentirebbero del suo in-fl usso e medierebbero le reazioni emotive. L’anima concupiscibile sarebbe in-vece collocata più in bas-so, lontana dalle parti più nobili del corpo umano. In particolare, essa risie-derebbe nel fegato e sa-rebbe responsabile degli appetiti più primitivi e vili. Il fegato è la sede dell’a-nima concupiscibile a causa della sua struttura anatomica. Esso, infatti, ha una superfi cie liscia (simile a uno specchio), che rifl etterebbe gli ordini inviati dall’anima raziona-le mostrandoli alla par-te concupiscibile. In tal modo, il fegato aiuterebbe a creare un’armonia tra la parte più razionale dell’a-nima e quella più primiti-va e selvaggia. Essendo inoltre composto di parti dolci ed amare, il fegato riuscirebbe a temperare le pulsioni dell’anima con-cupiscibile, addolcendole (quando sono in accordo con l’anima razionale) o frenandole (quando sono a questa contrarie). A sostegno di questa teo-ria, Platone riferisce alcu-ne osservazioni anatomi-che che sembrerebbero essere state effettuate in prima persona. Egli dice che l’anima razionale, per placare la parte concupi-scibile, “diffonde amarez-za per tutto il fegato, vi fa apparire i colori della bile
e lo comprime fi no a ren-derlo tutto rugoso e ruvi-do. Premendo e torcendo il lobo dal lato destro, ne ostruisce i serbatoi e chiu-de le porte, provocando dolori e nausee” (Timeo, 72b-c). Agli occhi di un medico dei nostri giorni, questo passo non può che ricordare una cirro-si epatica secondaria ad ostruzione delle vie biliari. Platone non dice in che occasione egli abbia os-servato un tale fegato; ciò non toglie che, con ogni probabilità, il Timeo riporti una delle prime descrizio-ni anatomo-patologiche della cirrosi biliare nel mondo occidentale. È curioso che una descri-zione così importante per la Storia della Medicina sia contenuta in una delle più importanti opere della Storia della Filosofi a. In fondo, il Timeo ci ricorda che i confi ni tra Filosofi a e Medicina non sono sem-pre netti e che queste di-scipline spesso procedo-no insieme, contribuen-do l’una alle buone sorti dell’altra.
Marco PizziAnatomopatologo,
dottorando
di Scienze
Biomediche
Sperimentali
Università di
Padova
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EDIT
ORI
ALE
La solidarietà in Italia
«Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza per af-frontare il quotidiano. In-segnami l’arte dei piccoli passi». Antoine de Saint-Exupéry chiede a Dio un dono raramente invocato, quello della serenità nelle piccole scelte di ogni gior-no. Ed è questo il cammi-no, fatto a piccoli passi, di tanti malati e volontari. Il cammino della solidarie-tà, in Italia e nel Mondo. Pensate alla cirrosi, alle complicanze che ha cau-sato a tante persone. Ed il medico ha affrontato, con una miriade di farmaci e provvedimenti, le diffi col-tà che via via si venivano ad incontrare. Tutti inter-venti che, a parte l’ecce-zionalità del trapianto di fegato, sembrano coin-cidere con la suggestiva rifl essione dello scrittore francese: abbiamo cam-minato imparando «l’arte dei piccoli passi». Ma ora, cari malati, trapiantati, vo-lontari, familiari, medici e infermieri, compagni e fratelli di quel lungo viag-gio che abbiamo percorso insieme «a piccoli passi», ora voglio ringraziarvi tut-ti, pensando a quanto di grande le associazioni di volontariato hanno saputo fare. Il momento è gran-dioso. Pensate solo alla forza dell’impegno per im-pedire l’abuso alcolico, fra i giovani, nelle scuole, sul-le strade, negli ospedali. Non dimenticate le bat-taglie, condivise da tante
associazioni, perché tutti possano essere curati per l’epatite C. Applaudite alle campagne di sensibilizza-zione per favorire la dona-zione degli organi ed il tra-pianto. Ma non basta. Le associazioni stanno com-battendo anche in terra straniera, per contrastare la diffusione delle epatiti virali nei Paesi più poveri. Il pensiero corre allora in-dietro, arrivando ai bam-bini sahrawi, che sono po-sitivi al virus dell’epatite B in oltre un quinto dei casi. Vedo i loro volti, fra i tur-bini di sabbia e i mulinelli di carte sollevati dal ven-to. Purtroppo sono pochi i vaccini e, a quelle latitu-dini, nessuna terapia è di-sponibile. Il cielo a Rabuni (siamo nel Sud-Ovest del Sahara algerino di Tin-douf) si è fatto improvvi-samente cupo, diventan-do nero come l’inchiostro, carico di stelle enormi che sembrano caderci addos-
so. Improvvisamente, un fragore d’acciaio irrompe nella sacralità del riposo, un rombo di motori, lo stridore dei freni. Scendo-no da una camionetta uo-mini avvolti in tute mimeti-che; agitano i mitragliatori e spalancano le porte a calci e spallate. Alla luce delle torce rimangono im-pressi i volti velati, i visi attoniti, scarmigliati: «Esto es un secuestro. Tienes que salir con nosotros sin resistencia» urlano gli uo-mini .Mi sveglio turbato. É solo un sogno disgraziato. Ra-pita nei campi dei rifugiati sahrawi nel 2011 e libera-ta dopo nove mesi, Ros-sella Urru coordinava i progetti di un’Ong, il CISP, per contenere le epatiti fra i bambini del deserto. Io ero con lei: l’anno prima, a Rabuni. Anche questa è la solidarietà che sa espri-mere il nostro Paese. È il cuore grande dell’Italia.
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Salvatore Ricca
RoselliniPresidente della
Federazione
Nazionale
Liver-Pool
Onlus e
dell’Associazione
Forlivese per
le Malattie
del Fegato
Salvatore Ricca Rosellini e Claudio Cancellieri con l’Ostetricadel Dispensario di Farsia (Tindouf, Algeria, 2008)
-
LA FO
NDAZ
IONE
INFO
RMAPremio Miglior Comunicazione
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In occasione del XXVConvegno Internazionale“Attualità e Prospettive in Epatologia”, tenutosi a Pa-dova il 23 settembre 2016, la Fondazione Lionello Fo-rin Hepatos Onlus ha istitui-to un premio da conferire alla miglior comunicazio-ne/pubblicazione scienti-fi ca presentata. Il premio, consegnato dal Presidente della Fondazione, Miche-le Forin e dal Prof. Angelo Gatta, è motivato dall’im-portante contributo dalla ricerca sulle malattie del fegato. Di seguito ospitia-mo le Dott.sse Marcella Visentini e Laura Gragnani vincitrici del nostro premio con la seguente pubblica-zione: studio prospettico di pazienti con crioglobu-linemia mista HCV-corre-lata trattati con antivirali diretti.La vasculite crioglobuline-mica (CV) è la più frequen-te manifestazione extrae-patica associata all’infezio-ne da HCV. È clinicamente benigna, ma può evolvere in linfoma in circa il 10% dei casi. I sintomi determi-nano forme lievi con por-pora cutanea, artralgie e astenia e, più raramente, forme severe, con ulcere cutanee, nefropatia e neu-ropatia periferica che com-promettono la qualità di vita del paziente. La tera-pia di prima scelta della CV è l’eradicazione virale, fi no a pochi anni fa ottenuta con Interferone peghilato e ribavirina in circa la metà
dei pazienti. L’introduzione di farmaci antivirali diretti (DAA), ha drasticamente aumentato le percentuali di risposta fi no ad oltre il 90%. Lo studio è una collabora-zione tra il centro MaSVE dell’Università di Firenze e dell’Università di Roma “Sapienza”. 44 pazienticon CV HCV-correlata sonostati trattati con DAA se-condo linee guida. Tutti i pazienti hanno raggiun-to una risposta virologica
Laura Gragnani è asse-gnista di ricerca presso il centro MaSVE dell’U-niversità degli Studi di Firenze, presso cui si è laureata in Scienze Bio-logiche nel 2000 ed ha conseguito il titolo di dot-tore di ricerca in Medici-na Clinica e Sperimentale nel 2006 dopo un perio-do di due anni negli USA. Si occupa dal 2001 dello studio dei meccanismi molecolari delle linfopro-liferazioni HCV-correlate e del loro correlato tra-slazionale nella pratica clinica. È autrice di 40 pubblicazioni scientifi che su riviste internazionali.
sostenuta. I sintomi della CV sono migliorati rapida-mente e, al termine dello studio, la CV è regredita in tutti i pazienti, con una re-missione completa in più di un terzo. Gli eventi avversi sono stati poco frequenti e lievi. Il nostro studio ha quindi dimostrato, per la prima volta, l’effi cacia, la sicurezza e la tollerabilità dei DAA nel trattamento della vasculite crioglobuli-nemica HCV-correlata.
Marcella Visentini è ri-cercatore dal 2014 pres-so l’Università di Roma “Sapienza”.Si è laureata in Medicina e Chirurgia ed è specia-lista in Medicina Interna. Nel 2012 ha consegui-to il titolo di dottore in Scienze Immunologiche presso l’Università di Roma “Sapienza”. Da diversi anni la sua ri-cerca è focalizzata sulla crioglobulinemia mista HCV-correlata, sia da un punto di vista di la-boratorio che clinico. È autore di circa 30 pub-blicazioni scientifi che su riviste internazionali.
Angelo Gatta, Michele Forin e Laura Gragnani
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LA FONDAZIONE: CHI, COME, DOVE
SOMMARIO
OrganigrammaPresidente
MICHELE FORINVicepresidente
Prof. Dott. ALBERTO FRATTINAConsiglieri
Prof. Dott. ANGELO GATTAProf. Dott. PIERO AMODIODott. MARIO GHIRALDELLI
Presidente Comitato Scientifi coProf. Dott. ANGELO GATTA
Collegio dei Revisori dei ContiDott. MORENO BOVO PresidenteRag. CARLUCCIO SANTACROCE
Dott. PAOLO DUSOPresidente Comitato PromotoriProf. Dott. ALBERTO FRATTINA
Sede e Segreteriavia Martiri Giuliani e Dalmati, 2/A
35129 - Padovatel. 049/8070099 r.a. fax
Comitato Scientifi copresso Clinica Medica 5
Ospedale di Padovavia Giustiniani 2 – 35128 Padova
tel. 049/8212291 - 049/8212285fax 049/8754179
“HEPATOS A TUTTO FEGATO”Periodico della Fondazione L.F.H.O.Sede e Segreteria:Via Martiri Giuliani e Dalmati 2A35129 Padova
Direttore Responsabile:Angelo Gatta
Comitato di Redazione:Paolo Angeli - Stefano Edel - Michele Forin - Patrizia Forin - Patrizia Pontisso
Hanno collaborato:G. Bacilieri, P. Benciolini, M. Di Pascoli, P. Forin, A.Gatta, L. Gragnani,M. Pizzi, P. Pontisso, A. Romano, S. Ricca Rosellini, M. Visentini.
Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 2096 del 23.07.2007Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46)art. 1, comma 2 e 3, CNS PD
Progetto Grafi co:Franco Ferlini
Stampa:Fratelli Zampieron - Padova
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PAGINA 2 E 3:oggi parliamo di...Epatite E
PAGINA 4: l’angolo del direttore
PAGINA 5: l’esperto risponde
PAGINA 6: cosa c’è di nuovo
PAGINA 7: dalla parte del paziente
PAGINA 8: fegato e dintorniPillola memorela vignetta di Franco Ferlini
PAGINA 9: il fegato nella storia della medicina
PAGINA 10: editoriale
PAGINA 11: la fondazione informa
PAGINA 12: la Fondazione:chi, come, dove
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