Hand Urs Von Balthsar, Solo l'Amor è Credibile

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    Hans Urs von Balthasar

    SOLO LAMORE CREDIBILE

    Tout ce qui ne va point la charit est figure.Lunique objet de lEcriture est la charit.

    PASCAL

    PREFAZIONE

    Qual lessenza del cristianesimo? Mai, nella storia della Chiesa, il rimando ad unapluralit di misteri da credere ha soddisfatto come risposta ultima: sempre si mirato aun punto unitario in cui trovasse la sua giustificazione la richiesta che vien fattaalluomo di credere: un logos, anche se di carattere e natura particolari, ma per cos

    persuasivi, anzi cos travolgenti ed irresistibili che, balzando fuori dalle contingenti ve-rit storiche conferisca loro il carattere di necessit. S, miracoli e profezie che si rea-lizzano vi hanno la loro parte (bench il loro valore e potere interpretativo appaia consi-derevolmente ridotto un dai tempi della critica biblica dellilluminismo), ma il punto diriferimento cui essi rimandano si trova collocato al di l di essi. La patristica, il medioe-vo, il rinascimento, i cui epigoni arrivano sino allepoca presente, hanno collocato que-sto punto sul piano cosmico, inquadrandolo nella storia delluniverso; lera moderna, a

    partire dallilluminismo, lha invece trasferito su un piano antropologico. Se il primotentativo risulta limitato e confinato entro i termini del tempo e della storia, il secondo fallito proprio come impianto: quel che Dio intende dire alluomo attraverso Cristo non

    pu ricevere sistemazione n nel mondo nel suo insieme, n nelluomo in particolare:esso assolutamente teologico, anzi, meglio ancora, teo-pragmatico: atto di Dio neiconfronti delluomo, atto che si spiega dinanzi alluomo e per lui (e soltanto cos putrovare in lui e con lui la sua spiegazione)1. Di questo atto va detto chesso credibilesoltanto come amore: intendiamo lamore stesso di Dio, la cui manifestazione quelladella gloria di Dio.

    Lautocoscienza cristiana (e quindi la teologia) non pu essere spiegata mettendovi afondamento e giustificazione una sapienza acquisita per divina rivelazione che sublimi etrascenda la cognizione religiosa umana (ad maiorem gnosim rerum divinarum), oluomopreso e individualmente e come entit sociale, che perviene soltanto attraverso

    1Sullaspetto immanente cfr.Gott redet als Mensch in: Verbum caro, 1960, pp. 73-99.

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    la Rivelazione e la Redenzione a una coscienza definitiva di s (ad maiorem hominisperfectionem et progressum generis humani),ma unicamente pu essere spiegata giusti-ficandola come lautoglorificazione dellamore divino: ad maiorem divini amoris glo-riam. NellAntico Testamento, questa gloria (kabod) consiste nella presenza

    dellaugusta maest di Jahv nella sua alleanza (e trasmessa per il tramite di questa in tutto il mondo), nel Nuovo Testamento questa sublime gloria si spiega come lamoredi Dio in Cristo che discende nellabisso estremo di tenebra e di morte. Questo quide-

    xtremum(la vera escato-logia),che se si concepisce tutto in termini di cosmo e di uomo assolutamente inimmaginabile, pu essere percepito nella sua realt soltanto acco-gliendolo come lalterit assoluta.

    Questo abbozzo servir perci anche a chiarire le linee direttive e gli scopi del miopi ponderoso lavoro intitolato: Gloria,unestetica teologica nel doppio senso di unadottrina soggettiva della percezione e di una dottrina dellautointerpretazione oggettivadella gloria divina. Questabbozzo servir a mostrare che questo metodo teologico, benlungi dal rappresentare un sottoprodotto irrilevante e superfluo del pensiero teologico,

    ha invece il diritto e il dovere di avanzare la pretesa di essere collocato come unico me-todo definitivo al centro della teologia, laddove la verificazione cosmologica ed antro-

    pomorfa pu tuttal pii essere ammessa come punto di vista di carattere complementare.E con questo resta specificato che quanto viene qui chiamato col nome di estetica

    inteso come un qualcosa di puramente teologico, cio come lintuizione, possibile sol-tanto nella fede, della gloriosa manifestazione dellamore assolutamente libero di Dio.Tale estetica non ha pertanto alcunch in comune con lestetica cristiano-filosofica adesempio. del rinascimento (Ficino) o dellilluminismo (Shaftesbury) o dellidealismo(Schelling, Fries) o della teologia della mediazione (de Wette) e neppure con quello cheSchleiermacher (Christlicher Glaube,9) chiama religiosit estetica; tuttal pi sarebbe

    possibile un parallelo con il metodo fenomenologico di Scheler, in quanto esso tende aun atteggiamento di pura passivit nei confronti delloggetto; per nella teologia cadeassolutamente fuor di proposito la metodica messa tra parentesi dellesistenza. Non ildisinteresse filosofico della pura contemplazione (epoch come apatheiaper la gnosi)

    pu essere perseguito, bens solo quellindifferenza cristiana come unico atteggia-mento possibile per la ricezione del disinteressato amore divino che non ha altri scopiallinfuori di s (assoluto).

    In questo abbozzo si badato ad esaminare il punto metodico centrale, si rinunciatoad una trattazione diffusa e compiuta, per cui esistono lavori eccellenti come quello diVictor Warnach: Agape,Die Liebe als Grundmotiv der neutestamentlichen Theologie(1951) e quello di C. Spicq:Agape dans le Nouveau Testament (1958-1959), con ricca

    bibliografia.Superfluo aggiungere che la trattazione che segue non contiene nulla di fondamen-talmente nuovo, che anzi essa cerca di seguire principalmente il pensiero dei grandi san-ti della tradizione teologica: Agostino, Bernardo, Anselmo, Ignazio, Giovanni dellaCroce, Francesco di Sales, Teresa di Lisieux... Quelli che amano conoscono Dio megliodi tutti e perci il teologo deve ascoltarli.

    Il punto metodico ricercato al contempo il kairos teologico particolare della nostraepoca: se questepoca non ne rimanesse toccata, difficilmente le resterebbe una probabi-lit di scoprire lessenza del cristianesimo nella sua diretta e assoluta purezza. Sottoquesto rispetto, questo opuscolo pu essere considerato come lintegrazione costruttivae positiva del precedente lavoro: Schleifung der Bastionen, dove con un processo di va-

    glio, di eliminazioni e di selezione si preparata e spianata la strada a quanto ora sar

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    qui detto.

    Hans Urs von BalthasarBasilea, Capodanno 1963

    1. LA RIDUZIONE COSMOLOGICA

    Per rendere credibile ed accettabile il messaggio cristiano al mondo, i padri dellaChiesa collocano questo messaggio sullo sfondo e nella cornice della religione naturale,

    considerata o nella sua variet e molteplicit di forme (Eusebio, Arnobio, Lattanzio) onella sua riduzione filosofico-religiosa (Giustino, Origene, Agostino). La concezionecristiana assume allora, in questa cornice, il carattere di compimento, di completamentodella concezione cosmologica frammentaria (logos spermatikos), la quale, nel Verbofatto uomo (logos sarx), raggiunge la sua unit, la sua pienezza e riscatta la propria li-

    bert (Clemente, Atanasio). La concezione cristiana si pone, dunque, in questo quadro,come termine di compimento, ma allo stesso tempo come capovolgimento dei rapporti,

    perch tutti i logoiparziali si erano eretti a logoiassoluti, contrapponendosi peccamino-samente al vero logos (Agostino nella Civitas Dei). In questo schema di compimentocosmologico un posto deccezione assume il rapporto fra lantica e la nuova Alleanza2,

    poich in esso si manifestano con evidenza la struttura profetica dellantica e il suo a-

    dempimento nella nuova. Il cristianesimo, dunque, doveva essere reso credibile presen-tandolo sia come principio riunificatore di tutti i frammenti, sia come il termine di dipa-namento di tutti i confusi sviluppi di pensiero e di raddrizzamento di tutte le storture. Lacosa era meno facile quando si descriveva un mondo statico (come in Dionigi, dove aCristo non era riservato quasi nessun posto nella creazione del mondo); pii facile quan-do si descriveva una storia del cosmo, un dramma dualistico (manicheismo) con unafelice conclusione (Valentino), una caduta nella regione del variato e del differenziatodel regno di Dio o Gerusalemme celeste, che peregrina attraverso i tempi, guidata dalloSposo che la riconduce al Padre (Origene, Agostino nelle Confessioni,libri 11-13), unanatura che da s proviene e a s ritorna (Eriugena, Tommaso, Ficino, Bhme, Schel-ling), una materia che, fecondata dallogos,diventasophia(Solowjew) e si evolve verso

    il giorno omega delle nozze (Teilhard de Chardin).Un simile metodo era reso possibile non solo dal concetto di unidentit fra religione

    e filosofia, ereditato dalle civilt antiche ed accettato come ovvio e evidente, ma pi an-cora da una concezione unitaria dellordine naturale e soprannaturale: Dio manifestosin dal principio del mondo, sin da Adamo, il paganesimo rifiuto di riconoscere quelche si pu riconoscere chiaramente (Rom. 1, 18 s.), rifiuto di obbedienza alla mani-festa potenza e divinit eterna, rifiuto inescusabile e punito con unidolatria umiliante.Perci, i concetti di unit del mondo antico, come il logos universale degli stoici, la pi-ramide dellessere del neoplatonismo dalla materia sino allessere ipersensibile, la mae-

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    Senza una netta delimitazione, perch la Bibbia non era letta solo come libro dellAlleanza di Israele,ma anche come compendio della storia universale.

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    st astratta delta potenza universale di Roma sono tutti modelli schematici delDio-logospersonale che giunge attraverso alla storia dIsraele e che riempie di s cosmo ed ecu-mene, quel logos nel quale, in quanto vero luogo delle idee, il mondo stato creato ein viri del quale soltanto esso pu essere compreso. Il cammino vittorioso del cristiane-

    simo verso Roma e da Roma verso il mondo intero, sino ai suoi confini: che altro occor-reva per dimostrare che il compimento ideale era anche il compimento reale? Tutto cich stato detto di vero, appartiene a noi cristiani3. Perch non avrebbe dovutolaccademia carolingia sotto Alcuino, seguendo lo stesso indirizzo, riconoscere alla filo-sofia antica una speciale ispirazione in virt del logose vedere in Socrate un discepolodi Cristo? Perch non farsi consolare cristianamente dalla filosofia come Boezio, checontemplando il suo splendore e la sua gloria nelluniverso giunge a percepire lunicologos? La concezione cosmologica dellantichit, permeata dallidea del divino, fosseessa quella di Platone o di Aristotele o degli stoici o quella neoplatonica di Plotino e diProclo, includeva sempre, comunque, un concetto di Dio; la sua era la raffigurazione diun mondo concepito come un qualcosa di sacro, raffigurazione e concezione cui manca-

    va soltanto dal punto di vista formale un centro. Quando questo centrosintrodusse, le forze cosmiche dellamore trovarono in modo sommo il loro adempi-mento e compimento nellagape divina, cui secondo lAreopagita spetta il titolo di veroeros e che causa e centro di tutte le forze damore che agiscono nelluniverso. La so-

    phiabiblica diventando, nellincarnarsi, erede universale e assoluta di tutto ci, acquetaogni brama di sapere delle genti (philo-sophia)e ne eredita quindi anche lintelligibileunit e razionalit: passando dalluniverso filosofico alluniverso teologico cristiano,lintelletto illuminato e ravvivato dalla grazia e dalla luce della fede acquisisce la piampia e pii alta concezione dellunit, per cui la questione di un principio distinto di u-nit, proprio della Rivelazione, si manifesta praticamente superfluo.

    Soltanto una simile concezione permette di comprendere e di giustificare unoperadella fine del medioevo, il De pacefidei delCusano (1453), che attraverso i secoli siriallaccia a Boezio, a Dionigi, ad Alcuino. Cristo come logos universale convoca unconcilio celeste, perch lo scandalo della molteplicit delle religioni sulla terra divenu-to intollerabile. I rappresentanti di tutte le religioni vi si presentano e in un dialogo conil logos e il suo vicario Pietro vengono convinti dellunit intrinseca che li accomunatutti quanti. In tutte le sapienze religiose dice Cristo voi non trovate ogni volta unafede diversa, ma riscontrate invece che premessa di tutte ununica e identica fede. Per-ch... non pu esserci che ununica Sapienza, la quale la complicazione originaria ditutte le sapienze parziali. Ogni politeismo contiene come premessa lunit della divinit,ogni sincera credenza sulla creazione pu servire a spiegare la dottrina della Trinit, ad

    ogni religione sinceramente profetica lIncarnazione deve apparire necessariamente co-me il debito compimento. Un simile consenso per possibile soltanto se si riconoscecome fondo comune lalterit di Dio e la sua inconoscibilit e trascendenza: Dio comecreatore trino e uno; come infinito non n trino n uno n alcunch che possa essereespresso. Perch i nomi che vengono riservati a Dio sono pensati da creature umane,mentre egli in se stesso inesprimibile e superiore a tutto quello che si pu dire e asseri-re. Cusano conclude che la pluralit delle religioni dovuta soprattutto allingenuitdelle genti ignoranti, che le differenze consistono pi nelle forme dei riti che non nellasostanza che quei riti intendono interpretare, e che tutti i sapienti di tutte le religioni do-vrebbero agevolmente ritrovarsi uniti e concordi in quel punto spirituale, ch il centro

    3GIUSTINO,Apol.sec., 13.

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    in cui vengono cattolicamente a comporsi tutti i saperi frammentari4.Il rinascimento avrebbe rappresentato un ulteriore trionfo dello stesso metodo: pro-

    prio collocando linsegnamento della scolastica e il principio della tradizione monastica,ormai non pi accettabili, sullaureo sfondo della tradizione della sapienza antica e

    dellumanit, esso era cosciente di restituire al cristianesimo il suo punto di riferimentoe di rendergli cos la sua intrinseca cattolicit e restituirlo alla sua autenticit. Dante a-veva dato inizio in modo grandioso a questo compito; Petrarca aveva ritrovato al di ldella scolastica lAgostino esistenziale delle confessioni, che cerca la perfetta religio-ne nel quadro del platonismo. Lo scritto giovanile di AgostinoDe vera religionepu es-sere considerato il modello di tutta la teologia del rinascimento. Scrive Petrarca a Gio-vanni Colonna: Per noi che siamo cristiani, la filosofia pu solo essere amore della sa-

    pienza: ma la sapienza di Dio Cristo e perci noi dobbiamo amarlo se vogliamo esseredei veri filosofi5. Anche il monachesimo riceve da lui e dagli altri umanisti una lucenuova che gli rid un senso nuovo e lo rende nuovamente accettabile, perch essi lo ve-dono e lo vivono come forma di vita contemplativa comune a tutta lumanit: da Lullo

    arriviamo alleditore delle sue Contemplationes, Lefvre dEtaples; ad aureo sfondodelladorazione della Parola di Dio vengono poste le diverse forme di venerazione chelumanit esercita nei confronti di logos religiosi (filo-logia, Erasmo); si approfondiscelo studio e la ricerca delle assonanze e delle concordanze fra sapienza biblica e sapienzaantica: nella Concordantia Mosis et Platonis del Ficino, Platone assurge a spiegazionerazionale del Nuovo Testamento, ma dal suo canto viene fatto dipendere dallAntico Te-stamento. Quello che gi era avvenuto nella rinascenza del XII secolo, quando evangeli-smo ed umanismo si determinavano e si condizionavano vicendevolmente6, si ripet neisecoli XV e XVI7.

    Ma il ritorno al logospuro, che per gli umanisti rappresentava anche, nel contempo,un richiamo e un ritorno alla pura Parola evangelica, determina anche il sorgere dellariforma la quale, per la prima volta, rinunciando al sostegno della filosofia, portaallincontro diretto, immediato, senza alcun altro appoggio, senza la ricerca di altri ele-menti probatori, fra la Parola di Dio e la fede cristiana. Incontro cos immediato e diret-to che il problema della credibilit della Parola viene accantonato perch losinterpreta come uno scrupolo che mira a dare alla pura e immediata ubbidienza, pro-

    pria della pura fede nella pura Parola, un fondamento razionalistico, umano, con il risul-tato di svigorirla. La disgrazia della riforma stata che la risposta al problema, che ve-niva posto sotto una nuova forma e una nuova luce, non solo fu resa difficoltosa da unconcetto della fede che, in polemica con gli avversari, veniva interpretato in termini ri-stretti, ridotti, ma fu praticamente resa impossibile dalla posizione in cui la Chiesa ven-

    ne a trovarsi a seguito dello scisma. Per lera moderna che andava ad iniziare, nulla po-teva conferire meno credibilit alla fede cristiana della scissione nella Chiesa: propriomentre si rinunciava ad appoggiarsi alla concezione cosmologica filosofica, la credibili-t della Parola evangelica avrebbe dovuto essere assicurata nel mondo, istintivamente,spontaneamente, in semplicit di spirito, dalla pratica dellobbedienza al comandamento

    4Opera omnia, Meiner, 1959, vol. VII, 7, 11, 16, 20, 62.5Ep.famil., IV, 4. Per lepoca precedente, cfr.: JEAN LECLERCQ,Lamour des lettres et le dsir de Dieu,d. du Cerf, 1957 Dello stesso autore:Etudes sur le vocabulaire monastique au Moyen-Age,Studia An-selmiana 48, Roma 1961.6M. D. CHENU,La thologie au XII sicle,Vrin 1957.7

    Cfr. i lavori di Renaudet: Courants religieux et humanisme etc.,(Colloque de Strasbourg, 1957), P.U.F.,1959.

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    principale di Cristo, di preservare la sua pace nellunit8. Invece, adesso, la polemicaconfessionale con cui ci si mette a disputare su questioni interne del cristianesimo riget-ta in secondo piano il problema teologico della credibilit del cristianesimo nel suo in-sieme e finisce addirittura per costringere i contemporanei che assistono alla contesa a

    imboccare con sempre maggior decisione e sempre maggior coerenza le strade che por-teranno alla riforma. Nella storia spirituale dellera moderna nessun altro avvenimentosi presenta forse altrettanto sconvolgente quanto il modo impercettibile, inavvertito incui si compie questo trapasso dalla concezione cosmologica antica a quella nuova: quel-lo che ancora ieri era o sembrava teologia, non si sa come, ora divenuto filosofia e ra-zionalismo.

    La concezione cosmologica filosofica del rinascimento consisteva nella revivifica-zione di quella antica, quindi era mitico-religiosa. Gi ai tempi di Dante gli spiriti stella-ri o potenze cosmiche erano chiamati angeli o intelligenze o dei: ma anche gli dei delTimeo erano creati dal demiurgo e fatti immanenti al mondo. E un cosmo animato, spiri-tualizzato fa da sfondo, in tutte le concezioni rinascimentali, alla dottrina cristiana

    dellIncarnazione e pertanto (come nel De consolatione philosophiae di Boezio) lideadella religione intesa in senso generale pu anche essere rappresentata come a sstante, separata dal concetto cristiano, perch per il lettore iniziato, sapiente, restersempre presente il riferimento alla sintesi superiore del cristianesimo.

    LUtopiadi Tommaso Moro (1516) si colloca, in questo quadro, spiritualmente vici-no al concilio celeste del Cusano e quindi ancor lontana da quelle concezioni che pitardi saran spacciate per religione naturale tollerante nei confronti di tutte le differen-ze confessionali. La religione degli utopi una specie di riduzione del cristianesimo allesue verit essenziali e salienti tralasciando tutte le deformazioni infiltratesi nella storiadella Chiesa e una forma di benevolo relativismo nei confronti di tutte le eventualipositivit. Per questo, quando viene loro parlato del messaggio cristiano, questo fa a-gli utopi unimpressione cos incomprensibilmente forte, perch sembrava corri-spondere in massimo grado alla fede che presso di loro raccoglie il maggior numero difedeli. La tolleranza in tutte le faccende religiose e specialmente per quanto concernela loro predicazione e diffusione conforme allatteggiamento del Cristo; la comunionedei beni corrisponde alla vita in comune dei primi apostoli, che Cristo tanto approva-va; latteggiamento nei confronti di Dio, improntato a genuino rispetto e ad amoregioioso e alimentato da una fervida vita di preghiera individuale e collettiva, perfetta-mente aderente alla concezione cristiana; la viva fede nellaldil, la concezione dellamorte, lammissione dei miracoli, il disinteressato servizio svolto per il bene del pros-simo, servizio compiuto rinunciando completamente a qualsivoglia gratitudine e da

    ali tanto maggior onore ne verr loro, quanto pi hanno saputo donare di s come deglischiavi (del prossimo), la diffusione del celibato e di una specie di monacato, il pro-fondo rispetto dimostrato nei riguardi dei sacerdoti, la pratica della confessione e del

    8Lessing, in una parabola satirica, immagina che una notte i vari abitanti di un palazzo balzino su al gri-do: Al fuoco! e cerchino di salvare quello che ognuno di loro crede di possedere di pi prezioso: deglischizzi, dei disegni differenti luno dallaltro, che si presumono risalire a quello che un tempo era stato ilcostruttore del palazzo. Ognuno di loro pens: Basta che salviamo questo: il palazzo che brucia l talee quale quello ch qui sullo schizzo. E cos ciascuno corse sulla strada con il suo disegno, anzich af-frettarsi a salvare il palazzo. E gli abitanti si mostrano reciprocamente, ciascuno sulla sua carta, dovche sta bruciando, ma nessun sinteressa per quei focolai dincendio che non risultano sul proprio schizzo:L lo spenga chi vuole, io no di sicuro! (Theol.Schriften,vol.III, p. 95 s.). Con la stessa amarezza So-

    lowjew racconta una parabola analoga riferendola a tutto quanto il cristianesimo e allo scisma orientale eoccidentale assieme (Russland und die universale Kirche,Werke, Wewel, 1954, vol. II, p. 184 s.).

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    perdono reciproco, la norma che nessuno assista al sacrificio liturgico prima di essersiriconciliato con il prossimo e di essersi liberato di ogni sentimento passionale, la gene-rale coscienza di vivere della grazia divina: questi ed altri aspetti dimostrano a suffi-cienza che la religione di Utopia un simbolo del cristianesimo, esattamente come nel

    medioevo il Gral era stato il simbolo della vita cristiana fondata sui sacramenti e da essiplasmata. Soltanto nel quadro di questo simbolismo gli utopi possono giungere a do-mandarsi se non sia Dio stesso a volere la diversit dei culti e delle fedi, affinch lunaforma serva di stimolo e sprone allaltra; e quando, alla fine del libro, essi testimonia-no a Dio di essere pronti ad accettare una migliore religione, che a Dio sia pi gradi-ta, qualora essa esista, lo fanno per con la limitazione: salvo che a Dio torni graditala pluralit delle religioni.

    Nel linguaggio simbolico umanista si tratta ancor sempre del logos universale cri-stiano, seppur espresso e presentato in una forma non esplicita e sottoposto ad un pro-cesso di astrazione che io riduce alla sua essenzialit. Questo sar lintendimento degliuomini della terza forza9e lo sar in forma sempre pi cosciente, man mano che, nel

    disgusto che provocano in loro le contese che lacerano la Chiesa, essi moltiplicano i lo-ro inviti a tornare allessenziale. Ma la concezione cosmologica platonica del rinasci-mento era stata tutta tesa al passato, tutta volta allindietro e diventava ormai anacroni-stica di fronte allavanzare della scienza naturale. Il suo processo di sdivinizzazione a-veva portato al medesimo tempo a una rivalutazione delluomo: al posto del logosasso-luto del cristianesimo antico si effettua ora, impercettibilmente, per gradi, il passaggioalla religione, alletica, alla filosofia naturali nelle forme in cui queste sono conformialla natura comune di tutti i popoli e di tutti i tempi: questa religione naturale possiedeuna parte del concetto della Rivelazione (in base alla lettera ai Romani,capo I, versi 18e seguenti), laltra parte la possiedono le religioni positive, quella cristiana e le altre,le quali ormai vengono sempre pi spesso chiamate a rispondere e a scolparsi davanti altribunale della religione naturale.

    In Herbert di Cherbury la frattura da lungo tempo ormai preparata si attua in formacosciente: conoscenza di Dio e culto di Dio vengono considerati separatamente da ogni

    premessa cristiana e posti sul terreno di una scienza religiosa autonoma, alla cui leggeformale ed ai cui articoli ogni religione rivelata, vera o presunta tale, deve sottomettersi.il concetto naturalistico di Dio ancora, come in Moro e nella maggioranza dei deistiinglesi dellepoca successiva, completamente imbevuto di principi e concetti derivatidalla tradizione cristiana, princpi e concetti che si presume possano essere scoperti ecui si pensa possa dare risposta la pura ragione. Il fatto che lantica teocosmologia del

    paganesimo e del cristianesimo rimanga in tutti i casi come premessa concomitante (e

    corresponsabile) rende in tal modo difficile una risposta al problema di stabilire un prin-cipio di relazione, un criterio che renda accettabile il cristianesimo. Col pretesto dellasintesi fra filosofia e teologia, libridismo domina tutti i grandi tentativi dellepoca suc-cessiva, mentre gli spiriti minori esercitano quel radicalismo della pura religione ra-zionale che trasferisce definitivamente il criterio di cui sopra dal campo cosmologico aquello antropologico.

    Qual la posizione di Leibniz? La sua concezione della Rivelazione cristianasinserisce senza stridori nella sua concezione cosmologica filosofica. Se la volont delCreatore determinata dalla sua assoluta saggezza e bont, allora egli realizza il miglio-re dei mondi possibili, e questo implica non solo un universo costituito di monadi spiri-

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    FRIEDRICH HEER, Die dritte Kratf. Der europische Humanismus zwischen den Fronten des konfessio-nellen Zeitalters, Fischer, 1959.

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    tuali e razionali che, quanto pi si sale nella scala degli esseri tanto meglio riflettono lasua saggezza e bont, ma anche una progressiva trasformazione di verit rivelate cui sicrede in forma puramente esteriore (in quanto vritsde fait)in verit comprese, chea priori non possono essere in contraddizione con leterne verit di ragione (e in con-

    formit ad esse devono essere spiegate) ma che devono finire per esprimere in modocompiuto e perfetto queste verit di ragione. La grazia completa la natura, Dio ha in-sieme voluti e posti inseparabili questi due regni; determinazione individuale e scelta

    predestinante de facto combaciano. E poich ogni monade spirituale nella sua indivi-dualit irriducibile riflette il mondo intero, in essa, in gradi diversi di coscienza e dichiarezza, si pu leggere il piano generale delluniverso prestabilito da Dio. Leibniz,cristiano sinceramente credente, apre tutte le strade allidealismo tedesco. Il principiocosmologico non serve pi a controllare il cristianesimo, perch lo ha assorbito comple-tamente e lo ha fuso in s.

    ovvio che si pu proseguire su questa strada e negare, in nome della religione natu-rale, ogni religione soprannaturale e positiva, ma dal punto di vista filosofico appa-

    re piprofondo superare, nel concetto della Rivelazione, lantitesi fra mondo della natu-ra e mondo soprannaturale e quindi anche lantitesi fra religione razionale e religione

    positiva. Il pietismo per primo ne indic la via: lesperienza spirituale interna, immedia-ta, del divino umana e tuttavia le spetta di diritto il nome di rivelazione; in base a taleesperienza diventa chiaro ed evidente ogni fatto positivo, sia nel campo dogmatico siain quello del culto. Ci significa che il dato positivo (in quanto verit di fatto)occupa

    bens un posto relativo, determinato in un rapporto storico e temporale, ma che pu es-sere inteso e giustificato come espressione di una necessit storica universale. Herdernelle sue Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit dipinge con vigore davisionario un affresco della pienezza del logos cosmico divino che si dispiega, si esplicanelle varie culture e religioni, tra le quali al cristianesimo riservato un posto donore.Lessing, nel suoNathan der Weise accantona la questione dellanello vero per dare, inogni forma di religione, la preminenza al principio etico della prassi che opera i mira-coli; e nella suaErziehung des Merzschengeschlechts 4,collega le forme al filo con-duttore dello sviluppo; la rivelazione diventa allora lestrinsecazione delle dimensionireligiose interne dellumanit; essa non d alluomo nulla chegli non potrebbe ancheavere da s,... ma glielo comunica pi rapidamente e piagevolmente. Entrambi questimotivi: la simbolizzazione universale dello spirito divino nelle religioni e nelle culture eio sviluppo completamente storico delle forme mitico-simboliche raggiungono la loro

    pialta espressione nel romanticismo e nellidealismo. Ancor pidi Hegel, lultima fi-losofia di Schelling li raccoglie unultima volta sotto il segno del cristianesimo: dalla

    Philosophie der Mythologie und Offenbarung siamo riportati alla Praeparatio evangeli-ca di Eusebio, alDe vera religione di Agostino, al concilio delle religioni dinanzi al lo-gos,del Cusano. In quella stessa epoca, Drey componeva la suaApologetik als wissen-schaftliche Nachweisung der Gttlichkeit des Christentums in seiner Erseheinung

    (1838-1847), in cui la manifestazione positiva del cristianesimo ancora una volta sipone come la definitiva e compiuta conclusione di una generale e progressiva manife-stazione della rivelazione, perch se nella natura dello spirito umano ricevere una ri-velazione che provenga dallAssoluto (e perci tutta la storia si fonda su una rivelazioneoriginale), per proprio della natura delluomo, in quanto essere organico, accoglierlain forme mitico-simboliche e come tradizione storica. Profezie e miracoli servono adimostrare il compimento della rivelazione attraverso Cristo. Quando, dopo il crollo

    della teologia romantica cattolica e col sorgere della neoscolastica vengono rigidamente

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    fissati i confini fra mondo della natura e mondo della grazia (Scheeben), allora di tuttalantica verificazione del cristianesimo non resta pii nulla: la cornice cosmica e storica,

    per il suo carattere perlomeno prevalentemente naturale, non pu pi giustificare ilcarattere soprannaturale del cristianesimo; un dinamismo storico, cos come

    lintendevano Hegel e Schelling, non pu pi far da mediatore fra il mondo della naturae quello della grazia. Restano soltanto pi i segni esteriori delle profezie e dei miracoli,mentre la comprensione (intellectus) interiore del nesso e delle relazioni fra i misteri una questione di fede cristiana.

    2. LA RIDUZIONE ANTROPOLOGICA

    Frattanto, accanto alla riduzione cosmologica, gi da lungo tempo se nera avviataunaltra, che trasferiva il campo di verificazione del cristianesimo dal cosmo sempre pisdivinizzato (e perci non pi su un piano di concorrenza con il cristianesimo)alluomo, inteso come quintessenza delluniverso. Luomo come confine (methorion)fra il mondo e Dio: la concezione che era stata propria dellantichit e della patristicarivive nel rinascimento nelle tante esaltazioni della dignit delluomo. Egli linterlocutore di Dio e il dialogo termina con lincarnazione di Dio che si fa uomo eglistesso. Luomo non soltanto un microcosmo, ma nella scienza naturale che sorge linterprete della natura, che allo stesso tempo egli supera e trascende nel suo intelletto.

    In questa forma lo rappresenter Kant, concludendo lilluminismo. Ma per molto tempoprima di lui, il cristianesimo verr misurato sul metro della natura umana. E quello cheha fatto Pascal nella forma pi grandiosa, superando di gran lunga tutti gli altri tentativi:

    per lui, luomo la mostruosa chimera non spiegabile razionalmente che ha bisognodello specchio delluomo-Dio perch trovino un ordine le sue inesplicabili sproporzioni,il dialettico intreccio e groviglio di grandezza e miseria: in questa visione sta liniziodellapologetica esistenziale o metodo dellimmanenza.

    La polemica confessionale e la smiticizzazione della concezione cosmologica deter-minano assieme la decisa svolta verso una religione umana e prevalentemente etica: esulla base di questultima, il cristianesimo pu essere spiegato tanto pii facilmente quan-to sia esso sia la religione puramente naturale perseguono e avanzano diritti universali

    delluomo e devono pertanto avere interiormente anche unimpronta e una forma uni-versali. Da Spinoza (Tractatus theologico-politicus del 1670) attraverso Mendelssohnfino a Bergson (Deux sources de la morale et de la rligion,del 1932) lebraismo libe-rale ha sostenuto questa religione universale che annulla e supera tutte le strettoie e lelimitatezze nazionali. DallaRagionevolezza del cristianesimo di John Locke (1695), incui egli inaugura la prova antropologica di Dio (lo spirito non pu avere alla sua ori-gine che lo spirito), la strada conduce al Cristianesimo non misterioso diJohn Toland(1696) e al Cristianesimo vecchio come la creazione di Matthew Tindal (1730): per il

    primo, luomo deve fare del suo intelletto la misura e per cos dire il limite della Rivela-zione; per il secondo, egli deve rintracciare la pura, genuina rivelazione di Ges sottoquel travestimento da mistero pagano che il cristianesimo primitivo le ha conferito (tra-

    vestimento sacramentale e dogmatico-speculativo); per il terzo, luomo deve ridurre la

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    Civitas Dei ab Abel a una religione naturale per onorare Dio e per il bene delluomo,una religione naturale cui nessuna autorit sacerdotale pu permettersi di apportare la

    bench minima variazione. In tutte queste forme affini, Cristo diventa il maestro dellaverit pura e il modello della vita pura; mentre invece il paolinismo del Cristo che si sa-

    crifica per tutta quanta lumanit e della giustificazione che su di esso si fonda appareirrealizzabile e contrario alla ragione (come chiaramente si pu vedere in ThomasChubb, The true gospel of Jesus Christ, del 1738). Soltanto Schleiermacher tenterlimpossibile, cio di reintrodurre Paolo-Lutero in una teologia antropocentrica.

    In Kant la riduzione si conclude e si compie, in quanto per gli uomini tutto quelloche, in senso stretto, scibile, si limita alla sintesi fra esperienza sensibile e intelletto;tutte le idee che al di fuori di questo esistono nella ragion pura si dimostrano comele condizioni pratiche che rendono possibile un comportamento morale. Agendo, ioso che non posso agire se non sotto la premessa del valore categorico di una norma uni-versale (cattolica), che mi trascende assolutamente in quanto soggetto empirico e in-clude in s lidea di libert, immortalit e divinit. E qui si spalancano gli abissi inaffer-

    rabili, incomprensibili della natura umana, dinanzi ai quali Kant resta stupefatto e chenon fanno che diventargli tanto pi incomprensibili quanto pi egli vi si sprofonda:C in noi qualcosa dinanzi a cui non cessiamo mai di restare in ammirazione unavolta che labbiamo concepito ed al contempo quella cosa che, nellidea, innalzalumanit ad una dignit che non si saprebbe supporre nelluomo in quanto oggettodellesperienza... Il fatto che noi purepossiamoquello che agevolmente e chiaramentecomprendiamo che dobbiamo, questa superiorit delluomo soprasensibile in noi neiconfronti delluomo sensibile, di quello cio contro cui quando scoppia il contrasto questultimo un nulla, anche se ai suoi propri occhi appare come tutto: questa disposi-zione morale inseparabile dallumanit oggetto di altissima e stupefatta ammirazione,e questammirazione non fa che crescere sempre di pi quanto pi a lungo si consideraquesto ideale vero (non immaginato); per cui si possono ben scusare coloro che, sviatidalla sua incomprensibilit, prendono questa realt soprasensibile in noi, poich essa concepita praticamente per soprannaturale, cio per qualcosa che non in nostro poteree che non ci appartiene come proprio, ma piuttosto per linflusso di uno spirito diverso e

    pii alto; ma in questo essi si sbagliano.... Qui sta per Kant la soluzione di quel pro-blema delluomo nuovo, ed anche la Bibbia pare non abbia mirato ad altro; essa consi-ste nella dottrina biblica, cos come possiamo spiegarla da noi stessi per mezzo dellaragione10, quel che Kant chiama la fede pura.

    Qui sincrociano tutte le strade dellepoca moderna. Innanzitutto, questa teoria costi-tuisce il passaggio da Lutero a Karl Barth, in quanto Lutero aveva spodestato lintelletto

    (aristotelico) per far posto alla fede: nellintervallo, questo intelletto ha assunto aspetto eforma cartesiana, diventando intelletto scientifico, principio di una costruzione metafisi-ca: questa funzione prometeica viene limitata criticamente da Kant a una funzione noncreatrice, non trascendentale delluomo, che, in quanto tale, non ha nulla a che fare conla religione e diverr perci nel primo Karl Barth una fabbrica di idoli collocandosicos in opposizione alla fede genuina. E anche se Kant, poi, assegna alletica come am-

    bito in cui essa si esplica quello spazio che tanto rispetto gli incute e che intercorre fraluomo empirico e lidea umanit, anche questa rimane pur sempre, dopo tutto, una pos-sibilit delluomo, seppur una possibilit pratico-esistenziale. Qualora la fede cristiananon venga ricondotta a una di queste due funzioni, essa rimane al di l della filosofia sia

    10Streit der Fakultten,I, Allgemeine Anmerkung.

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    teoretica sia pratica. Ma come risolvere la questione, quando la dimensione del soggettoetico indicata da Kant ci porta al concetto dellinfinito, dellassoluto della soggettivit esi verifica cos in questo spazio la tensione religiosa tra soggettivit finita e soggettivitinfinita? Alla domanda si pu rispondere con unaltra domanda: chi la soggettivit as-

    soluta? La struttura trascendentale delluomo? Ma allora giustificata laccusa di atei-smo mossa a Fichte, allora Feuerbach lunica logica continuazione di Kant, in quantoegli pone la tensione fra uomo e umanit, fra finito e infinito come coscienza del divi-no e la identifica come tale.

    Per evitare questo, il primo Schleiermacher cerca, al di l della ragion pura e dellaragion pratica, della metafisica e morale (che egli abbandona al tribunale di Kant,considerandole funzioni proprie delluomo prometeico) una terza facolt del soggettochegli definisce intuizione e sentimento in antitesi a pensiero e azione11. Ogni in-tuizione origina da un influsso dellintito sullintuente, ma questimpulso coscienza, sentimento della totalit; si tratta quindi di ununit originaria, assoluta, inesprimibiledei due momenti prima della loro scomposizione in rappresentazione e sentimen-

    to12. Perci la dottrina della fede sostituisce la prima formula con la seconda delladipendenza assoluta, come primo atto, coscienza prima del processo intuitivo; ancheci per non n sapere n azione, ma una certezza del sentimento odellautocoscienza immediata13. Non c dubbio che da un punto di vista storico qui citroviamo ancora una volta di fronte a un ritorno, a un riallacciamento, attraverso unTommaso e un Aristotele intesi kantianamente, alla illuminatio immediata agostiniana-

    platonica del soggetto finito da parte del bene infinito e totale, e quindi a una descrizio-ne del soggetto religioso come passivit pura (pathen t thea), ora per in forma piradicale per via della rinuncia luterana-kantiana-barthiana a qualsiasi metafisica e mo-rale. Ciononostante, questa coscienza prima del processo intuitivo, in quanto si ponecome unaffezione del sentimento religioso, resta una disposizione umana14. Fondan-dosi su questa disposizione si pu ragionare filosoficamente, mostrando (nella Diaie-ktik)lintrinseca finitudine e polarit di ogni pensiero sullinfinito e quindi la dipenden-za da un trascendente-infinito; mentre la realt storica del sentimento religioso cristianoattraverso la sua autoanalisi e laccertamento delle condizioni della sua possibilit

    permette di scoprire allorigine dellintuizione limpulso attivo, operante che ha nomeGes: per effetto di questimpulso, la soggettivit religiosa, inimicatasi a se stessanella coscienza del peccato, viene riconciliata e rappacificata con luniverso (Dio). Laconclusione di tutto che, nella sua dogmatica, Schleiermacher pone a presupposto del-la cristologia la coscienza religiosa della Redenzione quale condizione della sua possibi-lit: solo ruotando attorno a questa coscienza religiosa, tutti i dogmi diventano oggetto

    di scienza. Lintuizione storica cristiana potrebbe semmai, se non deve restare pura-mente empirica (e quindi priva dimportanza dal punto di vista dogmatico), esserespiegata con la categoria della storicit intrinseca dello spirito (Schelling); cos, per,nella migliore delle ipotesi, essa cade nel punto di compimento (Rivelazione) dellaserie di sviluppo di autorappresentazioni simboliche dello spirito assoluto (nel mito).Ma Schleiermacher non seguir questa via (sulla quale Drey trova la sua soluzione).

    Lo schema di Schleiermacher, di derivazione dal pietismo luterano, stato presentatoin tutte le variazioni possibili e immaginabili, ortodosse e liberali, nel corso del XIXe

    11Reden ber die Religion,ediz. R. Otto, secondo discorso, p. 32.12Op. cit., pp. 42, 46-50.13

    Der christliche Glaube,2a

    ediz., 1830, Introduzione, 3-4.

    14Reden ber die Religion,primo discorso, p. 13.

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    che lo costringe al proprio compimento e a trascendersi nella scelta assoluta17. Analo-gamente in Marchal, essendo il dinamismo dellintelletto, sulla scia di una mai com-

    piuta realizzazione (affirmation) di ogni posizione finita dellente (reprsentation),sempre proteso allesigenza di un essere divino infinito rispondente alla sua capacitas

    entis18

    .Le teorie modernistica e dinamistica hanno senzaltro alle spalle un grande passatocristiano: Dio che, nella sua Rivelazione, si accosta clemente alla sua creatura, mira acoglierla e a portarla al proprio compimento non superficialmente, esternamente, ma nelsuo intimo. La Rivelazione storica nel Figlio mira allappropriazione da parte del sog-getto, appropriazione che ne determina una trasformazione, mira alla Rivelazione delloSpirito Santo della libert e della figliolanza nello spirito umano. Gi i padri della Chie-sa avevano posto in risalto che nessuna Redenzione oggettiva pu servire, se essa non sirinnova soggettivamente come partecipazione alla morte e alla Resurrezione insieme aCristo nello Spirito Santo; il medioevo (san Bernardo, Eckhart e altri) e lepoca baroccahanno ripetuto instancabilmente questa verit:

    Se anche Cristo nascesse mille volte in Betlemmema non in te, tu saresti perduto per leternit...

    La croce innalzata sul Golgota non pu liberarti dal Maligno,se essa non viene innalzata anche dentro di te19.

    Anche Paolo ha parlato di questimpronta che Cristo deve imprimere profondamente nelcristiano e i mistici si sono spinti sino a limiti pericolosi e li hanno financo oltrepassati,concependo il cristiano santo come un secondo Cristo (Francesco). Daltronde, an-che la dimostrazione dellesistenza di Dio in base allappagamento del bisogno o desi-derium (della capacitas entis dello spirito che non trova appagamento nel finito) ha isuoi precedenti cristiani, fra cui si annovera lo stesso san Tommaso dAquino20. Per,non si mai pensato di collocare sul serio il criterio di verit della Rivelazione al didentro del soggetto religioso umano, non si mai misurato labisso della graziadallabisso del desideriurn o del peccato, il contenuto dei dogmi non mai stato giudi-cato in base al loro influsso benefico sulluomo: lo Spirito non rivela se stesso, ma ilPadre nella persona del Figlio incarnato: questi non permette mai un proprio assorbi-mento attraverso lo spirito, neppure attraverso lo Spirito Santo.

    Dal grande crocevia kantiano si diparte ancora unultima strada, strada battuta dapensatori che meritano finora di essere presi nella massima e pi attenta considerazione:

    trattasi di quei pensatori che danno una forma e un contenuto risolutamente concreti ai

    17ICarnets intimes, dit. du Cerf, 1961, del tempo della compilazione deLAction mostrano per che sot-to lapparenza filosofica (quasi apologetica) si nasconde un puro e schietto cor inquietum agostinia-no e che ogni impulso verso Dio si di gi tramutato, in questo cuore, in un umile e dimesso fiatdellindifferenza amorosa.18 Anche in Marchal, esiste al di l e al di sopra della dinamica filosofica unaltra esigenza: quelladellintuizione (seppur oscura) dellessere assoluto da parte del mistico. Tutta quanta la filosofia non infondo che unintroduzione, una grande, agitata via daccesso a questo stadio dello spirito (cfr. MlangesMarchal,1950, vol.I, p. 23 s. e i primi scritti ivi ristampati). 19ANGELUS SILESIUS, Cherub.Wandersmann, I, 61-62; cfr. V, 160; II, 81; V, 325.20Nei suoi fondamenti dellantropologia: intellettualmente, nel dinamismo deldesiderium naturale di in-

    tuire, conoscere Dio (Contra Gent.,l. III, c. 25), eticamente nel dinamismo del desiderio della Beatitudoperfecta(S.th. I, II,992-3).

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    principi astratti idealistici. Non forse lo spazio e la distanza fra luomo empirico elumanit ideale cos grande per il fatto che nessun individuo pu essere lumanit e peril fatto che lindividuo per riuscire a concepire lumanit deve perlomeno incontrarelaltro?Ludovico Feuerbach ha esposto questo principio semplicissimo. Luomo esiste

    soltanto in quanto coesiste, reale soltanto nellopposizione di io e tu. Lalteritdellaltro quel fatto basilare che va ammesso, se nella comune struttura della naturaumana (fondo unitario che Feuerbach un po troppo frettolosamente identifica anche luicon leterno in noi) si deve scorgere in genere una stretta connessione, una strettacomunanza e armonia. Partendo da questa alterit dellaltro, Feuerbach esamina persinolantica formula dellanalogia del concilio lateranense, naturalmente per rifiutarla comeuna fantasticheria cervellotica: Per quanto grande si possa concepire una somiglianzafra il creatore e la creatura, ancor pi grande va per concepita la dissomiglianza fra diloro21. Bisogna partire dalluomo reale: soltanto lui non solo nel suo insieme la chia-ve della natura, ma anche lunico oggetto della filosofia: questa non nientaltro che an-tropologia22. Vale quindi il principio: La nuova filosofia si fonda sulla verit

    dellamore dove non esiste amore, non esiste neppure verit23. Soltanto nellamoreverso gli altri, soltanto nel superamento della sfera dellio e nel passaggio in una sferadel tu luomo si trova sul cammino che conduce dalluomo allumanit. Da qui si dipar-tono Marx ma anche i personalisti e i socialisti religiosi (cristiani e non) del XX secolo:Ferdinand Ebner, Martin Buber, Leonhard Ragaz24. Luomo si realizza pienamente, anzidiventa se stesso soltanto nellincontro; in quellevento la verit si appalesa e si manife-sta spontaneamente, liberamente, gratuitamente, la profondit dellessere delluomo,che cos abissale che Feuerbach e dopo di lui Scheler lhanno equiparata al divino.Lantropologia si trasferisce qui dalla concezione astratta dialettica a quella concretadialogica: non si tratta pi di principi che trapassano e si risolvono luno nella sferadellaltro, ma lindividuo che incontra laltro proprio nella sua alterit (paradigmati-camente nei sessi) e il duro urto fra le due entit estranee, quellirrigidirsi uno dinanziallaltro, fronteggiandosi anzich imporsi decisamente con la forza fisica o intellettua-le costringe entrambi ad una verit che supera la loro finitudine. Mentre in tutti gli al-tri casi, al termine della riduzione antropologica sta luomo che comprende se stesso eche nellautocomprensione si fa padrone anche del mondo e di Dio e questo tanto pi,quanto pi la relazione cosmologica appare privata dei suoi contenuti religiosi si apre

    21Das Wesen des Christentums,Introduzione, c. 2 (ed. Werke, 1903-1911, vol. VI, p. 32).22Grundstze der Philosophie der Zukunft,1843, 54; Werke, vol.II, p. 317.23Ibid.,34-35, p. 299.24

    Una forma moderata di questo forte movimento rappresentata da un certo personalismo medio catto-lico che, promosso dallo Scheler, si svilupp dopo la prima guerra mondiale con il movimento giovanile ei cui ultimi sporadici epigoni ancora sopravvivono: suo fine era la formazione della personalit cristia-na in libera autoresponsabilit, quale si realizza nel libero incontro di uomini, di valori culturali e dicomunit religiose inclusa la Chiesa. In un tale cristianesimo, la croce o appartiene alls ascesi organicao il tragico epilogo di una associazione tra Dio e luomo nellantica e nuova (reciproca) Alleanza, as-sociazione cominciata sotto migliori auspici. Nel movimento liturgico si riflette paradossalmente qualchecosa di queste concezioni, perch quella maggior partecipazione dei fedeli alla liturgia, che giustamente sivorrebbe realizzare, sotto sotto si tramuta in unautoesperienza e in un autogodimento della coscienza re-ligiosa comunitaria. Persino nellarchitettura troviamo i riflessi di quelle concezioni. Esiste infine unaforma popolare della teologia organologica del Corpus mysticum, derivata dalla teologia cosmologicaromantica, che pone il cristiano santificato attraverso i Sacramenti e la virt sul piano di Cristo, abolendoogni distanza fra di loro, sia che questo avvenga in forma aristocratica (ossia pneumatica) o democrati-

    ca (ossia cosmica), secondo che si consideri la Chiesa come Gerusalemme escatologica o si pensi aunincorporazione assoluta di Dio nel cosmo universale (Teilhard de Chardin).

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    qui una specie di spiraglio verso nuovi orientamenti, nuove soluzioni: se Dio, lalteritassoluta, volesse mai incontrare luomo, il luogo della sua apparizione dovrebbe essereluomo che sempre laltro, quel prossimo che al contempo sempre anche il piremoto; perch vero che io posso apprendere e sapere molte cose su di lui e anche

    da lui e attraverso lui, ma non posso mai cogliere lui direttamente nella sua essen-zialit. Se Dio si manifestasse soltanto come spirito, spirito che tanto pi intrinsecoallo spirito proprio delluomo, egli non sarebbe apparso nella sua essenziale alterit; egli

    pu presentarsi come spirito soltanto per convalidare, spiegare, proclamare questa suaalterit, la sua Parola, che viene di l, dal di fuori, che viene dallaltro.

    soltanto uno spiraglio, un accenno, non una deduzione ricavata da presuppostisulla possibilit di una rivelazione. Ed subito superato dalla considerazione che dueuomini, pur cos diversi, sincontrano pur sempre allinterno della stessa natura: per-ch questa non pu essere dissociata dallessere della persona (Scheler). Quindi, nonesiste una personologia, ma per cos dire una psicologia e una scienza dello spirito, ealla rivelazione reciproca nellamore si accompagna, delimitata da. esso nella sua am-

    piezza, una possibile comprensione naturale. Proprio per questo, per, anchequestultimo aspetto del pensiero antropologico non pu diventare il punto di riduzione

    per una comprensione della Rivelazione. E neppure pu la Rivelazione cristiana trovareun suo posto fra le categorie del principio dialogico25. Fra gli uomini esiste il mezzo diun linguaggio comune, quantunque ogni individuo vi arrechi limpronta del suo contri-

    buto personale e creativo. Ma fra luomo e Dio se si deve trattare di una vera e propriaapertura, di un diretto manifestarsi luno allaltro e non di una semplice, vaga ed oscuracognizione reciproca non pu esistere che un solo linguaggio, quello della Parola diDio, se pur piace a Dio rendersi intelligibile alluomo nella sua Parola, cio, parlando-gli, spiegargli, chiarirgli la sua Parola26.

    Ai margini della riduzione antropologica dellepoca moderna si collocano due figuredi pensatori i cui sforzi mirano tutti nellambito del principio di soggettivit a spie-gare, risalendo e rifacendosi a Dio, come sia possibile captare una Parola che non su-scettibile di riduzioni soggettive. Tale Hamann, loppositore del razionalismo illumini-stico, il cui intendimento fondamentale (per quanto appaia bizzarramente sforzato edesagerato) consiste nei cercar di cogliere laspetto di dimessa e servile umiltdellamore divino, che eternamente, incomprensibilmente si abbassa, si umilia. E tale sopratutto Sren Kierkegaard, che partendo dal principio dialogico (egli parla sotto gli

    pseudonimi che dialogano confutandosi, parla attraverso i suoi monologhi con ReginaOlsen, alla quale egli si apre e si spiega, e alla fine parla soltanto pi con Dio), gestico-la con tutta la sua soggettivit; ci significa chegli ne fa un puro segno, che egli al di

    fuori di s, al di sopra di s ha visto il segno assoluto di Dio nel paradosso assoluto diCristo. Bene egli dice: La soggettivit la verit, cio il processo di appropriazione

    25 Per questo pericolo, cfr. EMIL BRUNNER, Wahrheit als Begegnung, 1938. Cfr. anche le opere diDIETRICH VON HILDEBRAND, GABRIELMARCEL,AUGUST BRUNNERe le opere di MARTIN BUBERche sifondano sul principio dialogico (ora in: Werke I,1962).In unapplicazione puramente filosofica, cfr.KARL JASPERS, Philosophie, vol. II, 1932. Bibliografia Art. Ich-Du-Verhetnis RGG 3, III, 1959(Theunissen).26Resta cos ampiamente spiegato perch Karl Barth, mentre ripone tutto nella Parola di Dio e nella suaautointerpretazione delluomo, rifiuta la analogia entis. Ma per i suoi scopi era sufficiente (come suf-ficiente per la trattazione presente) rifiutare la riduzione della Rivelazione a unintuizione a priori da partedellintelletto dellesistenza di Dio (della divinit). Chi non ha mai incontrato un estraneo, non gli ha

    mai parlato, non gli mai stato presentato, pu bens - se sa qualcosa di lui - dire che lo conosce, macon altrettanta ragione pu anche dire di non conoscerlo.

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    della verit in contrapposizione ad unoggettivit ortodossa o filosofica-hegeliana. Ma ilvalore di questo principio si rovesciato nei confronti di Schleiermacher: in questi lacristologia era presentata come funzione della autocoscienza religiosa, mentre ora lacoscienza religiosa diventata funzione di quel paradosso assoluto da cui essa coscien-

    za vien afferrata nella fede e che essa non pu in alcun modo sviluppare autonomamenteda s. esattamente la differenza fra genio e apostolo27.Se riuscisse ad un uomo di fare di se stesso, fin nel pi profondo della propria sog-

    gettivit, un apostolo, una funzione di Colui che invia, ci sarebbe allora una probabilitdi aver reso credibile nel senso cristiano in questa soggettivit il paradosso che Dio siaunuomo, questo uomo disperso e confuso nel flusso della storia.

    Accanto a Kierkegaard si pongono due o tre altri pensatori: Lon Bloy, che respingeanchegli sia loggettivismo farisaico della soddisfatta e placida ortodossia, sia il sog-gettivismo farisaico della santit (Huysmans, ecc.), facendo lo stesso richiamo al para-dosso della croce; Dostojewskij in Umiliati e offesi, neLidiota e neI fratelli Karama-

    zov,Georges Rouault con i suoi continui, ripetuti tentativi di mettere in luce il lato folle

    e clownesco della figura di Ges che patisce e muore. E qui la fine della riduzione an-tropologica, anche nelle sue forme pi serie, pi dialogiche e pi esistenziali. Tuttaviaanche con latteggiamento di Kierkegaard non ancor risolto tutto. Infatti, se il segno diDio non trova la sua verificazione n nel mondo n nelluomo, dove lo trover? Se siriflette un poco sulla storia succintamente tracciata, la domanda non apparir cos bana-le come potrebbe sembrare alla coscienza media cristiana. Non esiste un altro testo chefaccia da chiave al testo divino, che lo renda leggibile e comprensibile o, diciamo, pileggibile e pi comprensibile. Esso deve e intende spiegarsi da s. Se lo fa, una cosa certa in partenza: in esso non si ritrover nulla di quanto luomo avesse saputo per contosuo a priori o a posteriori, con facilit o con difficolt, da sempre o attraversounevoluzione storica scoprire del mondo, di se stesso e di Dio.

    27Cfr.Buch ber Adler,Werke, 1962, v. 36, p. 192, Werke, 1960, vv. 21-23, pp. 117-134.

    3. LA TERZA VIA: QUELLA DELLAMORE

    N la filosofia religiosa n lesistenza possono costituire il criterio dellautenticit egenuinit della concezione cristiana. Nella filosofia luomo discopre ci che gli datoconoscere da s delle cause dellessere; nellesistenza egli attua e compiequellesperienze vitali che gli dato di compiere di per s. Il principio cristiano restaannullato, se lo si pu diluire in un presupposto trascendente della sua autocoscienza nel

    pensiero o nella vita, nel sapere o nellazione. Cos, limpostazione estrinsecistica-storica della pi recente apologetica appare a tutta prima lunica via, la quale, se nonfallisce del tutto dinanzi alla filosofia e allesistenza, gli solo perch in via secondariaed accessoria cerca in entrambe quelle una certa giustificazione: la fede integra la meta-fisica e letica su di un piano superiore, una volta che sia stata attuata come fede nelcherigma storico.

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    Non esiste dunque una via tra la Scilli dellestrinsecismo e la Cariddidellimmanentismo? Non esiste unintuizione del cristianesimo tale che, evitando sia lafede fanatica dei semplici (aplousteroi), sia larrogante presunzione gnostica dei saccen-ti (gnostikoi), percepisca in pura, schietta evidenza la luce che scaturisce dalla Rivela-

    zione, senza per questo dover essere riconducibile al metro, alle dimensioni ed alle leggidelluomo, cio di colui che la intuisce?Due accostamenti si offrono, che finiscono poi per convergere in unit: uno quello

    personalistico menzionato da ultimo, perch nessun io ha la possibilit ed il diritto diviolentare concettualmente la libert del tu che gli si fa incontro, di dedurre a priori e dicomprendere a priori il suo comportamento. Un amore che mi donato, posso inten-derlo sempre e solo come un miracolo28, non posso manipolarlo empiricamente o tra-scendentalmente, neppur conoscendo il carattere comune della natura umana: perch iltu resta sempre lalterit a me contrapposta. La seconda concezione consiste nello statoestetico, che rappresenta accanto alla sfera del pensiero ed a quella dellazione una terzasfera non riconducibile ad una delle precedenti. Nellesperienza che si fa di una superio-

    re bellezza nella natura o nellarte il fenomeno, che altrimenti si presenta pi occul-to, pi mascherato, pu essere colto nella sua differenziazione: ci che ci sta dinanzi di una grandiosit schiacciante come un miracolo e in quanto tale non pu essere maicolto, raggiunto da colui che ne fa lesperienza, ma possiede, proprio in quanto miraco-lo, la facolt di essere compreso: esso vincola e libera al contempo, giacch si mostra informa inequivocabile come libert manifesta (Schiller) di una necessit interiore in-dimostrabile. Se esiste il finale della sinfoniaJupiter cosache non posso supporre, de-durre e spiegare attraverso nulla che sia intrinseco a me essa non pu essere che coscom: in questa forma sta la sua necessit, nella quale nessuna nota pu essere spostatasalvo che dallo stesso Mozart. Una simile coincidenza dincomprensibilit da parte miacon la pi convincente plausibilit per me si d soltanto nel campo del bello puro, disin-teressato. bens vero che la plausibilit in ogni bello terreno resta-delimitata dalla co-mune natura terrena nelloggetto e nel soggetto: conformit, adeguatezza ed opportunitgiuocano un ruolo connettivo e quindi lo stato estetico come prima laccostamento

    personalistico pu tuttal pi servire come richiamo al cristianesimo. Ma questo ri-chiamo valido solo in quanto, come nellamore fra gli uomini incontriamo laltro co-me altro, che nella sua libert non pu essere da me costretto, violentato, cosnellintuizione estetica impossibile una riconduzione della forza che si manifesta alla

    propria immaginazione, alla propria fantasia. Lintendimento di ci che si rivela non, in entrambi i casi, una riduzione di questo, un suo assorbimento in categorie della co-noscenza che lo costringano e gli si impongano: n lamore nella libert della sua grazia

    n il bello nella sua assenza di ogni determinazione finalistica possono essere manipo-lati (Rilke), almeno attraverso unesigenza del soggetto. Una simile riduzione ad esi-genza significherebbe diffamare e profanare cinicamente lamore con legoismo; sol-tanto se viene riconosciuta la pura grazia dellamore, colui che ama pu manifestare lasua compiuta realizzazione attraverso un tale amore. Voler risolvere lapparenza bella

    togliendole il suo carattere magico e fascinoso in una verit di una sfera superioreod inferiore, significa annullare il bello e dimostra che esso, nella sua essenza, non stato assolutamente intuito.

    28Nellistante in cui io affermo di avere capito lamore di unaltra persona per me, cio lo spiego o con leleggi della sua natura umana o lo giustifico con motivi esistenti in me, questo amore definitivamente.

    perduto e fallito e la via per il contraccambio tagliata. Il vero amore sempre incomprensibile e solo inquanto tale dono.

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    Le due teorie convergono: gi nella vita della natura, in Eros trova la bellezza il suosito peculiare: loggetto amato che si tratti di amore profondo o superficiale apparesempre stupendo, meraviglioso, e colui che lo contempla non ha coscienza del suosplendore, della sua magnificenza, se non in un preciso e determinato rapporto damore,

    per profondo e superficiale che esso sia. Entrambi questi due poli omogenei vengonosuperati nel quadro della Rivelazione, dove il logosdivino che discende chenoticamentesi manifesta come amore, agape e, in quanto tale, come gloria, splendore.

    La designazione di Cristo come logos in Giovanni sta ad indicare che levangelistagli riserba il posto del nousuniversale greco-filonico, attraverso la quale posizione tuttele cose divengono comprensibili; il seguito del Vangelo mostra per che egli non pensadi dimostrare ci proiettando la vita di Ges sul piano della saggezza greca (olinverso), ma attraverso linterpretazione e la spiegazione che di se stessa fa la Parolafattasi carne. Ci avviene con la proclamazione che la Parola fa di s come la graziadamore (chris) e pertanto come la gloria (il bello divino, dxa),e proprio perquesto come la verit (altheia): com detto nel Vangelo di san Giovanni, cap. I,

    versetto 14. Cos diviene possibile una comprensibilit che illumina e investe il puro ca-rattere storico dei fatti innalzandoli a necessit, e diviene al contempo impossibile unaqualsiasi riduzione a unesigenza umana o a una aspettativa umana, comunque motivata.

    Se la parola fondamentale di questo logos non suonasse amore e poich trattasi dirivelazione divina amore assoluto, incondizionato e quindi liberissimo, il logos cri-stiano dovrebbe mettersi in fila con i logoi di quelle altre dottrine e sapienze religioseche rivelando (in chiave filosofica, gnostica o mistica) i tesori della sapienza assoluta,conducono a un completamento delle conoscenze frammentarie; ma uniniziazione delsoggetto finito nella sapienza dellassoluto per quanto grande sia lo stato di grazia incui essa viene esperimentata pu essere in ultima analisi intesa soltanto in forma so-cratico-maieutica (come indica Kierkegaard, richiamandosi a Hegel). Ma se la parolafondamentale amore inteso come amore divino,allora le va affiancata la parola fon-damentale estetica gloria, perch questo amore divino che si manifesta garantisce ladistanza dellalterit ed esclude assolutamente qualsiasi possibilit di scambio fra amoree un altro amore (quandanche personale) che tenda a farsi assoluto. La plausibilit diquesto amore divino non risulta da nessuna riduzione comparativa a quello che luomoha sempre conosciuto come amore, ma risulta piuttosto unicamente dalla forma in cuilamore si rivela e si esplica, forma per in s cos carica di maest, che, senza esigerloespressamente, determina, col dove viene percepito, il distacco delladorazione.

    Nei confronti di questa maest dellamore assoluto, che il fenomeno originario efondamentale della Rivelazione, ogni autorit che funge da mediatrice verso luomo

    presenta carattere derivato. Lautorit originaria non la possiedono n la Bibbia (inquanto Parola di Dio scritta) n il cherigma (in quanto proclamazione viva della Pa-rola di Dio) n il ministero ecclesiastico (in quanto rappresentazione ufficiale dellaParola di Dio); tutti e tre sono esclusivamente Parola e non ancora carne, e in tal sen-so anche lAntico Testamento come Parola rappresenta soltanto uno stadio sulla viache conduce allautorit definitiva. Questa autorit originaria la possiede soltanto il Fi-glio, che interpreta il Padre nello Spirito Santo come lamore divino. Perch unicamentequi, allorigine della Rivelazione, lautorit (o maest) pu e deve coincidere conlamore stesso; perci anche ogni richiesta autoritativa di obbedienza e di fede da partedelluomo nella Rivelazione non pu che condurre a una giusta visione e alla debita va-

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    lutazione dellamore di Dio proclamato29. Lamore divino pu manifestarsi in forma co-s travolgente, che ne irraggia solo pi, in veste di ultima parola, la schiacciante maestdella gloria e la risposta delluomo si riduce affatto ai modi della pura, cieca obbedien-za: ma entrambi, Parola e risposta, acquistano il loro senso soltanto attraverso una dona-

    zione che la persona eterna fa di s alla persona finita, nel qual atto fatto dono anchedella possibile risposta dellessere finito a quello infinito; una donazione la cui essenzae la cui anima amore.

    Al cospetto della maest dellamore assoluto, che nella Rivelazione si fa incontroalluomo, lo coglie, io invita e lo innalza a unintimit incomprensibile, lo spirito finitoha per la prima volta il presentimento di quello che significhi effettivamente che Dio lalterit assoluta, lincomprensibile, Colui che essenzialmente altro dal mondo, che in s e per s somma beatitudine e ineffabilmente superiore a tutto ci che al di fuoridi lui e che pu essere immaginato (Vatic. I, ss. 3 c. 1). Al di fuori di questa rivelazionedellamore, ogni teologia negativa resta cos vacua che corre continuamente il rischio discivolare nellateismo (o agnosticismo) o nella filosofia (o mistica) dellidentit. Qui

    per, dove laspetto della Rivelazione resta incomprensibile, salvo che sia spiegato conlamore divino, appare manifesto, tangibile, nella sgomentevole e definitivamente inaf-ferrabile incomprensibilit di questo amore divino, lalterit assoluta, e lassoluta, supe-riore grandezza di Dio in confronto alla creatura. Proprio nel movimento in cui la crea-tura si vede e si sente attratta al cuore di Dio, essa prende coscienza sin nel pi profondodi non essere Dio, le si chiarisce inesorabilmente ed inappellabilmente quel rapporto

    primo che tutto quanto informa e condiziona dellessere assoluto e relativo, divino efinito. Ma questo sgomento che scuote le fondamenta dellessere finito, lo coglie soltan-to quando questo essere ha compreso in che modo vada letta la Rivelazione: non for-malmente soltanto come Parola, ma contenutisticamente come amore assoluto. Sol-tanto cos si pu parlare in senso neotestamentario30; lamore qui non ha un posto acces-sorio accanto ad altri attributivi divini e lamore delluomo che ad esso risponde non una virtfra e accanto ad altre (dallintrospezione teologica nella caritas forma virtu-tum consegue immediatamente la caritas forma revelationis). E pertanto questamorenon pu neanche essere visto con timore in una unit di tensione: il timore, nella

    29 significativo che in greco non esista alcun termine corrispondente al latino auctoritas (il qualedaltronde in prima linea significa ben anche autenticazione, garanzia che serve di sprone, influenzafavorevole e soccorrevole, raccomandazione autorevole, consiglio. esortazione, ecc. e soltanto in secondalinea indica opinione espressa col suggello dellautenticit, comando ed autorit). Infatti aidsindica ti-more reverenziale, axosisesprime apprezzamento, riconoscimento essenzialmente soggettivi (e solo suquesta base esprimo un rango oggettivo), timindica similmente stima, valutazione soggettive, poi, per

    derivazione, onoranza, e infine dignit.Lautorit ecclesiastica intesa come smantellamento delle fortezze innalzate contro Dio , secondo Pao-lo, asservimento di ogni intelletto allobbedienza di Cristo (2 Cor. 10, 5), nel doppio sensodellobbedienza a Cristo che obbedisce.30A differenza dellAntico Testamento, dove la Parola di Dio pur se perviene alluomo resta essenzial-mente una promessa e permane quindi formalmente in una sospensione (distaccata) tra elezione e rifiuto etiene perci in una sospensione (astratta) anche la fede che ad essa risponde, sospensione in cui la fede sidifferenzia profondamente dallamore. Si tenga per sempre ben presente quanto si dimostri dinamicaquesta forma nel superare se stessa per assumere la nuova veste della concezione neotestamentaria. Quiinoltre gi visibile quello che diventer dopo ancor pi evidente, cio che nella concezione neotesta-mentaria non ammissibile un principio formale della Scrittura, una autorit formale della Scrittura (nelsenso datole dai riformatori); nel far ci si compie unastrazione da Antico e Nuovo Testamento aScrittura in genere che nel campo della Bibbia non va e che praticamente inchioda la parola della

    Scrittura alla bilateralit dellAntico Testamento (castigo-grazia); principio della Scrittura e doppia prede-stinazione appaiono allora come due aspetti di una stessa cosa.

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    prospettiva neotestamentaria, ha la sua forma e la sua misura in quella riverenza (timorfilialis)che viene suscitata dalla retta comprensione dellamore che in tale formasi rive-la.

    Che si possa parlare effettivamente di una terza via, lo dimostra chiaramente la con-

    troproposta ortodossa con cui si rispose al modernismo: un integrismo di concezioneastratta, ecclesiastica, che per non fu in grado di fornire unintegrazione spirituale allamolteplicit dei dogmi, ma che cerc soltanto di spuntarla contro lavversario usando laforza e i mezzi non spirituali31. Una simile sostituzione dello spirito con mezzi e sistemidi forza fa presumere che per il momento una vera soluzione sul terreno spirituale non

    poteva essere trovata.La terza via indivisibile, in quanto laspetto della Rivelazione cristiana o viene letto

    ed inteso in se stesso e per se stesso nellinsieme come lesaltazione e la glorificazionedellamore assoluto, o non viene inteso affatto. In questo ha ragione la teoria di Rousse-lot degli occhi della fede32: lo si vede o non si vede; ma per vedere la gloriadellamore si richiede un amore (incoativo-soprannaturale)33. Una simile disposizione

    ammette pur sempre: 1) la possibilit dello scandalo (come rifiuto di riconoscerelevidenza luminosa e dimboccare la strada della dedizione quale risposta al dono); 2)la possibilit di un tentativo di approssimazione razionale alla visione suprema: le lineedel cherigma e del Vangelo convergono visibilmente verso un punto dunit ancora in-visibile, cio verso un punto dunit trascendente, che bisogna ammettere, anche senon si pu ancora darlo per certo.

    31Cfr. lottimo scritto (anonimo) di MAURICE BLONDEL:La Semaine sociale de Bordeaux et le Monopho-risme (Parigi, Bloud, 1910) DANIEL-ROPS: Une crise de lesprit: le Modernisme (in: La table ronde,nov.-dic. 1962). stata annunciata una pubblicazione dei documenti del centro integralistico antimoder-nistico La Sapinire.32Uscito anche in edizione tedesca nel 1963.33

    Di tutto questo nessuno ha parlato meglio di Pascal nelle parti dei Pensieri relative alla Rivelazione bi-blica. Cfr. il mio saggioLe yeux de Pascal in Pascal et Port Royal (Fayard, Parigi 1962).

    4. IL FALLIMENTO DELLAMORE

    Incontrando lamore divino in Cristo, luomo non solo apprende che cos veramentelamore, ma apprende pure nel contempo ed irrefutabilmente che egli, peccatore ed e-goista, non possiede il vero amore. Due cose egli apprende allunisono: la finitudinedellamore degli esseri creati e il raggelarsi di questamore. Certamente egli possiede un

    chiamiamolo cos concetto a priori, una precognizione di che cos lamore: al-trimenti non sarebbe in grado dinterpretare il segno di Ges Cristo. Anzi, il segno reste-rebbe insolubile e contraddittorio, sotto un profilo oggettivo, perch con Cristo lamore

    di Dio si proprio manifestato nella forma della carne, cio nella forma dellamore u-mano. Ma da questo concetto a priori, da questa precognizione, egli non giunge alriconoscimento di questo segno se non attraverso un cambiamento radicale: mutamentonon soltanto del suo cuore, che di fronte a questo amore deve ammettere di non averesinora amato, ma mutamento anche del pensiero che deve cominciare ad imparare che

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    cosa sia veramente lamore.Innanzitutto, la finitudine. La natura, salendo sino a noi dagli stadi inferiori

    dellessere primitivo, solleva ed innalza con s incontestabilmente la realt dellamore,incorporato nelle strutture fondamentali dellessere vivente; contro questa evidenza non

    serve nessuna fredda, realistica teoria che parli di una pura volont di potenza o di feli-cit. C il gioco delleros, sottratto ad ogni intento finalistico, c la dedizione al servi-zio della prole, c la rinunzia che lindividuo fa di se stesso a pro del gruppo, della col-lettivit. Con luomo, il rapporto transitorio e fugace entra nella sfera dei valori spiritua-li extratemporali: il transitorio rapporto amoroso pu diventare la porta che immette Inun attaccamento vitale che va oltre ad esso e che gli sopravvive; perci anchelattaccamento istintivo alla prole pu trasformarsi in un sentimento pi profondo, quel-lo dellamore per la famiglia, istintivo e spirituale insieme; lindividuo vecchio e moren-te che fa posto e cede il passo alla superiore potenza della specie che a lui sopravvive

    pu determinare il concetto dellolocausto del singolo a favore della comunit, dellaschiatta, del popolo o dello stato, e la morte pu diventare come la sintesi di tutta quanta

    lesistenza intesa come suprema autorinunzia e rappresentare lintuizione che luomoacquista del profondo senso damore che ha lesistenza.

    Ma tutto questo va inteso pi come orientamento, come indirizzo che come reale epreciso sviluppo, perch altre forze equipollenti o pi potenti tendono a limitare il mo-vimento dellamore: la lotta per il posto al sole, le tante limitazioni e costrizioni che le-gano e incatenano luomo allambiente, alla sua schiatta e alla stessa famiglia, la lottaselettiva, lotta per la quale la natura fornisce alluomo forze e mezzi adeguati, la duralegge del tempo che passa: amicizie che parevano dover durare eterne si raffreddano, siscopre di poter vivere separati luno dallaltro; opinioni, mentalit, ed anche i cuori sistraniano; gran peso ha in tutto quanto una lontananza materiale, e lamore deve essereveramente, sinceramente grande e forte per lottare contro tutti questi fattori; giuramentidamore fatti per leternit vengono rotti, perch londata della passione si placata,

    perch un nuovo amore sorto, perch manchevolezze e limiti nellessere amato si sonofatti evidenti, forse ancor pi evidenti proprio perch la finitudine dellamore umano pa-reva non potesse ammetterli: perch amare una donna sola, quando se ne possono amaremille? domanda don Giovanni, che forse per unintuizione in origine altrettanto validaquanto quella di Faust si trova a cozzare contro la barriera della finitudine: ma come aquello nella molteplicit delle donne sfugge il senso stesso dellamore, cos a questisfugge, nella molteplicit degli attimi, leternit in essi tanto ricercata.

    Anche nella famiglia lamore trova, nella natura stessa, delle limitazioni: se fuor didiscussione che il suo fondamento primo sta nel vincolo del sangue, proprio questo vin-

    colo pu diventare, al destarsi della coscienza e dello spirito, un impedimento ad un li-bero sviluppo dei rapporti reciproci; il conoscersi reciprocamente troppo bene e troppo afondo pu costituire un elemento di disturbo nella fresca e spontanea attesa del donodellamore; pu darsi che ladolescente non ottenga quel margine di libert di cui ha bi-sogno dai pi anziani, il cui orizzonte comincia a chiudersi attorno al suo proprio centro

    centro che si trova situato nel tempo in un punto diverso da quello dei pi giovani. Epoi, lamore pu bens concorrere a giustificare o a determinare lattivit delluomo: a-gricoltura e caccia, attivit politiche e militari, economiche e commerciali, culturali escientifiche, ma non pu assolutamente informarle di s e addomesticarle: le altre forzevitali conservano nei confronti dellamore la loro forza e la loro preponderanza, eluomo, esaltando lamore umano a scapito delle energie agonistiche vitali, va sia biolo-

    gicamente sia culturalmente contro se stesso come ha dimostrato Nietzsche. La sfera

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    media dellesistenza, quella dei rapporti con lambiente umano, conserva una posizionemoderata, che, nella migliore delle ipotesi, risulta composta di amore ed interesse, diamore e disamore34.

    La morte del singolo un momento solenne per la comunit, perch essa esperimen-

    ta su se stessa e conosce direttamente le forze fatali che sono attorno alluomo pubens essere da lui accettata passivamente, senza resistenza, in una rassegnazione difronte al destino che forse nella sua durezza lascia anche intravedere le linee di una sag-gezza e di una bont che non si possono completamente scoprire; ma la coincidenza diuna simile rassegnazione con lamore umano resta per come sempre stato detto da

    pensatori dintonazione cristiana al di l dellorizzonte della natura umana.Quandanche la morte introducesse in un regno dimmortalit, a un giudizio purificatoresi, ma comunque temibile, in una qualche sfera divina ed eterna; quandanche toccassel allanima una buona sorte, lintero processo, che in s abbraccia e include i singolieventi, non pu rispondere al nome damore. E tanto meno pu rispondervi, quanto pi

    con lo scomparire di concezioni religiose antropomorfe e, in seguito, con io scompari-

    re anche della divinizzazione mitica del cosmo si fa discutibile e problematica la que-stione di una provvidenza umanamente intesa.

    Anche nellAntico Testamento, che colloca lamore fra il Signore dIsraele e il popo-lo dellAlleanza (e con ci, con il creato nel complesso) al centro dellinterpretazioneesistenziale, morte e aldil restano un qualche cosa di marginale e oscuro.

    In definitiva, lamore umano partecipa dellinsolubile contraddizione duna esistenzaal contempo mortale e spirituale: quellamore che gli innamorati si giurano nei momentisolenni vuol significare qualcosa di duraturo che sopravvive alla morte; ma un amoreeterno a termine una contraddizione che non pu essere vissuta. Eppure:nelleconomia della natura visibile non c nulla che garantisca una sopravvivenzadellesistenza umana (integrale, non soltanto spirituale), mentre era proprio questa esi-stenza e non uninconcepibile anima indipendente e staccata cui pensava lamore, chelamore concepiva. Concepiva e non concepiva: il presente deve essere eterno eppurenon deve esserlo (per non diventare un inferno insopportabile): e cos il cuore non capi-sce nemmeno se stesso. Il momento solenne dellamore sempre pieno di promesse: unqualcosa di aperto, che non si chiude in se stesso, la cui fecondit si manifesta, sul pianonaturale, nella procreazione, ma che su quello spirituale resta un mistero. Lamore uma-no , in quanto puro e semplice amore di creature, un geroglifico; per dirla in terminigrammaticali, esso sempre e soltanto un incoativo, che non pu essere trasferito vali-damente in nessun modo indicativo.

    A ci va aggiunto il peccato. Gi s detto che soltanto al cospetto della Rivelazione

    cristiana il peccato si rivela veramente. Proprio nel confronto diretto con il Crocifisso siappalesa legoismo abissale anche di quello che noi siamo abituati a definire amore; in-terrogati in tutta seriet, noi diciamo di no a quello cui per amore Cristo dice di si e in-coscientemente, senza darcene il menomo pensiero, senzombra di amore, accettiamoche egli porti i nostri peccati: e pensare che possiamo ben dirci fortunati che lui intenda

    34Ci hanno compreso, molto obiettivamente e realisticamente, i liberi pensatori inglesi (in opposizione aun umanismo astratto della carit e della virt): Hobbes in forma pi radicale, Locke ed il liberalismo eti-co in tono pi moderato, Bernard Mandeville come qualcosa di inesorabile. Il programma di una moraliz-zazione completa ed assoluta delluomo problematica, data la sua natura animale; anche visto comeprogresso storico-culturale, esso pare includere un attacco nascosto (spiritualistico) contro la natura nel

    suo insieme e contro il suo equilibrio. Senzaltro gi sul piano naturale si possono rintracciare certi pre-supposti delle analisi agostiniana e pascaliana dellesistenza intesa come concupiscentia.

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    farlo! Perci Dio non domanda ai peccatori di essere daccordo con la croce, ma si limi-ta a chiedere laccettazione in atto damore di quanto v di pi terribile, la mortedellamato (Gv. 12, 2; cfr. Lc. 1, 38; Gv. 20, 17). Nellevento della Passione, lumanitcomposta di cristiani, giudei, pagani, viene messa in luce nella sua vera realt:

    nellassoluta spietatezza di questa messa a nudo si chiude ogni bocca e tutti gli uo-mini che parlano damore sono provati menzogneri: Non vha chi sia giusto... tuttisono usciti di strada.., non vha chi cerchi Iddio.., non hanno conosciuta la via della pa-ce: non dinanzi a loro il timore di Dio(Rom.3, 4-19,passim).

    Ma gi nellintimo delluomo esiste una coscienza dellincapacit, del fallimento,che non trova giustificazione sul piano elementare di una compensazione di colpa e ca-stigo. Se ci bastasse, evidente che il bene e il giusto potrebbero essere sempre ripri-stinati in tutta la loro validit. Ma pi nel profondo delluomo esiste una coscienza diuna paralisi, di una corruzione e congelamento del cuore, una coscienza che non soddi-sfa ad alcuna norma damore ancora poi cos vaga e nebulosa. Essa non trova in s ilcoraggio per tanto. Non osa pensare alla possibilit di una simile realizzazione

    dellesistenza. Tanto gli mancano le energie, che luomo pensa di doverne incolpare pialte cause, anzich il suo proprio cuore, il quale vero potrebbe sempre giungere un

    po pi in l di quanto realmente non faccia, ma non potrebbe per mai (e ben lo sa)percorrere lintero cammino. E tanto meno, in quanto nessun uomo pu immaginarsidove condurrebbe una simile strada. Le tappe non sono determinabili, esse si perdonosubito in unimpenetrabile oscurit. Perci, la colpa cede a una naturale rassegnazione.L, essa si trova al riparo da se stessa, se capace di trovare la pace al di fuoridelleconomia etica di colpa e castigo.

    Manifestamente, la finitudine dellesistenza giustifica sempre la finitudinedellamore, che nel quadro di una vita universale nel cosmo non riducibile al concettodi amore si raggruppa e contrae in isole di simpatia reciproca: isole di amore terreno,di amicizia, di amor patrio, e infine anche di un certo amore universale basatosullidentica natura umana di tutti gli uomini, anzi sulla identicaphysisdi tutti gli esseriviventi che sono compenetrati da un comune logos. Lidentit della natura che riuniscedue esseri amanti in una simile isola damore, si espande qui alluniversale, sempresuperando ed ignorando la differenza. In tal modo diviene possibile anche una formadamore verso i propri nemici (buddismo, stoa) che trascura nellavversario od in coluiche ci odia tutto quello che v di nemico, di opposto a noi, per vedervi soltanto quelloche di comune c e nella natura e nella sostanza.

    Tutte le religioni filosofico-mistiche del mondo tendono in questa direzione, cio allarealizzazione esistenziale di questa identit in e al di sopra di ogni differenza; esse supe-

    rano i limiti della finitudine e tendono allidentit attraverso lastrazione, cio attraversoun procedimento puramente intellettivo; sono essenzialmente gnosi, sapienze, logismi;conducono verso lassoluto sia che lo si designi come essere (come identit ultima intutto ci che esiste) o come nulla (cio nulla di tutto ci ch finito). Queste gnosi, cui il

    pensiero incoativo umano necessariamente perviene nella ricerca di una soluzione, dis-solvono lamore reale finito affinandolo in una sostanza pi elevata. Disincarnando lasua sostanza incarnata, ne distillano una pace del cuore e una bont che sa vedere attra-verso ed oltre tutte le barriere finite, una bont caritatevole, indulgente quanto eviden-temente di pi simile allassoluto sia dato di raggiungere con la sostanza umana per poinuovamente reinfonderla, questa essenza, ormai distaccata da tutto e superiore allo stes-so destino, in tutte le situazioni finite.

    Non sfuggir che questo processo di astrazione che conduce a una simile decantazio-

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    ne una forma di conoscenza che pu durare solo fintantoch possa essere derivata perastrazione, cio fintantoch si presupponga una qualche entit (o nulla) definibile u-nivocamente. E quanto si verifica nellantica Cina e in India, nel pensiero plotinico e nelsufismo, ma non in misura inferiore nel mondo di pensiero attuale degli scienziati a-

    stratti (esatti), i quali sono perci portati a sentire in continuazione e necessariamenteuna forza dattrazione da parte di quelle dottrine. Il contenuto religioso in queste teorie(sia esso teistico o ateistico) consiste nella rinuncia al concreto, rinuncia che permette dioperare su di un piano superiore, ma che rende impossibile limmediatezza di un amoreconcreto che impegni tutto se stesso. Perci tutte queste posizioni religiose e quasi reli-giose possono essere raggruppate sotto linsegna delle gnosi e in esse la Rivelazione in-tesa in senso stretto o si presenta superflua oppure svolge soltanto un ruolo di mediazio-ne, affrettando e facilitando la conoscenza assoluta.

    Da ci si pu gi rilevare che il cristianesimo, in quanto pura religione rivelata, soloin seconda istanza pu essere tramite di conoscenza, cio una dottrina. In primo luogoesso non pu essere che un atto di Dio, la conclusione del dramma di Dio con lumanit,

    cominciato con la stipulazione dellantica Alleanza. Il contenuto di questo atto non punella sua essenza essere letto o congetturato a priori in nessuna pagina della natura crea-ta, perch esso si svolge in assoluta e fondamentale libert, provenendo alluomo da Dioin quanto alterit,n esiste alcuna forma di comunione o addirittura didentit che crei

    previamente un ponte dintesa. Solo nellautorappresentazione che Dio fa di s dinanziagli uomini sulla scena della natura umana, in virt dellidentit del poeta divino,dellattore uomo-Dio e dello Spirito divino, identico in entrambi, che interviene perspiegare lazione a coloro che nel dramma sono coinvolti dal personaggio principale, stala chiave per la comprensione dellopera di Dio.

    E il fatto che lAlleanza di Dio sia la sua lotta damore con luomo peccatore nonserve a rendere questa lotta comprensibile o misurabile da parte delluomo. Le trasfor-mazioni che lamore di Dio determina nelluomo, convertendolo o incaparbendolo e in-durendolo, rappresentano gli effetti di quellamore, ma non sono la sua essenza. Sarebbeun ben strano innamorato quello che volesse misurare lamore della sua sposa in baseagli effetti benefici o ai turbamenti che questo amore provoca in lui. Ci che Dio ha fat-to per luomo piuttosto comprensibile proprio soltanto in quanto non pu esserecompreso e giustificato sulla base del frammentario sapere e delle frammentarie cono-scenze umane: misurato sul loro metro, esso appare senzaltro una stoltezza e una follia.

    Non esiste una possibilit di elaborare speculativamente questa follia., perch cisignificherebbe riportare la sfera della infondatezza translogica del dono personaledamore (quindi la sfera dello Spirito Santo) alla sfera del logos, inteso come esclusivo

    intelletto cosmologico-antropologico, interpretandola in base ad esso col che si ver-rebbe a falsare linterpretazione della Trinit redentrice intesa come manifestazionedellassoluto35.

    35 pertanto del tutto erroneo che Georges Morel S.