Guido Reni - maniericopernico.it

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Guido Reni Guido Reni, considerato come uno fra i maggiori pittori del Seicento, nasce nel 1575 a Bologna. La sua prima formazione avvenne nello studio di un pittore manierista fiammingo, e quindi, intorno ai vent’anni, presso l’Accademia degli Incamminati, che i Carracci avevano istituito da pochissimo tempo. Dopo lunghe e faticose esercitazioni, che comprendevano anche su riproduzioni di opere note, tra cui quelle di Annibale Carracci, il Reni incominciò a scostarsi dalla pittura manierista e dagli influssi del gruppo legato a quell’ Accademia. Nel 1602, all’età di ventisette anni, il pittore, che già lavorava in proprio, volle arricchire il proprio bagaglio artistico recandosi a Roma ed entrare così a diretto contatto con la pittura che in quel periodo andava per la maggiore, la lezione caravaggesca.

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Guido Reni

Guido Reni, considerato come uno fra i maggiori pittori del Seicento, nasce nel 1575 a Bologna.La sua prima formazione avvenne nello studio di un pittore manierista fiammingo, e quindi, intorno ai vent’anni, presso l’Accademia degli Incamminati, che i Carracci avevano istituito da pochissimo tempo.Dopo lunghe e faticose esercitazioni, che comprendevano anche su riproduzioni di opere note, tra cui quelle di Annibale Carracci, il Reni incominciò a scostarsi dalla pittura manierista e dagli influssi del gruppo legato a quell’ Accademia.Nel 1602, all’età di ventisette anni, il pittore, che già lavorava in proprio, volle arricchire il proprio bagaglio artistico recandosi a Roma ed entrare così a diretto contatto con la pittura che in quel periodo andava per la maggiore, la lezione caravaggesca.

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La Strage degli Innocenti è rappresentata mediante una scena risolta interamente nel primo piano. Sono presenti due sicari e cinque madri che dimostrano diverse reazioni al massacro. Dietro una di loro compare il viso di una sesta donna urlante. I neonati uccisi, o in procinto di esserlo, sono, invece sei. A terra, in prossimità dell’angolo di destra, vi sono due piccoli cadaveri. Uno di essi è rivolto verso il fronte del dipinto e l’altro parzialmente tagliato dal bordo e appoggiato al primo. A terra, il sangue sparso, testimonia il terribile atto compiuto su di loro. Alla loro destra, una madre è inginocchiata, con le mani giunte, e guarda in alto con un’espressione di rassegnazione sul viso.

La strage degli innocenti, 1611

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Fanno da sfondo alla tragedia, sulla destra, alcune architetture classiche e, all’opposto, le mura della città. In alto, due piccoli angeli sulle nuvole porgono alle madri e ai figli la palma del martirio. Un cielo intenso copre la scena terrificante.

I personaggi che animano la Strage degli innocenti furono concepiti da Guido Reni con una evidente concezione statuaria. Il classicismo che caratterizzò lo stile dell’artista si esprime nei volti dalle fisionomie regolari, dalle posture eleganti e misurate e dagli abiti dai panneggi ordinati e morbidi. Caratteristiche che si ritrovano, appunto, nei dipinti di Raffaello.

La strage degli innocenti, 1611

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Il tono prevalente del dipinto è caldo, in primo piano, e freddo sullo sfondo. Infatti, risultano maggiormente evidenti la veste della madre inginocchiata dalle maniche rosse e dalla gonna giallo arancio. Gli stessi colori si ripetono nella donna di fronte a lei ma con toni meno saturi. I personaggi del secondo piano hanno colori più grigi e tendenti al blu. Il sicario di destra e la donna che fugge, invece, mostrano solo il colore intenso dell’incarnato. Le architetture sono colorate in ocra e grigio mentre il cielo è intensamente blu in alto e giallo in basso.

La strage degli innocenti, 1611

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La composizione dell’opera è un capolavoro di equilibrio classico costruito mediante due triangoli opposti che si incrociano al centro. Uno di essi parte da terra, ha la base coincidente con i bimbi morti, la madre inginocchiata e il vertice sul pugnale del sicario. Il secondo ha, invece, la base in alto, che corre lungo il braccio del sicario di destra e il vertice sul polpaccio del bambino morto visto frontalmente. Un terzo triangolo è formato dalle teste delle donne in basso.

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In Atalanta e Ippomene, si interpreta il mito della ninfa che sfida i suoi pretendenti nella corsa. Solo Afrodite, con uno stratagemma, aiuterà Ippomene a vincerla.Il dipinto rappresenta il momento in cui Ippomene mette in pratica il trucco divino, suggerito da Afrodite, e procede nella corsa.

I due giovani sono rappresentati completamente nudi, coperti, solamente da veli che ondeggiano e coprono il loro pube. Ippomenecorre verso destra e si volta a controllare l’efficacia del suo espediente. Atalanta, invece, è chinata nell’atto di raccogliere una seconda mela oltre quella che si intravede nella sua mano sinistra. La scena si svolge in un paesaggio scurissimo e desolato. Infine, a destra e a sinistra, in prossimità del centro, si intravedono due gruppi di personaggi.

Atalanta e Ippomene, 1620-1625

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Il modellato muscolare, soprattutto di Ippomene, è reso con estrema attenzione anatomica e rispecchia la postura del personaggio. Il panneggio che si anima nella corsa, e copre il pube dei personaggi, li unisce idealmente e costituisce un richiamo allo stile di Raffaello.La luce mette in evidenza, esclusivamente, i corpi dei giovani mentre il paesaggio e il cielo sono scurissimi, quasi un fondale dipinto. I colori si armonizzano al fondo bruno e scuro. L’incarnato di Atalanta e Ippomene è chiarissimo mentre spicca il rosso magenta del panneggio.

Atalanta e Ippomene, 1620-1625

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La pala d’altare fu eseguita per la chiesa romana della Santissima Trinità dei Pellegrini.Lungo l’asse verticale troviamo il Cristo con la croce piantata sul globo terrestre, lo Spirito Santo e Dio. Ai margini della croce due angeli che la sorreggono e in basso due angeli inginocchiati in estasi che pregano. In basso l’azzurro si sposa con il colorito ceruleo del Cristo e il violetto del perizoma, in alto l’Empìreo giallo acceso che fa da sfondo a Dio vestito di una tunica viola (colore complementare al giallo).

Trinità, 1625-1626, Roma Chiesa della Santissima Trinità

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Ecce homo fa parte della seconda maniera di Guido, dal 1630 fino alla sua morte. L’artista studia la luce e sostituisce la tela con la seta, ma soprattutto dipinge rapidamente, senza dedicar tempo alle rifiniture, cercando la bellezza. Si tratta spesso di dipinti non finiti volontari.Appartiene a questo periodo Ecce Homo di Cambridge. Seguendo le indicazioni della Controriforma Reni dipinge un uomo dolorante, stanco, distrutto, coronato di spine, con rivoli di sangue sul collo. La testa leggermente reclinata e gli occhi semichiusi che guardano in basso. Lo sfondo scuro si schiarisce in alto grazie ai raggi dell’aureola del Dio-uomo.

Ecce Homo 1638-40