Guida Allo Zen

26
Guida allo Zen Manuale buddista Zen Introduzione Il prossimo anno segna il 750º anniversario della morte di Dògen Zenji. Nei templi Soto Zen di tutto il mondo si sta già preparando i vari servizi commemorativi ed i preliminari. Il primo di servizio è stato condotto il 12 maggio allo Zenshu-ji di Los Angeles, ed a questo hanno fatto seguito lo Shôbo-ji di Honolulu il 20 di maggio ed il Busshin-ji di Sào Paolo il 10 giugno nonché La Gendronniere di Parigi il 16 e 17 di giugno. (Tutti i templi citati, ad esclusione dell'ultimo citato, sono subordinati ai due Centri principali di Sôto Zen in Giappone) In questo edizione di “Guida allo Zen”, facciamo il punto su tre nozioni importanti. Per primo spieghiamo lo “Sbôbógenzó Zuimonki”, come un punto di riferimento per introdurre l’insegnamenti di Dògen Zenji, e lo faremo in maniera piuttosto semplice, in modo da essere di facile comprensione per un neofita. Molto dell’insegnamento di Dogen ci dice come mettere in pratica una vita più significativa, più piena, più ricca. Fino a che il momento della sua morte, Dògen Zenji fu molto devoto al Budda. Gautama Buddha (Lumbini, 8 aprile 566 a.C. – Kuśināgara, 486 a.C.) è stato un religioso, monaco buddhista, filosofo e asceta indiano, al secolo Siddhārtha Gautama Śākyamuni era il suo nome, chiamato più correttamente con il nome di “Budda”; illuminato. Il budda è un appellativo, e viene dalla radice della parola sanscrita “bud” che significa illuminare, fare luce, perciò budda significa “colui che si è illuminato, che ha fatto chiarezza in sé”. In tutte le quattro stagioni dell'anno, i buddisti tengono cerimonie e celebrazioni per mantenere vivi gli insegnamenti di Śākyamuni. In secondo luogo, perció, parleremo nella nostra piccola guida delle “celebrazioni e festività buddiste annuali e stagionali”, discuteremo quindi uno alla volta questi eventi, commentandoli, e cominceremo dalla celebrazione del “O-bon”. Nel terzo punto, infine, tratteremo la corrente del “Sôto Zen” e le sue sacre scritture, o libri di base. La prima parte offre una trattazione concisa degli insegnamenti di Śākyamuni. La caratteristica speciale di questa trattazione si concentra sullo zazen, (za = sedere, zen = meditazione) il centro degli insegnamenti di Dògen Zenji. Chiaramente zazen è importante come addestramento alla pratica religiosa dello Zen, ne è il fondamento vitale. Perció attraverso la pratica dello zazen è importante vivere ogni secondo in accordo con lo zazen di ogni giorno, e alla attitudine mentale che esso genere e produce come pratica. Mangiare con presenza mentale è un modo per coltivare la mente allo Zazen, ed è una delle basi buddiste più discusse in questo articolo. Merita la vostra più intensa attenzione.

description

Zen

Transcript of Guida Allo Zen

Page 1: Guida Allo Zen

Guida allo Zen

Manuale buddista Zen Introduzione Il prossimo anno segna il 750º anniversario della morte di Dògen Zenji. Nei templi Soto Zen di tutto il mondo si sta già preparando i vari servizi commemorativi ed i preliminari. Il primo di servizio è stato condotto il 12 maggio allo Zenshu-ji di Los Angeles, ed a questo hanno fatto seguito lo Shôbo-ji di Honolulu il 20 di maggio ed il Busshin-ji di Sào Paolo il 10 giugno nonché La Gendronniere di Parigi il 16 e 17 di giugno. (Tutti i templi citati, ad esclusione dell'ultimo citato, sono subordinati ai due Centri principali di Sôto Zen in Giappone) In questo edizione di “Guida allo Zen”, facciamo il punto su tre nozioni importanti. Per primo spieghiamo lo “Sbôbógenzó Zuimonki”, come un punto di riferimento per introdurre l’insegnamenti di Dògen Zenji, e lo faremo in maniera piuttosto semplice, in modo da essere di facile comprensione per un neofita. Molto dell’insegnamento di Dogen ci dice come mettere in pratica una vita più significativa, più piena, più ricca. Fino a che il momento della sua morte, Dògen Zenji fu molto devoto al Budda. Gautama Buddha (Lumbini, 8 aprile 566 a.C. – Kuśināgara, 486 a.C.) è stato un religioso, monaco buddhista, filosofo e asceta indiano, al secolo Siddhārtha Gautama Śākyamuni era il suo nome, chiamato più correttamente con il nome di “Budda”; illuminato. Il budda è un appellativo, e viene dalla radice della parola sanscrita “bud” che significa illuminare, fare luce, perciò budda significa “colui che si è illuminato, che ha fatto chiarezza in sé”. In tutte le quattro stagioni dell'anno, i buddisti tengono cerimonie e celebrazioni per mantenere vivi gli insegnamenti di Śākyamuni. In secondo luogo, perció, parleremo nella nostra piccola guida delle “celebrazioni e festività buddiste annuali e stagionali”, discuteremo quindi uno alla volta questi eventi, commentandoli, e cominceremo dalla celebrazione del “O-bon”. Nel terzo punto, infine, tratteremo la corrente del “Sôto Zen” e le sue sacre scritture, o libri di base. La prima parte offre una trattazione concisa degli insegnamenti di Śākyamuni. La caratteristica speciale di questa trattazione si concentra sullo zazen, (za = sedere, zen = meditazione) il centro degli insegnamenti di Dògen Zenji. Chiaramente zazen è importante come addestramento alla pratica religiosa dello Zen, ne è il fondamento vitale. Perció attraverso la pratica dello zazen è importante vivere ogni secondo in accordo con lo zazen di ogni giorno, e alla attitudine mentale che esso genere e produce come pratica. Mangiare con presenza mentale è un modo per coltivare la mente allo Zazen, ed è una delle basi buddiste più discusse in questo articolo. Merita la vostra più intensa attenzione.

Page 2: Guida Allo Zen

Gli insegnamenti di Shakyamuni frenano l'avidità, soggiogando i desideri, e comprendendo il pieno significato di questo insegnamento, si può contribuire alla soluzione dei problemi ambientali che affrontiamo oggi. Gasshô

Lo Zazen, mente e via

Molti persone hanno un'immagine dello Zen come qualche cosa di difficile, quando invero è un insegnamento molto chiaro e conciso. Il carattere cinese col quale è scritta (mostrato sulla pagina seguente) la parola vuole dire indicare qualche cosa di puro. Nella sua essenzialità Zen è divenire consapevole del principio, della verità della natura delle cose, è raggiungere il modo della pace, libero dall’inganno, libero di mente. La gente desidera scappare dai guai, dalle relazioni umane e complesse e ricerca sempre la tranquillità e la pace mentale. Lo Zen intraprende questo desiderio di base, di natura umana. Lo Zazen (meditazione Zen seduta) addestrando l’essere porta a tale pace. Dedicandovi ad esso, si rivela la verità della vita a voi, e l'abilita per vivere in tale tranquillità. Noi crediamo che comprendendo la mente dello zazen e applicandosi sinceramente ogni giorno ad esso, è il modo buddista di vivere la vita.

Page 3: Guida Allo Zen

Perché noi pratichiamo Zazen

Svegliarsi alla verità Tutto quello che esiste partecipa della natura di Buddha. Tutte le cose sono preziose; ogni esistenza ha valore. Oggi, vivendo in una società estremamente competitiva noi valutiamo oggi le persone e gli oggetti spesso come qualcosa di “utile o inutile”. Fuori dell'invidia o dalla gelosia, noi ci compariamo con altri. Secondo gli insegnamenti buddisti, nonostante le valutazioni umane di buono o cattivo, la verità di tutte le cose è la loro naturale e originale forma spoglia. Praticando zazen ci si sveglia a questa verità inerente in tutte le cose e per nulla superfluo, zazen comporta il risveglio del nostro proprio essenziale “sé stesso” a questa verità ultima, e questa è la natura della quale il Buddha è dotato

Zazen Che atteggiamento dobbiamo adottare per zazen? La seguente famosa storia della Cina dell’ottavo secolo d.C ce ne da’ un'indicazione. Una volta, un monaco chiamato Mazu Daoyi era assiduamente preso dal suo zazen, accadde che il suo insegnante Nanyue Huaizhang passando da lì, gli chiese che cosa stava facendo. "Zazen", - rispose subito Mazu - "sto praticando la meditazione seduta per diventare un Buddha." Nanyue allora raccolse una tegola che si trovava vicino a lui e cominciò a strofinarla energicamente con una pietra. Perplesso, Mazu chiese perché stesse facendolo così; e questo gli rispose: "sto levigando la tegola per fare un specchio." Mazu, attonito, rispose: “come puoi fare di quella tegola uno specchio? Nemmeno se tu la strofinasse cent’anni quella tegola diventarebbe uno specchio” Fu cosí che Nanyue contestò: "Allo stesso modo, è impossibile diventare un Buddha praticando la meditazione seduta". In un bagliore di intuizione profonda Mazu realizzò che i suoi sforzi erano stati soltanto mezzi per raggiungere lo stato di Buddha, ma non sarebbe mai pervenuto alla verità attraverso la sola posizione seduta. Da allora in poi, Mazu si dedicò allo zazen “mushotoku” senza spirito di profitto, che non era un mezzo e che non aveva una meta. Mazu aveva scoperto il vero zazen. Dogen Zenji accentuò l'importanza di mantenere il corpo nella corretta posizione e sedendo semplicemente e risolutamente. Meditare così in è se stesso è già la meta: non è un mezzo ad un risultato. Impegnato nello Zazen, non puoi valutare la correttezza della postura, dimentichiamo perfino che stiamo facendo zazen.

Page 4: Guida Allo Zen

La cosa più importante è sedere semplicemente, risolutamente. Facendo così, noi dimentichiamo i nostri corpi e le nostre menti, facendo cadere corpo e mente. Quando noi stessi e ciò che è intorno è unificato, noi dimentichiamo noi stessi e tutte le altre cose. Cosí diveniamo veramente consapevoli di essere in un mondo riempito dalla vita di un Buddha ed dalla natura del Buddha, cioè, l'universale, la possibilità innata della natura di Buddha natura di ogni fenomeno, vacuità sostanziale di ogni cosa. Allo stesso tempo quindi manifestiamo la forma tranquilla del Buddha.

Tutto quello che facciamo è Zen Lo Zen ci insegna a vivere in accordo con la mente dello zazen, senza brandire i nostri desideri egoisti, come mostra la seguente storia. In Cina, durante il periodo Tang (618 – 907) un giovane monaco di nome Longtan Chongshin che attendeva alle necessità del suo maestro spirituale, un giorno domandò perché nei molti anni che aveva trascorso con lui, e dopo aversi adoperato tanto per la cura del suo maestro, egli non avesse mai trovato un lasso di tempo per insegnargli qualcosa sull’importanza della mente Zen. Il maestro rispose che egli non era mai stato senza “un certo lasso di tempo” senza insegnargli qualcosa sulla mente Zen. Non molto convinto il giovane monaco domandò allora quando il suo mentore gli avesse indicato un qualche insegnamento sull’importanza della mente Zen. Il maestro replicò: “quando tu mi portasti il tè, ed io lo accettai; quando tu mi preparasti il cibo, ed io accettai e mangiai; quando tu mi salutasti ogni mattina e sera, ed io sempre risposi a te con lo stesso saluto: non è forse vero? E poi ora, quando mi hai chiesto “quando mai ho avuto un lasso di tempo per insegnarti la mente Zen”. Keizan Zenji, che si adorperò e propagò gli insegnamenti sôto per tutto il Giappone, insegno la mente Zen dicendo: “bere il tè quando è pronto, mangiare cibo quando è offerto”. Per la mente Zazen “la mente Zen” è importante accettare le cose nella loro naturale forma, cosí come sono, e vivere la vita atto dopo atto. Questa disciplina giornaliera è in se stessa “illuminazione”. L’insegnamento Zen ci mostra che ogni giorno è meraviglioso, e mano a mano che pratichi zazen quotidianamente, tu sarai capace di osservare la verità con un mente calma e rimanere imperturbati mentalmente e fisicamente. Zazen, quale esso fu, una disciplina dolorosa, si è trasformato in una pratica confortevole. Questa trasformazione colpisce più che lo zazen tutte le estensioni ed i dettagli quotidiani della sofferenza mentale. Quando raggiungiamo questo stadio, noi siamo liberati dagli aspetti fastidiosi della vita.

Page 5: Guida Allo Zen

Ascoltando gli Insegnamenti e seguendo i precetti Naturalmente, zazen solo non ci porterà nei confortevoli reami di una pace libera dalle delusioni. Ci sono altre cose che dovresti come tirocinante della via buddista apprendere. Primo tu dovresti ascoltare un insegnamento di un maestro Zen che ti insegni la dottrina del Buddha. Poi, tu dovresti riflettere su cosa hai ascoltato ed essere diligente nel mettere in pratica ciò che ti viene insegnato. Se tu persegui su questo sentiero irremovibilmente diventerai un realizzato, un risvegliato. Ricorda sempre che lo Zen inizia con l’ascolto di un autentico maestro Zen. Dogen Zenji insegnava che vivere in accordo con lo mente dello zazen richiede sopportare certi precetti. Noi dobbiamo fare voto di mettere la nostra fede in Buddha, nel Dharma (la legge universale), e nel Sanga, (nell’ordine monastico, siamo animali sociali, dobbiamo vivere in gruppo e no soli, eremiti al mondo). Questi sono chiamati precetti dei tre rifugi, (sankikay) ma più che rifugi sono affidamenti sulla guida, cosí mi affido al Buddha, perché ho fede nel suo insegnamento, e mi affido al Dharma perché ho visto ho provato, ho sperimentato con certezza che è così, perciò ho fede nella legge, ed infine mi affido al Sanga, ho fede in esso, siamo uomini che cercano la grande Vía, accumunati da uno stesso intento, possiamo supportarci e aiutarci nella comunità. Dovremmo anche prendere rifugio nei tre ideali (sanjujôkai) di non fare il male per quanto sia possibile, ma fare del bene, e di salvare tutti gli esseri senzianti dalla sofferenza. In aggiunta dovremmo mantenere i dieci principali precetti di divieto:

1. Apprezzare ogni vita e rispettarla. Da qui nasce un precetto implicito, quello di evitare – non vietare - di mangiare la carne degli animali, poiché per farlo dobbiamo nuocere alla loro vita e quindi non ne abbiamo rispetto. È chiaro che non si può vietare questo ti modo assoluto poiché vi sono popoli che non possono nutrirsi di altro che non sia carne animale, - come per esempio gli abitanti della steppa siberiana o le popolazioni innuit dell’artico. Presto o tardi, però, arrivermo come già si è fatto per tutti gli uomini, siano essi di qualsiasi ceto o colore, a tutelare i diritti degli animali, accettando il fatto che anch’essi, pur tuttavia con forme di intelligenza differenti, cercano la felicità. 2. Non rubare o commettere ingiustizie. 3. Non distruggere o disgregare un unione matrimoniale. 4. Non giagere nel piacere, né dire falsità.

Page 6: Guida Allo Zen

Non giacere nel piacere indica di non cercare il piacere, poiché questo genera in noi una attaccamento a stati continui di dipendenza, e ciò ci spinge a essere disonesti e quindi a mentire per un profitto personale. 5. Non divenire assuefatto ad intossicanti o stordirti con alcol. 6. Non spettegolare o parlare degli errori altrui. Non parlar male degli errori altrui, significa comprendere che anche nell’errore vi è ricerca della felicità, chi agisce erroneamente lo fa perché in preda all’ignoranza ed alla ricerca spasmodica della ricerca del piacere fisico, anche se questo è impermanente e genera infelicità. 7. Non vantarsi o parlar male di altri. Il vantarsi o parlar male degli altri, indica un voler eccellere. Il fine è quello di trarne un profitto personale, il quale è soggetto a le ripercussioni degli odi della altri e attrae un karma negativo. 8. Non esitare a dare di borsa, o di mente. Spendere tutto ciò che si ha per aiutare con denaro o con l’impegno personale. Un mondo migliore non è opera di un agente divino, ma dell’uomo sull’uomo. Perciò un buon senso civico migliora la condizione di tutti coloro che vi abitano. 9. Non perderti in violenti attacchi di rabbia. 10. Non dubitare dell’insegnamento del Buddha. Dubitare non vuol dire non essere critico verso un maestro o la dottrina. Dopo aver valutato tutti pro e contro, dopo aver compreso se questa dottrina è inaffondabile o se tale maestro è degno di fiducia, - e ciò lo si può dire solo dopo aver fugato ogni dubbio – non dubitare più dell’insegnamento del Dharma o del maestro, poiché questo è solo un’altro modo in cui la mente pone bastoni tra le ruote per farci desistere e tornare a galoppare selvaggiamente dove più le piace, al fine di ritrovarsi poi nuovamente a soffrire del suo stesso male.

Praticare gli insegnamenti è l’addestramento nella Via buddista Per seguaci della Via buddista, questi precetti sono universali e trascendono il tempo. Basare la vostra vita su questi precetti, ed essere sinceramente introspettivi, genera un atteggiamento compassionevole verso il prossimo, ottenendo anche un effetto purificatore su tutta la natura di Buddha del mondo. Il sôto Zen ha da lungo tempo enfatizzato l'importanza degli atteggimenti nelle azioni quotidiane. Dogen Zenji ci insegna di assicurarsi che tutto quello che facciamo nella vita quotidiana sia corretto, noi dobbiamo sforzarci per la correttezza nelle quattro azioni di camminare, sedere e dormire. Quelli che si disciplinano nella Via buddista devono attenersi ai precetti affermati qui sopra e devono sforzarsi per raggiungere azioni ed atteggiamenti corretti, devono cioè mettere diligentemente in pratica gli insegnamenti buddisti.

Come praticare Zazen

Page 7: Guida Allo Zen

Le direzioni seguenti per lo zazen sono basate sul “Fukan Zazengi” di Dogen Zenji, e lo “Zazen Yôjinki” di Keizan Zenji. Le citazioni sono tratte dal primo lavoro scritto di Dogen Zenji. Per praticare Zazen, si necessita di una stanza quieta, pulita è appropriata. Se è il caso, mangiate e bevete moderatamente prima di una sessione di Zazen. Mettete da parte tutti i coinvolgimenti in atto e sospendete tutti gli affari. Durante lo Zazen non si pensi in ciò che è “buono, giusto” o “cattivo e sbagliato” e non si giudichi i pensieri, né lo si giudichi come vero o falso. Rinunciate a tutte le operazioni della mente, dell’intelletto e della coscienza; smettete di misurare e valutare pensieri, idee e punti di vista. Non si abbia disegni su come divenire un Buddha: come potrebbe essere questo possibile limitato al solo sedersi? Dalla posizione in “Shashu”. Si porti il pollice sinistro al metà del vostro palmo sinistro e chiuda le dita a pugno in modo da coprirlo. Si tenga il pugno sinistro di fronte al torace e lo si copra con la mano destra. Si estendano ambo i gomiti ai lati così che gli avambracci formino una linea diritta. Saluto “Rin'i-monjin”. Giunti al proprio posto inchinatevi mantenendo sempre le mani congiunte in gasshô, prima verso lo zafu e poi, girando in senso orario nella direzione opposta, si saluti gli altri praticanti inchinandosi un’altra volta in “gasshô taiza-monjin”.

Infine ci si sieda di fronte al muro.

Sul posto: si metta il cuscino Zafu su di una stuoia larga e non troppo spessa si sieda ora nella posizione del loto-completo o nella posizione di mezzo-loto. (c’è anche una variante birmana, con le gambe in avanti non sovrapposte). Nella posizione di pieno-loto, metti prima il tuo piede destro sulla coscia sinistra, poi il

Page 8: Guida Allo Zen

piede sinistro sulla coscia destra. Nel mezzo-loto, semplicemente metti il piede sinistro sulla coscia destra. Sistemati bene i vestiti e la posizione di modo che sia forte e stabile, pulita e ben ordinata. Poi metti la mano di destra sulla piede sinistro e la mano sinistra sul palmo di destra, i pollici si toccando leggermente con le punte. Spingi leggermente il corpo in avanti e piegati, poi raddrizza il tronco fino a toranre in posizione diritta. Cerca di essere il più diritto possibile, né inclinato destra né a sinistra, (le prime volte guardati allo specchio) raddrizza bene la schiena e porta il mento un po’ indietro. Allinea le orecchie con le spalle ed il naso con l’ombelico. La punta della lingua sta appoggiata all’arcata del palato superiore e la punta va a toccare leggermente i denti incisivi, le labbra sono chiuse, ma non serrate. Tieni gli occhi aperti e respira leggermente attraverso il naso. Il volto è rilassato. Una volta che hai aggiustato la tua postura fai un bel respiro ed esala pienamente finoa a svuotare completamente i polmoni, cullati con il corpo diritto dondolanti a destra e a sinistra fino a stabilizzarti in perfetto centro, stabilendo e consolidando una forte postura immobile. Ora iniziate la meditazione: pensate il “non pensare”. Non pensate di non pensare, ma siate il non-pensare. Lasciate che corpo e mente siano abbandonati. Accettate ciò che viene e lasciate ciò che va. Questa è l'arte essenziale di Zazen.

Quando vi alzate dal sedere in Zazen, ci si muova lentamente e quietamente, con calma ed intenzionalmente. Non ci si alzi improvvisamente e bruscamente. “Nell'osservare il passato, noi troviamo la trascendenza tra mondano e sacro, e morendo qui e ora, mentre si sta seduti o in piedi, tutti dipendiamo completamente dal potere dello zazen”. Kyosaku.

Page 9: Guida Allo Zen

Il jikido, o il monaco incaricato del dovere quotidiano, cammina girando per la sala dello zazen, egli porta con sé una pagaia piatta chiamata “kyosaku” – spada della saggezza - col il quale lui percuote vigorosamente le spalle di coloro che stanno meditano in zazen e che stanno sonnecchiando o sono in crisi o in posa scorretta. I praticanti che si accorgono che il loro Zazen non è quieto, o si sentono nervose, oppure il al contrario comprendono che stanno sonnecchiando o dormendo perdendo il vigore di una postura corretta possono richiedere di essere sollecitati col kyosaku, il quale stimolando i centri nervosi posti tra le spalle ed il collo, ridà tono e equilibrio alla pratica. Non abbiate timore, non è doloroso, sveglia e da energia. Per richiedere una sollecitazione al jikido, si congiungono insieme le mani in gasshô e ci si inchina da seduti. Quando il jikido appoggia il kyosaku sulla vostra spalla, tenendo ancora giunti i palmi delle mani, ci si inclini verso la parte opposta da quella in cui il jikido colpirà, mettendo leggermente in tensione il muscolo che va dalla spalla all’inserimento del collo e stirandolo sulla parte posteriore. Il jikido che sta in piedi dietro di voi, tenendo il kyosaku in ambo le mani, colpendo rilasserá l’arco muscolare donando una piacevole sensazione di scarica tensiva. Si saluti nuovamente in gasshô e si ritorni vigorosi ad uno Zazen più consapevole. Marcia Kinhin.

Una sessione di zazen dura approssimativamente 40 minuti. Se una ulteriore mediazione sarà compiuta, questa è preceduta da una marcia di kinhin, eseguita nel modo seguente. Tenendo le Sue mani nella posizione di “shashu” si cammina in avanti, prendendo un passo per ogni respiro completo, si inspira quando si porta il piede in posizione, e si espira spostando il baricentro del corpo fino a trovarsi pronti per posare l’altro piede, il movimento è continuo, non vi sono interruzioni, è fluido, un passo segue l’altro ma il tutto con una lentezza pari alla respirazione. Un passo calmo e sicuro, profondo e sincronizzato con la respirazione. L’espirazione è lunga e profonda, l’inspirazione rapida e intensa.

Cibo come nutrimento fisico e spirituale In questa epoca di informazioni, molte persone sono bene informate sugli aspetti della salute, in special modo sulla relazione tra questa ed il cibo. Ad ogni modo, non si può non comprendere che oltre ad un ruolo essenziale nel sostenere la vita e la buona salute, il cibo gioca anche un'altro ruolo importante nello sviluppo mentale e spirituale.

Page 10: Guida Allo Zen

Dogen Zenji ci ha lasciato molte cose istruttive sulla preparazione ed il modo di mangiare. Egli, infatti, sapeva bene che sia il modo di cucinare, che quello di mangiare, costituiscono un punto essenziale nella disciplina Zen, rivelato dall’importanza con cui esso ci dona arricchimento mentale e salute fisica. Se una droga è capace di alterare uno stato mentale, emotivo, ormonale, eccetera e quindi togliere o alterare la chiarezza mentale, allo stesso modo ogni cosa che mangiamo ha potere di cambiare la nostra struttura chimica, e quindi il nostro modo di percepire emotivo, mentale, fisico ed ormonale. Un addestramento importante Lo Zen riguarda tutti gli aspetti quotidiani, - mentre ci stiamo lavando, mangiando, camminando, andando a letto e perfino mentre stiamo evacuando al gabinetto – come un addestramento agli atti da compiere nell'interesse di un buon insegnamento buddista. Come è affermato nel titolo di questo paragrafo, e che caratterizza questo problema, il buddismo insegna che l'abilità mentale nell’accettare imparzialmente tutte le cose cosí come sono è di vitale importanza vivendo il quotidiano. Dando molta considerazione ad una qualità nella dieta quotidiana quale importante fattore per una buona resa psico fisica, la quale poi permetta una concentrazione nello Zen quotidiano, sia meditando, studiando o recitando un sutra, Dogen Zenji accentò il ruolo del tenzo, il monaco responsabile dei pasti nel convento, e ne descrisse il significato, gli atteggiamenti corretti ed i metodi necessari alla preparazione dei pasti in un libro che intitoló Tenzokyôkun. Un altro dei suoi libri più importanti è il Fushukuhanpô. Il libro espone l'etichetta che dev’essere osservata durante il consumo dei pasti, quindi le modalità e l’atteggiamento da tenere durante il consumo del cibo, elemento importante di convivio e di assimilazione dell’energia che esso produce. In questi due lavori, Dogen Zenji discute il mondo della alimentazione Zen, e lo fa in un modo esaustivo che trascende epoche storiche e confini geografici. Lavoro quotidiano Cucinare è molto di più di “fare qualcosa da mangiare”. Sfortunatamente molte persone oggi sono talmente occupate ed indaffarate da mangiare qualsiasi cosa solo per riempire la pancia, accontentandosi di qualunque cibo, semmai qualche prodotto già bell’e pronto, o cibo precotto da essere soltanto scaldato al micro-onde per poi essere immediatamente ingurgitato, trascurando completamente l'atto della preparazione e l’importanza della qualità. Dogen Zenji enfatizzò molto questo apparente semplice atto, prima di tutto apprendendo lui stesso l’importanza della preparazione, e poi stilando un metodo, una maniera. Dogen Zenji, avendo già ampiamente letto tutto ciò che vi era da leggere delle sacre scritture buddiste, nella sua affannosa ricerca per comprendere il vero significato della disciplina religiosa, si spinse fino in Cina per studiare l’autentico Zen. Dopo che la nave approdò al porto, Dogen, nell’attesa di sbarcare si accorse della presenza di un anziano monaco zen sul molo. Il monaco risultò essere un tenzo, cioè un cuoco di un convento localizzato a venticinque chilometri dal porto. Il tenzo era venuto fino al molo per fare provviste di shiitake (funghi tipici cinesi con cui si varia la dieta dei monaci del tempio) e che si trovavano giusto a bordo della nave con cui egli era venuto.

Page 11: Guida Allo Zen

Siccome il vecchio monaco aveva già fatto il carico delle provviste, stava quasi per ritornare al tempio. Dogen Zenji allora tentò di fermarlo per parlare, ma il tenzo disse: - “Devo ritornare a cucinare il prossimo pasto dei monaci, non ho tempo”. Dogen Zenji replicò: - “Altri monaci dovrebbero preparare il pasto per il tempio, lei non deve affaticarsi”. Al che il tenzo rispose: - “Ho assunto questo incarico che ero già vecchio, ed ogni giorno è importante. Non posso lasciarlo ad altre persone.” Ancora non convinto, Dogen Zenji continuò: - “Perché una persona della sua età dovrebbe assumere il compito di preparare loro i pasti? Lasci che gli altri giovani monaci si incarichino di questo. Se lei lascia che altri assumano il suo compito si potrà concentrare sullo zazen e studiare meglio le sacre scritture.” Rispondendo a Dogen il tenzo concluse: - “Lei è una persona eccellente, ma proveniente dall’estero, non capisce quello che vuole dire l’addestramento allo Zen”, ed il tenzo ripartì”. Più tardi Dogen Zenji ebbe un altro incontro coll’anziano monaco, questa volta lo vide occupato ad asciugare funghi di shiitake sotto un sole cocente. Entrambi questi incontri illuminarono Dogen Zenji sul significato della vera importanza del lavoro manuale, comprese che un lavoro apparentemente ordinario – sebbene non fosse fare zazen o studiare lo sacre scritture – desse comunque un’opportunità eccellente per l’addestramento sulla via dello Zen. Egli iniziò a interpretare la vita come un aggregato di singole scene di tali attività ordinarie, e cominciò a credere che vivere in modo compiuto significasse confrontarsi sinceramente con ciascuna di esse. Noi non possiamo portare a termine qualcosa se non facciamo i nostri compiti quotidiani, come il lavoro nella cucina, con tutta la nostra forza ed intensità. Senza essere lamentevoli, schizzinosi o superflui Quando le cose sono a buon mercato o abbondanti, a volte si compra più di quanto possiamo consumare per poi gettare i gli avanzi ed i resti nell’immondizia. Questo è molto dispendioso per la terra, questo è molto dispendioso per tutti, questo atteggiamente non è rispettoso per il pianeta né per la vita in sé. Sia le persone che cucinano, che le persone che consumano i pasti, devono rendersi conto che i prodotti alimentari sono prodotti della vita, e si deve essere grati per la vita tutta e, per le risorse del pianeta, senza mai sprecare nulla, senza mai gettare nulla, senza mai comprare nulla che non ci serva o si consumi davvero. Il ricercatore della Via Buddista Zen non dovrebbe nemmeno essere schizzinoso sul cibo che gli viene cucinato. Né dovrebbe selezionare troppo i prodotti alimentari, un cibo semplice e nutriente cucinato con dovizia è più che sufficiente. Invece di preoccuparsi di ingurgitare più prelibatezze possibili con gli ingredienti più costosi e lamentarsi dei materiali poveri a portata di mano, il vero ricercatore della Via del Buddha, dovrebbe, ma è meglio dire deve utilizzare ciò che ha con la massima efficienza e gratitudine, in modo tale da avere un atteggiamento positivo verso la vita e coloro che ci aiutano a nutrirci. Inoltre le persone incaricate a cucinare – i tenzo - non potendo esimersi dal preparare i pasti per i monaci sono costretti a mancare la sessione di zazen della mattina e quella

Page 12: Guida Allo Zen

della sera, dovendo, quindi, affrontare tutte le loro attività quotidiane sempre con la mente in zazen. Gratitudine per i pasti e cuochi Il Tenzo prepara il cibo in base agli ingredienti di stagione, considera la vita inerente al cibo nel suo insieme come la vita stessa di tutte le persone per cui cucina, egli compreso. Per quanto riguarda gli ingredienti sceglie i nutrizionali migliori e li considera tutti, mentre li sceglie e li preparara egli tiene in mente i destinatari dei suoi pasti. Come tocco finale, egli offre una preghiera per il cibo ricevuto e per la felicità di coloro che lo mangeranno. I commensali, a loro volta, dimostreranno rispetto per la vita che il cibo da’ a loro e per la sincera devozione del cuoco. Questo scambio mentale tra le due parti placa la fame fisica e spirituale. Coloro che consumano il pasto non devono mettersi a mangiare fino a che il loro aspetto e la postura non sia corretta. Ciò significa che non bisognerebbe andare a tavola in pigiama per la colazione o leggere il giornale mentre si introduce il cibo in bocca. Questo atteggiamento è un insulto sia alla vita intesa come atto alimentare, sia alla cura e all’attenzione del cuoco.

Il Gokan no Ge Prima di qualunque pasto, i monaci ordinati cantano un canto liturgico, il verso dei cinque punti della contemplazione del mangiare, chiamato gokan no ge. Shakyamuni insegnava che il cibo nutre il corpo e coltiva lo spirito. Il rituale del canto del gokan no ge è importante perché permette ai tirocinanti di trasferire nella loro mente e nel loro spirito, ciò che è insito nel loro cibo. Queste cinque linee guida del gokan no ge non si applica solo nel contesto buddista, ma, più in generale a tutti gli esseri. 1. Riflettere ed essere grati per tutte le persone che hanno lavorato, faticato e che si sono adoperate per portare il cibo che si sta per mangiare sulla tavola. 2. Chiedetevi se il vostro comportamento è abbastanza corretto, o se le vostre opere sono abbastanza utili alla gente per meritare il cibo che ora si sta per mangiare. 3. Ricevere il cibo determinati nella disciplina di se stessi, in modo tale da sopprimere i tre veleni: avidità, rabbia e ignoranza che possono offuscare la vostra mente dalla sua innata bellezza e serenità.

Page 13: Guida Allo Zen

4. Ricevere il cibo con il giusto scopo, sapendo che è una buona medicina, per alleviare la fame e la cura di debolezza fisica e mentale. 5. Ricevere il cibo con l'ideale di essere mentalmente e fisicamente forti e raggiungere la via di Buddha. La mente si coltiva anche lavando i piatti. Il pasto non è finito finché i piatti non sono stati lavati e messi via. Come suggerisce la storia di Dogen Zenji ed il Tenzo cinese, lo studio vero e proprio è più di un libro da leggere, ma è la pratica quotidiana. Gli apparenti banali affari della vita quotidiana sono opportunità molto importanti per l'auto perfezionamento. Gli esseri umani tendono a dare tutti loro stessi nei problemi difficili, ma spesso non si dedicano ogni giorno con vero impegno nelle pratiche abituali come la pulizia dei piatti dopo i pasti, proprio perché banali non mettiamo in questi sufficiente attenzione. Questa è una chiara immagine della natura umana. Lasciare i piatti sporchi che si accumulano nel lavandino è un chiaro segno di turbamento spirituale e mentale, perché tutto intorno a noi è uno chiaro specchio che riflette il nostro stato spirituale, emotivo e mentale. Curando le cose che ci stanno intorno poniamo il nostro stato mentale, spirituale e mentale nel giusto ordine, nella giusta prospettiva. In questo senso, tenere in ordine la cucina diventa importante. Tutto (ogni cosa) deve avere un posto dove è facile da usare e da curare. Naturalmente, questo migliora l'efficienza del lavoro. Come la cucina rispecchia la mente del cuoco, così l’ordine del nostro ambiente, l’ordine intorno a noi, coltiva l’ordine mentale nostro. Gli ingredienti selezionati nel cucinare, l’attenzione posta nel mangiare, l’ordine del nostro ambiente, danno chiarezza alla nostra mente e possono impegnare una grande quantità della nostra vita quotidiana. Ma tutto ciò è molto di più che un semplice fornire nutrimento e dare attenzione, tutto ciò fornisce l’opportunità di una vitale importanza per la coltivazione e la formazione di sé. Perché non dedicare un minuto per esaminare il vostro modo di mangiare e di cercare di rendere il tutto più significativo?

Fiori per gli altri

Il piantatore di albero ciliegio Ryoji Sato era un conducente di autobus interurbano che trovò l'idea di piantare una fila di alberi di ciliegio su ogni lato della strada pubblica lungo tutto il suo percorso stradale. Per 12 anni usò il suo tempo gratis per piantare alberelli. Morì all'età di 47 anni con più di 2000 alberi di ciliegio piantati. Un film tratto dalla sua storia toccò profondamente il pubblico giapponese, e anche se il signor Sato ora è morto, le persone ancora oggi si deliziano guardando i bei fiori che ogni primavera adornano quegli alberi che lui stesso ha piantato. Questa persona portò fiori che aveva nel cuore nel cuore di altre persone. Ci rattrista per pensare che tutti gli esseri umani debbano morire, ma ci sono molti modi per far si che le nostre vite continuino ad esistere nelle menti altrui.

Page 14: Guida Allo Zen

Allargare la nostra vita limitata Facciamo fatica ad accettare l'inevitabilità della morte per tutte le cose viventi. Gli esseri umani fondamentalmente vogliono vivere per sempre. Nell’antica Cina in molri hanno cercato un elisir di immortalità, ma Shakyamuni il Buddha non ha mai pensato una cosa del genere. Invece, egli ci ha insegnato che, dal momento che abbiamo questa vita, ciascuno di noi deve far tesoro di essa per viverla al meglio. Ha anche insegnato come allargare la nostra vita limitata attraverso la compassione e di vivere e di agire per gli altri. Agire altruisticamente è la causa dei fiori che sbocciano nei cuori degli altri. Allo stesso tempo, Shakyamuni ci ha insegnato che le menti delle persone che coltivano questo insegnamento sperimeteranno una felicità. Il dolore che si confronta, il dolore e la sofferenza. In tutta la vita, dall’asilo infantile alle scuole superiori, nel posto di lavoro e finanche alla vecchiaia, noi esperimentiamo molte unioni e separazioni da ciò che viviamo e conosciamo. Nuovi incontri, nuove conoscenze, nuove esperienze inspirano in noi aspettative ed incertezze, mentre le separazioni dalle vecchie conoscenze, da ciò che si conosce e si ama ci rendono tristi e più spesso addolorati. Né le unioni né le separazioni vanno mai come noi le avevamo progettate. Le separazioni poi, sono molte e varie, ma le più dure sono quelle della eterna morte. Non possiamo sperare di essere insieme per sempre con coloro che amiamo, e non possiamo pretendere che le cose siano per sempre. Questo genera in noi uno stato di sofferenza. Inoltre le altre cose della nostra vita spesso non vanno mai come noi vorremmo o come la avevamo progettate. Shakyamuni definì questa caratteristica della vita, e tutte le sue apparenti contrarietà, in termine di otto tipologie differenti del soffrire umano. Prima o poi, tutti dobbiamo confrontarci con il dolore e la sofferenza, e quando ciò accade, noi troviamo grande appoggio ed incoraggiamento nella gentile compassionevolezza delle persone che stanno intorno a noi. Shakyamuni enfatizzò fortemente l'importanza di una compassione con tutto il cuore.

Page 15: Guida Allo Zen

Non indugiare mai; Apprezza la vita. Per persone che desiderano una conoscenza più approfondita degli insegnamenti di Dogen Zenji, questa nuova serie di “Guida allo Zen” prende alcuni brani dallo “Shobogenzo Zuimonki”, (una raccolta dei detti più importanti del maestro, preservata dal suo discepolo Koun Ejo Zenji). Inteso più come orientamento personale per la sua propria crescita spirituale e non come un libro per la rivelazione della vera pratica ad altri, lo “Shobogenzo Zuimonki” fu scoperto dai discepoli di Koun Ejo Zenji e successivamente risistemato in ordine dopo la sua morte. In questi piccoli brani tratti dal testo classico è più semplice comprendere l’insegnamento di Dogen Zenji che non dal suo testo integro e più ufficiale. Sebbene originalmente lo Shobogenzo Zumionki fu creato per guidare i monaci, oggi, dopo sette secoli, esso è ancora un'indicazione molto potente per la vita dei monaci ed il laicato.

Le persone che intendono studiare il Buddismo non devono posticipare la pratica della via [gyodo]; diligentemente, ogni giorno ed ogni ora, essi non devono mai sprecare il momento presente. (Vol. 1, sezioni 6) Che cosa intende Zenji quando dice gyô-do? Generalmente con l’ espressione gyôdo si intende la maniera, il modo di vita, le pratiche al di fuori del quale gli esseri umani non dovrebbero andare. Però Dogen Zenji qui lo usa per riferirsi ad una disciplina monastica ferrea, come è illustrato da questi due esempi: In un esempio, egli cita che una persona malata dovrebbe subitaneamente cominciare a studiare il buddismo prima che la malattia peggiori ed egli muoia. In un’altro caso dice che se una persona decide di cominciare lo studio del buddismo, non deve specificamente provvedere a procurarsi il vestito da monaco (kesa) e la ciotola da mendicante (oryôki) poiché potrebbe morire prima ancora d’aver ottenuto il kesa e l’oryôki. In questi due esempi Dogen Zenji sta solo raccomandando alle persone che non sono ancora entrate nello studio del buddismo a darsi da fare senza dilazione di tempo; la persona malata quindi dovrà fare qualcosa prima che la malattia peggiori. Che ne sará di lui infatti se la malattia dovesse peggiorare? Perciò Dogen suggerisce che dovrá cominciare lo studio prima che sia tardi, per abbracciare la via del Buddha.

Page 16: Guida Allo Zen

Il laicato Il secondo dei due esempi indica che una persona può anche praticare la via buddista senza il kesa monastico e la ciotola del mendicante, poiché essi sono solamente oggetti e non la via. La vera via buddista non ha niente a che fare col vestire o no vestira il kesa (l’abito monacale). Con queste parole Dogen non pone l'accento sull’importanza della disciplina monastica, ed anzi, riconosce anche una disciplina laica. La via buddista infatti è la sola cosa importante, poiché essendo l’ignoranza (avidya) degli uomini la causa stessa della loro sofferenza, ogni persona dovrebbe abbandonare immediatamente ogni inutile frivolezza e cominciare seriamente a disciplinarsi nella studio della pratica prima che la morte lo colga ancora nell’ignoranza. È questa ignoranza, di fatto, la causa della produzione di un karma di sofferenza, ed è anche causa di una rinascita peggiore se abbandoniamo questo mondo nella paura e nell’angoscia generato dall’ignoranza. Fai quello che nessun’altro può fare Cosa fa di questa ricerca della via qualcosa di tanto importante? La ricerca della via significa migliorarsi, anche nelle piccole cose, e migliorando noi stessi portiamo un poco più di interesse e rispetto anche negli altri. Chiunque, infatti, sia monaco o laico, di qualunque età e di entrambi i sessi può farlo. Ogni essere umano ha un significato innato. Ognuno ha qualche cosa che, inerentemente, a lui o lei solo può fare, e avanzando anche a piccoli passetti ogni giorno siamo più vicino a ciò che vogliamo realizzare, e mentre facciamo questo per noi, facciamo anche qualcosa anche per altri, dando così un significato alla vita. Se noi esaminiamo la nostra vita quotidiana ci accorgiamo che sprechiamo una quantità sorprendente di tempo su cose veramente molto banali. Quanto di quello che hai fatto oggi è stato davvero importante? Distratti dalle cose, vogliamo o sentiamo di fare qualcosa per quelle cose che ci attraggono, e siamo sempre dietro a correre a tutte queste cose superflue ed inutili, così noi posticipiamo quello che è veramente importante rimandando sempre domani. Poi, quando arriva il domani, lo posticipiamo di nuovo. Un poeta una volta ha scritto: "Oggi è come ieri, e domani sarà lo stesso." È triste pensare che la maggior parte delle persone finisce così la sua vita ... in un banale nulla di fatto, in una corsa edonistica al soddisfacimento del piacere momentaneo, svuotati da ogni senso per la vita, in un vuoto di significato esistenziale pieno di sofferenza intrinseca. Afferrati dal senso di un ineluttabile “non sense” di ogni cosa, ci sentiamo profondamente frustrati, vuoti, angosciati da una insostenibile sofferenza (Buddha chiama questa sofferenza “Dukka”, per questo afferma nella prima delle quattro nobili verità: - “tutta la nostra vita è piena di questa sottile e profonda sofferenza”) alla quale noi tentiamo di fuggire con l’inesauribile ricerca del piacere attraverso gli oggetti ed i concetti.

Page 17: Guida Allo Zen

Cos’e quindi davvero importante? Per alcune persone, lo Shobogenzo Zuimonki è un apertura della coscienza. Indica quello che è veramente importante. Ci incalza ad abbandonare tutto per ciò che è veramente importante. E ci indirizza a non posticipare i problemi vitali affogandoci nell’ebbrezza degli oggetti e dei piaceri sensoriali, essi sono momentanei, perché nulla rimane per sempre. La seconda nobile veritá ci dice infatti che tutto è impermanente, niente rimane uguale, è una illusione della mente la permanenza, e da questa illusione nasce dukka, la sofferenza. Sebbene la tecnologia moderna allevia alcuni dei nostri compiti quotidiani, con cui una volta dovevamo confrontarci faticosamente, regalandoci più tempo da dedicarci, quel tempo che oggi abbiamo in più non lo usiamo per dedicarci alla ricerca dell’essenza della nostra esistenza, ma anzi lo usiamo ancor di più per intontirci e soffocare quella sensazione di vuoto e sofferenza (dukka) che permea la nostra esistenza. Viviamo ancora più sofferenti di prima, ancor più angosciati, in un vuoto incolmabile a cui niente sembra porre fine e di cui le malattie mentali in aumento denotano l’impellente necessità di uscire da questo stato di ignoranza. Quanti di noi accantonano tutto ciò di cui si ubriachano quotidianamente - televisione, videogiochi, sport, eventi, discoteca, ecc.. - per dedicarci un momento al Sé, quanti di noi lasciano tutto per dedicarsi a qualcosasa di veramente importante per sé stessi, come la ricerca del proprio essere, la pace interiore? Quanti smettono di correre dietro a ogni oggetto dei sensi per comprendere il perché di questa folle corsa? Una piccola differenza separa terra e cielo; similmente una piccola differenza in un atteggiamento quotidiano può determinare se portiamo a termine grandi cose o nulla nella vita. L'idea sta allarmando! Nel Buddismo noi non dobbiamo essere né generosi né ingenerosi con le nostre vite. (Vol. 1, sezioni 6) Devono tutti gli ammalati iniziare subito lo studio del buddismo? Nel passaggio anteriore dello Shobogenzo Zuimonki è stato evidenziato il fatto che una persona ammalata non dovrebbe posporre nel cominciare uno studio buddista. Allo stesso tempo ci viene spiegato di non abusare del nostro corpo al di fuori della buona volontà di non morire senza aver appreso lo studio della via buddista. L'insegnamento vaglia tutto in esame: se è sbagliato posporre lo studio zen nell’interesse stesso della malattia, è ugualmente sbagliato ignorare la malattia e lanciarsi in un percorso di disciplina imprudente e ottuso senza prima curarsi.

Page 18: Guida Allo Zen

Anche se l’abito e la ciotola del monaco sono utili nella pratica monastica, la loro presenza o mancanza è del tutto irrilevante nel seguire lo studio del buddismo. Se è sbagliato posticipare lo studio dello Zen fino a ché non ci si procuri tali oggetti, ugualmente è sbagliato scartarli quando siano sulla vostra mano. Similmente, se un uomo ammalato sbaglia a postdatare lo studio Zen fino a che non ottenga la buona salute, è altresí sbagliato frenarsi dal guarire dalla malattia nella convinzione che la sua morte non faccia differenza. Essere generoso della vita è apprezzare le cose Con questo Dogen Zenji ci invita a non essere disdegnosi nei riguardi della vita ma, al contrario, nell'interesse del studio Zen, apprezzare la vita come un dono. Un episodio della vita di un comandante militare giapponese illustra molto bene ciò che si vuole dire. Ishida Mitsunari (1560-1600) lottò contro le forze di Tokugawa lyeyasu (1542.1616) per prevenire il crollo della famiglia Toyotomi ed il loro dominio su quelle terre. Sconfitto e catturato, come di consueto, Ishida fu messo in una gabbia di bambù per essere trasportato alla sede centrale della famiglia Tokugawa. Sulla via, una guardia ebbe pietà di lui e gli offrì un persimmons. Ishida Mitsunari allora rifiutò l’offerta e disse: "no grazie, sei molto gentile questo, ma preferisco non mangiarli. I persimmons sono dannosi alla salute.” A quei tempi, in effetti, si pensava davvero che i persimmons fossero dannosi per la salute Ridendo di ciò, la guardia ribattè: "Ma perché ti preoccupi se sono dannosi o meno? domani sarai un uomo morto! Che t’importa; mangiane qualcuno." Nell’udire questo, Mitsunari gli rispose: "Se avessi la minima idea di quello che stai dicendo, non parleresti affatto cosí." Lui sapeva che sarebbe stato giustiziato il giorno seguente. Ma in quel momento era ancora vivo; e finché lui era vivo, lui intendeva aver cura del corpo. Un corpo che aveva dedicato alla casa di Toyotomi fino al suo ultimo respiro. I giapponesi più sensibili compresero questa storia, e si passarono la voce di come una persona che non disdegna la sua vita se ne prende cura fino alla fine.

Page 19: Guida Allo Zen

O-bon: Antenati ed il cosmo I vari importanti eventi delle stagioni ci fanno felici di essere buddisti ed di condividere questa felicità con le nostre famiglie. In Giappone, l’anno nuovo, il compleanno del Buddha Shakyamuni (Hana-matsuri), O-bon, e gli equinozi di primavera e autunno (O-higan) sono celebrati in casa e nei templi secondo gli insegnamenti del Buddha. Esamineremo ora questi eventi stagionali uno alla volta, discutendo i loro backgrounds culturali ed osservando gli aspetti più significativi. Il grande “Continuum” O-bon è celebrato per quattro giorni dai 13 al 16 luglio (agosto in alcune regioni). È un importante evento, è l’occasione attravero il quale viene dato agli spiriti dei morti l'opportunità di stare con i viventi. Preti e parenti dedicano grande cura nel fare offerte ai morti, recitando a memoria sutra alla famiglia sugli altari buddisti e sulle tombe. Durante l’O-bon, i viventi intrattengono conversazioni con gli spiriti dei morti. Portano offerte di cibo sull'altare di famiglia e dividono i pasti con gli spiriti. Poi, trascorsi alcuni giorni insieme, i vivi concludono l’O-bon dando agli spiriti un commiato d’addio nell'altro mondo. Questa riunione del passato con i defunti dura una volta all’anno, affranca il cuore delle persone affrante e guarisce gli spiriti dai loro vincoli terreni, confortandoli ed invitandoli ad andare in pace. Con questo rito i vincoli familiari vengono rinforzati, soprattutto quando i parenti che di solito sono troppo occupati per stare insieme, spendono un po’ di tempo gli uni con gli altri per ri-comprendere il loro vincolo di appartenenza ad una grande corrente di vita che si estende dagli antenati più distanti fino ai più recenti discendenti. Il giorno degli spiriti dei morti O-bon, diventa il centro di scambio per trascendere la mortalità. O-bon è il momento perfetto per essere grato ai vincoli familiari e per allietarsi di essere parte di un grande continuum collegato agli antenati. Il giorno di O-bon risale all’India dei tempi di Shakyamuni Buddha. In quei tempi, la stagione piovosa (da metà aprile a metà luglio) costringeva ordinariamente i monaci buddisti, erranti per scelta, a stabilirsi in un luogo e rimanervi, così loro si concentravano sulla disciplina della meditazione in zazen. Poi il 15 di luglio, facevano una sessione di auto-critica, ed ogni monaco spontaneamente esponeva le sue mancanze, facendo voto di non commettere di nuovo le stesse. Durante questo tempo passato in ritiro, Shakyamuni indicò che sarebbe stato una buona cosa se la gente avesse fatto offerte di cibo ai monaci. Questo è la storia di come il rito di O-bon cominciò. Più tardi, quando il Buddismo si presentò in Cina, durante la prima fase della sua adozione, l’o-bon fu associato con l’adorazione degli antenati, sulla base di una storia detta da Maudgalyayana, che poi fu uno dei Dieci Grandi Discepoli di Shakyamuni. Maudgalyayana, uomo dotato di grandi poteri soprannaturali, vide una volta lo spirito di sua morta madre che soffriva nei reami della fame e della sete. In concordanza con l’insegnamento di Shakyamuni fece alcune offerte di cibo a monaci il 15 di luglio, così salvò l'anima della sua adorata madre dalla sofferenza.

Page 20: Guida Allo Zen

Dalla parola sanscrita “ullambana” si estrae il termine giapponese “urabon”. Da qui il termine “bon” che è la forma contratta di “urabon”, con l’aggiunta di un “O” onorifico. “Ullambana” vuole dire soffrire come se si fosse appesi al rovescio per i piedi e, come suggerisce l'augurio di Maudgalyayana per salvare sua madre, deve sviluppare nell’intimo di chi offre l’intento di salvare gli antenati dalla sofferenza. Il “Soto Zen” pone l’accento sull'importanza delle offerte quotidiane ai propri antenati, con il desiderio e l'augurio di proporre una devota compassione agli spiriti delle persone scomparse. Attraverso una pratica quotidiana, cominciando con le offerte agli antenati delle famiglie, estendiamo la nostra compassione attraverso i nostri sforzi rituali per la consolazione degli spiriti degli antenati distanti, anche quelli non correlati a noi. Noi crediamo che con questa attitudine nel cuore, le offerte sono perfezionate e vengono a manifestare un beneficio uguale per tutti gli spiriti di tutto il cosmo. Ospitalità Anche se O-bon fu portato in Giappone dalla Cina, il modo distintivo giapponese di osservare questo rito risulta in collegamento profondo con l’adorazione degli antenati indigeno che esisteva antecedentemente l'arrivo del Buddismo. Oggi esso è uno dei più importanti e profondi culti del buddismo giapponese. Molte persone ritornano alle loro citta di origine solo per stare insieme alle loro famiglie e visitare insieme i cimiteri. Molti devoti nei giorni di O-bon visitano più che mai i templi buddisti che nel resto dell’anno. Prima del primo giorno di O-bon, le famiglie dei devoti preparano una mensola di fronte all’altare degli antenati, nel quale poi vengono poste le varie offerte, Placche commemorative sono rimosse dall’altare di famiglia e poste posti più rialzati nel mezzo delle mensole. Attorno a loro vengono poste offerte con frutta, verdura e acqua, candele, incensi e fiori freschi. Effigie di cavalli e mucche fatte di cetrioli e melanzane servono nel loro viaggio gli spiriti ancestrali da e per il mondo dei vivi. Ognuno si reca al cimitero per rendere omaggio alle tombe dei morti, dove poi vengono pulite le lapidi e offerti fiori freschi. Ogni sera, di fronte la porta di casa, piccoli ceri di lino per dare il benvenuto agli spiriti, che poi vengono portati dentro casa per accendere le candele sulla mensola del O-bon. In una scena di pace e felicità, uomini e donne, giovani e vecchi compiono danze per consolare gli spiriti. Per i preti buddisti viaggiare tra le case dei loro parrocchiani per recitare sutra durante l’O-bon è un dovere importante. L’O-bon poi il momento per offrire insieme ospitalità agli spiriti e per promuovere scambi spirituali tra laici e clero.

Page 21: Guida Allo Zen

Stringere i legami. Il costume buddista ci esorta a vivere insieme con spiriti ancestrali come se fossero fisicamente presenti durante l’O-bon. Durate il pasto dividiamo il cibo della famiglia con loro e ritorniamo a ricordare le loro storie passate. Sebbene invisibili, i defunti sono presenti nei nostri cuori e vivono con noi. Dopo questo periodo di condivisione dell'ospitalità, il giorno 16, l'ultimo giorno dell'osservanza, diamo di nuovo agli spiriti un saluto di commiato al loro mondo di post mortem. Ancora una volta, noi accendiamo i piccoli fuochi di lino davanti alla porta di casa. Oppure in alcune parti del paese, piccole lanterne illuminate di carta sono messe a galla su fiumi o sul mare. Nel saluto piacevole di questo commiato, noi esaminiamo i nostri cuori e facciamo tesoro di ogni singolo giorno affinché, ancora una volta, sia tempo per accendere l'o-bon che dà il benvenuto agli spiriti. Sebbene le usanze delineate qui sopra sono usuali in Giappone, qualche volta il tempo ed il luogo rende difficile mantenere le tradizioni vive. La cosa più importante però, non è la forma che la nostra ospitalità rende, ma la sincerità del nostro atteggiamento. Quello che veramente conta è riaffermare e rinforzare il legame della famiglia, dimostrando l'affetto per i nostri antenati e godendo nel spendere un po’ di tempo con loro e con gli altri membri della famiglia. L’ambiente naturale Oggi, molti giapponese sentono l’O-bon più forte quando un membro di famiglia appena è morto. Ma noi non dobbiamo solo ricordare i morti di recente, ma anche gli antenati piú remoti che non abbiamo mai visto e da cui tutta la famiglia ha avuto origine, spiriti correlati. Inoltre, il buddismo sotto influsso animista, insegna che gli spiriti risiedono negli ambienti naturali come montagne, fiumi, piante, alberi e pietre. Che essi vanno rispettati al pari dei nostri defunti, ed essere riverenti anche nei confronti della natura è parte dell’O-bon. Forse il costume giapponese di offrire frutti stagionali e vegetali e freschi fiori di campo manifesta questa riverenza universale. Il semplice desiderio di apprezzare lo spirito della natura può contrattaccare l'inquinamento ambientale che affligge il mondo intero oggi. Presi dal turbine degli affari quotidiani e del lavoro, qualche volta dimentichiamo che le nostre vite dipendono dagli spiriti della terra. Fare offerte regolari e devote a questi mantengono le anime dei morti vive nel mondo del post mortem. Questo anno a O-bon, fermati un momento a pensare su relazioni spirituali che trascendono vita e morte, sullo spirito della terra che sopporta tutto il nostro consumo, e sul nostro collegamento con il cosmo. Le sacre scritture Le sacre scritture buddiste contengono gli insegnamenti a voce del Buddha durante la sua missione, che più tardi furono sistematizzati da altri in un compendio. Qui vengono delineati il modo in cui questa enorme raccolta di sacre scritture fu formata e ci concentrereni su quelli che sono di importanza speciale per il Soto Zen. Inoltre, faremo un’introduzione generale sui libri di base, sugli insegnamenti e sulla dottrina in linea con quello che c’è scritto nelle sacre scritture.

Page 22: Guida Allo Zen

. Le prime scritture Per buddisti i detti di Shakyamuni hanno autorità assoluta perché il Buddismo è fondato su ciò che il Buddha insegnò loro. La compilazione organizzata di quelli detti, si chiamano “sacre scritture” (kyo-ten in giapponese, sutra in sanscrito) e corrisponde – anche se non v’è rivelazione divina - più o meno alla Bibbia cristiana ed al Corano islamico. Nell’India antica, dove il Buddismo naque, il sanscrito era la lingua classica e standard. La parola sanscrito “sutra”, sebbene designata per indicare gli insegnamenti del Buddha Shakyamuni, non era un termine specificamente buddista, ma significava filo, linea di connessione. Come bei fiori che si attaccano ad un filo per formare una ghirlanda, le splendide parole del Buddha sono cucite insieme per farne un sutra. Gli antichi bramani chiamavano queste sequenze “corde di splendidi aforismi” cioè “sutra”, ed i buddisti adottarono la stessa parola per riferirsi agli insegnamenti di Shakyamuni. Evoluzione Dopo la morte di Shakyamuni i suoi discepoli diffusero i suoi insegnamenti di parola in parola. Diventando gradualmente preoccupato sulle possibilità del fallimento della tradizione vocale ed per evitare l’errore, Mahakashyapa, un discepolo principale del Buddha, chiamò in consiglio i 500 maggiori seguaci del Buddha per mettere gli insegnamenti in ordine. Ananda che aveva la migliore memoria, recitò a memoria tutti gli insegnamenti che poi vennero chiamati sutra. Upali che era migliore ad attenersi ai precetti recitò a memoria i regolamenti dell'ordine, che furono chiamati vinayas. Dopo che il consiglio intero comparò questi racconti con le loro proprie memorie, li approvò e Mahakashyapa li compilò. E questo fu come naquero le sacre scritture. Il processo di recitazione a memoria e del sentire la parola del Buddha Shakyamuni condusse alla caratteristica che apre ogni frase dei sutra: "Così io ho sentito." Con il passare del tempo, vari commentari ed interpretazioni si aggiusero e accumularono ai sutras ed alle vinayas. Questi furono raccolti in quello che è chiamato lo shastras e che completa il Tripitaka o “tre cesti delle sacre scritture”: gli insegnamenti, i precetti, ed i commentari. Ai Tripitaka fu dato finalmente forma scritta nel primo secolo a.C. Inizialmente i testi furono scritti su foglie di palmetto e allacciate insieme in fasci di molti strati. Molte copie dei Tripitaka trovarono la loro strada verso il Giappone. Più tardi, altri numerosi lavori di sacre scritture risalenti al periodo Mahayana furono aggiunti al canone buddista che divenne così ad essere immenso e siccome il Buddismo si sparse per molte terre, il canone intero fu compilato e pubblicato sia in Cina, che in Tibet, in Corea ed in Giappone dove è stato chiamato l'Issai-kyo o il Daizo-kyo. Le sacre scritture Mahayana Le sacre scritture formulate dai discepoli dopo che Shakyamuni morì è chiamato comunemente le scritture di Agama. Come è stato indicato, col passare del tempo, molti commentari su queste scritture furono sviluppate, dando luogo alla produzione di molti capolavori dotti. Alcune persone quindi obiettarono che questa abitudine verso l’interpretazione scritturale era andata ben troppo lontano, e che ci fosse il serio pericolo di dimenticare la pratica originale che aveva esposto lo stesso Shakyamuni.

Page 23: Guida Allo Zen

Volendo quindi ritornare alle basi iniziali del buddismo, queste persone generarono quello che venne chiamato il movimento Mahayana o movimento buddista del “grande veicolo” e denominó il vecchio movimento hinayana o “piccolo mezzo o veicolo”. Come il movimento Mahayana crebbe, produsse anch’esso un numero enorme di proprie sacre scritture. Circa all'inizio dell’attuale epoca naque la “Prajnaparamita sutra”, o Sutra della Grande Saggezza, esponendo le sei pratiche – paramita - che conducono alla conoscenza della verità ed alla illuminazione. Approssimativamente 200 anni dopo, Nagarjuna scrisse trattati sul paramita e sulla shunyata (la verità fondamentale mahayana). Inoltre altre scritture buddiste più esoteriche seguirono nei successivi 600 anni. Lontano dall’essere state scritte da Shakyamuni, le sacre scritture Mahayana non contengono una parola delle sue espressioni. La maggior parte di queste sono state scritte dal punto di vista degli insegnamenti di Shakyamuni da esseri e bodisattva che si sono illuminati nei secoli. Si dice qualche volta che in esse manchino il valore delle cose dette realmente dal Buddha. Tuttavia esse sono considerate sacre perché contengono la verità con la quale egli stesso fu illuminato, incarnano e furono intese con il senso di propagare lo spirito stesso degli insegnamenti di Shakyamuni ed indirizzare alla sua esperienza intima. Perció è considerato un bene leggere queste sacre scritture, memorizzarle, recitarle e salmodiarle ad alta voce, capirle ed interpretarle correttamente, e inoltre farne copie per i posteri. Sacre scritture e libri di base In Giappone i fondatori di vari ordini buddisti selezionarono dalle sacre scritture contenuti che hanno poi sostenuto per le loro proprie filosofie, e che poi, alla luce della loro fede ed esperienza, hanno riordinato per creare quello che qui viene definito come libri di base. Comunque il Soto Zen non si appoggia su nessun specifico sutra. L'atteggiamento del Soto Zen infatti è che, per quanto si faccia teoria sulle scritture, gli stessi testi scritti non potranno mai rivelare l’illuminazione. L'essenza dell’illuminazione “Zen”, infatti, è trasmessa ed emessa in altro modo. Rimanendo a distanza dalle sacre scritture, pur tuttavia conoscendole. Lo Zen Soto enfatizza l'importanza del raggiungimento dell’illuminazione solamente attraverso la pratica dello zazen. Nondimeno, molte sacre scritture sono lette estesamente dai seguaci del Soto Zen come per esempio: “il Sutra del Cuore della Saggezza”, “il Sutra del loto”,“il Nirvana Sutra” e così via, più come orientamenti per l’esperienza del vissuto comune. Di grande importanza per il Soto Zen quindi è il libro di base “lo Shobogenzo” (95 fascicoli) di Dogen Zenji, e la compilazione dei suoi discorsi, da lui chiamata “lo Shushogi”, ed infine il “Denkoroku” di Keizan Zenji. Eitai-ji (Provence, Francia) Il tempio che Eitai-ji è stato fondato nel 2000 per servire come base per il lavoro dei missionari del Soto Zen in Europa. I suoi affezionati residenti praticano zazen e conducono un diligente programma di addestramento ogni giorno.

Page 24: Guida Allo Zen

Scopo del fondatore Con il completamento dei preparatori collegamenti amministrativi il tempio Soto Zen di Eitai-ji è divenuto operativo nel 2000. Il 24 febbraio 2000, fu concluso un accordo per acquisire la terra con un consiglio di notai. Il fu Taishun Sato Zenji ed il fu reverendo Taisen Deshimaru furono onorificiati del titolo di fondatori. Il reverendo Ryotan Igarashi, che stava già facendo il lavoro di missionario in Europa, divenne immediatamente il missionario di residenza, e a partire dal primo marzo lasciò Parigi alla volta di Eitai-ji. Con una stima di circa tre milioni di buddisti oggi in Francia, le informazioni sul buddismo sono più disponibili al pubblico attraverso periodici e gli altri media di informazione. I francesi sono attratti dal buddismo e dallo Zen come da qualcosa di calmo e profondo, come indica spesso l'uso della parola Zen che viene associato con prodotti che richiamano questo tipo di evocazione. Sotto queste circostanze verranno addestrati nuovi leader religiosi, pronti ad intraprendere il vigoroso cammino previsto per gli anni a venire, pronti a organizzare le attività, e di ciò vi è un impellente bisogno. Questa è stata la funzione della nascita di Eitai-ji. La promessa di Eitai-ji è quella di diventare un tempio Zen internazionale, per l’incontro di tutte le genti, giapponesi, europei ed americani. È perciò essenziale per la corrente Soto Zen assumere nell'insieme la direzione di questo tempio e di promuoverne il progetto. Luogo remoto L'Eitai-ji è localizzato nell’altopiano della Provenza, approssimativamente a 150 chilometri da Nizza. Visto dalla sua ubicazione piuttosto remota, le bianche vette delle Alpi brillano nella distanza lungo la Costa Azzurra che si estende da est di Marsiglia attraverso Monaco fino al confine italiano, ricorrrendo così tutti i posti piu noti come, Cannes, Nizza, e Monte Carlo. Oltre al mare, la regione vanta un entroterra meraviglioso dove le persone possono godere di attività sportive come canottaggio, paracadutismo, trekking e sci. Il Parco Nazionale delle Alpi Mercantor, con la sua flora insolita e la sua fauna meravigliosa è molto vicino al tempio e tutt’intorno, si possono ammirare piccoli paesini pittoreschi che si incorniciano tra i pinnacoli di queste bellissime montagne. Il volo da Parigi Orly all’aereoporto della Costa Azzurra, Nizza, prende circa un'ora e mezza. Da lì si prosegue per la strada pubblica Nazionale 202 che si collega alla valle accanto al Fiume Var attorno a Digne. Approssimativamente a 70 chilometri da questa strada circa a metá percorso c’è la città di Puget-Theniers che ha il minimo necessario per le necessità di ogni giorno, un ufficio postale, una banca, un supermercato, e alcuni negozi per la vendita di materiale da costruzione.

Page 25: Guida Allo Zen

La prossima stazione sul percorso è la città di Entrevaux, una città di confine, una fortezza medievale molto popolare ai turisti. Da qui, è necessario salire per una carrettiera che serpeggia attraverso le montagne e, finalmente, passato altri due o tre villaggi si arriva al villaggio di La Rochette. L'Eitai-ji si trova a due chilometri oltre, salendo per una strada campagna da La Rochette. Le proprietà del tempio occupano approssimativamente 200 ettari in mezzo alle montagne ad una altezza di circa 1,100 metri. I’intero luogo si affaccia a Sud e domina su una vista panoramica senza uguali. Anche se la neve cade molte volte all’anno durante l’inverno, si scioglie molto rapidamente ed il sentiero è sempre praticabile. Osservazioni Noi del tempio di Eital-ji appena abbiamo cominciato, ma stiamo seguendo il nostro modesto addestramento con le seguenti osservazioni: 1) Una sessioni di zazen della durata di una settimana alla fine di ogni mese per residenti e partecipanti ospiti. Nonostante i costi siano considerevoli per il trasporto da Parigi e per partecipare alla sesshin, le persone vengono ogni fine mese, alcuni di loro desiderano fare anche soggiorni estesi. Esse si svegliano con noi alle tre di mattina e conducono otto sessioni di zazen quotidiano. Ci sono attualmente solamente quattro residenti. 2) Durante i loro i soggiorni di tre mesi, Ricardo Dokyu e Gose Mokugen che addestrarono qui al tempio Eihei-ji si incaricano di guidare con il salmodiare del servizio della mattina il comportamento dignitoso degli officianti. 3) Durante le festività di maggio e agosto del 2000 conducemmo alcuni programmi di lavoro (fushin). Quattro sessioni di zazen furono tenute dalla mattina alla sera. Durante il giorno, i residenti lavorarono sodo per riparare alcuni lavori urgenti necessari: riparazioni della strada, riparazioni del tetto e riparazioni del pavimento e del soffitto nella sala di zazen provvisoria. Così i risultati furono realizzati ad un minimo costo, ed in più con grande professionalità. (4) Grazie al contributo di un lavoro di cooperazione siamo stati capaci di tagliare molta legna da ardere per tutto l'inverno.

5) Incoraggiati dal nostro buon raccolto di ravanelli e di daikon e bok-choy, intendiamo di piantare più cose per questo anno. 6) Il numero di partecipanti che Eitai-ji attualmente riesce a gestire nelle sessioni di zazen può variare da otto a 15 persone. Sebbene i residenti non debbano pagare niente, loro

Page 26: Guida Allo Zen

non ricevono nessuna remunerazione per il lavoro svolto. L’edificio principale sta attualmente e temporaneamente servendo sia da sala di zazen che da sala principale di studio, tuttavia stiamo prendendo nuove iniziative e pensiamo di crescere andando avanti. 7) Stiamo cercando di adattare le pratiche, le regolamentazioni e le osservazioni in concordanza con la scuola Soto Zen. Condizioni attuali La nostra lingua di base è chiaramente il francese, ma tutte le nostre esposizioni sono state tradotte in inglese, alcuni nostri partecipanti hanno dimostrano un interesse fervente nello studiare gli insegnamenti di altre scuole buddiste. Speriamo che comprendiate che il lavoro fisico sará parte integrante della vostra permanenza, qui lavorerete nel nostro orto e ci aiuterete a riparare eventualmente anche gli edifici, tutto ciò sarà combinato con la pratica dello zazen al fine di fare al tempio di Eitaiji la forma del vecchio stampo giapponese. I nostri compiti principali sono piantare alberi e fare del giardinaggio in modo tale da migliorare la naturale bellezza del panorama e coesistere con i cinghiali, cervi e capre selvatiche.