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GUERRA PARTIGIANA NELLA BASSA VALLE D’ AOSTA Valle del Lys - Luglio 1944 Nell’estate 1944 il movimento partigiano, favorito dallo sviluppo della situazione italiana e internazionale, si consolidò e si estese. Fin dall’l l maggio le armate anglo-americane avevano ripreso l’offensiva occupando Roma il 4 giugno, Pisa e Ancona il 19 e il 23 luglio. La guerra sembrava volgere rapidamente verso la fine e i Comitati di Liberazione Nazionale, i Comandi Partigiani facevano i loro piani e ogni sforzo politico, organizzativo, militare per essere pronti ai com- plessi compiti che li attendevano, mentre dal cielo calavano con armi e materiali aviolanciati le prime Missioni militari inglesi. Avanzavano gli anglo-americani e avanzavano anche i partigiani occupando qua e là in Piemonte lembi di territorio fuori dalle grandi vie di comunicazione tenute saldamente dai Tedeschi; occupando vallate secondarie destinate a diventare basi di maggior respiro per le formazioni in sviluppo da una forza di distaccamento a quella di una brigata, e regioni libere, dove potesse svolgersi un principio di vita democratica. Nella zona montuosa tra Ivrea e Verrès, che va sotto il nome di Bassa Valle d’Aosta, agivano nel luglio 1944 da una parte e dal- l’altra della Dora Baltea formazioni partigiane di diverso colore: giellisti, autonomi, garibaldini e matteottini. Il territorio confina con il Biellese, il Canavese e l’Alta Valle d’Aosta, e comprende alla sinistra della Dora i comuni di Arnaz, della Valle del Lys (Gresso- ney), di Carema, Settimo Vittone, Andrate e Donato; alla destra i comuni di Champdepraz, Issogne e della Valle di Champorcher. La situazione politico-militare della Bassa Valle rifletteva l’anti- fascismo d’allora con la sua divisione in partiti (liberale, democratico cristiano, d’azione, socialista e comunista); dalla tradizione alla rivo- luzione. E si tenga presente che il colore politico locale più che nella popolazione lo si trovava accentuato nelle formazioni partigiane. In Piemonte, come altrove, ciascun partito aveva le sue forma- zioni militari, ciascuno pur essendo schierato nel fronte unitario del- la lotta antifascista che in alto si esprimeva con organismi unitari quali il Comitato Piemontese di Liberazione Nazionale e il Comi- tato Militare Piemontese, cercava di guadagnare terreno sugli al- tri, di assicurarsi una posizione predominante. L’unità antifascista entro i C. L. N. si stava realizzando gradatamente al centro, più len- tamente alla periferia. Dopo la fucilazione dei membri del primo Comitato Militare nel marzo 1944, il quale aveva appena iniziato una difficile opera di chiarificazione e di coordinamento delle bande, ogni partito per alcuni mesi aveva agito militarmente di sua ini- ziativa; il nuovo Comitato Militare costituito nel mese di maggio

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GUERRA PARTIGIANA NELLA BASSA VALLE D’ AOSTA Valle del Lys - Luglio 1944

Nell’estate 1944 il movimento partigiano, favorito dallo sviluppo della situazione italiana e internazionale, si consolidò e si estese. Fin dall’l l maggio le armate anglo-americane avevano ripreso l’offensiva occupando Roma il 4 giugno, Pisa e Ancona il 19 e il 23 luglio. La guerra sembrava volgere rapidamente verso la fine e i Comitati di Liberazione Nazionale, i Comandi Partigiani facevano i loro piani e ogni sforzo politico, organizzativo, militare per essere pronti ai com­plessi compiti che li attendevano, mentre dal cielo calavano con armi e materiali aviolanciati le prime Missioni militari inglesi.

Avanzavano gli anglo-americani e avanzavano anche i partigiani occupando qua e là in Piemonte lembi di territorio fuori dalle grandi vie di comunicazione tenute saldamente dai Tedeschi; occupando vallate secondarie destinate a diventare basi di maggior respiro per le formazioni in sviluppo da una forza di distaccamento a quella di una brigata, e regioni libere, dove potesse svolgersi un principio di vita democratica.

Nella zona montuosa tra Ivrea e Verrès, che va sotto il nome di Bassa Valle d’Aosta, agivano nel luglio 1944 da una parte e dal­l’altra della Dora Baltea formazioni partigiane di diverso colore: giellisti, autonomi, garibaldini e matteottini. Il territorio confina con il Biellese, il Canavese e l’Alta Valle d’Aosta, e comprende alla sinistra della Dora i comuni di Arnaz, della Valle del Lys (Gresso- ney), di Carema, Settimo Vittone, Andrate e Donato; alla destra i comuni di Champdepraz, Issogne e della Valle di Champorcher.

La situazione politico-militare della Bassa Valle rifletteva l’anti­fascismo d’allora con la sua divisione in partiti (liberale, democratico cristiano, d’azione, socialista e comunista); dalla tradizione alla rivo­luzione. E si tenga presente che il colore politico locale più che nella popolazione lo si trovava accentuato nelle formazioni partigiane.

In Piemonte, come altrove, ciascun partito aveva le sue forma­zioni militari, ciascuno pur essendo schierato nel fronte unitario del­la lotta antifascista che in alto si esprimeva con organismi unitari quali il Comitato Piemontese di Liberazione Nazionale e il Comi­tato Militare Piemontese, cercava di guadagnare terreno sugli al­tri, di assicurarsi una posizione predominante. L ’unità antifascista entro i C. L. N. si stava realizzando gradatamente al centro, più len­tamente alla periferia. Dopo la fucilazione dei membri del primo Comitato Militare nel marzo 1944, il quale aveva appena iniziato una difficile opera di chiarificazione e di coordinamento delle bande, ogni partito per alcuni mesi aveva agito militarmente di sua ini­ziativa; il nuovo Comitato Militare costituito nel mese di maggio

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non aveva ancora l’autorità del precedente. In questa particolare situazione, in cui ogni banda agiva indipendentemente o sotto il con­trollo di un partito, la lotta sotterranea e talora scoperta di influenze e di predominio, la rivalità tra i capi trovava alimento. Non man­cavano gli incidenti che facevano accorrere sul posto gli uomini del Comitato politico e militare, ma nello stesso tempo non mancavano gli sforzi da parte di coloro che avevano maggiore coscienza e con­vinzioni unitarie per arrivare zona per zona ad una unità di intenti e di comando che fosse al di sopra degli interessi di parte.

Il 2 luglio, nella Bassa Valle d’Aosta, dopoché elementi del Partito d’Azione si erano messi a contatto col btg. « Caralli » (1), i rappresentanti del Partito Comunista (Sergio), del Partito Socialista (Alessandro), del Partito d’Azione (Pino) avevano raggiunto un ac­cordo sulla costituzione di un Comando unico per il Settore « Dora Baltea » proponendo al Comitato Militare di Torino e al C. L. N. di Aosta la creazione di uno Stato Maggiore di tre membri esponenti le forze presenti nella vallata: l ’autonomista, la giellista, la garibal­dina. Il tenente Ferreira (Pedro), vivace assertore dell’unità parti- giana, già designato dal Comitato Militare di Torino quale coman­dante del Settore, ne avrebbe fatto parte con la stessa qualifica e inoltre avrebbe rappresentato i giellisti, Mézard avrebbe rappresen­tato gli autonomi, i garibaldini avrebbero designato uno dei loro. Nella proposta si ribadiva la necessità di un Comando unico e si in­vitavano gli elementi responsabili a cessare ogni azione tendente a dividere le forze, a collaborare sinceramente, pena denuncia ai Tri­bunali del Popolo (2).

Sulla base di questa proposta, nell’intento di allargare l’accordo a tutte le forze presenti nella Bassa e Alta Valle d’Aosta e realizzare una collaborazione permanente, il 13 luglio il prof. Paolo Greco (Martini), membro liberale del Comitato Piemontese di Liberazione e Duccio Galimberti del Comitato Militare Piemontese per le for­mazioni G. L. si recarono a un convegno sopra Arnaz. Vi partecipa­rono Pedro, Scala Giulio, Artoin (Pino) per Giustizia e Libertà, il delegato di Mézard, il commissario politico René, Sergio per le Bri­gate « Garibaldi », Alessandro per le « Matteotti », Morra come rap­presentante del C. L. N. di Aosta.

Si decise:che il Settore « Dora Baltea » comprendesse tutta la Valle d’Ao­

sta, Ivrea e la Val Chiusella;che il Settore venisse diviso nel Sottosettore Bassa Valle con

estensione fino alla displuviale fra Valtournanche e Val d’AyasJ com­presa Montjovet, e nel Sottosettore Alta Valle;

(1) Il Comando della 2a Bgt. Garibaldi « Biella » alla Delegazione per il Piemonte delle Brigate Garibaldi, comunicazione del 2 luglio 1944. Torino, A r­chivio Storico della Resistenza.

(2) Proposta di costituzione di Comando per il Settore « Dora Baltea », 2 lu ­glio 1944. Torino, Arch. S’tor. R esisi. •

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che le formazioni operanti nella Bassa Valle dovessero rimanere sot­to il comando militare di Pedro, con sede a Champorcher, quelle dell’Alta Valle agli ordini di Mézard, con sede a Fénis;

che il commissario politico delle formazioni Bassa Valle fosse Pino, quello dell’Alta Valle René, senza pregiudizio dell’esistenza e del funzionamento dei commissari politici esistenti presso le singole bande;

che il Comando Militare dell’intero Settore « Dora Baltea » fosse affidato congiuntamente ai comandanti Pedro e Mézard, i quali avrebbero potuto riconoscere le necessità di proporre al Comitato Militare Piemontese la nomina di un terzo membro , come elemento integrante;

che i prelievi di fondi per le formazioni fossero fatti da Giulio e distribuiti ai due comandi di Sottosettore in relazione al numero degli uomini presenti nelle formazioni rispettivamente comandate da Pedro e Mézard.

L ’accordo fu firmato da Paolo, Sergio, Duccio, Pino, René, Giu­lio, Pedro, Alessandro, Morra, Mino (3). Esso riconosceva ai coman­danti delle formazioni G. L., che erano arrivate nella Bassa Valle nel mese di maggio precedente, una posizione influente, sorretta dal­l’orientamento giellista che stavano prendendo alcuni distaccamenti delle valli di Issogne e del Lys le cui simpatie sembravano andare prima ai garibaldini, ma che in realtà avevano sempre conservato una quasi assoluta autonomia.

All’atto della sua costituzione il Sottosettore Bassa Valle com­prese le seguenti forze:

I distaccamenti « Bonel » (Arnaz); « Molinaro » (Arnaz); « Mus- sitelli » (Issogne-Val d’Ayas); « Locatelli » (Champdepraz), che in seguito formarono la 2a Érigata Garibaldi « Aosta ».

Gruppo « Isonzo » (Perloz-Valle del Lys).Gruppo « Battisti » (Valle del Lys).Distaccamento «. Matteotti », aderente al battaglione garibaldino

« Caralli » (Valle del Lys).Battaglione « Adriano Carabi » della 2a Brigata Garibaldi « Biel­

la » (tra Pont St-Martin e Ivrea).La Brigata « Mazzini » G. L. (Valle di Champorcher).

Nella bassa Valle del Lys i partigiani locali fin dal novembre 1943 si erano' raccolti attorno a Bono Badery compiendo alcune azioni di disturbo. La valle non era un terreno favorevole ai reclutamenti dei fascisti repubblicani e dei Tedeschi; i giovani non avevano rispo-

(3) Accordo 13 luglio 1944. Torino, Ardi. Stör. Resist. [Paolo Greco, Cronaca del Comitato Piemontese di Liberazione Nazionale, in « Aspetti della Resistenza in Piemonte», Torino, 1950],

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sto ai primi richiami alle armi della Repubblica di Salò. In questa situazione un episodio valse a stringere legami e rapporti di simpa­tia tra i partigiani della banda Badery e la popolazione locale. Forze di polizia, che da Pont St-Martin si erano spinte nella zona alla ri­cerca di renitenti alla leva, furono arditamente attaccate dai parti­giani e non poterono conseguire i loro obiettivi. Nel marzo 1944 la zona, essendo diventata rifugio di perseguitati e renitenti, covo di armati, passaggio per la Svizzera di corrieri clandestini, fu soggetta ad im primo rastrellamento in grande stile da parte di forze repub­blicane provenienti da Ivrea. In scontri del 4 e del 5 marzo le for­mazioni di Badery, sostenute dal gruppo <c Riccardino » di Arnaz, contrastarono il passo al nemico sotto un fuoco intenso di mitraglia­trici e di mortai. Esso non riuscì a procedere oltre l ’imbocco della valle, dopo un combattimento protrattosi per un’intera notte ed il mattino seguente dovette desistere dall’azione e ritirarsi portandosi dietro 20 morti e 50 feriti. Alcuni giorni dopo il gruppo Badery, per evitare alla popolazione rappresaglie, si spostava in alta montagna dividendosi in due distaccamenti: 1’« Isonzo » al comando di Badery e il « Battisti » al comando di Natale Cretaz. Il gruppo « Riccardi­no » di orientamento garibaldino, la cui cooperazione in quei giorni costituisce un primo esempio di azione unitaria tra bande diverse, si spostò a sua volta al Colle della Finestra, da cui all’occorrenza avrebbe potuto accorrere o ritirarsi da una parte verso Arnaz, dall’al­tra verso Perloz.

Nella seconda metà di marzo una Missione militare italiana, pa­racadutata nel Biellese, raggiungeva la Valle del Lys e poi la zona di Champorcher. Era un passo in avanti, infatti significava un col- legamento radio con gli anglo-americani, col Governo italiano del Sud ed anche un riconoscimento dell’opera svolta dalle bande nella Bassa Valle d’Aosta. Il movimento partigiano valdostano usciva fuori dal periodo della banda sorta spontaneamente, lasciata a se stessa quasi senza aiuto e corisigho, eccetto i legami saltuari avuti fino al­lora col Comitato di Torino.

Le formazioni valdostane, operanti dalla Valle del Lys a tutte le valli laterali della Val d’Aosta fino al Monte Bianco e al San Ber­nardo, agivano in una regione povera dal punto di vista agricolo e dell’industria che produce beni di consumo; al contrario il clima rigido comportava una quantità notevole di rifornimenti, per cui i partigiani erano costretti a lunghi spostamenti in regioni impervie, non trovando sul posto il necessario. Per procurarsi viveri, munizioni, vestiario e coperte dovevano forzare le difese fasciste e tedesche dei centri di fondo valle: occorreva non ridursi alla condizione dei lupi famelici, facile preda dei cacciatori, anche perché in tale frangente sarebbe stato difficile tenere insieme gli uomini e mantenere la di­sciplina. Di qui tutta una serie di azioni dei gruppi partigiani con­tro i presidi fascisti e tedeschi, azioni di ordinaria amministrazione, cronaca spicciola delle bande, di cui son piene le settimane dell’in­verno e della primavera 1944. In queste imprese si distinsero i gruppi di Arnaz comandati da Riccardo Joly (Riccardino) e da Au­

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gusto Vallaise (Charles), e quelli di Issogne comandati da Marius, che furono gli animatori della lotta partigiana nella Bassa Valle in quei primi duri mesi del 1944 (4). Essi fecero puntate per rifornirsi anche in località montane assai lontane dalle loro basi, come quella del 17 gennaio 1944, quando una pattuglia del « Riccardino » si por­tava con una marcia di 30 km. alla polveriera di St.-Marcel aspor­tando 25 quintali di esplosivo necessari per danneggiare ponti e stra­de della Valle d’Aosta.

Pure l’attività del « Riccardino » data dal settembre 1943 con una serie di attacchi al forte di Bard per asportare materiali e muni­zionamento. Questo gruppo si distinse particolarmente per la colla­borazione fornita alle altre bande in circostanze spesso difficili. Nel mese di aprile 1944 i gruppi « Marius » (50 uomini) e « Riccardino » (40 uomini) passarono dai colpi di mano ad una impresa di maggiore importanza: l’occupazione temporanea di ¡Verrès. L ’impresa fu pos­sibile per l ’attacco e il disarmo nella zona di Champoluc-Brusson del presidio fascista della centrale elettrica di Isolaz a Challant St-Victor. Le armi catturate permisero ai partigiani di occupare con attacco di sorpresa Verrès, disarmando il presidio composto di un centinaio di carabinieri e « Cacciatori delle Alpi », impadronendosi di armi e munizioni, e di interrompere le comunicazioni stradali e ferroviarie tra l’Alta e la Bassa Valle d’Aosta.

In questo modo fu celebrato il 1" maggio dai garibaldini di Riccardino e di Marius. La popolazione li accolse con esultanza, ma i Tedeschi non potevano permettere una occupazione che spezzasse il loro sistema di comunicazione coi valichi transalpini. Attaccarono con forze ingenti da ogni parte facendo intervenire un treno blin­dato. I partigiani furono costretti a sgombrare dopo una lotta acca­nita; una piccola formazione tenne testa al nemico al ponte di Cliamp- depraz permettendo al grosso delle forze partigiane di ritirarsi e rag­giungere posizioni sicure sui monti circostanti.

Nel maggio 1944 si verificarono nella Bassa Valle una serie di fatti importanti 'ai fini dello sviluppo della lotta partigiana: l ’appa­rire in zona delle formazioni G. L. che occuparono con la collabo- razione delle forze locali la Valle di Champorcher secondo un preciso piano operativo, costituendo una base importante per tutto il movi­mento partigiano ; il formarsi di un distaccamento « iMatteotti » e lo sviluppo rapido nella zona di Donato e di Andrate del distaccamento « Adriano Caralli » della 2a Brigata Garibaldina « Biella ». I parti­giani e gli antifascisti della Bassa Valle finirono con l’orientarsi poli­ticamente sotto l’influenza delle due forze più giovani e rivoluzio­narie della guerra di Liberazione, gielle é garibaldini. Almeno per allora, perché nel corso della guerra alcune formazioni locali passa-

(4) I gruppi partigiani di Issogne, Arnaz, Perloz e Fénis vennero sorretti e collegati politicamente dal comunista Chabloz fino al marzo 1944, epoca in cui veniva catturato a Donnaz ed incarceralo ad Aosta. Alcuni giorni dopo tentava di evadere gettandosi dal secondo piano, ma si rompeva il piede destro e veniva catturato dopo una fuga movimentata,

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rono ripetutamente da una parte all’altra sotto il giuoco delle in­fluenze politiche. Il gruppo di Badery per esempio fu prima gari­baldino, poi G. L., autonomo e tc Matteotti ». Né in direzione dei gruppi partigiani, oltre agli attacchi ed ai rastrellamenti, mancarono manovre, raggiri, adescamenti di fascisti repubblicani e Tedeschi, Caso tipico quello di Marius, che, dopo aver combattuto per tanti mesi valorosamente, si presentò con gran parte dei suoi uomini nel­l’ultimo inverno della guerra al bando di Mussolini. Dei 300 e piùi partigiani della sua Brigata garibaldina (la 176a) continuarono la lotta solo una ventina capeggiati dal commissario politico Barbaro.

Il 2 maggio il ten. Pietro Ferreira (Pedro), alla testa di una for­mazione G. L. proveniente dalla Valle di Lanzo, occupava dopo una lunga marcia la Valle di Champorcher stabilendo un primo contatto coi garibaldini di Issogne e gli autonomi di Perloz. La Valle di Champorcher era una base vasta e relativamente sicura, ma un po’ lontana dalle principali vie di comunicazione, isolata. Di qui partì il 22 maggio una spedizione composta degli stessi G. L. e degli uomi­ni di Marius, che, con una lunga marcia, vabcato il Colle della Fi­nestra, attaccava di sorpresa il presidio fascista di Bardonetto in­fliggendogli 10 morti e diversi feriti. Il 30 maggio i repubblicani ri­sposero a questa ed altre azioni risalendo la Valle di Champorcher e attaccando i giellisti, i quali con l’appoggio del gruppo <c Marius » riuscivano a respingerli infliggendo loro 25 morti e molti feriti. Re­spinti ritornarono due giorni dopo, il 1° giugno: fascisti e tedeschi venivano avanti da ogni parte, da Hòne Bard, da Issogne, da Champ- depraz e dalla Val Locana. Questa volta i partigiani furono costretti, la scarsità delle munizioni non poteva permettere lunghi combatti­menti, ad abbandonare la valle e ritirarsi sui monti, mentre la popo­lazione soffriva dure rappresaglie.

Il villaggio di Verana fu messo a ferro e fuoco.Dopo che il nemico si fu ritirato i partigiani ripresero possesso

di Champorcher e nel mese di giugno, aiutando la situazione e af­fluendo molti elementi volontari, si costituì la Brigata « Mazzini » G. L. al comando del capitano Felice Marnino (Monti).

Nella valle di Champorcher i G. L. provenienti dalla valle di Lanzo e dal Canavese erano circa quaranta, armati discretamente e con una esperienza partigiana di alcuni mesi. Non erano della zona, a differenza degli altri gruppi di Issogne, di Arnaz e di Perloz. Ognuno sa come sia difficile in questi paesi ambientarsi ed acquistare la fiducia della popolazione: i primi tempi furono turbati non dalla ostilità della gente del luogo, che. era in grande maggioranza favo­revole ai partigiani, ma da incomprensioni e malumori, perché i nuovi arrivati avevano bisogno di tutto, di rifornirsi sul posto di vettovaglie, di procedere alla costituzione di riserve e perciò di fis­sare dei contingentamenti, dei prezzi ritenuti poco remunerativi sul burro, sui formaggi, sulle carni, produzione base della vallata. La cosidetta « borsa nera » consentiva di vendere tali prodotti a prezzi proibitivi.

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Naturalmente i montanari si lamentavano coi partigiani locali, loro figli e parenti, quelli eli Issogne e Arnaz, e questi se ne facevano portavoce presso i comandi garibaldini e la Delegazione Garibaldi per il Piemonte.

Il battaglione a Adriano Caralli » dipendeva allora dalla 2a Bri­gata d’Assalto Garibaldi « Biella », die, nel tempo in cui non erano ancora state definite e sistemate le zone militari partigiane e non funzionava il Comando Unico Militare Piemontese, aveva esorbitato fuori dei paesi di origine sviluppandosi verso l’Eporediese e la Val d’Aosta.

Il « Carabi » era stato un semplice distaccamento del battaglio­ne « Nino Bixio » operante nel Biellese Occidentale alle pendici del Mombarone e lungo la valle dell’Elvo; poi, girando attorno al Moni- barone, si era spostato nella regione Val Nera, tra i comuni di Do­nato e di Andrate, per reclutare uomini. Da questa base aveva com­piuto delle azioni a vasto raggio: disturbo, sabotaggio, colpi di mano. In una vasta zona che andava da Ivrea alla Serra e ai paesi del Vercellese era stato possibile reclutare e raggiungere tra maggio e giugno la forza di un battaglione. Nel mese di giugno il « Carabi » intensificò le azioni di pattuglie nelle campagne aiutando i contadini a resistere ab’ammasso del grano, al raduno e requisizione del be­stiame. Fu pure realizzata il 26 giugno un’importante azione di ca­rattere unitario in collaborazione col distaccamento cc Matteotti », una squadra dell’« Isonzo » e con parte dei militari del Distretto di Ivrea.

A Ivrea erano concentrati circa 2500 uomini tra Tedeschi e marò della X Mas. Ottanta partigiani scesero con 4 autocarri e una Fiat 1100 bloccando le vie di comunicazione con l’esterno deba città. Venti uomini, dopo una breve sparatoria, entrarono nel Distretto mentre diverse pattuglie si appostavano al centro e alla periferia. Al Distretto i militari tedeschi venivano immobilizzati e i distrettuali riuniti, poi, con l ’aiuto forzato o apparentemente forzato degli stessi, i partigiani si portavano ab’armeria e ai magazzini viveri e vestiario asportando un buon quantitativo di materiale. Un soldato tedesco che tentò di reagire venne ucciso, 4 furono feriti e 60 presi prigio­nieri. Finite le operazioni i partigiani sugli autocarri fecero il giro deba città lanciando manifestini di propaganda e ritornarono infine alle loro basi.

Con alcune di queste azioni sorprendenti e fortunate la forza e la popolarità del « Carabi » aumentarono rapidamente. Ciò avve­niva in un periodo in cui per sfuggire alle leve fasciste, per la sta­gione propizia e la convinzione che la fine deba guerra fosse que­stione di poche settimane (5), migliaia di giovani raggiungevano la

(5) Gli stessi Comandi partigiani erano d’avviso che la guerra dovesse finire entro l’estate : « Siamo all’ultimo mese di guerra - luglio 1944. Entro poche set­timane la vittoria delle forze della libertà sarà pienamente raggiunta. Nessuno che non sia accecato dalla paura oggi in Italia l ’ignora... ». Così diceva un Bando di franchigia diretto agli appartenenti alle forze armate repubblicane e diffuso dai reparti della 2a Brigata Garibaldi « Biella » ai primi di luglio 1944.

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montagna di propria iniziativa, senza armi, essendo della regione e conosciuti dai loro compagni che stavano lassù, oppure mediante i contatti e i canali clandestini dei Comitali di Liberazione per quelli provenienti dalla pianura, dalla regione del Po, da zone dove non erano presenti forze partigiane.

In quei giorni la Delegazione per il Piemonte delle Brigate Ga­ribaldi insisteva presso il Comando della 2a Brigata « Biella » perché raccogliesse ed inquadrasse quanti più giovani fosse possibile rim­proverando che si procedesse troppo lentamente e spesso si rifiutasse di raccogliere nuovi elementi. Le informazioni della Delegazione non erano esatte in quanto proprio la 2“ Brigata nel mese di giugno aveva quasi triplicato i suoi effettivi: soltanto si cercava di evitare l’afflusso in massa, di far sì che esso avvenisse a piccoli scaglioni e gradualmente in modo che i reclutati fossero assimilati senza gravi difficoltà dalle formazioni già esistenti e provate dal fuoco. Non era possibile inquadrare, disciplinare, istruire nel giro di pochi giorni i nuovi venuti. Inoltre non c’erano armi sufficienti: durante i ra­strellamenti i nuovi venuti, i disarmati, spesso erano andati incontro a delle perdite dolorose, erano stati causa di intralcio, in una zona dove le montagne erano accessibili da tutte le parti con una certa fa­cilità, il che rendeva necessaria la massima mobilità dei distacca­menti. Era difficile creare delle basi di addestramento, dei magaz­zini di rifornimenti, dei luoghi sicuri di ritirata e difesa per cen­tinaia e migliaia di uomini, di giovani che in gran parte non ave­vano esperienza militare (6). Ecco la ragione per cui dalle posta­zioni alle pendici del Mombarone e dalla Serra si guardava alla Valle del Lys, snodantesi per decine di chilometri dalla Bassa Valle d’Aosta al Monte Rosa, cioè al confine svizzero. Si guardava come a una base ideale, capace di raccogliere migliaia di combattenti, gli acquartieramenti, i magazzini, gli aviolanci e il transito verso il confine di uno Stato neutrale, dove si trovavano rappresentanze di­plomatiche del Governo italiano del Sud e servizi inglesi, che avreb­bero potuto consigliare e aiutare. La Valle del Lys poteva avere nel Piemonte Occidentale la stessa funzione che alcuni mesi dopo, ai primi di settembre, avrà la repubblica di Domodossola nella parte orientale.

Nella prima metà di giugno, quando aveva le basi ad Andrate, il « Caralli » aveva 180 uomini armati, un mese dopo oltre 200 su 4 distaccamenti e con un quinto in via di formazione. Il saluto comu­nista del pugno chiuso era abolito e sostituito col saluto militare. Il distaccamento « Matteotti », appostato nella Valle del Lys dopo e- sere stato a contatto coi garibaldini, veniva temporaneamente assor­bito per difetto di direzione ai fini di riassestarlo e rinforzarlo. Da parte garibaldina si pensava che al « Matteotti » potessero confluire quei giovani che all’indirizzo chiaramente comunista dei garibaldini

(6) Risposta ad una circolare del 28 giugno 1944 della Delegazione Garibaldi per il Piemonte da parte del Comando 2a Bgt. d’Assalto Garibaldi « Biella », 2 luglio 1944. Torino, Arch. Stor. Resist.

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e del « Carabi » preferivano altro formazioni; e si chiedevano alla Delegazione Garibaldi elementi preparati per raggiungere tale intento.

Nella seconda quindicina di giugno, mentre avveniva la trasfor­mazione del distaccamento in battaglione avente per comandante mi­litare Timo e per commissario politico Renati, il « Carabi » si portò nella zona di Trovinasse spostando le basi a 1374 metri d’altezza. La conca di Trovinasse si trova sotto il Mombarone, a ridosso della. Valle del Lys, tra i comuni di Settimo Vittone e Carema: una piccola valle laterale alla valle della Dora Baltea senza alcmi centro impor­tante, percorsa soltanto da mulattiere e sentieri. Così con questo spostamento del « Carabi » le formazioni della 2a Brigata Biellese avevano fatto il giro completo del Mombarone sistemandosi quasi ab’imbocco della Valle d’Aosta, in una posizione donde potevano pervenire facilmente e rapidamente alla Serra, all’Eporediese e svi­lupparsi risalendo la stessa Valle d’Aosta. Primo passo questo verso il controllo e l ’estensione, della loro influenza su tutta la Bassa Valle che, con il Biellese controllato quasi completamente e la Valsesia, avrebbe costituito una fascia garibaldina corrente lungo la fascia alpina settentrionale del Piemonte (7). L’espansione deb’influenza garibaldina e comunista nella Bassa Valle si urtò nell’espansione deb’influenza giellista che partiva dalla Valle di Champorcher, cioè dalla base più ampia e sicura, e nella Media e Alta Valle con gli autonomisti valdostani, autonomisti due volte perchè affermavano di lottare per l’autonomia della Valle d’Aosta. Mézard, il loro coman­dante, aveva a più riprese fatto capire apertamente che l’Alta Valle d’Aosta era zona delle forze autonome e che non avrebbe tollerato nessuna infiltrazione garibaldina.

Comunque la base di Trovinasse era più ampia, adeguata e si­cura della precedente, ora cbe il « Carabi » era battaglione e si av­viava nel corso dell’estate a diventare brigata. Di là si sarebbero

(7) Tenendo presente le tradizione e le convinzioni cattoliche della popola­zione valdostana il Comando del btg. « Carabi » non trascurava i contatti col clero locale e l ’assistenza religiosa alla formazione. Un padre francescano, che per ovvie ragioni non si firmava, indirizzò il 15 luglio 1944 la seguente lettera al Comando del «C arab i» : «Nella mia visita come Sacerdote e Francescano al Di­staccamento « A. Carabi » della 2a Bgt. Garibaldina Biellese, trovai squisita ospi­talità ed alta comprensione dello spirituale ministero che ero venuto a compiere tra i componenti. I Comandanti, veri fratelli maggiori tra numerosissimi parti­giani di ogni età e condizione, sono uomini che lavorano per un unico ideale di libertà: uomini retti ed onestissimi non avendo altre mire che il bene della Patria .e del Popolo, sapendo, come già fecero, soffrire ogni privazione ed esporsi al pericolo della vita.

I numerosissimi partigiani si distinguono per cameratismo e disciplina vo­lontaria, allegra, spontanea, fraterna. Mólti, cristiani praticanti, risposero con en­tusiasmo alle pratiche religiose, assistettero con religiosità al sacrificio della Santa Messa, ed alcuni, confessatisi si accostarono al Banchetto Eucaristico.

Ottimo trattamento sotto ogni aspetto ed uguale per Comandanti e Gregari. Lasciando i partigiani riportai ottima impressione di questa organizzazione ingiu­stamente tanto condannata e vilipesa. Spero di presto ritornare in mezzo ai cari fratelli per portare la parola Evangelica e cibarli del Pane dei Forti. Firmato: Un padre francescano. 15 luglio 1944 ». Torino, Arch. Stör. Resist.

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potuti sferrare attacchi più impegnativi e consistenti nel mese di luglio (8); là gli uomini avrebbero potuto diventare diverse centi­naia e pretendere quindi a una base più importante ancora, come quella rappresentata dalla Valle del Lys.

Dopo il convegno del 13 luglio presso Arnaz, in cui si era rag­giunto un preciso accordo sull’organizzazione militare del Sottoset­tore Bassa Valle d’Aosta, il comandante designato ten. Pietro Fer­reira (Pedro) si era recato a ispezionare la maggiore formazione partigiana della sua giurisdizione, il battaglione « Caralli ». Il 17 luglio presso il « Carabi » si tenne un convegno presenti il coman­dante Pedro, il comandante Mlastrilli della 2a Brigata Garibaldi « Biella », il commissario Sergio ispettore delle Brigate Garibaldi, il commissario politico ‘Renati del btg. « Carabi », il comandante Tin del btg. « Carabi », i comandanti e i commissari dei distacca­menti dei btg. « Carabi » e « Bixio », il comandante Badery del gruppo di Perloz, il comandante Rico del distaccamento di Arnaz, i delegati Rossi e Mario. L’ispettore Sergio per l’occasione presentò il comandante Pedro ai presenti, il quale, compiacendosi dell’effi­cienza raggiunta dal battagione, sottolineò la necessità di una stretta collaborazione tra tutti i distaccamenti e gruppi del Sottosettore. Mastrilli e Renati aderirono senza riserve a questo modo di vedere.

Si stabilì di iniziare un servizio regolare bisettimanale di staf­fette tra i distaccamenti di Champorcher (Brigata Mazzini), di Per­loz, il « Carabi », il « Bixio » e il comando della 2a Brigata Garibaldi « Biella ». Si stabilì inoltre di sfruttare il sistema di collegamento biellese usufruendo dei mezzi radio. Il progetto però era subordinato all’invio sollecito delle apparecchiature necessarie da parte anglo- americana attraverso la frontiera svizzera, invio già iniziato. Fu pro­posta pure ed accettata l ’utilità dell’apprestamento di apparecchia­tura fotoelettrica per il collegamento ottico tra distaccamenti vicini. Infine dai comandanti garibaldini venne proposta al comandante Pe­dro l’occupazione militare partigiana della Valle del Lys. Scopo di questa operazione militare era « ..di assicurare una base vantaggiosa e sicura alle formazioni militari della Valle d’Aosta, sfruttabile sia nella difesa che nell’offesa... », fornita di un ospedale. Tale opera­zione sarebbe stata anche vantaggiosa per il facile accesso alla fron­tiera svizzera senza parlare della grande importanza politica che avrebbe avuto (9).

Vistane la possibilità, in considerazione soprattutto dell’entità delle forze partigiane radunabili nella zona per una tale operazione

(8) Il 10 luglio nei pressi di Montallo Dora fu fermato il treno passeggeri proveniente da Aosta. Staccata la motrice dal convoglio e posta a bordo una ca­rica di dinamite con una matita esplosiva oraria, gli uomini del « Caralli » la met­tevano in moto in direzione di Ivrea. Durante la corsa, dopo aver attraversato la galleria Montalto-Ivrea, essa scoppiava sul ponte della Dora.

(9) Verbale della riunione e relazione del comandante Pedro, Settore « Dora Baltea ». Torino, Arch. Stor. Resisi.

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—« 630 partigiani contro circa 130 repubblicani dei presidi della Val­le del Lys, tenendo presente l’incognita rappresentata dalle forze tedesche e fasciste scaglionate nella Valle della Dora Baltea, le quali potevano intervenire (10) — il comandante Pedro fu d’accordo e decise di studiare subito il piano d’azione con la collaborazione dei comandanti presenti.

Nel corso di una prima riunione, dopo lunga discussione, si giunse a formulare un piano, la cui data di attuazione sarebbe stata fatta conoscere tempestivamente, col quale si definivano il concorso delle forze in uomini e armi, le responsabilità di comando e le linee generali dell’azione.

Dovevano partecipare all’operazione:il battaglione cc Caralli » della 2a Brigata Garibaldi « Biella » con

effettivi ammontanti a circa 200 uomini armati, ima mitragliatrice Breda 37 e 3 fucili mitragliatori Breda 30;

il battaglione «. Bixio » della 2a Brigata Garibaldi « Biella », che si impegnava per 100 uomini armati e 2 fucili mitragliatori;

il distaccamento di Perloz (3a bgt. Mazzini), elementi di Issogne (2a bgt. Mazzini), il distaccamento di Champorcher-Hòne (1° bgt. Mazzini), il gruppo di Arnaz, elementi della formazione « Matteot­ti » di Vert: un totale di 330 uomini con 9 fucili mitragliatori.

La responsabilità generale dell’operazione era affidata al coman­dante Pedro, a Renati veniva affidato il comando delle formazioni garibaldine, a Mastrilli quello del « Bixio », a Tin quello del « Ca- ralli » e a Monti il comando delle formazioni « Mazzini », degli ele­menti « Matteotti » e del gruppo di Arnaz.

Nel corso di una seconda riunione, tenuta nel pomeriggio dello stesso giorno, con partecipazione ristretta a Pedro, Mastrilli, Tin, Renati, Timo e al furiere del « Carabi », Joe, che aveva il compito di prendere degli appunti, si decise di fissare come data la notte dal 24 al 25 luglio, seguendo questa linea d’attacco: in un primo tempo, mentre le formazioni sarebbero scese nella valle all’attacco dei pre­sidi repubblicani, occorreva bloccare l ’ingresso della vallata per im­pedire alle forze motorizzate avversarie di accorrere in aiuto dei centri della Dora Baltea. Era necessario perciò interrompere la stra­da da Pont St-Martin a Lilliana mediante la distruzione di un ponte.

Il ponte di Tour d’Hérèra, a circa 4 km. dall’imbocco della valle era particolarmente adatto. L’avrebbe minato un nucleo di mi­natori del btg. « Carabi », mentre im altro gruppo dello stesso sa­rebbe stato istruito per interrompere le comunicazioni telefoniche e telegrafiche prima che si iniziassero le operazioni. Il ponte di Tour d’Hérèra doveva essere fatto saltare appena terminati i lavori di mi­na, indipendentemente dab’andamento delle azioni e dal segnale

110) Nella seconda metà di luglio e nel mese di agosto le forze tedesche e repubblicane di stanza nella Bassa Valle ammontavano a circa 4.500 uomini di­slocati a Ivrea, Montalto Dora, Borgofranco, Settimo Vinone, Pont St-Martin. I presidi della Valle del Lys erano quattro: Lilliana, Issime, Gressoney Saint-Jean, Gressoney la Trinité.

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d’attacco ai presidi della vallata, e quando fosse passata una piccola colonna composta di un autocarro e due autovetture appartenenti al « Caralli », che avrebbero risalito la valle dopo aver forzato il posto di blocco di Pont St-Martin con concorso dell’azione di fuoco di una pattuglia dislocata in precedenza nei pressi del blocco stesso. I 3 automezzi si sarebbero posti a disposizione del Comando onde sta­bilire rapidi collegamenti e trasporti di uomini sui luoghi delle operazioni a seconda delle necessità.

Partigiani del « Caralli » avrebbero dovuto contemporaneamente eliminare un nucleo di soldati ceki di guardia al bacino della cen­trale di Pont St-Marlin. Il comandante del « Caralli » si impegnava ancora ad istruire una seconda squadra di minatori per la mina del ponte di Fontanamora, che doveva saltare solo nel caso di forzamento della bassa Valle del Lys da parte di forze nemiche accorrenti; nel caso in cui, superata dal nemico la resistenza elastica che gli si sareb­be contrapposta nella bassa valle, non fosse stato più possibile effet­tuare nemmeno la resistenza rigida nella zona predisposta. Era pre­vista, se il nemico fosse penetrato in valle con grandi forze, una resistenza elastica tra Lilliana e Fontanamora e una resistenza rigida nella zona di Fontanamora.

Mentre le squadre del « Caralli » assolvevano ai suddetti com­piti, il grosso del battaglione doveva proseguire fino a Fontanamora, dove non esisteva il presidio repubblicano, stabilendovi il Comando, lasciando distaccamenti di riserva ed inviando tre distaccamenti alla volta di Issime per contribuire all’eliminazione dei presidi e all’oc­cupazione dei centri dell’alta valle.

Questa era la parte che spettava al « Caralli », oltre il compito di dare col lancio di tre razzi luminosi da Fontanamora il segnale generale dell’attacco ai presidi fascisti di Lilliana e di Issime, all’al­ba del 25 luglio e soltanto dopo che il comandante Pedro si fosse reso conto del buon andamento delle operazioni di mina e della presenza in posizione di tutte le forze che dovevano partecipare al­l’azione.

Il compito invece che spettava alle formazioni dipendenti dal comandante Monti era quello di proteggere i lavori di mina del ponte di Tour d’Hérèra disponendo a valle i partigiani di Issogne (2* Maz­zini) del comandante Marius, i quali si sarebbero ritirati poi a monte in posizione adatta all’atto del brillamento delle mine. Intanto i di­staccamenti di Perloz, Champorcher-Hóne, Arnaz e Vert al comando di Monti, dopo essersi riuniti a Perloz nel tardo pomeriggio del 24 luglio, si sarebbero disposti all’imbrunire ad un’ora di marcia da Lilliana per essere poi pronti ad attaccare il paese, difeso da una guarnigione di 30 uomini, al segnale stabilito dal Comando di Fon­tanamora. Una volta arresosi il presidio di Lilliana. mentre i parti­giani di Issogne avrebbero continuato a fare da velo di copertura nel caso di forzamento della valle di forze nemiche provenienti dalla Dora Baltea, le formazioni di Monti avrebbero avuto il tempo di prendere posizione di difesa a cavallo dell’abitato di Fontanamora per una resistenza rigida.

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Il compito del btg. «; Bixio » al comando di Mastrilli era quello di attestarsi airimbrunire del 24 luglio ad un’ora da Issime, difesa pure da una guarnigione di 30 uomini, per essere pronto ad attac­care alle prime luci del giorno seguente. Sarebbe stato aiutato dai 3 distaccamenti del « Caralli « provenienti da Fontanamora. Dopo la resa dei presidi di Lilliana e di Issime le forze congiunte del « Bixio » e del « Carabi » avrebbero dovuto trasferirsi in massa al­l’assedio dei presidi di Gressoney St-Jean e di Gressoney la Trinité, che si prevedeva non avrebbero opposto alcuna resistenza.

Concertato questo piano, la riunione si sciolse. Il comandante Pedro inviò subito una lettera al comandante Monti con la quale ordinava di provvedere a che tutte le forze della Valle di Champor- cher fossero pronte per un’azione e rimanessero a disposizione nei loro accantonamenti per la fine della settimana in corso, 21-22 luglio.

Dopo la riunione e la visita agli accampamenti del btg. « Caral- li » il comandante Pedro esprimeva il suo compiacimento per la disciplina, l’ordine e lo spirito combattivo dei distaccamenti in un ordine del giorno. Si affermava che sarebbero stati additati ad esem­pio alle altre formazioni e che certamente nei prossimi combatti­menti ci sarebbe stata una gara di emulazione tra garibaldini, G. L., formazioni « Matteotti » e formazioni militari apolitiche.

Due giorni dopo, il 19 luglio, patrioti locali in collaborazione con parte della 2a Brigata Garibaldi « Aosta » attaccavano di sor­presa il presidio fascista di Brusson, asserragliato nell’abitato, im­pegnandolo per tutta la notte. Ritiratisi all’alba i partigiani lascia­vano il passo a forze nemiche blindate che venivano dalla Valle d’Aosta a liberare il presidio. La notte seguente esse ripartivano ri­piegando con tutti gli uomini da Brusson a Verrès, lasciando ai par­tigiani il controllo della Valle d’Ayas. In tal modo alla occupazione precedente della Valle di Champorcher, base e comando del Sotto­settore, si aggiungeva l ’occupazione di gran parte della Valle di Ayas e si era, per completare la conquista di tutte le valli laterali, alla vigilia dell’operazione nella Valle del Lys. Nella biellese Valsessera e nella Valsesia, che erano state liberate nel mese di giugno dai ga­ribaldini di Gemisto e di Moscatelli, infuriò per tutto luglio un gi­gantesco rastrellamento in cui furono impegnate diverse migliaia di tedeschi e di repubblicani.

L’azione in Val d’Ayas impegnò i garibaldini di Marius proprio alla vigilia dell’operazione nella Valle del Lys: essi, come vedremo, tra un’azione e l ’altra, non ebbero il tempo di riposarsi e di inter­venire come forze fresche e secondo i compiti che per loro erano stati stabiliti.

La riunione del 17 luglio in cui si erano presi gli accordi per l’operazione nella Valle del Lys e la partecipazione delle diverse formazioni era stata tenuta in presenza di tutti i comandanti e com­missari politici di distaccamento, una ventina di persone, troppe per

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mantenere un segreto e perchè la notizia non finisse col trapelare e, passando da una persona all’altra, coll’arrivare alle orecchie degli informatori e dei presidi repubblicani. Il comandante Pedro, da parte sua, si preoccupò di fare le cose in segretezza, ma ebbe la sorpresa, parlando di quanto si era deciso col commissario politico Pino, che casualmente incontrò venerdì 21 a Ivrea, di trovarlo già al corrente dell’operazione progettata. Pino aveva saputo il giorno prima da un tale di Donnaz dell’intenzione partigiana di occupare la Valle del Lys. Aveva potuto appurare che l’informazione prove­niva da un impiegato della centrale elettrica, che a sua volta l ’aveva avuta da uno dei partecipanti alla riunione.

Anche il comandante Renato della l a Brigata « Mazzini », men­tre si trovava a Settimo Tavagnasco con un pattuglione volante, ave­va avuto il 19 luglio notizia dell’operazione. Il comandante Alimiro di Ivrea, che nulla aveva a che fare con l’operazione, ebbe ad essere informato giovedì 20 da voce pubblica. Infine a Pont St-Martin la notizia era di dominio pubblico: era stata diffusa dalla madre di un partigiano del btg. « Caralli » recatasi a visitare il figlio presso l’accantonamento. A Ivrea era stata infine diffusa da una ragazza che era andata a ballare in località Maletto o Trovinasse, sede degli accantonamenti del btg. « Caralli ».

Dopo tutto ciò non si poteva affermare che l’operazione sarebbe avvenuta di sorpresa.

Inoltre dal 17 luglio alla sera di venerdì 21 luglio, quando il comandante Pedro tenne rapporto ai comandanti della l a bgt. « Maz­zini », vennero persi ai fini della preparazione delle forze della Valle di Champorcher alcuni giorni preziosi. Pedro comunicò ai pre­senti che lo scopo per cui aveva ordinato che tutti gli uomini si tro­vassero in sede per la fine della settimana era la partecipazione al­l ’occupazione della Valle del Lys e diede poi i dettagli necessari. Per suo incarico il commissario Pino fece avvertire solo allora i gruppi di Vert e di Arnaz, con un incarico per Charles, comandante del se­condo, di far recapitare un ordine scritto al comandante Marius che si trovava fuori sede in Val d’Ayas.

Sabato sera 22 luglio, Pedro ritornò presso gli accantonamenti del « Caralli » per effettuare il giorno seguente insieme a Mastrilli e Tin una ricognizione ai luoghi dell’azione fissata, salvo contrordini, per la notte tra il 24 e il 25 luglio. Dopo la ricognizione i coman­danti si lasciarono per dare le ultime disposizioni. Mastrilli raggiun­geva il lago Barma, località dove si stavano concentrando i distac­camenti del btg. «.¡Nino Bixio »; Pedro si fermava presso il distac­camento « Matteotti » per dare di lì, per iscritto, le disposizioni ai distaccamenti da lui dipendenti di radunarsi presso Perloz, sede della banda di Badery (11); Tin ritornava al « Caralli ».

(11) Al comandante Marius, in data 23 luglio 1944, il comandante Pedro inviava il seguente ordine di operazione e movimento (Torino, Areh. Stor. Resisi.):« Faccio seguito alla lettera inviatati in data 21-7-1944. Come ti avrà comunicato il Cotn. Monti per il 25 luglio è stata decisa la occupazione della Valle di Gressoney. Tutte le forze di bassa valle e parte del Biellese concorrono all’operazione. Pri-

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I preparativi del btg. « Caralli », che essendo totalmente impe­gnato nell’azione era anche il più interessato alla sua riuscita, erano cominciati fin dal 18 luglio. Il « Caralli » doveva infatti trasferirsi nella Valle del Lys con armi e bagagli abbandonando le basi di Tro- vinasse. Erano state istruite squadre di fucilieri, di mitraglieri e di minatori; si era proceduto all’ammasso dei rifornimenti per i bi­sogni della Valle del Lys: 100 quintali di farina, 25 quintali di sale, 5 quintali di tabacco, 72 forme di formaggio parmigiano, pasta, riso, ecc. Per trasportare i viveri dai depositi presso i distaccamenti ai centri della Valle del Lys erano stati requisiti 45 muli.

II 24 luglio, ore 18, il btg. « Caralli » si trovava al completo dei suoi effettivi presso il distaccamento « Matteotti », che per la sua posizione all’imbocco della Valle del Lys, era stato scelto come base di partenza. Alle ore 20 quando già i garibaldini erano in procinto

mo compito tuo e dei tuoi uomini sarà quello di proteggere, nella notte tra il 24 e il 25 luglio, i lavori, che una pattuglia di minatori appositamente incaricata effettuerà per minare il ponte di Herrera airimboccalura della valle stessa. Poi­ché non ti suppongo pratico del luogo, non appena con i tuoi uomini sarai giunto ai distaccamenti Badery e Cretaz, ti farai accompagnare in prossimità di detto ponte da due uomini di Badery pratici della zona. Con questi due uomini e altri due dei tuoi attraverserai la strada rotabile della Valle di Gressoney in prossimità del ponte e salirai a monte della strada stessa a sinistra (guardando dal basso ver­so l ’alto) del torrente che passa sotto il minato ponte; ivi troverai me o qualcun altro da me incaricato che ti dirà il luogo preciso ove i tuoi uomini dovranno disporsi all’imbrunire. Naturalmente avrai dato al tuo Vice Comandante, che assieme agli altri uomini avrai lascialo ai distaccamenti Badery e Cretaz, ordini precisi circa l ’ora in cui essi dovranno iniziare il movimento per scendere in po­sizione cd il luogo in cui tu li incontrerai con loro (sarà opportuno che tu ti incontri con loro nel tratto compreso tra la strada rotabile ed il letto del fiume Lys). E’ probabile che mentre si compiono i lavori di mina del ponte, risalgano lo stradone nostre macchine provenienti da Ponte S. Martino le quali per farsi ri­conoscere accenderanno e spegneranno i fari per tre volte di seguito ripetendo tale segnalazione ad intervalli pressoché costanti. A tali macchine sarà dato na­turalmente libero transito. Comunque disporrai sei uomini di pattuglia sullo stra­done stesso che si terranno in contatto coi tuoi in posizione, e la pattuglia che lavorerà per minare il ponte. Un’altra pattuglia verrà distaccata dal Capitano Mon­ti (incaricato dell’occupazione di Lilliana) nel tratto di strada tra Lilliana ed il ponte Herrera. Quando la pattuglia dei minatori avrà terminato i lavori i tuoi uo­mini scenderanno sullo stradone e si ritireranno a monte del ponte stesso dopo di che il ponte verrà fatto saltare. Quando il ponte sarà saltato farai allora di­sporre gli uomini a monte dello stradone a guardia dell’interruzione stessa ed ivi rimarrai fino alle ore nove di martedì 25 luglio per dar tempo agli uomini del Comandante Monti di schierarsi a difesa del tratto tra il ponte di Herrera e Lil­liana. Dopo le ore nove manderai una pattuglia dal Comandante Monti per av­vertirlo che tu abbandonerai la posizione e che rientrerai per la via del canale (che si trova a monte della strada rotabile) nell’abitato di Fonlanamora. Sulla po­sizione che abbandonerai però lascierai uita pattuglia di sorveglianza e segnala­zione forte di una quindicina di uomini fino a che non verrà rimpiazzala da un’altra pattuglia del Coni. Monti. Questa pattuglia farà pervenire le notizie nel­l’abitato di Lilliana ove troverà l’ incaricato di riceverle. Ti comunico ora la pa­rola d’ordine e controparola d’ordine uniche per tutte le zone operanti nelle valli: parola GENNARO - controparola GENOVA. Tale parola e controparola, unitamente alle segnalazioni luminose dei nostri automezzi, dovrai comunicarle a tutti i tuoi uomini. Voglio sperare che tutto proceda nell’ordine stabilito e che tu dia prova come sempre delle lue capacità di comando ed organizzative. Viva VItalia libera! Il Comandante Pedro ».

2 .

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di partire con armi e dotazioni, giungeva una staffetta del coman­dante Pedro, il quale si era portato nelle immediate vicinanze del ponte di Tour d’Hérèra con l’intenzione di dare inizio ai lavori di mina e le ultime disposizioni agli elementi del raggruppamento Mon­ti che avrebbero dovuto prendere posizione a protezione della squa­dra di minatori. In quella località lo raggiunse una staffetta del grup­po di Perloz con una lettera del comandante Monti con la quale lo si informava che il suo raggruppamento non aveva potuto attraver­sare la Dora Baltea perché i ponti erano presidiati da truppe nemi­che con armi automatiche pesanti e la strada nazionale era percorsa da autoblinde e autocarri in perlustrazione.

Come era facile prevedere per le voci diffusesi, l ’avversario non solo non era stato colto di sorpresa, ma aveva iniziato una contro- azione per mandare all’aria i movimenti partigiani.

Pedro immediatamente avvertì con la staffetta i comandanti Tin e Penati del contrattempo e, modificando il piano, ordinava a Tin di inviare a Lilliana un rinforzo di 70 uomini con la mitragliatrice pesante, i quali con 50 uomini di Badery l’indomani mattina al se­gnale convenuto avrebbero attaccato Lilliana (12). Contemporanea­mente avvertì il comandante Badery, che con i partigiani di Vert avrebbe dovuto avere a sua disposizione 130 uomini, di inviarne 80 al posto di Marius a difendere i lavori di mina del ponte e éome velo di copertura, e 50 all’attacco di Lilliana, dove avrebbero trovato il rinforzo del « Caralli ». Senonché anche qui il piano non procedeva liscio per il ritardo con cui si erano date le disposizioni e con cui avvenivano i collegamenti (13).

(12) Ordine al Comandante Tin (Torino, Ardi. Stör. Resist): « I gruppi di Champorclier, Hóne e Marius mandano ad avvertire che non possono attraversare la strada perché tutti i ponti sono sorvegliati con postazioni di mitragliatrici pe­santi. Ho mandato a dire che forzino ugualmente il passaggio; comunque, nel miglior dei casi, potranno giungere solo domattina. Giù al ponte potranno ve­nire soltanto 130 uomini (Vert e Badery). Farò disporre 80 uomini prima del ponte al posto di Marius e 50 li invierò a Lilliana. E ’ necessario però che tu invii a Lilliana un rinforzo di 70 uomini con la mitragliatrice pesante che servirà per domattina. I tuoi 70 ed i 50 di Badery si riuniranno sul canale presso quelle case ove ieri abbiamo fatto colazione, indi proseguiranno per Lilliana. Pedro ».

(13) Dichiarazione del comandante Gino del distaccamento « O. Cappellài » (Torino, Ardi. Stör. Resist.): «S u richiesta del Commissario Renati e de] Co­mandante Tin e di altro capo partigiano dichiaro: il giorno 24 luglio alle 11 (un­dici) venni informato da Badery dell’azione in grande stile che doveva effettuarsi in serata, senza però dare ordini precisi e nessun piano d’azione, col solo pre­parativo dei miei uomini, in attesa dell’arrivo dei distaccamenti di Champorclier. Arnaz ed Issogne. Alle ore 18 una staffetta mi consegnò un ordine del Coni. Ba­dery per inviare alcuni uomini ai distaccamenti sopra citati. Alle ore 22 un’al­tra staffetta mi portava un altro ordine, sempre da Badery, di partire immediata­mente senza precisare però il luogo di destinazione e dove mi sarebbe stato pos­sibile incontrarmi con gli altri per avere direttive riguardanti l ’azione. Il giorno 25 alle ore 5 partii ugualmente con i miei uomini senza aspettare gli altri distac­camenti dirigendomi verso Lilliana ove trovai una staffetta del Comandante Pe­dro che mi mise al corrente di come dovevano essere svolte le operazioni, desi­gnandomi j posti di combattimento e di sorveglianza che dovevano essere occu­pati dai miei uomini. Dichiaro inoltre che prima del giorno 24 alle ore 11, non ero affatto al corrente' di ciò che era stato progettato per attacco in concomitanza

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Il comandante Badery, che aveva partecipato alla prima riunione del 17 luglio, in cui era stata decisa l ’ojjerazione e le forze che do­vevano parteciparvi, rientrato alla sua base di Perloz, era rimasto privo di altre direttive fino ai mattino di lunedì 24, optando era giunta una staffetta dal « Caralli » recante una lettera senza firma con cui si davano istruzioni per Fazione che doveva cominciare in serata e si comunicava che sarebbero giunti nel pomeriggio duecento uomi­ni provenienti da altri distaccamenti e comandati dal cap. Monti e da M'arius. Inoltre si promettevano istruzioni particolareggiate.

Verso mezzogiorno arrivava a Perloz la banda di Donnaz, 15 uo­mini, il cui comandante aveva avuto il solo ordine di portarsi presso il distaccamento «Isonzo«; nel pomeriggio arrivavano 50 uomini della banda di Arnaz, senza istruzioni. Queste forze aspettarono l’ar­rivo dei distaccamenti di Monti e di Marius fino alle 21, quando ar­rivò una staffetta di Pedro con l ’ordine di porsi in marcia e di rag­giungere l’Argenté. La staffetta avrebbe fatto da guida. Da Perloz partirono dunque 64 uomini dell’« Isonzo », 15 di Donnaz e 50 di Arnaz; raggiunsero alle ore 23 l’Argenté e trovarono la squadra del « Caralli » comandata da Timo che stava minando il ponte.

A Perloz non si era verificata l ’attuazione di quella parte del piano che prevedeva il concentramento sul posto di tutti i gruppi al comando di Monti, anzi mancava addirittura lo stesso comandante, che era al corrente di tutti i particolari delFazione. Pedro, informato di questo secondo contrattempo aveva provveduto da una parte a or­dinare a Badery di sostituire Monti per quello che avrebbe potuto, essendo privo di ragguagli, di scendere al ponte di Tour d’Hérèra e di avvicinarsi a Lilliana con le forze a disposizione; dall’altra ave­va provveduto ad inviare un’altra lettera al comandante Monti in cui ordinava di attraversare la Dora a tutti i costi anche se avesse dovuto impegnare combattimento. Non importava se fosse arrivato in ritardo.

Purtroppo all’attuazione del piano vennero a mancare i 200 e più partigiani dei comandanti Monti e Marius. Lifatti fin da dome­nica sera 23 luglio il comandante Miarius aveva provveduto a comu­nicare a Monti che i suoi uomini non erano ancora rientrati dal­l’azione iniziata tra il 19 e il 20 luglio a Brusson in Val d’Ayas. Rag­giunto la stessa sera dal Monti lo aveva avvertito che il fondo valle era sorvegliatissimo e intransitabile. Monti, ricevuto poi l’ordine da Pedro di forzare la strada ad ogni costo, raggiungeva con le sue forze Perloz soltanto la sera, ore 21, del 25 luglio, quando l’operazione della Valle del Lys era oramai finita e le forze partigiane rientravano alle loro basi (14). Così all’appuntamento di Perloz vennero a man-

con gli altri distaccamenti c perciò tutti gli armati del mio distaccamento, al momento in cui fui avvisato, erano in procinto di partire per un’altra azione la quale non aveva nulla a che vedere con questo attacco in grande stile; e se tar­davano un’altra mezz’ora ad avvertirci, in tal caso ci sarebbe stato impossibile partecipare alla lotta ».

114) Dichiarazione del Comandante Monti (Torino, Arci). Stör. Resist.): «A richiesta del Commi: sario Renati e del Comandante Tin e di altro capo partigiano dichiariamo: la comunicazione dell’azione ci fu data dal Comandante Pedro ve-

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care i distaccamenti (li Issogne impegnati altrove e giunsero ad azione finita i distaccamenti di Champorcher-Hóne.

Un altro incidente venne a turbare il movimento delle iorze par- tigiane: durante la marcia di avvicinamento a Lilliana uomini del gruppo di Arnaz, scesi sulla strada, incontravano dei militi in perlu­strazione provenienti da Lilliana; ne seguiva uno scontro con spara­toria nutrita di fucileria e armi automatiche, qualche ferito da parte dell’Arnaz e la dispersione temporanea del distaccamento nella notte illune. Questo fatto consigliava Badery, dopo aver avuto assicurazio­ne da Timo che al ponte non c’era assolutamente bisogno di aiuto, di avvicinarsi con tutte le forze a Lilliana e di rimandare l’attacco all’alba per evitare nella notte scontri tra i partigiani oramai non più tutti riuniti e controllati.

Tale ritardo di 4 ore, oltre all’assenza di quasi metà delle forze preventivate, permetterà ai rinforzi fascisti della Valle d’Aosta di giungere a Lilliana quando ancora i partigiani stavano assediandone il presidio.

Ma intanto il btg. « Caralli » si metteva in marcia dagli accanto­namenti del «; Matteotti » preceduto da un nucleo il cui compito era di interrompere le comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Raggiun­se il canale sovrastante la strada della vallata di cento metri, dove già si trovava il comandante Pedro, il quale, costretto dalle vicende dei distaccamenti di Perloz e di Arnaz a modificare ancora una volta il piano delle operazioni, ordinava al « Caralli » di inviare due di­staccamenti a valle del ponte di Hérèra a protezione dei minatori di Timo. Il battaglione così veniva scisso, le forze rimanenti giunge­vano oltre la mezzanotte del 25 luglio a Fontanamora. Il « Carabi » che avrebbe dovuto coi suoi 200 uomini costituire la riserva mobile al centro della valle, spostabile là dove la situazione lo richiedeva, veniva, per la mancanza delle formazioni di Monti e Marius, ad es­sere in gran parte impiegato a sostituire le forze mancanti, ciò che indeboliva le riserve per tutte le operazioni di offesa e di difesa.

Il comandante Pedro era d’accordo con Tin e Renati che solo quando fosse stato constatato il buon andamento delle operazioni di movimento egli si sarebbe trasferito a Fontanamora e soltanto al­lora sarebbe stato lanciato il segnale d’attacco. Pedro voleva since­rarsi prima che le forze di Badery avessero effettivamente accerchiato Lilliana. Ma non vedendolo arrivare, il comandante Tin da Fontana-

nerdì 21 a Ponbos e verso le ore 20. Ho comunicato, come ordinatomi, il seguente mattino al Coni. Marius di tenersi pronto per partecipare all’azione progettata. Domenica 23 alle ore 18 essendomi apprestato a partire con le forze riunite dei presidi di Chomporcher ed Hòno ho ricevuto da Marius la comunicazione della sua impossibilità, in quanto i suoi uomini non erano rientrati dall’azione iniziata il 20 a Brusson. Partii ugualmente e raggiunsi il distaccamento di Marius alle ore 22. Quivi Marius m’informò che i fondo valle erano intransitabili perché sor- vegliatissimi. Inviai immediatamente una staifetta al Coni. Pedro per renderlo edotto. Il lunedì 24, alle ore 11,30, mi giunse l’ordine di attraversare ad ogni costo e raggiungere Perloz. Alle ore 13 partimmo da Marius e forzato lo stradone raggiungemmo Perloz alla sera alle 21 del giorno 25 luglio. Quivi il Coni. Cretaz ci informò della situazione ».

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mora dava senz’altro il segnale di attacco — tre razzi luminosi — appena il « Caralli » raggiunse la località. Mezzanotte era trascorsa e si attesero notizie da Lilliana e da Issime per inviare a rinforzo dei- r u n a o dall’altra parte i due distaccamenti rimasti.

Pedro intanto si era smarrito nel percorso di montagna che l’a­vrebbe dovuto portare a Fontanamora, aveva visto i segnali luminosi, ma aveva anche dovuto attendere l ’alba per orizzontarsi.

Il compito del btg. « Bixio » era quello di eliminare il presidio repubblicano di Issime, centro della media Valle del Lys. Secondo quanto era stato stabilito i 100 uomini del battaglione si portarono all’imbrunire ad un’ora dal villaggio, mentre il comandante Ma- strilli inviava due uomini ad informarsi con maggior precisione sulla forza, l’ubicazione, le abitudini e l’armamento del presidio, e stabi­liva a mezz’ora dall’obbiettivo un posto di pronto soccorso e i de­positi degli zaini e delle coperte.

Il battaglione si divise in due gruppi: uno col compito di attac­care il presidio di Issime, l ’altro di bloccare a monte la strada pro­veniente da Gressoney per intercettare da quella parte gli eventuali rinforzi nemici.

Dopo il segnale di attacco, nelle prime ore di martedì 25 luglio, si combattè attorno a Issime fino alle ore 7,30. I nemici dopo la pri­ma ora di fuoco abbandonarono il fucile mitragliatore posto all’an­golo della piazzetta e si ritirarono asseragliandosi in caserma. I rin­forzi da loro chiamati e provenienti da Gressoney furono intercettati e respinti con dure perdite al posto di blocco precedentemente sta­bilito. Il comandante Mastrilli tuttavia chiese alla staffetta che Tin gli aveva inviato da Fontanamora dei rinforzi. Subito gli fu inviato un distaccamento del « Caralli », per cui a Fontanamora rimase di riserva un solo distaccamento.

Mentre proseguiva l’assedio e l’attacco di Issime incominciava quello di Lilliana alle 5 del mattino, con 4 ore di ritardo sul segnale dato da chi non avrebbe dovuto darlo, ma che sapeva per esperienza che non bisognava ulteriormente attendere, perché gli attacchi par­tigiani riuscivano meglio nella notte, quando il nemico non cono­sceva le forze attaccanti, e perché i rinforzi nemici non giungevano che a giorno fatto: non si osava inviare rinforzi in zone controllate dalle bande che conoscevano bene il terreno ed avevano quindi la possibilità di sorprenderli.

Le raffiche di mitragliatore davano quindi l ’avviso che a Lil­liana si combatteva e il comandante Tin ordinò al suo ultimo distac­camento, che era il cc Matteotti », di accorrere a rinforzo.

Gli automezzi del « Caralli » erano intanto riusciti a forzare il blocco di Pont St-Martin e subito dopo il ponte di Tour d’Hérèra saltava in aria con ottimi risultati. Il distaccamento « Matteotti » in­vece di aggregarsi alle forze di Badery, essendo necessario rafforzare il velo di copertura, fu inviato per disposizione di Pedro in aiuto di

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Timo. Pedro si spostò a Lilliana per dirigere le operazioni di assedio. Verso le ore 8 del mattino la posizione delle forze partigiane era la seguente: alPimbocco della valle, in posizione dominante le rovine del ponte di Tour d’Hérèra, si trovava il comandante Timo con le forze di copertura, un centinaio di uomini comprendente il gruppo minatori, il distaccamento « Mlatteotti », il gruppo guastatori ed ele­menti del gruppo di Arnaz. Mancavano le armi pesanti, ma si atten­deva, ahimè invano, l’arrivo delle formazioni del comandante Monti. La mancanza di armi pesanti non avrebbe consentito una resistenza di fronte ad un attacco di nemici dotati di mitragliatrici e di mortai. Era necessario che il presidio di Lilliana si arrendesse immediata­mente per avere a disposizione gli uomini laggiù impegnati e la mi­tragliatrice, anche per poter realizzare una resistenza elastica tra Lilliana e Fontanamora. Un primo autocarro di fascisti giunti a rin­forzo era stato annientato dagli uomini di Timo di protezione alle rovine del ponte, ma era facile prevedere l’arrivo di forza nemiche con armi pesanti e mezzi blindati dai presidi della Dora Baltea.

A Lilliana la guarnigione fascista non cedeva, combatteva acca­nitamente con gli uomini disposti a gruppi di due in ogni casa e la sua ostinata resistenza era motivata dalla certezza che sarebbero giunti rinforzi in quanto i presidi della Dora Baltea erano in allarme per l’operazione partigiana. L ’assedio era diretto personalmente da Pedro e Badery con un centinaio di uomini dei distaccamenti di Perloz, Arnaz, Donnaz e « Caralli ». Alle ore 8 il comandante Pedro intimava la resa al presidio, ma inutilmente. Allora decideva di far saltare la caserma nella quale si erano asseragliati i repubblicani. Aveva a tale scopo inviato una staffetta a Fontanamora, ove c’era una giacenza di esplosivo, ma Renati non aveva creduto opportuno inviarlo immediatamente. Allora Pedro era andato personalmente a Fontanamora, lasciando Tin a dirigere con Badery le operazioni di assedio. Da Fontanamora il Comando Pedro-Renati rivolse un ap­pello agli abitanti della valle, nel quale si affermava che il Comitato di Liberazione Nazionale s’incaricava dell’amministrazione in colla­borazione con il Comando delle forze partigiane. Si invitava la po­polazione a costituire Comitati locali formati con elementi onesti, a collaborare, ad avanzare proposte e segnalare inconvenienti, avver­tendo che nessuna reqtiisizione poteva essere operata senza rilascio di regolari buoni di prelievo (15).

A Issime cento partigiani del « Bixio » e un distaccamento del « Caralli » continuavano l’assedio della caserma in cui si erano as­seragliati i repubblicani. A mezzo del parroco del luogo si erano ini­ziate trattative tendenti al disarmo del presidio, ma i militi in un primo tempo si rifiutarono, perché volevano sapere da qualcuno dei loro di Lilliana se era vero che tutta la valle era in mano dei parti­giani, come asserivano i garibaldini. Intanto gli assediami, appro­fittando di una tregua che si era stabilita, entrati nella caserma in­cominciavano a disarmare i più concilianti.

(15) Appello agli abitanti della Valle di Gressoney, luglio 1944. Torino, Arch. Stor, Resisi,

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Questa era la situazione della vallata quando verso le 10 giun­geva all'imbocco della valle del Lys una autocolonna nemica dotata di mortai da 81 e di un cannoncino, che, presa posizione presso il ponte di Hérèra, incominciò ad aprire un fuoco violento contro il costone dominante il ponte ferendo una decina di partigiani : gli uomini del « Carabi » non potendo, per mancanza di armi pesanti, mantenere la posizione, incominciarono a ritirarsi in parte ordina­tamente e in parte sbandandosi sul fianco delle montagne alla sini­stra orografica del Lys. Di conseguenza, siccome il presidio di Lil­liana non aveva ancora ceduto, benché avesse 20 uomini fuori com­battimento su 26, risultò necessario abbandonare l’assedio e ripiegare su Fontanamora. I partigiani a Lilliana erano stati colti quasi di sor­presa, tuttavia il comandante Tin, che si trovava sul posto, riuscì a ripiegare con tutti i suoi uomini sulla mulattiera costeggiarne in, alto il torrente Lys, in direzione di Fontanamora. Il comandante Badery del distaccamento « Isonzo », a sua volta, con 40 uomini e il fucile mitragliatore, si ritirava sopra il canale per prevenire una eventuale sorpresa del nemico che avrebbe potuto far avanzare una colonna da quella parte. Agli altri uomini, comandati dal commis­sario politico Nevio, ordinava di ritirarsi su Fontanamora e di met­tersi agli ordini di Pedro.

Qui, mentre Tin e Renati cercavano di organizzare una prima resistenza con elementi dei vari distaccamenti, il comandante Pedro scendeva verso Lilliana per raccogliere gli sbandati ed organizzare una resistenza sul fianco sinistro del Lys, o tendere un agguato alle forze nemiche che intanto entravano a Fontanamora senza che i lavori di mina del ponte fossero ultimati (16). Tedeschi e fascisti dovettero superare un’efficace azione di mitragliamento eseguita dai reparti del « Carabi » in ritirata verso i boschi a ponente di Fonta­namora insieme al gruppo di Nevio e ad elementi di Arnaz. Al sicuro, i capi garibaldini decisero di considerare finita l’azione e di rientrare alle basi di partenza (17).

Da Fontanamora i nemici procedettero rapidamente verso Issi- me, il cui presidio stava per cedere. Erano le 11,30 quando si udi­rono rumori di camions e scoppi di bombe di mortaio 81. Un garibaldino gridò che stavano giungendo rinforzi alla sua parte de­terminando i fascisti a consegnare le armi che ancora possedevano: erano invece le colonne nemiche che arrivavano. Anche qui i parti­giani del « Bixio » e del <c Carabi » ebbero il tempo di ritirarsi sul versante che dà sul Biellese, senza perdite.

Il gruppo di Badery frattanto ,sicuro di non essere ¡ireso alle

(16) I propositi di Pedro di fronte alla irresistibile avanzata delle colonne nemiche, forti di centinaia di uomini, nom poterono attuarsi per il precipitare della situazione: non ci fu il tempo sufficiente a far saltare il ponte di Fontana- mora, a raccogliere tutte le forze partigiane per una difesa, né del resto una difesa rigida era consigliabile. Gli uomini erano stanchi e come avviene in quei fran­genti, il loro morale in ribasso.

(17) Renati in « L a Tempêta» di C. Passerin d’Emtrèves (Montes, Torino, 1946). ricorda « Timo », « Mitra » e « Fungo », i partigiani che manovrarono con audacia la mitragliatrice Breda 37 a coprire il ripiegamento dei compagni,

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spalle dal nemico, lasciava la posizione sopra il canale di Lilliana ritirandosi prima verso Fontanamora, dove pensava si potesse orga­nizzare ima resistenza, poi, attraversata la vallata, si accantonava a S. Grato sopra Issime (18).

Nel pomeriggio del 25 luglio la maggior parte delle forze parti- giane si era spostata sul versante sinistro, pochi altri sul versante opposto. Durante questi spostamenti , alcune pattuglie, avvistate, ven­nero prese sotto il fuoco dei mortai 81.

Gli uomini del cap. Monti, giunti alla sera a Perloz, non pote­rono far altro che raccogliere i morti e i feriti (19).

Infine, mentre i reparti del « Caralli » erano impegnati nella Valle del Lys e gli accantonamenti di Maletto e di Trovinasse erano sguerniti di forze regolarmente inquadrate, Tedeschi e repubblicani ne approfittavano per fare una rajnda puntata nella zona disper­dendo i conducenti che erano stati lasciati sul posto per il trasferi­mento dei magazzini (20).

Il bilancio complessivo dell’operazione Valle del Lys fu il se­guente :

Perdite pardgiane: 12 morti e 40 feriti.Perdite tedesche e repubblicane: 112 morti, 145 feriti, 26 pri­

gionieri.Bottino conquistato dai partigiani: 2 mitragliatrici pesanti, 7

mitragliatori, 60 moschetti e abbondante munizionamento per fucili mitragliatori, moschetti e mitra, bombe a mano tedesche, elmet­ti (21).

(18) Durante lo svolgersi dell’operazione nella Valle del Lys il distacca­mento « Isonzo » ebbe un morto, Neivoz Libero da Pont St-Martin, e un ferito, S'oudaz Pietro pure di Pont St-Martin.

(19) Venivano citati dal « Bixio » all’o. d. g. il garibaldino « Pantera », fal­ciato da una raffica di mitragliatore, mentre si portava decisamente all’assalto di una postazione nemica; il garibaldino «B red a», già distintosi all’attacco di Is­sime, ove recuperava l’arma di « Pantera », colpito dallo scoppio di una bomba di mortaio 81 si toglieva la vita per non cadere in mano nemica; il capo-nucleo « Marinaio », che in piena azione attraversava la piazza di Issime, s’impadroniva del mitragliatore e rientrava nelle linee; i garibaldini « Gandi », « Pita », «D ie­go », « Ulisse », che, rimasti isolali, continuavano l ’azione di fuoco attirandosi addosso i nemici.

(20) Il comandante Tin e il commissario politico Renati lamentarono, con lettera del 26 agosto 1944, al Comando Regionale, al Comando VII Divisione Ga­ribaldi « Piemonte » e al C. L. N. di Ivrea, che il rappresentante del Partito Socialista, approfittando che tali uomini erano scesi nei paesi di fondo valle in attesa che si ristabilisse la situazione, li aveva invitati a formare una brigata « Mat­teotti ». 20 uomini vi aderirono con a capo un tale « Nello » di Settimo Vittone.

(21) Nascila e costituzione della 7(P Brigata Garibaldi. Torino, Arch. Slor. Resist. Il comandante Maslrilli della 2“ Bgt. Garibaldi « Biella » fa il seguente bilancio di parte garibaldina, ignorando le perdite degli altri distaccamenti: 3 morti e una diecina di feriti leggeri garibaldini. Nemici: 70 uomini fuori com­battimento, di cui 5 ufficiali morti. Materiale conquistalo: 3 fucili mitragliatori, 1 sten, 2'8 moschetti, ecc. Sull’azione nella Valle del Lys esistono relazioni del comandante Pedro, del comandante Mastrilli, del Comando del battaglione « Ca­ralli » presso l’Arch. Stör. Resist, di Torino. Inoltre il diario delle azioni del distaccamento « Isonzo » scritto dal comandante Badery e pubblicato in « La tem-

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Il tentativo tli occupare la Valle del Lys fu la prima operazione a militare » in grande stile delle forze partigiane riunite nella Bassa Valle d’Aosta. Il periodo che va dal settembre 1943 all’estate 1944 era stato il tempo delle bande e dei colpi di mano, un crescendo di iniziative isolate durante le quali i vari gruppi partigiani si erano talvolta appoggiati. L ’azione della Valle del Lys ha invece un primo spiccato carattere militare che le viene dal Comando di Sottosettore appena formato, dalla volontà unitaria dei comandanti e degli uomi­ni che, in una gara di emulazione, lasciano da parte ogni particolarità politica, dall’organizzazione migliore per cui alla banda subentrano formazioni con un organico ispirato ad un esercito regolare, anche nelle forme esteriori.

E ’ la prima volta che il Comando di Sottosettore viene messo alla prova negli uomini e nell’organizzazione e si trova di fronte a problemi nuovi che sono di stato maggiore, logistici, di collega­mento, di informazione, e politici.

Qui ogni confronto « militare » con un esercito regolare cade ed è assurdo. La formazione partigiana, anche se si sforza di model­larsi come gli eserciti che gli stanno di fronte, è un organismo che non sta dietro un fronte donde fluiscono alle prime linee armamenti, mimizioni, vettovaglie, indumenti: il fronte nella guerra partigiana è ovunque, il gruppo partigiano è isolato, è quindi portato ad agire isolatamente, è difficile ingranarlo in un’azione unitaria. Solo, si ar­rangia sul posto come può e dove può. Il fronte è mobile, vario, estremamente diviso. Inoltre le parti non sono eguali: da una parte un nemico che può giovarsi di caserme, di opere fisse ben munite e munizionate, con armi pesanti e armi mobili blindate, che fruisce dell’appoggio concreto del pili forte esercito d’Europa; dall’altra poche centinaia di partigiani di ogni età ed origine, con un arma­mento di fortuna, che le popolazioni, privandosi spesso del poco che offre la tessera annonaria, nutrono, nascondono, informano, ri­forniscono di combattenti quasi sempre inesperti.

péta » di C. Passerin d’Entrèves, Montes, Torino, 1946. Come mai tante relazioni? A parte il fatto che ogni comandante ha creduto bene di informare i comandi superiori, il Comitato Militare Piemontese per Pedro, la Delegazione Garibaldina per il Piemonte per Mastrilli e il Comando del « Cavalli », esistono altre ragioni che Pedro, secondo il suo punto di vista, ricorda nei periodi che concludono la sua relazione. « Ho esposto questa prolissa relazione per rispondere ad insinuanti e tendenziosi interrogativi che mi sono stati rivolli. Nell’ordinaria amministra­zione della guerriglia partigiana un fatto d’arme come quello della Valle del Lys non avrebbe richiesto una relazione del genere, né avrebbe suscitato tanto scalpore per il suo esito negativo se nelle questioni militari inerenti alla guer­riglia partigiana non intervenissero interferenze di natura politica spesso in lotta e contrastanti tra loro. Il fatto d’arme della Valle del Lys, nonostante tutto, non ha avuto un esito disastroso come si vuol far credere. Le nostre perdite sono di gran lunga inferiori a quelle che in tale azione noi abbiamo inflitto al nemico.

Il fatto d’arme della Valle del Lys si è svolto secondo il suo previsto pro­gramma minimo e rimane pur sempre come un’azione di disturbo e una dimo­strazione di forza da parte dei partigiani in occasione del 1° anniversario del 25 luglio ».

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Errori, come abbiamo visto, ce ne furono diversi nel corso del­l’azione della Valle del Lys da parte del Comando di Sottosettore, dei Comandi di battaglione e di distaccamento, tutto questo però non impedì, cbé anzi l’audacia dell’impresa aumentò il prestigio del­le formazioni partigiane, che si procedesse verso un’organizzazione più complessa, verso la brigata e la divisione.

Non si riuscì ad occupare stabilmente la lunga vallata di Gres- soney, facendone un ridotto ed una base sicura, per un insieme di motivi: prima di tutto la schiacciante forza inviata dal nemico in soccorso dei presidi, e poi alcune gravi deficienze quali il mancato funzionamento dei collegamenti (porta ordini) e perciò l’impossi­bilità di fidarsi degli ordini per iscritto, di cui non si tenne conto; il fatto che il nemico era al corrente dell’impresa, il cui progetto era conosciuto da troppe persone e diventato voce pubblica. Qualora il « Caralli » fosse disceso dalle sue basi di partenza qualche ora dopo, si sarebbe incontrato con forze nemiche. Il nemico informato aveva rafforzato i presidi di Lilliana e Pont St-Martin, e la sentinella del presidio di Issime fece gli stessi segnali luminosi stabi­liti dal comando partigiano, invitando gli uomini ad avanzare. Mal­grado le assicurazioni mancarono per l’azione i gruppi di Champor- clier, Cretaz e Vert. Infine, ricordiamo gli incidenti di strada elle capitarono a Pedro e non gli consentirono di decidere l’ora del­l’attacco da Fontanamora, dato in sua assenza dal « Caralli », di non essere presente nella fase ultima di ritirata, quando i coman­danti garibaldini decisero di porre fine all’azione; l’incidente du­rante la notte capitato agli uomini di Badery, che fece perdere ore preziose per la capitolazione del presidio di Lilliana; la necessità di un secondo ordine per far forzare agli uomini del cap. Monti il fon- dovalle; l ’insufficienza di notizie aggiornate sulla consistenza del pre­sidio di Issime, per cui il « Bixio » dovette raccogliere all’ultimo momento i dati necessari per l ’attacco. Queste furono le principali deficienze.

In quanto al morale degli uomini, soprattutto dei garibaldini, esso fu in ribasso solo per alcuni giorni, senza conseguenze, e più che altro per la sensazione di essere rimasti quasi soli a combattere. Morale che lo spirito di corpo fece risalire presto per la coscienza di essere stati la parte determinante dell’impresa. Demoralizzale invece le altre formazioni dipendenti dal Comando di Champorcher, cosa di cui approfittarono i garibaldini per attrarle nell’orbita della loro influenza ed estendere così il controllo a tutta la Bassa Valle. In tutti però la soddisfazione di aver inflitto al nemico perdite superiori di gran lunga a quelle subite.

Le conseguenze immediate deH’operazione furono:— un affermarsi deH’influenza garibaldina in tutto il Sottosettore

fin quasi ad identificarsi col movimento partigiano. Nella lettera del 26 agosto 1944, citata, il Comando della 76a Brigata Garibaldi Aosta « Togni », di recente costituita sulla base del btg. « Caralli », comu­nicava al Comando Regionale che <c le due brigate garibaldine con-

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troilano quasi completamente la vallata dall’imbocco a Castel Verrès ».

— lo sviluppo del battaglione « Carabi » e delle lorze garibal­dine a Brigata e a Divisione su due Brigate, che poi nella primavera del 1945 diventeranno tre: la 176“, la 112“ e la 76“, nelle loro deno­minazioni definitive (22).

— La fine del Comando di Champorclier come Comando della Brigata <c Mazzini » G. L. e come Comando di Sottosettore diretto dai giellisti. Il cap. Monti con alcuni partigiani rimasti ai suoi ordini si sposta dalla Valle di Champorclier al Biellese proseguendo la lotta; il comandante Pedro poco tempo dopo sarà arrestato dai nazi­fascisti.

— Nella Valle di Champorclier si costituisce un nuovo Comando di Sottosettore diretto dai garibaldini, improvvisato, non omogeneo, clic non riuscirà a superare difficoltà di quadri, di organizzazione e di disciplina e a mantenersi a lungo nella Valle di Champorclier.

R o b e r t o D o t t i

(22) Comando VII Divisione Garibaldi « Aosta » - Ordine del giorno iN. 1. Sede, 1° settembre- 1944. Ai Comandi: 76“ Brig. Garibaldi « Fogni - Aosta», 11“ Brig. Garibaldi « B. Arrel ■ Aosta », Distaccamento « Verraz - Cogne ». 11 su­periore Comando delle Brigate Garibaldi, atteso il quotidiano sviluppo delle forze garibaldine in Valle d’Aosta, viste le necessità organizzative logistiche ed operative delle formazioni già esistenti nella Valle stessa, ha autorizzato il rag­gruppamento di tutte le formazioni garibaldine, puramente valdostane, in una nuova grande unità, che si è costituita in data di oggi e che assume la denomina­zione di VII Divisione Garibaldi « Aosta ». La VII Divisione Garibaldi « Aosta » resta pertanto formala dalla 76“ Brigata d’Ass. Garib. « Togni Aosta », della 11“ Brig. d’Ass. Garibaldi « Aosta » e dal « Gruppo Distaccamenti d’Ass. Garibaldi » che formeranno la costituenda III Brig. Garibaldi « Aosta ». La nuova Grande Unità Garibaldina, prima di accingersi allo svolgimento dei grandi compiti che le sono affidati, inchina i vessilli in reverente omaggio alla memoria di tulli i ca­duti per la Santa Causa della libertà, porge il suo deferente saluto al nuovo Co­mando di Zona, agli ordini del quale, in diretta dipendenza, essa si pone disci­plinatamente. Saluta i Comandi tutti delle unità patriote riunite in un poderoso esercito di volontari della liberazione nazionale; invia le proprie espressioni difratellanza a tutti i Garibaldini e Patrioti di tutte le formazioni che, uniti instretto ed indissolubile blocco, lottano fianco a fianco per il trionlo del comune ideale di libertà, giustizia e vera democrazia. Un particolare saluto vada alla V Di­visione Garibaldina « Piemonte » dal cui seno si distacca la 76“ Brig. « Togni - Aosta » per entrare a far parte della nostra Divisione, ed alla quale essa reca copiosa somma d’esperienza, di capacità e di valore, raccolti nelle file della V Di­visione « Piemonte ». La creazione di una Grande Unità Garibaldina prettamente Valdostana, suona premio e giusto orgoglio per tutti i Garibaldini della valle, che vedono nel modo più degno riconosciuti i larghi meriti conquistati in un anno di attività partigiana. Sia d’altra parte ragione e sprone per essi, a voler essere sempre primi ovunque: ¡sul campo dell’onore, del coraggio, della disciplina, della serietà, dell’organizzazione. Si invitano i Comandi ed i Commissari Politici di Brigata, a trasmettere copia del presente ordine del giorno a tulli i distaccamenti alle loro dipendenze, con ordine di leggerlo e commentarlo. Onore e gloria ai nostri Martiri. Morte all’invasore tedesco ed ai traditori fascisti. Evviva la li­bertà e la vera democrazia. Il Commissario Politico Sergio. Il Comandante la VII Divisione Salvatori« ».